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8/11/2019 115127 http://slidepdf.com/reader/full/115127 1/194 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA Corso di Laurea in Giurisprudenza Tesi di Laurea in Diritto amministrativo LA SICUREZZA DEI LOCALI PUBBLICI Laureanda Marilisa Bombi Relatrice chiar. ma prof.ssa Giulia Milo Anno Accademico 2007-2008

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UNIVERSITÀ

DEGLI

STUDI DI TRIESTE

FACOLTÀ

DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea in Giurisprudenza

Tesi di Laurea in

Diritto amministrativo

LA SICUREZZA DEI LOCALI PUBBLICI

Laureanda

Marilisa Bombi

Relatrice

chiar.ma prof.ssa Giulia Milo

Anno Accademico 2007-2008

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Immagine di copertina:

C.

Dell'Acqua Festa da ballo nella Sala

della Borsa,l844, Litografia, Album del Lloyd

Austriaco. Collezione privata. Trieste

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~ Q J _ C i J U R I S P R U D E N Z A

Laurea Specialistica

in

Giurisprudenza

J2}

A Lucio

L'unica vera ricchezza è la conoscenza

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n

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INDICE- SOMMARIO

INTRODUZIONE

l

CAPITOLO PRIMO: IL QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO

SEZIONE

l

IL TESTO UNICO DELLE LEGGI SANITARIE:

LA

SALUBRITÀ

.....................

l. Premessa .............................................................................................................. 3

2.

Il r.d.

27luglio

1934,

n.

1265 (testo unico leggi sanitarie) .................................

.4

3.

Le modifiche all'articolo 221 del Tuls ................................................................ 8

4. La semplificazione procedimentale e i contenuti dell'articolo 221 Tuls ............. 9

5. Il regolamento per l'abitabilità .......................................................................... l O

6. La vigenza del primo comma dell'art. 221 Tuls ................................................ 13

SEZIONE 2: IL TESTO UNICO IN MATERIA EDILIZIA: L'AGIBILITÀ .............................

l.

Agibilità e abitabilità ......................................................................................... 17

2. La

riforma della pa e la semplificazione amministrativa ..................................

19

3. Il Testo unico per l 'edilizia ............................................................................... 20

4. Il Procedimento per l'agibilità ........................................................................... 24

5. Il comportamento omissivo ............................................................................... 26

6. L'inagibilità ....................................................................................................... 27

SEZIONE 3: IL TESTO UNICO

DI

PuBBLICA SICUREZZA: LA SICUREZZA

.....................

l.

L'agibili tà e la sicurezza ....................................................................................

31

2. L'articolo 80 del tulps e il relativo regolamento ............................................... 32

3. L'articolo 19 del d.p.r. 616

dell977

................................................................. 36

4. L'unitarietà del procedimento ............................................................................ 38

CAPITOLO SECONDO: DECENTRAMENTO, REGOLAMENTAZIONE

E SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA

l. Premessa ............................................................................................................

41

2. La

Semplificazione amministrativa nella legge 59 del 1997 ............................ .43

3.

Il decreto legislativo

31

marzo 1998,

n.

112

........................................

45

4. Il Nuovo assetto dei rapporti dopo la novella del Titolo V .............................. .47

5. Potere legislativo e potere regolamentare ......................................................... .49

6. Polizia Amministrativa e pubblica sicurezza .................................................... 54

7. Il d.P.R. 616 del1977 ........................................................................................ 56

8. La Potestà normativa prevista dall'art. 19 d.P.R. 616

dell977

........................ 58

9. Norme procedurali e norme sostanziali ............................................................. 60

l O. Regolamentazione e semplificazione .............................................................. 61

11. I Regolamenti di semplificazione e di delegificazione .................................... 65

12. La Potestà regolamentare comunale ................................................................ 69

13.

Il d.P.R. 311

del2001

...................................................................................... 76

14. La Categoria "polizia amministrativa" ............................................................ 79

III

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15. Autorizzazioni o licenze? ................................................................................ 80

16. Semplificazione a carattere generale ............................................................... 83

17. Autocertificazione e controlli .......................................................................... 85

18. Commissione Comunale e commissione provinciale ...................................... 88

19.

La

Costituzione economica si consolida ......................................................... 90

CAPITOLO TERZO:

LA

SICUREZZA

DEI

LOCALI

E

LUOGHI

PuBBLICI

l.

Il comportamento penalmente sanzionabile ...................................................... 95

2.

La normativa antincendio .....................................................................

:

............ 99

3. L'articolo 80 Del Tulps ...................................................................................

101

4. La disciplina della materia ...............................................................................

l03

5. Il silenzio assenso per atti discrezionali.. .........................................................

l07

6. La sicurezza ..................................................................................................... 110

7. Il certificato di prevenzione incendi (Cpi) ....................................................... l l4

8. Il CPI e l'agibilità (in senso lato) ..................................................................... ll9

9.

La

regola tecnica: le origini ............................................................................. 120

10. Specifica, norma e regola tecnica .................................................................. 122

11. Il teatro come struttura ...................................................................................

l24

12.

La regola tecnica di prevenzione incendi per i locali di pubblico spettacolo 126

13. La commissione di vigilanza pubblico spettacolo .........................................

131

14.

La commissione comunale ............................................................................ 133

15. La composizione della commissione ............................................................. 136

16.

La

competenza del sindaco ............................................................................ 139

17.

La

soppressione delle commissioni inutili ..................................................... 147

18. Le competenze tecniche della commissione .................................................. l50

19. La conferenza dei servizi in luogo della commissione ..................................

l52

20. L'attività della conferenza ............................................................................. 155

CAPITOLO QUARTO:

UNA

PROPOSTADI SEMPLIFICAZIONE

E

DI RAZIONALIZZAZIONE

l. La direttiva Bolkestein e la riduzione degli oneri per le imprese .................... 157

2. La triplice funzione .......................................................................................... 163

3. L'incertezza della norma ................................................................................. 166

4. Una proposta di regolamento .•......................................................................... 172

CONCLUSIONI 179

INDICE DELLA GIURISPRUDENZA , . . . . . . . . . . . . . . . . . .

181

INDICE BffiLIOGRAFICO 183

IV

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INTRODUZIONE

L'ordinamento giuridico, per quanto riguarda l'organizzazione e l'attività

della pubblica Amministrazione, è stato, dal 1990 in poi, profondamente

trasformato con l'introduzione

di

disposizioni che hanno, da un lato radicalmente

mutato il rapporto con il cittadino-utente, dall'altro adeguato la disciplina

introducendo quelle innovazioni che l'evoluzione tecnologica rendeva possibile.

Contemporaneamente, a cavallo di fine secolo si

è

completato quel percorso di

valorizzazione delle autonomie che la Carta costituzionale aveva sancito ma che

stentava ad essere attuato per la cultura centralista che aveva caratterizzato nel

secolo scorso il sistema complessivo della Repubblica. Oggi, con il superamento

della strutturazione di tipo verticale dei soggetti titolari di poteri pubblici e con

l'affermazione di un assetto geoistituzionale orizzontale vanno riconsiderate prassi

e procedure alla luce anche del generale processo di semplificazione e di

liberalizzazione avviato dal Parlamento con la legge 59 del 1997. Il compito non è

facile per quelle materie, quali ad esempio la sicurezza, dove le attribuzioni

permangono ancora in capo allo Stato mentre la polizia amministrativa locale

rientra nelle attribuzioni assegnate alle regioni. Sistematizzare le diverse

discipline al fine di delineare un preciso quadro di riferimento seguendo il doppio

binario della tutela dell'interesse pubblico e quello della semplificazione

amministrativa, della pubblica sicurezza e della polizia amministrativa,

è

compito

arduo. Il motivo

è

legato al fatto che la stratificazione delle disposizioni che

riguarda la materia ha quale fondamento il testo unico di pubblica sicurezza che è

stato emanato ben prima della Carta costituzionale e

i l

testo unico in materia

edilizia che nell'ultimo decennio ha subito, anche, sostanziali modifiche. Ma più

gli obiettivi sono difficili da raggiungere più cresce il desiderio di realizzarli, se il

fine

è

cercare di dare un contributo alla chiarezza o, per usare un linguaggio

tecnico, alla trasparenza. Semplificazione, trasparenza e certezze. Alla fin fine

sono questi gli obiettivi che, da tempo ormai, l'OCSE e la stessa Unione europea

l

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con la direttiva servizi del 12 dicembre 2006 (cosiddetta direttiva Bolkestein

1

)

hanno individuato come necessari o, per meglio dire, indispensabili per i l sistema

imprenditoriale.

La semplicità e l'efficienza della macchina burocratica

è

fattore determinate di

competitività e crescita economica di un paese. Ancora oggi, in Italia, i l numero di

adempimenti e di interlocutori con cui le aziende sono tenute ad interagire, i tempi

di risposta, l'incertezza e la diversificazione territoriale dei singoli procedimenti

costituiscono un costo elevato per chi fa impresa, come sempre più spesso

lamentano i rappresentanti delle categorie economiche. Cercare di delineare,

quindi, in maniera semplice ma articolata, la disciplina in materia di sicurezza dei

locali e luoghi pubblici, diventa un percorso obbligato. Punto cruciale

è

quel

concetto di agibilità che la giurisprudenza ha elaborato nel corso del tempo e che

il legislatore nazionale per più di un secolo ha fatto proprio per qualificare

l'idoneità di un locale ad uso non residenziale. Una "agibilità" prevista da diverse

fonti normative ma che, alla fin fine, persegue un medesimo obiettivo: quello di

rendere sicuri gli spazi per i fruitori.

1

È conosciuta come direttiva Bolkestein la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del

Consiglio dell'Unione europea relativa ai servizi nel mercato interno, presentata dalla commissione

Europea nel febbraio 2004, La direttiva Bolkestein, i l cui obiettivo è, tra l'altro, quello di

semplificare le procedure amministrative ed eliminare l'eccesso di burocrazia è stata

definitivamente approvata da Parlamento e Consiglio, profondamente emendata rispetto alla

proposta originaria, i112 dicembre 2006, divenendo formalmente la direttiva 2006/123/CE

del12

dicembre 2006. La direttiva è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (L

376) i l 27 dicembre 2006. La direttiva è basata sugli articoli 47.2 e 55 del Trattato della Comunità

Europea. La procedura legislativa di riferimento

è

la codecisione. Frits Bolkestein, Commissario

europeo per i l mercato interno della commissione Prodi ha curato e sostenuto questa direttiva che

per semplicità viene indicata con i l suo nome.

2

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CAPITOLO PRIMO

IL

QUADRO DI

RIFERIMENTO NORMA TIVO

SEZIONE l

IL

TESTO UNICO DELLE LEGGI SANITARIE: LA SALUBRITÀ

SOMMARIO:

l.

Premessa. - 2. Il R.d.

27

luglio 1934, n.

1265

(testo unico leggi

sanitarie). - 3. Le modifiche all'articolo 221 del Tuls. - 4. La semplificazione

procedimentale e i contenuti dell'articolo

221

Tuls. -

5.

n regolamento per

l'abitabilità.- 6. La vigenza del primo comma dell'art.

221

Tuls.

l. Premessa

"Venticinque anni non bastano per dimenticare. Neppure sono sufficienti

per fare pace con se stessi, con i rimorsi e i sensi di colpa, con quei rumori terribili

che arrivavano dalla platea quando si stava per scrivere la storia del giorno più

tragico di Torino nel dopoguerra. Era i l 13 febbraio 1983

1

• Al Cinema Statuto di

via Cibrario proiettavano la Capra con Gerard Depardieu. Ricordo tutto come se

fosse ieri - dice Raimondo Capella - ero in piedi vicino alla cassa. n film era

incominciato da una ventina di minuti. Erano le 18,15 quando ho sentito quei

rumori. Erano gli spettatori che picchiavano contro le uscite di sicurezza. Spaliate,

pugni, calci. Chiusi in trappola. Sessantaquattro morti soffocati nell'incendio

partito da una vecchia tenda, morti abbracciati, stesi in bagno. Intere famiglie

cancellate. Madri, padri e bambini senza vie di scampo.

2

La storia più recente, in materia

di

sicurezza dei locali, parte da qui, dall'incendio

del cinema Statuto di Torino in una domenica d'inverno. Questo episodio ha

1

Nel 2008 è ricorso i l venticinquesimo anniversario dell'incendio del cinema Statuto. Tutta la

stampa nazionale ha ricordato quell'evento, la cui origine non è stata ancora accertata. Il cinema

Statuto era un cinema di Torino sito in via Cibrario, in cui i l 13 febbraio 1983, a causa di un

incendio, morirono 64 persone, per intossicazione da fumi e per ustioni. Stando alle dichiarazioni

del proprietario del cinema, emerse in sede di dibattimento, le fiamme si sarebbero propagate

partendo da una vecchia tenda. Le vittime, sebbene avessero tentato la fuga, trovarono le uscite di

sicurezza chiuse e bloccate, e così non sfuggirono alle esalazioni di acido cianidrico, prodotto della

combustione del tessuto ignifugo delle sedie.

2

.Zancan N. Io e il rogo allo Statuto dannazione senza fine in

La

repubblica 16 gennaio 2008

3

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segnato la storia della legislazione italiana in materia di sicurezza nei luoghi

pubblici perché, da allora, istituzionalmente,

fu

rivista la normativa riguardante i

materiali

di

arredo dei locali di pubblico spettacolo, adeguandone per tipologie e

per quantità l'uso negli allestimenti, rivedendone le caratteristiche tecniche di

reazione al fuoco, le modalità della loro posa in opera e le procedure di

certificazione della qualità degli stessP

Ma se le tragiche vicende di Torino hanno portato alla ribalta il problema

sicurezza dei locali pubblici,

si

può comunque affermare che la disciplina in

materia è presente all'interno del nostro ordinamento, da molto, molto tempo

prima, ancora prima dell'avvento della Repubblica.

2. Il R.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (testo unico leggi sanitarie)

Esiste una netta demarcazione tra igiene e sanità pubblica e privata? A

questo interrogativo, i primi commenti

al

testo unico delle leggi sanitarie, il regio

decreto 27 luglio 1934 n. 1265 avevano risposto nel senso che il problema è di

natura politica e non giuridica, o meglio ancora,

è

di natura politica prima che

giuridica. Non è possibile, infatti, si affermava, fissare in astratto quali siano e

debbano essere i limiti tra i compiti dello Stato e quelli degli individui nel campo

igienico e sanitario. E' evidente che un ordinamento statale, il quale abbia per

presupposto il canone della minore ingerenza possibile dell'Autorità pubblica, nei

rapporti individuali, sarà necessariamente orientato verso una maggiore

autonomia dell'individuo per quel che si riferisce alla tutela della sua salute. Nello

stesso momento, un ordinamento statale, che abbia per base l ' onnipotenza dello

Stato in tutti i rapporti, tenderà verso una più intensa tutela pubblica della salute

individuale.

4

3

E' questo un passaggio della testimonianza pubblicata sul sito istituzionale www.vigilfuoco.it di

Enzo Ariu, vigile del fuoco di Torino che partecipò ai soccorsi nel tragico incendio in cui persero

la vita 64 persone.

4

Pappalardo N.,

Commento al testo unico delle leggi sanitarie,

Editrice torinese, Torino, 1935, p.

26

4

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E'

su quest'ultimo substrato culturale che si va a redigere, nel 1934, il testo unico

delle leggi sanitarie. Il criterio direttivo era quello

di

rendere sempre più efficienti

i poteri dell'autorità sanitaria, sia centrale che periferica, estendendo l'azione

di

vigilanza e di controllo dell'autorità su ogni attività, anche privata, che abbia

finalità inerenti alla salute pubblica.

5

Con l'entrata in vigore del nuovo testo unico, anche nei più modesti comuni

rurali, ogni nuova costruzione, sopraelevazione o modificazione che possa

comunque influire sulle condizioni

di

salubrità delle case esistenti venne

sottoposta al visto del Podestà, il quale vi provvedeva previo parere dell'ufficiale

sanitario e sentita la commissione edilizia. Il testo unico delle leggi sanitarie del

'34, innovò sostanzialmente la previgente disciplina. Non

fu

quindi un testo unico

meramente compilativo. Prevedeva, infatti, l'obbligo non soltanto

di

autorizzare

l'abitazione nelle case già costruite, ma anche di approvare prioritariamente i

progetti per le costruzioni

di

nuove case urbane e rurali,

6

con ciò creando i

presupposti per il connubio: progetto approvato e opera realizzata.

5

In tal senso è la circolare del Ministero dell'Interno, Direzione generale di sanità del 20 agosto

1934, sul nuovo teso unico delle leggi sanitarie

6

Della rilevante giurisprudenza emanata in riferimento all'art.

221

si segnala la seguente massima

perché, evidenzia in maniera puntuale il significato che, all'epoca era stato attribuito

all'autorizzazione per l'uso dell'immobile. La preventiva "licenza di abitabilità" -la cui necessità

è

imposta dall'art.

221

t.u. leggi sanitarie anche dopo le modifiche introdotte dall'art. 5 d.P.R. 22

aprile 1994, n. 425 - si pone quale limite legittimo all'esercizio del diritto di proprietà,

costituzionalmente riconosciuto, poiché tende al soddisfacimento della tutela della salute, che pure

ha rango costituzionale. Pertanto, abitare un immobile anteriormente al rilascio di tale

provvedimento autorizzatorio significa non "esercitare" il diritto di proprietà, ma "abusare" di esso,

ed a nulla rilevano l'inerzia o

i l

ritardo della P.A., tenuto conto della tutela apprestata dalla legge

per tali evenienze. Per la configurazione dell'esimente dell'esercizio di un diritto, di cui all'art. 51

c.p., il diritto - il cui esercizio può escludere la punibilità di un fatto sanzionato penalmente - deve

essere un vero e proprio diritto soggettivo protetto in modo diretto ed individuale, tale da

comportare

il

sacrificio di tutti gli altri interessi in contrasto con esso.

E'

necessario, altresì, che

l'attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto in

questione, poiché - in caso contrario - si superano i confini dell'esercizio lecito e si configurano

ipotesi di abuso del diritto stesso, che ricadono

al

di fuori della sfera di operatività dell'art.

51

c.p.

Cass. Sez. III, 18 giugno 1996 n. 5889. Pres. Corsaro, rel. Fiale, p.m. Ranieri (conf.), imp. P.M. in

proc. Saccocci in

wwwjurisdata.it

5

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Par strano, leggendo i primi commenti dell'epoca, rilevare che poche

considerazioni venivano sviluppate a commento dell'articolo 221

7

del Tuls; ciò in

quanto, si asseriva, detto articolo non richiedeva particolare illustrazione.

8

L'articolo 221 del Tuls, invece, attraverso una complessa interpretazione

dottrinale e giurisprudenziale è stato la base di partenza attraverso la quale sono

stati costruiti il concetto di abitabilità e quello di agibilità. Solo con il più recente

testo unico dell'edilizia, il d.P.R. 380/2001, di cui si tratterà in seguito, sono state

unificate le distinte denominazioni di abitabilità riferita alla residenza e di

agibilità riferita alle altre funzioni. Prima di allora, dottrina e giurisprudenza

avevano elaborato questa distinzione, che oggi, per motivi di semplificazione

linguistica è venuta meno per volontà e opera del legislatore che ha deciso di

utilizzare il solo lemma

di

agibilità.

La relativa certificazione, (di abitabilità o di agibilità) nota negli anm passati

anche come licenza d'uso,

9

trae origine, quindi, dal diritto dell'igiene pubblica, ed

è stata a lungo disciplinata dal Tuls.

L'agibilità o l'abitabilità, venivano accordate, come dispone l'articolo 221,

allorquando "risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto

approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano

altre cause

di

insalubrità."

Una lettura giurisprudenziale riduttiva dell'art.

221

aveva tuttavia circoscritto

l' operatività della certificazione alla sola valutazione igienico-sanitaria, sul rilievo

7

L'articolo

221

del Tuls, oggetto di diversi interventi di modifica sull'articolato, disponeva, nella

sua formulazione originaria, che:

"Gli edifici o parti di essi indicati nell'articolo precedente non possono essere abitati senza

autorizzazione del podestà, il quale la concede quando, previa ispezione dell'ufficiale sanitario o di

un ingegnere a ciò delegato, risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto

approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di

insalubrità.

Il proprietario, che contravvenga alle disposizioni del presente articolo è punito con l'ammenda da

lire duecento a duemila. "

8

N.Pappalardo, Commento al testo unico delle leggi sanitarie cit., p. 303

9

L'utilizzo del termine "usabilità" in luogo di "abitabilità" è stato conseguente

ai

risultati

interpretativi della Suprema Corte di Cass., come la stessa ha evidenziato nella sentenza Cass. Pen.

Sez. un.,

19

giugno 1996

n.

6819, in

Juris Data.

Secondo la Corte, il termine "utilizzare" meglio

esprime la possibilità di estendere il divieto (di utilizzo) anche agli immobili destinati ad usi

diversi da quelli abitativi.

6

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che la repressione degli illeciti edilizi dovesse essere perseguita con gli strumenti

propri del diritto edilizio, non già negando una certificazione ritenuta funzionale

ad interessi pubblici di altra natura e finalità. Il fondamento culturale di una tale

opinione era il formalismo giuridico, mentre il fondamento teorico era

i l

principio

della nominatività e tipicità degli atti amministrativi, per i l quale ogni interesse

pubblico deve essere perseguito con i distinti mezzi che l'ordinamento mette a

disposizione dell'autorità per il raggiungimento dei diversi obiettivi. Nel nostro

ordinamento esiste i l principio della tipicità degli atti amministrativi, nel duplice

senso che i mezzi dell'agire pubblico sono espressamente previsti dalla legge e

che la pubblica Amministrazione deve avvalersi solo di quelli e non di altri. Non

esistono, in pratica atti amministrativi innominati e, peraltro, l'Amministrazione

deve anche utilizzarli per gli scopi previsti per ciascuno di essi dalla legge. In

pratica, la repressione di un illecito edilizio, richiede i poteri di polizia edilizia e

quindi non possono essere usati quelli predisposti a tutela dell'igiene pubblica.

10

Applicando questo principio, quando l'immobile era salubre ma illegittimo, il

sindaco non poteva negare l'agibilità, perché il provvedimento aveva finalità

igienico-sanitarie: doveva rilasciare il certificato e poi ordinare il ripristino

avvalendosi degli strumenti di polizia edilizia.

11

Insomma, nel passato

si

è assistito ad una interpretazione un po' anacronistica, in

relazione al fatto che se l'ispezione prevista dal primo comma dell'articolo 221

Tuls veniva fatta da un ingegnere, che igienista non è di certo, questa aveva lo

scopo di accertare la conformità al progetto originariamente approvato. Di

10

Rota G. L e Rusconi G., Edilizia. Urbanistica. Governo del territorio, (a cura di) Utet, Torino

2006,p.56

11

Si segnala, una tra tante, la seguente massima: Nel regime previgente il d.l. n. 398 del1993 art.

4 (che ha testualmente esteso i controlli da effettuare ai fini del rilascio della licenza di abitabilità

all'accertamento della conformità urbanistico-edilizia), il rilascio del certificato di abitabilità

previsto dall'art. 221 t.u. 27 luglio 1934

n.

1265 postula la verifica dell'insistenza di causa di

insalubrità dell'edificio, senza alcun collegamento col conseguimento di fini di carattere edilizio-

urbanistico, conservando l'Amministrazione comunale il potere di reprimere gli abusi edilizi

ancorché il certificato venga rilasciato; nè rileva, nella Regione Puglia, il riferimento all'art. 34 l.

reg.

n.

56 del1980 (titolata "Tutela ed uso del territorio"), dovendosi lo stesso interpretare in senso

conforme alla disciplina di cornice dettata dalla legge statale (il citato Tuls) ed inerendo la licenza

di abitabilità a profili diversi da quelli urbanistico-edilizi. T.a.r. Puglia Bari, Sez. II, 4 febbraio

2003,

n.

489, Foro amm. TAR 2003,723

7

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conseguenza l'abitabilità o l'agibilità non poteva essere assentita se l'opera

realizzata era diversa rispetto i disegni approvati ma non c'era modo di intervenire

se i muri erano pieni d'amianto. E' evidente che la norma tiene conto di quello

che, all'epoca della sua redazione era il contesto sociale e lo spettro della

tubercolosi.

12

Si era, quindi, reso necessario riordinare la disciplina al fine di prevedere un

quadro normativo di riferimento che tenesse conto anche di quanto, nel frattempo,

dottrina e giurisprudenza avevano elaborato su questo particolare procedimento

autorizzatorio.

3. Le modifiche all'articolo 221 del Tuls

L'articolo 221 del testo unico delle leggi sanitarie ha subito, nell'ultimo

decennio del secolo scorso, diverse sostanziali modifiche la cui portata è

decisamente rilevante. La meno problematica è certamente quella apportata al

secondo comma, con l'introduzione della sanzione amministrativa in luogo

dell'ammenda. Ciò è avvenuto con l'articolo 70, comma

l,

lettera b), del decreto

legislativo n. 507 del 1999

13

(legge di depenalizzazione). Questo secondo comma

dell'articolo

221

del Tuls, peraltro, è stato abrogato dal d.P.R. 380/2001 ma,

relativamente a quest'aspetto ci sarà modo

di

esaminare la questione in occasione

dell'esame del testo unico per l'edilizia che con tale decreto è stato approvato.

Merita, invece, soffermarsi sul contenuto del primo comma dell'art.

221

Tuls, che

ha subito una prima modifica a seguito dell'entrata in vigore del "Regolamento

recante disciplina dei procedimenti di autorizzazione all'abitabilità, di collaudo

statico e

di

iscrizione al catasto", approvato con d.P.R. 22 aprile 1994

n.

425. Con

l'articolo 5

14

di detto regolamento veniva disposta l'abrogazione di alcune

12

G.L

Rota E

G.

Rusconi Edilizia. Urbanistica. Governo del territorio,

cit. p. 57

13

Si tratta del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 "Depenalizzazione dei reati minori e

riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'articolo l della legge 25 giugno 1999, n. 205"

14

Specificatamente, l'art. 5 Abrogazione di norme, del d.P.R. 22 aprile 1994 n. 425, disponeva

che:

l.

Ai sensi dell'art.

2,

comma

8,

della legge 24 dicembre 1993,

n.

537, dalla data di entrata in

vigore del presente regolamento sono abrogati il primo comma dell'art. 221 del regio decreto 27

luglio 1934, n. 1265 e il comma lO dell'art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito,

8

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disposizioni e, tra queste, interveniva sull'articolo 221, primo comma, del Tuls

"limitatamente alla disciplina per il rilascio del certificato

di

abitabilità".

4.

La semplificazione procedimentale e i contenuti dell'articolo 221 Tuls

Nell'ambito della semplificazione avviata all'inizio degli anni

90,

il

sostegno dell'occupazione e l'accelerazione degli investimenti è stato, fin

dall'inizio, uno degli obiettivi principali che Governo e Parlamento hanno inteso

perseguire. Non poteva mancare, in quest'ottica, la revisione dei procedimenti in

materia edilizia. Risale al 1993, infatti, il primo concreto passo in questa specifica

materia che venne attuato dal decreto legge

5

ottobre

1993

n.

398

e dalla relativa

legge

di

conversione

4

dicembre

1993

n.

493,

recante "Disposizioni per

l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la

semplificazione dei procedimenti in materia edilizia". Una concreta azione,

quindi, avviata prima ancora dell'emanazione della legge

537

del

24

dicembre

1993

che, in materia

di

semplificazione, impose tra l'altro un'accelerazione

al

processo avviato pochi anni prima con la legge

241/90.

La nuova norma contenuta nell'articolo

4

comma 11 del d.l.

39811993

e relativa

legge di conversione, prevedeva,

15

che: "I controlli da effettuare ai fini del rilascio

dei certificati di abitabilità e

di

agibilità, estesi all'accertamento della conformità

urbanistico-edilizia, sono eseguiti dagli uffici comunali (e non quindi più dalle Asl

n.d.r.). In caso

di

inadempienza protratta per oltre

60

giorni, il certificato può

essere sostituito, in via provvisoria, da una dichiarazione redatta

ai

sensi della

legge 4 gennaio 1968 n. 15 e successive modificazioni, sotto la propria

responsabilità da un professionista abilitato".

Fu questo, in pratica, il primo significativo provvedimento sulla strada della

semplificazione delle procedure in materia di agibilità e abitabilità, anche

se

la

con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, limitatamente alla disciplina per il rilascio

del certificato di abitabilità.

15

Il passato è d'obbligo perché la disciplina è stata successivamente abrogata dal d.P.R. 42511994

ovvero dalla legge di delegazione 24 dicembre 1993,

n.

537, ed in particolare l'art. 2, commi 7, 8 e

'

9

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sopraindicata dichiarazione (autocertificazione) aveva carattere provvisorio e,

quindi, era sempre necessario il rilascio del certificato da parte del comune. Ed è

per questo motivo che, soli pochi mesi dopo, il Parlamento stabilì che il

procedimento andava necessariamente rivisto. Infatti, il procedimento di

autorizzazione all'abitabilità, è incluso nell'allegato 4 della legge 24 dicembre

1993 n. 537. L'allegato 4 della citata legge 537/1993 individuava i procedimenti

che dovevano essere oggetto di regolamentazione e, in pratica, il primo massiccio

intervento di delegificazione, ovvero della predisposizione di regolamenti

governativi che, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma

2,

della legge 23 agosto

1988, n. 400, avrebbero disciplinato ex novo una materia precedentemente

regolata da norma primaria abrogandola per espressa previsione contenuta nella

legge di delega.

In sostanza, la legge può, ed in alcuni casi deve, aprire spazi normativi a fonti

secondarie espressive di forme di governo autonome. E rendendo vuoti spazi

normativi in precedenza disciplinati con legge si aprono, evidentemente,

possibilità di normazione autonoma. Il dato appare incontrovertibile nelle

sentenze 231 e 329 del 2008 che, parlando espressamente di "regolamenti di

delegificazione", ha definitivamente specializzato il significato del termine nel

suo uso tecnico.

Sembra possa essere letta in questo modo anche l'abrogazione dell'art. 128 della

Costituzione e la sua radicale sostituzione con gli artt. 114, comma 2 e 117,

comma 6, laddove la potestà regolamentare degli enti locali diventa lo strumento

normativa per eccellenza per regolare materie in precedenza disciplinate dello

Stato.

16

5. Il regolamento per l'abitabilità

Il regolamento recante disciplina dei procedimenti di autorizzazione

all'abitabilità, di collaudo statico e di iscrizione al catasto, approvato con d.P.R.

16

Depuro G.,

La

delegificazione, Qualità della regolazione, coord. da A. Natalini e G. Tiberi in

www .astrid-online.it

10

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22 aprile 1994 n. 425 è rimasto in vigore per meno di un decennio; nondimeno, ha

creato le condizioni per una diatriba giurisprudenziale che forse nemmeno il

nuovo testo unico sull'edilizia d.P.R. 380/2001 in cui il regolamento per il

procedimento relativo all'abitabilità è stato incorporato, è riuscito a dirimere.

Pomo della discordia proprio l'articolo 221 del Tuls o meglio il primo comma

dell'articolo 221, che alcuni giudici ritengono abrogato ed altri, invece no.

17

.

A dire il vero, dubbi interpretativi non dovrebbero più sussistere dopo il

pronunciamento delle sez10m unite della Cassazione penale che ha

definitivamente statuito per la ineludibile ed insostituibile necessità di tutelare le

condizioni igienico sanitarie degli edifici che l'uomo deve, a qualsiasi titolo,

frequentare per soddisfare le sue molteplici esigenze e, quindi, non può essere in

alcun modo rimessa in discussione (la vigenza dell'articolo 221, primo comma

art.

221

Tuls n.d.r.)".

18

L'art. 221 Tuls prevede, al I comma, che: "gli edifici o parti di essi indicati

nell'articolo precedente non possono essere abitati senza l'autorizzazione del

podestà (ora sindaco), i l quale la concede quando, previa ispezione dell'ufficiale

sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la costruzione sia stata

eseguita in conformità al progetto approvato, che i muri siano convenientemente

prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità", mentre al comma 2

statuisce che "il proprietario che contravvenga alle disposizioni del presente

articolo è punito con l'ammenda da lire 40.000 a lire 400.000".

Il testo del d.l. 5 ottobre 1993, n. 398, coordinato con la legge di conversione 4

dicembre 1993,

n.

493, che recava disposizioni per l'accelerazione degli

investimenti ed i l sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei

procedimenti in materia edilizia stabiliva, al comma

10

dell'art. 4 che: I controlli

da effettuare ai fini del rilascio dei certificati di abitabilità e di agibilità estesi

all'accertamento della conformità urbanistico-edilizia sono eseguiti dagli uffici

17

Si vedano a tale proposito le sentenze Cass. Pen. Sez. III, 16 gennaio 1996, n. 120; Sez. III, 27

aprile 1995, Palmegiani, C.E.D. Cass.,

n.

201795; Sez. III, 20 febbraio 1995, Salvatori, ivi,

n.

201999; Sez. III, l

o

giugno 1994, Talarico, ivi, n. 199829

18

Cass. Pen. (Sez. Un.,) 19 giugno 1996 n. 6816 in Juris Data online

11

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comunali, in caso di inadempienza protratta per oltre sessanta giorni, il certificato

può essere sostituito in via provvisoria, da una dichiarazione redatta ai sensi della

L

4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni, sotto la propria responsabilità

da un professionista abilitato".

L'art. 2 (semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi) della

legge 24 dicembre 1993,

n.

537, la legge finanziaria per il 2004, prevede al

comma 7 che "Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente

legge, con regolamenti governativi, emanati ai sensi dell'art. 17 comma 2 della L

23

agosto 1988,

n.

400, sono dettate norme di regolamentazione dei procedimenti

amministrativi previsti dalle disposizioni o leggi di cui all'allegato elenco n. 4 e

dei procedimenti ad essi connessi", e al comma

8:

"Le norme anche di legge

regolatrici dei procedimenti indicati al comma 7 sono abrogate con effetto dalla

entrata in vigore dei regolamenti di cui al medesimo comma 7".

Il d.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, regolamento recante disciplina dei procedimenti

di autorizzazione all'abitabilità, di collaudo statico e di iscrizione al catasto,

dispone all'art. 5 che "ai sensi dell'art. 2 comma 8 della L 24 dicembre 1993,

n.

537, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogati il

comma l dell'art. 221 del r.d. 27 luglio 1934,

n.

1265, e il comma

lO

dell'art. 4 del

d.l. 5 ottobre 1993,

n.

398, convertito con modificazioni, dalla L 4 dicembre 1993,

n.

493, limitatamente alla disciplina per i l rilascio del certificato

di

abitabilità".

In pratica, secondo le sezioni unite della Corte di cassazione, con i l regolamento

di semplificazione del procedimento in materia di abitabilità era "inevitabile

eliminare dalla norma penale quelle parti che, non riguardando

i l

contenuto del

precetto, né le conseguenze scaturenti dalla sua violazione, in essa erano state

comunque comprese per l'ovvia opportunità di indicare in quella stessa sede le

modalità con le quali l'autorizzazione poteva essere concessa ed i presupposti ai

quali la stessa era subordinata".

12

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6.

La vigenza del primo comma dell'art. 221 Tuls

La Cassazione penale, Sez. unite ha lasciato con la sentenza n. 6816/1996,

quindi, in minoranza la tesi dell'implicita abrogazione dell'articolo 221 Tuls

19

per

sostenere, invece, la seconda interpretazione che affermava l'abrogazione solo

parziale dell'art.

221

comma l del Tuls.

I sostenitori

di

tale assunto sono partiti esplicitamente, od implicitamente,

dall'analisi del contenuto precettivo dell'art.

221

comma l Tuls, il quale individua:

l)

l'oggetto dell'autorizzazione (gli edifici o parte

di

essi indicati dall'art. 220

Tuls);

2)

l'obbligo di (preventivo) rilascio dell'autorizzazione sindacale;

3) le condizioni per concederla: ispezione dell'ufficiale sanitario; esecuzione

dell'opera.

Si ritiene, allora, che l'abrogazione statuita dall'art. 5 d.P.R. n. 425

dell994,

per la

espressa limitazione sopra specificata, contenuta nella sua formulazione: "sono

abrogati il primo comma dell'art.

221

del regio decreto

27

luglio 1934, n 1265, e il

comma

10

dell'art. 4 del decreto legge 5 ottobre 1993,

n.

398, convertito, con

modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993,

n.

493, limitatamente alla disciplina

per il rilascio del certificato

di

abitabilità" attenga esclusivamente

al

modulo

procedimentale afferente

al

rilascio di detto certificato e dunque

al

n. 3 della

sopraindicata elencazione. Il certificato di abitabilità, nel momento in cui viene

diversamente regolamentato, lungi dall'essere abolito, resta, in pratica,

inequivocabilmente confermato nella sua preventiva necessità. Pertanto il precetto

posto dal I comma dell'art.

221

Tuls, costituito dal divieto di "abitazione senza

autorizzazione del sindaco... degli edifici o parte di essi", non sarebbe stato

abrogato dall'art. 5 del d.P.R. 42511994, e rimarrebbe invariato ed in vigore il Il

comma dell'art. 221 del medesimo Tuls

20

19

Nella citata sentenza si precisa che questa tesi era stata inizialmente sostenuta dalla Cass. Pen.

III Sez. con le sentenze

dell9

gennaio 1995 e

23

gennaio 1996.

20

Il II comma dell'art. 221 è stato successivamente abrogato in quanto assorbito dall'art. 24 del

d.P.R. 380 del2001, testo unico per l'edilizia.

13

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Corollario di tale tesi è che le fasi procedimentali che l'interessato ed il sindaco

devono seguire per ottenere e rilasciare il certificato di abitabilità non entrano

nella vecchia ipotesi contravvenzionale

entrano nella nuova.

21

La tesi che ritiene la perdurante vigenza della fattispecie penale prevista dall'art.

221 Tuls è da preferire per una ragione fondamentale che attiene

al

meccanismo

delegificativo previsto dalla

l. 23

agosto 1988, n. 400. La legge 24 dicembre 1993

n. 537, precisano le Sezioni unite Cass. Pen. nella sentenza 6816/1996, nel

determinare i contenuti ed i limiti del potere normativo delegato al Governo,

nonché i criteri ed i principi ai quali lo stesso doveva conformarsi, non aveva

autorizzato alcuna

abolitio criminis,

nè alcuna revisione della normativa penale

correlata alle disposizioni che disciplinavano gli effetti conseguenti alla omessa

acquisizione

di

determinate autorizzazioni, tale da giustificare interventi riduttivi

nell'area della illiceità penale. Di conseguenza, sottolinea il Giudice, il

regolamento approvato dal Governo in attuazione

di

quella legge sarebbe incorso

in un manifesto eccesso di delega, e quindi avrebbe violato l'art. 76 della

Costituzione qualora

il

suo esplicito contenuto ovvero una possibile

interpretazione di alcune delle sue disposizioni potessero effettivamente

giustificare le conclusioni dalle quali la Suprema Corte dissente, e cioè

l'abolizione del reato previsto e punito dall'art.

221

del Testo Unico delle Leggi

Sanitarie.

È

altresì opportuno, afferma ancora la Corte di cassazione, precisare che nessuna

delle disposizioni contenute nella legge 24 dicembre 1993

n.

537 stabilisce la

superfluità dell'autorizzazione preventiva all'abitabilità di un edificio per motivi

igienico sanitari, nè in alcuna di esse è possibile cogliere un'oggettiva

incompatibilità con l'imposizione dell'obbligo

di

quella autorizzazione; anzi, tale

obbligo, nella sua specificità, è dalla stessa legge presupposto tant'è che in

relazione al suo adempimento si dà mandato al Governo di semplificarne e

accelerarne l'attuazione.

21

Gargiulo R., nota a margine della sentenza Cass. Pen., Sez. III, 16 gennaio 1996,

n.

120 in

Cass.

pen. 1996,9,2770

14

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Pertanto, conclude la sentenza, una volta stabilito che in base a quanto disposto

dall'art. 17 comma 2 della legge

23

agosto 1988 n. 400 sono soltanto le

disposizioni contenute nella legge

di

autorizzazione a poter determinare l'ambito

della materia nella quale può intervenire la fonte normativa secondaria, e cioè le

disposizioni regolamentari, ed una volta accertato che l'art. 2 della Legge

n.

537

del 1993 aveva ad oggetto delle mere semplificazioni procedimentali (cfr. in tal

senso Corte Cost. sent.

n.

69 del 1995), deve convenirsi che l'art. 5 del d.P.R.. 22

aprile 1994

n.

425 non può che essere interpretato nell'unico mordo che ne

consente il riconoscimento della sua intrinseca legittimità: e cioè che la disposta

abrogazione parziale del primo comma dell'art.

221

del Testo unico delle leggi

sanitarie è conseguente al corretto esercizio della facoltà concessa

al

Governo,

espressamente, dal comma 8 dell'art. 2 della legge 24 dicembre 1993

n.

537, e

cioè alla possibilità

di

"abrogare" soltanto le norme c ~ m c e r n e n t i la disciplina dei

procedimenti amministrativi relativi

al

rilascio di alcune autorizzazioni. Tale

conclusione è oggettivamente confermata dalla stessa formulazione della norma

che non giustifica alcun dubbio interpretativo.

E che il citato regolamento non abbia voluto in alcun modo abrogare o modificare

il contenuto precettivo e sanzionatorio dell'art.

221

è dimostrato anche dal fatto

che proprio nell'art. 4 dello stesso regolamento si ribadisce, e con evidente

chiarezza, che perché un edificio possa essere legittimamente utilizzato è

"necessario che il proprietario richieda il certificato di abitabilità

al

sindaco".

Le modifiche introdotte dal regolamento 425 del 1994, peraltro ora abrogato,

all'art.

221

Tuls, lungi dall'aver abolito, quindi, i connotati dell'illiceità penale che

qualificano la condotta di colui che utilizza un edificio senza l'autorizzazione

all'abitabilità, ribadiscono, e con maggiore rigore tecnico, l'estensione del

divieto.

22

Del resto, il permanere in vigore dell'articolo

221

Tuls è ricavabile anche dal

parere che il Consiglio di Stato ha espresso, in adunanza generale nella seduta del

22

E'

stato, comunque, già precisato che la sanzione Pen. è stata trasformata in illecito

amministrativo e che ciò è avvenuto con l'articolo 70, comma l, lettera b), del d. lgs 50711999.

(legge di depenalizzazione).

15

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14 aprile 1994, sullo schema di quello che, poi, è divenuto il regolamento

425/1994. Afferma il collegio: "la semplificazione del procedimento relativo alla

agibilità, non essendo prevista nell'allegato 4 della legge n. 537 del 1993, non può

essere oggetto del presente regolamento"; regolamento che, infatti, ha poi

disciplinato esclusivamente l'abitabilità (per l'edilizia residenziale). In pratica,

l'articolo 221 Tuls avrebbe, comunque, continuato a disciplinare l'agibilità per i

locali produttivi o,

meglio ancora, per tutti i locali con destinazione d'uso diversa

da quella abitativa.

In conclusione, soltanto m seguito, il Parlamento ha conferito al Governo la

delega a ridefinire e riunire in un unico corpus normativa i procedimenti sia

relativi al certificato di agibilità per i locali a destinazione diversa da quella

abitativa, sia quelli relativi all'abitabilità per la residenza.

16

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SEZIONE2

IL TESTO UNICO IN MATERIA EDILIZIA: L'AGIBILITÀ

SOMMARIO:

l.

Agibilità e abitabilità. - 2. La riforma della pubblica

Amministrazione e la semplificazione amministrativa, - 3. n testo unico per

l'edilizia. - 4. Il procedimento per l'agibilità. - 5. Il comportamento omissivo. - 6.

L'inagibilità.- 7. L'inagibilità

l. Agibilità e abitabilità

L'evoluzione normativa che ha portato alla distinzione formale tra il

concetto di abitabilità e agibilità ha inizio con la legge

28

febbraio 1985

n.

47

(condono edilizio) in quanto, all'art. 35 "Procedimento per la sanatoria", è

formalmente previsto, al terzultimo comma, che:

"A seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria viene altresì rilasciato

il certificato di abitabilità o agibilità anche in deroga ai requisiti fissati da norme

regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti

in materia di sicurezza statica, attestata dal certificato di idoneità di cui alla lettera

b) del terzo comma e di prevenzione degli incendi e degli infortuni."

Uno specifico riferimento alle due distinte ipotesi dell'abitabilità e dell'agibilità è

contenuta anche all'art. 52 della stessa legge 4711985 nella parte in cui si

disciplina l'iscrizione al catasto. Va rilevato ancora che, a seguito dell'univoca

dottrina e giurisprudenza che distingueva la fattispecie dell'abitabilità da quella

dell'agibilità, già con la legge 23 dicembre 1978 n. 833 in materia di "Istituzione

del servizio sanitario nazionale", ali' art. 24 punto 7, si prevedeva la necessità di

stabilire i requisiti ai quali devono corrispondere gli ambienti di lavoro al fine di

consentirne l'agibilità.

23

23

L. 83311978, art. 24. (Norme in materia di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita e

di omologazioni): Il Governo è delegato ad emanare, entro il 31 dicembre 1979, su proposta del

Ministro della sanità con

i l

decreto dei Ministri competenti, un testo unico in materia di sicurezza

del lavoro, che riordini la disciplina generale del lavoro e della produzione al fine della

prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, nonché

in

materia di

omologazioni, unificando e innovando la legislazione vigente tenendo conto delle caratteristiche

17

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L'agibilità è necessaria, in pratica, perché un edificio o parte di esso destinato ad

attività produttiva, commerciale, e comunque non abitativa, possa venir usato per i

fini per cui l'edificio stesso è stato costruito. Essa consiste in un'apposita

autorizzazione, concessa previa ispezione di funzionario incaricato dell'ufficio

tecnico comunale, dell'ufficiale sanitario, di altri eventuali organi

di

controllo

(VV.FF., ISPESL, medico provinciale, commissione provinciale di vigilanza per

lavori pubblici ecc.) volta ad accertare l'esecuzione edilizia in conformità

al

progetto approvato ed agli eventuali obblighi sottoscritti ed ì1 rispetto in genere

dei disposti del t.u. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934 n. 1265.

24

La distinzione tra abitabilità ed agibilità, tuttavia, ha trovato in seguito una

semplificazione concettuale, in quanto il concetto di agibilità è stato aggiornato

per ricomprendere tutti i controlli e le verifiche, attinenti alla sicurezza

dell'immobile e introdotte negli anni dal legislatore, e ciò con riferimento a tutta

l'attività edilizia. Infatti, con il d.P.R. 380/2001 "Testo unico delle disposizioni

legislative e regolamentari in materia edilizia", si è fatto ricorso al concetto di

sicurezza in senso ampio, (in quanto attinente non solo all'igiene e alla salubrità

dell'edificio e degli impianti in esso installati, ma anche alle condizioni qualitative

dell'edificio, nonché alla statica dello stesso valutata alla luce di indagini anche a

carattere geognostico).

Quindi, se nel linguaggio normativa il termine licenza di "abitabilità" è stato

inizialmente utilizzato in relazione ad immobili ad uso abitativo, mentre il termine

licenza di "agibilità" è stato riferito ad immobili non residenziali, in un secondo

tempo, il legislatore ha operato una diversa distinzione, considerando

riconducibile ali' "agibilità" la disciplina generale relativa alla stabilità e alla

sicurezza dell'immobile, e ali'" abitabilità" la disciplina speciale dei requisiti

della produzione al fine di garantire la salute e l'integrità fisica dei lavoratori, secondo i principi

generali indicati nella presente legge.

L'esercizio della delega deve uniformarsi ai seguenti criteri direttivi:

punti l) - 6) omissis

7) stabilire i requisiti ai quali devono corrispondere gli ambienti di lavoro. al fine di consentirne

l'agibilità, nonché l'obbligo di notifica all'autorità competente dei progetti di costruzione, di

ampliamento,

di

trasformazione e di modifica

di

destinazione di impianti e di edifici destinati ad

attività lavorative, per controllarne la rispondenza alle condizioni di sicurezza;

24

Borri D., Lessico urbanistico, Dedalo, Bari, 1985,

p.

17

18

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dell'imm

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25

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settore, optando per il più ampio termine  agibilità .

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26

 

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25

L'

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26

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15

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59

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le

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iù   significative

 

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e economiche

che hanno carat

terizzato la fine

del secolo scors

o. 

19

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di

regole di comportamento nei rapporti tra amministrazione e cittadino per

rendere più comprensibile l'attività amministrativa

al

cittadino utente;

eliminazione degli adempimenti non prescritti dalla legge, non necessari per la

procedura e che gravano sul cittadino-utente; soppressione

di

adempimenti

prescritti da disposizioni vigenti, ma non necessari per la tutela

di

interessi

rilevanti. In quest'ottica si collocano i testi unici che, per effetto dell'art. 20

comma 11 della legge

59

del 1997, i l Governo è delegato ad emanare, anche

attraverso modifiche, integrazioni ed abrogazioni

di

norme.

3.

Il testo unico

per

l'edilizia

L'iniziativa normativa del Governo in tema

di

testo unico delle leggi in

materia edilizia

27

va ricondotta ad un complesso e per molti versi non facile

quadro normativo di riferimento; ciò si evince inequivocabilmente dalla lettura del

parere che il Consiglio di Stato

28

ha espresso sullo schema

di

testo unico. Il testo,

infatti, sulla base delle fonti primarie di autorizzazione, ha proceduto ad una

triplice azione razionalizzatrice: raccolta delle fonti primarie, raccolta delle fonti

regolamentari e

di

delegificazione delle norme procedimentali ed organizzative,

accorpamento dei due testi, con conseguente redazione

di

tre distinti corpi

normativi?

9

La complessità del testo unico per l'edilizia deriva dal fatto che il medesimo trova

fondamento nella delega conferita

al

Governo

ai

sensi dell'articolo 7 commi l e 2

della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall'articolo l della legge 24

27

.Il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia

è

stato approvato

con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ed ha il proprio fondamento nella delega conferita al Governo ai

sensi dell'articolo 7, commi l e 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall'articolo

l della legge 24 novembre 2000, n. 340.

28

Sulla proposta di testo unico in materia edilizia il Consiglio di Stato si è espresso in adunanza

~ e n e r l e

il29

marzo 2001 con parere n. 52/2001.

9

Tale modo di procedere, ispirato anche ali' esigenza di evitare una indesiderata rilegificazione di

norme ormai di rango secondario, peraltro, era stato già ritenuto legittimo dalla Sezione per gli atti

normativi, con parere 18 settembre 2000,

n.

147/2000, relativo al t.u. delle norme sulla

documentazione amministrativa.

20

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novembre 2000, n. 340

30

• Tale norma prevede l'emanazione di testi unici intesi a

riordinare, tra le altre, le materie di cui all'art. 20 della legge

15

marzo 1997, n.

59. Uno degli obiettivi previsti dalla l. 59 del 1997 è stato quello di procedere

all'emanazione di regolamenti di delegificazione

31

per la disciplina delle materia e

dei procedimenti espressamente individuati in un allegato. Nell'allegato l alla l.

59 del 1997, al n. l

05

è indicato il procedimento per i l rilascio delle concessioni

edilizie e al

n.

112-quinquies il procedimento per il rilascio del certificato di

agibilità.

Insomma, va dato atto al Consiglio di Stato di aver rivendicato, perlomeno, la

necessità di mantenere, in rubrica, l'indicazione delle norme di rango primario o

regolamentare trasfuse nel testo unico, e ciò al fine di agevolare l'interprete. Se

così non fosse stato fatto, questo tentativo di sistematizzare le disposizioni in

materia di agibilità sarebbe stato improbo.

