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un municipale del proprio Comune o, peggio ancora, per un risultato elettorale sgradito? I conti permettono di dire che una parte importante dei militanti e degli esponenti del parti- to non sono abbo- nati al PeL e non si preoccupano di far- lo conoscere. Que- sta osservazione va- le per i singoli, ma si può ripetere per quanto riguarda le strutture del partito: dal Cantone ai Distretti alle Sezioni comunali mi pa- re sia lecito dire che il sostegno di cui il PeL può godere è troppo debole. Eppure. Eppure sarebbe così facile rendersi conto che le due realtà, il partito e il giornale, sono tanto strettamente legate. Un amico mi suggerisce che a buon diritto si può applicare qui una parafrasi della fra- se che apre la Co- stituzione concilia- re Gaudium et spes: “Le gioie e le speranze, le tristez- ze e le angosce”… del PeL “sono pure le gioie e le spe- ranze, le tristezze e le angosce”… del PPD. Speriamo che ci siano almeno rispar- miate le angosce. Giorgio Zappa Nella seconda metà del Novecen- to si verificò in Ticino una vera eca- tombe dei quotidiani di partito. Il Popolo e Libertà, che pure aveva una storia meritevole e aveva attra- versato periodi gloriosi, resistette fi- no all’ultimo decennio, ma era or- mai ridotto al lumicino: nel 1992 l’Ufficio presidenziale cantonale (era allora presidente Fulvio Caccia) pre- se la decisione di trasformarlo in un settimanale. Fu creata una Società Anonima di cui Luigi Pedrazzini as- sunse per primo la presidenza; a chi scrive, pensionato e senza espe- rienza giornalistica, fu chiesto di assumerne almeno per un po’ di tempo la direzione. Il giornale restava sotto la responsa- bilità del partito (che possiede più della metà delle azioni) ma nel con- tempo era creata una struttura (la Società Anonima appunto) con la quale il partito avrebbe dovuto co- stantemente dialogare. Da allora sono ormai passati ven- t’anni; il PeL ha avuto diversi diretto- ri e diversi presidenti; esce oggi con forme e contenuti dignitosi, assicura al partito sostegno e una preziosa visi- bilità. Da anni riesce perfino, facendo i salti mortali, a far quadrare i conti. Chi considera il trend in ribasso del nume- ro degli abbonati non può tuttavia na- scondersi il dubbio: serve ancora? Il Centro culturale L’Incontro di Mendrisio, lo scorso mese di gen- naio, ha in un certo senso gettato un sasso nello stagno, organizzan- do a Vacallo un forum di discussio- ne a cui era stato dato un titolo provocatorio; “Popolo e Libertà, quanti anni ancora?”. Nell’editoria- le del 20 gennaio scorso, Marco Romano ha già ripercorso la crona- ca di quella serata, che aveva sor- preso un po’ tutti sia per l'interesse dimostrato al tema, sia per la pre- senza qualificata di amici (alcuni dei quali scesi fin dal Sopraceneri). Il fatto nuovo si è verificato in se- guito: nello spazio di poche setti- mane, il tema del PeL è già stato ri- preso due volte, la prima da un col- laboratore regolare (CiscoKid, 27 gennaio: “Ma il PeL ce lo meritia- mo?”) e la seconda da un lettore (Giacomo Gianolli, 3 febbraio, “Te- niamo alta la bandiera del PeL”). Interessante è che questo mini-di- battito ha fornito la conferma di molte considerazioni già maturate nel corso della serata di Vacallo: il PeL è vivo e dignitoso, non solo ma costituisce un tassello importante per tutto il partito, si direbbe un ele- mento essenziale per garantire i contatti: il che non vuol dire che non si debbano cercare anche altre vie per comunicare con i cittadini ticine- si. La sinergia tra giornale e partito appare in ogni caso come un aspet- to indispensabile, e a mio avviso non può essere affidata solo al fatto che il segretario del partito è nel con- tempo direttore del giornale. Occor- re che questa sinergia venga allarga- ta a tutto il partito: ma qui, brutalmen- te, sorge la doman- da: “Ce lo meritia- mo?” Per dire la ve- rità, le notizie che si sentono in giro so- no piuttosto con- traddittorie. Come si può dire che ce lo meritia- mo, se molti candidati si abbona- no al giornale per un solo anno; se certe disdette vengono motiva- te non per la qualità del giornale, ma per un semplice dissidio con Pegaso Inserto di cultura politica e di politica culturale Valori La testimonianza di Oscar Luigi Scalfaro Pagina III Personaggi Giuseppe Lazzati: la politica come moderna carità Pagina IV Laicità dello Stato Il “caso” di Cadro e le sentenze sul crocifisso Pagina VI-VIII Pegaso Inserto mensile di Popolo e Libertà no. 69 - 10 febbraio Politica nazionale Iniziative popolari in aumento: un abuso della democrazia? Pagina II Primo piano Il PeL tra gioie, speranze e tristezze Sinergia La sinergia tra giornale e partito appare come un aspetto indispensabile. Occorre che venga allargata a tutto il partito Diffusione Una parte dei militanti e degli esponenti del partito non sono abbonati al PeL e non si preoccupano di farlo conoscere

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Inserto mensile di Popolo e Libertà

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un municipale del proprio Comuneo, peggio ancora, per un risultatoelettorale sgradito?I conti permettono di dire che unaparte importante deimilitanti e degliesponenti del parti-to non sono abbo-nati al PeL e non sipreoccupano di far-lo conoscere. Que-sta osservazione va-le per i singoli, masi può ripetere perquanto riguarda lestrutture del partito: dal Cantone aiDistretti alle Sezioni comunali mi pa-re sia lecito dire che il sostegno di cuiil PeL può godere è troppo debole.Eppure. Eppure sarebbe così facile

rendersi conto che le due realtà, ilpartito e il giornale, sono tantostrettamente legate. Un amico misuggerisce che a buon diritto si può

applicare qui unaparafrasi della fra-se che apre la Co-stituzione concilia-re Gaudium etspes: “Le gioie e lesperanze, le tristez-ze e le angosce”…del PeL “sono purele gioie e le spe-ranze, le tristezze e

le angosce”… del PPD.Speriamo che ci siano almeno rispar-miate le angosce.

Giorgio Zappa

Nella seconda metà del Novecen-to si verificò in Ticino una vera eca-tombe dei quotidiani di partito. IlPopolo e Libertà, che pure avevauna storia meritevole e aveva attra-versato periodi gloriosi, resistette fi-no all’ultimo decennio, ma era or-mai ridotto al lumicino: nel 1992l’Ufficio presidenziale cantonale (eraallora presidente Fulvio Caccia) pre-se la decisione di trasformarlo in unsettimanale. Fu creata una SocietàAnonima di cui Luigi Pedrazzini as-sunse per primo la presidenza; achi scrive, pensionato e senza espe-rienza giornalistica, fu chiesto diassumerne almeno per un po’ ditempo la direzione.Il giornale restava sotto la responsa-bilità del partito (che possiede piùdella metà delle azioni) ma nel con-tempo era creata una struttura (laSocietà Anonima appunto) con laquale il partito avrebbe dovuto co-stantemente dialogare.Da allora sono ormai passati ven-t’anni; il PeL ha avuto diversi diretto-ri e diversi presidenti; esce oggi conforme e contenuti dignitosi, assicuraal partito sostegnoe una preziosa visi-bilità. Da anni riesceperfino, facendo isalti mortali, a farquadrare i conti.Chi considera il trendin ribasso del nume-ro degli abbonatinon può tuttavia na-scondersi il dubbio:serve ancora?Il Centro culturale L’Incontro diMendrisio, lo scorso mese di gen-naio, ha in un certo senso gettatoun sasso nello stagno, organizzan-

