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1 I FINANZIAMENTI ALLE IMPRESE Donatella Busso, Alain Devalle e Simone Scagnelli 1 LE FONTI DI FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE Nelle imprese il reperimento dei capitali che si vincolano all’azienda a vario titolo assume rilevanza con riferimento sia alla fase di costituzione sia durante lo svolgimento della gestione. In fase di costituzione è necessario pianificare il finanziamento della struttura produttiva anche se è opportuno non trascurare l’investimento in circolante comunque necessario per l’inizio dell’attività. Durante la gestione in funzionamento, il fabbisogno di capitale deriva dalla gestione del ciclo operativo aziendale. La necessità di finanziamenti è di norma legata alla circostanza che, nel tempo, i flussi di costi precedono, nelle imprese industriali, il flusso di ricavi. Pertanto le aziende non sono in grado di autofinanziarsi in modo completo, ma devono attingere a finanziamenti esterni, quali i finanziamenti da capitale di debito (es. prestiti bancari, altri debiti) e i finanziamenti con il vincolo del pieno rischio (es. apporti dei soci, ecc.). Il capitale proprio ed il capitale di credito si combinano fra di loro in rapporti diversi tra impresa a impresa e variabili nel tempo nell’ambito di una stessa impresa. Queste due forme di finanziamento hanno caratteristiche economicamente e giuridicamente diverse (si pensi, ad esempio, alle differenze, sul piano della remunerazione, del rischio e dei diritti che comportano, tra le azioni e le obbligazioni). Le fonti di finanziamento possono essere classificate 1 in base alla: durata del ciclo di realizzo; provenienza. Sotto il profilo della durata del ciclo di realizzo le fonti di finanziamento vengono, normalmente, distinte in: capitale permanente, ovvero finanziamenti a lungo ciclo di estinzione o di utilizzo; capitale corrente, ovvero finanziamenti a breve ciclo di estinzione o di utilizzo. Rientrano tra le fonti del capitale «permanente»: il capitale acquisito con il vincolo del «pieno rischio». Tale vincolo non implica un ciclo di estinzione determinato, ma, anzi, una indefinita permanenza del capitale nell’impresa: in questo senso, si tratta della fonte del capitale permanente per eccellenza; il capitale acquisito con il vincolo del debito. Si tratta di tutti quei debiti per i quali il ciclo di estinzione preveda una permanenza nell’impresa superiore all’anno. Tra le fonti del capitale «corrente», si ricomprendono normalmente: l’indebitamento a «breve ciclo di utilizzo», caratterizzato da scadenza indeterminata, ma da frequenti movimentazioni (ad esempio, il conto corrente bancario connesso con aperture di credito); l’indebitamento a «breve termine», caratterizzato dalla scadenza determinata entro l’anno. Sotto il profilo della provenienza, le fonti di finanziamento si differenziano per il tipo di “vincolo” in: capitale proprio; capitale di terzi. Il capitale proprio rappresenta il capitale acquisito a “pieno rischio” che può provenire dall’esterno dell’impresa (finanziamento da parte dei soci) oppure dall’interno dell’impresa stessa (autofinanziamento). 1 Sulle classificazioni delle fonti di finanziamento si veda Ferrero G., Dezzani F., Pisoni P., Puddu L., Le analisi di bilancio, Giuffré, Milano, 2003.

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I FINANZIAMENTI ALLE IMPRESE

Donatella Busso, Alain Devalle e Simone Scagnelli

1 LE FONTI DI FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE

Nelle imprese il reperimento dei capitali che si vincolano all’azienda a vario titolo assume rilevanza con riferimento sia alla fase di costituzione sia durante lo svolgimento della gestione. In fase di costituzione è necessario pianificare il finanziamento della struttura produttiva anche se è opportuno non trascurare l’investimento in circolante comunque necessario per l’inizio dell’attività. Durante la gestione in funzionamento, il fabbisogno di capitale deriva dalla gestione del ciclo operativo aziendale.

La necessità di finanziamenti è di norma legata alla circostanza che, nel tempo, i flussi di costi precedono, nelle imprese industriali, il flusso di ricavi. Pertanto le aziende non sono in grado di autofinanziarsi in modo completo, ma devono attingere a finanziamenti esterni, quali i finanziamenti da capitale di debito (es. prestiti bancari, altri debiti) e i finanziamenti con il vincolo del pieno rischio (es. apporti dei soci, ecc.).

Il capitale proprio ed il capitale di credito si combinano fra di loro in rapporti diversi tra impresa a impresa e variabili nel tempo nell’ambito di una stessa impresa.

Queste due forme di finanziamento hanno caratteristiche economicamente e giuridicamente diverse (si pensi, ad esempio, alle differenze, sul piano della remunerazione, del rischio e dei diritti che comportano, tra le azioni e le obbligazioni).

Le fonti di finanziamento possono essere classificate1 in base alla: • durata del ciclo di realizzo; • provenienza. Sotto il profilo della durata del ciclo di realizzo le fonti di finanziamento vengono,

normalmente, distinte in: • capitale permanente, ovvero finanziamenti a lungo ciclo di estinzione o di utilizzo; • capitale corrente, ovvero finanziamenti a breve ciclo di estinzione o di utilizzo. Rientrano tra le fonti del capitale «permanente»: • il capitale acquisito con il vincolo del «pieno rischio». Tale vincolo non implica un

ciclo di estinzione determinato, ma, anzi, una indefinita permanenza del capitale nell’impresa: in questo senso, si tratta della fonte del capitale permanente per eccellenza;

• il capitale acquisito con il vincolo del debito. Si tratta di tutti quei debiti per i quali il ciclo di estinzione preveda una permanenza nell’impresa superiore all’anno.