Sul piano procedimentale, il testo unico redatto in attuazione dei criteri dell'art. 20

l.

n. 59 del 1997, contiene diversi aspetti innovativi tra i quali vanno annoverati,

l'istituzione dello sportello unico dell'edilizia, modellato

su

quello per le attività

produttive previsto dal d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447,

32

lo snellimento della

30

In attuazione della delega conferita ai sensi della legge 50/1999 oltre al testo unico in materia

edilizia, sono stati emanati i seguenti decreti legislativi: d.lgs. 24 febbraio 1998,

n.

58 Testo unico

delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e

21

della L. 6

febbraio 1996, n. 52; d.lgs.

25

luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la

disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.; d.lgs. 29 ottobre 1999,

n.

490 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma

dell'articolo l della L. 8 ottobre 1997,

n.

352; d.lgs.

18

agosto 2000, n. 267 Testo unico delle leggi

sull'ordinamento degli enti locali; d.lgs. 26 marzo 2001,

n.

151 Testo unico delle disposizioni

legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo

15

della L. 8 marzo 2000,

n.

53; d.lgs. 8 giugno 2001,

n.

325 Testo unico delle disposizioni

legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità; d.lgs. 18 gennaio 2002,

n.

52 Testo

unico delle disposizioni legislative in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati

membri dell'Unione europea; d.lgs. 30 maggio 2002, n.

113

Testo unico delle disposizioni

legislative in materia di spese di giustizia.; d.lgs. 14 novembre 2002, n.

311

Testo unico delle

disposizioni legislative in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni

amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti; d.lgs. 30 dicembre 2003, n. 396

Testo unico delle disposizioni legislative in materia di debito pubblico; d.lgs. 31 luglio 2005,

n.

177 Testo unico della radiotelevisione.

31

L'obiettivo è previsto dall'articolo 20, comma 8 della l. 5911997

32

A dire i l vero, lo sportello unico per le attività produttive, SUAP, ha stentato a decollare per un

insieme di motivi tecnici e politici; non ultimo quello di aver visto vanificare dalla Corte

costituzionale l'obiettivo di affidare ai Comuni la gestione del procedimento unico per tutte le

attività economiche: sentenza

23

luglio 2002,

n.

376.

21

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procedura per il rilascio della concessione edilizia, attraverso l'eliminazione

dell'obbligatorietà del parere della commissione edilizia, la cui sopravvivenza

viene rimessa all'autonoma scelta dei comuni, e l'introduzione, seppure con

alcuni limiti, dell'autocertificazione in sostituzione del parere dell'azienda

sanitaria locale.

33

In definitiva, al di là del tecnicismo burocrate che neppure la relazione di

accompagnamento ad un provvedimento di semplificazione

è

riuscito a debellare,

il testo unico, facendo propri i principi dello snellimento amministrativo e di un

più intenso contatto tra P .A. e cittadini, avrebbe dovuto lanciare lo "sportello

unico dell'edilizia", provvedendo, quindi, ad una duplice semplificazione; da una

parte snellendo l'organizzazione interna degli uffici comunali e, dall'altra,

favorendo e semplificando i rapporti tra "cittadino" e pubblica amministrazione,

mediante l'utilizzo delle autocertificazioni.

C'è da dire, relativamente a questo aspetto, che se anche il d.P.R. 380/2001 non

ha risposto appieno alle esigenze innovative che in molti si attendevano, si

presenta comunque come un provvedimento organico, composto da ben 138

articoli, che coordina e semplifica l'intera materia da cui, per l'appunto, la

denominazione di Testo unico dell'edilizia, abrogando, nel contempo, ben

18

provvedimenti diversi tra leggi e decreti.

Il cambiamento introdotto dalla normativa, che rileva ai fini di questa analisi, è di

carattere terminologico: la distinzione tra "abitabilità" e "agibilità" viene, infatti,

definitivamente superata e i rispettivi titoli di assenso riunificati sotto la

denominazione di "certificato di agibilità".

Inizialmente con i l primo termine (abitabilità) si indicava l'attitudine

dell'immobile alla destinazione d'uso ad esso attribuita e con il secondo (agibilità)

la sua idoneità sotto il profilo della statica e della sicurezza. Successivamente, il

vocabolo abitabilità venne usato con riferimento alle abitazioni, vale a dire agli

33

In tal senso la già citata relazione del Governo di accompagnamento allo schema di testo unico

che

è

disponibile nel sito www.casaportale.com/public/uploads/norme-4040-doc3.pdf.

22

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edifici residenziali, mentre la parola agibilità riguardava più propriamente gli

immobili produttivi, nei quali vi fosse comunque transito di persone.

L'articolo 24 comma l del d.P.R. 380/2001, nel definire la funzione del certificato

di agibilità, stabilisce, quindi, in via generale che esso "attesta la sussistenza delle

condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli

impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa

vigente". Senza dubbio, il testo unico aggiorna la nozione di salubrità degli edifici

prevista originariamente dali' art.

221

Tuls e vi ricomprende anche fattori quali la

sicurezza, la statica e il risparmio energetico che hanno assunto sempre maggiore

rilevanza negli ultimi anni.

Poiché l'agibilità di un immobile deve essere valutata sulla base dell'uso cui esso

è

destinato,

è

necessario domandare un nuovo certificato ogni qualvolta l'edificio

subisca un mutamento di destinazione d'uso, strutturale o funzionale. Tale

indirizzo viene mitigato solo nel caso in cui la nuova destinazione d'uso sia

sostanzialmente simile e affine a quella precedente, ad esempio, abitazione e

uffici.

34

Per quanto riguarda la procedura per l'agibilità, il testo umco opera quella

distinzione sostanziale tra edilizia residenziale e non residenziale che i l d.P.R.

42511994 aveva lasciato sospesa in forza della delega ricevuta dal Parlamento e

limitata alla determinazione del procedimento per il solo certificato di abitabilità,

ovvero, ali' epoca, per la sola edilizia residenziale.

n

testo unico 380/2001, invece, individua nel certificato di agibilità l'unico atto

finale per tutte le tipologie di edifici anche se, contemporaneamente, determina

due procedimenti distinti. Peraltro, sembra utile evidenziare che il certificato di

agibilità deve oggi essere considerato, a tutti gli effetti, un'autorizzazione

amministrativa, espressione di discrezionalità tecnica. Esso, infatti, non si traduce

in una mera attestazione o certificazione. Del resto va evidenziato i l fatto che già

i l

d.P.R. 425/1994, recava, espressamente nel suo titolo la "Disciplina dei

34

Benedetti A.

Certificato di agibilità. Nuove norme e procedure,

in "Geopunto" bimestrale del

Collegio dei Geometri di Roma n.

l,

maggio 2004

23

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procedimenti

di

autorizzazione all'abitabilità, di collaudo statico e di iscrizione al

catasto"; certificato, quindi, in senso lato, individuato come tale

al

fine di

richiamare la provenienza pubblica.

4.

Il procedimento

per

l'agibilità

L'iniziativa di richiedere il certificato di agibilità previsto dall'articolo 24

del d.P.R. 380/2001 spetta al titolare del titolo abitativo, sia questo il permesso di

costruire o la denuncia di inizio attività.

n certificato di agibilità, che viene rilasciato dal dirigente o dal responsabile del

competente ufficio comunale, attesta l'esistenza delle condizioni di sicurezza,

igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi

installati. Il rispetto delle condizioni deve essere valutato secondo quanto dispone

la normativa vigente, ovvero quella in vigore nel momento della decisione, anche

se nel frattempo, modificata o sostituita.

n certificato è necessario per gli interventi relativi alle nuove costruzioni; le

ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali, ma anche per interventi su edifici

già esistenti nel momento in cui modifichino le condizioni di sicurezza, igiene,

salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati.

La mancata presentazione della domanda comporta l'applicazione della sanzione

amministrativa pecuniaria da 77,00 a 464,00 euro.

La rubrica dell'articolo 24 del tu in materia edilizia reca indicato, tra gli altri,

l'articolo 221, comma II del Tuls che, infatti,

è

stato espressamente abrogato

dall'articolo 136, comma 2 lettera a. Nulla afferma il nuovo testo unico edilizio,

invece, con riferimento al primo comma dell'articolo 221 del Tuls che, in base

alla già indicata sentenza della Corte Cass.

35

è

da considerarsi tuttora in vigore.

L'articolo

25

detta, invece, le specifiche disposizioni per il procedimento di

rilascio del certificato di agibilità.

35

Cass. Pen. (Sez. Un.,) 19 giugno 1996 n. 6816 cit.

24

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In carenza di provvedimento da parte del soggetto responsabile, l'agibilità si

intende attestata quando siano trascorsi 30 giorni dalla richiesta nel caso in cui sia

stato espresso parere da parte dell'Asl e dopo 60 giorni nel caso di

autocertificazione del richiedente. L'autodichiarazione

di

conformità del progetto

alle norme igienico sanitarie va intesa, tuttavia, alla luce del combinato disposto

recato dall'articolo

5,

c. 3lett.

a)

e dall'art. 20, c. l . del testo unico, ovvero:

"Ai fini del rilascio del permesso

di

costruire o del certificato

di

agibilità, l'ufficio

di

cui

al

comma l (lo sportello unico) acquisisce direttamente, ove questi non

siano stati già allegati dal richiedente:

a)

il parere dell'

A.S.L.

nel caso in cui non possa essere sostituito da una

autocertificazione ai sensi dell'articolo

20,

comma

l;

(art.5,

c.

3 lett.

a):

"La domanda per il rilascio del permesso di costruire, [ .. ] va presentata allo

sportello unico corredata da un'attestazione concernente il titolo

di

legittimazione,

dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio e, quando ne ricorrano

i presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte Il, nonché da

un'autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie

nel caso in cui il progetto riguardi interventi

di edilizia residenziale ovvero la

verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-

discrezionali.

36

"

In

sostanza, ritorna in primo piano con il testo unico per l'edilizia, il ruolo svolto

dall' Asl, per gli edifici a destinazione diversa da quella residenziale.

I l

combinato

disposto delle sopraindicate disposizioni conferma, quindi, il contenuto dell'art.

221, l

o

c. del Tuls:

"Gli edifici o parti di essi indicati nell'articolo precedente non possono essere

abitati senza autorizzazione del podestà, il quale la concede quando, previa

ispezione dell'ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la

costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri

36

Rota G.L. e. Rusconi G Edilizia. Urbanistica. Governo del territorio, cit., p. 62

25

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siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di in

salubrità.".

Non possono essere condivise, relativamente a questo aspetto, le considerazioni di

coloro i quali ritengono che il parere dell' A.S.L. fornito in sede progettuale ai fini

dell'ottenimento del permesso di costruire, sia esaustivo anche ai fini del rilascio

del certificato di agibilità

37

Ostano a tale interpretazione la lettura dell'articolo 5,

comma 3, del d.P.R. 380/2001, il quale dispone che:

"Ai fini del rilascio del permesso di costruire o del certificato di agibilità, l'ufficio

di cui al comma l acquisisce direttamente, ove questi non siano stati già allegati

dal richiedente:

a) il parere dell'A.S.L. nel caso in cm non possa essere sostituito da una

autocertificazione ai sensi dell'articolo 20, comma l;

b) il parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in ordine al rispetto della

normativa antincendio."

L'autocertificazione indicata all'articolo 20, comma

l,

fa riferimento alla

conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il progetto

riguardi interventi di edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale

conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali. Ma, appare opportuno,

per gli interessi che vengono ad essere coinvolti, prima ancora che logico, ritenere

che il richiamo all'articolo 20, comma l che presuppone il parere dell' A.S.L. sia

riferito alle tipologie edilizie (non residenziali) piuttosto che al progetto.

5.

Il comportamento omissivo

Il regime sanzionatorio per l'utilizzo di un edificio privo di certificato di

agibilità era originariamente sanzionato penalmente (articolo 221 II comma del

R.d. 1265/1934). Successivamente, l'articolo 70 comma l lettera b), del d.lgs 30

dicembre 1999, n. 507 in materia di "Depenalizzazione dei reati minori e riforma

37

Foderino D., Il parere dell'ASL e dei W. F. ai fini dell'agibilità in Consulente immobiliare Sole

24 ore, www ilsole24ore.com

26

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del sistema sanzionatorio", ha depenalizzato la fattispecie. Attualmente per la

mancata presentazione della richiesta del certificato

di

agibilità

è

prevista una

sanzione amministrativa (da 77,00 a 464,00 euro: articolo

24,

comma 3),

nonostante la normativa tuteli

un

bene

di

rilevanza costituzionale quale il diritto

alla salute.

La novità introdotta dal testo unico consiste nell'anticipazione della sanzione già

al

momento della mancata presentazione della domanda (articolo

24

comma 3).

Ne

consegue che, mentre nella disciplina previgente era sanzionato l'utilizzo

dell'edificio non agibile o non abitabile, con la conseguenza che, in caso di non

uso dell'immobile, doveva reputarsi lecita la mancata richiesta del relativo

certificato, attualmente

è

fatto obbligo

di

richiedere comunque il titolo di assenso,

indipendentemente dall'uso effettivo della costruzione.

I l legislatore, peraltro, non ha preso in considerazione l'ipotesi

di

richiesta tardiva

del certificato anche

se sembra irragionevole equiparare, (ai fini del relativo

trattamento sanzionatorio) il comportamento di chi domanda il titolo dopo la

scadenza del termine previsto dalla legge e quello

di

chi omette

tout court

tale

adempimento, usufruendo di un immobile non dichiarato agibile.

Giova ricordare, al riguardo, che a favore della soluzione ermeneutica appena

citata dispone la ben nota regola di cui all'art.

l,

c.2 della

l.

24 novembre 1981,

n.

689 la quale, come noto, sancisce il divieto di analogia per le leggi che prevedono

sanzioni amministrative.

6.

L 'inagibilità

Nel concreto, possono verificarsi due distinte ipotesi: che l'immobile, già

dichiarato agibile, perda nel tempo le caratteristiche

di

adeguatezza igienico -

sanitaria; oppure che l'edificio sia utilizzato nonostante la mancanza del

certificato, ovvero non ne sia stato autorizzato ancora il suo utilizzo.

E'

evidente

che questa seconda ipotesi non comporta, necessariamente, che l'edificio sia

senz'altro insalubre.

27

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Relativamente alla prima ipotesi sarà necessario, accertato l'effettivo stato dei

luoghi, assegnare un termine per effettuare i necessari interventi di risanamento.

Nell'ipotesi in cui, nonostante il termine imposto per l'adeguamento, perduri lo

stato di insalubrità, il comune dovrà procedere alla dichiarazione di inagibilità e al

conseguente sgombero dell'immobile, ai sensi dell'articolo 222 del testo unico

delle leggi sanitarie.

Più complessa la seconda ipotesi in cui, fermo restando ovviamente, la sanzione

amministrativa pecuniaria per l'assenza del certificato di agibilità rectius, per

l'assenza della domanda del certificato di agibilità, il dirigente dei servizi tecpici

dovrà procedere ad emettere ordinanza di sospensione dell'attività eventualmente

esercitata. La particolare situazione conseguente alla modifica del sistema

autorizzatorio per l'agibilità

è

stata già considerata dal Consiglio di Stato

38

L'art.

221 del Tuls al I comma, secondo il Giudice di appello, dispone che gli edifici o le

parti di essi di nuova costruzione non possono essere abitati senza essere

preventivamente autorizzati dell'Autorità comunale, che

la

concede dopo che sia

stato accertato che la costruzione sia conforme al progetto approvato, che i muri

siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause d'insalubrità.

In

sostanza, il relazione al contenuto della norma

è

preclusa la possibilità di

abitare o di svolgere una qualsiasi attività in locali per i quali non sia stato

rilasciato il certificato di agibilità. Tale disposizione, puntualizza il Consiglio di

Stato, è rimasta immutata anche dopo le modifiche apportate alla citata norma dal

d.P.R. 22 aprile 1994,

n.

425.

39

Stante il divieto imposto

ex lege

di abitare o svolgere attività in locali privi del

certificato di agibilità, ne consegue che l'Autorità comunale, preposta

all'osservanza della citata norma legislativa, è tenuta ad intervenire laddove ne

riscontri la violazione, disponendo la cessazione dell'utilizzo di locali privi di

certificato di agibilità. In pratica, il potere repressivo è insito nel divieto di abitare

o di esercitare attività in locali privi del certificato di agibilità contenuto nell'art.

38

Cons. Stato, Sez.V,

7luglio

2005

n.

3732

39

Si è già precisato che il d.P.R. 425/1994 è stato incorporato nel testo unico edilizio d.P.R. 380

de12001.

28

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221, I comma del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265. E' ovvio, afferma la sentenza, che

se una norma pone un certo divieto, l'Autorità cui compete il relativo potere di

vigilanza dispone anche del potere repressivo dell'abuso, che, nella specie, non

può che essere esercitato disponendo la cessazione dell'indebito utilizzo dei locali

privi di agibilità. Quanto alla disposizione contenuta nel comma secondo del

summenzionato art. 221, che prevede l' irrogazione di una sanzione pecuniaria a

carico del contravventore della disposizione contenuta nel comma primo dello

stesso articolo 221, essa non comporta, sostiene ancora il Giudice, che l'esercizio

di un'attività in locali privi

di

agibilità possa essere perseguito unicamente

attraverso l'applicazione di una sanzione pecuniaria.

Rispondendo, infatti, la disposizione del primo comma dell'art. 221 alla finalità di

tutelare la salute e

l'

incolumità della collettività, è ovvio che la prevista

applicazione di una sanzione pecuniaria ha un esclusivo intento punitivo

dell'abuso, ma la sua applicazione non ha un effetto sanante dell'infrazione

perpetrata. In sostanza, l'abitazione nonché l'esercizio di attività in locali per i

quali non sia stata accertata e dichiarata l'agibilità, potendo nuocere a chi

vi

soggiorna ed anche a chi vi dimora nei pressi, non sono, infatti, tollerabili, in

quanto contrastanti con l'interesse generale, e, conseguentemente, l'Autorità

comunale, competente in materia, è tenuta a disporne la cessazione.

Dal punto di vista degli effetti del rilascio del certificato di agibilità, trattandosi di

titolo non assoggettato a limiti temporali, appare evidente che la sua validità sia

condizionata al permanere di positive condizioni di sicurezza, igiene, salubrità. In

sostanza, il loro venir meno determina l'impossibilità di utilizzo dell'edificio che

non può più ritenersi autorizzato.

40

Anzi, l'insalubrità dei locali, positivamente

accertata ai sensi dell'art. 222 del r.d. 27luglio 1934,

n.

1265, consente l'adozione

dell'estrema misura, costituita dall'integrale abbandono coattivo dei locali stessi.

41

40

A.Benedetti

Certificato di agibilità. Nuove norme e procedure,

in "Geopunto"cit.

41

T.a.r. Sardegna 6 febbraio 2002

n.

115. Per l'obbligo e non la facoltà di disporre lo sgombero

dei locali

si

è espresso,

in

seguito,

i l

medesimo Tar Sardegna con la sentenza

16

giugno 2006

n.

1264. "La mancanza del certificato di agibilità di un locale interessato da uso pubblico, [

.....

]

unitamente alla accertata assenza dei requisiti igienico sanitari e di sicurezza, impone l'adozione

29

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da parte dell'autorità comunale del provvedimento di sgombero dei locali medesimi, previsto

dall'art. 222 del Testo unico delle leggi sanitarie, approvato còn il R.D. 1265 dell934.

30

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SEZIONE 3

IL TESTO UNICO DI PUBBLICA SICUREZZA: LA SICUREZZA

SOMMARIO:

l . L'agibilità e la sicurezza. -

2.

L'articolo 80 del Tulps e il relativo

regolamento. -

3.

L'articolo

19

del d.P.R. 616 del 1977. - 4. L'unitarietà del

procedimento.

l. L'agibilità e la sicurezza

Se l'articolo 24 del d.P.R. 380/2001 definisce i contenuti del certificato di

agibilità edilizia, nel senso che "attesta la sussistenza delle condizioni di

sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti

negli stessi installati", l'articolo 80 del testo unico di pubblica sicurezza Regio

Decreto

18 giugno 1931, n. 773 "Testo unico delle Leggi di pubblica Sicurezza",

(Tulps), attesta le condizioni di sicurezza per una determinata tipologia di locale

pubblico. L'art. 80 Tulps, dispone infatti al primo comma, che "L'autorità di

pubblica sicurezza non può concedere la licenza per l'apertura di un teatro o

di

un

luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione

tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente

adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio."

Fin dall'origine, questa verifica è stata definita come "dichiarazione di agibilità"

anche se sono in molti, impropriamente, a chiamarla "licenza di agibilità".

Va precisato, ad ogni buon conto, che autorevole dottrina

42

concepisce la licenza

ex art. 80 Tulps quale un'agibilità degli edifici, ma a fini particolari, "in quanto

assoggettata a ulteriori verifiche", da qui, per l'appunto, la dizione di "licenza di

agibilità" comunemente utilizzata.

Insomma, si dovrebbe ritenere che per l'apertura di un teatro o di un luogo

di

pubblico spettacolo, siano necessarie due distinte verifiche, ovvero due agibilità e

ambedue connesse ai medesimi aspetti di sicurezza: la prima riconducibile al

42

Sandulli A.M. Manuale di diritto amministrativo, XV ed.,

VolI,

JOVENE EDITORE, Napoli

19,p.625

31

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d.P.R. 380/2001, testo unico per l'edilizia, e la seconda all'articolo 80 del testo

unico di pubblica sicurezza. Si può ben dire che una situazione di questo tipo è

certamente non coerente con i l disegno di semplificazione procedimentale che

i l

legislatore ha avviato per la disciplina delle attività economiche, ma

i l

tentativo di

sistematizzare le disposizioni in materia di agibilità è proprio i l fine al quale

si

intende pervenire, con l'individuazione di proposte solutive.

2. L'articolo 80 del Tulps e il relativo regolamento

La complessa disciplina dettata dall'art. 80 Tulps è diretta a garantire la

sicurezza per incolumità pubblica dei luoghi in cui

si

svolgono rappresentazioni

teatrali e cinematografiche, ed altre forme di spettacolo o trattenimento pubblico,

attività soggette alla visite di prevenzione incendi

43

C'è

da dire peraltro, a tale

proposito, che la disciplina di cui

si

tratta non è sorta con i l tulps del '31 essendo

già prevista nel codice Zanardelli

44

e nella relativa legge di pubblica sicurezza

45

In conclusione, a più di cent'anni dalla loro originaria formulazione le due

disposizioni di riferimento, anche se hanno cambiato contesto essendo state

riprodotte la prima nel vigente codice penale la seconda nel vigente testo unico

riformato dopo l'entrata in vigore del codice Rocco, continuano a far parte

dell'ordinamento anche se nel frattempo altri istituti ed altre regole più al passo

con i tempi vi sono stati introdotti, quali ad esempio il certificato di agibilità

previsto dal d.P.R. 380 del 2001, testo unico edilizia e le regole tecniche di

prevenzione incendi previste dal decreto del Ministero dell'interno 19 agosto 1996

"Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione,

costruzione ed esercizio dei locali di in rattenimento e di pubblico spettacolo".

43

Cass. Sez. I, 25 maggio 1999,

n.

5056 in www.jurisdata.it

44

L'art. 447 del codice Zanardelli disponeva che "Chiunque apre o tiene aperti luoghi di pubblico

spettacolo o ritrovo, senza averne osservato le prescrizioni stabilite dall'Autorità a tutela

dell'incolumità pubblica, è punito con l'arresto sino ad un mese e con l'ammenda; e in caso di

recidiva nello stesso reato, l'ammenda non può essere inferiore a lire 300".

45

L'art. 78 del testo unico di pubblica sicurezza, regio decreto 6 novembre 1926

n.

1848,

disponeva che: "L'autorità di pubblica sicurezza non può accordare la licenza per l'apertura di un

teatro o di altro locale di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione

tecnica la solidità e sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite sufficienti a sgombrarlo

prontamente in caso di incendio".

32

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l testo unico, comunque, non esaunsce la disciplina di settore. Infatti, la

disciplina primaria è integrata dal "Regolamento per l'esecuzione del testo unico

18

giugno 1931,

n.

773 delle Leggi di pubblica Sicurezza" approvato con regio

decreto 6 maggio 1940,

n.

635.

Dall'art.

141

all'art.

145

del regolamento di esecuzione del Tulps

è

disciplinata la

costituzione e i l funzionamento della commissione tecnica chiamata ad esprimersi

sul possesso dei requisiti di sicurezza dei locali. Tali articoli sono stati,

sostanzialmente, modificati dal d.P.R. 28 maggio 200 l

n.

311, con la previsione di

una commissione comunale laddove precedentemente era competente

esclusivamente una commissione provinciale di nomina prefettizia.

La commissione comunale, secondo le modifiche al regolamento Tulps, introdotte

dal d.P.R.

311

del 200

l,

opera per le finalità di cui all'art. 80 Tulps per le seguenti

tipologie di locali: cinema, teatri e spettacoli viaggianti con capienza pari o

inferiore

ai

1.300 posti; tutti gli altri locali o impianti con capienza pari o inferiore

a 5.000 posti e, infine, i parchi di divertimento dove non sono presenti attrezzature

meccaniche o elettromeccaniche che comportano sollecitazioni fisiche degli

spettatori o del pubblico partecipante

ai

giochi superiori ai livelli indicati con

decreto del Ministro dell'interno, di concerto con

il

Ministro della sanità; in tal

caso, infatti,

è

competente la commissione provinciale.

Specificatamente, i compiti della commissione sono elencati nell'art.

141

del

regolamento Tulps e riguardano le seguenti attribuzioni:

a)

esprimere

i l

parere sui progetti di nuovi teatri e di altri locali o impianti di

pubblico spettacolo e trattenimento, o di sostanziali modificazioni a quelli

esistenti;

b) verificare le condizioni di solidità, di sicurezza e di igiene dei locali stessi o

degli impianti ed indicare le misure e le cautele ritenute necessarie sia

nell'interesse dell'igiene che della prevenzione degli infortuni;

c) accertare la conformità alle disposizioni vigenti e la visibilità delle scritte e

degli avvisi per

i l

pubblico prescritti per la sicurezza e per l'incolumità pubblica;

33

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d) accertare, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 8 gennaio 1998, n.

3,

anche avvalendosi di personale tecnico di altre arruninistrazioni pubbliche, gli

aspetti tecnici di sicurezza e di igiene al fine della iscrizione nell'elenco di cui

all'articolo 4 della legge

18

marzo 1968,

n.

337

46;

46

La competenza indicata alla lettera d) riguarda le attrazioni per lo spettacolo viaggiante.

Relativamente a questo settore e alla competenza della commissione comunale di vigilanza

pubblico spettacolo, va registrato il fatto che in GU n. 136 del 14 giugno del 2007

è

stato

pubblicato il d.m.

18

maggio 2007 che assegna, ai comuni, la competenza di certificare la

sicurezza della attrazioni per lo spettacolo viaggiante. A tale proposito va evidenziato che con

l'articolo 4 della legge

18

marzo 1968, n. 337, "Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo

viaggiante",

è

stato istituito presso il Ministero del turismo e dello spettacolo un elenco delle

attività spettacolari, dei trattenimenti e delle attrazioni, con l'indicazione delle particolarità tecnico

- costruttive, delle caratteristiche funzionali e della denominazione.

Circa trent'anni dopo, e precisamente con d. lgs 3/1998 all'articolo 4, la cui rubrica recita

"commissione apertura sale cinematografiche"

è

stato aggiunto al comma 2 un periodo (cosiddetto

intruso) il quale dispone che:

"Le commissioni provinciali di vigilanza, anche avvalendosi dell'ausilio di personale tecnico di

altre amministrazioni pubbliche, sono altresì competenti all'accertamento degli aspetti tecnici di

sicurezza e di igiene, al fine della iscrizione nell'elenco di cui all'articolo 4 della legge

18

marzo

1968, n. 337."

Le commissioni provinciali, previste dal regolamento al testo unico di pubblica sicurezza erano e

tuttora sono, di nomina prefettizia ed operano all'interno delle strutture dello Stato.

Con il d.P.R. 311/2001, regolamento di delegificazione emanato ai sensi l'articolo 17, comma 2,

della l. 400/1988, alle commissioni provinciali sono state sostituite le commissioni comunali che,

di conseguenza, sono competenti

a:

"accertare, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3, anche avvalendosi di

personale tecnico di altre amministrazioni pubbliche, gli aspetti tecnici di sicurezza e di igiene al

fine della iscrizione nell'elenco di cui all'articolo 4 della legge

18

marzo 1968, n. 337;"

Va rilevato, tuttavia, che fermo restando il riparto delle competenze in materia di polizia

amministrativa e pubblica sicurezza che ha ormai copertura costituzionale con la chiara

ed

inequivocabile distinzione operata dal decreto leg.vo 11211998, l'art. 118 Cost. prevede che "Le

funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario,

siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di

sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di

quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze."

Ne consegue un dubbio di legittimità, quindi,

in

capo al d.m.

18

maggio 2007 in quanto le

competenze alle autonomie locali possono essere conferite con legge e non certamente, quindi, con

un d.m. Ma a prescindere da tale considerazione, l'interrogativo che ci si deve porre, alla luce della

norma, è se la certificazione delle attrazioni per lo spettacolo viaggiante è funzione statale ma,

implicitamente, delegata ai comuni con il decreto sopraindicato o, invece, è funzione propria dei

comuni in base al trasferimento delle competenze disposta dal d.P.R. 616/1977. Si potrebbe

ritenere, infatti, che la verifica della sicurezza delle attrazioni per lo spettacolo viaggiante altro non

sia che una fase connessa al procedimento autorizzatorio per l'esercizio dell'attività ex articolo 69

tulps, la cui competenza è stata trasferita ai comuni con il già indicato d.P.R. 616/1977; ai comuni,

infatti, compete la verifica dell'agibilità prevista dall'articolo 80 tulps.

Va evidenziato, peraltro, che la previgente disciplina di certificazione e contestuale assegnazione

del contrassegno metallico alle attività dello spettacolo viaggiante era di competenza del Ministero

del turismo e spettacolo, così come risulta evidente dall'articolo 5 della circolare 27 settembre

1989 n. 4803rrB30 del suddetto ministero. E, a tale proposito, è ben noto che il trasferimento di

competenze deve essere preceduto dal trasferimento delle risorse.

34

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e) controllare con frequenza che vengano osservate le norme e le cautele imposte

e che i meccanismi di sicurezza funzionino regolarmente, suggerendo all'autorità

competente gli eventuali provvedimenti.

Lo stesso articolo

141

del regolamento disciplina le eccezioni e le deroghe che

riguardano i locali e gli impianti con capienza complessiva pari o inferiore a 200

persone. In tal caso, le verifiche e gli accertamenti sul rispetto delle indicazioni

fomite dalla commissione in sede di parere sul progetto, possono essere sostituite,

ferme restando le disposizioni sanitarie vigenti, da una relazione tecnica redatta da

un professionista iscritto nell'albo degli ingegneri o nell'albo degli architetti, dei

periti industriali o dei geometri che attesta la rispondenza del locale o

dell'impianto alle regole tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'interno.

La funzione relativa

al

rilascio delle autorizzazioni per l'attività di trattenimento,

prevista dall'articolo 68 Tulps e la prioritaria verifica dell'agibilità dei locali

prevista dali' articolo 80 del medesimo Tulps

è esercitata dai comuni. Ciò è

avvenuto a seguito della legge 22luglio 1975

n.

382 con la quale

è

stata conferita

delega al Governo per il secondo trasferimento delle competenze dallo Stato alle

Dirimere la questione (pubblica sicurezza o polizia amministrativa) e sciogliere i dubbi

interpretativi diventa sostanziale anche perchè l'interrogativo non è di poco conto. Nel primo caso,

infatti, la competenza sarebbe del sindaco nella sua qualità di ufficiale del governo o autorità di

pubblica sicurezza e non in quanto vertice dell'amministrazione comunale, che la potrebbe

comunque delegare ad un funzionario, mentre nel caso in cui la materia rientrasse nella polizia

amministrativa la funzione sarebbe di competenza del dirigente competente in base alla distinzione

operata dal t.u.e.l. 267/2000. La questione è rilevante perché l'emanazione di atti da parte di un

soggetto incompetente ne potrebbe determinare la loro nullità.

Il successivo interrogativo è ancor più complesso. Ci si chiede, infatti, se la materia rientra

nell'ambito della polizia amministrativa, la cui potestà legislativa è attribuita alle regioni (dopo la

modifica del titolo V Tulps) e le cui funzioni sono state assegnate ai comuni con il più volte

richiamato d.P.R. 616/1977 (e successivo decreto legislativo 11211998), a quale titolo il Ministero

dell'Interno interviene nel fornire direttive in materia, come è stato con la circolare 570 del 2

maggio 2008 che, seppur inviata ai direttori e comandanti dei vigili del fuoco e, per conoscenza ai

prefetti, invitava gli stessi a fornire indicazioni ai comuni sulle procedure da adottare per le

attrazioni già in attività all'entrata in vigore delle nuove disposizioni?

In pratica, ancora una volta

si

evidenzia che il confine tra polizia amministrativa e pubblica

sicurezza (o pubblica incolumità) viene facilmente superato creando le condizioni per un conflitto

di attribuzioni. Sta di fatto che nessuna regione ha impugnato detto provvedimento anche perché,

come si è argomentato in altro paragrafo, nessuna regione ha ancora emanato disposizioni nelle

materie trasferite sia con il d.lgs 112/1998 sia a seguito della legge Cost. 3 del2001.

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regioni.

47

Le nuove attribuzioni ai comuni in materia di polizia amministrativa

hanno trovato, poi, individuazione nell'art. 19 del d.P.R. 616 del1977

48

3. L'articolo 19 del d.P.R. 616 del1977

La corretta interpretazione dell'articolo 19 del d.P.R. 616 del 1977 e,

specificatamente per l'analisi in argomento, di alcuni punti nello stesso compresi,

ha aperto fin da subito, un contenzioso di cui hanno avuto modo di occuparsene,

per quanto di loro competenza, i l Consiglio di Stato e la Corte Costituzionale.

49

47

Giova ricordare, a tale proposito, che i l terzo e conclusivo trasferimento disposto dal decreto

legislativo 112/1998 non è ancora operante nel Friuli Venezia Giulia in attesa della conclusione

del lavoro da parte della apposita commissione paritetica. Il trasferimento delle competenze

relative sia al d.P.R. 616/1977 sia al d.lgs

11211998

non è stato ancora disposto, invece, dalla

regione Sicilia.

48

Le funzioni previste dall'art. 19 del d.P.R. 616/1977 nella regione Friuli Venezia Giulia sono

state esercitate dopo l'emanazione del d.P.R.15 gennaio 1987 n. 649.

49

La Corte Cost.

si

è pronunciata con diverse sentenze, citate peraltro in altre sezioni, sulla

questione della "Polizia amministrativa" che rubrica l'art.

19

del d.P.R. 616/1977. Nonsiante le

diverse pronunce, tuttavia, se la "Polizia amministrativa" è una funzione o una materia, allo stato

attuale non è stato ancora definito. Al riguardo la Corte Cost. nella sentenza n.

115

depositata

i l

7

aprile 1995 nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt.

3,

comma

l,

e

12,

comma

2,

del

decreto legislativo 13 luglio 1994,

n.

480, recante "Riforma della disciplina sanzionatoria

contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n.

773", promosso con ricorso della Regione Toscana, ha affermato che la polizia amministrativa è

connessa alla funzione collegata e così, ad esempio, "Per quanto riguarda l'art.

111

del testo unico

di pubblica sicurezza, relativo all'obbligo della licenza per l'esercizio dell'arte tipografica,

litografica, fotografica e di qualunque altra arte di stampa o di riproduzione meccanica o chimica

in molteplici esemplari, [ ...] deve ritenersi che le norme in esame rientrino nelle competenze

regionali nella misura in cui siano riconducibili alla materia dell'artigianato, di cui all'art. 117 della

Costituzione; limitatamente cioè alle ipotesi in cui ricorrano le condizioni, soprattutto di ordine

dimensionale, dettate dalla legge-quadro 8 agosto 1985,

n.

443, che qualificano le imprese

artigiane.

Di diverso avviso, relativamente a questo aspetto in una nota a margine di questa sentenza,

Mangiameli S.

La polizia locale urbana e rurale: materia autonoma o potere accessorio e

strumentale?

in Giur.

Cast.

1996, 01, p. 457. In tale nota, si afferma

che

... non è da escludere

che-

come «funzione» (e cioè: come potere finalizzato al perseguimento di un interesse pubblico)

- la «polizia amministrativa>> possa rivestire un carattere strumentale, idoneo a garantire

i l

rispetto

della disciplina di altre materie enumerate, ma nella disposizione costituzionale che prevede

nell'enumerazione la voce «polizia locale urbana e rurale» è espressamente detto che «la Regione

emana per le seguenti materie norme legislative ... » (art. 117 Cost.). Si evince (quindi)

agevolmente che questa non rappresenta solo una qualificazione formale, costituendo - come si

ammette anche in altri casi di poteri presi in considerazione come «materie» .

. Infatti, l'assegnazione di una materia alle Regioni, per la legislazione e l'amministrazione,

comporta una puntuale garanzia di contenuto, che trova i l suo riscontro:

a)

nell'individuazione

degli oggetti afferenti agli ambiti sistematici caratterizzanti una parte dell'ordinamento, da cui si

deduce la «nozione presupposta>>, cristallizzata dalla Costituzione; b) nella disponibilità degli

oggetti medesimi per interventi giuridici di tipo sostanziale. Si può, allora, concludere asserendo

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Specificatamente, in relazione alla commissione di vigilanza pubblico

spettacolo va evidenziata, relativamente ali' aspetto in trattazione, l'iniziati va del

comune di Milano che, alla bocciatura della deliberazione di approvazione del

regolamento

di

nomina della commissione da parte dell'allora comitato

di

controllo

50

, ricorse ai diversi gradi fino ad ottenere il pronunciamento del

Consiglio di Stato il quale, con sentenza n. 556 del 30 settembre

1987

(Regione

Lombardia e Ministero Interno/ comune di Milano) si espresse in termini

favorevoli al comune affermando che "Le funzioni di polizia amministrativa di

cui all'art. 19 d.P.R. 24luglio

1977

n. 616 sono riferibili unitariamente alle diverse

materie decentrate agli enti locali, in relazione alle quali i comuni hanno il potere

non soltanto di emanare l'atto finale del procedimento, ma anche di condurre i

relativi accertamenti istruttori, nonché di porre norme regolamentari anche per

quanto attiene all'organizzazione delle competenze e disciplina delle procedure."

51

Il comune di Milano, in sostanza, aveva ritenuto di nominare una propria

commissione comunale la cui composizione era diversa da quella individuata dal

regolamento Tulps, non ritenendosi condizionato dalla disposizione statale in

forza della norma contenuta nell'art.

19

d.P.R. 616 del

1977

che, relativamente

alle funzioni trasferite ai comuni, prevede che "Fino all'entrata

in

vigore della

legge di riforma degli enti locali territoriali, i consigli comunali determinano

procedure e competenze dei propri organi in relazione all'esercizio delle

funzioni".

che nell'ordinamento regionale

si

situa una «potestà di polizia amministrativa» che

è

un potere

accessorio e strumentale, cui fa riferimento anche l'art. 9 d.P.R.

n.

616 del 1977, e che ha trovato

nella legislazione regionale una ricca utilizzazione attraverso la definizione del «modo di

disciplina» (tipico dell'attività di amministrazione attiva) degli oggetti delle varie materie

enumerate, come la previsione di una autorizzazione sull'attività

di

cava, il divieto del taglio degli

alberi in agricoltura, l'ordine di esporre i dati sulla qualità degli alimenti per fini sanitari, le

acquisizioni amministrative di manufatti edili abusivi. Questo potere di polizia, infatti, diventa

parte necessaria della disciplina della materia per il perseguimento dei fini riconducibili alla

medesima

e,

come può evincersi anche dai molteplici esempi offerti dalla legislazione regionale,

ha la seguente articolazione:

a)

l'individuazione sul piano normativo delle fattispecie; b) l'esercizio

dell'attività di polizia (vigilanza, prevenzione, ecc.); c) l'emanazione dei provvedimenti

di

polizia

(ordini, autorizzazioni, ecc.).

50

I comitati regionali e di controllo sono stati soppressi, da tutte le regioni, a seguito della novella

del titolo V Cost. che non ammette, più,

in

relazione ali' art. 114 la gerarchia tra enti prevista

dall'originaria formulazione.

51

Cons. Stato, Sez. IV, 30 settembre 1987

n.

556 in "Il Consiglio Stato", n. 9/1987, p. 1233.

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La questione è, oggi, di ancor maggiore attualità ed interesse, in relazione alla

modifica del titolo V

Coste

alla costituzionalizzazione dell'esercizio della potestà

regolamentare da parte dei comuni. Se, infatti, prima della novella la potestà

regolamentare era esercitata dal soggetto titolare della potestà legislativa, oggi la

potestà regolamentare è esercitata dal titolare della funzione, come di seguito sarà

adeguatamente approfondito.

4.

L'unitarietà del procedimento

Le questioni connesse all'oggetto della verifica prevista dall'art. 80 Tulps,

e alla composizione della commissione e provinciale prevista dagli articoli

141

-

142

del regolamento al Tulps novellato, per la parte in questione, dal d.P.R. 311

del 200 l saranno, comunque, ampiamente esaminate in altra sezione. Ciò che

premeva evidenziare, fin d'ora, in questo primo capitolo nel quale viene preso in

esame i l quadro di riferimento normativo, è che in materia di agibilità e di

sicurezza, nonostante l'attivazione dello sportello unico per le attività produttive e

quello per l'edilizia, non

c'è

ancora alcun raccordo e si continua ad operare come

nel passato.

C'è stato un originario orientamento in cui prevaleva una visione dell'ordinamento

amministrativo nella quale ogni singolo potere sarebbe attribuito alla pubblica

Amministrazione in funzione della tutela di uno specifico interesse pubblico, in

modo tale che l'esercizio di ciascuno di quei poteri, anche se appartenenti allo

stesso ente, restava circoscritto al relativo settore di intervento e dava luogo a

procedimenti amministrativi destinati ad operare singolarmente ed

al

di fuori di

forme di coordinamento, ma oggi così non è più.5

2

In effetti, già la legge n. 241 del 1990 rappresenta una più compiuta esplicitazione

dei contenuti del canone costituzionale del buon andamento dell'Amministrazione

pubblica, nel senso che l'esercizio dissociato dei poteri che fanno capo allo stesso

ente per la realizzazione di più interessi pubblici, specie ove tra di essi sussista un

52

Il suddetto orientamento

è

stato meditatamente rivisto dal Cons. Stato, Sez. V, 28 giugno 2000,

n.3639

38

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obiettivo collegamento, si pone contro il basilare criterio di ragionevolezza e,

pertanto, in evidente contrasto con il principio di buona amministrazione.5

3

In quest'ottica, la fondamentale legge n. 24111990, che espressamente prevede,

all'articolo 14, l'ipotesi di una pluralità di interessi pubblici

54

coinvolti in uno

stesso procedimento amministrativo e di un loro "esame contestuale", disegna un

modello procedimentale in cui una delle funzioni principali è proprio quella di

coordinamento ed organizzazione dei fini pubblici, come dimostrano istituti quali

la comunicazione dell'avvio del procedimento, la partecipazione degli interessati,

il responsabile del procedimento ed, infine, la stessa conferenza di servizi.

55

53

In particolare, nei sensi ora detti la decisione del Co ns. Stato, Sez. V, 17 ottobre 2002, n. 5656.

54

Secondo la dottrina, Caringella F. Delpino L. Giudice (del) F. Manuale di diritto

amministrativo XXII ed., Simone, Napoli, 2005, una particolare forma di coordinamento e

collaborazione tra organi o uffici appartenenti a pubbliche amministrazioni diverse è costituita

dalla conferenza di servizi, figura introdotta o, meglio, positivizzata, in quanto la realtà aveva già

portato alla creazione di figure di cooperazione tra soggetti diversi all'interno della P.A. dalla legge

7 agosto 1990, n. 241 e notevolmente modificata dalla L. 15/2005. Essa rappresenta in linea

generale lo strumento per realizzare

i l

giusto contemperamento tra le esigenze di concentrazione

delle funzioni in un'unica istanza ed

i l

rispetto delle competenze delle amministrazioni preposte

allo cura di un determinato settore, consentendo la contestuale valutazione di tutti gli interessi

pubblici coinvolti in una determinata operazione amministrativa" (così C.d.S. Sez. IV, sent. 24-2-

2000, n. 1002).

55

In tal senso anche la sentenza Cons. Stato, Sez. V, 5 aprile 2005 n. 1543

39

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O

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CAPITOLO SECONDO

DECENTRAMENTO, REGOLAMENTAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

AMMINISTRATIVA

SOMMARIO

l. Premessa. -

2.

La semplificazione amministrativa nella legge 59

del 1997.- 3. Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. - 4. Il nuovo assetto

dei rapporti dopo la novella del titolo V. - 5. Potere legislativo e potere

regolamentare. - 6. Polizia amministrativa e pubblica sicurezza - 7. Il d.P.R. 616

del 1977. -

8.

La potestà normativa prevista dall'art.

19

d.P.R. 616 del 1977. - 9.

Norme procedurali e norme sostanziali.

10.

Regolamentazione e

semplificazione. - 11. I regolamenti di semplificazione e di delegificazione. - 12.

La potestà regolamentare comunale. - 13. Il d.P.R.

311

del 2001. -

14.

La

categoria "polizia amministrativa". - 15. Autorizzazioni o licenze?. - 16.

Semplificazione a carattere generale. -

16.

Autocertificazione e controlli. -

17.

Commissione comunale e commissione provinciale - 18. La Costituzione

economica

si

consolida.

l. Premessa

Nell'ordinamento costituzionale che ha attribuito al popolo la titolarità

della sovranità, lo Stato persona è divenuto lo strumento mediante il quale il

popolo stesso esercita il potere sovrano. In tale contesto, l'Amministrazione cessa

di essere un corpo chiuso e separato dal complesso dei cittadini, i quali diventano

invece titolari di pretese nei confronti di essa. In sostanza, oggi il concetto di

pubblico non può più essere fatto risalire allo Stato inteso come ente, perché al

contrario, la fonte di ogni potere

si

ritrova nell'ordinamento sociale. Il primato dei

diritti inviolabili dell'uomo e delle formazioni sociali, il medesimo

riconoscimento delle autonomie locali, indicano la necessità di operare un

capovolgimento di prospettiva configurando un potere che va dal basso verso

l'alto.

In

quest'ottica, il rovesciamento dell'elencazione degli enti territoriali

nell'art. 114 sancisce valori che sviluppano l'impianto costituzionale originario,

come l'ispirazione di avvicinare governati e governanti comporta il radicamento

dell'Amministrazione nello Stato comunità, ovvero nell'ordinamento sociale.

1

1

Cariola A., voce Pubblica amministrazione (principi Cost.) in Il diritto Enc.giurid. Vol 12, Il

sole 24 ore Spa- Pirola, Bergamo, 2008, p. 517

41

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Ed

è

proprio la presa di coscienza di questo senso di appartenenza all'ordinamento

sociale che rende il cittadino utente sempre più attento al funzionamento della

pubblica Amministrazione e alla sua capacità di soddisfare i propri bisogni,

attraverso un'azione di rivendicazione dei diritti che non sempre trova adeguata

risposta. Nonostante il processo di trasformazione e modemizzazione delle

amministrazioni pubbliche avviato nei primi anni novanta e finalizzato a

migliorare la soddisfazione dei cittadini e delle imprese per i servizi offerti dalle

amministrazioni pubbliche, poco è cambiato e non si può dire che le riforme

abbiano dato ancora buoni frutti.

Tale processo di modernizzazione e trasformazione, infatti, se da

un

lato ha

riconosciuto l'importanza, in tema di qualità dei servizi pubblici e

il

ruolo centnile

del cittadino, non solo nella veste di destinatario dei servizi ma anche quale

risorsa strategica per valutare la rispondenza dei servizi erogati ai bisogni reali,

dall'altro, tale processo è stato soltanto parzialmente in grado di soddisfare le

aspettative annunciate, così mantenendo (e forse giustificando) quel livello di

malanimo che permane nell'immaginario collettivo e che, a volte, viene

politicamente abilmente sfruttato. A poco sono serviti, ad esempio, sotto questo

punto di vista, i buoni propositi contenuti nell'articolo 12

2

decreto legislativo 3

febbraio 1993, n.

29

"Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni

pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego" così come

la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri

27

gennaio 1994, che

individuavano la partecipazione e l'ascolto dei cittadini quali strumenti utili e

costruttivi per verificare la qualità e l'efficacia dei servizi prestati.

2

L'articolo 12 del d.lgs 29/1993 ha previsto l'istituzione nelle amministrazioni pubbliche

dell'ufficio relazioni con il pubblico. In particolare, dispone il comma 5 bis di tale articolo che "Il

responsabile dell'ufficio per le relazioni con

il

pubblico e

il

personale da lui indicato possono

promuovere iniziative volte, anche con il supporto delle procedure informatiche, al miglioramento

dei servizi per i l pubblico, alla semplificazione e all'accelerazione delle procedure e all'incremento

delle modalità di accesso informale alle informazioni in possesso dell'amministrazione e

ai

documenti amministrativi." Peraltro, con l'articolo 5 quater tale disposizione è stata estesa, a

decorrere dal 1luglio 1997, a tutto i l personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche.

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2.

La

semplificazione amministrativa nella legge 59 del1997

La legge 15 marzo 1997, n. 59 che ha concesso "Delega al Governo per il

conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della

pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa", ha avviato un

processo riformatore che trova un filo conduttore nel tentativo di recuperare

efficienza e trasparenza ad una pubblica amministrazione assai carente. Non è

possibile, oggi, affermare che l'obiettivo sia stato raggiunto. Ciò che, invece, è

certamente possibile fare, è asserire che questa legge rappresenta un caposaldo

nella riforma della pubblica Amministrazione.

Tuttavia, relativamente alla riforma avviata dalla legge 59 del 1997 "La fase della

implementazione, [

...

], è decisiva: innanzitutto perché le leggi da sole non

cambiano

la

vita degli uomini e delle donne, e neppure il funzionamento delle

amministrazioni pubbliche.

Ma

anche per un'altra ragione: perché nessuna

riforma nasce perfetta, e solo nella fase della sua implementazione si scopre che

cosa non ha funzionato, che cosa deve essere corretto, rivisto, integrato; si può

fare in altri termini, quel lavoro di manutenzione, ordinaria e straordinaria, che

consente di correggere quei tasselli del disegno riformatore, magari anche solo dei

dettagli, che impediscono il corretto e convincente funzionamento dell'intera

riforma.

E'

per questo che le riforme amministrative devono essere progettate e

varate con metodo bipartisan: per evitare che successivi cambi di maggioranza

blocchino la riforma nella sua fase decisiva, quella della sua implementazione?"

Non si può nascondere, peraltro, che i testi unici, i regolamenti di delegificazione

e di semplificazione, l'autocertificazione, insomma tutte le grandi rivoluzioni che

hanno dominato e caratterizzato in questi ultimi dieci anni l'attività della pubblica

Amministrazione, partono dalla legge 59 del 1997, ed è per questo motivo che

qualsiasi opera di sistematizzazione della normativa non può che trovare alimento

3

Bassanini F. relazione tenuta al Convegno

su:

Le riforme amministrative a dieci anni dalla

Riforma Bassanini,

organizzato dall'Università di Roma Tre a Roma,

i l

30-31 gennaio 2008 in

astrid on line

43

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dallo spirito che nel 1997 animava il Parlamento, al di là di ogni appartenenza

politica.