do a Vacallo un forum di discussio-ne a cui era stato dato un titoloprovocatorio; “Popolo e Libertà,quanti anni ancora?”. Nell’editoria-le del 20 gennaio scorso, MarcoRomano ha già ripercorso la crona-ca di quella serata, che aveva sor-preso un po’ tutti sia per l'interessedimostrato al tema, sia per la pre-senza qualificata di amici (alcuni deiquali scesi fin dal Sopraceneri).Il fatto nuovo si è verificato in se-guito: nello spazio di poche setti-mane, il tema del PeL è già stato ri-preso due volte, la prima da un col-laboratore regolare (CiscoKid, 27gennaio: “Ma il PeL ce lo meritia-mo?”) e la seconda da un lettore(Giacomo Gianolli, 3 febbraio, “Te-niamo alta la bandiera del PeL”).Interessante è che questo mini-di-battito ha fornito la conferma dimolte considerazioni già maturatenel corso della serata di Vacallo: ilPeL è vivo e dignitoso, non solo macostituisce un tassello importanteper tutto il partito, si direbbe un ele-mento essenziale per garantire icontatti: il che non vuol dire che nonsi debbano cercare anche altre vieper comunicare con i cittadini ticine-si. La sinergia tra giornale e partitoappare in ogni caso come un aspet-to indispensabile, e a mio avviso nonpuò essere affidata solo al fatto cheil segretario del partito è nel con-tempo direttore del giornale. Occor-re che questa sinergia venga allarga-

ta a tutto il partito:ma qui, brutalmen-te, sorge la doman-da: “Ce lo meritia-mo?” Per dire la ve-rità, le notizie che sisentono in giro so-no piuttosto con-traddittorie.Come si può direche ce lo meritia-

mo, se molti candidati si abbona-no al giornale per un solo anno;se certe disdette vengono motiva-te non per la qualità del giornale,ma per un semplice dissidio con

PegasoI n s e r t o d i c u l t u r a p o l i t i c a e d i p o l i t i c a c u l t u r a l e

ValoriLa testimonianza diOscar Luigi ScalfaroPagina III

PersonaggiGiuseppe Lazzati: la politicacome moderna caritàPagina IV

Laicità dello StatoIl “caso” di Cadroe le sentenze sul crocifissoPagina VI-VIII

PegasoInserto mensile diPopolo e Libertàno. 69 - 10 febbraio

Politica nazionaleIniziative popolari in aumento:un abuso della democrazia?Pagina II

Primo piano

Il PeL tra gioie, speranze e tristezze

SinergiaLa sinergia tra giornale epartito appare come unaspetto indispensabile.

Occorre che venga allargataa tutto il partito

DiffusioneUna parte dei militanti e

degli esponenti del partitonon sono abbonati al PeL

e non si preoccupanodi farlo conoscere

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Politica nazionale

Troppe iniziative uccidonola democrazia elveticaIn aumento l’uso distorto del fondamentale diritto popolare

Il prossimo 11 marzo il popolosvizzero è chiamato a pronunciarsisu 5 oggetti federali (ai quali si ag-giungono, in diversi Cantoni, parec-chi altri oggetti locali); ben tre quesi-ti sono proposte di iniziativa popola-re (limitazione delle case secondarie,introduzione di 6 settimane di va-canza, incoraggiamento al risparmioper l’alloggio), un altro oggetto èuna conseguenza di una iniziativa(destinazione pubblica degli utili del-le lotterie) e uno solo è frutto di unreferendum popolare (prezzo unicodel libro). Il risultato di questa infla-zione di domande spesso si traducenell’imbarazzo dei cittadini, permancanza di conoscenza sufficientedegli oggetti in votazione, cui contri-buisce anche la mancanza di unaadeguata informazione, per carenzadi mezzi a disposizione, sia dei pro-motori sia degli oppositori.Così il risultato è spesso negativo perla democrazia: una crescita dell’asten-sionismo (creando l’abitudine al disim-pegno) e un risultato che non rispec-chia la cosiddetta “volontà popolare”,perché una scarsa partecipazione alvoto (quasi sempre sotto il 50%) pro-clama vincente una proposta, positivao negativa, che ha raccolto una per-centuale inferiore della metà del “po-polo” avente dirittodi voto (dal qualeinoltre sono esclusi iminori e gli stranieri,oltre due milioni diabitanti!). Poi si parlae scrive di “decisionedemocratica” ...Il problema è notoda tempo, ma sem-bra in via di peggio-ramento, per l’abuso (o almeno l’usodistorto) che sempre più viene fatto diquesto diritto popolare, fondamenta-le per la democrazia diretta svizzera (ecantonale). Sembra che una ventina diiniziative costituzionali già hanno rac-colto le necessarie firme (100’000aventi diritto di voto, art. 138 della Co-stituzione federale del 1999) e atten-dono di essere sottoposte al voto po-polare, con la “raccomandazione” an-cora da formulare dell’Assemblea fe-derale; e per una trentina di altre ini-ziative popolari si stanno attualmente

raccogliendo le firme.Anche le possibilità di abuso sonoda tempo note: dall’incoerenza rap-presentata dal diritto svizzero che,prevedendo solo l’iniziativa costitu-zionale, provoca l’inserimento nellaCostituzione di articoli costituzionaliche avrebbero un collocamento piùadeguato in una legge (con l’effettogià verificatosi con la Costituzionedel 1874 di trasformarla in un “abi-to di Arlecchino”); all’abuso ben piùgrave rappresentato da iniziative chestravolgono il diritto e mettono laConfederazione svizzera in contrastocon i diritti fondamentali da lei sot-toscritti (e quindi pregiudicano, agliocchi del mondo, l’immagine del“Paese del diritto” che rivendichia-mo, esponendoci alle condanne deitribunali internazionali).Ma altri pericoli più subdoli stannoormai diffondendosi: le iniziative po-polari non sono più presentate permigliorare (a giudizio dei promotori)la legge fondamentale della Svizzerae quindi la base della libera e tolle-rante convivenza di un popolo, maper preparare, facendo leva su argo-menti infondati e persino incivili, lecampagne elettorali; per raccoglierele firme necessarie, non bastandopiù la diffusione di materiale di pro-

paganda, si fa or-mai capo a “rac-coglitori retribuiti”(sfiorando il codicepenale che puni-sce l’acquisto deivoti), ciò che ren-de ancora più di-pendente dai mezzifinanziari l’eserciziodi un “diritto popo-

lare”. Secondo dati pubblicati dallastampa (vedi Le Courrier del 26 set-tembre 2011), la “caccia alle firme”richiede oltre 5’500 ore di “lavoro” eun “professionista” riesce a racco-gliere da 20 a 40 firme all’ora, e vie-ne retribuito in ragione di 1,5 - 2franchi per firma valida; un comitatod’iniziativa che non può contare sul-l’appoggio di un grande partito na-zionale, deve calcolare tra i 300’000e i 500’000 franchi la spesa per rac-cogliere le firme necessarie. Spessoperò anche partiti nazionali, per rag-

giungere il traguardo delle 100’000firme, hanno fatto capo a collettoripagati e a ditte specializzate che ov-viamente usano persone retribuite.La necessità di correre ai ripari, perevitare che un diritto fondamentaleper la democrazia sia snaturato dallapolitica o dal potere economico, sem-bra preoccupare solo una minoranzadella classe politica; la discussioneprincipale si è fin quilimitata a trovare unrimedio per impedi-re iniziative incom-patibili con dirittifondamentali. LaCommissione delleistituzioni politichedel Consiglio degliStati ha approvato dimisura una mozioneche propone nuovi motivi di nullità.Attualmente l’art. 194 della Costitu-zione federale prevede che “ogni re-visione parziale deve rispettare il prin-cipio dell’unità della materia e nonpuò violare le disposizioni cogenti deldiritto internazionale”, e l’Assembleafederale in questi casi “la dichiara nul-la in tutto o in parte” (art.139,3), mala disposizione sin qui è stata inter-pretata restrittivamente, col risultatoche poi la stessa Assemblea si trova indifficoltà a tradurre in legge i principiaccettati in votazione popolare.

Non sembra invece auspicabile (an-che se fu tentato in passato) l’au-mento del numero delle firme richie-ste per presentare una iniziativa, o lalimitazione del periodo di raccolta(ora di 18 mesi dalla presentazionedel testo alla Cancelleria federale),perché penalizzerebbero unicamentele minoranze oneste, senza impediregli abusi di chi ha molto denaro.

Una innovazioneche non è stata finqui presa in consi-derazione, è la re-gola applicata alcosiddetto referen-dum italiano (che difatto riguarda l’a-brogazione, parzia-le o totale, di unalegge votata dal

Parlamento): l’iniziativa sarebbe con-siderata respinta se alla votazionepartecipa meno della metà degliaventi diritto di voto. Questa disposi-zione potrebbe scoraggiare la presen-tazione di iniziative che riguardanooggetti di limitata rilevanza e che rac-colgono scarso interesse nella mag-gioranza degli aventi diritto di voto,anche se il “rimedio” di fronte a ini-ziative riuscite avrebbe l’effetto per-verso di aumentare l’astensionismo.

Alberto Lepori

Pegaso Venerdì 10 febbraio 2012II

IniziativeSono attualmente circa una

ventina le iniziativecostituzionali che attendono

di essere sottoposte algiudizio del popolo

RetribuzioniSpesso si ricorre a collettoripagati e a ditte specializzateche usano persone retribuiteper raccogliere le 100’000

firme necessarie

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Valori

Non arrendetevi maiTestimonianza di Oscar Luigi Scalfaro (1918 - 2012)già Presidente della Repubblica italiana (1992 - 1999)

Venerdì 10 febbraio 2012 Pegaso III

Quante volte, nella realtà, si vede lagiustizia perdere le cause e l’ingiustizia, ilsopruso, la manovra sporca, l’astuzia, isoldi vincere. Però sono tutte tappe. I

valori, i principi arrivano a destinazione.

Il giorno in cui la Chiesa non avràprivilegi, avrà d’altra parte più libertà.E chissà: forse ciò aiuterebbe a metterea tacere l’anticlericalismo ancora oggi

così diffuso.

Quindi la comunità cristiana non devepreparare i “fedeli” a fare bene ildeputato o a fare bene il sindaco oquant’altro: queste sono cose che

ciascuno imparerà nel momento in cuiverrà eletto. Ciò che dobbiamo realmenteimparare nella Chiesa è come rendere una

testimonianza cristiana.

Spesso si parla della politica come di unsettore dove la verità non può essere dicasa. Questo è semplicemente falso. Una

politica senza verità è nulla; o quantomeno non è politica.

Non arrendetevi mai. Non gettate maila spugna. E io, Capo dello Stato, vi doun segreto per non gettare la spugna:state attenti a non avere mai la spugna

in mano.

Non esiste un’etica pubblica diversadall’etica privata. Esistono livelli diversidi responsabilità, ma questi accrescono

semmai, quando si tratta di benecomune, il rigore dei comportamenti.Non esistono scorciatoie, non è lecitomai trovare false giustificazioni e

adattare la morale, o appunto, crearebinari etici diversi.

Lo Stato è la casa di tutti e nessuno ha ildiritto di mettervi sopra il proprio

marchio o il proprio sigillo. Starei per direche lo Stato ha il dovere di essere laico.Ha diritto alla laicità. Mi rendo conto chetalvolta questo termine è stato usato insenso antireligioso o anticlericale, maognuno sa qual è il suo significato

originale.

La Chiesa mi ha insegnato chel’applicazione di questi principi alla realtàpolitica è compito dei cristiani che vivononella realtà politica, e non c’è prelato chesia autorizzato a sottrarre spazio a questa

testimonianza. Di questo sonoprofondamente convinto.

Da “Non arrendetevi mai. Colloquio con Oscar Luigi Scalfaro”, con un gruppo di giovani cattolici, svoltosi il 5 aprile 2006 a Roma,pubblicati a cura di Federica di Lascio e Davide Paris, edizioni paoline, Milano 2007.

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Personaggi

Giuseppe Lazzati, la politicacome moderna caritàMilano, 22 giugno 1909 - Milano, 18 maggio 1986Amico di La Pira e di Dossetti, Giu-

seppe Lazzati nasce a Milano nel1909. Durante l’infanzia e l’adole-scenza frequenta assiduamente l’As-sociazione studentesca “Santo Stanis-lao”. Nel 1926 muore suo padre, ap-pena cinquantenne. Cresce il suo im-pegno nell’associazionismo cattolico.

La consacrazione laicaleI suoi anni giovanili sono segnati dal-l’ascesa del fascismo. Mentre Lazzatiintraprende gli studi in lettere classi-che all’università cattolica di Milano,spesso si domanda: “Quale sarà lavolontà di Dio nei miei confronti? Acosa mi chiama Dio?”. Sono due gliincontri decisivi risalenti a quegli anni:quello con Pier Giorgio Frassati, ungiovane torinese esempio di vita cri-stiana, e poi quello con il nuovo arci-vescovo di Milano, il cardinale Ilde-fonso Schuster. Nella coscienza delgiovane Lazzati si fa strada, gradual-mente, l’intuizione della chiamata al-la santità nella consacrazione nel lai-cato. Dopo la laurea nel 1931, a soliventidue anni, con una tesi su Teofilodi Alessandria, domanda la consacra-zione laicale nell’esperienza dei “Mis-sionari della Regalità di Cristo”, fon-data da padre Agostino Gemelli.Dapprima assistente all’università, dal1939 è docente incaricato di lettera-tura cristiana antica alla Cattolica. Masoprattutto, dal 1934 al 1945, è inin-terrottamente presidente diocesanodella Gioventù di Azione cattolica.Nel contempo, nel 1939, dà avvio adun proprio sodalizio di laici denomi-nato “Milites Christi Regis”.

La deportazionenei lager nazistiDurante la seconda guerra mondia-le, nel settembre 1943, avendo ri-fiutato l’adesione all’esercito dellaRepubblica sociale fascista, Giusep-pe Lazzati viene deportato nei cam-pi di internamento nazisti: dapprimain Polonia e più tardi in Germania.Durante la detenzione nei lager, si-no all’agosto 1945, la sua testimo-nianza è grande. Cura a fondo ilsuo rapporto col Signore nella pre-ghiera quotidiana. Sostiene concre-tamente i compagni di internamen-to al fine di aiutarli a resistere alle

continue pressioni. Guida e pro-muove, non da ultimo, conferenzesul Vangelo e su tematiche religiose:“E non furono pochi - annota a talproposito - che seppero trarre dalledurissime circostanze viste in luce difede, non solo conforto ma incre-mento alla loro vita cristiana e sti-molo a una testimonianza di pa-ziente fortezza fra i colleghi divoratidalla sfiducia e dalla disperazione”.

L’opera politica del dopoguerraTerminata la seconda guerra mon-diale, nel 1946 Giuseppe Lazzati vie-ne eletto consigliere comunale a Mi-lano per la Democrazia cristiana(DC) nonché, sempre per lo stessopartito, deputato all’Assemblea co-stituente. Insieme a Dossetti e La Pi-ra, chiamati i “professorini”, contri-buisce all’elaborazione della Cartacostituzionale. È deputato al Parla-mento della nuova Repubblica dal1948 al 1953. Sull’impegno del poli-tico scrive: “la politica si farà in noimaniera moderna ed esigente di vi-vere la carità, di dimostrare il veroamore all’uomo, che è la prima viadella Chiesa, costruendo una convi-venza umana a misura di uomo, pertutto l’uomo e per tutti gli uomini”.

Rettore dell’universitàcattolica di MilanoRitornato stabilmente nella sua Mi-lano, oltre all’impegno accademico,Lazzati si dedica con vigore alla gui-da del suo istituto secolare e soprat-tutto all’opera formativa dei giovani.Grazie all’amicizia con il cardinaleGiovanni Battista Montini assume lapresidenza del Movimento Laureatidi Milano e poi, dal 1961 al 1964, ladirezione del quotidiano milanese“L’Italia”. Nel 1965 Giuseppe Lazza-ti è eletto preside della Facoltà diLettere, mentre nel 1968 rettoredell’università Cattolica, incarico checonserva sino al 1983. Siamo nelperiodo caldo della contestazione eLazzati riesce a farvi fronte con sen-sibilità. Come gli riconosce GiovanniPaolo II in una lettera inviatagli alloscadere del suo rettorato: “È a tuttinoto l’impegno col quale Ella hasempre cercato di fare dell’Universi-

tà Cattolica un serio centro di ricer-ca, in cui si elaborino - alla luce dellaRivelazione cristiana e nel rigorosorispetto dei metodi propri di ciascu-na scienza - le risposte agli interro-gativi che salgono dal mondo con-temporaneo. E a tutti è pure nota laviva sensibilità con cui ha saputo in-terpretare, in anni segnati da pro-fonde tensioni, i fermenti del mon-do giovanile, sforzandosi di acco-gliere le istanze e di orientarle versotraguardi costruttivi”.