La legge 59 del 1997 si articola in tre oggetti principali costituiti dal conferimento

di funzioni alle regioni e agli enti locali, dalla riforma delle amministrazioni

centrali, degli enti e delle istituzioni scolastiche e dalla delegificazione e

semplificazione dei procedimenti amministrativi.

n conferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali è avvenuto a Costituzione

invariata e attraverso la individuazione delle attribuzioni che restano allo Stato,

invece che di quelle da trasferire. In tal modo

si

è avviato un processo forte di

trasformazione dell'ordinamento in senso federale. La legge, inoltre, ha fissato i

criteri ai quali il legislatore delegato

si

deve ispirare, individuando le funzioni da

mantenere in capo alle amministrazioni centrali, nonché i blocchi di funzioni da

trasferire ispirandosi ai principi di sussidiarietà, di responsabilità, di unicità

dell'amministrazione, di omogeneità e di adeguatezza.

Con riferimento alla semplificazione, la legge 59 del 1997 ha autorizzato il

Governo ad intervenire per disciplinare, con norme di rango regolamentare, quei

procedimenti amministrativi che risultano particolarmente farraginosi, lenti e poco

coordinati. Inoltre, è contemplata la compilazione di testi unici, soprattutto nelle

materie interessate all'attuazione della legge medesima, al fine di ridurre il

numero delle leggi e rendere più semplice e chiara la disciplina. Il testo unico per

l'edilizia, di cui si è già parlato, ad esempio, parte da questa legge riformatrice.

Da una costola della legge 59 del 1997 è derivato anche il decreto legislativo 31

marzo 1998, n. 112, recante norme sul "Conferimento di funzioni e compiti

amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I

della legge 15 marzo 1997, n. 59". In sostanza, l'atto normativo con il quale

si

è

dato corpo ad una redistribuzione delle funzioni pubbliche e all'avvio della

stagione del federalismo.

4

4

TI

d.lgs 112/1998

ha

disposto la distribuzione di funzioni in diversi ambiti. Nell'ambito del settore

dello sviluppo economico, sono state trasferite le competenze di agricoltura e foreste (materia

disciplinata dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143), artigianato, industria, energia, miniere e

44

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Con questo decreto sono stati disposti i trasferimenti di competenze riguardanti la

sanità pubblica, le politiche sociali, l'istruzione, i beni culturali e, soprattutto, la

polizia amministrativa.

3.

Il decreto legislativo 31 marzo 1998,

n.

112

Con l'emanazione del d.lgs.

n.

112 del marzo 1998 il Governo ha

provveduto all'esercizio della delega contenuta nella legge n. 59 del 1997,

conferendo nuove funzioni al sistema delle autonomie locali in alcune materie

specificatamente individuate. Tale conferimento è stato effettuato attraverso un

meccanismo che, rispettando l'impostazione del precedente d.P.R. 616 del 1977,

individua le materie oggetto di decentramento amministrativo in modo residuale

rispetto a quelle che rimangono di competenza statale, e che vengono

esplicitamente richiamate dali'

art. l,

comma l, attraverso l'indicazione della

disciplina normativa che le riguarda. La norma delegata stabilisce che l'esercizio

delle funzioni conferite alle regioni e agli enti locali, inizi a decorrere

contestualmente all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse (art.?, comma

l). Tale decorrenza è determinata con appositi decreti emanati dal Consiglio dei

ministri per l'individuazione ed il trasferimento dei beni e delle risorse statali,

necessarie a garantire la "congrua copertura degli oneri" consequenziali

all'esercizio delle funzioni conferite. Relativamente alle funzioni ed ai compiti

conferiti alle regioni ed agli enti locali, è conservato in capo allo Stato il potere di

risorse geotermiche, ordinamento delle camere

di

commercio, fiere e mercati e commercio,

turismo ed industria alberghiera.

In materia di territorio, ambiente e infrastrutture,

si

sono rinviate competenze

su

territorio e

urbanistica, protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e

gestione dei rifiuti, risorse idriche e difesa del suolo, opere pubbliche, viabilità, trasporti e

protezione civile; in particolare

si

è ordinato che il capo del Governo entro due anni, con proprio

decreto, declassificasse tutte le strade statali che non facessero parte della rete nazionale

principale; con questo articolo sono state trasferite alle regioni e alle province circa 15.000 km

di

strade. In materia di urbanistica

si

sono anche soppresse le previgenti funzioni consultive spettanti

al Consiglio superiore dei lavori pubblici su questioni di interesse urbanistico. Parimenti,

è

stato

soppresso il Comitato per l'edilizia residenziale pubblica (CER) presso il Ministero dei lavori

pubblici. Uno dei tratti salienti è il trasferimento della maggioranza delle strade statali dal

patrimonio statale ANAS

al

patrimonio delle Regioni (strade regionali), ed eventualmente a quello

delle Province, con lo scopo evidentemente di migliorarne la manutenzione, concedendone la

proprietà all'ente più vicino, secondo il principio di sussidiarietà.

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emanare atti di indirizzo e di coordinamento nella forma di deliberazioni del

Consiglio dei Ministri, previa intesa con la conferenza permanente per i rapporti

tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, o con la

singola regione interessata.

Con le riforme del c.d. "federalismo amministrativo"

è

stata spostata nella

dimensione regionale e locale una ampia quota di compiti relativi allo "sviluppo

economico e alle attività produttive", come si esprime il Titolo II del d.lgs. 112

del 1998, sintetizzando così un ambito di nuovo impegno e responsabilità delle

regioni e degli enti locali nel quale venivano fatte confluire più materie fino allora

trattate settorialmente. Al conferimento di compiti si accompagnano, inoltre,

disposizioni volte a semplificare e razionalizzare i procedimenti in ordine agli

insediamenti produttivi e il riconoscimento dell'autonomia funzionale alle camere

di commercio, salvo il controllo delle regioni sugli organi camerali e alcune

funzioni di livello nazionale, per le quali in parte

si richiede l'intesa in sede di

Conferenza Stato-regioni ed in parte la deliberazione della Conferenza unificata.

L'ampio conferimento di compiti per lo "sviluppo economico e le attività

produttive" nella legge 59 del1997

e nel d.lgs. 112 del1998, che interessa diverse

attribuzioni disciplinate dal Tulps e che erano rimaste escluse dal primo pacchetto

di conferimento ai comuni disposto con

i l

d.P.R. 616 del 1977, era inserito in una

cornice normativa che definiva - in modo tassativo, secondo la regola "federalista"

della legge 59 - i compiti statali esclusi dal conferimento e postulava l'esistenza di

un sistema di relazioni collaborative tra lo Stato, le regioni e gli enti locali. Tra i

compiti statali vi erano funzioni di regolazione a carattere generale e determinate

attività di promozione (da identificare secondo i criteri, tra gli altri, della loro

rilevanza economica strategica e della valutabilità solo su scala nazionale per i

caratteri del settore e per assicurare la concorrenza), in molti casi richiedendo la

partecipazione regionale alle decisioni.

5

5

Desideri C., Lo sviluppo economico locale. verso una nuova materia regionale? In Rapporti su

regioni e attività produttive, www.issirfa.cnr.it

46

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L'art.

l,

al comma 3, lettera

1),

aveva tuttavia escluso dal conferimento le funzioni

e i compiti riconducibili alla materia dell'ordine pubblico e della sicurezza

pubblica.

4. Il nuovo assetto dei rapporti dopo la novella del titolo V

La legge Cost. n. 3 del 200 l intitolata "Modifiche al titolo V della

Costituzione" ha introdotto innovativi principi nell'ordinamento, atti ad incidere

sensibilmente sui rapporti tra Stato e autonomie, caratterizzandoli in senso

"federalistico" ma con copertura costituzionale, differenziandosi in ciò, rispetto

alle competenze e funzioni attuate con il d.lgs 112 del 1998. Basti pensare

al

principio di sussidiarietà, che è stato costituzionalizzato dall'art. 118 con

riferimento alla allocazione delle funzioni amministrative, ma che indubbiamente

informa anche il criterio di ripartizione delle funzioni legislative che è stato

introdotto dal nuovo art. 117, in base al principio di parità formale tra Stato,

regioni ed enti locali, introdotto dall'art. 114 Co st.. Il nuovo art. 117, che, ad una

prima lettura, sembrava aver devoluto alle autonomie regionali rilevantissime

competenze legislative, avendo espressamente riservato allo Stato le specifiche

competenze delineate dal comma secondo, oltre ad una potestà legislativa di

principio nelle materie elencate dal comma terzo è stato, peraltro, ridimensionato

dall'intervento della Corte costituzionalé in favore di un sistema di ripartizione

6

Con la sentenza depositata l ' l ottobre 2003 n. 303, la Corte Costituzionale ha affermato che: "Il

nuovo art. 117 Cost. distribuisce le competenze legislative in base ad uno schema imperniato sulla

enumerazione delle competenze statali; con un rovesciamento completo della previgente tecnica

del riparto sono ora affidate alle Regioni, oltre alle funzioni concorrenti, le funzioni legislative

residuali. In questo quadro, limitare l 'attività unificante dello Stato alle sole materie espressamente

attribuitegli in potestà esclusiva o alla determinazione dei principi nelle materie di potestà

concorrente, come postulano le ricorrenti, significherebbe bensì circondare le competenze

legislative delle Regioni di garanzie ferree, ma vorrebbe anche dire svalutare oltrernisura istanze

unitarie che pure in assetti costituzionali fortemente pervasi da pluralismo istituzionale

giustificano, a determinate condizioni, una deroga alla normale ripartizione di competenze [basti

pensare al riguardo alla legislazione concorrente dell'ordinamento costituzionale tedesco

(konkurrierende Gesetzgebung) o alla clausola di supremazia nel sistema federale statunitense

(Supremacy Clause)]. Anche nel nostro sistema costituzionale sono presenti congegni volti a

rendere più flessibile un disegno che, in ambiti nei quali coesistono, intrecciate, attribuzioni e

funzioni diverse, rischierebbe di vanificare, per l'ampia articolazione delle competenze, istanze di

unificazione presenti nei più svariati contesti di vita, le quali, sul piano dei principi giuridici,

trovano sostegno nella proclamazione di unità e indi visibilità della Repubblica

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esigenze dell'autonomia e del decentramento", riconobbe anche che essi erano e

restavano forti e vitali, pronti a reggere la sfida del futuro.

9

5.

Potere legislativo e potere regolamentare

Nel sistema precedente, per il principio del parallelismo che lo innervava, i

depositari del potere legislativo erano anche depositari e titolari delle

corrispondenti funzioni amministrative, e comunque di tutte le funzioni che non

fossero state attribuite o delegate agli enti territoriali. Nel sistema attuale i titolari

del potere legislativo, al pari di tutti gli altri livelli di governo, non hanno altro che

le funzioni che ad essi possono legittimamente essere assegnate dalle leggi in virtù

del principio del loro esercizio unitario, e sempre nel rispetto più rigoroso del

principio di sussidiarietà, di adeguatezza e di differenziazione, mentre gli enti

territoriali diversi dalla regione hanno tutti un nucleo, comunque da definire e da

rispettare, di competenze proprie che spettano ad essi in virtù della norma

costituzionale.

10

La

riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione recata dalle leggi Cost.

n.

l del 1999 e n. 3 del 200 l ha profondamente mutato, quindi, non solo l'assetto

complessivo della potestà legislativa, ma anche quello della potestà regolamentare

dello Stato, delle regioni e delle autonomie locali, affidando ai comuni l'esercizio

delle funzioni amministrative e, per queste, la potestà regolamentare.

L'art. 117 novellato, prevede l'attribuzione della potestà regolamentare allo Stato

nelle (sole) materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni; alle regioni

in ogni altra materia e alle autonomie locali: comuni, province e città

metropolitane, in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento

delle funzioni loro attribuite dallo Stato.

9

Pizzetti F.,

Piccoli comuni e grandi compiti:

la

specificità italiana di fronte ai bisogni delle

società mature

in Formiconi D.(a cura di),

Comuni, insieme, più forti,

EDK, Rimini, 2008, p. 45

10

Pizzetti F.,

Il sistema costituzionale delle autonomie locali (tra problemi ricostruttivi e problemi

attuativi),

in "Le Regioni", n. 1-2, Il Mulino, Bologna, 2005,49-102

49

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Va peraltro rilevato, a tale proposito, che la presenza, fra le materie di esclusiva

competenza dello Stato, di una serie di ambiti di disciplina che non possono

definirsi "materie" in senso stretto, (per ciò che riguarda questo lavoro: salute,

edilizia, sicurezza, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni

concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto i l territorio

nazionale), fa sì che esse interferiscano, per loro natura, in modo "trasversale" con

vari campi di intervento legislativo e in alcuni casi possano incidere in modo

significativo su materie affidate alla competenza regionale, compresa quella

esclusiva, con le conseguenti ricadute sul piano della potestà regolamentare.

Comunque si può ben dire che, con la riforma disposta dalla l. Cost. n. 3/200l, un

ruolo di particolare rilievo è stato assunto dai regolamenti. Questi - appena

menzionati nella Costituzione del1948 (quelli statali, all'art. 87, relativo al potere

del Presidente della Repubblica di emanarli; quelli regionali, all'art. 121, che

attribuiva la potestà regolamentare al Consiglio regionale ed

i l

potere di emanarli

al Presidente della Giunta, e all'art. 123, che ne riferiva il fondamento agli statuti)

- trovano oggi, invece, una specifica disciplina nell'art. 117, sesto comma, con

l'espressa attribuzione della potestà regolamentare allo Stato, alle regioni ed alle

autonomie locali. Ciò, evidentemente, in relazione al ruolo sempre più incisivo

che nel sistema della normazione contemporanea hanno assunto i regolamenti,

tendenti oggi ad occupare ambiti prima ricoperti dalla legge in modo fin troppo

invasivo e capillare, nonché in attuazione dei consistenti processi di

semplificazione e di delegificazione che da alcuni anni si stanno verificando nel

nostro ordinamento.

11

La nuova disposizione sembrerebbe voler assegnare al soggetto titolare del potere

regolamentare regionale un ruolo fondamentale nel processo di riforma dello

Stato. In altri termini, se da un lato le regioni assumono con la riforma una

posizione di centralità all'interno dello Stato, anche per via del diverso riparto di

competenze legislative e regolamentari rispetto ad esso, dall'altro lato si è voluto

11

De Lise P.,

Potestà regolamentare dello Stato, delle Regioni e delle Autonomie locali dopo

il

titolo

V:

riflessi sulla giurisdizione amministrativa e sulla funzione consultiva del Consiglio Stato,

Studi e contributi, sul sito www.giustizia-amrninistrativa.it

50

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porre un freno al "centralismo" del potere legislativo che ha contraddistinto le

legislature regionali. La via prescelta per ottenere un simile risultato è stata quella

di assegnare un nuovo ruolo politico istituzionale agli esecutivi, i quali dalla

riforma nel suo complesso

(l.

Cost. 1/1999 e 3/2001) escono rafforzati.

12

Complessivamente, dalla lettura dell'art. 117, si può desumere anche che

l'obiettivo principale è quello

di

ripartire la funzione normativa tra i vari enti

territoriali con una tecnica diversa dal passato. Infatti il legislatore non si è

preoccupato solo di stabilire entro quali ambiti materiali e con quale intensità i

vari enti possono intervenire, ma ha voluto espressamente ripartire tra di essi

anche l'esercizio della potestà legislativa e di quella regolamentare, non creando le

condizioni per una perfetta coincidenza tra attribuzione di competenza materiale e

attribuzione di potestà normativa, in quanto l'assegnazione all'ente del potere di

porre in essere norme non lo abilita ad esercitarla con qualsiasi atto normativa.

Inoltre, la circostanza che sia una norma costituzionale a prevedere i poteri

regolamentari degli enti territoriali di cui si compone la Repubblica ed a

delimitarne, sia pure per grandi linee, le rispettive aree di competenza, non sembra

priva di effetti sullo status dei regolamenti in questione: non si tratta più di fonti

secondarie nel senso tradizionale del termine, e cioè in tutto e per tutto

subordinate alla legge, che dovrebbe essere in grado di determinarne i caratteri e

gli spazi di intervento, al punto da poterli comprimere a piacimento, bensì di fonti

riconosciute direttamente dalla Carta costituzionale, e che sembrano porsi perciò

in rapporto diretto con il testo costituzionale, almeno fintanto che rimangano negli

ambiti di competenza che la Costituzione ha loro assegnato.

13

E' evidente infatti che, per quanto riguarda i l potere regolamentare connesso

all'esercizio delle funzioni amministrative, anche lo Stato e le regioni in tanto

hanno potere regolamentare in quanto abbiano funzioni amministrative dovendosi

chiaramente ammettere che, in virtù dell'art. 117, comma settimo, Co st., laddove

le funzioni amministrative siano a qualunque titolo attribuite a comuni, città

12

Barbuto L.,

La

potestà regolamentare delle Regioni nel nuovo Titolo V della Costituzione,

cit.

13

N.Lupo,

Nel nuovo titolo V il fondamento costituzionale della potestà regolamentare del

governo

cit.

51

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metropolitane o province,

il potere regolamentare relativo all'esercizio e

all'organizzazione delle funzioni spetta obbligatoriamente, e per diretto disposto

costituzionale, agli enti territoriali.

14

Riguardo alla nuova formulazione dell'art. 117, rispetto a quella previgente, va

affermato che la stessa esprime quella pari-ordinarietà tra i diversi soggetti che

l'art. 114 ha statuito. Stato e regioni hanno propri ambiti di competenza per

interpretare i bisogni della comunità attraverso l'esercizio della potestà legislativa.

Con la novella dell'art.

117

e l'esclusione della potestà legislativa allo Stato nella

materia della polizia amministrativa locale, è stata data copertura costituzionale al

riparto di competenze disposto dal decreto legislativo 112 del 1998 che ha

definitivamente sottratto alla competenza statale l'esercizio di quelle funzioni il

cui esercizio non aveva più alcun motivo di permanere in capo allo Stato, m

quanto vengono tutelati interessi locali.

Diventa rilevante, quindi, non trascurare quanto dispone l'articolo 161 del d.lgs

112 del 1998 il quale afferma che: "Sono conferiti alle regioni e agli enti locali,

secondo le modalità e le regole fissate dal presente titolo, tutte le funzioni ed i

compiti di polizia amministrativa nelle materie ad essi rispettivamente trasferite o

attribuite, salvo le riserve allo Stato di cui all'articolo 160." In un gioco ad incastri

che certamente non aiuta nel tentativo di costruire un significato coerente con

l'evoluzione normativa, i l citato articolo 160, al comma l, dispone che: "Ai sensi

dell'articolo

l,

commi 3 e 4, e dell'articolo

3,

comma

l,

lettera a), della legge

15

marzo 1997, n. 59, sono conservati allo Stato le funzioni e i compiti di polizia

amministrativa nelle materie elencate nel predetto comma 3 dell'articolo l e quelli

relativi

ai

compiti di rilievo nazionale

di

cui

al

predetto comma 4 del medesimo

articolo 1." Per completezza di esposizione, quindi, non è possibile omettere,

perlomeno in nota, quanto dispone l'articolo l della legge 59 dell997.

15

14

Pizzetti F. ,

Il

sistema costituzionale delle autonomie locali (tra problemi ricostruttivi e

problemi attuativi), cit.

15

"1. Il Governo è delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della

presente legge, uno o più decreti legislativi volti a conferire alle regioni e agli enti locali, ai sensi

degli articoli 5, 118 e 128 della Costituzione, funzioni e compiti amministrativi nel rispetto dei

princìpi e dei criteri direttivi contenuti nella presente legge. Ai fini della presente legge, per

52

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La funzione di polizia, in sostanza, più che una funzione assolutamente autonoma

è uno degli aspetti complementari necessari e strumentali, attinenti ad ogni

competenza amministrativa che tende a realizzare determinati interessi pubblici;

ovvero, sussistono tante "funzioni"

di

polizia amministrativa quante sono le

funzioni, i servizi o i beni che nell'interesse pubblico richiedono una tutela.

"conferimento" si intende trasferimento, delega o attribuzione di funzioni e compiti e per "enti

locali" si intendono le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti locali.

2. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, nell'osservanza del principio di sussidiarietà di cui

all'articolo 4, comma 3, lettera a), della presente legge, anche

ai

sensi dell'articolo 3 della legge 8

giugno 1990, n.

142, tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e

alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonchè tutte le funzioni e i compiti

amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o

amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici.

3. Sono esclusi dall'applicazione dei commi l e

2le

funzioni e i compiti riconducibili alle seguenti

materie:

a) affari esteri e commercio estero, nonchè cooperazione internazionale e attività promozionale

all'estero di rilievo nazionale;

b) difesa, forze armate, armi e munizioni, esplosivi e materiale strategico;

c) rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose;

d) tutela dei beni culturali e del patrimonio storico artistico;

e) vigilanza sullo stato civile e sull'anagrafe;

f) cittadinanza, immigrazione, rifugiati e asilo politico, estradizione;

g) consultazioni elettorali, elettorato attivo e passivo, propaganda elettorale, consultazioni

referendarie escluse quelle regionali;

h) moneta, sistema valutario e perequazione delle risorse finanziarie;

i) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

l) ordine pubblico e sicurezza pubblica;

m) amministrazione della giustizia;

n) poste e telecomunicazioni;

o) previdenza sociale, eccedenze di personale temporanee e strutturali;

p) ricerca scientifica;

q) istruzione universitaria, ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione generale

dell'istruzione scolastica e stato giuridico del personale.

r) vigilanza in materia di lavoro e cooperazione.

4. Sono inoltre esclusi dall'applicazione dei commi l e

2:

a) i compiti di regolazione e controllo già attribuiti con legge statale ad apposite autorità

indipendenti;

b) i compiti strettamente preordinati alla programmazione, progettazione, esecuzione e

manutenzione di grandi reti infrastrutturali dichiarate di interesse nazionale con legge statale;

c) i compiti di rilievo nazionale del sistema di protezione civile, per la difesa del suolo, per la

tutela dell'ambiente e della salute, per gli indirizzi, le funzioni e i programmi nel settore dello

spettacolo, per la ricerca, la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia; gli schemi di

decreti legislativi, ai fini della individuazione dei compiti di rilievo nazionale, sono predisposti

previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e Bolzano; in mancanza dell'intesa, il Consiglio dei ministri delibera

motivatamente in via definitiva su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri;

d) i compiti esercitati localmente in regime di autonomia funzionale dalle camere di commercio,

industria, artigianato e agricoltura e dalle università degli studi;

e) il coordinamento dei rapporti con l'Unione europea e i compiti preordinati ad assicurare

l'esecuzione a livello nazionale degli obblighi derivanti dal Trattato sull'Unione europea e dagli

accordi internazionali .

53

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6. Polizia amministrativa e pubblica sicurezza

Lo

Stato

ha

competenza esclusiva nelle materie elencate al comma

secondo dell'art. 117, dalla lettera a) alla lettera s). Alla lettera h) dell'elenco

risulta inserita, tra le competenze esclusive dello Stato, la pubblica sicurezza ma,

subito dopo, è precisato che è esclusa la polizia amministrativa locale. In sostanza,

se allo Stato è attribuita la potestà regolamentare per la materia della pubblica

sicurezza, in quanto rientra nella competenza legislativa esclusiva assegnata allo

Stato stesso, così non è per la polizia amministrativa che, essendo espressamente

esclusa dalle materie la cui legislazione è conferita allo Stato, rientra, in via

residuale, tra le materie assegnate alle regioni. Che cosa si intenda rispettivamente

per pubblica sicurezza e per polizia amministrativa è stato lo stesso legislatore a

chiarirlo. La distinzione, infatti, è stata sancita inequivocabilmente dal decreto

legislativo 112 del 1998 che all'art. 159 ha espressamente disposto che:

"1. Le funzioni ed i compiti amministrativi relativi alla polizia amministrativa

regionale e locale concernono le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che

possono essere arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di

attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate le competenze, anche

delegate, delle regioni e degli enti locali, senza che ne risultino lesi o messi in

pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione dell'ordine pubblico e della

sicurezza pubblica.

2. Le funzioni ed i compiti amministrativi relativi all'ordine pubblico e sicurezza

pubblica di cui all'articolo

l,

comma 3, lettera

1),

della legge

15

marzo 1997,

n.

59, concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento

dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e

degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza

nella comunità nazionale, nonchè alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei

loro beni."

Al di là, comunque, della disposizione o, per essere più precisi, della definizione

fornita dall'art. 159 del d.lgs 112 del 1998, una precisa distinzione è stata fornita

54

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dalla Corte costituzionale

16

, la quale ha affermato che: "la ripartizione delle

attribuzioni tra lo Stato e le Regioni, in relazione alle funzioni di polizia, deve

ritenersi fondata sulla distinzione tra le competenze attinenti alla sicurezza

pubblica, riservate in via esclusiva allo Stato ex art. 4 del d.P.R.

n.

616 del 1977, e

le altre funzioni rientranti nella nozione

di

polizia amministrativa, trasferite alle

Regioni come funzioni accessorie rispetto agli ambiti materiali attribuiti alla loro

competenza. La funzione di polizia di sicurezza riguarda quindi le misure

preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico e, pertanto,

si

riferisce alla attività di polizia giudiziaria e a quella di pubblica sicurezza; la

funzione di polizia amministrativa riguarda, diversamente, l'attività di

prevenzione e repressione diretta ad evitare danni o pregiudizi a persone o cose

nello svolgimento di attività rientranti nelle materie affidate alla competenza

regionale".

In altre parole, fermo restando quanto stabilito dall'art. l, comma 2 della legge 59

del 1997, il quale ha disposto che "tutte le funzioni e i compiti amministrativi

relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive

comunità, nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei

rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello

Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici", la polizia

amministrativa è quella potestà che consente di vigilare sugli "eventi" che

all'interno delle comunità locali possono creare turbativa per l'ordine e

preoccupazione per la sicurezza pubblica; seguendo così l'ordinamento un antico

principio di organizzazione della libertà comunale, per il quale la comunità che

crea un rischio per l'ordine pubblico materiale ha interesse a provvedervi e deve

. . 17

sopportame

1

costi.

16

Corte Cost., 25 luglio 2001

n.

290

17

Mangiameli S.

La

polizia locale urbana e rurale: materia autonoma o potere accessorio e

strumentale? Ci

.

55

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7.

Il d.P.R. 616 del1977

la distinzione inequivocabile tra polizia amministrativa e pubblica

sicurezza, positivizzata nell'ordinamento soltanto dal d. lgs 112 del 1998 è i l

frutto

di

un'attività interpretativa effettuata dal Giudice delle leggi, sulla base

delle norme con le quali è stata data attuazione

al

principio costituzionale di

valorizzazione delle autonomie, e di quelle regionali in primis. Sotto questo punto

di vista, per comprendere pienamente il senso

di

ciò che si intende oggi per

"polizia amministrativa" in un'accezione del termine che consenta di

comprendere, con precisione, qual è l'ambito

di

competenza delle regioni e

comuni, non

si

può prescindere dalla conoscenza

di

quelli che sono stati i passaggi

logici nella ricostruzione della nuova materia o meglio sarebbe dire, a questo

punto, della funzione di polizia amministrativa. Ciò è dovuto anche per ribadire la

contraddittorietà del comportamento del legislatore delegato che, tre n 'anni fa con

i l

d.P.R. 616 del 1977, attribuiva

ai

comuni nuove funzioni, salvo porre poi una

serie

di

condizionamenti e limiti tali da dar vita a "rapporti di subordinazione" nei

confronti dell'amministrazione dell'Intemo

18

, che ancora oggi stentano ad essere

rimossi, perlomeno a livello

di

timore reverenziale

se

non di vincolo giuridico.

In sostanza, l'equivoco

di

fondo che

i l

comune di Roma aveva già rilevato in

relazione alla formulazione dell'articolo

19

del d.P.R. 616 del 1977 e che ha

portato la Corte costituzionale a dichiararne la parziale incostituzionalità, è stato

soltanto in parte rimosso, perché

c'è

ancora chi ritiene che i compiti e le funzioni

di cui all'art. 19 siccome derivati dal Tulps dovrebbero conservare tuttavia questo

carattere, con conseguente legittimazione dell'Autorità statale, competente in

materia

di

pubblica sicurezza, ad ingerirsi in un aspetto della gestione

di

essi.

19

Non è un caso, sosteneva allora la difesa del comune di Roma l'uso

dell'espressione "polizia amministrativa" usata nella specie, che dimostrerebbe

come i provvedimenti ex art. 19 siano stati scorporati dalla materia "pubblica

18

In tal senso la sentenza della Corte Cost.

27

marzo 1987

n.

77.

19

Nonostante la sentenza della Corte costituzionale

n.

77/1987 abbia fatto luce

su

queste

problematiche,

il

Ministero dell'interno mantiene inalterata la prassi di diramare circolari

interpretative alle sedi periferiche, invitando i prefetti ad informare sul contenuto delle stesse i

sindaci dei comuni competenti territorialmente.

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sicurezza", essendo cessate le condizioni che avevano determinato l'inserimento di

essi in tale materia. Del resto, depone in tal senso anche la norma dell'art. 20 del

d.P.R.

n.

616 del 1977, atta da sola ad assicurare, con competenza

al

riguardo

dello Stato, quei controlli

di

pubblica sicurezza eventualmente necessari circa

l'esercizio delle attività

di

cui all'art. 19. Infatti, l'art. 20 del d.P.R. 616 del

1977

dispone che:

"Art. 20 (Controlli di pubblica sicurezza)

Resta ferma la facoltà degli ufficiali ed agenti di polizia

di

pubblica sicurezza di

accedere in qualunque ora nei locali destinati all'esercizio

di

attività soggette ad

autorizzazione

di

polizia a norma dell'articolo precedente,

al

fine

di

vigilare

sull'osservanza delle prescrizioni imposte da leggi o regolamenti dello Stato, delle

regioni e degli enti locali."

Oggi, l'espressione "Polizia amministrativa" utilizzata per la prima volta dal

legislatore con

i l

d.P.R. 616 del1977 e definita dall'articolo

159

del d.lgs.

112

del

1998 riunisce una serie di funzioni disciplinate dal Tulps per attribuirle

complessivamente

ai

comuni. E' stato, dunque, lo stesso legislatore delegato a

rilevare

i l

nesso

di

interdipendenza funzionale che lega la "Polizia

amministrativa" alle diverse materie decentrate agli enti locali. Relativamente a

queste materie, peraltro, un dubbio

è

stato già fugato più

di

vent'anni

fa,

ed

è

quello connesso all'ambito dei poteri strettamente amministrativi attribuiti

dall'articolo

19

d.P.R. 616 del 1977 nelle funzioni indicate dalla medesima

norma, oltre ali' esercizio della potestà regolamentare.

Relativamente

ai

poteri che i comuni possono esercitare, ancora in forza

dell'articolo

19

d.P.R. 616 del 1977 rientra non soltanto l'emanazione dell'atto

finale del procedimento, ma anche l'accertamento istruttorio che ne costituisce il

presupposto. Tale conclusione, rilevava già vent'anni fa

il

Consiglio di Stato nella

sentenza del 30 settembre 1987 n. 556, consegue

ad

una concatenazione tra

attività istruttoria e provvedimento autorizzatorio che emerge con chiarezza

dall'articolo 80, (ovvero proprio l'argomento in trattazione) e dalle relative norme

del Tulps.

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Secondo il giudice, la norma regolatrice del potere configura dunque quest'ultimo

come unitario, ancorchè articolato in una fase di accertamento ed una dispositiva.

L'attribuzione della funzione

al

comune è avvenuta nella sua interezza

assecondando un'esigenza

di

razionalizzazione delle competenze amministrative,

delineata dalla stessa legge delega a base dell'intervento normativa. E aggiunge

ancora il giudice, fugando ogni dubbio che, invece, permane ancora in capo a

molti comuni: "Sarebbe contraddittorio affidare

al

comune [ .... ] la competenza ad

emanare l'atto terminale del procedimento riservando contestualmente allo Stato i

compiti di accertamento tecnico, che nei casi di specie assumono un valore

decisivo ai fini del rilascio dell' autorizzazione.

20

"

8.

La

potestà normativa prevista dall'art. 19 d.P.R. 616 del1977

Il Consiglio

di

Stato, nella più volte citata sentenza, che ha visti opposti il

comune di Milano e il Ministero dell'Interno, prende in esame un'altra importante

questione assolutamente rilevante per l'argomento in trattazione. La problematica

trattata è quella connessa alla potestà normativa per l'esercizio delle funzioni

assegnate con l'articolo 19 del d.P.R. 616 del 1977.

Dopo aver precisato che l'art. 19,

al

secondo comma, così recita: " .. i consigli

comunali determinano procedure e competenze dei propri organi in relazione

all'esercizio delle funzioni di cui al comma precedente", il Consiglio di Stato

rileva che, contrariamente a quanto sostiene il Ministero dell'Interno

(e

la Regione

Lombardia) non può essere negato che tale potere giunga fino all'abrogazione

di

norme secondarie (statali) previgenti. Insomma, il potere regolamentare previsto

dal secondo comma dell'art.

19

d. P

R.

616 del 1977 non riferisce unicamente

all'organizzazione interna

al

comune.

20

La questione all'esame del Consiglio Stato e che aveva visto contrapposti

il

Ministero

dell'Interno e la Regione Lombardia contro i l comune di Milano, partiva da una deliberazione con

la quale i l Capoluogo lombardo si era dotato di una propria commissione tecnica per l'espressione

del parere previsto dall'art. 80 Tulps. Sosteneva

il

Ministero dell'interno che, invece, le

disposizioni regolamentari del Tulps che definivano la composizione della commissione non erano

state oggetto di trasferimento come invece era avvenuto per l'articolo 80.

58

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lnnanzitutto, afferma ancora la sentenza, la Corte costituzionale ha espressamente

riconosciuto, nella sentenza 7711987, il carattere regolamentare del potere

attribuito al comune quanto a riparto delle competenze e disciplina delle

procedure (par. 6.1?' sul presupposto, ove necessario, di una delegificazione della

materia riconducibile allo stesso art. 19. La Corte ha altresì riconosciuto la

legittimità di tale conferimento di potere regolamentare ai comuni e l'esclusione,

da esso, della sola disciplina sostanziale della materia (par. 6.2). Orbene, una volta

riconosciuto che

il

primo comma ha trasferito

al

comune anche l'esercizio della

funzione di accertamento istruttorio dei presupposti, deve ammettersi anche che il

comune

è

titolare del potere regolamentare, anche per quanto attiene alla

organizzazione

di queste competenze.

Ridurre tale intervento al procedimento interno agli uffici comunali, in sostanza,

secondo il Consiglio

di

Stato, significherebbe rendere superflua la norma, non

21

Afferma la Corte Cost. nel citato paragrafo 6.1. Ugua1mente a conclusioni di infondatezza

conduce l'esame della questione di legittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 19,

sollevata in riferimento all'art. 76 Cost., agli artt.

117

e 118 Cost., nonché agli artt. 5 e

128

Cost.

Si assume dal giudice a quo che la disposizione predetta restringerebbe i compiti dei consigli

comunali alla sola determinazione delle "procedure e delle competenze" degli organi dei comuni,

in relazione alle funzioni

di

cui al primo comma, senza alcuna possibilità di incidenza sul piano

sostanziale. La disposizione

in

parola comporterebbe perciò che la disciplina sostanziale

di

cui al

T.U. delle leggi di P.S. del 1931 resti ferma, talché non sarebbe dato

di

intendere se la disciplina

della materia sia rimasta allo Stato, sia divenuta di competenza dei comuni ovvero rientri nella

competenza legislativa delle regioni.

Osserva in proposito la Corte che

i l

secondo comma dell'art. 19

si

limita a prevedere che fino alla

entrata in vigore della legge di riforma delle autonomie locali, i consigli comunali determinino

procedure e competenze dei propri organi

in

relazione all'esercizio delle funzioni di cui al primo

comma del medesimo art.

19.

Si é in presenza- come si vede - non già di una norma limitativa

bensì

di

una disposizione volta a consentire ai comuni non solo

di

disciplinare le procedure ma

anche di distribuire le competenze relative alle nuove attribuzioni in materia di polizia

amministrativa, ancor prima dell'avvento della nuova legge sulle autonomie, secondo le scelte che

ciascun consiglio comunale vorrà operare.

I poteri comunali vengono cioè accresciuti dalla norma censurata, perché attualmente il riparto

delle competenze in generale fra gli organi del comune é determinato dalle leggi dello Stato,

laddove per le materie di polizia amministrativa testé trasferite, sono i comuni stessi che potranno

provvedervi.

Così del pari la gran parte dei procedimenti amministrativi é attualmente disciplinata con legge,

laddove

i l

secondo comma dell'art. 19

ne

prevede la delegificazione consentendo ai comuni di

determinare secondo le loro valutazioni le procedure con atto regolamentare. Lungi perciò da una

diminuzione

di

compiti, si é in presenza di un allargamento dei poteri comunali, cui però non

corrisponde una diminuzione di quelle altre potestà che i comuni stessi hanno in genere

relativamente alle proprie funzioni. Difatti nessuna delle disposizioni censurate prevede una tale

limitazione, con la conseguenza che, rispetto alle nuove funzioni, i comuni conservano gli stessi

poteri regolamentari ed organizzativi che essi hanno relativamente a tutti gli altri compiti di loro

spettanza.

59

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potendosi negare che esso sarebbe spettato anche a prescindere dal secondo

comma dell'art. 19.

Il Consiglio di Stato, non elude la circostanza che il problema è complesso.

"La scelta del legislatore delegato apre delicati problemi costituzionali, soprattutto

quanto alla legittimità di un intervento di delegificazione anche in materie

devolute alla competenza regionale (art.

117

Cost.) e quanto alla previsione del

superamento di tale assetto al momento dell'entrata in vigore della legge di

riforma degli enti locali territoriali. Nelle materie di cui all'art. 117 Cost. spetta,

infatti, alle Regioni non solo la disciplina legislativa sostanziale della materia, ma

anche quella procedurale. Deve tuttavia rilevarsi, sottolinea ancora il giudice

amministrativo di appello, proprio con riferimento alle materie regionali, che

l'attribuzione di quel potere regolamentare, limitato alle competenze ed alle

procedure degli organi comunali, si giustifica, da un lato, con la sua contestualità

all'attribuzione delle funzioni sostanziali, dall'altro con la già rilevata attribuzione

al comune ed ai suoi organi di tutte le competenze inerenti a quelle funzioni".

E'

evidente, tuttavia, che dopo la novella dell'articolo 117 Cost. che ha

espressamente affidato

ai

comuni l'esercizio della potestà regolamentare per lo

svolgimento delle proprie funzioni, ed è venuto meno il parallelismo tra potestà

legislativa e potestà regolamentare precedentemente previsto, il problema più non

si

pone.

9. Norme procedurali e norme sostanziali

Il Consiglio di Stato, infine, in questa sua articolata e fondamentale

sentenza, prende in esame ancora una questione rilevante, ed è quella connessa

alla verifica se il contenuto degli articoli 9 e l O del regolamento comunale di

Milano, con i quali era stata prevista una composizione della commissione

comunale difforme da quella prevista dalla norma statale, attenesse alla procedura,

come ritenuto dal T.a.r. in prima istanza, o piuttosto alla sostanza, come ritenuto

dalle amministrazioni appellanti, Regione Lombardia e Ministero dell'interno.

60

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La distinzione tra procedura e sostanza, afferma la sentenza, è, come sempre,

problematica. Tuttavia, con riferimento

al

caso

di

specie va sottolineato che

i l

legislatore delegato ha inteso riservare ai comuni l'organizzazione dell'esercizio

delle funzioni enumerate nell'art.

19,

anche con interventi normativi. In tale

finalità rientra certamente non solo la disciplina dell'attività interna degli uffici

comunali, potere rientrante nella generale capacità di autoorganizzazione degli

enti pubblici, bensì anche

(e

soprattutto) l'articolazione del procedimento

amministrativo in frasi distinte e la struttura degli organi che

vi

intervengono. Ed

è proprio quello che ha fatto il comune di Milano, precisa la sentenza, che non ha

introdotto un organismo prima inesistente, ma ha riorganizzato un organo

rientrante ormai nella propria struttura amministrativa, per la sua stretta

connessione all'esercizio del potere sostanziale attribuito all'ente.

Del resto, la questione connessa a questo aspetto era stata già presa in

considerazione pochi mesi prima dalla Corte costituzionale, che nella sentenza

n.

77 del

27

marzo 1987 aveva, tra l'altro, sostenuto che "in ordine alle funzioni di

polizia amministrativa loro conferite dall'art.

19

del d.P.R.

n.

616 del 1977 i

comuni hanno, in base

ai

principi, potestà regolamentare che, secondo quanto

stabilito dal secondo comma dell'art.

19

cit., si estende anche alla determinazione

delle procedure e della distribuzione delle competenze fra i suoi organi."

10.

Regolamentazione e semplificazione

Semplificare l'azione amministrativa vuoi dire tagliare passaggi

procedurali, controlli, adempimenti inutili: cioè vuoi dire eliminare tutto quello

che è superfluo o addirittura dannoso per un buon funzionamento

dell'amministrazione. Il problema è che spesso non

si

può tagliare, perché certi

passaggi o adempimenti non

si

possono eliminare senza provocare danni maggiori

dei vantaggi dell'eventuale semplificazione. In questi casi semplificare significa

allora saper trovare modi diversi, più semplici, rapidi ed economici per ottenere lo

stesso risultato garantito da quel particolare passaggio procedurale, controllo,

adempimento. In questo ultimo senso, semplificare l'azione amministrativa vuoi

61

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dell'amministrazione finalizzato a rendere la sua azione più efficiente, rapida ed

economica.

24

Allo stato attuale, non esiste una definizione comunemente accettata di

regolamentazione applicabile ai diversi sistemi normativi dei paesi OCSE.

Comunque, nel rapporto che l'OCSE ha elaborato verso la fine degli anni '90, è

scritto che per regolamentazione si intende l'insieme diverso di strumenti

mediante i quali i governi stabiliscono gli obblighi ai quali sono assoggettati i

cittadini e le imprese. Le regolamentazioni, in pratica, includono le leggi, i

provvedimenti formali e informali, e le norme delegate emesse da tutti i livelli

governativi e da organismi non governativi o di auto-regolazione ai quali i governi

hanno delegato poteri di regolazione.

Le regolamentazioni, secondo l'OCSE, si suddividono in tre categorie:

l - Regolamentazioni economiche: intervengono direttamente nelle decisioni

relative al mercato, quali determinazione dei prezzi, concorrenza, ingresso nel

mercato o uscita dal mercato. Questa tipologia di riforma, secondo l'OCSE, ha

l'obiettivo di aumentare l'efficienza economica, sia riducendo le barriere alla

concorrenza e all'innovazione (spesso mediante

la deregulation e l'utilizzo di

norme per la promozione dell'efficienza), sia migliorando i quadri normativi per

favorire il funzionamento del mercato e dei controlli prudenziali.

2 - Regolamentazioni sociali: tutelano gli interessi dei cittadini quali la salute, la

sicurezza, l'ambiente e la coesione sociale. Gli effetti economici delle norme

sociali possono essere secondari o imprevisti, ma essere anche rilevanti. La

riforma ha l'obiettivo di verificare

la

necessità della regolazione e creare un

quadro regolamentare e di altri strumenti, quali incentivi per i l mercato e approcci

basati sugli obiettivi, caratterizzati da maggiore flessibilità, maggiore semplicità

ed efficacia, e costi minori.

3 - Regolamentazioni amministrative: formalità amministrative - la cosiddetta

"burocrazia"- mediante le quali i governi raccolgono informazioni e intervengono

nelle decisioni individuali di carattere economico. Possono avere un impatto

24

Voce

Semplificazione amministrativa,

in

Pubblic@ndo

cit.

63

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notevole sulla performance del settore privato. La riforma ha i l fine di eliminare le

procedure burocratiche non necessarie, velocizzare e semplificare quelle

necessarie e migliorare la trasparenza nell'applicazione delle procedure stesse.

La

deregulation

è un sottoinsieme della riforma del sistema di regolazione e si

riferisce all'eliminazione completa o parziale di una regolamentazione di settore

al fine di migliorarne la performance economica.

25

Quindi, nella loro azione, Regioni ed enti locali - a cui oggi è attribuito il compito

di esercitare e modulare la potestà normativa - dispongono di un solco già

tracciato. Non solo, ma la riduzione degli adempimenti amministrativi a carico

delle imprese è anche l'obiettivo espressamente individuato rectius ribadito

26

dalla

legge 28 novembre 2005,

n.

246 (Semplificazione e riassetto normativo per l'anno

2005). L'art. 5 della legge 246/2005, per garantire il rispetto delle attribuzioni

regionali, specifica che il riassetto normativo che lo Stato emanerà, avrà ad

oggetto le disposizioni di competenza legislativa esclusiva statale,

di

cui all'art.

117, secondo comma della Costituzione, ma gli altri commi del medesimo articolo

della legge 246/2005 forniscono le linee strategiche alle quali dovrebbe risultare

difficile derogare.

I l

secondo comma dell'art.5 prevede, infatti, anche che Stato e

regioni stipulino degli accordi o intese per favorire il coordinamento delle

reciproche competenze normative, l'armonizzazione della regolamentazione in

materia e il conseguimento di livelli minimi di semplificazione degli adempimenti

connessi allo svolgimento dell'attività d'impresa su tutto il territorio nazionale,

oltre a individuare particolari forme di semplificazione, omogenee su tutto il

25

OCSE (1997), OECD

Report on Regulatory Reform,

Parigi. nel sito

www.agcom.it

26

In

Italia, i primi interventi

di

semplificazione risalgono agli inizi degli anni '90. La legge

generale sul procedimento amministrativo (L.24111990) ha introdotto i primi istituti

di

semplificazione dei procedimenti, che sono stati successivamente modificati ed integrati, ed ha

individuato un primo elenco di procedimenti da semplificare con successivo regolamento di

delegificazione (L. 537/1993). Tuttavia, la politica di semplificazione e qualità della regolazione,

in

Italia, ha raggiunto una configurazione organica a partire dalla 13a Legislatura (1996/2000).

Innanzitutto, gli obiettivi di semplificazione dei procedimenti amministrativi sono stati collocati

all'interno di una più ampia politica

di

qualità della regolazione.

In

secondo luogo,

è

stata

aumentata la gamma degli strumenti da utilizzare per conseguire tali obiettivi (strumenti

di

semplificazione dei procedimenti, razionalizzazione della normativa, valutazione di impatto della

regolazione, ecc). In terzo luogo, sono stati definiti gli assetti organizzativi volti a dare impulso

alla politica di semplificazione e qualità della regolazione e a favorirne l'attuazione (1..59/1997 e

successive leggi annuali di semplificazione, 1..80/2005 e 1..80/2006).

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territorio nazionale. Il comma 4, per rafforzare i l coordinamento e la leale

collaborazione tra i livelli di governo, per il raggiungimento dei comuni fini della

semplificazione dell'attività d'impresa e della riduzione degli adempimenti

amministrativi, infine, dispone che le regioni adeguino la propria disciplina alle

finalità e obiettivi stabiliti con la legge.

Ma a ben vedere, la stessa semplificazione amministrativa non costituisce

di per

sé l'obiettivo finale. Secondo un processo iniziato con la l. n.

241

del 1990, ciò

che la riforma amministrativa intende rilanciare

è

essenzialmente

i l

criterio di

efficacia dell'azione pubblica, con la conseguente rivalutazione del concetto di

"buon andamento", che l'art.

97

Co st. indica fra

le

finalità dell'azione

amministrativa. La

semplificazione amministrativa

è dunque,

a sua volta,

strumentale

al

raggiungimento

di beni

e servizi

concreti,

all'effettivo

conseguimento del

buon risultato amministrativo.

In tal

modo l criteri

di

valutazione dell'operato della pubblica Amministrazione non

si

collocano più

soltanto sul piano giuridico-formale, ma su quello materiale, dove gli interessi si

sostanziano in beni.

27

11.

I regolamenti di semplificazione e di delegificazione

La questione della semplificazione normativa per le attività economiche

non è questione da poco, anche considerando che una recente indagine

dell'OCSE, condotta su un campione di imprenditori di 14 paesi aderenti alla

organizzazione, ha rivelato che, nella percezione degli operatori economici, le

burdensome regulations

vengono avvertite come uno dei maggiori impedimenti

all'attività imprenditoriale. Dal canto suo, in uno studio del 2003,

i l

Fondo

Monetario Internazionale ha sostenuto che incisive politiche

di

riduzione dei

carichi regolativi e burocratici e di miglioramento della qualità della

regolamentazione europea potrebbero portare, nel lungo periodo,

ad

un aumento

fino

al 7%

del PIL dei Paesi dell'Unione e ad un incremento del

3%

della

27

Razzano G., Le fonti del diritto e il principio di sussidiarietà nel quadro dei più recenti

interventi legislativi

per

la «semplificazione», Dir. Amm.

2001, 2-3, 273

65

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produttività. Infine, una recentissima indagine del Ministero delle Finanze

olandese ha stimato per i Paesi Bassi costi da regolazione per le imprese pari a

16,4 miliardi di euro all'anno (il 53% per effetto di regolazioni europee),

equivalenti

al

3,6% del PIL.

28

Il primo intervento in materia è costituito dall'art. 2 della legge 53711993, in cui

fu lanciato il primo processo sistematico di delegificazione e semplificazione di

un numero consistente di procedimenti amministrativi prima regolati dalla legge.

Si è proseguiti con l'art. 20 della legge 15 marzo 1997

n.

59, per sfociare nelle

leggi annuali di semplificazione (che però hanno assunto una cadenza più lenta)

interamente dedicate alla materia della semplificazione normativa e

amministrativa. Con esse si è progressivamente passati da un modello di

semplificazione/delegificazione che consisteva nell'emanazione di regolamenti ex

art. 17, secondo comma legge 40011988, su singoli procedimenti amministrativi

ad un modello di riordino/riassetto di intere materie organiche, prima con testi

unici e poi con codici,

29

anche se è bene precisare che questo sistema non è

applicabile per le funzioni dei comuni.

L'art. 17, II co., della legge 40011988 prevede che la legge possa autorizzare

l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinando le norme

generali regolatrici della materia e disponendo l'abrogazione delle norme vigenti,

con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari: si tratta

di

una legge

di delegazione a regolamentare diversa dalla legge di delegazione a legiferare, il

cui unico limite è rappresentato dalla vigenza di campi protetti da riserva assoluta

di legge, ed il cui contenuto funzionale è la regolazione della materia con norme

generali.

30

In seguito, la riforma del titolo V ha radicalmente cambiato le condizioni rispetto

alle precedenti politiche di semplificazione, nelle quali lo strumento dei

regolamenti statali di delegificazione era ancora preponderante. Oggi il contesto è

28

Bassanini F., Torchia L.,

Sviluppo e declino. Il ruolo delle istituzioni per la competitività del

Paese.

Passigli, Firenze 2005

29

Consiglio Stato, (Ad. gen.), parere

del25

ottobre 2004

n.

2/2004 in

Foro

it

2005,

p.

210.

30

Verrienti L., voce

Regolamenti e potere normativa degli enti locali,

in

Dig. /t.,

vol. XIII, UTET,

1997.

66

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nuovo, a più livelli; molte scelte rilevanti sono adottate anche in sede regionale,

per non parlare di quelle che si prendono in sede di Unione europea, che pure

sfuggono al "semplificatore" nazionale.