Il testamento spiritualeNei primi mesi del 1984 i medici gliriscontrano un tumore, ma lui conti-nua la sua diaconia verso i giovani,dando vita all’associazione “Cittàdell’uomo” e animando corsi pressol’eremo di San Salvatore sopra Erba.Muore il 18 maggio 1986, all’albadella festa di Pentecoste. Grazie alsostegno del cardinale Carlo MariaMartini, nel 1996 si è aperta per luila causa di beatificazione.Lascia scritto nel commovente testa-mento spirituale: “Amate Gesù Cri-sto, il Sovrano cui abbiamo consa-crato la vita, che per primo ci haamati e si è dato a noi; amatelo ap-passionatamente, a fatti non a paro-le, fatti suoi seguaci in vera povertà,in amabile castità, in feconda obbe-

dienza; dandovi per lui, che è direper la diffusione del suo Regno, sen-za misura che non sia quella sugge-rita dalla soprannaturale virtù dellaprudenza, e nei modi che il vostroamore per lui vi suggerirà, fino alleestreme conseguenze, per usare leparole di papa Paolo VI”. Continuala sua esortazione: “Amate la Chie-sa, mistero di salvezza del mondo,nella quale prende senso e valore lanostra vocazione che di quel misteroè una singolare manifestazione.Amatela come la vostra Madre, conun amore che è fatto di rispetto e didedizione, di tenerezza e di operosi-tà”. E poi ancora: “Amatevi tra voicon sincerità di cuore e aiutatevi,portando gli uni i pesi degli altri, arealizzare la vostra vocazione cosìche la vostra luce splenda, sotto lacustodia dell’umiltà, a testimoniarenel mondo la presenza e la forzadell’Amore, fatti a tutti servi, tantopiù grandi fossero le responsabilitàcui potete essere chiamati”.

Lorenzo Planzi

Questa biografia è tolta dalla raccolta:Lorenzo Planzi, “Cristiani democraticinella storia europea”, edito dal Partitopopolare democratico ticinese, Popoloe Libertà, Armando Dadò Editore,Locarno, 2011, pp.95, fr. 20.-

Pegaso Venerdì 10 febbraio 2012IV

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Nell’ottobre del 2011 la Commissio-ne federale per l’infanzia e la gioventùha pubblicato un coraggioso rapportocon il quale ritiene sia oramai giunto ilmomento in Svizzera di accettare ilprincipio della libera scelta tra serviziomilitare e servizio civile, di durata ugua-li. Una piccola rivoluzione che va benoltre le aperture sin qui concesse dalParlamento. Come motiva la Commis-sione una simile proposta, in nettocontrasto con l’art. 59 cpv 1 della Co-stituzione Svizzera che recita: “Gli uo-mini svizzeri sono obbligati al serviziomilitare. La legge prevede un serviziocivile sostitutivo”?

La situazione di fattoDurante quasi tutto il 20° secolo ilprincipio del servizio militare obbliga-torio per tutti fu applicato con grandefermezza. Solo pochi riuscivano a farsiscartare ricorrendo a stratagemmi par-ticolari. Il male minore consisteva nelfarsi incorporare nei sanitari, il che per-metteva la rinuncia al porto d’armi.Solo nel 1996 si aprì una breccia nel si-stema, con l’introduzione del serviziocivile sostitutivo destinato agli obietto-ri di coscienza. Parallelamente era incostante aumento il numero degli eso-nerati sia dal servizio militare che daquello civile, che si trovavano a doverpagare la “tassa militare”. I dati relativi al reclutamento del 2010parlano chiaro: sui 42’000 giovaniconvocati, solo 27’000 (ossia i due ter-zi) sono stati dichiarati atti al serviziomilitare o al servizio civile sostitutivo. Ele statistiche degli anni precedentipuntualizzano anche che mediamentesolo poco più della metà di chi inizia lascuola reclute effettuerà realmente latotalità dei giorni di servizio previsti. Insostanza, nel 2010 ben 15’000 giova-ni sono stati scartati. Di essi 6’000 sisono annunciati alla Protezione civile,e gli altri pagano la tassa militare.Quindi, e questa è la prima conclusio-ne della Commissione, malgrado l’ob-bligo di servire iscritto nella Costituzio-ne, non tutti sono trattati in modouguale: solo i 2/3 iniziano il percorsoobbligatorio e appena poco più dellametà lo portano a termine. I numeri dicono che alla fine degli an-ni 1980 l’esercito svizzero contava an-cora più di 800’000 uomini. Negli an-

ni successivi, con la caduta del muro diBerlino e la fine della Guerra fredda, ilcontesto geostrategico e militare è so-stanzialmente cambiato. L’esercito si èadattato alla nuova situazione ridu-cendo progressivamente i suoi effetti-vi fino agli attuali 195’000 militi.

Mantenere l’obbligo di servire?Assolutamente “sì” dice la Commis-sione. In una società ove i diritti pren-dono il sopravvento sui doveri, ove l’in-dividualismo tende a primeggiare sul-l’interesse generale, ove ai giovanimancano sovente dei punti di riferi-mento, l’obbligo di servire ha più chemai la sua ragione d’essere. Esso serveanche per rafforzare i legami tra lequattro regioni linguistiche favorendola solidarietà. Ma essendo scomparsele minacce tangibili del periodo dellaGuerra fredda, è più difficile motivare igiovani a effettuare un servizio militaredi cui mal comprendono l’utilità e gliscopi. Anche il modesto impegno del-l’esercito in missioni umanitarie e dimantenimento della pace contribuiscead indebolire la sua attrazione. Sarebbe tuttavia totalmente sbagliatoaffermare che i giovani non sentano ildesiderio di investirsi per il loro paese.Chiedono semplicemente di “sentirsiutili”, di svolgere una missione di cuicomprendano la finalità e attraverso laquale si sentano responsabilizzati. Ri-conoscere queste ambizioni non signi-fica mettere in questione l’esercito co-me tale, bensì rendersi conto dell’evo-luzione della società e delle sue realtà.

La risposta moderna La possibilità del servizio civile è cono-sciuta dal 1992, e dal 2009, anno in cui“l’esame di coscienza” ha lasciato ilposto alla “prova dell’atto”, le doman-de di assegnazione sono letteralmenteesplose. ll fatto che il servizio civile hauna durata di una volta e mezzo quel-la del servizio militare non ha minima-mente scoraggiato i giovani:1’950 do-mande nel 2008 e 7’200 nel 2009! Ècomprensibile che questo successo ab-bia creato paure nell’esercito che temedi vedere ridursi i suoi ranghi. Paurache ha contagiato anche la maggio-ranza dei parlamentari federali, chehanno ottenuto un inasprimento delle

formalità d’accesso e delle modalità disvolgimento del servizio civile. Inter-venti che hanno prodotto l’effetto de-siderato: nel primo semestre del 2011le domande d’ammissione al serviziocivile si sono ridotte del 25% rispettoall’anno prima, e i civilisti ammessi so-no diminuiti del 35%. Resta da verifi-care se a beneficiarne sia stato l’eserci-to o piuttosto la già numerosa catego-ria dei suoi “scartati”.

Si impone unariflessione politicaMa quale tipo di esercito ci serve e qua-le deve essere la sua dotazione? E se ladotazione necessaria sarà inferiore alnumero di giovani disponibili, che tipodi servizio si vorrà proporre agli altri?Questo esercizio è già stato svolto inparecchi stati europei. In Germania, dal1° luglio 2011 non esiste più l’obbligodi servire (né militare né civile). L’eserci-to è formato da professionisti e il re-clutamento si effettua su base volonta-ria senza limiti d’età. La durata del ser-vizio va di 6 ai 24 mesi. In Francia il ser-vizio militare obbligatorio è stato sop-presso nel 1997. Dal 2001 l’esercito èformato da professionisti. Nel 2010 èstato introdotto un servizio civile pergiovani dai 16 ai 25 anni di durata dai6 ai 12 mesi. Nel 2011 15’000 giovanisi sono annunciati e l’obiettivo è di rag-giungere i 75’000 nel 2014! In Svizzera manca una riflessione stra-tegica di questa natura. Si combattesui preventivi dell’esercito e sul nume-ro dei militi necessari senza una visio-ne chiara degli obiettivi. Oggi esiste unpotenziale annuale di reclute in gradodi sostituire i militi che terminano il ser-vizio. L’effettivo di 195’000 soldati èquindi assicurato. Ma se tale effettivodovesse scendere a 100’000 comeproposto dal Parlamento, cosa offriràil paese agli altri giovani? Sarannosemplicemente assoggettati alla tassamilitare? Su questo punto il rapportodella Commissione non lesina i termi-ni: sarebbe politicamente tanto irre-sponsabile quanto ipocrita. E invece diaccanirsi a peggiorare le condizionid’accesso al servizio civile, non sareb-be piuttosto il caso di metterlo su unpiede d’uguaglianza con il servizio mi-litare, garantendo anche un migliorimpiego delle risorse disponibili?

Il servizio civile costa veramente poco:meno dell’1% del budget dell’eserci-to! L’arrivo nei suoi ranghi di 10’000nuovi civilisti all’anno (tanti si stimapotrebbero essere) può quindi esserepreso in considerazione senza eccessi-vi timori. Anche i campi operativi delservizio civile (salute, sociale, beni cul-turali, ambientale, agricoltura) limita-no o addirittura escludono il rischio didistorsione nel mercato del lavoro. Alcontrario, un recente studio di TravailSuisse prevede che nel 2030 ben190’000 posti di lavoro non sarannocoperti in ospedali e strutture per an-ziani: il contributo dei civilisti potrebberivelarsi prezioso, fornendo un appor-to utile al personale qualificato. Certo,nei Cantoni di frontiera rappresente-rebbe una contenuta concorrenza alfrontalierato. Andrebbero anche pen-sate nuove possibili filiere occupazio-nali, per esempio nel settore energeti-co, in quello pubblico comunale, in oc-casione di grandi manifestazioni fede-rali di ginnastica, di musica, sportive.L’utilità di questi servizi sarebbe grandee sicuramente paragonabile a quelladel servizio militare tradizionale. Perquesto non avrebbe più senso attri-buirgli la durata attuale che corrispon-de a una volta e mezzo quella del mili-tare. Una parificazione s’impone. Ilrapporto prende i considerazione il fat-to che il servizio militare comporta de-gli oneri oggettivamente più pesantidel servizio civile (p. es. vita di casermae pericolosità dell’uso delle armi). An-drà quindi trovato una giusta compen-sazione per quanti scelgono la via mili-tare, fatto salvo il principio dell’ugualedurata dei due servizi.Il Rapporto conclude ribadendo ilprincipio della priorità dell’esercito,chiamato a garantire la sicurezza delPaese. Priorità che dovrà chiaramenteessere ancorata nella Costituzione fe-derale. Si tratta di una clausola di sal-vaguardia volta a evitare un eventualeorientamento troppo massiccio di gio-vani verso il servizio civile.Il dibattito è aperto e coinvolge tutto ilPaese. Le proposte contenute nel Rap-porto meritano un attento e appro-fondito esame, guardando più al futu-ro che non al passato.

Pierfranco Venzi

Venerdì 10 febbraio 2012 Pegaso V

Società

Servizio militare e servizio civile:accettare la libera scelta dei giovaniLa proposta della Commissione federale per l’infanzia e la gioventù

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Attualità

Una certa sensibilitàper le religioniL’affissione del crocifisso nell’atrio diuna scuola testimonia una certa sensi-bilità dello Stato nei confronti del fe-nomeno religioso e della civiltà cristia-na in un Cantone che non ha attuatola separazione fra lo Stato e le Chiese- come lo sono invece in Francia e ne-gli Stati Uniti d'America (Argante Ri-ghetti, Separazione fra Stato e Chiesa,in “La revisione totale della costituzio-ne ticinese”, pag. 41 segg., 50 segg.)- e che conferisce dignità costituziona-le (art. 24 Cost. TI) alla manifestazionereligiosa in forma associata che vi èstoricamente più rilevante, vale a direla religione cristiana con la Chiesa cat-tolica apostolica romana e la Chiesaevangelica riformata.Consentendo di esporre il crocifissoin un atrio o in un corridoio adibitoad uso comune, il Consiglio di Statoattribuisce alla religione maggiorita-ria del Cantone una visibilità pre-ponderante che non viola il princi-pio della parità di trattamento perrapporto ad altre religioni minorita-rie: ma, nello stes-so tempo, gli allievie i genitori di que-ste religioni mino-ritarie possono an-che indossare ascuola vestiti parti-colari, prevalendo-si della libertà dicredo e di coscien-za. Non senza ri-cordare che gli istituti scolastici nondevono comunque diventare dellerassegne di simboli confessionali perragioni evidenti d'ordine pubblico, lemaggioranze e le minoranze sonochiamate in un certo senso a tollerar-si reciprocamente ed è proprio attra-verso questa reciproca tolleranza chela libertà di coscienza e di credenzapuò essere garantita, contribuendoad assicurare la pace religiosa. La presenza del crocifisso non solonegli istituti scolastici, ma persino

sulle cime delle montagne suscita datempo aspre polemiche e vivaci dis-cussioni, dettate spesso da posizioniobiettivamente inconciliabili. Allasentenza di Cadro la sola stampa ti-cinese ha dedicato non meno di unacinquantina di articoli e quelle dellaCorte europea dei diritti dell’uomohanno travalicato i confini d’Europa.

Non c’è offesaquando si acconsenteNel contesto venutosi a creare dopola sentenza del 1990, che non puòmanifestamente prescindere dallarealtà delle cose, il Consiglio di Sta-to e il Dipartimento dell’educazione,della cultura e dello sport hanno dasempre optato per una soluzionepragmatica, che tiene conto dell'ef-fetto indiretto di questa sentenzasenza scalfire però i fondamenti cri-stiani del nostro Stato e, soprattut-to, senza creare problemi dove iproblemi non esistono. Se una per-sona legittimata a farlo - docente,genitori di un allievo che non haraggiunto la maggiore età religiosa

o allievo che hacompiuto il sedice-simo anno di età(art. 303 CC) -chiede la rimozio-ne del crocifisso,l’autorità è tenutanel caso specifico adar seguito a talerichiesta. Tuttavia,dall’obbligo di dar

seguito ad una simile richiesta, nonsi può dedurre in modo affatto ge-nerale anche l'obbligo di disporred'ufficio l'allontanamento dei croci-fissi da tutte le aule scolastiche. Se èvero infatti che è compito dell'auto-rità di applicare le leggi, è nondime-no altrettanto vero che se lo scopodella legge è quello di tutelare iprincipi costituzionali e le libertàfondamentali, questo scopo può es-sere raggiunto anche se il relativoprovvedimento viene ordinato sol-

tanto dov'è richiesto: se il provvedi-mento non viene invece espressa-mente richiesto, vale il principio ge-nerale del diritto - espresso con lalocuzione latina “volenti non fitiniuria” o “nulla iniuria in volentes”- che nega l’esistenza dell’offesaquando una persona ha consentitoad un’azione (risposta dell’alloraconsigliere di Stato Gabriele Gen-dotti all’interpellanza 20 aprile 2010di Jacques Ducry e Greta Gysin“Crocifisso nelle scuole pubbliche:qual è l'opinione giuridica del Con-siglio di Stato?”, in RVGC, Anno2010/2011, Seduta XI, martedì 22giugno 2010).