31

Peraltro, relativamente all'applicazione dei regolamenti governativi alle regioni ed

alle province autonome, se già nel sistema antecedente la riforma del 200 l i

regolamenti governativi (compresi quelli di delegificazione) non potevano

incidere sulle materie attribuite alle regioni e tassativamente elencate dali' art. 117,

la questione oggi presenta situazioni ancora diverse. Infatti, data la non specifica

definizione, nel vecchio art. 117 Cost, delle competenze in materia di potestà

regolamentare, veniva consentito (anche mediante pronunce della Corte

costituzionale) che lo Stato, nel momento in cui veniva a modificare i principi

fondamentali di una materia di competenza regionale, potesse dettare anche una

normativa di dettaglio applicabile immediatamente alle regioni ed idonea a

disciplinare la materia emendata in attesa della specifica normativa regionale.

In

tale ottica, e qualora ancora mancasse la normativa regionale, eventuali

regolamenti di delegificazione potevano incidere anche sulla materia regionale

temporaneamente disciplinata con legge dello Stato.

La legge Costituzionale

n.

3/200l, modificando l'art. 117 Co st. ha rigidamente

definito le competenze legislative e regolamentari di Stato e regioni. Con la

riforma del 2001, pertanto, lo Stato viene privato di quella generale potestà

regolamentare che gli era stata implicitamente riconosciuta dal precedente

sistema, stabilendo che lo stesso può emanare regolamenti solo nelle materie ad

esso riservate dali' art. 117, comma II.

Per inciso, con la sent.

n.

303/2003, la Corte costituzionale ha riampliato il potere

legislativo e regolamentare dello Stato, concedendo allo stesso (nei limiti indicati)

di disciplinare materie che pur non essendo comprese in quelle previste dall'art.

117 comma Il, necessitino di una disciplina unitaria a livello nazionale. Ma,

nonostante tale "concessione", la Corte Costituzionale ha escluso che eventuali

regolamenti di delegificazione possano essere adottati dallo Stato in materie ad

31

Consiglio Stato, parere del 25 ottobre 2004

cit.

67

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esso non riservate e che, di conseguenza, gli stessi possano avere efficacia in capo

alle regioni e relativamente a materie di loro competenza.

32

La delegificazione, aveva già precisato la Corte costituzionale con la sentenza

376/2002, è solo lo strumento adottato dal legislatore statale per realizzare

l'obiettivo della semplificazione dei procedimenti nell'ambito di ciò che era già

disciplinato dalle leggi statali precedentemente in vigore.

La

sostituzione, in parte

qua, con norme regolamentari riguarda esclusivamente le preesistenti disposizioni

di leggi statali, come confermano i riferimenti negli allegati delle leggi di

semplificazione: e dunque le disposizioni di leggi statali che già operavano nelle

materie di competenza regionale. Tali leggi, (a parte i casi di interventi particolari

che lo Stato avesse effettuato sulla base di specifici titoli costituzionalmente

giustificati, e che però in quanto tali si collocavano, propriamente, al di fuori

dell'ambito delle attribuzioni regionali), potevano spiegare efficacia ad un doppio

titolo: in quanto recanti le disposizioni da cui

si desumevano i principi

fondamentali vincolanti per i legislatori regionali, o in quanto recanti disposizioni

immediatamente operative (di dettaglio) applicabili a titolo suppletivo in

mancanza di legislazione regionale.

Ma

molto è cambiato dopo la modifica del

titolo V, anche in relazione alla legge 131/2003 e, nel Friuli Venezia Giulia, alla

l.r.

112006

che nella Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha espressamente

previsto la cedevolezza delle disposizioni di dettaglio contenute nella disciplina

regionale e statale relativa a funzioni attribuite agli enti locali.

Il legislatore regionale dovrà, quindi, dettare le linee guida delle politiche

pubbliche, materia per materia, così vincolando gli interventi che, nel quadro della

legislazione regionale, comuni e province sono chiamati a porre in essere, così

come è espresso nella legge 400 del 1988, che impone al legislatore che voglia

delegificare la determinazione delle norme generali regolatrici della materia, cioè

gli richiede di non rinunciare a dettare comunque i principi direttivi e la disciplina

generale degli interventi. Tutto ciò ovviamente presuppone che il legislatore

32

Scasserra M.,

I regolamenti governativi di delegificazione:

limiti di

applicabilità alle regioni e

alle province autonome prima e dopo la legge costituzionale n. 3 del 2001 (Sentenze n. 30212003 e

n. 303 2003 della Corte Costituzionale),

in www.diritto.it

68

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regionale, indicando le disposizioni legislative destinate potenzialmente a vedere

limitata la loro efficacia, individui puntualmente gli oggetti che possono essere

interessati dall'intervento degli enti locali?

3

12. La potestà regolamentare comunale

Il comune ha autonomia statutaria, normativa, organizzativa, impositiva e

finanziaria, da esercitare in conformità al quadro normativo vigente. In particolare

i l

Consiglio comunale deve adeguare lo Statuto alla condizione di autonomia ed ai

nuovi valori sanciti dalla riforma del titolo

V,

parte

Il,

della Costituzione,

introdotta dalla legge costituzionale

18

ottobre 2001,

n.

3, tenendo conto delle

leggi emanate per l'attuazione della medesima, con particolare riferimento alla

legge n. 5 giugno 2003 n.

131

(Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento

della repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3).

Se prima della riforma costituzionale, ogni riferimento ai poteri e alle funzioni,

doveva, per svariati motivi, ispirarsi al Testo Unico 267 del 2000 - dal quale si

ricava una certa apertura proprio sui principi dell'autonomia - successivamente,

con la modifica della Costituzione e l'approvazione della legge di attuazione, è

sostanzialmente mutato i l quadro di riferimento delle autonomie locali.

Il potere regolamentare degli enti locali è, adesso, istituzionalmente implicito in

quanto costituzionalmente previsto espressamente dalla Costituzione negli artt.

114, c. 2), e 117, c.6): quest'ultimo, in particolare, prevede espressamente la

riserva regolamentare a beneficio dei comuni e delle province in materia di

disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Per avere un quadro completo della potestà regolamentare, bisogna tuttavia rifarsi

all'art. 4 della legge

n. 131

del2003, nonchè al Tuel.

L'art. 7 del Tuel prevede che "Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo

statuto, il comune e la Provincia adottano regolamenti nelle materie di propria

33

In tal senso Bartole

S.

L'attribuzione di potestà regolamentare agli enti locali con effetti di

delegificazione

Atti del convegno "Norme di attuazione dello Statuto speciale regionale e nuovo

ruolo degli enti locali" Villa

Manin-

Codropio maggio 2006 in www.regione.fvg.it.

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competenza ed in particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle

istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi

di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio

delle funzioni.

Al

riguardo, l'art. 4 della legge

n.

13112003

si esprime tra l'altro

come segue:

"3. L'organizzazione degli enti locali è disciplinata dai regolamenti nel rispetto

delle norme statutarie.

4. La disciplina dell'organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle

funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane è riservata alla

potestà regolamentare dell'ente locale, nell'ambito della legislazione dello Stato e

della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le

rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli artt. 114, 117, sesto

comma, e 118 della Costituzione.

5.

Il potere normativo è esercitato anche dalle Unioni di Comuni, dalle Comunità

montane ed isolane".

Il raffronto fra le due normative evidenzia:

a)

un miglioramento dell'assetto soggettivo, nel senso che l'art. 4 estende la

disciplina alle Città metropolitane, nonché alle Unioni di Comuni ed alle

Comunità montane e isolane;

b) una diversa articolazione dei limiti opposti alla funzione regolamentare ed una

distinzione tra "organizzazione degli enti locali" e "gestione delle funzioni",

nonché un ulteriore limite all'esercizio della potestà regolamentare "nell'ambito

della legislazione dello Stato e della Regione", quest'ultimo tuttavia sottoposto a

riserva "che ne assicura i requisiti minimi di uniformità";

c) la necessità di un'integrazione fra le due normative sino a quando il legislatore

non apporterà le previste modificazioni

al

Tuel.

A questa organizzazione sovrintende, anche come contenuto e limite, la normativa

statutaria che esce rafforzata dalla recente legge costituzionale di modifica del

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Titolo V della Costituzione e dalle relative norme di attuazione di cui alla legge n.

131/2003.

n

regolamento, infatti, si pone come subordinato allo statuto nella disciplina delle

fonti locali: ciò, come si è detto, è chiaramente indicato dall'art. 4 comma 3 della

L.

n. 13112003.

In attuazione dell'art. 117, comma

6)

Cost., è inoltre stabilito che

la potestà regolamentare operi nell'ambito della legislazione dello Stato o della

Regione, affinchè siano assicurati i requisiti minimi di uniformità, secondo le

rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli artt. 114, 117,

6

comma, e 118 della Costituzione.

34

Senza entrare nella complessa discussione

se

i l

dettato dell'art. 4, comma quarto

della

l. 131

del2003, trovi o meno un solido fondamento costituzionale, va invece

messo in risalto che la formulazione della norma, indicando i limiti e i vincoli al

potere regolamentare locale, fa riferimento "ali' ambito della legge" e non alla

legge

tout court.

Inoltre, va evidenziato che laddove si specifica che la legge

debba fissare i "requisiti minimi di uniformità"

(e

dunque quelli soltanto), appare

chiaramente che la disposizione è orientata ad accogliere la tesi che rispetto alla

disciplina delle funzioni attribuite agli enti territoriali la legge, sia statale che

regionale, incontri i l limite del rispetto dell'autonomia dell'ente e, in particolare,

del potere regolamentare ad esso attribuito.

35

La rubrica dell'art. 4 della

l.

131/2003 recita: "attuazione dell'articolo 114,

secondo comma, e dell'articolo 117, sesto comma, della Costituzione in materia di

potestà normativa degli enti locali". L'ultima parte della disposizione contenuta

nel comma sesto dell'art.

117

prevede la competenza regolamentare delle

autonomie locali in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento

delle funzioni loro attribuite. Sul sistema delle autonomie locali aveva comunque

già inciso un'altra legge fortemente innovativa. La legge

15

marzo 1997, n. 59,

34

Cerulli Irelli V. e Narducci R., L'autonomia normativa degli enti locali, cap.II Statuti e

regolamenti per gli enti locali: un contributo per l'attuazione della nuova potestà normativa

dell'ente locale, Anci in coll. Upi e Uncem, sul sito www.statuti.anci.it

35

Pizzetti F., Il sistema costituzionale delle autonomie locali (tra problemi ricostruttivi e problemi

attuativi), ci

.

71

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infatti, aveva introdotto nell'ordinamento diverse significative novità, fra le quali

l'inversione del criterio di riparto delle competenze, con l'introduzione della

cosiddetta clausola dei poteri residui a favore delle autonomie locali e con la

riserva allo Stato di funzioni tassativamente enumerate. Inoltre, nell'ambito del

sistema delle autonomie, le competenze dovevano essere distribuite dalla legge

regionale in applicazione di vari principi, come la sussidierietà, l'adeguatezza e la

differenziazione, divenuti poi principi costituzionali. Ma la legge 59 del 1997

introdusse anche il principio del parallelismo fra le competenze amministrative e

la potestà regolamentare. In virtù di tale principio ad ogni competenza

amministrativa dell'ente locale doveva corrispondere una potestà regolamentare.

36

Si potrebbe anzi sostenere che, dopo la modifica al titolo V Cost., la potestà

normativa degli enti locali costituisce la fonte primaria dell'ordinamento

repubblicano per la parte che attiene alle comunità locali; sottolineando subito,

però, che per fonte primaria non va inteso altro che la parte che viene prima, e non

certo l'elemento che sta sopra e che è quindi gerarchicamente superiore agli altri.

La primarietà degli statuti e dei regolamenti dei Comuni, delle province e delle

città metropolitane cioè, è nel processo ermeneutico una priorità di ordine (logico)

temporale e non significa altro che la necessità di partire da essi e non dalla legge

(statale o regionale) per ricostruire l'ordinamento comunitario di base e

disciplinarne le funzioni. Dunque, una differenza radicale rispetto alle opinioni

assai diffuse, che ritengono che la natura degli statuti e dei regolamenti degli enti

locali sia pur sempre quella di costituire una fonte secondaria, subordinata a

qualsiasi disposizione statale o regionale. Tutto trae origine, quindi, dalla logica

del novellato art. 114 Cost. che, parificando la posizione di comuni, province,

città, regioni e Stato ha sancito la fine della sovranità statale e la sua

trasformazione in autonomia comunitaria di ogni singolo ambito istituzionale.

37

Dopo la novella costituzionale introdotta dalla legge costituzionale 3/2001, in

sostanza, il problema della titolarità della potestà regolamentare viene risolto non

36

Fenucci F. I regolamenti di autonomia locale, cit. p. 144

37

Piratino

A.,

La funzione normativa di comuni, province e città nel nuovo sistema costituzionale,

cit. p. 14

72

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solo attraverso la sua ripartizione tra i vari enti ma anche attraverso la fissazione

di una sorta di principio "di titolarità esclusiva delle potestà regolamentari". In

base ad esso, per ciascun settore materiale la funzione normativa secondaria viene

assegnata integralmente ad un solo ente, cosicché deve escludersi, a differenza di

quanto accade per le competenze legislative, l'ammissibilità di un concorso di

regolamenti imputabili ad enti diversi, con riferimento allo stesso oggetto

38

Significativa è stata, a tale riguardo,

la

fase di riforma del potere locale costituita

dalla l. 3 agosto 1999,

n.

265 che ha modificato l'art. 5 della l. 142 del 1990

sostituendo alle parole "nel rispetto della legge e dello statuto" l'espressione "nel

rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto", con ciò portando

ali' interpretazione che i principi contenuti nella legge e nello statuto degli enti

locali sono un limite inderogabile alla potestà regolamentare degli enti locali

stessi. Tale interpretazione è confermata dal d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, il cui

art. l, comma 3, precisa che la legislazione in materia di ordinamento degli enti

locali e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia

espressamente i principi che costituiscono limite inderogabile per la loro

autonomia normativa".

Se ne deduce che le norme di dettaglio contenute nelle leggi statali e regionali

sono derogabili. In tal senso si è anche già espresso il Tar Lazio

39

, i l quale ha

affermato che le regioni hanno potestà di emanare norme generali sulle modalità

di esercizio del commercio e dettare i criteri generali ai quali i comuni devono

attenersi, dove la determinazione della disciplina di dettaglio viene lasciata alla

competenza esclusiva dei comuni. Inoltre, l'organo di giustizia amministrativa ha

sottolineato che la disciplina di dettaglio emanata dalla regione sicuramente

invade illegittimamente la sfera di competenza dell'amministrazione comunale,

considerato anche il nuovo assetto di competenze del novellato art. 117 della

Costituzione, attribuisce espressamente ai comuni potestà regolamentare in

38

Barbuto L., La potestà regolamentare delle regioni nel nuovo Titolo V della Costituzione, cit.

9

T.a.r. Lazio, 22 settembre 2003, n. 7700

73

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autonomia da disposizioni costituzionali.

43

Ma

le fonti locali, pur espressamente

legittimate in Costituzione, non godono delle medesime garanzie riconosciute ad

altri soggetti del sistema, in ordine alla salvaguardia del proprio ambito di

competenza a fronte di indebite invasioni di campo. Infatti,

è

attualmente inibito

(o comunque non previsto) un accesso diretto degli enti locali alla Corte

costituzionale

44

(a differenza delle regioni, per le quali si è invece ora rafforzata

una tutela per certi versi paritaria rispetto allo Stato, con il regime di ricorsi fissato

nel nuovo art. 127 Cost.) Nonostante ciò è fuori discussione il carattere fortemente·

innovativo delle nuove previsioni del Titolo V in ordine al fondamento e alla

latitudine del potere normativa locale, conseguente al riconoscimento del

pluralismo istituzionale nell'assetto della Repubblica: al punto che si può

probabilmente parlare di una "via italiana al federalismo", per la compresenza di

istituzioni territoriali multilivello ciascuna con una propria ragion d'essere,

proprio ruolo e propria sfera di poteri, nell'ambito dell'unità del sistema. In altre

parole si può dire che anche il sistema delle fonti si

è

ora adeguato alla fisionomia

pluralistica e autonomista del sistema ist ituzionalé

5

.

43

Barbuto L.,

La

potestà regolamentare delle Regioni nel nuovo Titolo V della Costituzione, cit.,

p.42.

44

Non a caso Falcon G., in L'autonomia amministrativa e regolamentare, in Le Regioni", 2-3, Il

Mulino, Bologna, 2004, p.418, si chiede, proprio tenuto conto che la Corte costituzionale non ha

avuto modo di soffermarsi su questi profili, quanto l'esercizio del potere regolamentare della

Regione possa penetrare nella disciplina di funzioni degli enti locali, titolari anch'essi di poteri

regolamentari, e più in generale titolari di autonomia garantita dalla Costituzione.

45

De Martin G. L'autonomia normativa degli enti locali nel pensiero di Aldo M. Sandulli in

www.amministrazioneincammino.luiss.i

75

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13. Il d.P.R. 31l del 2001

Già con la prima

46

legge Bassanini, la legge 59 del 1997, il Parlamento ha

ritenuto talmente inderogabile semplificare la normativa che disciplina le attività

economiche che sono ancora incluse all'interno del

corpus

del Tulps che,

nell'elenco allegato alla legge stessa, ha inserito le voci (evidentemente per errore,

ma sintomatico della volontà) per ben due volte. Infatti, al

n.

77 si trovano i

"procedimenti per il rilascio di autorizzazioni di pubblica sicurezza per lo

svolgimento di industrie, mestieri ed attività imprenditoriali e tenuta registri in

materia di attività commerciali" e al n. 108 (con gli stessi riferimenti normativi)

"procedimenti per il rilascio di autorizzazioni di pubblica sicurezza per lo

svolgimento di industrie, mestieri, esercizi ed attività imprenditoriali".

Il d.P.R.

28

maggio 2001, n.

311

"Regolamento per la semplificazione dei

procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate

dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nonché al riconoscimento della

qualifica di agente di pubblica sicurezza (numeri 77, 78 e 108, allegato l della

legge n. 59 del 1997 e numeri 18, 19, 20 e 35, allegato l della legge n. 5011999)"

è stato pubblicato nella G.U.

n.

178 del 2 agosto 2001 e, di conseguenza, è entrato

46

Appellate con il nome del Ministro proponente, le leggi Bassanini l, 2, 3 e 4 sono state la pietra

miliare nel tentativo

di

riformare la pubblica amministrazione. Oltre alla più nota Bassanini l, la

legge 59/1997, va ricordata la Bassanini 2, ovvero la Legge 15 maggio 1997, n.

127

"Misure

urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti

di

decisione e di

controllo", la Bassanini 3: Legge 16 giugno 1998,

n.

191 "Modifiche ed integrazioni alle leggi 15

marzo 1997, n. 59, e

15

maggio 1997,

n.

127, nonche' norme in materia di formazione del

personale dipendente e

di

lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in

materia di edilizia scolastica". Infme, va ricordata anche la Bassanini 4: Legge 8 marzo 1999, n. 50

"Delegificazione e testi unici

di

norme concernenti procedimenti amministrativi - Legge di

semplificazione 1998". Questa legge rappresentò il primo tentativo

di

riforma organica della

Presidenza del Consiglio, della struttura del Consiglio dei Ministri e dell'ordinamento dei

ministeri. Tale provvedimento ha delineato

un

nuovo assetto dell'organizzazione ministeriale,

prevedendo anche l'istituzione delle agenzie, ma non entrò mai in vigore integralmente, poiché il

II Governo Berlusconi la modificò alla sua entrata in carica. I ministeri aumentarono e solo alcune

della agenzie furono costituite:

in

particolare l'Agenzia per la Protezione Civile (poi abolita e

riconfluita nel vecchio Dipartimento della Protezione Civile), le Agenzie del Ministero

dell'Economia (Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane, Agenzia del Territorio, Agenzia del

Demanio) già istituite nel 1999,

in

deroga alla generale entrata in vigore della Riforma Bassanini

nel 2001, l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT) istituita solo

nel 2001. Franco Bassanini, nella legislatura 1996-2001, guidata dai governi dell'Ulivo,

è

stato

nominato Ministro per la Funzione Pubblica e gli Affari Regionali (primo governo Prodi),

sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (primo governo D'Alema) e nuovamente

Ministro per la Funzione Pubblica (secondo governo D'Alema e secondo governo Amato).

76

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in vigore

il

giorno 17 agosto 200 l. Meno di due mesi dopo, e precisamente il 7

ottobre

47

, si

svolgeva il primo referendum confermativo della storia repubblicana

per la conferma della modifica del titolo V Cast., approvata dal Parlamento senza

aver ottenuto, tuttavia,

il

numero dei voti necessari previsti dalla medesima

Costituzione.

Con l'entrata in vigore dell'articolo 117 novellato, la potestà legislativa in materia

di polizia amministrativa (seppur locale) è stata trasferita alle regioni per effetto

della competenza residuale. In pratica, spetta alle regioni la potestà legislativa in

riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello

Stato dal secondo o terzo comma dell'articolo 117.

E'

per questo motivo che si

parla di competenza residuale delle regioni come dispone l'art. 117 comma 4 della

Costituzione.

Peraltro, già il comma 3 dell'articolo l del d.lgs 112 del 1998 disponeva che:

"Nelle materie oggetto del conferimento, le regioni e gli enti locali esercitano

funzioni legislative o normative

ai

sensi e nei limiti stabiliti dall'articolo 2 della

legge 15 marzo 1997,

n.

59." Le funzioni trasferite hanno riguardato alcune

attività economiche, quali ad esempio le agenzie di affari, che sono state trasferite

ai comuni ed altre, ad esempio le gare automobilistiche su strada, che sono state,

invece, trasferite alla competenza delle province.

48

In sostanza, il d.lgs 112 del

47

Il risultato del referendum fu il seguente: Votanti: 34% degli elettori. Votarono per il Sì, ovvero

per le modifiche alla Costituzione, 10.348.419 elettori pari

al

64,2% dei votanti. Si espressero,

invece, negativamente 5.819.187 elettori pari al35.8% dei votanti. Fonte www.riforme.net

48

Art.

163. Trasferimenti agli enti locali

l.

Le funzioni e i compiti di polizia amministrativa spettanti agli enti locali sono indicati

nell'articolo

161

del presente decreto legislativo.

2.

Ai

sensi dell'articolo

128

della Costituzione, sono trasferiti ai comuni le seguenti funzioni e

compiti amministrativi:

a)

i l rilascio della licenza di vendita ambulante di strumenti da punta e da taglio, di cui all'articolo

37 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto

18

giugno 1931,

n.

773, e all'articolo 56 del regolamento di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6

maggio 1940,

n.

635;

b) il rilascio delle licenze concernenti le agenzie d'affari nel settore delle esposizioni, mostre e

fiere campionarie, di cui all'articolo 115 del predetto testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;

c)

i l

ricevimento della dichiarazione relativa all'esercizio dell'industria

di

affittacamere o

appartamenti mobiliati o comunque relativa all'attivita' di dare alloggio per mercede, di cui

all'articolo 108 del citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;

77

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1998 ha completato i l percorso avviato vent'anni prima con il d.P.R. 616 del1977

attribuendo le funzioni in base

al

principio di sussidiarietà, ma ha anche assegnato

alle regioni l'esercizio della potestà legislativa per la disciplina delle stesse.

Il d.P.R. 28 maggio 2001, n. 311 "Regolamento per la semplificazione dei

procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate

dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nonché al riconoscimento della

qualifica di agente di pubblica sicurezza" è, contrariamente a quanto afferma i l

titolo, un regolamento complesso. Il motivo di questa affermazione lo si ritrova

chiaramente espresso nel parere che il Consiglio di Stato ha formulato sullo

schema di decreto. Nel parere

n.

163

del 9 ottobre 2000, la Sezione consultiva per

gli atti normativi cita alcuni passaggi della relazione di accompagnamento del

Ministero dell'Interno e, tra questi, è di particolare interesse quello in cui si

afferma che ". . . . . . tali procedimenti concernono la materia della sicurezza

pubblica, si è ritenuto (pertanto) di accorpare l'intervento di semplificazione in

un'unica fonte regolamentare per soddisfare l'esigenza di "conoscibilità

normativa", in applicazione del criterio di cui all'articolo 20, comma 5, lett. d,

della legge

n.

59 del 1997 e che per lo stesso motivo e per evitare la dispersione in

più testi delle norme procedimentali si è ritenuto di inserire le nuove disposizioni,

con tecnica novellistica, nel corpo del regolamento di esecuzione del testo unico

delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 6 maggio 1940". La novella

al

regolamento Tulps introdotta da quello che successivamente è divenuto i l

d. P

R. 311

del 200

l

riguarda disposizioni in materia di semplificazione dei

d) il rilascio delle licenze concernenti le agenzie di affari, di cui all'articolo 115 del richiamato

testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ad esclusione di quelle relative all'attivita' di recupero

crediti, pubblici incanti, agenzie matrimoniali e di pubbliche relazioni;

e)

il

rilascio della licenza per l'esercizio del mestiere di fochino, previo accertamento della

capacita' tecnica dell'interessato da parte della commissione tecnica provinciale per gli esplosivi, di

cui all'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302;

f)

il rilascio dell'autorizzazione per l'espletamento di gare con autoveicoli, motoveicoli o

ciclomotori su strade ordinarie di interesse esclusivamente comunale, di cui all'articolo

68

del

predetto testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e all'articolo 9 del decreto legislativo 30

aprile 1992, n. 285;

g) il rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento dell'attivita' di direttore o istruttore di tiro, di cui

all'articolo

31

della legge

18

aprile 1975,

n.

110;

h) le autorizzazioni agli stranieri per l'esercizio dei mestieri girovaghi, di cui all'articolo 124 del

citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

78

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procedimenti concernenti i locali di pubblico spettacolo. In particolare, viene

istituita la commissione comunale di vigilanza pubblico spettacolo ed individuate

le rispettive competenze.

Ciò che appare contraddittorio

è

affermare che i procedimenti disciplinati dal

d.P.R. 311 del 2001 concernono la materia della sicurezza pubblica

49

Infatti, è

stato già chiarito o, meglio ancora, la Corte costituzionale ed il Consiglio di Stato

rispettivamente con le sentenze n. 77 del27 marzo 1987 e n. 556 del30 settembre

1987, hanno già precisato che i procedimenti la cui competenza è stata trasferita ai

Comuni dal d.P.R. 616 del 1977 e ai quali alcuni dei procedimenti ridisciplinati

dal d.P.R. 311 del 2001 fanno riferimento, non attengono alla pubblica sicurezza,

anche se tuttora inseriti all'interno del testo unico di pubblica sicurezza.

14. La categoria "polizia amministrativa"

A dire il vero la questione è complessa e, quindi, non è possibile

prescindere dall'analisi che la Corte Cost. ha svolto nella sentenza 77/1987,

allorquando ha preso in esame il contenuto dell'articolo 19 del d.P.R. 616 del

1977. Secondo la Corte, la nozione di "polizia amministrativa" adoperata nel

decreto delegato, è diversa da quella che l'articolo 117

5

°Cost. elenca fra le

materie di competenza regionale come "polizia locale urbana e rurale", affermava

allora il Giudice delle leggi, perché appare chiaramente formulata per raggruppare

49

II d.P.R. 311 del 2001 novella, tra l'altro, la disciplina in materia di intrattenimento e

commercio cose usate, ambedue inserite all'art.

19

d.P.R. 616 del1977.

50

Ovviamente la Corte Co st. fa riferimento all'art. 117 nella sua formulazione antecedente alla

novella introdotta dalla l. Cost. 3 del 2001 che ha modificato i l titolo V Cost. prima della riforma,

l'art.117 Cost. prevedeva che "La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei

limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non

siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e

degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e

rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione

artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica;

turismo ed industria alberghiera; tranvie e linee automobilistiche d'interesse regionale; viabilità,

acquedotti e lavori pubblici d'interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e

termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato; altre

materie indicate da leggi costituzionali.

Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione i l potere di emanare norme per la loro

attuazione.

79

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una categoria di ulteriori funzioni da attribuire alle regioni, alle province ed ai

comuni. La categoria "polizia amministrativa, secondo la Corte, è stata enucleata

da un complesso di disposizioni precedenti che appunto contemplavano funzioni

definite di "polizia amministrativa" solo in quanto molte di esse erano esercitate

in passato dagli organi dello Stato titolari delle funzioni di polizia in senso

proprio, giudiziaria e di sicurezza.

Funzioni definite di polizia amministrativa, quindi, perché non assolvendo

esclusivamente al compito della prevenzione, . come la polizia di sicurezza,

tendono - in presenza delle condizioni previste in astratto dalle leggi, a rendere

possibili e lecite certe attività dei privati attraverso singole attribuzioni, quali le

autorizzazioni, i permessi, le licenze ed anche i regolamenti. Questa caratteristica,

affermava ancora la Corte, ha fatto addirittura spesso dubitare dell'inquadramento

di molte di quelle funzioni nella categoria delle attività di polizia e, più

di

recente,

ha fatto ritenere anche inesistente una nozione giuridicamente rilevante di "polizia

amministrativa", così giustificandosi la sottrazione di molte di quelle funzioni agli

organi di polizia e la loro conseguente attribuzione alle regioni ed agli altri enti

territoriali, restando ovviamente impregiudicata la tutela statale per le esigenze

attinenti alla sicurezza pubblica.5

1

15.

Autorizzazioni o licenze?

Autorizzazioni o licenze? Questo

è

oggi il grande dilemma che

accompagna il sistema autorizzatorio disciplinato dal testo unico di pubblica

sicurezza. Autorevole dottrina

52

ha da tempo individuato gli elementi distintivi

delle due tipologie di atti abilitativi facendo rientrare le autorizzazioni nella sfera

51

Non aiuta nella ricostruzione del significato del termine "Polizia amministrativa"

il

d.P.R.

15

gennaio 1987

n.

469 "Norme integrative di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli

Venezia Giulia" Infatti, a ll'art.

17

dalla rubrica: polizia locale, urbana e rurale, dispone che:

l. La Regione Fr.V.G. è titolare delle funzioni di polizia amministrativa nelle materie elencate

negli articoli 4 e 5 dello statuto speciale.

2 . La delega alla regione Fr.-V.G. di funzioni amministrative statali si considera conferita anche

per le funzioni di polizia amministrativa ad esse pertinenti.

3 .Nella regione Fr.-V.G. si applicano gli articoli 19, 20 e

21

del d.p.r.

n.

616.

52

Sandulli A.M.

Manuale di diritto amministrativo.

XII ed. JOVENE EDITORE, Napoli 1980, pp.

423 ss

80

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d'azione istituzionalmente libera e, quindi, una posizione di preesistente diritto

soggettivo; mentre la licenza consente l'attività sulla base di una valutazione

discrezionale circa la rispondenza all'interesse pubblico che, nelle condizioni

ambientali esistenti, una nuova attività di quel genere venga svolta o meno. Nelle

licenze, quindi, la discrezionalità non investe la valutazione dei requisiti, come

avviene nelle autorizzazioni, ma addirittura l'opportunità dell'esercizio

dell'attività.

Questa distinzione motiva, oggi più che mai, dopo la novella dell'art.

19

della

legge 241 del 1990 ad opera del d.l.

35

del 2005, l'esclusione del procedimento

semplificato della dichiarazione

di

inizio attività per i provvedimenti rientranti

nell'ambito del Tulps rimasti di competenza dell'autorità di pubblica sicurezza.

Sul fronte opposto, si potrebbe ritenere che i procedimenti pur disciplinati dal

Tulps ma rientranti oggi nella nozione di polizia amministrativa, trasferiti alla

competenza dei comuni, con i decreti legislativi rispettivamente 616 del 1977 e

112 del 1998 sono oggi assoggettati ad autorizzazione e non a licenza e, in alcuni

casi, anche a dichiarazione di inizio attività. Infatti, la discrezionalità in capo al

comune competente non può rilevare ai fini di pubblica sicurezza ma soltanto con

riferimento alla ponderazione degli eventuali interessi contrapposti, alla luce del

conclamato articolo

41

Cost.

Tuttavia, secondo una dottrina più recente

53

,

la licenza che era definita come il

provvedimento che permette lo svolgimento di un'attività previa valutazione della

sua corrispondenza ad interessi pubblici, ovvero della sua convenienza in settori

non rientranti nella signoria dell'amministrazione (perché in tal caso

si

dovrebbe

parlare di concessioni) è

figura che oggi la legge tende a sostituire con

l'autorizzazione. Insomma, autorizzazione o licenza sono la stessa cosa e, quindi,

la richiesta di una autorizzazione o di una licenza fanno scattare un interesse

legittimo pretesivo, ovvero il soggetto richiedente mira ad ottenere una situazione

di vantaggio grazie ad un'attività della pubblica Amministrazione che incide in

modo favorevole sulla sua situazione soggettiva.

53

Casetta E.,

Manuale di diritto amministrativo.

GIUFFRE' Taranto 2007, pag. 322

81

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Ma quale è l'attività che la PA deve porre in essere per soddisfare la pretesa? Qual

è

l'interesse pubblico che deve fungere da parametro? La sola verifica del

possesso dei requisiti soggettivi è elemento sufficiente o va invece compiuta

qualche ponderazione aggiuntiva? Posto che per l'attività commerciale, ad

esempio, il legislatore è intervenuto, nel tempo, a chiarire la fattispecie,

delineando un quadro certo, per quanto riguarda i procedimenti riconducibili alla

polizia amministrativa i contorni non sono stati ancora ben definiti.

Oggi che con la riforma dell'art. 117 Cost la potestà legislativa per la disciplina

delle attività economiche è stata trasferita dallo Stato alle regioni l'interrogativo

sui contenuti della discrezionalità

è

d'obbligo, soprattutto per quelle attività che,

più di ogni altra, possono rendere difficile l'individuazione dell'interesse pubblico

o utilità sociale.

54

Allo stato attuale, tuttavia, nessuna regione ha ancora messo mano alla disciplina

delle materie elencate nell'art. 19 d.P.R. 616 del 1977 e nelle varie disposizioni

contenute nel d.lgs 112 del 1998 il cui esercizio della funzione è stato trasferito ai

comuni. Dopo la legge Cost. 3 del 2001 diverse regioni si sono cimentate nel

ridisciplinare l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, ma

l'hanno fatto usando come canovaccio la legge 28711991 che, a livello nazionale,

era stata a suo tempo emanata a fini di programmazione commerciale. Ma nessuna

di queste regioni ha previsto la disapplicazione delle disposizioni contenute nel

Tulps per la regolamentazione dell'attività contenuta nell'art.86. Anzi, la Regione

Veneto con la recente l.r. 29/2007 ne ha fatto proprio il sistema sanzionatorio

contenuto negli artt.

17

bis e seguenti.

E dire che la fine del monopolio statale del diritto consentirebbe l'emergere,

accanto allo Stato apparato, di una molteplicità di istituzioni distinte, espressive di

variegate realtà sottostanti, tra le quali vengono a collocarsi anche le comunità

locali: il pluralismo istituzionale, in altri termini, si configura quale una delle

54

Interessanti a tale proposito le considerazioni espresse da Andrea Bitetto

su

Problemi

interpretativi e applicativi in tema di liberalizzazione del commercio. astrid Rassegna

www.astrid-online.it 29 maggio 2008 pag. 8

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manifestazioni, articolata sulla base dell'elemento territoriale, di quel pluralismo

sociale che connota lo Stato democratico contemporaneo.

55

16. Semplificazione a carattere generale

E'

stato affermato che

il

d.P.R.

311

del 2001

è

un decreto complesso e

sono stati individuati

alcuii.i

motivi che giustificano l'affermazione. Tuttavia, ci

sono ulteriori contenuti nel d.P.R. 311 del 2001 che presentano elementi di

criticità.

La prima osservazione riguarda l'art. 2 la cui rubrica recita "Semplificazioni a

carattere generale"; dispone

i l

comma l che:

l

Al regolamento di esecuzione del testo unico

18

giugno 1931,

n.

773, delle

leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635,

sono apportate le seguenti modificazioni:

a)

all'articolo 11 sono aggiunti i seguenti commi:

In deroga a quanto previsto dall'articolo 13 della legge, le autorizzazioni di cui al

titolo III della stessa legge

56,

la cui durata non sia già stabilita da altre leggi statali

o regionali, hanno carattere permanente, salvo che

si

riferiscano ad attività da

svolgersi per un tempo determinato."

Si tratta di una disposizione assolutamente innovativa in relazione al fatto che,

precedentemente, tutte le autorizzazioni o licenze, avevano durata annuale e, per

essere rinnovate, era necessario provvedere al pagamento della tassa di

concessione che ne prorogava la validità. Quanto appare decisamente strano, in

relazione alla disposizione in esame

è

che, nonostante i l d.P.R.

311

del 2001 sia

stato emanato al sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 40011988

57

, non è

55

Sulla nozione di autonomia costituzionale delle comunità locali, in un'ottica volta a evidenziare

la connessione con il principio pluralistico, v. in particolare Rolla G., L'autonomia costituzionale

delle comunità territoriali.

Tendenze

e problemi, in Groppi T. (a cura di), Principio di autonomia e

forma dello

Stato

Giappichelli, Torino, 1998 15 ss.

56

Il titolo m del Tulps contiene le disposizioni relative agli spettacoli, esercizi pubblici, agenzie,

tipografie, affissioni, mestieri girovaghi, operai e domestici.

57

Il comma 2 dell'articolo 17 della legge 400/1988, disciplina l'emanazione dei regolamenti di

delegificazione. Specificatamente, dispone che:

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stato abrogato,

rectius

modificato contestualmente, l'articolo 13 del Tulps che

dispone la validità annuale delle autorizzazioni di polizia.

Ulteriore comma dispone che:

"Nel caso di trasferimento di taluna delle attività di cui al titolo III della legge in

locali diversi da quelli per i quali l'autorizzazione è stata rilasciata, o

di

sostanziali

modificazioni degli stessi, restano in vigore le disposizioni di legge o di

regolamento che subordinano l'esercizio dell'attività alla verifica di idoneità,

comunque definita, dei locali medesimi."

La finalità di questa disposizione è assolutamente oscura. Infatti, l'articolo 71 del

Tulps dispone che "le licenze di cui agli articoli precedenti

58

,

sono valide

solamente per i l locale e per il tempo in esse indicati". In pratica, ogni

trasferimento deve essere preventivamente autorizzato. Alla stessa stregua, gli

articoli 152 e 153 del regolamento Tulps prevedono rispettivamente l'obbligo di

indicare nella domanda l'ubicazione del locale e la sua insegna; la licenza può

essere rifiutata o revocata per ragioni di igiene o quando la località o la casa non si

prestino ad essere convenientemente sorvegliate". In sostanza, dal combinato

disposto degli articoli 152 e 153 regolamento Tulps si evince inequivocabilmente

che ogni variazione di sede presuppone il rilascio di nuova autorizzazione che

potrà essere concessa se sono rispettate le relative condizioni. Non pare, in

pratica, che nel sopraindicato comma o nelle novità complessivamente introdotte

dal d.P.R.

311

del 2001 siano stati apportati elementi tali da rendere necessario

riconfermare l'obbligo

di

verifica (e quindi di rispetto) delle disposizioni di legge

e di regolamento eventualmente previste per l'esercizio dell'attività.

Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri,

sentito il Consiglio Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte

da riserva assoluta di legge prevista dalla costituzione, per le quali le leggi della Repubblica,

autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali

regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in

vigore delle norme regolamentari.

58

La disposizione riguarda le autorizzazione per l'attività

di

intrattenimento e di pubblico

spettacolo disciplinate dagli articoli

68

e 69, ovvero quelle oggetto del presente approfondimento.

84

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17. Autocertificazione e controlli

La lettera b) del comma l dell'articolo 2 del d.P.R. 311 del 2001 novella

l'articolo 12 del regolamento Tulps. Detto articolo dispone, in particolare,

al

primo e secondo comma che:

''Per la documentazione necessaria a comprovare il possesso nel richiedente dei

requisiti personali e l'adempimento delle altre condizioni prescritte si osservano le

disposizioni in vigore in materia di semplificazione delle certificazioni

amministrative."

Relativamente

al

primo comma, va sottolineata la coerenza del legislatore che

accentua, riproponendolo in questo articolo, il diritto ali' autocertificazione. Del

resto, il d.P.R. 28 dicembre 2000,

n.

445, Testo unico delle disposizioni legislative

e regolamentari in materia di documentazione amministrativa era entrato in vigore

da soli pochi mesi e, di conseguenza, appare giustificata una enfatizzazione delle

procedure. Ciò che, invece, non può essere ritenuto condivisibile

è

quanto dispone

il successivo comma:

È

fatta salva la facoltà dell'amministrazione di verificare d'ufficio la sussistenza

dei presupposti e dei requisiti prescritti e di disporre, se ne ricorrono i presupposti,

con provvedimento motivato, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione

dei suoi effetti."

La perplessità connessa

al

contenuto di questa disposizione

è

motivata dal fatto

che l'articolo 71 "Modalità dei controlli" del d.P.R. 445 del 2000 prevede, al

primo comma, che:

l.

Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche

a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle

dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47."

Il comma l dell'articolo

71

dispone con assoluta chiarezza che le amministrazioni

procedenti sono tenute ad effettuare i controlli sulle dichiarazioni sostitutive di cui

agli articoli 46 e 47. La norma, allora, dispone un comportamento obbligatorio e

cogente. Le amministrazioni sono obbligate ad effettuare i controlli sulle

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dichiarazioni: non si tratta di una facoltà, ma di un dovere d'ufficio, che completa

l'iter procedimentale anche se

il

controllo interviene dopo che

il

provvedimento

sia già stato emanato. Le amministrazioni, pertanto, non possono scegliere se

effettuare o meno i controlli, in quanto

si

tratta di un adempimento assolutamente

doveroso.

Il medesimo comma l precisa, peraltro, ed a maggior ragione, che i controlli

debbono essere effettuati "in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi" sulla

veridicità delle dichiarazioni. Quindi, se il responsabile del procedimento ritiene

possibile o probabile che la dichiarazione ricevuta sia falsa, deve necessariamente

procedere al riscontro successivo. La norma sembra suggerire, tuttavia, il dovere

di esplicitare con una congrua motivazione il fondamento del dubbio sulla

veridicità della dichiarazione.

Il comma l dell'articolo 71 (Modalità dei controlli) del d.P.R. 445 del 2000 si

completa con un'altra importante affermazione, che ha indotto alcuni a ritenere

che i controlli siano un adempimento sostanzialmente eventuale, tenuto conto che

la norma consente l'effettuazione dei controlli a campione.

Dalla lettura, dall'interpretazione e dalla finalità della norma, invece, si desume

tutt'altro. In sostanza, si deduce che quanto è facoltativo è proprio il controllo con

la metodologia del campione. Non si spiegherebbe, se così non fosse, il testo della

disposizione, che prescrive "le amministrazioni procedenti sono tenute ad

effettuare idonei controlli, anche a campione ...

.

L'utilizzo dell'inciso anche fa

comprendere che per le amministrazioni è possibile, se lo ritengono opportuno,

non effettuare i controlli su tutte le dichiarazioni, ma questo non significa che

- l'adempimento del controllo sia divenuto esso stesso una facoltà. In pratica, il

controllo a campione è solo un metodo di svolgimento del riscontro, di tipo

statistico

59

; è questo il motivo per il quale il d.P.R.

311

del 2001, che prevede

esplicitamente la mera facoltà della verifica dei requisiti, non pare coerente con

l'intero sistema di semplificazione che, se da un lato ha sottratto al cittadino

59

Oliveri

L., I controlli sulle dichiarazioni sostitutive, ai sensi del Testo unico sulla

documentazione amministrativa,

in www .lexitalia.it

86

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l'adempimento di obblighi formali, quale quello di andare nei diversi uffici e

richiedere l'estrazione di certificati, dall'altro ha trasferito alla PA l'onere di

verificare la veridicità di quanto asserito e, quindi, il possesso dei requisiti di volta

in volta richiesti dalle diverse disposizioni di riferimento.

Del resto, l'ultimo comma dell'art.

18

(Autocertificazione) della legge 241/1990

prevede che:

"3. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli

stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica

amministrazione é tenuta a certificare."

Integra la disposizione della legge sul procedimento il d.P.R. 26 aprile 1992,

n.

300 "Regolamento concernente le attività private sottoposte alla disciplina degli

articoli

19

e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241." Il comma 2 dell'articolo 3 del

d.P.R. 300/1992, dispone che:

2 . La denuncia e la domanda devono identificare le generalità del richiedente e

le caratteristiche specifiche dell'attività da svolgere; inoltre, alla denuncia o alla

domanda deve essere allegata una dichiarazione del richiedente che indichi la

sussistenza dei presupposti, ivi compreso il versamento di eventuali tasse e

contributi, e dei requisiti prescritti dalla legge per lo svolgimento di quell'attività.

quando la legge richieda particolari requisiti soggettivi, la denuncia e la domanda

devono contenere anche i dati necessari per verificare il possesso o

conseguimento dei requisiti stessi."

In sostanza, la legge 24111990 che disciplina il procedimento amministrativo

prevede, all'articolo 18, che la PA acquisisce d'ufficio gli atti e documenti

necessari all'istruttoria procedimentale. Inoltre, la verifica dei requisiti dichiarati

dal proponente

è

effettuata dalla medesima P

A,

in base all'art. 3 d.P.R. 30011992

che, in particolari situazioni può effettuare tale verifica, a campione.

La disposizione contenuta nel d.P.R. 311 del 200 l che dà facoltà alla PA di

effettuare le verifiche sui requisiti, in sostanza,

è

totalmente estranea non solo al

quadro normativa in materia di semplificazione appena delineato ma anche allo

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spirito che ha caratterizzato la stagione delle riforme. Infatti, obiettivo di ogni

legge di semplificazione è stato quello di eliminare gli oneri a carico delle imprese

al fine di aumentarne la produttività e la competitività anche trasferendo sulla PA

la responsabilità ad effettuare i controlli. Mai, in sostanza,

si

è operato nel senso

di sorvolare sull'accertamento dei requisiti e dei presupposti per l'esercizio delle

attività disciplinate dalla legge. Quando, poi, l'attività rientra tra quelle

disciplinate dal Tulps, anche se nella materia della polizia amministrativa,

l'omissione di ogni approfondito controllo risulta addirittura inopportuna in

relazione al fatto che i l medesimo Tulps affida alla PA competente una

valutazione discrezionale con riferimento a i requisiti di onorabilità previsti dal

secondo comma dell'art. 11 del testo unico in questione.

18.

Commissione comunale e commissione provinciale

L'articolo 4 del d.P.R.

311

del 2001, istituisce la commissione comunale

di vigilanza pubblico spettacolo assegnando alla stessa specifiche funzioni diverse

da quelle assegnate alla commissione provinciale. Composizione e funzioni della

commissione comunale saranno esaminate, in maniera approfondita, nel prossimo

capitolo. Quanto interessa qui evidenziare è che lo scenario normativa nel

momento in cui si è messa mano alla modifica del regolamento Tulps è

estremamente complesso. Infatti, dall'articolo 158 del d.lgs 112 del 1998 è stata

data definizione alla materia della polizia amministrativa operando la distinzione,

peraltro già elaborata dalla Corte costituzionale, con la materia della pubblica

sicurezza. Pochi mesi dopo rispetto alla pubblicazione in Gazzetta del d.P.R.

311

del 200 l avvenuta il 2 agosto 200 l è entrata in vigore la legge costituzionale 18

ottobre 2001, n. 3 "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione"

che è stata pubblicata nella GU n. 248 del 24 ottobre 2001 a seguito del

referendum confermativo sul testo della legge costituzionale approvato dal

Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale

n.

59 del

12

marzo 2001. Con

tale legge costituzionale è stata sottratta allo Stato la potestà legislativa in materia

88

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di polizia amministrativa e la contestuale potestà regolamentare nelle diverse

materie che viene, adesso, assegnata al soggetto che esercita la funzione.

Nonostante questo quadro ben delineato,

i l

Ministero dell'Interno al quale il

terzultimo comma dell'articolo

19

del d.P.R. 616 del 1977 riconosce che "In

relazione alle funzioni attribuite

ai

comuni il Ministero dell'interno, per esigenze

di

pubblica sicurezza, può impartire, per il tramite del commissario del Governo,

direttive ai sindaci che sono tenuti ad osservarle" interviene con una circolare

interpretativa sui contenuti del d.P.R.

311

del2001 per la parte relativa

ai

soggetti

che ai sensi della novella del regolamento Tulps possono certificare, mediante una

relazione tecnica,

i l

rispetto delle condizioni di solidità, di sicurezza e di igiene

dei locali o degli impianti destinati all'attività

di

trattenimento e pubblico

spettacolo.

60

E dire che, a tale proposito, la Corte costituzionale con la sentenza

60

Ministero dell'interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Ufficio per gli affari della polizia

amministrativa e sociale. Nota 11 febbraio 2003, n. 557/B.363.12982(3) D.P.R. n. 311 del 28

maggio 2001 - Chiarimenti "Come è noto, il D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, recante il

Regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento

di attività disciplinate dai Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonché al riconoscimento

della qualifica di agente di pubblica sicurezza, ha introdotto rilevanti modifiche incidenti sui

procedimenti autorizzatoti di polizia.

Con riferimento al settore specifico dei procedimenti concernenti i locali di pubblico spettacolo,

una novità, con evidente intento semplificatorio dell'attività delle commissioni ai vigilanza,

è

data

dalla possibilità, prevista dal testo novellato dell'an. 141 del Regolamento di esecuzione al Tulps,

che, per i locali e gli impianti con capienza complessiva pari o inferiore a 200 persone, le verifiche

e gli accertamenti siano sostituiti da una relazione tecnica dì un professionista iscritto nell'albo

degli ingegneri o nell'albo dei geometri che attesti la rispondenza dei locale o dell'impianto alle

regole tecniche stabilite con decreto dei Ministro dell'Interno.

A tale riguardo numerosi Uffici Territoriali del Governo hanno sollevato dubbi interpretativi: in

particolare è stata posta all'attenzione dello scrivente Ufficio la questione circa l'esatta

individuazione della normativa di riferimento per il professionista chiamato ad effettuare le

verifiche.

Questo Dipartimento, attesa la valenza generale della problematica, nonché l'esigenza

di

garantire

una uniforme applicazione delle norme da parte degli uffici periferici di questa Amministrazione,

ha ritenuto opportuno acquisire le valutazioni del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso

Pubblico e della Difesa Civile.

Il cennato Dipartimento, nel rendere noto il proprio avviso, ha rappresentato che il quadro

normativa di riferimento, anche per i locali ed impianti con capienza complessiva pari o inferiore a

200 persone, è dato dalla regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed

esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo, approvata con decreto del Ministro

dell'Interno D.M. 19 agosto 1996.

Tale fonte normativa infatti contiene disposizioni di prevenzione incendi riguardanti sia la

tipologia di locali con capienza superiore a 100 persone (art.

l,

comma

l,

punto e)) sia quella con

capienza non superiore a 100 persone (art, l, comma 3), cui si applicano le disposizioni del titolo

XI dell'allegato allo stesso decreto.

89

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7711987 si

era già espressa nel senso che l'art.

19,

III comma del d.P.R.

616

del

1977

non

è

lesivo degli artt. 5 e

128

Cost. posti a salvaguardia delle autonomie

locali, perché l'ingerenza dello Stato sulle attività previste nel suddetto art. 19

avviene mediante direttive generali, in via preventiva e per il perseguimento

di

esigenze di sicurezza e ad opera

di

organi istituzionalmente preposti alla cura di

questo tipo di interessi pubblici; il che, in una visione armonica e coordinata delle

funzioni pubbliche appare perfettamente conforme

ai

principi costituzionali.

Problema certamente diverso, affermava peraltro la Corte, é quello secondo cui

l'emanazione delle direttive potrebbe essere utilizzata dallo Stato con riferimento

ad esigenze diverse da quelle che riguardano la sicurezza pubblica ma in

evenienze del genere si sarebbe in presenza

di

un cattivo uso del potere conferito

dalla norma.

19.

La

Costituzione economica si consolida

A metà del guado, tra l'emanazione del d.P.R.

311

del

2001

che novella il

regolamento Tulps e la modifica titolo V Cost, con la sentenza

n.

290

del

26

luglio 2001, la Corte costituzionale, entra nuovamente nel merito della distinzione

tra polizia amministrativa e pubblica sicurezza.

La funzione di polizia

di

sicurezza, ha osservato la Corte, richiamando una propria

precedente sentenza, la n. 218 del 1988 e a Costituzione invariata, riguarda le

misure preventive e repressi ve dirette

al

mantenimento dell'ordine pubblico e,

pertanto, si riferisce alla attività di polizia giudiziaria e a quella di pubblica

Lo stesso Dipartimento, nella medesima occasione, ha altresì chiarito che, nelle more dell'adozione

del decreto interministeriale con i l quale devono essere individuati i livelli di sollecitazioni fisiche

prodotte da attrezzature meccaniche o elettromeccaniche, il cui superamento radica la competenza

della commissione provinciale di vigilanza, possano ritenersi in vigore e dunque applicabili, per

tutto ciò che non attiene alla prevenzione incendi, le disposizioni diramate con la circolare n. 16

del1951.

Si coglie, infine, l'occasione per richiamare l'attenzione di codesti uffici sulla recentissima

pubblicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 6 novembre 2002,

n. 293 (Gazzetta

Ufficiale della Repubblica Italiana n. l del 2 gennaio 2003 Serie generale) con il quale,

modificandosi ancora l'art.

141

del Regolamento di esecuzione

al

Tulps, anche le figure

professionali degli architetti e dei periti industriali (art. l comma

l)

sono state ammesse ad

espletare le attività di verifica e di accertamento prima rimesse solo agli ingegneri ed ai geometri.

Tanto si rappresenta quale contributo per i conseguenti adempimenti di codesti Uffici."

90

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sicurezza; la funzione di polizia amministrativa riguarda, diversamente, l'attività

di

prevenzione e repressione diretta ad evitare danni o pregiudizi a persone o cose

nello svolgimento di attività rientranti nelle materie affidate alla competenza

regionale. L'art. l della legge

15

marzo 1997,

n.

59, ha delegato

il

Governo ad

emanare uno o più decreti legislativi volti a conferire alle Regioni e agli enti locali

funzioni e compiti amministrativi (comma

1),

estendendo l'ambito del

conferimento alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle

comunità locali, nonché allo svolgimento di tutti i compiti e

di

tutte

le

funzioni

localizzabili nei rispettivi territori, in atto esercitati da qualunque organo o

amministrazione dello Stato, centrali o periferiche, ovvero tramite enti o altri

soggetti pubblici (comma 2).

n

medesimo

art. l, al

comma

3,

lettera

1),

ha tuttavia

escluso dal conferimento le funzioni e i compiti riconducibili alla materia

dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica.

L'art. 159, comma

2, del d.lgs. n. 112 del 1998 precisa, poi, che le funzioni e i

compiti amministrativi relativi all'ordine pubblico e alla sicurezza pubblica

concernono le misure preventive e repressive dirette

al

mantenimento dell'ordine

pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli

interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella

comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro

beni.

E'

opportuno chiarire che tale definizione nulla aggiunge alla tradizionale

nozione

di

ordine pubblico e sicurezza pubblica tramandata dalla giurisprudenza

della stessa Corte, nella quale la riserva allo Stato riguarda le funzioni

primariamente dirette a tutelare beni fondamentali, quali l'integrità fisica o

psichica delle persone, la sicurezza dei possessi ed ogni altro bene che assume

primaria importanza per l'esistenza stessa dell'ordinamento. E' dunque in questo

senso che deve essere interpretata la locuzione "interessi pubblici primari"

utilizzata nell'art. 159, comma

2:

non qualsiasi interesse pubblico alla cui cura

siano preposte le pubbliche amministrazioni, ma soltanto quegli interessi

essenziali al mantenimento di una ordinata convivenza civile. La precisazione,

conclude la Corte, é necessaria ad impedire che una smisurata dilatazione della

nozione di sicurezza e ordine pubblico si converta in una preminente competenza

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statale in relazione a tutte le attività che vanificherebbe ogni ripartizione di

compiti tra autorità statali di polizia e autonomie locali.

Del resto, precisa ancora la Corte, lo stesso art. 159 del decreto legislativo 112 del

1998,

al

comma

l,

definisce le funzioni e i compiti di polizia amministrativa

regionale e locale, alle quali riconduce le misure dirette

ad

evitare danni o

pregiudizi che possono essere arrecati a soggetti giuridici e alle cose nello

svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate le

competenze, anche delegate, delle Regioni e degli enti locali, purchè non siano

coinvolti beni o interessi specificamente tutelati in funzione dell'ordine pubblico e

della sicurezza pubblica, poichè in questo caso si esulerebbe dai compiti di polizia

amministrativa e si ricadrebbe in un ambito di attività riservate allo Stato.

Ma ancor di più è definitoria la Corte costituzionale nel momento in cui, a

conclusione delle sue argomentazioni, asserisce che "quando venga in

considerazione l'attività dei privati a contenuto economico, nelle svariate forme

giuridiche nelle quali essa può manifestarsi, la scelta di larga massima compiuta

dal legislatore, [ ...] stata quella di rimettere ogni valutazione agli organi che sono

espressione diretta o indiretta della comunità locale, sulla non irragionevole

premessa che siano in primo luogo questi, per la loro maggiore vicinanza alle

popolazioni amministrate, ad averne a cuore lo sviluppo economico, in

applicazione del principio di sussidiarietà, la cui realizzazione costituisce uno dei

principali obiettivi della legge di delegazione. Ciò non significa che l'ambito delle

competenze statali nel rapporto tra attività economica e sicurezza pubblica sia

stato interamente soppresso: esso, nel confine mobile segnato dalle opzioni del

legislatore in materia di controlli sullo svolgimento delle attività economiche, si é

tuttavia considerevolmente ridotto. E' infatti rimasto integro il potere generale di

prevenzione e repressione dei reati, ma si é venuta ridimensionando quella sua

proiezione provvedimentale, che si esprimeva in misure direttamente incidenti

sull'attività economica, per dar luogo a un nuovo equilibrio di poteri tra Stato ed

autonomie che vede riservato al primo l'adozione di misure ablatorie, preventive e

repressive, sulla base peraltro di procedimenti interamente giurisdizionalizzati in

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t6

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CAPITOLO TERZO

LA SICUREZZA DEI LOCALI E LUOGHI PUBBLICI

SOMMARIO: l. Il comportamento penalmente sanzionabile. - 2. La normativa

antincendio. -

3.

L'articolo 80 del Tulps. - 4 La disciplina della materia. - 5. Il

silenzio assenso per atti discrezionali. - 6. La sicurezza. - 7. Il Certificato di

prevenzione incendi (CPI). - 8.

Il

CPI e l'agibilità (in senso lato). -

9.

La regola

tecnica: le origini. - 10. Specifica, norma e regola tecnica. - 11. Il teatro come

struttura. - 12. La regola tecnica di prevenzione incendi per i locali di pubblico

spettacolo. - 13. La commissione di vigilanza pubblico spettacolo. - 14. La

commissione comunale. - 15. La composizione della commissione. - 16. La

competenza del sindaco. -

17.

La soppressione delle commissioni inutili. -

18.

Le

competenze tecniche della commissione. - 19. La conferenza dei servizi in luogo

della commissione. - 20. L'attività della conferenza.

l. Il comportamento penalmente sanzionabile

L'articolo

681

1

(Apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o

trattenimento) del codice penale, dispone che:

"Chiunque apre o tiene aperti luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o

ritrovo, senza avere osservato le prescrizioni dell'autorità a tutela della incolumità

pubblica, è punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda non inferiore a

euro 103".

Questa disposizione è una norma penale in bianco, perché non è applicabile se,

nel caso concreto, non siano state emanate prescrizioni dell'Autorità a tutela

dell'incolumità pubblica. L'articolo 681, quindi, ha carattere meramente

sanzionatorio. Commette contravvenzione, pertanto, colui il quale apre o tiene

1

Il codice penale attualmente in vigore in Italia è il frutto di un percorso legislativo durato 5 anni,

dal4 dicembre 1925, giorno in cui venne pubblicata la legge n. 2260 con la quale il governo venne

delegato ad emendare

il

codice penale allora in vigore (cd. codice Zanardelli), al 19 ottobre 1930

giorno in cui venne promulgato i l codice, realizzato tecnicamente sotto la direzione di Vincenzo

Manzini, con r.d. 19 ottobre 1930, n. 1398, pubblicato sulla GU del 26 novembre 1930,

n.

251,

SO. Il regio decreto di promulgazione riporta in calce le firme del Re d'Italia Vittorio Emanuele

III, dell'allora Capo del Governo Benito Mussolini, e del Ministro della Giustizia (Guardasigilli)

Alfredo Rocco di cui i l codice porta il nome.

95

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aperti luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento e ritrovo, senza aver osservato

le prescrizioni.

E'

interessante osservare che l'art. 681, così come strutturato, di fatto

si

pone in

rapporto di specialità con l'art. 9 Tulps il quale pure punisce l'inosservanza delle

prescrizioni imposte in sede

di

rilascio dell'autorizzazione. In sostanza,

i l

legislatore ha preso coscienza che l'art. 9 Tulps appena citato è posto a presidio di

prescrizioni "amministrative"; mentre l'art. 681 c.p. tutela prescrizioni collegate

alla pubblica incolumità (e da qui, la sanzione penale più severa per quest'ultima

norma).

2

Il fatto consta

di

due elementi. Il primo

è

commissivo che può concretarsi tanto

con un'azione: l'aprire, quanto con un'omissione, ovvero il tenere aperti. L'altro

elemento è omissivo e consiste in una omissione, ovvero non fare ciò che

l'Autorità ha prescritto o in una azione: fare ciò che non si deve fare?

L'art.

681 c.p. si propone di tutelare la pubblica incolumità e di prevenire

eventuali danni o lesioni alle persone che frequentano esercizi pubblici, mediante

la prescrizione dell'osservanza

di

disposizioni amministrative volte allo scopo

sopraindicato, le quali devono essere osservate ogniqualvolta, per i motivi più

gravi, vengano poste in essere le condizioni che favoriscano l'afflusso in un dato

luogo di

un

numero considerevole di persone.

4

I luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o ritrovo citati nella disposizione,

sono tutti quelli, all'aperto o al chiuso, comunque destinati ad ospitare il pubblico

per ragione

di

divertimento o per qualsiasi altro motivo. Di conseguenza,

concettualmente dovrebbero essere assoggettati a tale norma anche i pubblici

esercizi, i circoli, le chiese e le scuole, Tuttavia, la disciplina amministrativa di

polizia (amministrativa), presupposto dell'art. 681 che ha carattere esclusivamente

2

In tal senso Cass. Pen, Sez. I, sentenza 7 aprile 2005

n.

13055

3

Manzini V., Trattato diritto Pen. italiano, Vol. 10, UTET, Torino 1986, p. 553

4

Trib. Massa, 6 agosto 2003 Paletti Riv. pen. 2003, 1017 in www.jurisdata

96

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sanzionatorio

fa

riferimento esclusivamente ad una certa tipologia di locali.

5

Infatti, l'art. 80 del Tulps dispone che:

"L'autorità di pubblica sicurezza non può concedere la licenza per l'apertura di un

teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una

commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite

pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio".

n codice penale del 1859 e quello toscano del 1853 non contenevano alcuna

norma dal medesimo contenuto. Una disposizione simile a quella oggi presente

nel codice penale, invece, apparve per la prima volta nel progetto di codice penale

del 1887

al

fine

di

prevenire gli incendi nei teatri che, ali' epoca, si manifestavano

con una certa frequenza a causa, soprattutto, dei mezzi di sicurezza. Ciò che

i l

legislatore, comunque, nel 1930 ha voluto fare, è stato di tenere distinto, rispetto

al codice precedente del 1889, il reato previsto dall'art. 681, il quale espone a

pericolo la pubblica incolumità, dalle altre contravvenzioni concernenti gli

spettacoli, trattenimenti o ritrovi pubblici e specialmente dal reato previsto

dall'articolo 666

6

che riguarda contravvenzioni relative all'ordine pubblico e la

tranquillità pubblica. Sottolineare questa distinzione che la dottrina

7

, fin dalla

stesura del codice ha voluto svolgere, non è di poco conto, perché qualifica

inequivocabilmente una materia che è stata, e sempre sarà, di competenza

esclusiva dello Stato.

n bene-interesse che l'art. 681 c.p. intende proteggere è, quindi, quello

dell'incolumità pubblica ed in tale nozione va ricompresa non soltanto la vita

umana ma anche l'integrità fisica e la salute delle persone. Non è un caso, quindi,

se la violazione dell'art. 681 è rimasta ancora, dopo le due leggi di

depenalizzazione, sanzionata penalmente mediante arresto o ammenda; mentre

per la violazione all'art. 666 c.p. che punisce colui il quale dà spettacoli o

5

Manzini V.,

Trattato diritto

Pen. Italiano cit. p. 554

6

L'art. 666 Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza, dispone che "Chiunque, senza la

licenza dell'Autorità, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, dà spettacoli o

trattenimenti di qualsiasi natura, o apre circoli o sale da ballo o

di

audizione, è punito con

l'ammenda da lire ventimila a un milione."

7

Manzini V.,

Trattato diritto

Pen.

italiano,

cit, p. 553

97

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trattenimenti

di

qualsiasi natura, in carenza di autorizzazione, oggi è soggetto

soltanto

al

pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria

8

• Evidentemente,

secondo il legislatore, la tutela dell'ordine pubblico che l'art. 666 persegue, inteso

come condizione di pacifica convivenza, di buon assetto e regolare andamento del

vivere civile, necessita di minor tutela rispetto all'incolumità pubblica. Del resto,

il ricordo dell'incendio del cinema Statuto di Torino è ancora troppo intenso

perché si possa soltanto immaginare una disciplina o una sanzione di minor

rigore.

In

sostanza, tralasciando ogni possibile riferimento alla più recente

depenalizzazione, va posto in rilievo che, nonostante gli articoli 666 e 681 trovino

collocazione tra le contravvenzioni concernenti la polizia

di

sicurezza, diverso è

l'oggetto specifico dei due reati. L'interesse oggetto di tutela nella

contravvenzione di cui all'art. 666 è la pubblica tranquillità o ordine pubblico,

mentre quello tutelato dall'art.

681

è la pubblica incolumità. Certamente la rubrica

di quest'ultimo: "Apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o

trattenimento" non aiuta nel tentativo di ricostruire una interpretazione coerente

al

mutato quadro normativo rispetto all'epoca in cui il codice è stato elaborato,

anche perché sussiste il dubbio su quale sia l'Autorità le cui prescrizioni devono

essere osservate.

E' indubbio,

al

di là di quest'ultima osservazione, come il bene giuridico tutelato

(la pubblica incolumità) abbia indotto da sempre la giurisprudenza, facendo leva

anche sulla rubrica dell'articolo ove si parla testualmente di "apertura abusiva di

luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento" ad operare un'interpretazione

estensiva del precetto e a considerare applicabile l'art. 681 c.p. anche in caso di

apertura abusiva tout court di un locale, cioè in assenza della licenza di agibilità.

9

8

La sanzione per la violazione all'art. 666 c.p.

è

stata depenalizzata dall'art. 49, d.lgs. 30 dicembre

1999,

n.

507.

9

Tra le altre, Cass. Pen., Sez. I, sentenza 26 settembre 2006

n.

31571.

98

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2. La

normativa antincendio

Prima ancora di prendere dettagliatamente in esame quali sono i locali di

pubblico spettacolo o di trattenimento o di ritrovo soggetti alla disciplina dell'art.

681

c.p. e dell'art. 80 Tulps, non è superfluo evidenziare che la prima norma in

materia

di

prevenzione incendi

è

stata emanata soltanto nel settembre del 1934 e,

quindi, ben quattro anni dopo l'entrata in vigore del codice penale. Si trattava del

d.m.

31

luglio 1934 "Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione,

l'immagazzinamento, l'impiego o la vendita di olii minerali, e per il trasporto

degli stessi". Mentre

è

dell'anno successivo i l regio d.l. 10 ottobre 1935, n. 2472

"Organizzazione provinciale e coordinazione nazionale dei servizi pompieristici".

La prima legge organica in materia, comunque,

è

la legge

27

dicembre 1941

n.

1570 che detta "Nuove norme per l'organizzazione dei servizi antincendi"

10

Questa legge, che

è

rimasta in vigore fino a tempi recentissimi

11

,

prevedeva un

ruolo importante per il Ministero dell'Interno che, in base all'art. 28, era tenuto a:

a) dare le direttive generali per la prevenzione e l'estinzione degli incendi e per i

soccorsi tecnici in genere;

b) impartire le istruzioni di massima per l'acquisto ed

i l

collaudo dei materiali,

tenendo presenti i criteri della unificazione;

c) compiere gli studi e decide sulle questioni tecniche ed organizzati ve di indole

generale;

d) stabilire, su proposta dei comandanti dei Corpi dei vigili del fuoco, quali

industrie, stabilimenti, depositi e simili, debbono avere servizio proprio

di

10

Successivamente sono state approvate disposizioni speciali per determinati tipi di immobili. Per

gli edifici storici la disciplina in materia antincendio è intervenuta, ad esempio, solo nel 1942 con

l'emanazione del r.d. 7 novembre 1942 n. 1564 "Approvazione delle norme per l'esecuzione, i l

collaudo e l'esercizio degli impianti tecnici che interessano gli edifici pregevoli per arte o storia e

quelli destinati a contenere biblioteche, archivi, musei, gallerie, collezioni e oggetti d'interesse

culturale." Questo decreto è stato quindi, successivamente integrato dalle disposizioni contenute

nel d.m. 20 maggio 1992 n. 569 "Regolamento contenente norme di sicurezza antincendio per gli

edifici storici e artistici destinati a musei, gallerie, esposizioni e mostre., in parte ancora in vigore".

Insomma, per la villa storica che viene adibita a sala convegni o vi vengono organizzate feste

danzanti, dovranno essere osservate le disposizioni speciali per gli edifici di pregio che il

legislatore ha espressamente individuato.

11

La legge 157011941, infatti,

è

stata abrogata dall'art. 35, d.lgs. 8 marzo 2006,

n.

139 con

esclusione di alcune specifiche disposizioni relative al personale.

99

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prevenzione e di estinzione incendi, la misura minima (personale e materiale) di

detto servizio, nonché le caratteristiche degli impianti e dei materiali;

e)

provvedere all'esame sperimentale e tecnico, nei riguardi della prevenzione

incendi, dei materiali da costruzione, macchinari, apparecchi e prodotti in genere;

f)

sorveglia l'andamento

di

ciascun Corpo dei vigili del fuoco.

Ed è, quindi, anche

12

in base a questa specifica attribuzione che viene diramata dal

Ministero dell'interno, la circolare

16

gennaio 1949,

n.

6 con oggetto:

"Organizzazione e disciplina dei servizi pubblici per la prevenzione degli

incendi". Lamenta il Ministero, nella citata circolare, che nonostante le

attribuzioni previste dalla legge

157011941

siano ben definite, in periferia le

disposizioni non vengono rispettate. "Risulta a questo Ministero, si afferma, che

in molte province, la prevenzione incendi non viene effettuata, o che, da parte

delle autorità competenti alla concessione delle licenze di esercizio (autorità

comunali nei riguardi dell'esercizio commerciale e autorità di pubblica sicurezza

nei riguardi di polizia, ai sensi di legge), non sempre vengono osservate le

disposizioni di legge innanzi ricordate, mentre le medesime autorità hanno

obbligo, prima del rilascio delle licenze, di richiedere la visita ed il controllo, da

parte del comandante dei vigili del fuoco". Inoltre, si precisa ancora "Nelle

località ove le anzidette prescrizioni sono in tutto od in parte osservate, vengono

seguiti criteri diversi da una città all'altra, non sempre tali da offrire

le

necessarie

garanzie. Si rende pertanto necessano di unificare i criteri e le modalità per

l'espletamento dei compiti di cui ai citati articoli di legge, in materia di

prevenzione incendi. Verranno, quindi, con provvedimenti in corso, sancite

apposite disposizioni che contempleranno le prescrizioni di cui appresso, le quali

12

Il

Ministero dell'Interno dialoga costantemente con gli uffici periferici a mezzo

di

circolari, a

prescindere, quindi, dalle disposizioni normative che gli riconoscono tale facoltà. L'uso delle

circolari, tipico delle organizzazioni burocratiche, vengono utilizzate dai superiori per impartire

ordini e disposizioni ai loro subordinati. Dal punto di vista giuridico gli ordini e le disposizioni

contenute nella circolare hanno validità limitata all'ordinamento interno dell'organizzazione e non

trovano, quindi, applicazione nei confronti degli estranei che si rapportano con essa. Nella pratica

le circolari sono largamente utilizzate nelle amministrazioni pubbliche, i cui uffici interpretano ed

applicano le norme di legge secondo le indicazioni in esse contenute.

100

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dovranno essere obbligatoriamente osservate, con decorrenza immediata, sia dagli

enti pubblici che dai privati, sotto il rigoroso controllo delle SS.LL."

Infine, precisa il Ministero dell'interno: "Le competenti autorità, prima del

rilascio o del rinnovo della licenza agli impianti e depositi innanzi specificati, e

della licenza di abitabilità o di esercizio alle nuove costruzioni, dovranno

richiedere il prescritto nulla osta al comando dei vigili del fuoco, il quale dopo la

visita sopralluogo, rilascerà un apposito "certificato di prevenzione incendi" dal

quale risultino le prescrizioni da osservare e le condizioni di esercizio a cui deve

essere sottoposta la concessione della licenza per quanto riguarda

la

prevenzione

incendi. Nasce così quel documento, "il certificato di prevenzione incendi"

comunemente chiamato CPI che, ancora oggi, attesta che l'attività, sottoposta a

controllo, è conforme alle disposizioni di sicurezza vigenti in materia.

n Ministero dell'interno rispetta gli impegni assunti ed, infatti, solo due anni dopo

emana un'ulteriore circolare che, a tutt'oggi, viene adottata come parametro di

riferimento per le attività di trattenimento e svago. Si tratta della circolare

15

febbraio 1951, n. 16 contenente "Norme di sicurezza per la costruzione, l'esercizio

e la vigilanza dei teatri, cinematografi e altri locali di spettacolo in genere." In

pratica, da tale data, il ruolo che la commissione provinciale di vigilanza pubblico

spettacolo veniva a svolgere, e di cui si dirà tra breve, viene fortemente

ridimensionato, nel senso che un embrione di regola tecnica fornisce al

comandante provinciale dei vigili del fuoco un ruolo di primo piano all'interno

della commissione che, peraltro, è presieduta dal prefetto, da cui gerarchicamente

dipende il comandante dei vigili del fuoco. Questo ruolo da protagonista del

comandante viene mantenuto nel tempo e permane tuttora, anche a causa di un

equivoco che un legislatore distratto ha reso possibile.

3.

L'articolo 80 del Tulps

Prima dell'emanazione della disciplina in materia antincendio che ha

individuato, con precisione,

i

requisiti per la costruzione e l'esercizio dei locali in

101

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cui hanno luogo spettacoli o trattenimenti di qualsiasi genere o entità"'

3

che, come

si è evidenziato, è successiva sia al Tulps sia al codice penale, a garantire i l bene

giuridico che l'art. 681 c.p. intendeva e tuttora intende tutelare, vi provvedeva

l'art. 80 Tulps. Dispone, infatti, questa norma rimasta a tutt'oggi invariata che:

"L'autorità di pubblica sicurezza non può concedere la licenza per l'apertura di un

teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una

commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite

pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio.

Le spese dell'ispezione e quelle per i servizi di prevenzione contro gli incendi

sono a carico di chi domanda la licenza".

In sostanza, la commissione prevista dall'art. 141 del r.d. 6 maggio 1940 n. 635,

che approva il "Regolamento per l'esecuzione del testo unico

18

giugno 1931,

n.

773 delle leggi di pubblica sicurezza" fornisce i l necessario supporto tecnico di

cui questore o prefetto hanno la necessità, tenuto conto che ali' origine non

esisteva alcun parametro tecnico da prendere a riferimento per l'apertura di teatri,

cinema o comunque locali di pubblico spettacolo. Quest'ultimi, infatti, sono stati

introdotti soltanto con la circolare

n.

16

del 1951.

E'

evidente che il rilascio della

licenza per l'apertura del locale non poteva prescindere dai necessari accertamenti

tecnici, tenuto conto che gli stessi erano e sono tuttora il presupposto che

giustifica il procedimento autorizzatorio.

La composizione della commissione è strutturata dal medesimo art. 141, il quale

così originariamente disponeva:

Per

l'applicazione dell'art. 80 della legge è istituita in ogni provincia una

commissione permanente di vigilanza nominata ogni anno dal prefetto, che la

presiede.

13

La puntuale disciplina

è

contenuta nella già indicata circolare Ministero dell'interno 15 febbraio

1951, n. 16 nella quale, all'articolo 15, si afferma che: "le presenti norme riguardano la

costruzione e l'esercizio dei locali in cui hanno luogo spettacoli o trattenimenti di qualsiasi genere

o entità. Le norme generali di prevenzione incendi negli edifici

in

genere, nonché quelle previste

nei regolamenti locali edilizi e di igiene sono applicabili se e in quanto non contrastanti con le

presenti. Le norme stesse si applicano tanto

ai

locali in cui il pubblico è ammesso a pagamento

quanto a quelli in cui è ammesso ad invito."

102

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Ne fanno parte: il questore, il medico provinciale, un ingegnere del genio civile, il

comandante provinciale dei vigili del fuoco, un esperto in elettrotecnica, un

rappresentante degli esercenti locali di pubblico spettacolo ed un rappresentante

dell'organizzazione sindacale dei lavoratori dello spettacolo, designati dalle

organizzazioni sindacali locali riconosciute, nonché il podestà del comune in cui

trovasi o deve essere edificato il locale di pubblico spettacolo. Può essere

aggregato, ove occorra, un esperto in acustica.

Nel caso di impedimento di alcuno dei membri, questo è sostituito da chi ne fa le

veci o da altro funzionario espressamente designato, per i primi quattro membri,

l'esperto in elettrotecnica è sostituito da un supplente all'uopo designato, e i

rappresentanti degli esercenti locali di pubblico spettacolo e del sindacato dei

lavoratori dello spettacolo sono sostituiti dai delegati supplenti designati dalle

rispettive organizzazioni sindacali.

Il parere della commissione è dato per iscritto e deve essere adottato con

l'intervento di tutti i componenti."

Oggi la composizione della commissione è mutata ed anzi esistono due tipologie

di commissioni, una comunale ed una provinciale, ma su questo specifico organo

ci si soffermerà più avanti.

Anche se a prima vista l'articolo 80 Tulps pare non ponga particolari

problematicità, diverse sono, invece, le questioni connesse a questa disposizione

direttamente collegata con l'articolo 681 c.p.

4. La disciplina della materia

Con

il

d.P.R. 616 del 1977 e precisamente con l'articolo 19, sono state

trasferite ai comuni diverse attribuzioni. Tra queste, figura

al

n. 9) la licenza di

agibilità per teatri o luoghi di pubblico spettacolo di cui all'art. 80 e al punto l O) i

regolamenti del prefetto per la sicurezza nei locali di pubblico spettacolo.

14

14

La funzione è relativa all'art.84 Tulps (art. 82 T.U. 1926) il quale disponeva che: "I Prefetti

provvedono, con regolamenti da tenersi costantemente affissi in luogo visibile, al servizio d'ordine

e di sicurezza nei teatri e negli altri luoghi di pubblico spettacolo". L'articolo in questione è stato

abrogato dall'art. 6, d.P.R. 28 maggio 2001, n. 311.

103

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L'art 80 del Tulps prevede che non può essere concessa, prima dall'autorità di

pubblica sicurezza ora dal comune, la licenza per l'apertura

di

un teatro, di una

sala cinematografica o di altro locale di pubblico spettacolo prima di aver fatto

verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e

l'esistenza

di

uscite pienamente adatte a consentire prontamente lo sgombero nel

caso di incendio.

Rientrano, quindi, nell'ambito di questa previsione una molteplicità di luoghi e di

locali, dal parco di divertimenti all'ippodromo, dalla discoteca

al

night, dal teatro

al cabaret.

15

In sostanza, ciò che il legislatore intende perseguire attraverso questa norma, è che

ogni locale aperto

al

pubblico o luogo pubblico cui si accede, indifferentemente

gratuitamente o a pagamento, deve possedere quella serie di requisiti

espressamente previsti dalla normativa vigente in materia

di

sicurezza e di

incolumità pubblica.

16

Tra autorizzazione per l'attività

di

trattenimento o

di

pubblico spettacolo prevista

dali' art. 68 del Tulps e verifica

di

agibilità prevista dali' articolo 80, a dire il vero,

non

c'è

alcun rapporto

di

connessione diretta, nel senso che nonostante un locale

sia stato dichiarato agibile, i l richiedente può non essere in possesso dei requisiti

di

onorabilità previsti dali' articolo 11 del medesimo Tulps e, quindi,

l'autorizzazione gli dovrà essere negata. Sul fronte opposto, un'associazione

di

volontariato che intende organizzare un concerto in una palestra dovrà richiedere

15

Secondo V. Manzini, luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o ritrovo, sono tutti quelli,

chiusi o aperti, destinati ad accogliere il pubblico per ragione di divertimento o per altro motivo

qualsiasi che tenga liberamente riunito il pubblico per un certo lasso di tempo.

16

comunemente, alle diverse tipologie vengono assegnati i seguenti significati: Un luogo pubblico

è

uno spazio pubblico a cui può accedere chiunque senza alcuna particolare formalità, essendo

quello il suo scopo ed utilizzo normale e prevalente (ad esempio strade, piazze, giardini pubblici,

spiagge demaniali).

Un luogo aperto al pubblico è uno spazio in cui chiunque può accedere, limitatamente e

regolatamente a regole (che possono ad esempio essere un'orario d'apertura, il pagamento di un

biglietto d'ingresso, l'obbligo d'iscrizione ad un'associazione che lo gestisca) stabilite dal

proprietario (sia esso un privato o un ente pubblico) o da altre norme.

Un luogo esposto al

pubblico è uno spazio dove lo spazio stesso, ciò che vi si trova e ciò che vi

accade può essere esposto alla visione di un generico pubblico di persone.

104

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la verifica dell'agibilità dei locali, ma non avrà la necessità di essere autorizzata ai

sensi dell'art. 68 Tulps.

17

La prima questione che rileva, in relazione alla citata criticità connessa all'art. 80

Tulps

è

questa "licenza" prevista al punto 9) dell'articolo 19 del d.P.R. 616 del

1977 che, nei fatti, non esiste in quanto l'articolo 80 prevede esclusivamente una

verifica

18

che si inserisce all'interno di un procedimento autorizzatorio, ovvero

quello per il rilascio della licenza per l'attività di trattenimento.

19

In relazione ai decreti delegati emanati in attuazione della legge 22luglio 1975,

n.

382, sembra quasi che Governo e regioni si siano, all'epoca, mossi secondo una

logica politica più che giuridica, che è stata quella dei rapporti fra i centri di

potere, perdendo così di vista i l criterio di una coerente e globale applicazione

della ridistribuzione dei compiti e delle funzioni fra Stato, regioni ed enti locali

per settori organici di materie individuate in base ad un analisi delle funzioni

svolte.

20

Non si comprende come, altrimenti, il connubio tra verifica di solidità e sicurezza

prevista dall'articolo 80 Tulps e autorizzazione all'esercizio di un'attività

economica di trattenimento e svago prevista dali' articolo 68 del medesimo testo

unico abbiano potuto ambedue convivere nel pacchetto di funzioni conferite ai

comuni sotto l'egida di quella "categoria" la cui definizione si andava già

consolidando sotto il nome di "polizia amministrativa".

E'

evidente, infatti, che la

17

La Corte Cost. con sentenza 15 aprile 1970 n. 56 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 68 del

tulps e 666 c.p. nella parte in cui prescrivono che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al

pubblico e non indetti nell'esercizio di attività imprenditoriale, occorra la licenza del questore (ora

del comune).

18

Correttamente, infatti, nell'allegato l della legge 15 marzo 1997, n. 59, al n. 78 risulta inserita la

voce" Procedimento di dichiarazione di agibilità da parte della commissione provinciale di

vigilanza per i locali di pubblico spettacolo e trattenimento: testo unico delle leggi di pubblica

sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773"

19

In tal senso Romeo G., Locali di pubblico spettacolo, II ed. Maggioli, Repubblica di San

Marino, 2002, p. 89. Secondo Rubertis (de) N.,

La

legislazione di pubblica sicurezza, IV ed.,

Noccioli, Firenze, 1987, p. 503, sotto la denominazione "licenza di agibilità" s'intende

l'emanazione del provvedimento comunale qualificante in ordine all'idoneità per l'apertura al

pubblico di un nuovo locale, o dell'adattamento, o trasformazione di un'esistente sala o impianto

s ~ o r t i v o

2

Celli R.,

Manuale di polizia amministrativa, le funzioni attribuite ai comuni dal D.P.R. 616,

2.a

edizione, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, Febbraio 1986, p. 22

105

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verifica e la solidità di un immobile, di un locale o di

un

luogo, ha il fine,

chiaramente espresso dall'art. 681

c.

p. di tutelare la pubblica incolumità.

Attribuire al comune l'esercizio

di

questa funzione, già esercitata dal Corpo dei

vigili del fuoco che provvede ad emettere il certificato

di

prevenzione incendi,

non fa altro che realizzare una duplicazione di funzione che, in questo caso, non

è

lesiva del principio del decentramento bensì di quello di buon andamento della

pubblica amministrazione statuito dall'art. 97 Cost.

Solo con l'art. 159 del d.lgs 112 del 1998

è

stata data, m seguito, formale

definizione ai compiti e funzioni di polizia amministrativa, per distinguerli da

quelli relativi all'ordine e sicurezza pubblica. In base all'art. 159, "Le funzioni ed

i compiti amministrativi relativi alla polizia amministrativa regionale e locale

concernono le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere

arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle

materie nelle quali vengono esercitate le competenze, anche delegate, delle

regioni e degli enti locali, senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni e

gli interessi tutelati in funzione dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica."

L'interrogativo che, a tale proposito, sorge naturalmente, con riferimento all'art.

80 Tulps, è

come possa la determinazione delle prescrizioni che devono essere

rispettate nella costruzione, e nella gestione, di

un

locale di pubblico spettacolo o

di trattenimento a tutela della pubblica incolumità essere funzione comunale di

polizia amministrativa e contemporaneamente funzione statale tesa ad assicurare

l'incolumità pubblica. In sostanza, in materia di prevenzione incendi e di

sicurezza, si determina una sovrapposizione tra il ruolo svolto dall'autorità

comunale e da quella statale

Allo stato attuale, fermo restando la particolare disciplina contenuta nel

d.

P R.

311 del 200 l che ha previsto l'istituzione di una commissione comunale oltre ad

innovare la composizione della commissione provinciale e ad individuarne

distinte attribuzioni, tutta la disciplina abitualmente presa a riferimento per la

procedura di controllo, è quella relativa alla materia della prevenzione incendi e

106

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alle diverse regole tecniche approvate dal Ministero dell'interno per le diverse

fattispecie di attività.

Peraltro, sempre con riferimento all'articolo 80 Tulps, va registrata anche un'altra

criticità contenuta nel d.P.R. 407/1994

21

,

qui

di

seguito analizzata, che denota

come il processo di semplificazione avviato in attuazione della legge 241/1990 sia

stato gestito in maniera approssimativa.

5. Il silenzio assenso

per

atti discrezionali

Il primo significativo passo compiuto sulla strada della semplificazione è

riconducibile, come già accennato, alla legge

241

del 1990 che nello specifico

capo IV ha dettato nuove regole in tema di semplificazione dell'azione

amministrativa. Anche se la legge 241/1990 è comunemente nota come la legge

sulla trasparenza o sull'accesso, le regole in materia di semplificazione

amministrativa sono state la vera rivoluzione della riforma. Agli articoli 19 e 20,

si demanda, infatti,

ad

apposito regolamento l'individuazione di tutte le attività

che possono avere inizio, senza alcuna ulteriore formalità, immediatamente dopo

la presentazione

di

una apposita denuncia agli uffici competenti, (comma l e 2 art.

19)

nonché tutti i casi in cui una determinata domanda è considerata accolta se

non interviene la risposta dell'amministrazione in un termine prefissato (art.20)

invertendo, in assenso, contrariamente al passato, l'originario silenzio-rifiuto della

pubblica amministrazione.

Con l'apposito regolamento previsto dall'art. 19, in pratica, si vanno ad

individuare tutte

le

attività la cui "autorizzazione" all'esercizio è sostituita

da

una

"denuncia di inizio attività" da parte dell'interessato all'amministrazione

21

Si tratta del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 407 "Regolamento recante modificazioni al decreto del

presidente della repubblica 26 aprile 1992, n. 300, concernente le attività private sottoposte alla

disciplina degli articoli

19

e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241". Con i l d.P.R. 300 del 1992

erano state individuate tre distinte tabelle che comprendevano le attività sottoposte rispettivamente

alla disciplina dell'art.

19

(la tabella A e B) e dell'art. 20 (la tabella C). Detta tabella C, tuttavia,

non prevedeva alcuna attività disciplinata da leggi statali ma soggetta ad autorizzazione comunale.

A questa mancanza, quindi, si

è

ovviato con il d.P.R. 407/94 che comprende diverse distinte

ipotesi sia per il comparto del commercio, per quello della somministrazione di alimenti e bevande

e, infine, di polizia amministrativa.

107

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competente. Questa innovazione procedurale, precisa la legge, è applicabile in

tutti i casi in cui l'atto

di

assenso dell'amministrazione dipenda esclusivamente

dall'accertamento

di

presupposti e requisiti richiesti dalla normativa di

riferimento, senza l'esperimento di prove e non sia previsto alcun limite o

contingente complessivo.

In concreto, come ha avuto modo

di

evidenziare il Consiglio di Stato nel parere

espresso sul d.P.R. 300 del 1992, devono essere sottoposte alla disciplina dell'art.

19 tutte quelle fattispecie che sono sottoposte ad accertamenti a carattere

rigorosamente vincolato

o,

comunque, caratterizzate da una discrezionalità

particolarmente limitata, operando direttamente sul procedimento.

Nella sostanza, si sostituisce ad un accertamento preventivo un'accertamento

successivo, fermo restando la disciplina sostanziale relativa

ai

presupposti e

requisiti ritenuti necessari ai fini dell'esercizio dell'attività.

L'art. 20, invece, prevede che il relativo regolamento deve individuare tutte quelle

ipotesi in cui, per la complessità del procedimento e per l'esistenza di momenti di

discrezionalità, alla pubblica amministrazione deve essere assegnato un congruo

periodo di tempo per valutare la situazione e assumere, quindi, le relative

determinazioni, con la salvaguardia per il cittadino che il silenzio della pubblica

Amministrazione, protratto oltre il termine fissato, corrisponde all'assenso per

l'esercizio dell'attività. Il silenzio della pubblica amministrazione previsto da tale

articolo, in sostanza, corrisponde a un provvedimento autorizzatorio esplicito,

ovvero l'accoglimento formale dell'istanza del privato.

Dopo una fase di consultazione, tra

i

diversi ministeri, le prefetture e l' Anci, che

in termini evidenti non sarà comunque considerata esaustiva, venne, quindi,

emanato, con d.P.R. 26 aprile 1992

n.

300, il regolamento attuativo degli articoli

19

e 20 della legge 24111990.

Il d.P.R. 300 include tre distinte tabelle: la "tabella A" comprendente l'elenco

delle attività alle quali può darsi inizio immediatamente dopo la denuncia, "la

tabella B" contenente l'elenco delle attività che possono essere intraprese una

108

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volta decorso un certo termine dalla denuncia e, infine, "la tabella C" che

comprende l'elenco delle attività sottoposte alla disciplina del silenzio assenso.

Nelle diverse tabelle, tuttavia, non sono comprese le attività soggette ad

autorizzazione degli enti locali. Questo dipende dalla evidente necessità, rispetto

ai tempi, di approfondimento della materia, che si presenta complessa.

L'articolato comprende la disciplina della domanda o della denuncia del privato,

dei termini per l'esercizio dei poteri che la legge riserva ali' Amministrazione e

delle condizioni per la formazione del silenzio assenso.

Relativamente a questo aspetto va evidenziato l'orientamento espresso dal

Consiglio di Stato, nella parte in cui lo stesso ritiene che: "Pur in mancanza di una

esplicita previsione legislativa in proposito, sembra che debbano ritenersi esclusi

dall'ambito di applicazione dell'art. 20 i casi in cui per il rilascio dell'atto di

autorizzazione, abilitazione, nulla osta richiesto dal privato, siano previsti

l'esperimento di prove, ovvero un limite o un contingente complessivo."

n

Consiglio di Stato sostiene, in pratica, che se in tale ipotesi non può trovare

applicazione l'art.

19

che presuppone per l'amministrazione un mero riscontro

della sussistenza dei presupposti di legge per l'esercizio dell'attività privata, a

maggior ragione deve ritenersi che, nei medesimi casi, non trovi applicazione la

normativa prevista dall'art. 20 che suppone l'esercizio, da parte

dell'amministrazione, di poteri discrezionali ed in genere una ponderazione

dell'istanza del privato alla luce dell'interesse pubblico.

Come si è già evidenziato, con il d.P.R. 300/92 erano state individuate tre distinte

tabelle che comprendevano le attività sottoposte rispettivamente alla disciplina

dell'art.

19

(la tabella A e B) e dell'art. 20 (la tabella C). Detta tabella C, tuttavia,

non prevedeva alcuna attività disciplinata da leggi statali ma soggetta ad

autorizzazione comunale. A questa mancanza, quindi, si

è ovviato con i l d.P.R. 29

maggio 1994 n. 407 che ha previsto diverse distinte ipotesi di applicazione del

silenzio assenso sia per

i l

comparto del commercio sia per quello della

somministrazione di alimenti e bevande e di polizia amministrativa.

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Per quanto riguarda la categoria della polizia amministrativa, la tabella "C" elenca

le attività sottoposte alla disciplina dell'art. 20 (silenzio assenso) e l'indicazione

del termine entro cui la relativa domanda si considera accolta. Ebbene, al punto

53

di detto elenco figura anche l'apertura di locali di pubblico spettacolo

22,

ed

l

termine previsto per il silenzio assenso è di 60 giorni. Tra i riferimenti normativi

che il legislatore cita vi sono elencati l'art. 80 del r.d.

18

giugno

1931 n.

773,

ovvero il Tulps; gli artt. 116 e ss del relativo regolamento r.d. 6 maggio 1940 n.

635; ed, infine, cita con assoluta genericità, il d.P.R. 24luglio 1977 n. 616.

Ogni considerazione circa l'inopportunità di assoggettare a silenzio assenso un

procedimento che comporta valutazioni tecniche discrezionali e la cui

inosservanza

è

sanzionata penalmente dall'art.

681

c.p.

è

certamente superfluo;

come anche appare evidente l'inesistenza di ogni tentativo di sistematizzazione

delle regole che disciplinano l'apertura dei locali pubblici.

6. La

sicurezza

La sicurezza

23

è

una certamente una condizione. Con precisione ancor

maggiore si può anche affermare che la sicurezza è una condizione obiettiva di

uno stato nel quale sono rispettati e fatti osservare i principi che lo reggono onde

garantire ai singoli il tranquillo svolgimento delle attività, mediante una azione di

prevenzione ed una di repressione. La sicurezza, dal latino

"sine cura":

senza

preoccupazione, può essere definita anche come la conoscenza che l'evoluzione di

un sistema non produrrà stati indesiderati o, ancora, sicurezza è sapere che quello

che sarà fatto non provocherà dei danni.

n

presupposto della conoscenza da un

punto di vista epistemologico

24

poiché un sistema può evolversi senza dar luogo a

22

Nessun riferimento viene fatto nel d.P.R. 407 all'attività di intrattenimento mentre

è

stato già

chiarito che esiste un connubio tra art. 68 e 80 del tulps e art. 681 c.p.

23

Per le definizioni,

i l

dizionario enciclopedico italiano dell'Istituto della enciclopedia italiana

Treccani, ne fornisce una articolata, in senso astratto e in senso concreto, con riferimento alla

sicurezza sociale, alla tecnica delle costruzioni e a quella di pubblica sicurezza. Quella indicata è

il

r,rimo senso;.

4

Da

Wikipedia, enciclopedia online multilingue a contenuto libero, redatta in modo collaborativo

da volontari, e sostenuta dalla Wikimedia Foundation, un'organizzazione no-profit. A maggio 2006

era pubblicata in oltre 200 lingue differenti (di cui circa l 00 attive, è quella inglese la lingua

110

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stati indesiderati, ma non per questo esso può essere ritenuto sicuro. Solo una

conoscenza di tipo scientifico, basata quindi su osservazioni ripetibili, può

garantire una valutazione sensata della sicurezza ed è da questa convinzione che

sono state elaborate e, quindi, scritte le "regole tecniche".

25

In sostanza, la sicurezza è una nozione che fatica ad essere definita

esclusivamente con riferimento al proprio contenuto concettuale, a prescindere da

una ulteriore qualificazione che, in qualche modo, imitandola, contribuisca a

specificarla. Sotto questo profilo, la stessa sembra contrassegnarsi per un carattere

specificamente relazionale: nel senso, cioè, che essa è normalmente destinata ad

incontrarsi con un'altra, in riferimento alla quale acquista un significato concreto il

suo contenuto concettuale.Z

6

La

sicurezza disvela così il suo carattere plurale nel

duplice senso dell'esistenza di tipologie diverse di sicurezza e della normale

necessità di più interventi per la soddisfazione della domanda che di essa fanno i

destinatari o i cittadini in genere e più specificatamente utenti.

La sicurezza totale si ha in assenza di pericoli. In senso assoluto, si tratta di un

concetto difficilmente traducibile nella vita reale anche se l'applicazione delle

norme di sicurezza rende più difficile

il

verificarsi di fatti criminosi, eventi

dannosi e di incidenti e si traduce sempre in una migliore qualità della vita.

Ed è in accezione ampia del termine che i l legislatore con legge n. 128 del 26

marzo 2001 "Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini"

ha emanato disposizioni a modifica dei codici penale e di procedura penale, oltre a

prevedere, all'articolo

17,

comma l, che:

"Il Ministro dell'interno impartisce e aggiorna annualmente le direttive per la

realizzazione, a livello provinciale e nei maggiori centri urbani, di piani coordinati

attualmente più sviluppata) e contiene voci sia sugli argomenti propri di una tradizionale

enciclopedia che di almanacchi, dizionari geografici e di attualità. Il suo scopo è quello di creare e

distribuire un'enciclopedia internazionale libera nel maggior numero di lingue possibili. Wikipedia

è

uno dei siti di consultazione più popolari del web ricevendo circa

60

milioni di accessi al giorno.

25

Di

regole tecniche in materia di prevenzioni incendi si parlerà successivamente in relazione al

fatto che le stesse condizionano pesantemente l'ambito di applicazione dell'articolo 80 Tulps per

la

connessione che nel tempo si

è

creata con

la

regola tecnica.

26

Pajno A.,

La "sicurezza urbana" tra poteri impliciti e inflazione normativa

in

astrid

RASSEGNA 13

febbraio 2009 n. 86 www.astrid-online.it

111

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di controllo del territorio da attuare a cura dei competenti uffici della Polizia di

Stato e comandi dell'Arma dei carabinieri e, per i servizi pertinenti alle attività

d'istituto, del Corpo della Guardia di finanza, con la partecipazione

di

contingenti

dei corpi o servizi di polizia municipale, previa richiesta al sindaco, o nell'ambito

di specifiche intese con la predetta autorità, prevedendo anche l'istituzione di

presidi mobili

di

quartiere nei maggiori centri urbani, nonchè il potenziamento e il

coordinamento, anche mediante idonee tecnologie, dei servizi

di

soccorso

pubblico e pronto intervento per la sicurezza dei cittadini."

Tra l'altro, vale la pena ricordare che con il medesimo art.

17

della legge 128 del

2001, all'ultimo comma, sono stati estesi ai fini della prevenzione dei delitti di

ricettazione, riciclaggio o reimpiego dei beni di provenienza illecita o di quelli

concernenti armi o esplosivi, i controlli previsti dall'articolo 16 del Tulps

relativamente alle attività soggette ad autorizzazione disciplinata dal medesimo

Tulps.

E con riferimento a queste attività di controllo, i prefetti sono tenuti a predisporre

per conto del Ministero dell'interno apposita relazione contenente tutti i dati

relativi alle iniziative svolte; ciò in quanto il Ministro dell'interno presenta

annualmente

al

Parlamento una relazione sull'attività delle forze di polizia e sullo

stato dell'ordine e della sicurezza pubblica nel territorio nazionale.

Esistono, quindi, tante definizioni della sicurezza, a seconda del ramo che si

prende in considerazione. Nell'ambito della sicurezza dei locali pubblici,

frequentati prevalentemente da giovani e anche da minorenni, ad esempio, a tutela

della sicurezza della salute è posto

i l

divieto alla vendita

di

bevande alcoliche ai

minori di anni 16

27

previsto dall'art. 689 c.p.; mentre a tutela della sicurezza

a

27

Riduzione della lucidità, diminuzione della memoria, perdita di coscienza. Gli effetti

dell'eccessivo consumo di bevande alcoliche possono essere devastanti e causare danni futuri,

troppo spesso, irreparabili. Lo afferma dal sito www.ospedalebambinogesu.it, la dott.ssa Valeria

Zanna spiegando che per l'incapacità dell'organismo a metabolizzare l'alcol prima dei 18-20 anni,

bere sotto i 16 anni può produrre nei ragazzi effetti sul sistema nervoso centrale e più in generale

sull'intero organismo, con episodi di intossicazione da alcol, come perdita di coordinamento,

riduzione della lucidità, diminuzione della memoria, rallentamento dei riflessi o anche perdita di

coscienza o danni futuri. Ed è per questo motivo, afferma inoltre, che la legge italiana vieta la

vendita di alcolici ai minori di 16 anni in tutti i luoghi pubblici in cui è possibile acquistarli. Sul

112

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stradale è stato posto l'obbligo agli esercenti, dal 23 settembre 2008, di esporre le

tabelle anti-alcool.

28

La sicurezza intesa come prevenzione incendi, quindi,

è

soltanto una delle

possibili relazioni e alla sua tutela è preposto il Corpo nazionale dei vigili del

fuoco.

29

Agibilità e prevenzione incedi: questo è un connubio che, rileggendo l'articolo

80

30

del Tulps evidenzia, fin da subito, l'intersecarsi dei due procedimenti: uno

riconducibile alla materia specifica

di

prevenzione incendi ed una, vaga, tesa ad

accertare, in senso lato, la solidità e la sicurezza del teatro o del luogo pubblico.

Appare utile, a tale proposito, evidenziare che la verifica, prevista per

un

teatro o

un

luogo

di

pubblico spettacolo, "della solidità e la sicurezza dell'edificio e

l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di

incendio" così come previsto dall'art. 80 Tulps, consiste, in sostanza, ad una parte

dei riscontri richiesti

al

dirigente tecnico comunale preposto

al

rilascio del

certificato di agibilità di cui all'art. 24 del d.P.R 380 del 2001, testo unico in

divieto di vendita degli alcolici al di fuori dei locali commerciali punito dall'art. 689 c.p., si veda

anche Donolato F. e Bombi M.