Una certa visibilità allareligione maggioritariaLa risoluzione 22 giugno 2011 delConsiglio di Stato si situa peraltroin un contesto un po’ diverso: se èvero infatti che anche in tal casodel crocifisso era stata richiesta larimozione, è nondimeno altrettantovero che questo simbolo religiosonon era stato esposto nell’aula incui viene impartitol'insegnamentobensì, sulla scortadell'obiter dictumespresso dal Tribu-nale federale, in unatrio e quindi in unlocale scolastico adi-bito ad uso comu-ne. In questo senso,il Consiglio di Statoha conferito una certa visibilità allareligione maggioritaria del Paese,ma lo ha comunque fatto nei limititracciati dalla giurisprudenza, conla consapevolezza che qualsiasi de-cisione presa in un settore partico-larmente delicato - dove si affronta-no i diritti individuali di genitori, al-lievi e docenti e i principi della neu-tralità confessionale della scuolapubblica - avrebbe suscitato reazio-ni discordanti per l’irriducibilitàquasi atavica delle opinioni.

Il dibattito cheresta apertoComunque sia, la presenza crocifissonegli istituti scolastici ed in modoparticolare nelle aule dove viene dis-pensato l’insegnamento continueràancora ad occupare le differentiistanze giudiziarie. Innanzitutto, ladecisione del Consiglio di Stato (no-ta: 22 giugno 2011 citata all’inizio) ègià stata deferita al Tribunale canto-nale amministrativo, la cui sentenzapotrà essere impugnata da chi soc-combe davanti al Tribunale federale:e in questo contesto, “le jugementde 1990 n’apparaît plus aussi defini-tif depuis la récente jurisprudencerendue par la Cour EDH malgré lesgants que chausse l'instance stra-sbourgeoise lorsqu’il s’agit de tran-cher des questions aussi sensiblesque celles portant sur la religion ausein des Etats membres du Conseilde l’Europe. Au vu de l’importantemarge d’appréciation qu’elle laisseaux Etats membres en la matière, ilest légitime de croire que le Tribunalfédéral aura le dernier mot, dans la

mesure où il estpeu probable quela Cour EDH osel'infirmer” (TristanZimmermann, AJP11/2011 pg. 1503).La presenza di sim-boli della civiltà oc-cidentale del cristia-nesimo negli spazipubblici è stata pe-

raltro oggetto il 2 dicembre 2010 diun’iniziativa parlamentare della con-sigliera nazionale lucernese IdaGlanzmann-Hunkeler e di altri 41 co-firmatari, volta ad introdurre nellaCostituzione federale il principio se-condo cui “è lecito esporre negli spa-zi pubblici simboli della cultura occi-dentale cristiana”. Il Consiglio di Sta-to deve quindi perlomeno constatareche il dibattito sulla presenza di crocie crocifissi nei luoghi pubblici perma-ne in ogni caso aperto.

StampaAlla sentenza di Cadro la

stampa ticinese, ma anchenumerosi media elvetici,

hanno dedicato non meno diuna cinquantina di articoli

GiurisprudenzaCon la risoluzione di giugno

il Consiglio di Stato haconferito visibilità alla

religione maggioritaria neilimiti della giurisprudenza

Pegaso Venerdì 10 febbraio 2012VIII

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Votazioni federali

La scorsa estate, il forte calo su-bito dall’euro nei confronti delfranco svizzero ha indotto moltiimportatori a trasferire ai consuma-tori (almeno in parte) i vantaggi diprezzo così ottenuti. A quantosembra questo non è però succes-so per i libri, i cui prezzi in franchisvizzeri sono rimasti praticamentestabili, e sono quindi risultati incerti casi quasi il doppio rispetto alprezzo in euro. E questo proprio inun momento in cui si facevano piùintense e puntuali le discussionisulla proposta di una nuova leggesul prezzo dei libri, contro la qualeè stato lanciato il referendum.Una regolamentazione simile - omeglio un accordo fra le libreriedella Svizzera tedesca - era già co-nosciuta in Svizzera, ma conferivaun carattere di monopolio agli im-portatori di libri dall’estero, chegodevano così di una posizionedominante sul mercato. Motivi piùche sufficienti per autorizzare laCommissione della concorrenza,nel 1989, a chiedere l’abrogazionedell’accordo. Con vari interventiparlamentari, i sostenitori dell’ac-cordo hanno chiesto che questa re-golamentazione venisse inserita nel-la legge. Il parere contrario delConsiglio federalenon è bastato perfar cambiare ideaai due rami delParlamento, chesono riusciti ad ot-tenere una pur risi-cata maggioranza:10 voti al Naziona-le, 4 voti agli Stati.Ma il Forum deiconsumatori svizzero-tedeschi e iGiovani liberali-radicali hanno lan-ciato un referendum contro la leg-ge del 18 marzo 2011 sul prezzofisso dei libri. Il referendum haavuto successo, poiché il principiodi favorire la concorrenza per otte-nere prezzi di mercato è largamen-te accettato. Ma nel caso dei librivi sono situazioni particolari. Infat-ti, talvolta, il prezzo del libro nonè fissato dal rivenditore svizzero,ma è dettato dall’editore estero,che spesso vuole essere pagato in

franchi svizzeri. Inoltre il mercatosvizzero non è omogeneo, ma di-pende dalle situazioni nei singolipaesi esportatori, divisi almeno intre grandi regioni linguistiche: latedesca, la francese e l’italiana. Inogni caso circa l’80% dei libri ven-duti in Svizzera proviene da questeregioni linguistiche.Il libro, però, non è un prodotto dimercato come qualsiasi altro, percui le leggi del mercato e dellaconcorrenza non sempre sono ap-plicabili alla lettera. Oltre che og-getto commerciale, il libro è infattianche un bene culturale e cometale non dovrebbe sempre sottosta-re alle leggi del mercato. Per que-sto la Svizzera ha firmato nel 2008la Carta dell’Unesco, che riconosceil carattere culturale del libro. E lalegge che verrà posta in votazionel’11 marzo riconosce chiaramenteuno statuto particolare già nel suoprimo articolo, che ne definisce loscopo nel “promuovere la diversitàe la qualità del libro in quanto be-ne culturale” e nel “garantire cheil maggior numero possibile di let-tori abbiano accesso ai libri, nellemigliori condizioni”.Si tratta quindi di garantire la diver-sità dei libri e dei punti di vendita.

La Svizzera possiedeoggi una rete di li-brerie densa, conun punto di venditaogni 10'000 abitan-ti. In Francia, peresempio, la propor-zione è di 20'000abitanti. Questa re-te permette non so-lo un accesso otti-

male ai libri d’importazione, ma of-fre anche agli editori svizzeri buonipunti di contatto con i potenzialilettori. Un impoverimento della retedi distribuzione andrebbe quindi asvantaggio di tutti.

Il prezzoSecondo stime recenti, a meno dicrolli del cambio dell’euro, il libroin Svizzera costa dal 30 al 40% dipiù che all’estero, dove viene pro-dotto, ma non sempre, o non deltutto, a causa dell’importatore.

La concorrenza non può quindifunzionare a livello di distributori inSvizzera. Sta però nascendo un al-tro tipo di concorrenza: quella dellibro da ordinaresu internet o dellibro digitale, oltrea quella dei su-permercati, che ri-ducono il libro alivello di un qual-siasi altro prodot-to. Sotto questoaspetto la difesadel libro quale“bene culturale”, può stare. Restada vedere se ciò significherà un au-mento del prezzo o meno. Secon-do i sostenitori la legge è necessa-ria soprattutto per porre un arginealla chiusura di librerie e quindi aun impoverimento culturale. I refe-rendisti non accetterebbero però dipagarne il prezzo. Ecco allora che,se in Svizzera torniamo al “prezzounico” del libro, sarà Mister Prezziche dovrà dire quale sarà il prezzo.Per i libri un margine del 20% sa-rebbe giustificato, rispetto al prez-

zo all’estero e la legge prevede chegli sconti non potranno superare il5%. Escluse sarebbero le ordinazio-ni su internet.

Due obiettiviLa legge prevedequindi due obiettivi:da un lato impedireprezzi troppo elevatirispetto al prezzo al-l’estero; dall’altroevitare vendite aprezzi stracciati. Lalegge soffre comun-

que di una mancanza di chiarezza.Forse per questo il Consiglio federa-le era contrario alla decisione delParlamento e prova qualche difficol-tà a sostenerla. Mister Prezzi avrà ilsuo da fare per tenerla in piedi. In-fine gli stessi librai pensano che infondo una legge così potrebbe an-che creare più danni che vantaggi.Ma ci sono alternative? Come si sa,una consultazione popolare ha soloun’alternativa: o sì, o no.