La

vendita e la somministrazione degli alcolici in www.astrid-

online luglio 2008.

28

Le cosiddette tabelle anti-alcool sono state previste dal decreto legge 3 agosto 2007,

n.

117,

riconvertito poi, dalla legge 160 del 200. In particolare si prevede che tutti i titolari e i gestori di

locali ove si svolgono, con qualsiasi modalità e in qualsiasi orario, spettacoli o altre forme di

intrattenimento, congiuntamente all'attività di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche,

devono interrompere la somrninistrazione di bevande alcoliche dopo le ore 2 della notte e

assicurarsi che all'uscita del locale sia possibile effettuare, in maniera volontaria da parte dei

clienti, una rilevazione del tasso alcolernico.

29

n Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima frammentato nei vari corpi comunali, nasce come

tale con il Regio Decreto Legge del

27

febbraio 1939, successivamente convertito in Legge 1570

del

27

dicembre 1941, ed è chiamato inizialmente "a tutelare la incolumità delle persone e la

salvezza delle cose, mediante la prevenzione e l'estinzione degli incendi e l'apporto di servizi

tecnici in genere, anche ai fini della protezione antiaerea". In seguito allo sviluppo del paese questi

compiti diventano sempre più complessi e differenziati, fino a che il D.Lg.

n.

139 dell'8 marzo

2006 stabilisce che: "Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è una struttura dello Stato ad

ordinamento civile, incardinata nel Ministero dell'interno- Dipartimento dei vigili del fuoco, del

soccorso pubblico e della difesa civile, per mezzo del quale il Ministero dell'interno assicura,

anche per la difesa civile, il servizio di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli

incendi su tutto i l territorio nazionale, nonché lo svolgimento delle altre attività assegnate al Corpo

nazionale dalle leggi e dai regolamenti, secondo quanto previsto nel presente decreto legislativo."

30

L'art. 80 del Tulps dispone che "L'autorità di pubblica sicurezza non può concedere la licenza

per l'apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una

commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte

a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio."

113

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materia edilizia il quale al comma l dispone che "Il certificato di agibilità attesta

la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico

degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto

dispone la normativa vigente."

E per accertare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, propedeutiche

al

rilascio del certificato

di

agibilità, lo Sportello unico per l'edilizia "acquisisce

direttamente, ove questi non siano stati già allegati dal richiedente: [ ...] b) il

parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in ordine al rispetto della normativa

antincendio". E' questo quanto dispone il comma 3 dell'art. 5 del d.P.R. 380 del

2001.

7.

Il Certificato di prevenzione incendi (CPI).

Emanato in esecuzione dell'art. 2 della legge 18 luglio 1980, n. 406

31

, il

d.P.R. 29 luglio 1982

n.

577 "Approvazione del regolamento concernente

l'espletamento dei servizi antincendi" rappresenta il primo organico intervento

finalizzato a garantire la sicurezza utilizzando un sistema fondato su presupposti

tecnico-scientifici generali in relazione alle situazioni

di

rischio da prevenire?

2

Tuttavia, è con il procedimento per il rilascio del certificato di prevenzione

incendi, CPI, che i l legislatore ha posto sotto tutela le attività a rischio.

Come il testo unico in materia edilizia d.P.R. 380 del 2001, sul quale ci si è già

soffermati, anche il procedimento

33

per il rilascio del CPI previsto dal d.P.R. 12

31

La legge 18 luglio 1980, n. 406 dettava Disposizioni per la prevenzione incendi per le attività

alberghiere esistenti.

32

I presupposti scientifici diventano, quindi, norme tecniche adottate dal Ministero dell'interno di

concerto con le amministrazioni

di

volta in volta interessate.

E'

quanto dispone l'articolo 3 del

d:P.R. 577 del1982

33

Il d.P.R. 12 gennaio 1998

n. 37

disciplina il procedimento per il rilascio del certificato incendi di

cui alla legge

15

marzo 1997

n.

59 nel rispetto dei criteri, principi e modalità indicati all'articolo

20 della legge stessa. Il nuovo regolamento è stato emanato nell'intento di semplificare

i

procedimenti dettati dalla legge

26

luglio 1965 n. 966 e dal d.P.R. 29 luglio 1982 n. 577 relativi

all'attività di controllo dei vigili del fuoco sul rispetto delle condizioni di sicurezza per la

prevenzione degli incendi.

Il d.P.R. n. 37 del 1998

è

costituito da dieci articoli che disciplinano le varie fasi relative all'esame

dei progetti, agli accertamenti sopralluogo, all'esercizio delle attività, all'approvazione delle

114

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gennaio 1998 n. 37, è stato emanato in attuazione della legge 59 del 1997 anche

se, formalmente,

i l

CPI che "attesta il rispetto delle prescrizioni previste dalla

normativa di prevenzione degli incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza

antincendio richiesti" è stato istituito già con

i l

d.P.R. 577 del 1982?

4

L'art. 8 del suddetto d.P.R. 577 individuava con precisione quali sono le attività

fondamentali che rientrano nella "prevenzioni incendi": la predisposizione di

norme generali e specificazioni tecniche e procedurali; lo studio, ricerca,

sperimentazione e prove

su materiali, strutture, impianti, apparecchiature; la

designazione in organi collegiali centrali e periferici, interni o esterni

all'Amministrazione dell'interno; l'esame di progetti

di

costruzioni e

di

installazioni industriali e civili ed, infine, gli accertamenti sopraluogo ovvero le

visite tecniche per l'accertamento che tutto sia a norma.

L'art.

15

35

(Adempimenti di enti e privati) del medesimo decreto, tra l'altro in

parte abrogato, al comma 5 disponeva che:

"Gli enti e i privati sono tenuti a richiedere ai comandi provinciali dei vigili del

fuoco: le visite di controllo al fine del rilascio del certificato

di

prevenzione

incendi per manifestazioni di qualsiasi genere da svolgersi in locali o luoghi aperti

al

pubblico, sprovvisti di tale certificato. Il certificato

di

prevenzione incendi non

può essere rilasciato prima di aver fatto verificare, nel termine per l'adozione dei

deroghe per tutte le attività soggette alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi elencate

nell'allegato al d.m. 16 febbraio 1982 e nei successivi decreti di modifica (d.m.

27

marzo 1985;

d.m. 30 ottobre 1986).

34

A dire

i l

vero, di "certificato di prevenzione incendi" già parlava l'art. 4 della legge 26 luglio

1965 n. 966 i l quale, al I comma, prevedeva che l depositi e le industrie pericolose soggetti alle

visite ed ai controlli di prevenzione incendi, nonché la periodicità delle visite, sono determinati

con decreto del Ministro per l'interno,

di

concerto con

i l

Ministro per l'industria e commercio, in

relazione alle esigenze tecniche di sicurezza degli impianti." Il terzo comma, invece, disponeva

che: "Il Comando provinciale dei vigili del fuoco, eseguiti i controlli e accertata la rispondenza

degli impianti alle prescrizioni

di

sicurezza, rilascia un «certificato di prevenzione» che ha validità

pari alla periodicità delle visite."

35

Il d.P.R. 577 del 1982 è stato abrogato dall'art. 35, d.lgs. 8 marzo 2006, n. 139, limitatamente

agli articoli l; 2;

3,

commi l e 2, numeri l) e 2); 7;

8;

10, successivamente all'emanazione del

decreto di cui all'articolo 21, comma 2, del citato decreto legislativo n. 139 del 2006;

11,

ad

eccezione dei commi

2,

3, 4 e 5, da mantenere in vigore fino all'emanazione del decreto di cui

all'articolo 21, comma

2,

del suddetto decreto legislativo

n. 139

del 2006;

12; 17;

20, ad eccezione

dei commi

2, 3,

4 e

5,

da mantenere in vigore fino all'emanazione del decreto

di

cui all'articolo 22,

comma 3 del decreto legislativo

n.

139 del2006.

www.leggiditalia.it

115

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provvedimenti conseguenti all'obbligo del preavviso alle autorità, dalla

commissione di cui all'art. 141 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635

36

,

le condizioni

generali

di

sicurezza dei locali o dei luoghi indicati per lo svolgimento delle

manifestazioni. La validità del certificato di prevenzione incendi, appositamente

rilasciato per l'occasione, è limitata alla durata della manifestazione."

Il citato comma 5 dell'art. 15 del d.P.R. 577 del 1982, come precisato, è stato

abrogato dall'art. 9, d.P.R. 12 gennaio 1998,

n.

37

37

, ma la lettura di queste

disposizioni rende ben evidente come tra il CPI e i l procedimento per la verifica

dell'agibilità prevista dal Tulps ci sono state non soltanto delle interferenze ma

delle vere e proprie sovrapposizioni che non avrebbero motivo di sussistere in

relazione al fatto che il fine perseguito è il medesimo. Infatti, l'art. 80 del Tulps

prevede il controllo della "solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite

pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio" per teatri e

luoghi di pubblico spettacolo. Una norma, questa, che è stata scritta più di ottanta

anni fa, nel 1926, quando ancora non esisteva neppure

il

Corpo

38

nazionale dei

vigili del fuoco preposto, oggi, espressamente a questo tipo di controllo?

9

36

La commissione prevista dall'art.

141

reg.to Tulps, originariamente di nomina prefettizia è ora

stata sdoppiata. E' di nomina comunale per tutte le verifiche previste dall'art.

80

Tulps ma è

rimasta provinciale e presieduta dal prefetto per particolari e rilevanti strutture.

37

L'art. 9 del d.P.R. 37 del 1998 individua le disposizioni che dall'entrata in vigore del decreto

stesso vengono abrogate. Esse sono:

a)

articoli

10,

comma quinto; 11, comma primo, lettera d); 15, comma primo, numero

5); 21

del

decreto del Presidente della Repubblica 29luglio 1982,

n.

577;

b)

articoli

2,

commi quinto, sesto, settimo, ottavo; e 4 della legge 7 dicembre 1984,

n.

818.

38

I compiti d'istituto del Corpo sono la salvaguardia di persone, animali e beni,

il

soccorso tecnico

urgente e la prevenzione incendi. Il personale operativo del CNVVF ha funzioni di polizia

giudiziaria, pubblica sicurezza, polizia amministrativa e di prevenzione. Spetta

ai

vigili infatti, in

collaborazione con le altre forze di polizia, individuare le cause degli incendi e stabilire

se

si tratti

di incendi dolosi.

39

La prevenzione incendi è affidata alla competenza esclusiva del Ministero dell'interno, che

esercita le relative attività attraverso il Dipartimento e il Corpo nazionale.

È

la funzione di

preminente interesse pubblico diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul

territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di

tutela dei beni e dell'ambiente attraverso la promozione,

lo

studio, la predisposizione e la

sperimentazione di norme, misure, provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad evitare

l'insorgenza di

un

incendio e degli eventi ad esso comunque connessi o a limitarne le

conseguenze. Essa

si

esplica in ogni ambito caratterizzato dall'esposizione

al

rischio di incendio

e,

in ragione della sua rilevanza interdisciplinare, anche nei settori della sicurezza nei luoghi di

lavoro, del controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze

116

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Tra l'altro, con d.m.

19

agosto 1996 è stata approvata la "regola tecnica di

prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali

di

intrattenimento e

di

pubblico spettacolo" ovvero sono stati individuati criteri e

presupposti che dovrebbero essere oggetto

di

valutazione della commissione

di

vigilanza

di

pubblico spettacolo.

Comunque, allo stato attuale la disciplina

di

riferimento per

l'

ottenimento del CPI

è

tutta contenuta nel d.lgs

139

del 2006. In particolare, l'art.

16

40

ne detta le

pericolose, dell'energia, della protezione

da

radiazioni ionizzanti, dei prodotti da costruzione. Da

www.

vigilfuoco. it

40

Art. 16 del d.lgs 139/2006:

l.

Il certificato di prevenzione incendi attesta il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa

di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio nei locali, attività,

depositi, impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione alla detenzione ed all'impiego di

prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli

per l'incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, con decreto

del Presidente della Repubblica, da emanare a norma dell'articolo 17, comma

l,

della legge 23

agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sentito il Comitato centrale tecnico-

scientifico per la prevenzione incendi. Con lo stesso decreto è fissato il periodo di validità del

certificato per le attività ivi individuate.

2. Il certificato di prevenzione incendi è rilasciato dal competente Comando provinciale dei vigili

del fuoco, su istanza dei soggetti responsabili delle attività interessate, a conclusione di un

procedimento che comprende il preventivo esame ed il parere di conformità sui progetti, finalizzati

all'accertamento della rispondenza dei progetti stessi alla normativa di prevenzione incendi, e

l'effettuazione di visite tecniche, finalizzate a valutare direttamente i fattori di rischio ed a

verificare la rispondenza delle attività alla normativa di prevenzione incendi e l'attuazione delle

prescrizioni e degli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività medesime. Resta fermo

quanto previsto dalle prescrizioni in materia di prevenzione incendi a carico dei soggetti

responsabili delle attività ed a carico dei soggetti responsabili dei progetti e della documentazione

tecnica richiesta.

3. In relazione ad insediamenti industriali ed attività di tipo complesso, il Comando provinciale dei

vigili del fuoco può acquisire, ai fini del parere di conformità sui progetti, le valutazioni del

Comitato tecnico regionale per la prevenzione incendi, avvalersi, per le visite tecniche, di esperti

in materia designati dal Comitato stesso, nonchè richiedere il parere del Comitato centrale tecnico

scientifico di cui all'articolo 21.

4.

Ai

fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi, il Comando provinciale dei vigili del

fuoco, oltre ad eseguire direttamente accertamenti e valutazioni, acquisisce dai soggetti

responsabili delle attività di cui al comma l le certificazioni e le dichiarazioni attestanti la

conformità delle attività alla normativa di prevenzione incendi, rilasciate da enti, laboratori o

professionisti, iscritti in albi professionali, autorizzati ed iscritti, a domanda, in appositi elenchi del

Ministero dell'interno. Il rilascio delle autorizzazioni e l'iscrizione nei predetti elenchi sono

subordinati al possesso dei requisiti stabiliti con decreto del Ministro dell'interno.

5. Qualora l'esito del procedimento rilevi la mancanza dei requisiti previsti dalle norme tecniche di

prevenzione incendi, il Comando provinciale non provvede al rilascio del certificato, dandone

comunicazione all'interessato, al sindaco, al prefetto e alle altre autorità competenti ai fini dei

provvedimenti

da

adottare nei rispettivi ambiti. Le determinazioni assunte dal Comando

provinciale sono atti definitivi.

6. Indipendentemente dal periodo di validità del certificato di prevenzione incendi stabilito con il

regolamento di cui al comma

l,

l'obbligo di richiedere un nuovo certificato ricorre quando vi sono

117

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modalità per la richiesta, il rinnovo e l'eventuale revoca. Va anche sottolineato, a

tale proposito, che il comma 7 di tale articolo, prevede l'emanazione di

disposizioni attuative relative al procedimento per il rilascio del certificato di

prevenzione incendi da emanare in base all'art. 17, comma l della legge 400 del

1988. A tutt'oggi queste disposizioni non sono state ancora varate.

Il comma 5 dell'articolo 16 del d.lgs 139 del2006, dispone che:

"Qualora l'esito del procedimento rilevi la mancanza dei requisiti previsti dalle

norme tecniche di prevenzione incendi, i l Comando provinciale non provvede al

rilascio del certificato, dandone comunicazione all'interessato, al sindaco, al

prefetto e alle altre autorità competenti ai fini dei provvedimenti da adottare nei

rispettivi ambiti. Le determinazioni assunte dal Comando provinciale sono atti

de fini ti vi."

Ed

ancora, il comma 3 dell'art. 20, dispone che:

"Ferme restando le sanzioni penali previste dalle disposizioni vigenti, il prefetto

può disporre la sospensione dell'attività nelle ipotesi in cui i soggetti responsabili

omettano di richiedere:

i l

rilascio ovvero

i l

rinnovo del certificato di prevenzione

incendi; i servizi di vigilanza nei locali di pubblico spettacolo ed intrattenimento e

nelle strutture caratterizzate da notevole presenza di pubblico per i quali i servizi

medesimi sono obbligatori. La sospensione è disposta fino all'adempimento

dell'obbligo."

modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni

qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni

qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.

7. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato a norma dell'articolo 17, comma l, della

legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sono dettate le disposizioni

attuative relative al procedimento per il rilascio del certificato di prevenzione incendi. Esso

disciplina inoltre: il procedimento per il rinnovo del certificato medesimo; il procedimento per

il

rilascio del provvedimento di deroga all'osservanza della normativa

di

prevenzione incendi, in

relazione agli insediamenti, agli impianti e alle attività in essi svolte che presentino caratteristiche

tali da non consentire l'integrale osservanza della normativa medesima; gli obblighi a carico dei

soggetti responsabili delle attività.

8. Resta fermo quanto previsto

al

punto 28 dell'allegato A della legge 24 novembre 2000, n. 340.

118

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8.

Il CPI e l'agibilità (in senso lato)

Si è ritenuto necessario evidenziare i due sopraindicati commi, in quanto

gli stessi sono strettamente connessi alla problematica in esame. Infatti,

relativamente al procedimento per il certificato di agibilità previsto dall'art. 24 del

d.P.R. 380 del2001, risulta indubbio che, in base al comma 5 dell'art. 16 del d.lgs

139 del 2006, se dall'esito del procedimento previsto per il CPI il Comando dei

VV F. rileva la mancanza dei requisiti previsti dalle norme tecniche di

prevenzione incendi e, quindi, non provvede al rilascio del certificato stesso, lo

Sportello per l'edilizia non può concludere neppure il proprio procedimento.

Peraltro,

è

fuor di dubbio che il dirigente comunale preposto

al

rilascio del

certificato di agibilità previsto dall'articolo 24 del d.P.R. 380 del 2001 non dovrà

limitarsi ad acquisire il CPI nei casi espressamente previsti dal d.m.

16

febbraio

1982 che, per la questione in esame, rileva soltanto per quanto previsto al punto

83 dell'elenco annesso ovvero per i locali di spettacolo e di trattenimento in

genere con capienza superiore a l 00 posti, ma dovrà acquisire il parere del

Comando dei VV F. in tutti gli altri casi in cui è stata prevista una specifica regola

tecnica di

prevenzione incendi, come previsto dal già citato art. 5, comma 3 d.P.R.

380 del 2001.

Più complessa è la questione connessa al comma 3 dell'articolo 20 del d.lgs 139

del 2006, in quanto risulta innegabile che questa disposizione è, parzialmente, in

una posizione di antinomia rispetto alla disciplina in materia edilizia. Infatti, il

prefetto, in base al sopraccitato art. 20 comma 3 può disporre la sospensione

dell'attività nelle ipotesi in cui i soggetti responsabili omettano di richiedere: il

rilascio ovvero il rinnovo del certificato di prevenzione incendi. Ma si è appena

visto che il certificato di agibilità previsto dal testo unico in materia edilizia

prevede che il certificato stesso possa essere rilasciato soltanto all'intervenuta

acquisizione, eventualmente d'ufficio se non presentata dal richiedente, del CPI.

La disposizione citata, quindi, non può che riguardare le modifiche di

destinazione d'uso dell'immobile con riferimento ad una attività che presuppone

diversi parametri in base alla regola tecnica rispetto all'attività precedentemente

119

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assentita. L'antinomia rilevata consegue al fatto che da un lato, il d.lgs 139 del

2006 demanda

al

prefetto la facoltà di disporre la sospensione dell'attività, mentre

dall'altro, per il dirigente del comune sussiste l'obbligo di revocare il certificato di

agibilità per la mancanza, ovvero la perdita, di uno dei presupposti.

Non sarebbe, invece, in conflitto con altre disposizioni, l'ultimo inciso del comma

3 dell'art. 20 del d.lgs 139 del 2001 nella parte in cui assegna al prefetto la facoltà

di disporre la sospensione dell'attività nel caso in cui siano omessi i "servizi di

vigilanza nei locali di pubblico spettacolo ed intrattenimento e nelle strutture

caratterizzate da notevole presenza di pubblico per i quali i servizi medesimi sono

obbligatori". Infatti, la sospensione in tal caso attiene alla pubblica incolumità che

rientra nella pubblica sicurezza e, in quanto tale, di competenza statale. Anche a

questo proposito, tuttavia, esistono delle criticità che saranno illustrate trattando

della commissione provinciale di pubblico spettacolo.

Fin d'ora, comunque, è opportuno ricordare che il prefetto presiede la

commissione provinciale di vigilanza pubblico spettacolo prevista dall'art. 142

Tulps ed è competente, come il sopraindicato comma 3 del d.lgs 139 del 2001

aiuta a ricordare per strutture caratterizzate da notevole presenza di pubblico,

ovvero, per i locali cinematografici o teatrali e per gli spettacoli viaggianti di

capienza superiore a 1.300 spettatori e per gli altri locali o gli impianti con

. . 5 000 '

41

capienza supenore a . spettaton ;

9. La regola tecnica: le origini

Una premessa è, a questo punto, d'obbligo. Il d.m. 16 febbraio 1982 che

determina le attività soggette alle visite di prevenzione incendi, ne prevede

l'applicabilità per i "locali" la cui capienza deve essere superiore

ai

100 posti.

Invece, la verifica dell'agibilità prevista dall'art. 80 del R.D. 18 giugno 1931,

n.

773, trascura ogni riferimento al numero di persone che potenzialmente possono

accedere

al

locale e prendere parte all'attività di trattenimento o spettacolo e, a

,

41

La competenza esclusiva della commissione provinciale

è

stata espressamente prevista

dall'ultimo comma, lettera

a)

dell'art.

142

regolamento tulps.

120

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stretto rigore, si applica ai luoghi, anziché ai locali adibiti ad ospitare tali

attività.

42

E del resto, l'art. 681 c.p. che punisce il mancato rispetto delle

prescrizioni dell'Autorità fa prima ancora riferimento ai "luoghi" stessi e a

"Chiunque apre o tiene aperti luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o

ritrovo, senza avere osservato le prescrizioni dell'Autorità a tutela della incolumità

pubblica". Luogo

43

, quindi, in un'accezione ampia che rende, quindi, esteso

l'ambito di applicazione della disposizione contenuta nell'art. 80 Tulps e, di

conseguenza, l'assoggetabilità all'art. 681 c.p.

La storia e l'esigenza che una sanzione penale non trovi applicazione in maniera

difforme da un "luogo all'altro" hanno dimostrato che è il controllo della

prevenzione incendi che ha fatto da "apripista", nel senso che sono state emanate

regole tecniche capaci di uniformare gli indirizzi interpretativi in materia di

prevenzione incendi che hanno finito per guidare anche le valutazioni della

sicurezza del locale sotto ogni altro profilo. Del resto non poteva essere

diversamente tenuto conto che i teatri, primi destinatari della norma venivano

realizzati completamente, o in parte, in legno.

Chiarire, peraltro, che cosa sono le regole tecniche risulta a questo punto

indispensabile perché strettamente connesse al sistema stesso della sicurezza.

n sistema giuridico italiano della sicurezza è posto sui seguenti principi base: il

principio della tassatività delle misure di prevenzione e di protezione fissate dalla

normativa, il principio del pericolo presunto per legge o per regolamento e il

principio della massima sicurezza tecnologicamente raggiungibile con lo stato

dell 'arte e della tecnica e dei processi.

La stessa normativa comunitaria che si basa sulla normalizzazione ha elaborato tre

nozioni fondamentali: la specifica tecnica, la norma tecnica e la regola tecnica.

42

Manzione A.

La

licenza di agibilità ed il certificato di prevenzione incendi: aspetti interessanti

l'attività di polizia amministrativa ed i controlli della P.M. Relazione al convegno nazionale di

Polizia locale, Atti del convegno. Riccione, settembre 2005

43

Secondo i l dizionario enciclopedico Treccani i l termine "luogo" va inteso, in senso ampio come

una parte dello spazio, idealmente o materialmente circoscritta ed anche precisa che per la sua

genericità la parola può essere riferita di volta in volta a vaste regioni del globo o d'un continente,

a paesi contrade, città, oppure a zone più ristrette di campagne o dentro luoghi abitati e, non di

rado, a ristrettissime porzioni

di

spazio sia all'aperto sia all'interno di un edificio.

121

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10.

Specifica, norma e regola tecnica

La specifica tecnica è un documento tecnico ad applicazione volontaria,

definita come "specificazione contenuta in un documento che definisce le

caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di

utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili a un

prodotto per quanto concerne la terminologia, i simboli, le prove e i metodi di

prova, l'imballaggio, la marchiatura e l'etichettatura".

44

Con riferimento all'Ente di unificazione italiano (UNI) la specifica tecnica è un

documento elaborato e pubblicato sulla base di una specifica procedura UNI;

messo a punto consensualmente da parti interessate che svolgono attività a livello

nazionale; che rappresenta lo stato dell'arte non ancora consolidato di prodotti,

processi e servizi, che viene sottoposto ad un periodo di verifica della validità.

Le

specifiche tecniche sono di due tipi, denominati "norme europee EN" le quali

obbligano gli enti nazionali di normalizzazione a considerare tali norme come

norme tecniche nazionali e ad abrogare le norme nazionali divergenti e

"documenti armonizzati Hd", che obbligano gli enti nazionali di normalizzazione

solo a recepire gli standards con norme tecniche nazionali.

Rimane fermo

i l

carattere non vincolante di tali norme tecniche per i soggetti

dell'ordinamento giuridico nazionale. Ogni Stato membro deve comunicare alla

Commissione le normi nazionali ritenute conformi alle norme tecniche

comunitarie, sulle quali esprime un parere il comitato permanente istituito dalla

direttiva di armonizzazione.

La norma tecnica è, invece, una specifica tecnica che è stata approvata da un

organismo riconosciuto a livello comunitario. Il rispetto della norma tecnica non è

strettamente obbligatorio, secondo quanto riportato anche dal d.lgs 23 novembre

2000 n. 427 "Modifiche ed integrazioni alla legge 21 giugno 1986 n. 317,

concernenti la procedura di informazione nel settore delle norme e

44

La definizione è fornita dall'art. 1.1, Dir. 83/189 CEE.

122

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regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società

dell'informazione, in attuazione delle direttive 98/34/CE e 98/48/CE, all'art. 2,

lettera f) "(per) norma: (deve intendersi) una specifica tecnica, approvata da un

organismo riconosciuto e abilitato ad emanare atti di normalizzazione, la cui

osservanza non sia obbligatoria e che appartenga ad una delle seguenti categorie:

norma internazionale, europee o nazionali, le norme adottate e messe a

disposizione del pubblico rispettivamente da un'organizzazione internazionale di

normalizzazione, da un organismo europeo di normalizzazione o da un organismo

nazionale di normalizzazione."

Il valore giuridico delle norme tecniche pubblicate da un organismo riconosciuto,

è tale per cui la loro applicazione, sebbene non obbligatoria, garantisce

il

rispetto

della regola d'arte, e quindi della legge.

In definitiva, le norme tecniche sono elaborate da esperti che rappresentano le

parti economiche e sociali interessate (produttori, utilizzatori, commercianti,

centri di ricerca, consumatori, pubblica Amministrazione) organizzati in gruppi di

lavoro, secondo la procedura dell'Ente di normazione nazionale, che si limita s

volgere una funzione di coordinamento dei lavori, mentre

i l

contenuto delle norme

viene deciso dagli esperti esterni.

Le

norme tecniche, di conseguenza, non sono disposizioni normative, quindi,

bensì documenti che definiscono le caratteristiche, ad esempio con riferimento

alle dimensioni, aspetti di sicurezza, requisiti delle prestazioni di un prodotto,

processo o servizi, secondo lo stato dell 'arte tecnico e tecnologico.

Le norme tecniche si fondano su principi condivisi e riguardano

la

consensualità,

nel senso che la norma tecnica deve essere approvata con i l consenso di tutti

coloro i quali hanno partecipato ai lavori; la democraticità, in quanto tutte le parti

economiche-sociali interessate possono partecipare ai lavori e soprattutto

chiunque è messo in grado di formulare osservazioni nell'iter che prevede

l'approvazione finale; la trasparenza, nel senso che l'ente di normazione segnala

le tappe fondamentali dell'iter di approvazione di un progetto di norma, tenendo il

progetto stesso a disposizione degli interessati. Infine, l'applicazione delle norme

123

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tecniche si basa sulla volontarietà, nel senso che le norme sono un puro

riferimento in quanto nessuno è obbligato a seguirle, con l'eccezione di

pochissimi casi legati a questioni connesse alla sicurezza delle persone.

Con riferimento alla volontarietà, quindi,

è

possibile distinguere le norme tecniche

dalle regole tecniche, le quali, al pari delle prime, sono specifiche che definiscono

le caratteristiche e i requisiti delle prestazioni di prodotti e servizi, ma hanno

natura obbligatoria, essendo contenute, o indicate come obbligo, in atti emanati

dalla pubblica Autorità con legge, decreto o altro atto amministrativo.

45

In sostanza, la regola tecnica

è

una specifica tecnica che non soltanto

è

stata

adottata da un organismo riconosciuto, ma

è

anche stata incorporata in una vera e

propria norma giuridica ovvero in una prescrizione.

46

11.

Il

teatro come struttura

Oggi, nell'accezione comune, per teatro si intende un edificio perlopiù

realizzato in muratura ma può essere costituito anche da una tenda (i cosiddetti

teatri-tenda) o all'aperto come in uno stadio, in una piazza o in un'area pubblica o

privata, destinato per la maggior parte delle volte a rappresentazioni sceniche

secondo l'arte e la tecnica capaci di creare attraverso opportune soluzioni

pittoriche, architettoniche e prospettiche la realtà ambientale provvisoria richiesta

dal soggettista e dal copione. Solo dopo i l regno di Alessandro Magno, comunque,

si dette inizio alla costruzione di teatri interamente in pietra e con fastose

decorazioni. Prima di allora, infatti, per la costruzione degli anfiteatri veniva

utilizzata l'area che naturalmente si prestava maggiormente alla sua realizzazione.

I primi segni dello spettacolo moderno si ebbero con il Rinascimento, ma si

continuò a costruire

i l

locale con l'antica forma della cavea, ovvero con una o più

gradinate per la cosiddetta platea. Successivamente la gradinate vennero sostituite

con loggiati sovrapposti in diversi ordini e di essi alcuni venivano predisposti con

45

Baldacconi

A.

e Nocchi E.

La pratica ergonomica nella valutazione dei rischi da lavoro,

IPSOA, 2007, p. 70 ss.

46

In tal senso Guastini R. Il diritto come linguaggio: lezioni, Giappichelli, Torino, 2001, p. 13

124

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apposita chiusura in modo da formare altrettanti camerini o palchi aperti verso

l'interno della sala. In seguito all'intervento della Chiesa, che vietava la maggior

parte delle rappresentazioni sceniche non

si

edificarono nuove sale fino al regno

di Luigi XIII.

47

Sta di fatto che il primo teatro italiano

fu

quello progettato e

realizzato da Luigi Bramante nella Corte del Vaticano; poi furono edificati quello

del Palladio a Vicenza, dell' Aleotti a Parma, nel1618.

48

E non è un caso, quindi, se ancora nell'800

i l

codice Zanardelli si preoccupava di

rendere obbligatoria l'osservanza delle prescrizioni fomite dall'Autorità, a tutela

dell'incolumità pubblica, per l'apertura di luoghi di pubblico spettacolo o ritrovo.

Tra l'altro, non è neppure un caso se l'articolo 78 del Tulps emanato in attuazione

del codice penale Zanardelli prevedeva, specificatamente, la necessità di far

verificare ad una apposita commissione tecnica la solidità e la sicurezza, in

funzione antincendi, dei teatri ed altri locali di pubblico spettacolo.

Su questa specifica connessione tra teatro e prevenzione incendi

si

potrebbe

continuare ad argomentare, precisando che l'articolo 80 del vigente Tulps

ripropone parola per parola l'originaria formulazione del testo del 1926 come, tra

l'altro, non

è

superfluo evidenziare che i primi luoghi ad ospitare delle proiezioni

cinematografiche furono dei teatri adattati per l'occasione con uno schermo.

Inizialmente, infatti, essendo i film muti, non servivano apparecchiature per la

riproduzione del sonoro, e una qualsiasi stanza

si

adattava alle esigenze. Spesso, i

proprietari dei locali ingaggiavano dei musicisti, in genere un pianista, per

accompagnare musicalmente lo spettacolo.

Con l'avvento del sonoro, anche i cinematografi dovettero adattarsi alle nuove

esigenze di quello che stava iniziando a diventare un ricco affare, e nacquero le

prime vere e proprie sale cinematografiche, dedicate esclusivamente alla

proiezione di film. Il più antico cinema italiano, inaugurato i l

15

dicembre 1905 e

47

Da Wikipedia: Luigi XIll di Borbone, detto il Giusto (Fontainebleau, 27 settembre 1601- Saint-

Germain-en-Laye, 14 maggio 1643),

fu

Re di Francia dal1610 alla sua morte. Nato nel Castello di

Fontainebleau, Luigi fu i l primo figlio di Enrico IV e di Maria de' Medici. Ascese al trono all'età di

nove anni dopo l'assassinio del padre.

La

madre diventò reggente per

i l

figlio minorenne finché

questi non compì i sedici anni e le subentrò nel governo del regno.

48

Rubertis (de) N., La legislazione di pubblica sicurezza IV ed., Noccioli, Firenze, 1987, p. 463.

125

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realizzato dall'architetto Luigi Bellincioni si trova a Pisa sul retro di Palazzo

Agostini:

i l

Cinema Lumière. Il

19

ottobre

1906 vi

venne realizzato

il

primo

esperimento di sonorizzazione

di

pellicole da parte del professore Pietro Pierini

dell'Università

di

Pisa, brevettato dalla Fabbrica pisana

di

pellicole parlate sotto la

dizione 'Sistema elettrico per sincronismo

di

movimenti' e, dopo averne

migliorato

i l

funzionamento, come 'Isosincronizzatore'. Cinema e teatro sono,

quindi, per antonomasia, i luoghi in cui all'epoca della redazione del codice e del

relativo Tulps maggiormente elevata era la necessità

di

verificare le condizioni

di

sicurezza a tutela dell'incolumità pubblica.

E,

a dire il vero, cinema e teatri

continuano tutt'oggi a prevalere rispetto alle altre tipologie

di

trattenimento per

quanto riguarda la tutela della incolumità pubblica

se nel d.m.

19

agosto 1996

"Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione,

costruzione ed esercizio dei locali

di

intrattenimento e

di

pubblico spettacolo"

gran parte delle disposizioni sono riservate proprio a questa tipologia di

spettacolo.

12. La regola tecnica di prevenzione incendi

per

i locali di pubblico spettacolo

La prime disposizioni a carattere tecnico, comunque, sono antecedenti a

quella positivizzata nel d.m. del 1996 e risale, infatti, all'anno 1951, quando fu

emanata la circolare n.

16

del

15

febbraio di tale anno che recava "Norme di

sicurezza per la costruzione, l'esercizio e la vigilanza dei teatri, cinematografi ed

altri locali di spettacolo in genere".

A dire

il

vero la circolare del 1951, non contiene delle vere e proprie regole

tecniche nella accezione letterale del termine,

49

ma comunque delle prescrizioni

49

Si è già rilevato che solo una conoscenza di tipo scientifico, basata quindi su osservazioni

ripetibili, può garantire una valutazione sensata della sicurezza e, quindi, rende possibile la

determinazione delle regole tecniche. Più di recente, le regole tecniche vengono predisposte

dall'UNI Ente Nazionale Italiano di Unificazione che è un'associazione privata senza scopo di

lucro, i cui soci, oltre 7000, sono imprese, liberi professionisti, associazioni, istituti scientifici e

scolastici, realtà della pubblica Amministrazione. Svolge attività normativa in tutti i settori

industriali, commerciali e del terziario

ad

esclusione

di

quello elettrico ed elettrotecnico di

competenza del CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano. Il ruolo dell'UNI, quale Organismo

nazionale italiano di normazione, è stato riconosciuto dalla Direttiva Europea 83/189/CEE del

126

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che le commissioni provinciali di vigilanza pubblico spettacolo hanno sempre

rispettato anche se, sotto quest'aspetto la dottrina tecnica non è concorde. Per certi

autori, infatti, queste norme sono fondamentali e da tenere ben presenti

50

, per altri

sussiste qualche dubbio

di

natura giuridica sulla valenza delle prescrizioni in

relazione alla conseguenza per il loro inadempimento.

51

Comunque, a prescindere dalla distinzione tra "norma", precedentemente usata, e

"regola tecnica", usata per la prima volta dal legislatore con il d.m. 9 aprile 1994

in materia di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività

ricettive turistico-alberghiere, con il d.m.

19

agosto 1996 è stata introdotta

nell'ordinamento la "Nuova regola tecnica di prevenzione incendi per la

progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di trattenimento e di pubblico

spettacolo".

Come il titolo puntualmente afferma, si tratta di una "regola tecnica" cioè di un

complesso di indicazioni, che vanno ad abrogare e sostituire, in parte, quelle del

1951 contenute nella circolare e dirette, in quanto tali e per la loro specificità ad

un organo altrettanto tecnico, i Vigili del Fuoco, ma anche al soggetto che intende

costruire e successivamente gestire un locale di pubblico spettacolo, a lui

fornendo il necessario supporto anche definitorio in materia di prevenzione.

E'

avvenuto

52

,

invece, che sia stato creato un testo organico e coordinato utilizzato

non solo in materia, appunto, di prevenzione incendi, ma quale indispensabile

marzo 1983, recepita dal Governo con la legge

n.

317 del

21

giugno 1986. L'UNI partecipa, in

rappresentanza dell'Italia, all'attività normativa degli organismi sovranazionali di normazione: ISO

(Intemational Organization for Standardization) e CEN (Comité Européen de Normalisation).

L'UNI è stato costituito nel 1921, con la sigla "UNIM", a fronte dell'esigenza dell'industria

meccanica di unificare le tipologie produttive, facilitare l'intercambiabilità dei pezzi, ecc.

Da

allora, l'attività di normazione ha assunto sempre più importanza nel contesto economico del

paese: già nel 1928 la Confindustria ne riconobbe i l ruolo fondamentale per l'economia e ne

promosse l'estensione a tutti i settori industriali: l'UNIM si trasformò così anche formalmente e la

sigla che lo contraddistingueva perse la "emme" finale, diventando l'attuale UNI

5

°Celli R., Manuale di polizia amministrativa, le funzioni attribuite ai comuni dal D.P.R. 616, cit.

~ 3 7 3

1

Romeo G., Locali di pubblico spettacolo, II ed. Maggioli, Repubblica di San Marino, 2002, p.

38

52

In tal senso Manzione

A.

La

licenza di agibilità ed

il

certificato di prevenzione incendi: aspetti

interessanti l'attività di polizia amministrativa ed i controlli della P.M. Relazione al convegno

nazionale di Polizia locale, Atti del convegno cit.

127

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vademecum per le commissioni di vigilanza preposte alla verifica della agibilità

dei locali

di

trattenimento e/o spettacolo.

Da una lettura attenta delle due disposizioni, invece, la circolare del 1951 e la

regola tecnica del 1996 appare ben chiaro che i contenuti della circolare erano

direttamente collegati al procedimento autorizzatorio per l'apertura

di

un cinema o

di

un teatro che, antecedentemente al 1998 era del Ministero del turismo e

spettacolo in base alla legge 4 novembre 1965, n. 1213 "Nuovo ordinamento dei

provvedimenti a favore della cinematografia". Successivamente, l'art. 31 della

legge 1213 del 1965, la cui rubrica recita "Apertura di sale cinematografiche"

53

è

stato novellato dall'art 4 del d.lgs 8 gennaio 1998, n. 3, nel senso che segue:

53

L'originaria formulazione dell'art.

31

"apertura nuove sale" della legge 1213 del 1965, era la

seguente:

La costruzione, la trasformazione e l'adattamento di immobili da destinare a sale e arene per

spettacoli cinematografici, nonché l'ampliamento di sale o arene cinematografiche già in attività

sono subordinati ad autorizzazione del ministro per il turismo e lo spettacolo.

E'necessaria l'autorizzazione anche per adibire un teatro a sala per proiezioni cinematografiche.

I criteri per la concessione dell'autorizzazione prevista dai precedenti commi e dall'articolo 33

sono determinati ogni due anni con decreto del ministro per il turismo e lo spettacolo, sentito il

parere della commissione centrale per la cinematografia, sulla base dell'incremento della

frequenza degli spettatori e delle giornate di attività verificatasi in ciascun comune o frazione o

località, nelle sale cinematografiche funzionanti da almeno un biennio.

Possono consentirsi deroghe ai criteri predetti per soddisfare le esigenze cinematografiche di zone

periferiche e

di

quartieri coordinati (c.e. p.) o realizzati in base alla legge

18

aprile 1962, n. 167, per

migliorare la capacità ricettiva degli esercizi cinematografici e per consentire l'apertura di nuove

sale nei comuni, nelle frazioni e nelle località che ne fossero sprovvisti o in cui esistar:to peculiari

esigenze di interesse turistico, nonché nei capoluoghi

di

provincia che non sono provvisti di sale

cinematografiche con una ricettività superiore ai 500 posti.

Può inoltre consentirsi l'apertura di sale cinematografiche, di capienza non superiore a 400 posti,

che siano esclusivamente riservate alla proiezione di film prodotti per i ragazzi, di programmi

composti da soli cortometraggi premiati, di film scientifici e didattici e a manifestazioni di

carattere culturale organizzate dalla cineteca nazionale. tali sale potranno essere destinate anche a

manifestazioni organizzate dai circoli di cultura cinematografica aderenti ad associazioni nazionali

riconosciute in base all'articolo 44, per un numero annuale di giornate

di

proiezione non superiore

a 50 per ciascun circolo.

La deroga di cui al comma precedente è ammessa limitatamente a quattro sale cinematografiche

per comuni che abbiano una popolazione superiore ad un milione di abitanti, a due sale per comuni

che abbiano una popolazione tra i 400 mila e un milione di abitanti, ad una sala per comuni che

abbiano una popolazione fra 50 mila e 400 mila abitanti o siano capoluoghi di provincia.

Potrà inoltre essere consentita l'apertura di sale esclusivamente riservate alla proiezione di film

prodotti per i ragazzi anche nei comuni con popolazione inferiore a 50 mila abitanti.

L'autorizzazione per l'esercizio commerciale di cinema ambulanti è rilasciata soltanto per le

località sprovviste di sale cinematografiche.

I profughi già proprietari o esercenti di cinema nei territori di provenienza, i quali non abbiano

presentato e non presentino entro il termine perentorio di un anno dal loro rientro in patria

domanda intesa ad ottenere l'autorizzazione per ripristinare nel territorio della repubblica l'attività

128

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Solo le cosiddette multisale, in base del d.lgs 28 del 2004 avrebbero dovuto essere

autorizzate dallo Stato ma questa disposizione, come molte altre contenute nel

decreto legislativo sono già state dichiarata incostituzionali.

54

n

comma 3 dell'articolo 22 del d.lgs 28 del 2004 parzialmente dichiarato

incostituzionale ma non nella parte in esame prevede che:

"3. Sono fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 141, 141-bis e 142 del regio

decreto 6 maggio 1940, n. 635, in materia di igiene e sicurezza." In altre parole, la

commissione comunale o quella provinciale di vigilanza pubblico spettacolo sono

chiamate ad esprimersi sul progetto.

Ad

abundantiam,

il comma 2 dell'art. 4 del d.lgs. 8 gennaio 1998,

n.

3 "Riordino

degli organi collegiali operanti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri -

Dipartimento dello spettacolo, a norma dell'articolo 11, comma l, lettera a), della

L.

15 marzo 1997,

n.

59", tuttora in vigore nonostante il riordino della normativa

in materia, dispone che:

"2. L'accertamento dei requisiti tecnici, di idoneità,

di

sicurezza e di igiene per il

rilascio da parte delle autorità competenti delle autorizzazioni alla apertura dei

locali da destinare a sale per pubblici spettacoli, anche cinematografici o teatrali,

è

esclusivamente affidata alle commissioni provinciali di vigilanza, di cui

all'articolo

141 del regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di

pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 . Ai fini

del rilascio dei provvedimenti autorizzatori comunque necessari all'apertura dei

locali da destinare a spettacoli cinematografici o teatrali, il prefetto convoca una

conferenza di servizi con gli enti e le amministrazioni interessati, ai sensi

dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990,

n.

241 , come modificato dall'articolo

17

della legge 15 maggio 1997,

n.

127 [

...

]"

A piccoli passi la Conferenza dei servizi entra anche nella disciplina in materia di

cinematografi e teatri e, quindi, nei locali di pubblico spettacolo.

54

Su ricorso delle regioni Emilia Romagna e Toscana che hanno eccepito l'illegittimità di diverse

disposizioni contenute nel d.lgs 28 del 2004, la Corte si è pronunciata con sentenza 19 luglio 2005,

n.285

130

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13. La

commissione di vigilanza pubblico spettacolo

Il più volte indicato art. 80 Tulps prevede che "L'autorità di pubblica

sicurezza (oggi

il

comune) non può concedere la licenza per l'apertura di un teatro

o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una

commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite

pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio". Se, quindi, ci

si sofferma sulle competenze elencate nell'art.

141

del reg. Tulps non si può non

pervenire alla conclusione che, teleogicamente, l'organo a cui si riferisce l'art. 80

Tulps

è,

o meglio ancora deve essere, organo squisitamente tecnico.

A dire il vero, dopo l'emanazione delle regole tecniche di prevenzione incendi per

la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di

pubblico spettacolo, non è possibile non interrogarsi sulla necessità di questa

commissione, in relazione al fatto che le regole tecniche poste sono, di per se,

prescrizioni. In tal senso si è già espressa la giurisprudenza

55

la quale ha affermato

che "Configura il reato previsto dagli artt.

681

c.p. e 80 r.d. n. 773 del 1931 la

gestione di una piscina

56

con impianto di acquascivolo, con licenza di agibilità

decaduta per il mancato adeguamento alle prescrizioni del

d.m.

18 marzo

1996

n.

61

57

previste per gli impianti sportivi, in quanto anche nelle piscine con

acquascivolo può effettuarsi attività natatoria, che è qualificabile come attività

sportiva, e pertanto debbono essere applicate le prescrizioni volte a garantire la

sicurezza dei frequentatori contro il rischio di cadute e di annegamenti."

Tuttavia, l'articolo 3 del citato d.m.

18

marzo 1996 emanato dal Ministro

dell'interno, dispone che:

"Il comune sottopone il progetto alla commissione provinciale di vigilanza, per

l'esercizio da parte di quest'ultima delle attribuzioni di cui all'art. 80 del Testo

55

Cass. Pen. Sez. l, 9 febbraio 2005,

n.

8101.

56

In base al Tulps anche le piscine sono considerate locali di intrattenimento e, in quanto tali,

soggette alla licenza di cui all'art. 68 previa verifica dell'agibilità prevista dall'art. 80 del

medesimo testo unico.

57

Il d.m. 18 marzo 1996 reca "Norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio degli impianti

sportivi"

131

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Unico delle leggi di pubblica Sicurezza approvato con regio decreto

18

giugno

1931, n. 773, la quale redige apposito verbale con motivato parere circa la

conformità dell'impianto alle presenti norme.

n

verbale di cui innanzi deve essere allegato ai documenti che a lavori ultimati il

richiedente è tenuto a presentare al comune per la domanda di visita di

constatazione, unitamente alla certificazione di idoneità statica ed impiantistica,

nonché agli adempimenti previsti dal decreto del presidente della repubblica 29

luglio 1982, n. 577

58

,

ai

fini della prevenzione incendi.

La commissione provinciale di vigilanza esegue la visita di constatazione e redige

apposito verbale esprimendo il proprio parere di competenza ai sensi delle

combinate disposizioni di cui all'art. 80 del Testo Unico delle leggi di pubblica

Sicurezza e all'art.

19 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,

n. 616, che viene trasmesso al sindaco

ai

fini del rilascio della licenza di agibilità.

Alla commissione di Vigilanza deve essere aggregato, a titolo consultivo, un

rappresentante del C.O.N.I. dal medesimo designato."

In pratica, sia la regola tecnica per gli impianti sportivi sia le disposizioni sottese

all'apertura di nuovi cinematografi (in attesa delle disposizioni regionali)

chiamano in causa la commissione provinciale di pubblico spettacolo. Starà

all'interprete, compito certamente arduo, sistematizzare le diverse disposizioni

58

Sui contenuti del d.P.R. 29 luglio 1982 n. 577 "Approvazione del regolamento concernente

l'espletamento dei servizi antincendi" ci si è già soffermati, anche in relazione al fatto che questo

decreto è stato abrogato. A dimostrazione, tuttavia, della necessità di un intervento di

sistematizzazione complessivo della normativa in vigore mediante le predisposizione di testi unici,

si riporta, qui di seguito, la nota apposta al decreto in questione nella banca dati delle leggi

d'Italia:

TI

presente decreto è stato abrogato dall'art. 35, D.Lgs. 8 marzo 2006,

n.

139,

limitatamente agli articoli

l;

2; 3, commi l e 2, numeri

l)

e 2); 7;

8;

10, successivamente

all'emanazione del decreto di cui all'articolo 21, comma 2, del citato decreto legislativo

n.

139 del

2006; 11, ad eccezione dei commi 2, 3, 4 e 5, da mantenere in vigore fino all'emanazione del

decreto di cui all'articolo 21, comma 2, del suddetto decreto legislativo

n.

139 del2006; 12; 17; 20,

ad eccezione dei commi 2, 3, 4 e 5, da mantenere in vigore fino all'emanazione del decreto

di

cui

all'articolo 22, comma 3 del decreto legislativo

n.

139 del 2006." In pratica, pare proprio che

ai

tempi attuali si tenga in nessuna considerazione ciò che,

ai

tempi della stesura del codice Pen. nella

Relazione al Re

Zanardelli affermava convinto che "le leggi devono essere scritte in modo che

anche gli uomini di scarsa cultura possano intenderne

i l

significato; e ciò deve dirsi specialmente

di un codice Pen.,

i l

quale concerne un grandissimo numero

di

cittadini anche nelle classi popolari,

ai

quali deve essere dato modo di sapere, senza bisogno d'interpreti, ciò che dal codice

è

vietato",

in Codice Pen. del Regno d'Italia, illustrato con le principali decisioni delle corti del Regno (a cura

di A.Bruno) XII ed. Barbera editore, Firenze, 1927

132

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tenuto conto che il d.P.R. 577 del 1982 è stato abrogato, non è competenza del

sindaco il rilascio della licenza di agibilità e, fatto ancor più eclatante, non esiste

neppure una "licenza di agibilità" ma soltanto una "verifica" tecnica propedeutica

al

rilascio della licenza di esercizio.

14.

La commissione comunale

La composizione della commissione comunale di vigilanza pubblico

spettacolo, secondo quanto previsto dal d.p.R. 311 del 2001 sui cui contenuti e

imprecisioni ci si è già soffermati, mutua la composizione della commissione

provinciale ante riforma, con le uniche necessarie sostituzioni del sindaco o di un

suo delegato, che presiederà la commissione in luogo del prefetto. Il comandante

della locale polizia municipale che assumerà l'incarico di componente

al

posto del

questore e l'ingegnere capo del comune in luogo dell'ingegnere del Genio civile.

Restano immutati i componenti esterni, come il comandante dei vigili del fuoco, il

dirigente medico e l'esperto in elettrotecnica.

Non

c'è

stato sforzo di elaborazione nella modifica di questa composizione. Non

si è, in sostanza, analizzata la complessità di una struttura e le connesse

problematiche della sicurezza che, nel terzo millennio, sono riconducibili anche

ad altri settori oltre a quelli propri dell'elettricità. Ma la questione, alla fin fine, è

irrilevante per un duplice ordine di motivi. Il primo è quello connesso

al

fatto che

i consigli comunali già con l'art. 19 del d.P.R. 616 del 1977 sono titolati a

determinare procedure e competenze dei propri organi in relazione all'esercizio

delle funzioni. Il secondo motivo è che il novellato art.

117

Cost. dispone che "I

Comuni, [ ...] hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina

dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite."

La questione connessa all'autonomia normativa degli enti titolari di funzione è già

stata dettagliatamente presa in esame. Tuttavia, alcune riflessioni con riferimento

specifico alla disciplina del procedimento, cioè alla definizione delle regole che le

amministrazioni, una volta definita la loro organizzazione,

si

danno quanto allo

svolgimento delle attività è ancora utile, anche in relazione alla novella

133

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dell'articolo 29 della

L

241 del 1990 introdotta dalla legge

15

del 2005 che, in

termini forse non chiarissimi, sancisce l'assenza di una riserva allo Stato in

materia di procedimento amministrativo.

Le regole sul procedimento sono in gran parte regole sull'organizzazione, nel

senso che l 'articolazione delle attività di esercizio di una funzione amministrativa

costituisce in buona misura una scelta relativa alla loro organizzazione. Poiché

però, le norme sul procedimento hanno effetto anche sulle posizioni giuridiche dei

cittadini coinvolti dall'azione dell'amministrazione (partecipazione, accesso,

accordi, termine e così via) si pone il problema di garantire una soglia minima di

uniformità (o dei principi generali sul procedimento sicuramente applicabili a tutte

le amministrazioni, anche se dotate di autonomia normativa).

Il legislatore statale ha cercato di dare una risposta esaustiva introducendo, con la

legge n.

15 del 2005 una nuova versione dell'art. 29 della legge

n.

241 del 1990;

che correttamente delimita il campo di applicazione diretto della legge sul

procedimento ai "procedimenti amministrativi che si svolgono nell'ambito delle

amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali", proprio con riferimento

alla riserva statale della lett. g) dell'art. 117, comma 2 (a conferma della stretta

relazione tra organizzazione e procedimento)".

La

scelta di qualificare i principi della legge sul procedimento come principi

derivanti dalla Costituzione è avvenuta senza alcuna contestazione da parte delle

Regioni che non hanno eccepito i l difetto di competenza dello Stato nella materia,

con ciò facendo una sorta di "acquiescenza" rispetto a una scelta che nel caso

specifico non appare del tutto incongrua.

59

Se lo Stato, quindi, non solo può, ma deve, determinare principi e livelli essenziali

di prestazioni pubbliche la conclusione

è

che non sia configurabile, anche in

questo campo, alcuna riserva in favore dell'autonomia normativa locale, ma che

l'unica protezione possibile di quest'ultima risiede nei limiti entro i quali lo Stato

59

Merloni F.,

Riflessioni sull'autonomia normativa degli enti locali,

in

Le

Regioni", n. l febbraio

2008 p. 103

ss

134

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può condizionare, con disposizioni relative ai principi e ai livelli essenziali delle

prestazioni la organizzazione delle funzioni.

Tale necessità riguarda ancor di più una materia, come quella in esame, in cui si

materializza il paradosso di una funzione assegnata

ai

comuni, con l'art.

19

del

d.P.R. 616 del 1977 rubricato "polizia amministrativa" che rientra, in parte, nelle

competenze esclusive dello Stato. L'attività di prevenzione ed estinzione degli

incendi nonché quella, più in generale, di tutela della incolumità delle persone,

rientrano, infatti, nell'ambito della cosiddetta "attività di pubblica sicurezza", di

cui i vigili del fuoco costituiscono una specificazione ratione materiae (Consiglio

di Stato- I Sezione parere n. 1571/78 del 12 gennaio 1979).

Comunque, questo è un aspetto che sarà successivamente preso in considerazione

proprio

in

relazione alla necessità di coordinare e sistematizzare l'attuale quadro

normativa di riferimento.

Ancor prima di prendere in esame la composizione della commissione, è utile

rilevare altre questioni contenute nella disciplina in questione.

Il

parere della commissione,

ad

esempio, afferma il VII comma dell'art.

41

bis del

reg. Tulps che il parere "deve sempre essere dato per iscritto e con l'intervento di

tutti i componenti." Sul contributo specifico che viene

ad

essere richiesto ai

componenti la giurisprudenza non è ricca ma, comunque, significativa laddove

afferma che "Per la formulazione di tali pareri alla commissione incombe

l'obbligo di acquisire, con istruttoria diretta (sopralluoghi) e in ogni altro modo

opportuno, documentazione e quanto altro ritenuto necessario. Salvi i casi di

delega previsti dalla normativa nell'espletamento dell'attività istruttoria, ciascun

componente ha il dovere di informarsi in ogni aspetto concernente la sicurezza e

l'igiene del locale di pubblico spettacolo e, contemporaneamente, ha diritto di

essere parimenti informato, sì da essere posto in grado di attendere, con pienezza

di cognizione, all'ufficio nel quale

è

stato chiamato, senza che rilevi distinzione

alcuna, sia in relazione alla posizione istituzionale (presidente) sia con riferimento

alla provenienza burocratica o sociocorporativa di ciascuno dei commissari.

Nell'ambito di tale divieto-dovere rientra anche quello di richiedere che gli altri

135

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componenti la commissione si attivino, ponendo a disposizione le eventuali

specifiche competenze, ove a essa occorra far ricorso. La posizione

di

garanzia

attribuita alla detta commissione e a ciascun componente, sotto i profili sopra

considerati, comporta, nell'ipotesi in cui, per colpa, sia generica che specifica, cioè

per negligenza o imprudenza nell'espletamento del proprio ufficio, ovvero per

imperizia nell'individuazione delle "misure e cautele" atte ad impedire la

verificazione dell'evento a rischio, oppure per violazione di "leggi" regolamenti

ordini o discipline, a quello scopo finalizzati, non siano eliminate

le

situazioni

di

pericolo ovvero non siano state disposte le misure e le cautele necessarie a

prevenirle, qualora l'evento (dal legislatore) temuto

si

verifichi, e sia individuato

un rapporto di (con) causalità tra questo e la condotta (omissiva); ciascun

componente della commissione in questione legittimamente viene chiamato a

rispondere, a titolo

di

colpa,

di

quell'evento che la sua condotta ha concorso a

cagionare. (Fattispecie di incendio di locale adibito a cinema, con conseguente

morte

di

molte persone. La Corte ha ritenuto non fondata la tesi difensiva secondo

cui ciascun componente della commissione provinciale

di

vigilanza

rappresenterebbe

un

determinato ufficio

e,

pertanto, si attiverebbe ed

esprimerebbe parere solo in relazione alle specifiche competenze funzionali

attinenti tale ufficio. Il parere della commissione, cioè, unitario sotto l'aspetto

formale,

si

risolverebbe nella somma

di

pareri individuali, ciascuno incentrato

sulle competenze specifiche del componente interpellato).

60

La commissione

permane quindi un collegio perfetto.

15.

La

composizione della commissione

Specificatamente, per quanto riguarda la composizione della commissione,

l'art. 141-bis del regolamento, così come modificato dal d.P.R.

311

del

2001

prevede che:

60

Cass. Pen. Sez. fer. 9 agosto 1990, in Cass. pen. 1992, 757

136

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sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo

prontamente in caso di incendio, non già per quanto riguarda la prevenzione in

materia acustica."

62

Sembra, a tale riguardo, in senso opposto

i l

contenuto del V comma del medesimo

art.

141

bis nella parte in cui prevede l'intervento della commissione comunale

non soltanto per questioni connesse alla prevenzione incendi bensì in

un'accezione più ampia legata, quindi, alla sicurezza in senso lato "quando sono

impiegate attrezzature da trattenimento, attrazioni o giochi meccanici,

elettromeccanici o elettronici" In

tal caso "è comunque richiesta una relazione

tecnica di un tecnico dalla quale risulti la rispondenza dell'impianto alle regole

tecniche di sicurezza". La sicurezza per l'intero settore dello spettacolo viaggiante

è stata disciplinata recentemente. Le nuove norme sono contenute nel decreto del

Ministero dell'interno del 18 maggio 2007 pubblicato in G.U. del 14 giugno n.

136

che reca "Norme di sicurezza per le attività di spettacolo viaggiante". Il

decreto, a dire il vero, va ben al di là di quello che la rubrica recita, anche se

risolve la situazione di stallo che

si

era determinata con l'entrata in vigore del

decreto 8 novembre 1997. Con questo decreto, infatti, era stata sospesa

l'attuazione delle disposizioni del punto 7.7 della "regola tecnica" che riguarda

specificatamente le attrazioni per lo spettacolo viaggiante, allegata al decreto del

Ministro dell'interno

19

agosto 1996, "Approvazione della regola tecnica di

prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di

intrattenimento e di pubblico spettacolo" di cui

si

è già trattato.

Le norme sulla sicurezza emesse dal Ministero dell'interno sono diretta

conseguenza dell'emanazione delle norme UNI EN 13814 del2005, nel senso che

ogni aspetto tecnico inserito nel decreto di maggio è la riproposizione di quanto

dispone la norma tecnica uniforme.

Tra le competenze della commissione di vigilanza pubblico spettacolo rientra

anche quella di verifica dei giochi di cui alla legge 6 ottobre 1995, n. 425

63

e alle

62

In tal senso T.a.r. Lazio, Sez. Il, 27luglio

1994, n.

926

138

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disposizioni del relativo regolamento di attuazione. D regolamento di attuazione

della legge 425 non

fu

mai emanato ma tutta

la

disciplina in materia di apparecchi

da intrattenimento, in relazione alla omologa dei prototipi, è di competenza

esclusiva dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.

16. La

competenza del sindaco

A proposito della composizione della commissione (tecnica) di vigilanza,

prevista dall'art. 141bis

64

reg. Tulps e della partecipazione del sindaco ai lavori

63

Porta

la

firma dei deputati Gasparri, Rositani, La Russa, D'Onofr io, Cardiello, Mascone, Tagini,

Del Noce e Pezzoli, la proposta di legge presentata il 15 aprile 1994 che attraverso la modifica,

ancora una volta, dell'art. 110 del Tulps

ha

rivoluzionato il concetto stesso del trattenimento. Gli

intenti potevano essere lodevoli. Come risulta dai lavori parlamentari: "scopo delle modifiche è di

rendere giustizia ad un settore troppo dimenticato e di consentire che, oltre alla tipologia

universalmente riconosciuta di apparecchi da trattenimento (videogiochi, flipper,

elettrogrammofoni) il settore possa finalmente accedere all'utilizzo di questi apparecchi che

consentano, come di fatto già consentono nei luna park e nei parchi attrezzati

(nda vedi legge 18

marzo 1968

n. 337

e decreto interministeriale 23 aprile 1969),

la vincita di piccoli premi. Se ne

ricaverebbe, continua la relazione alla proposta di legge, un beneficio enorme sotto il profilo

morale: le modestissime vincite in natura scoraggerebbero

la

pratica del gioco d'azzardo in quanto

la gratificazione viene raggiunta appunto mediante il premio consentito; premio in natura che

certamente devierebbe dal premio in denaro, con beneficio sia dei gestori che dei fruitori.

La

vincita, in sostanza, appaga; quando essa rimane circoscritta nel modo da noi indicato, non è

socialmente pericolosa ma soddisfa semplicemente quella parte di vanità che è in ogni essere

umano".

Il disegno di legge, nella seduta dell'li luglio 1995, venne approvato all'unanimità dalla X

commissione della Camera dei Deputati. Il 2 agosto dello stesso anno, il testo licenziato fu preso in

esame dalla corrispondente commissione del Senato che dopo la pausa estiva lo approvò nella

seduta del 13 settembre 1995 non senza aver attentamente valutato i rischi che avrebbero potuto

conseguire alla diffusione di questi apparecchi da trattenimento. Alcuni componenti della

commissione del Senato, in pratica, manifestarono preoccupazione per la facilità con la quale gli

apparecchi da trattenimento potevano essere trasformati da leciti in illeciti consentendo il gioco

d'azzardo e i l rischio dell'infiltrazione della criminalità organizzata in questo bussines. Ma furono

inascoltati con le conseguenze che oggi sono davanti agli occhi di tutti.

64

Art. 141-bis reg. Tulps

Salvo quanto previsto dall'articolo 142, la commissione di vigilanza e' comunale e le relative

funzioni possono essere svolte dai comuni anche in forma associata.

La

commissione comunale di vigilanza e' nominata ogni tre anni dal sindaco competente ed e'

composta:

a) dal sindaco o suo delegato che la presiede;

b) dal comandante del Corpo di polizia municipale o suo delegato;

c) dal dirigente medico dell'organo sanitario pubblico di base competente per territorio o da un

medico dallo stesso delegato;

d) dal dirigente dell'ufficio tecnico comunale o suo delegato;

e) dal comandante provinciale dei Vigili del fuoco o suo delegato;

t) da

un

esperto in elettrotecnica.

139

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della stessa che, peraltro, è da lui presieduta, non si possono nascondere dubbi di

illegittimità della norma in questione.

E'

innegabile, come peraltro si

è

già

affermato, che nessuna elaborazione è stata svolta per determinare la

composizione della commissione. Si

è

chiarito, infatti, che laddove

c'era

il

prefetto è stato previsto, per assonanza, il sindaco.

Ma

se la presidenza affidata al

prefetto nella commissione provinciale di vigilanza pubblico spettacolo la cui

composizione e funzioni sono disciplinate dal successivo art. 142

65

reg. Tulps

è

Alla commissione possono essere aggregati, ove occorra, uno o piu' esperti in acustica o in altra

disciplina tecnica, in relazione alle dotazioni tecnologiche del locale o impianto da verificare.

Possono altresì' far parte, su loro richiesta, un rappresentante degli esercenti locali di pubblico

spettacolo e un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori designati dalle

rispettive organizzazioni territoriali, tra persone dotate di comprovata e specifica qualificazione

professionale.

Quando sono impiegate attrezzature da trattenimento, attrazioni o giochi meccanici,

elettromeccanici o elettronici e' comunque richiesta una relazione tecnica di un tecnico esperto,

dalla quale risulti la rispondenza dell'impianto alle regole tecniche di sicurezza e, per i giochi di

cui alla legge 6 ottobre 1995, n. 425, alle disposizioni del relativo regolamento di attuazione.

Per ogni componente della commissione possono essere previsti uno o piu' supplenti.

Il parere della commissione e' dato per iscritto e deve essere adottato con l'intervento di tutti i

componenti.

Gli accessi della commissione sono comunicati al destinatario del provvedimento finale, che puo'

parteciparvi, anche mediante proprio rappresentante, e presentare memorie e documenti.

Per l'esercizio del controllo di cui all'articolo 141, primo comma, lettera e), il presidente, sentita la

commissione, individua i componenti delegati ad effettuarli e, comunque, un medico delegato dal

dirigente medico dell'organo sanitario pubblico di base competente per territorio, il comandante

dei Vigili del fuoco o suo

delegato, o, in mancanza, altro tecnico del luogo.

65

Art. 142 reg. Tulps

Relativamente ai locali o agli impianti indicati nel presente articolo e quando la commissione

comunale non e' istituita o le sue funzioni non sono esercitate in forma associata, ai compiti di cui

al primo comma dell'articolo

141

provvede la commissione provinciale di vigilanza.

La commissione provinciale di vigilanza e' nominata ogni tre anni dal prefetto ed e' composta:

a) dal prefetto o dal Vice prefetto con funzioni vicarie, che la presiede;

b) dal Questore o dal vice Questore con funzioni vicarie;

c) dal sindaco del comune in cui si trova o deve essere realizzato il locale o impianto o da un suo

delegato;

d) dal dirigente medico dell'organo sanitario pubblico di base competente per territorio o da un

medico dallo

stesso delegato;

e) da un ingegnere dell'organismo che, per disposizione regionale, svolge le funzioni del genio

civile;

f)

dal comandante provinciale dei Vigili del fuoco o suo delegato;

g) da un esperto in elettrotecnica.

Possono essere aggregati, ove occorra, uno o più esperti in acustica o in altra disciplina tecnica, in

relazione alle dotazioni tecnologiche del locale o impianto da

verificare.

Possono altresì' far parte, su loro richiesta, un rappresentante degli esercenti locali di pubblico

spettacolo e un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori designati dalle

rispettive organizzazioni territoriali, tra persone dotate di comprovata e specifica qualificazione

professionale.

140

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perfettamente giustificata, così non è per il sindaco che opererebbe, a proposito

delle funzioni trasferite, in qualità di capo dell'amministrazione e non in qualità di

autorità locale di pubblica sicurezza o di ufficiale di Governo.

Tra l'altro come appare dalla lettura dell'articolo 142 regolamento Tulps il

prefetto può essere sostituito soltanto dal vice prefetto con funzioni vicarie e non

da un qualsiasi altro soggetto seppur munito di delega.

l

convincimento che il sindaco presiede la commissione comunale in qualità

di

capo dell'amministrazione e non in veste di ufficiale del Governo è motivata non

dal fatto che la commissione in questione può essere presieduta anche da un suo

delegato,

noto, infatti, che il sindaco anche in materia di Stato civile può

delegare funzionari comunali all'espletamento delle funzioni) bensì in relazione

ad altra disposizione contenuta all'interno dell'articolo 142 del medesimo reg.

Tulps.

In tale disposizione, e precisamente all'ottavo comma, è previsto che "Per

l'esercizio del controllo di cui all'articolo 141, primo comma, lettera e), la

commissione provinciale può delegare il sindaco o altro rappresentante del

comune in cui trovasi il locale o impianto da visitare, che provvede avvalendosi

Per ogni componente possono essere previsti uno o più supplenti, commissione provinciale.

Relativamente alla composizione delle sezioni, ferma restando la facoltà di avvalersi di supplenti,

il Questore puo' delegare un ufficiale di pubblica sicurezza appartenente all'ufficio o comando di

polizia competente per territorio e l'ingegnere con funzioni del genio civile può essere sostituito

dal dirigente dell'ufficio tecnico comunale o da un suo delegato.

Il parere della commissione o della sezione e' dato per iscritto e deve essere adottato con

l'intervento di tutti i componenti. Si osservano le disposizioni dei commi quarto e settimo

dell'articolo 141-bis.

Per l'esercizio del controllo di cui all'articolo 141, primo comma, lettera e), la commissione

provinciale può delegare il sindaco o altro rappresentante del comune in cui trovasi il locale o

impianto da visitare, che provvede avvalendosi del personale specificamente indicato dall'ottavo

comma dell'articolo 141-bis.

Fuori dei casi di cui al comma precedente e di cui all'articolo 141, secondo e terzo comma, la

verifica da parte della commissione provinciale di cui al presente articolo e' sempre prescritta:

a) nella composizione di cui al primo comma, eventualmente integrata con gli esperti di cui al

secondo comma, per i locali cinematografici o teatrali e per gli spettacoli viaggianti di capienza

superiore a 1.300 spettatori e per gli altri locali o gli impianti con capienza superiore a 5.000

spettatori;

b) con l'integrazione di cui all'articolo 141-bis, terzo comma, per i parchi di divertimento e per le

attrezzature da divertimento meccaniche o elettromeccaniche che comportano sollecitazioni fisiche

degli spettatori o del pubblico partecipante ai giochi superiori ai livelli indicati con decreto del

Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro della sanità.

141

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del personale specificamente indicato dall'ottavo comma dell'articolo 141-bis."

L'articolo 141, primo comma lett. a, alla quale viene fatto riferimento, prevede tra

i compiti delle commissioni di vigilanza (sia provinciale che comunale) anche

quello di "controllare con frequenza che vengano osservate le norme e le cautele

imposte e che i meccanismi di sicurezza funzionino regolarmente, suggerendo

all'autorità competente gli eventuali provvedimenti."

E'

chiaro, a tale riguardo, che l'autorità competente chiamata in causa è quella di

pubblica sicurezza preposta alla pubblica incolumità e, di conseguenza,

se

il

sindaco operasse in tale veste, la norma sarebbe priva di senso logico, in quanto

dovrebbe dialogare con se stesso.

Perplessità sulla legittimità del conferimento al sindaco della funzione di

presiedere la commissione comunale di vigilanza pubblico spettacolo sussistono

peraltro, con riferimento all'art.

118

Cost. che esclude l'allocazione delle funzioni

con uno strumento diverso dalla legge e, per quanto di specifico, con quanto

disposto alla lettera b) comma l dell'art. 54 "Attribuzioni del sindaco nei servizi

di competenza statale" del Tuel

66

: "Il sindaco, quale ufficiale del Governo,

sovrintende [ ... ] allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia

di

pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria".

Il prefetto presiede la commissione provinciale di pubblico spettacolo chiamata ad

esprimersi, "eventualmente integrata con gli esperti di cui al secondo comma, per

i locali cinematografici o teatrali e per gli spettacoli viaggianti di capienza

superiore a 1.300 spettatori e per gli altri locali o gli impianti con capienza

superiore a 5.000 spettatori"

67

Si

è

già dato atto che il comma 3 dell'art. 20, del d.lgs

139

del2006

68

prevede che

il prefetto può disporre la sospensione dell'attività nelle ipotesi in cui i soggetti

responsabili omettano [ ... ] i servizi di vigilanza nei locali di pubblico spettacolo

66

Si tratta del d.lgs. 18 agosto 2000

n.

267 "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti

locali"

67

La

disposizione

è

contenuta all'ultimo comma, lettera a) dell'articolo 142 reg. Tulps

68

Il decreto legislativo 8 marzo 2006,

n.

139 reca norme di "Riassetto delle disposizioni relative

alle funzioni ed

ai

compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo

11

della

legge 29 luglio 2003,

n.

229"

142

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ed intrattenimento e nelle strutture caratterizzate da notevole presenza di pubblico

per i quali i servizi medesimi sono obbligatori." Di conseguenza non

c'è

contraddittorietà tra le due disposizioni.

E'

evidente che questa regola trae legittimazione dal fatto che il prefetto

69

è

autorità provinciale di pubblica sicurezza; ha la responsabilità dell'ordine e della

sicurezza pubblica e presiede i l Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza

pubblica. E' in relazione, quindi, alla sua specifica responsabilità nell'ordine

pubblico di cui si è visto l'incolumità pubblica si trova in una posizione collegata,

69

Certamente, oggi, la funzione fondamentale del prefetto che è quella di rappresentare, nella

provincia, il Governo nel suo insieme,: può passare in second'ordine vista la molteplicità delle

nuove funzioni attribuite. Insomma, pur

in

un contesto di marcato decentramento, il prefetto

continua a rappresentare i l nucleo centrale per la riaggregazione delle funzioni statali decentrate,

ora disperse e frantumate e, nel contempo, servire da cerniera tra centro e periferia e, soprattutto,

nel rapporto tra lo Stato e i l sistema delle autonomie locali.

Del resto, ridare un senso al prefetto che fa da cerniera all'impianto complessivo del Tulps ma la

cui figura è stata evidentemente ridimensionata con la nascita delle regioni, era compito che il

legislatore nazionale doveva necessariamente affrontare. Dagli anni 70 alla fine del secolo possono

essere individuatie

le

seguenti svolte che hanno fortemente condizionato la nascita

di

un diverso

ruolo istituzionale:

a)

La crisi della figura del prefetto a partire dagli anni settanta conseguente alla

nascita delle Regioni e al primo massiccio trasferimento delle competenze previsto dalla legge

22

luglio 1975

n.

382 e dal successivo d.p.r. 61611977; b) L'emergenza terrorismo in Italia e la svolta

nella figura dei Prefetti con la L.121181 (proprio a partire dalle competenze

di

ordine pubblico,

sicurezza e polizia amministrativa) c) La perdita di competenze di natura prettamente

amministrativa avvenuta fra gli anni

90

e 2000: invalidi civili, patenti, copie d'obbligo, etc . d) La

quasi parallela attribuzione di competenze legate alla depenalizzazione dei reati, al fenomeno

dell'immigrazione, alla garanzia dei diritti civili e di cittadinanza (da ultimo l'istituzione delle

Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato incardinate nelle Prefetture e

presiedute da Prefetti non di sede e la creazione degli Sportelli Unici).

In questo contesto, e considerato l'attuale quadro costituzionale

in

materia di autonomie locali, la

figura del prefetto riprende particolare vigore quale rappresentante del Governo centrale sul

territorio, quale coordinatore degli uffici periferici delle Amministrazioni dello Stato (si veda le

disposizioni normative con riferimento alla creazione delle Prefetture - UTG), quale autorità

provinciale di P.S. a garanzia dell'ordine e della sicurezza pubblica (si veda gli ultimi risvolti

normativi

in

base ai quali

i l

prefetto può espellere dal territorio nazionale, in specifici casi, anche

cittadini comunitari), ed infine quale ente a cui appartengono compiti di cosiddetta

amministrazione generale, da porre in essere con l'importante strumento delle conferenze

permanenti, intese quali organi che coadiuvano il prefetto nelle funzioni di coordinamento degli

uffici periferici dello Stato garantendo la leale collaborazione con il sistema delle autonomie

locali. (si veda i l d.P.R. 180/2006)

Da non dimenticare, infine, le competenze in materia di elezioni (ufficio provinciale elettorale),

racket, usura, antimafia, tossicodipendenze, pubblici spettacoli, polizia amministrativa (porto di

pistola per difesa personale, guardie giurate, istituti di vigilanza) detenzioni di animali esotici o

pericolosi, e tanto altro che è disciplinato, tuttavia, all'interno di quelle discipline speciali che

hanno caratterizzato la normazione statale dopo la codificazione e che tanta difficoltà determinano

nell'interprete.

143

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Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) che ha attribuito ai

dirigenti (e non agli amministratori) degli enti locali tutti i compiti di gestione, tra

i quali, in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti

degli stessi enti, i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui

rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel

rispetto dei criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti e dagli atti generali

di indirizzo. Insomma, parrebbe inopportuno immaginare un provvedimento

emesso dal dirigente tecnico del comune sulla base delle valutazioni di carattere

tecnico espresse dal proprio sindaco.

Peraltro, l'articolo 107 "Funzioni e responsabiltà della dirigenza" del Tuel267 del

2000 prevede, al comma 4, che "Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del

principio di cui all'articolo l, comma 4, possono essere derogate soltanto

espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative". Situazione questa

che, nel caso in esame, evidentemente non sussiste.

Ne consegue che la competenza del sindaco a presiedere la commissione prevista

dall'art. 141bis del regolamento Tulps, così come modificato dal d.P.R.

311

del

2001 viola il principio della separazione degli organi di amministrazione da quelli

di gestione.

La giurisprudenza, relativamente a questo aspetto,

è

univoca. L'emissione di

autorizzazioni (o nulla-osta e pareri) costituisce attività tipicamente gestionale, di

amministrazione concreta del territorio del tutto estranea alla funzione di indirizzo

politico. L'ordinamento degli enti pubblici ha subìto - con una serie significativa

di riforme realizzate dal 1990 ad oggi - una radicale modifica nella distribuzione

delle competenze tra gli organi politici e la dirigenza.

Il

principio guida espresso dai diversi provvedimenti legislativi ha sancito, in

pratica, la netta separazione tra le funzioni di indirizzo spettanti agli organi di

direzione politica e le attribuzioni gestionali demandate ai funzionari: i primi,

infatti, fissano

a

monte" le linee generali dell'azione amministrativa mediante

l'adozione di direttive e l'elaborazione di programmi ed al contempo esercitano

a

valle" il controllo sull'attività svolta e sul raggiungimento degli obiettivi

145

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prestabiliti; i secondi assumono tutte le iniziative a rilevanza esterna esplicando

autonomi poteri di gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa

71

L'art. 4 comma 2 del d.lgs. 30 marzo

2001

n.

165,

recante "Norme generali

sull'ordinamento del lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche"

recita testualmente: "Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti

amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso

l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa mediante

autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di

controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa della

gestione e dei relativi risultati." Analoga disposizione è stata prevista dal

legislatore all'art. 107 del d.lgs.

267

del2000.

72

In sostanza, secondo l'indirizzo dominante, il nuovo assetto dei poteri nelle

amministrazioni pubbliche è improntato ad una rigida ed effettiva separazione dei

rispettivi ruoli: da una parte i compiti di indirizzo, attribuiti al potere politico, e

dall'altra i poteri gestionali, che divengono poteri propri della burocrazia, intesa

come i l complesso degli apparati amministrativi chiamati a tradurre in pratica, nel

rispetto delle norme regolamentari poste dagli enti medesimi, gli indirizzi politici.

È stato pertanto stabilito che la ripartizione delle funzioni, delineata dalle

disposizioni vigenti, riduce gli spazi di autonomia statutaria degli enti alla sola

possibilità di disciplinare le modalità di esercizio delle competenze, mentre non

può incidere sulla loro titolarità stabilita dalla legge con chiarezza e puntualità.

73

71

T.a.r. Lombardia, Brescia, 5 ottobre 2004,

n.

1150

72

Nello stesso senso: T.a.r. Toscana Firenze, Sez. II, 16 ottobre 2008 , n. 2287; T.a.r. Sardegna

Cagliari, Sez. I, 29 settembre 2008 , n. 1794 Tra l'altro, degna di evidenza per l'argomento trattato

è "La circostanza che l'art. 54 comma

3,

d.lg. n. 267 del 2000 contempli una speciale funzione

sindacale in materia di orari di esercizi commerciali e pubblici esercizi, per far fronte a situazioni

di emergenza, non fa venir meno

i l

generale e ordinario potere di determinazione delle prescrizioni

relative alle singole autorizzazioni di polizia, ivi compresa

la

fissazione dell'orario di attività (ai

sensi dell'art. 9, Tulps), che fa capo ai dirigenti quali titolari dell'ordinaria competenza gestionale

ex art. 107, d.lg.

n.

267 del2000" T.a.r. Emilia Romagna Parma, Sez. I, 26 giugno 2008,

n.

326

73

Sempre nello stesso senso la sentenza T.a.r. Abruzzo Pescara, 12 aprile 2001

n.

408. Inoltre, in

relazione al fatto che statuti e regolamenti non sono abilitati ad incidere sul "catalogo" delle

attribuzioni dirigenziali, potendolo semmai ampliare ma giammai restringerlo per sottrazione di

competenze in favore dell'organo politico (T.a.r. Calabria Catanzaro, Sez. I 19luglio 2004

n.

1641;

T.a.r. Liguria, Sez. II 9 giugno 2003

n.

736).

146

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Ed in tale chiave esegetica non può non rammentarsi che l'art. 4 comma 3 del d.

lgs. 165 del 200 l stabilisce in via generale che le attribuzioni conferite ai dirigenti

possono essere derogate "soltanto espressamente e ad opera di specifiche

disposizioni legislative", mentre l'art. 70 comma 6 puntualizza che

a

decorrere

dal 23 aprile 1998 le disposizioni che conferiscono agli organi di governo

l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi di cui all'art.

4 comma 2 del presente decreto si intendono nel senso che la relativa competenza

spetta ai dirigenti".

Tali norme di chiusura introducono una clausola "interpretativa" generale che ha

portata ed efficacia innovativa delle previgenti disposizioni -legislative, statutarie

e regolamentari - assicurando l'obbligatoria devoluzione alla sfera di competenza

dirigenziale di tutti gli atti che non attengono all'ambito dell'indirizzo politico.

17. La

soppressione delle commissioni inutili

La legge 537 del 1993 (finanziaria 1994) nota, soprattutto, per aver

liberalizzato, con la riformulazione dell'art. 19 della legge 241 del 1990

l'esercizio delle attività economiche in tutti i casi in cui il rilascio della

autorizzazione non deve essere preceduto da valutazioni discrezionali, aveva (il

passato

è d'obbligo tenuto conto che sono trascorsi ormai più di quindici anni)

anche previsto, all'art. l comma 28, il riordino degli organi collegiali, attraverso

un percorso coerente e lineare che aveva il compito di raggiungere l'ambizioso

obiettivo di sopprimere quelli non più necessari, ovvero inutili in quanto in

contrasto con il processo di semplificazione in atto; e sostituire, laddove

necessario, gli organi collegiali con le conferenze di servizi previsti dalla legge

241 del 1990; trasferire, infine, ad organi monocratici o ai dirigenti le funzioni già

degli organi collegali, laddove possibile.

74

74

TI citato comma 28 dispone che: "Sono soppressi gli organi collegiali di cui all'allegato elenco n.

l. Con regolamento da emanarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.

400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede al

riordino di organi collegiali dello Stato, nonché di organismi con funzioni pubbliche o di

collaborazione ad uffici pubblici, conformemente ai seguenti criteri e princìpi:

147

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Non molto tempo dopo, secondo una procedura codificata dalla difficoltà di

effettuare una risolutiva ricognizione da parte di tutti gli enti per il riordino degli

organi collegiali dello Stato, nonché di organismi con funzioni pubbliche o di

collaborazione

ad

uffici pubblici, venne emanata una nuova disposizione.

n legislatore, in sostanza, seguendo la medesima procedura adottata per la

riformulazione dell'art. 19 legge

241

del 1990

75

,

e ancora una volta attraverso lo

strumento della legge finanziaria, prese in mano la situazione risolvendola con

legge.

Con l'art. 41, comma l della Legge 27 dicembre 1997

n.

449 "Misure per la

stabilizzazione della finanza pubblica" venne disposte che:

l.

Al

fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza nei tempi dei

procedimenti amministrativi, l'organo di direzione politica responsabile, con

provvedimento da emanare entro sei mesi dall'inizio di ogni esercizio finanziario,

individua i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con

funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini

istituzionali dell'amministrazione o dell'ente interessato. Gli organismi non

identificati come indispensabili sono soppressi a decorrere dal mese successivo

all'emanazione del provvedimento.

Le

relative funzioni sono attribuite all'ufficio

che riveste preminente competenza nella materia".

In sostanza, ancora una volta si utilizzava lo strumento della legge finanziaria per

dare vita, nella pubblica Amministrazione, a un sistema nuovo per fronteggiare i

a) accorpare le funzioni per settori omogenei e sopprimere gli organi che risultino superflui in

seguito all'accorpamento;

b) sostituire gli organi collegiali con le conferenze di servizi previste dall'articolo

14

della legge 7

agosto 1990,

n.

241;

c) ridurre il numero dei componenti;

d) trasferire ad organi monocratici o ai dirigenti amministrativi, ai sensi del decreto legislativo 3

febbraio 1993,

n.

29, e successive modificazioni, le funzioni deliberative che non richiedano, in

ragione del loro peculiare rilievo, l'esercizio in forma collegiale;

e) escludere la presenza di rappresentanti sindacali o di categorie sociali o economiche dagli

organi collegiali deliberanti in materia di ricorsi, o giudicanti in procedure di concorso.

75

n sistema usato con la novella dell'art. 19 dell'art. 19 della legge 241 del1990 vanificò, di fatto,

i contenuti del regolamento 26 aprile 1992 n. 300"Regolamento concernente le attività private

sottoposte alla disciplina degli articoli

19

e 20 della legge7 agosto 1990

n.

241" il quale

individuava espressamente i procedimenti soggetti a denuncia di inizio attività e a silenzio

assenso.

148

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costi della pletora di commissioni e collegi che, spesso, venivano

(e

vengono

purtroppo ancora) insediate per le più svariate finalità.

C'è da dire, a tale proposito, che la motivazione per la soppressione, come ha già

messo in rilievo la giurisprudenza, non

è

necessaria perché rappresenta

un

atto

dovuto; essa occorre invece per il suo mantenimento considerato che il

mantenimento è una eccezione alla regola

76

Peraltro, ad esempio, la commissione elettorale comunale, ad avviso del Ministero

dell'interno (nota n. 15900/64111-bis/legge 142 del22luglio 1999) non può essere

soppressa in quanto destinata a disciplinare una materia, quale è quella elettorale,

che

è

regolata da una normativa speciale e che

è

rimasta allo Stato anche alla luce

della legge n. 59 del 1997 sul decentramento delle funzioni e dei compiti dallo

Stato agli enti locali.

Va evidenziato ancora, a proposito della soppressione delle commissioni, che la

disposizione contenuta nella legge 449 del 1997 è stata riproposta, seppur con

riferimento agli enti locali, nell'art. 96 "Riduzione degli organismi collegiali" del

decreto legislativo 267 del 2000.

l. Al fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza nei tempi dei

procedimenti amministrativi i consigli e le giunte, secondo le rispettive

competenze, con provvedimento da emanare entro sei mesi dall'inizio di ogni

76

La facoltà

di

soppressione della commissione edilizia quale organo collegiale non

indispensabile, accordata alle amministrazioni comunali dall'art.

41

comma l l.

27

dicembre 1997

n.

449, risponde sia

ad

una complessiva esigenza di autonoma conformazione delle modalità di

esercizio delle funzioni amministrative di competenza comunale, derivante dal nuovo testo degli

art.

118

e

119

Cost. rispettivamente introdotto dagli art. 4 e 5 l. Cost.

18

ottobre

2001

n. 3,

sia ad

esigenze

di

economicità e di efficienza dell'azione amministrativa, presupposte - ormai - anche

quali veri e propri principi generali dell'ordinamento per effetto del combinato disposto degli art. 4

comma 3 lett. c) e 20 comma l l.

15

marzo 1997

n.

59 e successive modifiche ed integrazioni e

dell'art. l comma l l. 8 marzo 1999 n. 50; tuttavia la soppressione dell'organo in questione, non

determina

lo

svincolo dell'amministrazione da obblighi

di

istruttoria altrettanto penetranti ed

analitici, dovendosi dare conto delle ragioni non solo giuridiche, ma anche e soprattutto di

carattere tecnico che ostano all'accoglimento della domanda di condono, ad opera non già

di

un

organo collegiale, ma del responsabile del procedimento. T.a.r. Campania Napoli, Sez. II,

31

maggio 2007 , n. 5890 E ancora il T.a.r. Calabria Reggio Calabria, 28 gennaio 1999 ,

n.

48:

Dall'art. 41 comma l

l. 27

dicembre 1997

n.

449 si desume che la soppressione

di

taluni organismi

non identificati come indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali dell'amministrazione

ovvero dell'ente, è una conseguenza che discende direttamente dalla legge: mancando,

al

riguardo,

qualsiasi potestà di scelta dell'amministrazione la soppressione si configura, pertanto, come un atto

dovuto.

149

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esercizio finanziario, individuano i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni

altro organo collegiale con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la

realizzazione dei fini istituzionali dell'amministrazione o dell'ente interessato. Gli

organismi non identificati come indispensabili sono soppressi a decorrere dal

mese successivo all'emanazione del provvedimento. Le relative funzioni sono

attribuite all'ufficio che riveste preminente competenza nella materia."

Si potrebbe argomentare che la commissione comunale di vigilanza pubblico

spettacolo è commissione indispensabile ma questo riconoscimento deve,

necessariamente, essere preceduto da una valutazione che ne giustifichi il suo

mantenimento alla luce delle già indicate disposizioni normative orientate a

migliorare l'azione della pubblica amministrazione.

In sostanza, la semplificazione delle norme e delle procedure di cui tanto si parla

non può non mettere in discussione anche le cosiddette certezze. Solo in tal modo,

l'intrecciarsi e inquadrarsi nel più generale processo di ammodernamento del

sistema amministrativo

77

può rivolgersi progressivamente a valutare dapprima la

semplificazione dei procedimenti amministrativi, poi la formazione di nuovi

provvedimenti normativi, infine la revisione e riassetto del corpus normativo

vigente.

Ciò che occorre è trovare, in sostanza, la forma di tutela più efficace ma al

contempo meno onerosa per il sistema produttivo. A parità di efficacia nella tutela

di interessi collettivi, vi sono quasi sempre soluzioni meno onerose.

78

18.

Le competenze tecniche della commissione

Dalla lettura dell'art. 141 reg. Tulps si evince, inequivocabilmente, che i

compiti affidati alla commissione comunale e provinciale sono squisitamente

tecnici. Alla commissione, infatti, è richiesto di:

77

Bassanini F., Paparo S. e Tiberi G.

Qualità della regolazione: una risorsa

per

competere

in

astrid RASSEGNA anno l,

n. 11

de128 giugno 2005 www.astrid-online.it

78

Bassanini F., Paparo S. e Tiberi G.

Qualità della regolazione: una risorsa

per

competere,

cit.

150

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a) esprimere il parere sui progetti di nuovi teatri e di altri locali o impianti di

pubblico spettacolo e trattenimento, o di sostanziali modificazioni a quelli

esistenti;

b)

verificare le condizioni di solidità, di sicurezza e

di

igiene dei locali stessi o

degli impianti ed indicare le misure e le cautele ritenute necessarie sia

nell'interesse dell'igiene che della prevenzione degli infortuni;

c) accertare la conformità alle disposizioni vigenti e la visibilità delle scritte e

degli avvisi per il pubblico prescritti per la sicurezza e per l'incolumità' pubblica;

d) omissis

e) controllare con frequenza che vengano osservate le norme e le cautele imposte

e che i meccanismi di sicurezza funzionino regolarmente, suggerendo all'autorita'

competente gli eventuali provvedimenti.

In particolare ciò che si intende sottolineare con maggior evidenza, è il contenuto

di quanto disposto alle lettere a)

e b). In relazione all'espressione del parere sul

progetto previsto alla lettera a), è fuor di dubbio che la questione attiene

al

progetto edilizio per la costruzione di una nuova opera sia esso un teatro, un

cinema una discoteca, un night club.

E'

altrettanto fuori

di

dubbio che l'incarico

di esaminare il progetto, dal punto di vista tecnico, è incarico espressamente

conferito

al

responsabile dello sportello edilizio (ovvero si potrebbe anche ritenere

dal responsabile dello sportello unico per le attività produttive laddove costituito)

in base

al

più volte citato d.P.R. 380 del2001 testo unico per l'edilizia.

Riguardo i compiti individuati alla lettera

b)

del comma

l,

art. 141 reg. Tulps,

ovvero di verifica delle condizioni

di

solidità,

di

sicurezza e

di

igiene dei locali e

degli impianti nonché dell'individuazione delle misure e cautele ritenute

necessarie sia nell'interesse dell'igiene che della prevenzione degli infortuni,

c'è

da fare qualche precisazione.

Si è già avuto modo di osservare che, all'epoca della redazione del Tuls, ma anche

del regolamento Tulps, una delle maggiori preoccupazioni del legislatore era

quella legata alla salubrità dei locali. Contemporaneamente, non è possibile

151

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ignorare che ali' epoca della redazione della norma i solai venivano realizzati in

legno.

Escludendo, quindi, la verifica delle condizioni di solidità che oggi prevede

specifiche competenze che possono anche non essere possedute dal dirigente

dell'ufficio tecnico comunale, che in molti dei più di 8000 comuni italiani

è

spesse volte un geometra, le restanti competenze: sicurezza e

di

igiene dei locali

determinazione delle misure e cautele ritenute necessarie nell'interesse dell'igiene

e della prevenzione degli infortuni, evocano inequivocabilmente le attribuzioni

conferite alle aziende per i servizi sanitari, in quanto strettamente connesse alla

tutela della salute.

Tra l'altro un parere preventivo, già a livello progettuale,

è

espressamente previsto

nella disciplina del procedimento per

l'

ottenimento del permesso di costruire

prima e del certificato di agibilità a lavori conclusi, così come dettagliatamente

illustrato nel primo capitolo, a proposito dell'esame della disciplina per il rilascio

del certificato di agibilità in base al testo unico per l'edilizia.

19.

La conferenza dei servizi in luogo della commissione

Peraltro, la legge 59 del 1997 ha ulteriormente posto la questione

dell'efficienza connessa agli organi collegiali prevedendo l'opportunità,

se

non la

necessità, di sostituire gli organi collegiali con conferenze di servizi, prevedendo

espressamente, all'art. 20, comma

5,

che i regolamenti di delegificazione devono

prevedere il "trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti amministrativi di

funzioni anche decisionali, che non richiedano, in ragione della loro specificità,

l'esercizio in forma collegiale, e sostituzione degli organi collegiali con

conferenze di servizi o con interventi, nei relativi procedimenti, dei soggetti

portatori di interessi diffusi;"

Si tratta, in sostanza, di un chiaro indirizzo il cui mancato rispetto dovrebbe essere

giustificato in occasione della deliberazione che l'organo collegiale (giunta e

152

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consiglio) deve adottare in base alla disposizione contenuta nel già indicato art. 96

del d.lgs 267 del 2000.

La commissione provinciale di vigilanza pubblico spettacolo ha maturato, nella

sua lunga attività, un' ampia casistica utile

ai

fini

di

una precisa valutazione

propositi

va.

La commissione provinciale non opera sempre in collegio perfetto, con

l'intervento quindi di tutti i componenti, così come previsto obbligatoriamente dal

terzultimo comma dell'art.

141

reg. Tulps. In sostanza, nella pratica, è ritenuta

valida la riunione della commissione anche se non vi partecipano tutti i

componenti della commissione stessa, regolarmente invitati a partecipare

ai

lavori.

E'

superfluo rilevare che le decisioni emanate da un organo imperfetto non

sono valide, (sotto questo punto di vista la giurisprudenza è univoca). Ma quanto

attraverso questo elemento si intende evidenziare, è la difficoltà a riunire la

commissione nella sua integrità.

Decidere, di conseguenza,

di

ottemperare alle indicazioni del legislatore nazionale

fin dalla legge 537 del 1993, sostituendo la commissione comunale con una

conferenza dei servizi permanente, è uno dei modi per perseguire l'obiettivo di

acquisire il parere tecnico con modalità inconfutabili.

Del resto, non è superfluo rilevare che alcuni comuni, quali ad esempio il comune

di Varese, ha già dato pratica attuazione all'invito del legislatore, sostituendo la

commissione edilizia con una conferenza dei servizi. Detta conferenza, a V arese,

è organo tecnico composto dai Dirigenti (o loro delegati) dei settori interessati dai

procedimenti edilizi, integrata quando ne ricorrano i casi da esperti nelle materie

di volta in volta necessarie. Il parere della conferenza dei servizi permanente

costituisce mero atto interno di natura consultiva e comunque obbligatorio nei

procedimenti espressamente individuati. Anche il parere della commissione di cui

all'art.

141

bis è, in base alla costante dottrina e giurisprudenza, parere

endoprocedimentale.

153

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L'aspetto di maggior vantaggio di una conferenza dei servizi rispetto alla

commissione è che non

c'è

la necessità di procedere a nomine, surrogazioni o

deleghe. Interviene in rappresentanza dell'ente, colui il quale viene incaricato

dall'organo deputato a rappresentarlo.

La conferenza, che

in

questo caso è conferenza istruttoria, è prevista dal comma l

dell'art 14 della legge 241 del 1990, il quale dispone che:

"Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici

coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indìce

di regola una conferenza dei servizi."

La volontà del legislatore è che la sua utilizzazione sia sempre più frequente non

essendovi procedimento che ormai non sia definibile come complesso. Una serie

sempre maggiore di norme di settore, al fine della tutela di altrettanti interessi,

introducono nuovi sub-procedimenti che andrebbero svolti avanti le

amministrazioni che sono state individuate come competenti?

9

Tra l'altro, gli

interessi pubblici considerati nel procedimento per la verifica dell'agibilità sono

già presi in considerazione, tutti, all'interno di altri procedimenti: permesso di

costruire, certificato di prevenzione incendi per tutti i locali capaci di accogliere

più di 100 persone, verifiche Asl medicina del lavoro (tanto per citarne alcuni).

E'

superfluo sottolineare che la natura tecnica della commissione comunale e

provinciale così come immaginata dal legislatore fin dalla redazione del Tulps ha

come fine l'accertamento tecnico collegato alla sicurezza degli edifici e dei luoghi

circoscritti ed è altrettanto superfluo evidenziare che lo strumento della

commissione era stato individuato, proprio, al fine di valutare congiuntamente gli

interessi pubblici coinvolti.

La conferenza è, quindi, lo strumento procedimentale, ottimale, di emersione e

comparazione di interessi pubblici, destinati a sintetizzarsi nel provvedimento

finale, in questo caso la verifica prevista dall'art. 80 Tulps.

79

Dapas A. Giadrossi A. Viola

L.,

Snellimento dell'attività amministrativa e riforma dell'ente

locale, GIAPPICHELLI, Torino 1998, p. 91

154

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20. L'attività della conferenza

Il già indicato art. 80 del Tulps prescrive che l'autorità competente non può

concedere la licenza di un luogo

di

pubblico spettacolo, prima

di

aver fatto

verificare "la solidità e la sicurezza dell'edificio". Potrebbe, quindi, sembrare un

ambito

di

intervento limitato,

se

la prassi non avesse portato ad estendere, in

maniera inusitata la sua applicabilità, ben

al

di là di quella che è stata la originaria

previsione legislativa.

Infatti, a tutt'oggi, le commissioni comunali e provinciali operano sulla base della

già indicata circolare del Ministero dell'interno n.16

del15

febbraio

1951

"Norme

di

sicurezza per la costruzione, l'esercizio e la vigilanza dei teatri, cinematografi

ed altri locali di spettacolo in genere. Con tale circolare, e precisamente con gli

articoli 16 e

17,

infatti, è stato "esteso", il concetto di locale che, quindi, va oggi

inteso come "l'insieme dei fabbricati, ambienti e luoghi destinati allo spettacolo o

trattenimento nonché i servizi ed i disimpegni ad essi annessi. Tra i locali di

pubblico spettacolo si annoverano, oggi, stadi, campi sportivi ed in genere luoghi

per divertimento o spettacolo all'aperto dove si presentano al

pubblico, in luogo

aperto, spettacoli teatrali o cinematografici o manifestazioni sportive, quali gioco

del pallone, palle

al

cesto, atletismo, corse di cavalli, corse ciclistiche,

automobilistiche, gare di calcio ecc."

In sostanza, sarebbero assoggettate

al

parere preventivo ex art. 80 Tulps, strutture

e attività che già dispongono

di

una specifica disciplina anche con riferimento alla

"regola tecnica" che necessariamente deve essere rispettata

ai

fini della cosiddetta

"prevenzione incendi". In tal modo è previsto l'obbligo

di

un ulteriore filtro le cui

maglie sono le stesse imposte da una disciplina già passato al vaglio.

Insomma pare proprio che non solo la commissione ma anche l'eventuale

conferenza

di

vigilanza pubblico spettacolo non potrebbe introdurre alcun

ulteriore elemento

di

utilità rispetto alla ponderazione

di

ogni singolo interesse già

considerato dai diversi enti preposti.

155

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CAPITOLO QUARTO

UNA

PROPOSTA

DI

SEMPLIFICAZIONE

E

DI

RAZIONALIZZAZIONE

SOMMARIO: l. La direttiva Bolkestein e la riduzione degli oneri per le imprese. - 2.

La triplice funzione. - 3. L'incertezza della norma. - 4. Una proposta di

regolamento.

l.

La direttiva Bolkestein e la riduzione degli oneri per le imprese

Dieci anni dopo quello che avrebbe dovuto essere i l completamento del

mercato interno, si registra ancora un grosso divario tra la visione di un'Europa

economica integrata e la realtà vissuta dai cittadini europei e dagli operatori di

servizi. Secondo la Commissione UE, i l notevole potenziale di crescita e di

creazione di posti di lavoro che caratterizza i l settore dei servizi non ha ancora

potuto concretizzarsi a causa dei numerosi ostacoli che si oppongono allo

sviluppo delle attività di servizi

nel

mercato interno.

In particolare, le PMI sono troppo spesso scoraggiate dallo sfruttare le opportunità

del mercato interno in quanto non dispongono dei mezzi per valutare e premunirsi

contro i rischi giuridici di un'attività transfrontaliera e per far fronte alle

complessità amministrative. Allo scopo di agevolare

lo stabilimento in un altro

Stato membro è necessaria, quindi, una semplificazione amministrativa. Occorre,

in pratica, eliminare le restrizioni derivanti da procedure di autorizzazione

eccessivamente complesse, prive di trasparenza o discriminatorie nonché le

prescrizioni che ostacolano attualmente le strategie di stabilimento transfrontaliero

dei prestatori di servizi.