Ignazio Bonoli

EsteroTalvolta il prezzo del libro non

è fissato dal rivenditoresvizzero, ma è dettato

dall’editore estero, che spessovuole essere pagato in franchi

Libro, quanto ti pago?Il prossimo 11 marzo il popolo svizzero chiamato a decidere se introdurre il prezzo fisso nelle librerie del nostro Paese

Venerdì 10 febbraio 2012 Pegaso IX

www.sxc.hu

AlternativeGli stessi librai pensano che

una legge come quellaproposta potrebbe anche

creare più danni che vantaggi.Ma ci sono alternative?

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Il 9 dicembre 2011 a Firenze,un gruppo di associazioni, ri-unendo circa 800 persone, han-no concluso un dibattito, in cor-so da diversi mesi, per indicare“una nuova strada per l’Euro-pa”. Al termine del Forum, èstato proposto un appello, chequi riproduciamo, anche se sviz-zeri e ticinesi si tengono egoi-sticamente “fuori”, ma sono esaranno sempre più coinvolti,nel bene e nel male, nel futurodel Continente (a.l).

La crisi dell'Europa è l’esaurirsi di unpercorso fondato sul neoliberismo esulla finanza. Negli ultimi vent’anniil volto dell'Europa è stato il merca-to e la moneta unica, liberalizzazio-ni e bolle speculative, perdita di di-ritti ed esplosione di disuguaglianze.Alla crisi finanziaria, le autorità eu-ropee e i Governinazionali hanno da-to risposte irrespon-sabili: hanno rifiu-tato di intervenirecon gli strumentidell’Unione mone-taria per arginare lacrisi, imponendo atutti i paesi politi-che di austerità etagli di bilancio chesaranno ora inseriti nei trattati euro-pei. I risultati sono noti: la crisi fi-nanziaria si estende a quasi tutti ipaesi, l’euro potrebbe saltare, siprofila una nuova grande depressio-ne, c’è il rischio della disintegrazio-ne dell’Europa.

L’Europa può sopravvivere soltanto se cambia strada Un’altra Europa è possibile se pren-de il volto del lavoro, dell’ambiente,della democrazia, della pace, di piùintegrazione. È la strada indicata dauna parte importante della cultura edella società europea, dai movimen-ti per la giustizia, dalle proteste intutti i paesi contro le politiche di au-sterità dei governi. È una strada chenon ha ancora trovato un’eco tra leforze politiche europee.La strada per un’altra Europa deve

far convergere le visioni di cambia-mento, le proteste sociali, le politi-che nazionali ed europee verso unquadro comune. Proponiamo cin-que obiettivi da cui partire.

Ridimensionare la finanzaLa finanza - all’origine della crisi -deve essere messa nelle condizionidi non devastare più economia. L’U-nione monetaria deve essere riorga-nizzata e deve garantire collettiva-mente il debito pubblico dei Paesiche adottano l'euro; non si può ac-cettare che il peso del debito di-strugga l’economia dei Paesi in dif-ficoltà. Tutte le transazioni finanzia-rie devono essere tassate, devonoessere ridotti gli squilibri prodottidai movimenti di capitale, una re-golamentazione più stretta deveimpedire le attività più speculative erischiose, si deve creare un'agenzia

di rating pubblicaeuropea.

Integrare lepolitiche economicheOltre a mercato emoneta servonopolitiche comuni inaltri ambiti, che so-stituiscano il Patto

di Stabilità e Crescita, riducano glisquilibri, cambino la direzione dellosviluppo. In campo fiscale occorrearmonizzare la tassazione in Euro-pa, spostando il carico fiscale dal la-voro alla ricchezza e alle risorse nonrinnovabili, con nuove entrate chefinanzino la spesa a livello europeo.La spesa pubblica - a livello nazio-nale ed europeo - deve essere uti-lizzata per rilanciare la domanda,difendere il welfare, estendere le at-tività e i servizi pubblici. Le politicheindustriali e dell'innovazione devo-no orientare produzioni e consumiverso maggiori competenze dei la-voratori, qualità e sostenibilità. Glieurobond devono essere introdottinon per rifinanziare il debito, maper finanziare la riconversione eco-logica dell’economia europea, coninvestimenti capaci di creare occu-pazione e tutelare l’ambiente.

Aumentare l’occupazione,tutelare il lavoro, ridurrele diseguaglianzeI diritti del lavoro e il welfare sonoelementi costitutivi dell’Europa. Do-po decenni di politiche che hannocreato disoccupazione, precarietà eimpoverimento, e hanno riportato ledisuguaglianze in Europa ai livelli de-gli anni Trenta, ora serve mettere alprimo posto sia la creazione diun’occupazione stabile, di qualità,con salari più alti e tutela dei redditipiù bassi, che la democrazia e la con-trattazione collettiva.

Proteggere l’ambienteLa sostenibilità, l'economia verde,l’efficienza nell’uso delle risorse edell’energia devono costituire il nuo-vo orizzonte dello sviluppo europeo.Tutte le politiche devono tener con-to degli effetti ambientali, ridurre ilcambiamento climatico e l’uso di ri-sorse non rinnova-bili, favorire le ener-gie pulite, le produ-zioni locali, la so-brietà dei consumi.

Praticare lademocrazia Le forme della de-mocrazia rappre-sentativa e dellademocrazia sociale attraverso parti-ti, rappresentanza sociale e Governinazionali sono sempre meno capacidi dare risposte ai problemi. A livel-lo europeo, la crisi toglie legittimitàalle burocrazie - Commissione eBanca centrale - che esercitano po-teri senza risponderne ai cittadini,mentre il Parlamento europeo nonha ancora un ruolo adeguato. Inquesti decenni, la società civile eu-ropea ha sviluppato movimenti so-ciali e pratiche di democrazia parte-cipativa e deliberativa - dalle mobi-litazioni dei Forum sociali alle pro-teste degli indignados in molti Pae-si - che hanno dato ai cittadini lapossibilità di essere protagonisti.Queste esperienze hanno bisognodi una risposta istituzionale. Occor-re superare il divario tra i cambia-menti economici e sociali di oggi egli assetti istituzionali e politici che

sono fermi a un’epoca passata.L’inclusione sociale e politica deimigranti è una condizione impre-scindibile di promozione della con-vivenza civile e rappresenta un’op-portunità per l’inclusione nell’areaeuropea dei movimenti dell'Africamediterranea che hanno rovesciatoregimi autoritari.

Fare la paceL'integrazione europea ha consenti-to di superare molti conflitti, mal’Europa resta responsabile dellapresenza di armi nucleari e di unquinto della spesa militare mondia-le: 316 miliardi di dollari nel 2010.Con gli attuali problemi di bilancio,drastici tagli e razionalizzazioni del-la spesa militare sono indispensabi-li. L’Europa deve costruire la paceintorno a sé con una politica di si-curezza umana anziché di proiezio-ne di forza militare. L’Europa si de-

ve aprire alle nuo-ve democrazie delMedio Oriente, co-sì come si era aper-ta ai Paesi dell’Eu-ropa dell’Est. Si de-ve aprire ai mi-granti riconoscen-do i diritti di tutti icittadini del mon-do. Le mobilitazio-

ni dei cittadini, le esperienze dellasocietà civile, del sindacato e deimovimenti che hanno costruitoquest'orizzonte diverso per l’Europadevono ora trovare ascolto nelleforze politiche e nelle istituzioni na-zionali ed europee. Trent’anni fa,all’inizio della “nuova guerra fred-da” tra Est e Ovest, l’Appello per ildisarmo nucleare europeo lanciaval'idea di un’Europa libera dai bloc-chi militari e chiedeva di “comincia-re ad agire come se un’Europa uni-ta, neutrale e pacifica già esistes-se”. Oggi, nella crisi dell’Europadella finanza, dei mercati, della bu-rocrazia, dobbiamo lanciare l’idea ele pratiche di un’Europa egualitaria,di pace, verde e democratica.