E'

questo, i l quadro

di

sintesi che ha indotto i Paesi europei a dare attuazione alla

direttiva Bolkestein che, presentata dalla Commissione europea nel febbraio 2004,

è stata definitivamente approvata da Parlamento e Consiglio, profondamente

emendata rispetto alla proposta originaria, il

12

dicembre 2006, divenendo

157

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formalmente la direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006. La direttiva deve

essere attuata entro il 2010 e vede all'opera Stato e regioni, ma l'Italia non ha

atteso la sua approvazione formale per iniziare a darvi attuazione, perlomeno a

livello di intendimenti. Infatti, già con legge

28

novembre 2005,

n.

246

"Semplificazione e riassetto normativa per l'anno 2005" al Governo è stata

conferita delega in linea con gli obiettivi della direttiva. In particolare, risulta utile

evidenziare quanto dispone il comma 2 dell'art. 5

1

della legge 246 del2005:

1

L'articolo 5 "Delega al Governo per la semplificazione degli adempimenti amministrativi delle

imprese e il rafforzamento dello sportello unico per le attività produttive" della l. 246 del 2005

dispone che:

l.

Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della

presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni di competenza

legislativa esclusiva statale, di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, vigenti in

materia di adempimenti amministrativi delle imprese, a esclusione di quelli fiscali, previdenziali,

ambientali e di quelli gravanti sulle stesse in qualità di datori di lavoro, secondo i princìpi, i criteri

direttivi e le procedure di cui all'articolo 20 della legge

15

marzo 1997,

n.

59, e successive

modificazioni, nonchè nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previa consultazione delle organizzazioni di rappresentanza delle categorie economiche,

produttive e professionali interessate:

Nell'Accordo, in conformità con le conclusioni del Consiglio europeo, è fissato anche l'obiettivo

di ridurre del 25%, entro il 2012, gli oneri amministrativi. A tal fine, le istituzioni si impegnano a

definire le modalità con le quali intendono individuare, misurare e ridurre i suddetti oneri.4)

sostituzione, ove possibile, delle norme prescritti ve con sistemi di incentivi e disincentivi;

b) riduzione degli atti sottoposti ad obbligo di conservazione da parte delle imprese e riduzione dei

tempi di conservazione degli stessi

ai

fini degli accertamenti amministrativi.

2.

Il Governo e le regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, promuovono intese o

concludono accordi, ai sensi dell'articolo

8,

comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e

dell'articolo 4, comma

l,

del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o

di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n.

281

del 1997, al

fine di:

a) favorire il coordinamento dell'esercizio delle competenze normative in materia di adempimenti

amministrativi delle imprese e di procedimenti di autorizzazione, di licenza o di assenso,

comunque denominati, per l'esercizio dell'attività di impresa;

b) favorire l'armonizzazione della regolamentazione relativa alla semplificazione degli

adempimenti connessi all'esercizio dell'attività d'impresa;

c) favorire il conseguimento di livelli minimi di semplificazione degli adempimenti connessi allo

svolgimento dell'attività d'impresa su tutto il territorio nazionale, previa individuazione delle

migliori pratiche e verifica dei risultati delle iniziative sperimentali adottate dalle regioni e dagli

enti locali;

d) individuare particolari forme di semplificazione, omogenee su tutto il territorio nazionale, degli

adempimenti connessi allo svolgimento dell'attività delle piccole e medie imprese e delle imprese

artigiane;

e) adottare le misure idonee a garantire la completezza e l'aggiornamento costante delle

informazioni contenute nel Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese,

di cui all'articolo 16 della legge 29 luglio 2003, n. 229, nonchè a coordinarne i contenuti con i

processi di semplificazione e riassetto della regolazione statale, regionale e locale;

158

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"2. Il Governo e le regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione

2

,

promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della

legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma l, del decreto legislativo 28

agosto 1997,

n.

281, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,

le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza unificata

di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del1997, al fine di:

a) favorire il coordinamento dell'esercizio delle competenze normative in materia

di adempimenti amministrativi delle imprese e di procedimenti di autorizzazione,

di licenza o di assenso, comunque denominati, per l'esercizio dell'attività di

impresa."

L'Italia si impegna, quindi, non soltanto ad eliminare gli ostacoli alla libertà di

stabilimento, ma anche a garantire la certezza giuridica necessaria all'effettivo

esercizio delle libertà fondamentali del trattato, così come richiesto dalla direttiva

Bolkestein, quella certezza giuridica, in pratica, che può scaturire soltanto dal

coordinamento della normazione e dell'esercizio delle funzioni.

f)

assicurare

la

rimozione degli ostacoli, ove esistenti, alla piena operatività degli sportelli unici di

cui agli articoli 23 e 24 del decreto legislativo

31

marzo 1998, n. 112, nonchè l'estensione e lo

sviluppo dell'operatività degli stessi, favorendo:

l)

l'adozione di modelli organizzativi differenziati in relazione alla dimensione territoriale e

demografica di interesse, nel rispetto dell'autonomia dei soggetti coinvolti, al fine di garantire

adeguati livelli di funzionalità, nonchè il coordinamento e

la

cooperazione tra i diversi livelli di

governo;

2)

l'affidamento di ulteriori ambiti procedimentali alla gestione degli sportelli unici, sia a fini di

semplificazione degli adempimenti amministrativi relativi alle fasi di avvio, svolgimento,

trasformazione, trasferimento e cessazione dell'attività d'impresa, sia a fini

di

promozione

territoriale;

3)

l'implementazione di modelli innovativi per la formazione del personale addetto agli sportelli

unici;

4)

l'adozione di efficaci strumenti di informatizzazione dei processi e di diffusione della

conoscenza del contesto territoriale.

3. Gli accordi di cui al comma 2 possono prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per

la

finanza

pubblica, meccanismi di premialità regionale, cofinanziabili, limitatamente alle aree

sottoutilizzate, con il Fondo di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

4. Le regioni adeguano, sulla base delle intese e degli accordi di cui al comma 2, la propria

legislazione concernente la disciplina degli adempimenti amministrativi delle imprese alle finalità

e agli obiettivi stabiliti dai commi da l a 3 e in coerenza con i decreti legislativi di cui al comma

l.

5. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o

maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2

Secondo Roberto Bin, sarebbe vano cercare un preciso fondamento del principio di leale

collaborazione, perché esso affonda in strati più profondi dello stesso edificio costituzionale. Bin

R., Il principio di leale cooperazione nei rapporti tra poteri, in Riv. dir. Cost.le, 2001, 11 p. 12

159

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A poco di più di un anno dalla scadenza del termine per l'adeguamento alla

direttiva, tuttavia, molto ancora deve essere fatto.

Per fare un esempio, la Regione Friuli Venezia Giulia, con legge regionale 20

novembre 2008

n.

13, ha recentemente innovato la disciplina per l'esercizio dei

locali pubblici di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, prevedendo

indirizzi e criteri di programmazione che impassibilmente ignorano gli obblighi

della direttiva.

3

Nella circolare interpretativa

4

, gli uffici competenti hanno chiarito che "Gli

elementi di natura precipuamente economica, riferiti alla popolazione residente,

fluttuante e turistica (lettera a), alla situazione biennale delle vendite, anche per

singola zona (lettera b), e soprattutto alla promozione della competitività,

accessibilità e sostenibilità dei punti vendita allocati e da allocarsi nel territorio

comunale, di nuovo anche per singola zona (lettera d bis) sono prescritti al fine di

evitare il cosiddetto eccesso di concorrenza: sul punto,

si

pone in luce che una

3

Infatti, all'art. 69 della l.r. 29 del 2005, novellato dalla sopraindicata l.r. 13 del 2008, è previsto

che

l.

I Comuni, nel rispetto degli indirizzi stabiliti ai sensi del comma 2, determinano i criteri e

le condizioni relativi al rilascio delle nuove autorizzazioni, anche in relazione a singole zone del

territorio e di quelli relativi al trasferimento di sede, nonche' le condizioni per l'esercizio delle

attivita' di somministrazione stagionale. Tali criteri e condizioni possono essere revisionati con

cadenza biennale.

2. Nella determinazione dei criteri e delle condizioni di cui al comma

l,

i Comuni tengono conto

dei consumi extra-domestici, della popolazione residente e fluttuante, dei flussi turistici e delle

diverse caratteristiche del territorio, al fine di un corretto ed equilibrato assetto del medesimo,

correlato a uno sviluppo urbanistico-edilizio coerente con un'allocazione razionale di nuovi

insediamenti, per assicurare la migliore funzionalita' produttiva del servizio di somministrazione di

alimenti e bevande e il perseguimento delle finalita' di cui all'articolo

l.

3. I Comuni, anche sulla base della loro suddivisione in zone, secondo le prescrizioni dei vigenti

strumenti di programmazione territoriale, rilevano in particolare:

a) la competitivita' dei pubblici esercizi allocati e da allocarsi sul territorio comunale, in relazione

alla popolazione residente, alla popolazione gravitante per motivi di lavoro, di studio, di accesso ai

servizi e ai flussi turistici tenendo anche conto di tutte le altre forme di somministrazione;

b) i livelli di accessibilita' al servizio da parte dei consumatori, tenendo conto delle caratteristiche

del territorio, al fine di favorire l'armonica integrazione con le disponibilita' di spazi pubblici o di

uso pubblico, quali insediamenti residenziali, scolastici, universitari, sportivi, culturali, uffici

pubblici e privati, zone industriali e commerciali;

c) i livelli di sostenibilita' sociale e ambientale del territorio comunale, o di sue specifiche zone, in

particolare riguardo ai fattori di traffico, di inquinamento acustico, di sicurezza e di propensione al

consumo di alcol;

d) l'assetto viario e delle infrastrutture di trasporto quali stazioni ferroviarie, aeroporti e simili.

4. I Comuni disciplinano le procedure di consultazione ai fini della determinazione dei criteri e

delle condizioni di cui ai commi l e 2."

4

La circolare della Direzione centrale delle attività produttive

è

la protocollo

n.

67/PROD.COMM

dell2

gennaio 2009.

160

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consolidata giurisprudenza amministrativa qualifica il pericolo dell'eccesso di

concorrenza come l'alterazione dell'apparato distributivo, con eventuale lesione

del pubblico interesse, inteso quest'ultimo essenzialmente quale difesa del

cittadino - consumatore e mai come tutela delle rendite

di

posizione dei titolari

di

licenze già esistenti (Consiglio di Stato, sez.

V,

sentenze nn. 33411979 e

83311998; T.a.r Lombardia, MI, sez. III, sentenza n. 43711997, nonché T.a.r FVG,

sentenza

n.

511980)."

Non si può non rilevare, invece, che la più recente giurisprudenza

5

afferma

tutt'altro rispetto alla giurisprudenza citata dalla Regione che risale a più

di

dieci

anni

fa.

Infatti, la concorrenza può alimentare le migliori condizioni di fruibilità

del servizio e una più idonea e razionale organizzazione e gestione

dt:1lle

risorse,

con incremento dei posti di lavoro e aumento della sicurezza dei cittadini (cfr.

Sez. IV, ord. 30 marzo 2004, n. 1472; Sez. IV,

18

novembre 2003, n. 5076) e che

oggi la direttiva Bolkestein, all'art. 14, vieta "l'applicazione caso per caso di una

verifica di natura economica che subordina

il

rilascio dell'autorizzazione alla

prova dell'esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla

valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell'attività o alla

valutazione dell'adeguatezza dell'attività rispetto agli obiettivi di

programmazione economica stabiliti dall'autorità competente".

Il divieto, in sostanza, non concerne i requisiti relativi alla programmazione che

non perseguono obiettivi economici, ma sono dettati da motivi imperativi

d'interesse generale.

6

Le nuove politiche

di

semplificazione che

si

affermano a livello internazionale

(OCSE), europeo e statale coinvolgono, direttamente

le

amministrazioni regionali,

le quali, dopo la riforma del titolo

V,

sono titolari di gran parte delle competenze,

5

Cons. Stato, Sez. VI, 4 agosto 2008

n.

3875

6

Da emendamenti consolidati

18

ottobre 2005 del Parlamento europeo alla proposta di direttiva in

www

.europarl.europa.eu.

161

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in materia di semplificazione amministrativa

7

oltre che per

la

disciplina delle

attività economiche dopo la novella del titolo V.

Inoltre, le indagini disponibili mostrano che raramente le regioni hanno sviluppato

proprie politiche di miglioramento della qualità della regolazione. Piuttosto,

hanno operato a traino delle riforme avviate dal livello statale.

E

dire che

i l

miglioramento della qualità della regolazione rappresenta uno dei principali

obiettivi dell'azione di governo della maggior parte degli stati membri

dell'Unione europea. Si tratta di un elemento essenziale per accrescere la

competitività degli Stati, riducendo barriere e costi amministrativi; tale obiettivo è

indicato nelle Conclusioni del Consiglio europeo dell'8 e 9 marzo 2007 in materia

di Better Regulation.

La Conferenza unificata (Stato-regioni e autonomie locali) ha, comunque, recepito

le indicazioni del Consiglio europeo, siglando i l 29 marzo del 2007, l'accordo

sulla semplificazione normativa in cui sono definiti i principi comuni per

il

miglioramento della qualità e della trasparenza del sistema normativa, per

uniformare la tecnica legislativa tramite un raccordo costante tra Stato, regioni e

province. Inoltre, l'accordo, ha previsto che in conformità con le conclusioni del

7

Introdotta in via generale nell'ordinamento italiano con l'art. 20 della legge n. 59/1997, la legge

annuale di semplificazione è un'efficace arma per perseguire politiche di semplificazione, sia

normativa che amministrativa.

In

tale prospettiva, va anche detto, ad onor del vero, che

i l

nostro

ordinamento si è mosso con un certo anticipo rispetto alla maggior parte degli altri Paesi europei,

che hanno previsto leggi periodiche di semplificazione solo in tempi più recenti. L'ultima legge di

semplificazione emanata è stata, comunque, la n. 246/2005, recante "Semplificazione e riassetto

normativa per l'anno 2005". Con tale legge, ed in particolare l'art. 14, ha introdotto spunti di

innovazione sistematica di grande rilievo. E' stata, infatti, disciplinata sia l'Analisi di impatto della

regolamentazione (AIR), che la Verifica dell'impatto della regolamentazione (VIR).Relativamente

all' AIR che molte regioni hanno già concretamente avviato sui diversi progetti di legge, c'è da dire

che

i l

progetto di miglioramento della qualità della legislazione incontra un grosso ostacolo nel

sistema di formazione delle leggi. Per fare un esempio, in Friuli Venezia Giulia, con legge 5

dicembre 2008

n.

14 è stata, all'art.

l,

introdotta una disposizione che avrebbe dovuto rimuovere

in vincoli previsti nell'ordinamento per l'impianto di nuovi distributori di carburante. Ciò era

necessario in quanto era stato già avviato

i l

procedimento di infrazione della UE nei confronti

dell'Italia per rispettare gli obblighi previsti dal diritto comunitario che non tollerano ostacoli alla

libertà di stabilimento. Lo Stato, a tale riguardo, è intervenuto un paio di mesi prima introducendo

l'articolo 83-bis, comma 17 nella legge 6 agosto 2008,

n.

133 di conversione del decreto legge 25

giugno 2008,

n.

112. Ebbene, la Commissione regionale, attraverso un emendamento al progetto di

legge, ha rinviato a giugno 2009 la decorrenza della legge. La Regione ha risolto, con un avviso di

rettifica, pubblicato sul BUR

n.

lO

dell'

11

marzo 2009, nel senso che

i l

rinvio a giugno 2009 non

riguarda

il

primo articolo della legge.

162

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Consiglio europeo, è fissato anche l'obiettivo di ridurre del25%, entro il2012, gli

oneri amministrativi. A tal fine, le istituzioni si impegnano a definire le modalità

con le quali intendono individuare, misurare e ridurre i suddetti oneri.

2. La

triplice funzione

Si è già avuto modo di esaminare, in maniera dettagliata, quali sono gli

adempimenti al quale il dirigente tecnico, responsabile dello sportello edilizio è

tenuto ad adempiere in base al Titolo III, agibilità degli edifici, del d.P.R.

6

giugno 2001, n. 380 "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in

materia edilizia".

In particolare, l'art. 24 comma

l

del d.P.R. 380

del2001,

nel definire la funzione

·del certificato di agibilità, stabilisce, in via generale, che esso "attesta la

sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico

degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto

dispone la normativa vigente". In sostanza il procedimento in questione prevede

che l'acquisizione di tutti i pareri tecnici, certificazioni o atti di assenso che dir si

voglia, deve precedere il rilascio del certificato di agibilità che ha natura

discrezionale.

E'

evidente, a tale riguardo, che l'esperienza del capoluogo lombardo che ha

anticipato di vent'anni almeno la commissione comunale di vigilanza pubblico

spettacolo rispetto il resto d'Italia dove la commissione comunale è stata

introdotta soltanto con il d.P.R. 311 del 200 l, deve essere guardata con attenzione

anche in relazione all'esperienza maturata.

Ebbene, mentre nella maggior parte dei comuni d'Italia, laddove è stata costituita,

gli adempimenti connessi alla convocazione

ed

ai lavori della commissione sono

riconducibili o al settore attività economiche o a quello della Polizia municipale,

163

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nel Comune di Milano ed in altre rare realtà

8

,

la commissione

è

incardinata nel

settore tecnico - edilizio.

La scelta di incardinare la CVPS nel settore tecnico è di evidente coerenza, in

quanto l'agibilità di un immobile deve essere valutata sulla base dell'uso cui esso

è destinato, nel senso che è necessario domandare un nuovo certificato ogni

qualvolta l'edificio subisca un mutamento di destinazione d'uso, strutturale o

funzionale. Tenuto conto, di conseguenza, del variare delle regole tecniche di

prevenzione incendi in funzione della diversa tipologia di attività che verrà ad

essere esercitata risulta evidente che la sovrapposizione delle due agibilità quella

prevista dal testo unico per l'edilizia e quella prevista dal Tulps sono

assolutamente coincidenti.

Riguardo l'agibilità sanitaria prevista dall'art.

221

Tuls, si può ritenere che la

stessa sia da considerarsi ormai assorbita nell'una e nell'altra delle sopraindicate

agibilità edilizia e di pubblica sicurezza, in quanto come

si

ricorderà, tra i compiti

della commissione di vigilanza rientra anche "verificare le condizioni di [ ... ] di

igiene dei locali stessi o degli impianti ed indicare le misure e le cautele ritenute

necessarie sia nell'interesse dell'igiene che della prevenzione degli infortuni",

mentre l'articolo 25 del testo unico in materia edilizia dispone circa l'avvenuta

prosciugatura dei muri e della salubrità degli ambienti.

In pratica

si

può anche affermare che l'attuale duplicazione dei procedimenti

previsti rispettivamente dall'articolo 80 Tulps e Titolo III del d.P.R. 380 del 2001,

viola quei principi di buon andamento della pubblica Amministrazione statuiti

dali' art.

97

Cost. in relazione al fatto che ambedue i procedimenti tutelano i

medesimi beni giuridici quello della sicurezza e quello del diritto alla salute.

Dopo la legge n. 241 del 1990, l'esercizio dissociato dei poteri che fanno capo allo

stesso ente per la realizzazione di più interessi pubblici, specie ove tra di essi

sussista un obiettivo collegamento, come è il caso dell'agibilità in esame,

si

pone

8

In Friuli Venezia Giulia, ad esempio, la commissione comunale per i pubblici spettacoli è

incardinata nei servizi tecnici al Comune di Lignano sabbiadoro.

164

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contro il basilare criterio di ragionevolezza

e,

pertanto, in evidente contrasto con il

principio di buona arnministrazione.

9

Peraltro, si potrebbe anche propendere per una sostanziale abrogazione

dell'articolo 80 Tulps

10

in quanto le verifiche dallo stesso previste sono già

inserite in discipline speciali che, di conseguenza, dovrebbero prevalere rispetto

una norma nata nell' 800 per tutelare, genericamente, beni primari che oggi

dispongono

di

una tutela specifica.

11

E' difficile ritenere, in sostanza, che esistano reali motivazioni pratiche le quali

possano giustificare nel terzo millennio il mantenimento nell'ordinamento

di

una

disposizione elaborata alla fine dell'800 a tutela dell'incolumità pubblica. Se,

infatti, ali' epoca della redazione della norma la disposizione di cui ali' art. 80

Tulps e le relative disposizioni regolamentari, potevano trovare senso logico in

relazione alla inesistenza di una disciplina specifica e di organismi preposti alla

vigilanza

12

, oggi la situazione è completamente diversa, nel senso che esistono

9

Cons. Stato, Sez. V, 17 ottobre 2002,

n.

5656

10

L'art. 80 del Tulps si ricorda, prevede che: "L'autorità di pubblica sicurezza non può concedere

la licenza per l'apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto

verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite

pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio.

11

Oltre alla normativa

in

materia di Certificato di prevenzione incendi, regolano specificatamente

il trattenimento e lo spettacolo viaggiante:

Decreto Ministeriale 19 agosto 1996: "Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi

per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico

spettacolo."

Decreto Dirigenziale 16 giugno 2008 "Approvazione del programma e delle modalità di

svolgimento dei corsi

di

formazione teorico-pratica, rivolti ai gestori delle attività

di

spettacolo

viaggiante, ai sensi dell'articolo 6, comma

3,

del decreto del Ministro dell'interno 18 maggio

2007."

Decreto Ministeriale 18 maggio 2007 "Norme

di

sicurezza per le attività di spettacolo

viaggiante."

Decreto Ministeriale 19 aprile 2005 "Disposizioni in tema dei soggetti, criteri e modalità

di

erogazione dei contributi a titolo

di

concorso per le spese di vigilanza e sicurezza

in

occasione

di

pubblici spettacoli."

Decreto del Presidente della Repubblica 6 novembre 2002, n. 293 "Regolamento di

semplificazione recante modifica all'articolo 141 del regio decreto 6 maggio 1940,

n.

635, e

successive modificazioni, in materia di accertamenti tecnici relativi a locali di pubblico spettacolo.

Decreto Ministeriale 19 agosto 1996 "Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi

per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di in trattenimento e di pubblico spettacolo.

Circolare

31

maggio 1996,

n. 15

"Locali di pubblico spettacolo - Valori dei sovraccarichi nel

dimensionamento dei solai."

12

Ricorda V.Manzini nel Trattato di diritto penale che il codice penale del 1859, quello toscano

del 1853 e il regolamento toscano di polizia punitivas, rimasti in vigore fino al 1890, non

165

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all'esodo del pubblico, alla statica delle strutture e all'esecuzione a regola d'arte

degli impianti installati, la cui idoneità, da esibire ad ogni controllo, dovrà essere

accertata e dichiarata da tecnici abilitati.

Allo stato attuale, la verifica dell'agibilità è prevista per tutti i locali in cui si

effettua attività di trattenimento o di pubblico spettacolo. Ma, nella sostanza ci si

interroga sul senso logico di sottoporre a sopralluogo per la verifica delle

condizione di sicurezza un locale le cui dimensioni contenute sono state

considerate irrilevanti nella predisposizione della regola tecnica di prevenzione

incendi.

Alla fin fine, a prescindere dai cinema, teatri, discoteche, palazzetti dello sport, in

pratica tutti quegli immobili che in relazione all'affluenza del pubblico devono

rispettare le regole tecniche predeterminate dal Ministero degli interni, la

questione in trattazione riguarda anche le migliaia di bar e ristoranti disseminati

sul territorio nazionale.

Di conseguenza, avendo ormai chiarito che l'agibilità dell'immobile riferita alla

specifica attività che si andrà ad esercitare deve opportunamente rientrare

nell'agibilità prevista dal testo unico edilizio che avrà cura di verificare il rispetto

di tutte le disposizioni di legge, regola tecnica di prevenzione incedi compresa

14

,

rimane da risolvere la questione connessa

ai

piccoli trattenimenti che si svolgono

all'interno dei pubblici esercizi.

Su questa specifica questione la dottrina tecnica e la giurisprudenza penale, fino a

quando l'art. 666 c.p. non è stato depenalizzato, sono intervenute elaborando delle

indicazioni utilizzate dalle commissioni di vigilanza pubblico spettacolo come

parametro di riferimento.

14

Il

dirigente tecnico potrebbe eventualmente integrare la commtsswne edilizia ovvero la

conferenza dei servizi di cui all'art. 141 reg.to tulps con le professionalità di volta in volta

necessarie.

167

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Si è davanti, in pratica, ad un "relativismo storico" che porta verso risultati non

necessariamente univoci

15

Un esempio per comprendere il senso

di

tale

affermazione è che l'attivazione

di

un semplice piano-bar può ritenersi attività

libera, ovvero assoggettata ad autorizzazione ex art.

69

Tulps. La Prefettura

di

Modena, con propria circolare n.151 2° sett. del l febbraio 1995, intervenendo

espressamente sull'argomento a seguito

di

sollecito da parte degli uffici comunali

interessati, testualmente prevedeva: " .. .

al

fine dell'attribuzione del carattere

di

trattenimento pubblico e spettacolo ad un locale in cui vengano esercitate in

contemporanea altre attività occorre fare riferimento al criterio della prevalenza".

L'attività di piano-bar, secondo la Prefettura non deve concretizzarsi in spettacolo

o rappresentazione destinata ad un pubblico "... che vi assiste in maniera

incidentale e casuale".

Analoga problematica riguarda il cosiddetto Karaoke. Su tale apparecchio, la

giurisprudenza ha sempre assunto un orientamento particolarmente rigoroso.

Afferma infatti la Corte di Cassazione

16

proprio per meglio definire tale specifica

attività che " .. . per trattenimento si deve intendere qualsiasi riunione a scopo

di

divertimento alla quale partecipano attivamente gli intervenuti, sicchè in tale

concetto rientra anche l'attività

di

diffusione di musica con il supporto video e la

partecipazione del pubblico".

Parte della dottrina

17

,

invece, tende ad operare anche a questo proposito un

distinguo tra i l caso in cui il Karaoke sia installato in sale appositamente attrezzate

con la presenza di un animatore, che richiederebbe, in analogia con gli apparecchi

televisivi, sia l'autorizzazione ex art. 68 del Tulps, sia il collaudo del locale.

In pratica non esiste univocità

di

vedute al riguardo, con la conseguenza che non

potranno essere univoche neppure le conseguenze sanzionatorie e tale circostanza

15

Manzione A.,

In licenza di agibilità ed il certificato di prevenzione incendi: aspetti interessanti

l'attività di polizia amministrativa ed i controlli della P.M. Relazione al convegno nazionale di

Polizia locale

cit.

16

Cass, sez. 28 Ottobre 1996, in

Giust. Pen,

II, 441 ss

17

Malavasi C.,

Circoli privati e pubblici esercizi, Manuale operativo per l'attività di controllo e la

corretta gestione,

Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2001, 273

168

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non può non lasciare perplessi in relazione alla tassatività che dovrebbe

accompagnare le sanzioni previste dal codice penale.

La conclusione non può essere, quindi, che quella di privilegiare l'applicazione

dell'unica esaustiva disciplina, vale a dire la più volte indicata regola tecnica

di

prevenzione incendi. Questa disciplina, infatti, non contiene norme tecniche nel

significato già analizzato, bensì regole tecniche, nel senso di prescrizioni emanate

in tema di sicurezza dalle autorità preposte a legiferare su questa materia. Le

regole tecniche sono cogenti quando sono emesse dagli organi legislativi nazionali

ed europei, come è stato il caso della regola tecnica di prevenzione incendi

emanata il

19

agosto 1996 dal Ministro dell'interno, che ha puntualmente

individuato quali sono le attività che presuppongono la necessità del rispetto delle

regole poste al fine di garantire la sicurezza degli avventori in quanto idonee a

garantire quella protezione che il codice penale aveva voluto assicurare.

Relativamente a questo aspetto,

si

potrebbe anche affermare che l'introduzione di

regole tecniche, ovvero disposizioni prescrittive, diverse da quelle predeterminate

nella Regole tecnica di prevenzione incendi viola non solo il principio

di

tassatività in relazione all'art.

681

c.p. ma anche la Direttiva 98/34/CE del

Parlamento europeo e del Consiglio del

22

giugno 1998 che prevede una

procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni

tecniche.

18

18

http://europa.eu/scadpluslleg/it/lvb/121003.htm. Procedura di informazione nel campo delle

regole tecniche:

Gli Stati membri notificano alla Commissione ogni progetto di regola tecnica o di modifica di una

regola tecnica, le comunicano inoltre i motivi che lo rendono necessario e, se del caso, il testo

delle disposizioni legislative e regolamentari fondamentali direttamente in questione. Qualora il

progetto limiti la commercializzazione o l'utilizzazione di una sostanza chimica per motivi di

salute pubblica o di tutela dei consumatori o dell'ambiente, gli Stati membri comunicano anche

dati pertinenti alle caratteristiche, agli effetti e i rischi del prodotto.

La Commissione comunica agli altri Stati membri il progetto notificatole. Nella stesura definitiva

della regola tecnica si terrà conto, per quanto possibile, delle osservazioni degli altri Stati membri.

Per permettere alla Commissione e agli altri Stati membri di reagire, gli Stati membri rinviano

l'adozione di un progetto di regola tecnica di tre mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione

ha ricevuto la comunicazione di cui sopra. Il periodo

di

status quo passa a quattro mesi per i

progetti aventi forma di accordo facoltativo e a sei mesi per qualsiasi altro progetto, quando gli

Stati membri e/o la Commissione formulano un parere circostanziato, secondo il quale la misura

proposta potrebbe creare ostacoli alla libera circolazione delle merci. Inoltre qualora la

Commissione desideri proporre o adottare un atto legislativo applicabile allo stesso settore, oppure

169

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Peraltro, si potrebbe anche sostenere che quanto non rientra nella regola tecnica di

prevenzione incendi, per volontà del legislatore rientra nell'irrilevante giuridico.

In sostanza, per i locali di trattenimento e pubblico spettacolo non potrebbero

essere imposte prescrizioni diverse da quelle contenute nella Regola tecnica di

prevenzione incendi di cui al d.m.

19

agosto 1996 "Approvazione della regola

tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei

locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo" pubblicata nel supplemento

ordinario della G.U. n.

14

del

12

settembre 1996.

Se così fosse, come pare, il ruolo stesso della commissione comunale

di

vigilanza

pubblico spettacolo quale organo tecnico preposto a fornire prescrizioni per

l'attività

di

trattenimento e svago, in base all'articolo 141 reg. Tulps ai fini del

rilascio della autorizzazione prevista dall'art.

68

Tulps sarebbe in contrasto con il

diritto comunitario nella parte in cui la commissione non si limitasse a far

rispettare le prescrizioni contenute nella già indicata regola tecnica del 1996 o

altre disposizioni contenute in altre fonti.

Tuttavia,

al

rispetto delle disposizioni in materia di prevenzione incendi già è

preposto altro organismo tecnico, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco che,

strutturato a livello provinciale opera, proprio in riferimento alla specializzazione,

con competenza e professionalità come ben sanno le commissioni comunali

istituite che, senza eccezione alcuna, si adeguano alle relative posizioni del

Comando.

Diversa è, invece, la questione connessa alla commissione provinciale

di

vigilanza

pubblico spettacolo presieduta dal prefetto, in quanto dalla sua composizione:,

questore, dirigente medico Asl, comandante vigili del fuoco, si evince il ruolo di

se i l progetto verte su una materia che forma già oggetto di proposta da parte della Commissione,

lo Stato membro interessato deve rinviare l'adozione del progetto di dodici mesi. Qualora, entro

questo termine, il Consiglio adotti una posizione comune, il periodo di status quo

è

prorogato di

sei mesi (18 mesi in tutto).

La procedura di notifica non si applica né alle regole tecniche che costituiscono semplice

recepimento integrale di una norma internazionale o europea, nel qual caso

è

sufficiente una

semplice informazione alla Commissione, né alle regole nazionali che si conformano alle

specificazioni tecniche comunitarie o ad altre disposizioni del diritto comunitario.

Un quadro dettagliato delle relazioni, della giurisprudenza e delle statistiche riferite alla direttiva

in questione

è

disponibile nel sito specifico http://ec.europa.eu/enterprise/tris/about/index_it.htm

170

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supporto che la commissione stessa può fornire al prefetto per questioni connesse

all'ordine pubblico.

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenibile per la commissione

provinciale di vigilanza pubblico spettacolo, la commissione comunale è

commissione la cui operatività deve essere giustificata in riferimento nell'art. 96

"Riduzione degli organismi collegiali" del decreto legislativo 267 del 2000 il

quale prevede che annualmente devono essere individuati gli organismi

indispensabili. Infatti, la mera previsione della commissione comunale di

vigilanza pubblico spettacolo da parte del reg. Tulps non ne identifica

l'indispensabilità e, quindi, la sua legittimazione, per le motivazioni esposte.

Un intervento del legislatore nazionale finalizzato all'abrogazione

di

una

disposizione che "evoca" la tutela della sicurezza risulta, tuttavia, allo stato attuale

inimmaginabile, tenuto conto che l'attività del legislatore sta andando in tutt'altro

senso. E a poco si ritiene possano servire le conclusioni di una indagine svolta a

gennaio 2009 dalla Fondazione Cittalia-ANCI Ricerche sulla percezione della

insicurezza.

Dalla ricerca

19

, infatti, è emerso un dato, a dir poco, inatteso: "Tra ciò che il

proprio Comune deve fare per una città più sicura i residenti mettono

al

primo

posto l'esigenza di "promuovere il senso civico e il rispetto delle regole tra i

cittadini". Seguono il contrasto allo spaccio di stupefacenti, la necessità di

migliorare l'illuminazione stradale, il controllo delle bande giovanili, e

l'intervento sulla emarginazione sociale. Il tema del rispetto delle regole torna alla

ribalta quando

ai

cittadini viene chiesto cosa personalmente

si

sentono disposti a

fare per contribuire alla lotta alla criminalità e all'insicurezza. Subito dopo

l'impegno ad "avvertire le forze dell'ordine in caso di reati", viene infatti

19

L'indagine è stata condotta da SWG Publica Res mediante sondaggio con tecnica mista

CATICAWI (Computer Assisted Telephone/Web Interview),

su

un campione rappresentativo

degli universi di cittadini maggiorenni residenti in ciascuna delle 11 città metropolitane (Bari,

Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia) in base a

parametri di sesso ed età. Le interviste sono state realizzate tra

i l

9 e

i l

14 gennaio 2009 in

www .cittalia.it.

171

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l'impegno a "promuovere il rispetto delle regole e della legalità nella vita

quotidiana".

4. Una proposta di regolamento

La seguente proposta di regolamento comunale

20

è elaborata sulla base

delle considerazioni finora svolte e riconducibili alle seguenti finalità:

l.

Il regolamento viene predisposto in attuazione dell'art. 117 Cost. VI comma,

(potestà regolamentare comunale): "La potestà regolamentare spetta allo Stato

nelle materie

di

legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà

regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le

Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina

dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite."

21

20

Secondo Sergio Bartole, fermo restando il VI comma dell'art. 117 Cost. sarebbe opportuno per

una, seppur minima, uniformazione che i regolamenti comunali venissero adottati perlomeno a

livello provinciale. Bartole S. L'attribuzione di potestà regolamentare agli enti locali con effetti di

delegificazione

cit. Nello stesso senso Pitruzzella

G.

nell'editoriale

Quali poteri normativi

per

l'autonomia locale? Cit. secondo i l quale l'eccessiva disseminazione di poteri normativi potrebbe

costituire, in sé, una minaccia per i diritti.

21

Fermo restando quanto disposto dall'art. 19 del d.P.R. 616 del1977 che riconosceva la facoltà ai

comuni di determinare procedure e competenze dei propri organi in relazione all'esercizio delle

funzioni assegnate ai comuni, la novella del titolo V Cost. apre scenari nuovi. Tuttavia, afferma

Pitruzzella G., Quali poteri normativi per l'autonomia locale?, In "Le Regioni" n. l febbraio 2008

p. 7 a fronte del grande interesse che il tema ha suscitato in dottrina e le potenzialità insite nel VI

c. art. 117, gli enti locali hanno fatto un uso modesto o nullo della nuova competenza. Questo

motivo ha portato ad escludere una netta ripartizione di competenze ma anche ad interrogarsi sulle

condizioni per rendere effettiva l'autonomia normativa degli enti locali che potrà essere espressa

soltanto a fronte di una pre-condizione, quale quella dell'attribuzione certa di funzioni. E' il caso

trattato a proposito della sicurezza dei locali pubblici, laddove a fronte dell'attribuzione della

competenza in materia di verifica delle condizioni di sicurezza dei locali pubblici assegnata già

con il d.P.R. 61611977 i comuni pur avendo già allora la possibilità di regolamentare la funzione

non lo hanno fatto, con l'eccezione del Comune di Milano che, per esercitare il proprio diritto

ricorse al Consiglio di Stato contro la regione Lombardia e

il

Ministro dell'interno. In sostanza, il

mancato equilibrio in termini di "importanza" ovvero il timore reverenziale dei funzionari dei

piccoli comuni nei confronti del locale Comando dei vigili del fuoco, ha di fatto limitato il

contributo che la Commissione comunale avrebbe potuto fornire in termini propositivi.

Di

conseguenza, le disposizioni poste a base della verifica prevista dall'art. 80 Tulps continuano ad

essere esclusivamente quelle riferite alla prevenzione incendi e si ignorano, ad esempio, altre

problematiche connesse alla sicurezza in senso lato, quale ad esempio l'inquinamento acustico

che, invece, dovrebbe essere tenuto in considerazione, ma anche la tutela della salute. Se, infatti,

l'articolo 80 parla genericamente

di

verifica della solidità e sicurezza dell'edificio, d'altro canto la

commissione prevista dall'art.

141 reg. Tulps prevede anche la verifica dell'igiene dei locali, con

ciò presupponendo l'individuazione di competenze non esaustive ma meramente esemplificative.

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2) Il regolamento determina la composizione, il funzionamento e l'attività della

conferenza dei servizi per la verifica dell'agibilità dei locali

di

pubblico

spettacolo.

3)

La scelta

di

procedere alla istituzione

di

una conferenza di servizi e non,

invece,

di

una commissione in base alle indicazioni fornite dall'art. 141 bis del

d.P.R.

311

del2001 è legata alle precise direttive contenute nell'art. l, comma 28,

della legge 53711993. (sostituzione di organi collegiali con le conferenze

di

servizi

previste dall'articolo

14

della legge 7 agosto 1990,

n.

241).

4) Il settore di intervento della conferenza di servizi per la vigilanza dei locali di

pubblico spettacolo non

è

riferito esclusivamente alle prassi consolidate delle

Commissioni provinciali precedentemente operative ed insediate presso le

prefetture, bensì viene determinato in funzione dell'accertamento del possesso dei

requisiti necessari atti a garantire la sicurezza degli utenti, già a livello edilizio,

compresa la valutazione di impatto acustico, attualmente non prevista dalla

disciplina.

5)

L'opportunità di procedere alla convocaziOne della Conferenza di servizi,

anche qualora venisse disposta l'abrogazione degli articoli 80 Tulps, e relativa

disciplina contenuta nel regolamento Tulps, è connessa anche all'elevato numero

dei comuni italiani che, per le limitate dimensioni, non dispongono

di

professionalità interne all'amministrazione comunale. Si rileva, a tale riguardo,

che l'onere per la verifica dell'agibilità in base al II comma dell'art. 80 Tulps è a

carico del richiedente.

L'attività della Conferenza istruttoria

22

, convocata ai sensi dell'art. 14 legge 241

del 1990, è esclusivamente di carattere tecnico e supporta l'attività del

22

Non

si

ritiene che l'intervento della Conferenza dei servizi assuma le caratteristiche della

Conferenza decisioria, anche se il responsabile dello sportello edilizio non potrebbe discostarsi dal

parere della Conferenza, in quanto la responsabilità e la titolarità della competenza al rilascio del

permesso

di

costruire e del certificato di agibilità rientra nelle competenze del responsabile dello

sportello edilizio. Del resto, l'art. 5 del d.P.R. 380 del 2001, testo unico

in

materia edilizia,

espressamente prevede che "Le amministrazioni comunali, nell'ambito della propria autonomia

organizzativa, provvedono, anche mediante esercizio in forma associata delle strutture

ai

sensi del

Capo V, Titolo II, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ovvero accorpamento,

disarticolazione, soppressione di uffici o organi già esistenti, a costituire un ufficio denominato

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responsabile dello sportello edilizia a cui spetta il compito di procedere al rilascio,

alla sospensione e all'eventuale revoca del certificato di agibilità che, come si

è

più volte evidenziato è, contrariamente a quanto originariamente previsto,

condizionato al rispetto di tutte le disposizioni normative riferite alla specifica

destinazione d'uso del locale e, quindi, si può anche affermare, delle specifiche

attività che all'interno dell'immobile vengono esercitate.

SCHEMA DI REGOLAMENTO

Visto l'art. 117, VI comma della Costituzione e la legge 5 giugno 2003

n. 131

Visto l'art. l, comma 28 della legge 24 dicembre 1993 n. 537 e l'art. 14 legge 7

agosto 1990

n.

241;

Visto l'art. 80 del R.d.

18

giugno 1931, n.773 e gli artt. 141 ss del R.d. 6 maggio

1940 n. 635;

Art.

l:

OGGETTO E AMBITO DI APPLICAZIONE

Il Regolamento disciplina la composizione e il funzionamento della Conferenza

dei servizi che opera per le finalità di cui all'art. 80 del Tulps (Testo unico legge

pubblica sicurezza) r.d. 18 giugno 1931 n. 773.

L'attività della Conferenza dei servizi sostituisce, nel Comune di (nome del

comune), la Commissione comunale di vigilanza di cui all'art. 141 bis del

regolamento Tulps (Regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931

n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza) r.d. 6 maggio 1940 n. 635.

Art. 2: COMPOSIZIONE E FUNZIONAMENTO DELLA CONFERENZA DEI

SERVIZI.

Sportello unico per l'edilizia, che cura tutti i rapporti fra il privato, l'amministrazione e, ove

occorra, le altre amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto

della richiesta di permesso o di denuncia di inizio attività.". La questione dell'eguaglianza delle

funzioni assegnate ai Comuni, indipendentemente dalla loro dimensione, che vede

nell'associazionismo una possibilità offerta ai Comuni minori di poter esercitare in modo più

efficiente funzioni che singolarmente possono essere difficili o impossibili da esercitare, è presa

in

esame anche da Pizzetti F.,

Piccoli comuni e grandi compiti:

la

specificità italiana di fronte ai

bisogni delle società mature,

cit.,

p.

38. Sulla ragione di ritenere che, comunque, prima

di

una

conferenza decisoria

si

svolga una riunione preliminare dalle caratteristiche di una conferenza

istruttoria cfr. Talani

M.

La

conferenza dei servizi nuovi orientamenti giurisprudenziali.

Giuffrè,

Varese, 2008,

p.

51.

174

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l.

La Conferenza dei servizi è presieduta dal dirigente o

i l

responsabile del

competente ufficio comunale preposto al rilascio del certificato di agibilità.

2. La Conferenza dei servizi, oltre al Presidente, è composta da:

a) dal Comandante dei Vigili del fuoco o un suo delegato

b) dal Comandante della Polizia municipale o un suo delegato

c) da un funzionario dell'Arpa o un suo delegato esperto in acustica

d) da un funzionario dell'Azienda per i Servizi sanitari esperto in sicurezza

e) da un tecnico esperto designato dall'Ordine degli ingegneri con riferimento alla

specifica destinazione d'uso;

t)

da un tecnico esperto in impianti termici

ed

elettrici designato dali' Ordine degli

ingegneri.

2. Qualora sia necessaria l'acquisizione di pareri o nullaosta di enti diversi da

quelli rappresentati dai componenti di cui al comma

l,

il presidente convoca gli

stessi per l'espressione del parere di competenza.

3 Il funzionamento della Conferenza istruttoria è regolato dall'art. l legge 241 del

1990.

4. Alla Conferenza prende parte un funzionario del settore tecnico, nominato dal

dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale, con funzioni di

segretario.

5. Qualora il responsabile dello sportello edilizio sia diverso dal dirigente o dal

responsabile del competente ufficio comunale, partecipa di diritto alle attività

della Conferenza.

Art. 3: ATTIVITA' DELLA CONFERENZA

l. La Conferenza dei servizi di cui all'art. 2 esprime parere:

a) circa la conformità del progetto per la realizzazione di teatri, cinema e di altri

locali o impianti di pubblico spettacolo e trattenimento, compresi i locali destinati

all'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande alla disciplina in

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2.

Le convocazioni per le sedute della Conferenza sono trasmessi mediante lettera

raccomandata, fax, o via telematica, almeno cinque giorni prima dalla data della

riunione.

3. Alla convocazione

è

allegato l'ordine del giorno della seduta con l'indicazione

della data, del l'ora e del luogo in cui si tiene la riunione.

4. Le riunioni della Conferenza dei servizi, si svolgono nella sede comunale o nei

luoghi indicati, di volta in volta, dal Presidente nell'avviso di convocazione.

5. Notizia della convocazione è inviata al richiedente il quale può far pervenire

prima della riunione, memorie e documenti.

6. Dalla data di indizione della Conferenza dei servizi, gli elaborati delle domande

all'ordine del giorno sono a disposizione per la visione da parte dei rappresentanti

degli enti convocati.

7. Su invito del Presidente della Conferenza può partecipare alla riunione, il

progettista, a fini tecnico consultivi in merito alle proposte progettuali avanzate

prima del rilascio del permesso di costruire e prima del rilascio del certificato di

agibilità.

Art. 5: FORMULAZIONE DEL PARERE

l . L'attività della conferenza dei Servizi è oggetto di verbalizzazione e si

conclude con l'espressione del parere motivato, ai sensi dell'art. 3 della legge 241

del1990.

2. Il verbale è sottoscritto dai partecipanti alla Conferenza dei servizi.

3.

Copia del verbale è trasmesso agli enti partecipanti.

4. Nel caso in cui un rappresentante degli enti convocati in Conferenza dei servizi

esprima parere contrario, lo stesso indica, oltre alle motivazioni, anche le

eventuali condizioni necessarie per la positiva valutazione della domanda; in tal

caso la Conferenza dei Servizi decide se richiedere eventuali modifiche al

progetto.

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5. Nel caso in cui uno o più rappresentanti degli enti convocati in Conferenza dei

Servizi esprima il proprio dissenso, ma comunque si proceda alla determinazione

con esito positivo sulla base della maggioranza delle posizioni espresse, le

motivazioni saranno adeguatamente argomentate.

Art. 6: SPESE PER IL FUNZIONAMENTO DELLA CONFERENZA

l. Le spese per il funzionamento della Conferenza sono a carico del Comune.

2. Il compenso per i componenti esterni è pari al gettone di presenza previsto per i

componenti le commissioni consiliari; tale gettone non è dovuto nel caso in cui i

dipendenti delle pubbliche amministrazioni intervengano in ragione del loro

ufficio; per tutti i componenti esterni

è

previsto il rimborso delle spese di

trasferimento, secondo i parametri in vigore, con riferimento alla sede di lavoro.

3.

E'

a carico del richiedente il pagamento dei diritti tecnici pari a (distinguere per

le diverse tipologie di accertamento)

4. Nulla è dovuto per i progetti del Comune.

Art. 7: DOCUMENTAZIONE DA PRESENTARE AI FINI DELLA VERIFICA

l. Per la verifica di cui al presente regolamento la domanda, in bollo, è corredata

dalla seguente documentazione:

a) Elaborati grafici redatti con la simbologia prevista dalle disposizioni tecniche

più recenti ....................................................................................

b) Relazione tecnica illustrativa l'effettiva attività che sarà esercitata

nell'immobile.

ART. 8 -Entrata in vigore

l.

Il presente regolamento entra in vigore dopo la pubblicazione prevista dallo

Statuto.

2. Con effetto dalla data di entrata in vigore sono disapplicate, nel Comune di

Nome del Comune, le disposizioni del reg. Tulps in contrasto con il presente

regolamento.

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INDICE DELLA GIURISPRUDENZA

Corte Cost. 27 marzo 1987 n. 77

Corte Cost. con sentenza

15

aprile 1970

n.

56

Corte Cost. sentenza 19luglio 2005,

n.

285

Corte Cost., l ottobre 2003 n. 303

Corte Cost., 25 luglio 2001 n. 290

Cass. Pen. Sez. I, 26 settembre 2006 n. 31571

Cass. Pen. Sez. l, 7 aprile 2005 n. 13055

Cass. Pen. Sez. l, 9 febbraio 2005,

n.

8101

Cass. Pen. Sez. I, 3 maggio 2000 , n. 9542

Cass. Pen. Sez. I,

25

febbraio 1997, n. 2691

Cass. Pen. Sez. Un.

19

giugno 1996 n. 6816

Cass. Pen. Sez. III,

16

gennaio 1996,

n.

120

Cass. Pen. Sez. fer. 9 agosto 1990, in Cass. pen. 1992, 757

Cass. Sez. I,

25

maggio 1999,

n.

5056

Cass. Sez. III,

18

giugno 1996

n.

5889

Cons. Stato Sez. I, parere

12

gennaio 1979 n. 1571/78

Cons. Stato Sez. nor., parere 18 settembre 2000, n. 147

Cons. Stato, (Ad. gen.) parere 29 marzo 2001

Cons. Stato, Sez. IV, 30 settembre 1987 n. 556 in Cons. Stato 1987, n.9

Cons. Stato, Sez. V, 17 ottobre 2002, n. 5656

Co ns. Stato, Sez. V,

28

giugno 2000,

n.

3639

Cons. Stato, Sez. V, 5 aprile 2005 n. 1543

Cons. Stato, Sez. VI, 4 agosto 2008 n. 3875

Cons. Stato, Sez.V,

?luglio

2005 n. 3732

T.a.r. Calabria Reggio Calabria, 28 gennaio

1999,

n. 48

T.a.r. Campania Napoli, Sez. II, 31 maggio 2007 , n. 5890

T.a.r. Emilia Romagna Parma, Sez.

I, 26 giugno 2008, n. 326

T.a.r. Lazio, 22 settembre 2003, n. 7700

T.a.r. Lazio, Sez. II, 27luglio 1994, n. 926

T.a.r. Lombardia Brescia, 5 ottobre 2004,

n.

1150

T.a.r. Puglia Bari, Sez. II, 4 febbraio 2003, n. 489, Foro amm. TAR 2003

T.a.r. Sardegna 6 febbraio 2002 n. 115

T .a.r. Sardegna Cagliari, Sez. I,

29

settembre 2008 , n. 1794

T.a.r. Toscana Firenze, Sez. II, 16 ottobre 2008 ,

n.

2287

Trib. Massa, 6 agosto 2003 Poletti Riv. pen. 2003, 1017

Con eccezione delle citazioni a margine, la giurisprudenza è stata estratta da:

Per le sentenze della Corte costituzionale: www.giurcost.it

Per la giurisprudenza amministrativa: www.giustizia-amministrativa.it

Per la giurisprudenza ordinaria: www.jurisdata.it

181

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A nessuno piacciono gli ordini arbitrari da parte

di re, funzionari statali, dittatori e così via.

Ma

la legi-

slazione non è l'alternativa appropriata all'arbitrio, per-

ché l arbitrio può essere ed è effettivamente esercitato,

in molti casi, con l'aiuto di regole scritte che la gente

deve sopportare, poiché nessuno eccetto un manipolo di

legislatori, partecipa a loro processo di formazione.

Bruno Leoni (La libertà e la legge)

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