(testo pubblicato da ADISTA, Roma, 31 dicembre 2011)

Europa

Altra EuropaUn’altra Europa è possibile se

prende il volto del lavoro,dell’ambiente, della

democrazia, della pace, di piùintegrazione

Pegaso Venerdì 10 febbraio 2012X

Una strada per l’Europa. Un appello da FirenzeCinque obiettivi per far convergere il vecchio Continente

ArmiL’integrazione europea ha

consentito di superare molticonflitti, ma l’Europa resta

responsabile della presenza di armi nucleari

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Riviste

Rivista delle rivisteKOINONIA, periodico mensile Piazza S.Domenico 1, 51100 Pistoia.Nel numero di gennaio 2012 è pubblicata la traduzione di un articolo di mons.Noyer (Esprit et Vie, 6/2910) sulla Chiesa cattolica nella società laica, un “se-gno dei tempi” che invita alla povertà. Viene presentato il testo di Filoramo -Pajer, “Di che Dio sei? Tante religioni in un solo mondo”, SEI, 2011, Euro 11.

IL MARGINE, mensile dell’Associazione culturale Oscar Romero, C.P.359, 38100 Trento.Due articoli sul numero di dicembre 2011 si occupano del momento politicoitaliano: il direttore Curzel ottimisticamente invita a “uscire un po’ alla voltadallo stato di eccezione”, mentre il professore De Giorgi propone di superare“quello che mi pare un paralizzante incrociarsi di due pervicace resistenze”:“la Chiesa dovrebbe prestare la propria voce alle moltitudini mondiali che so-no rimaste senza voce dopo il crollo del marxismo”; le sinistre devono supe-rare “un blocco psicologico e culturale che frena dall’acquisire un orizzontereligioso, cioè un investimento di senso e di valore che trascenda il sistemasociale dato”. L’articolo è stato cestinato tanto dal cattolico “Avvenire”, quan-to dalla postcomunista “Unità”: ti pareva?

PLANETE SOLIDAIRE, pubblicazione di Caritas svizzera, Loewen-strasse 3, C.P., 6002 Lucerna.Nel n. 4 (dicembre 2011) viene descritta la situazione nell’Africa dell’Est (inparticolare della Somalia), dove 13 milioni di persone soffrono per la carestia:l’aiuto è un dovere assoluto.

IL REGNO, quindicinale di attualità e documenti, Via Nosadella 6,Bologna.Nel numero 1113 del 22 dicembre 2011, lo “studio del mese” riferisce unaindagine sulla terza età dei preti lombardi: loro situazione, desideri e necessi-tà. Piero Stefani presenta il recente studio dello storico Miccoli (“La Chiesadell’anticoncilio. I tradizionalisti alla conquista di Roma”, Laterza, Roma - Ba-ri 2011, pp.420, Euro 24), con le contraddittorie trattative della Santa Sedecon Ecône. Il primo numero del 2012 reca importanti documenti: il Messaggiodi Benedetto XVI per la Giornata mondiale della Pace che tratta dell’educa-zione dei giovani; una inchiesta dell’Episcopato francese sulla famiglia; la Di-chiarazione dei vescovi statunitensi a condanna del suicidio medicalmente as-sistito; la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea sulla nozionedi embrione umano.

SCHWEIZERISCHE ZEITSCHRIFT FUER RELIGION - UND KULTURGE-SCHICHTE, Academic Press, Fribourg.Il volume del 2011 (annata 105) presenta una serie di studi sul tema dellemissioni, e un dossier sul rinnovamento della pastorale nei “paesi di cristia-nità”, a partire dal 1945: Lorenzo Planzi tratta del clero romando, mentre Ila-ria Macconi - Heckner tratta della trasformazione e crisi della diocesi di Lu-gano; un esempio della trasformazione della stampa cattolica è fornito dallaevoluzione de La liberté di Friburgo e del Courrier di Ginevra, dalla comuni-cazione alla informazione.

VERS UN DEVELOPPEMENT SOLIDAIRE, mensile della Dichiarazionedi Berna, rue de Genève 52, 1004 Losanna.Il numero speciale del gennaio 2012 è dedicato alla petizione, diretta alle Au-torità federali, affinché i diritti umani siano rispettati sia dalle multinazionaliresidenti in Svizzera, sia da parte dei loro fornitori e filiali in tutto il mondo.Un rapporto steso dal professore John Ruggie, per incarico del Segretariatodelle Nazioni Unite, dimostra chiaramente che la comunità internazionalechiede alle imprese, e non solo agli Stati, di rispettare i diritti umani.

VOCE EVANGELICA, mensile della Conferenza delle Chiese evange-liche di lingua italiana in Svizzera, via Landriani 10, 6900 Lugano.Nel numero di novembre 2011, un dossier sui divorzi in Svizzera, la situazio-ne del protestantesimo francese, un’intervista su religione e pace a EnricoPeyretti, i 120 anni della Chiesa evangelica di lingua italiana a Zurigo. Nelnumero di dicembre, due medici si confrontano sull’iniziativa popolare chevuole togliere dalla solidarietà prevista nella assicurazione obbligatoria il rim-

borso delle spese per l’aborto. Un progetto di riorganizzazione delle comuni-tà evangeliche a Zurigo prevede di ridurre a 29 le attuali 47 chiese, con varimodelli di aggregazione. Nel primo numero del 2012 un’ampia intervista conil pastore Thomas Wipf, già presidente della Federazione protestante svizzerae presidente della Comunione delle Chiese protestanti in Europa che riunisce105 Chiese evangeliche di 29 paesi.

Venerdì 10 febbraio 2012 Pegaso XI

Segnalazioni

Presentazione del volume a LuinoUn foltissimo pubblico, tra cui diverse autorità e tanti giovani, hanno par-tecipato a Luino alla presentazione del libro di Lorenzo Planzi “Cristianidemocratici nella storia europea” (edito dal PPD Ticino, da Popolo e Li-bertà e da Dadò), alla quale sono intervenuti anche il già consigliere diStato Alberto Lepori e il consigliere alla cultura Alessandro Franzetti.

Lugano, fino al 22 marzo, Biblioteca Salita dei Frati, ore 20.30, ciclodi sette conferenze su “Libro e censura” (9.2, 1.3, 8.3,15.3, 22.3).

Massagno, 17 febbraio, Chiesa avventista, via Cabione, Convegnosu: “Dio nella Costituzione. Il richiamo nella Costituzione federale sviz-zera”, dalle ore 14.30 alle 18.30. Relatori: pastore Giampiero Vassallo,professor Paolo Becchi (Lucerna); teologo Paolo Tognina (Manno); pro-fessor Vincenzo Pacillo (FTL Lugano).

Locarno, 3 marzo, Hotel Belvedere; Convegno su “Il richiamo a Dionelle carte fondamentali europee”, dalle ore 9.00 alle 11.30. Relatori:professor Markus Krienke (FTL); professor Maurilio Gobbo (Padova); pro-fessore Maria D’Arienzo (Napoli); professor Gianfranco Macri (Salerno).

Lugano, 22 - 23 marzo, Aula Magna USI, Convegno internazionale“Giovanni Paolo II: legislatore della Chiesa. Fondamenti, innovazioni eaperture”, Istituto RiReCom della facoltà di teologia, Lugano, Via Buffi13 -www.teologialugano.ch/direcom.php

Milano, 22-23 marzo, Università cattolica di Milano, Convegno suGiuseppe Toniolo e l’Istituto Toniolo, organizza l’Archivio per la storiadel Movimento sociale cattolico Mario Romani.

Verolanova (Brescia), 14 aprile, Convegno su “Don Primo Mazzola-ri, parroco ed educatore”, organizza la Fondazione Mazzolari, con rela-zione introduttiva di Giorgio Campanini (9.30 - 17.30).

MILANO, 30 maggio - 3 giugno, Incontro mondiale delle famiglie.La Pastorale famigliare diocesana organizza la possibilità di partecipa-zione (Corso Elvezia 25, 6900 Lugano; [email protected]).

Cristiani democratici europei