Tra le fonti del capitale «corrente», si ricomprendono normalmente: • l’indebitamento a «breve ciclo di utilizzo», caratterizzato da scadenza indeterminata,

ma da frequenti movimentazioni (ad esempio, il conto corrente bancario connesso con aperture di credito);

• l’indebitamento a «breve termine», caratterizzato dalla scadenza determinata entro l’anno.

Sotto il profilo della provenienza, le fonti di finanziamento si differenziano per il tipo di “vincolo” in:

• capitale proprio; • capitale di terzi. Il capitale proprio rappresenta il capitale acquisito a “pieno rischio” che può provenire

dall’esterno dell’impresa (finanziamento da parte dei soci) oppure dall’interno dell’impresa stessa (autofinanziamento).

1 Sulle classificazioni delle fonti di finanziamento si veda Ferrero G., Dezzani F., Pisoni P., Puddu L., Le analisi di

bilancio, Giuffré, Milano, 2003.

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Lo strumento utilizzato dall’impresa per acquisire nuovi capitali a titolo di pieno rischio è, generalmente, l’aumento di capitale sociale a pagamento.

Il capitale di terzi rappresenta, invece, il capitale acquisito con il vincolo del debito effettuato da terzi soggetti (banche, società di finanziamento, ecc.).

Nella scelta delle fonti di finanziamento è opportuno sempre prestare attenzione alle caratteristiche del fabbisogno finanziario. La parte del fabbisogno complessivo di mezzi finanziari considerato persistente nel tempo dovrebbe essere coperta con mezzi finanziari durevoli (capitale proprio, passività consolidate), mentre alla parte cosiddetta fluttuante si dovrebbe far fronte con finanziamenti a breve termine (passività correnti). In altre parole investimenti e finanziamenti devono essere fra loro correlati per durata e scadenza.

Nel proseguo della trattazione vengono prese in considerazione le diverse forme di finanziamento a cui attingono le imprese.

2 LE FONTI DI FINANZIAMENTO A MEDIO E LUNGO TERMINE2

Le fonti di finanziamento a medio lungo termine sono costituite dalle risorse finanziarie ottenute dall’impresa rimborsabili in periodi superiori ad un esercizio.

Convenzionalmente il riferimento è l’esercizio, poiché al termine di ogni esercizio amministrativo viene redatto il bilancio d’esercizio: il limite dell’anno ha il pregio di consentire di disporre delle informazioni necessarie per le analisi patrimoniali e finanziarie ad intervalli regolari, utili per le comparazioni temporali di bilanci della stessa impresa.

Gli strumenti maggiormente utilizzati per l’assunzione di mezzi finanziari a medio e lungo termine con il vincolo del debito sono i seguenti:

• il mutuo; • il prestito obbligazionario; • il leasing finanziario3. Di seguito vengono analizzate le forme di finanziamento a medio e lungo termine sopra

riportate.

2.1 GLI AUMENTI DI CAPITALE SOCIALE A PAGAMENTO

Il capitale sociale rappresenta la somma versata dai soci a titolo di mezzi propri per l’esercizio dell’impresa in forma collettiva.

Il capitale sociale è suddiviso in quote o azioni – a seconda della forma giuridica dell’impresa – che permettono la determinazione dei rapporti di comando all’interno della società.

Le tipologie di aumento di capitale sociale sono: • gratuito: il capitale sociale viene aumentato mediante l’utilizzo delle riserve di capitale

disponibili nel patrimonio netto. Tale tipologia di aumento di capitale sociale non rappresenta una fonte di finanziamento perché non vi è l’apporto di nessuna nuova risorsa nell’impresa;

• a pagamento: l’aumento di capitale sociale avviene mediante l’apporto da parte dei soci di nuove risorse finanziarie.

Di seguito verranno analizzati esclusivamente gli aumenti di capitale sociale a pagamento. Gli apporti da parte dei soci possono avvenire in due differenti momenti della “vita”

aziendale: • all’atto della costituzione della società; • durante la vita dell’impresa. L’apporto da parte dei soci di nuovi capitali, indipendentemente dal momento in cui viene

effettuato, comporta i seguenti passaggi: 2 di Alain Devalle. 3 Il leasing finanziario rappresenta una fonte di finanziamento alternativa. Nella sostanza, infatti, è un vero e proprio

finanziamento quindi un debito, tuttavia, attraverso il metodo patrimoniale viene contabilizzato in calce allo stato patrimoniale nei conti d’ordine e quindi non viene iscritto tra i debiti.

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• la sottoscrizione del capitale: i soci si impegnano a conferire beni o denaro per il valore del capitale sottoscritto. Il codice civile impone che, all’atto della sottoscrizione, sia versato almeno il venticinque per cento dei conferimenti in denaro4;

• il richiamo della parte di capitale sottoscritto non ancora versato; • il versamento effettivo di quanto sottoscritto in denaro dai soci. Il valore delle nuove azioni/quote da sottoscrivere può essere fissato ad un valore superiore

al valore nominale; tale parte incrementale si definisce sovrapprezzo e rappresenta il maggior valore che i soci devono accollarsi derivante dal maggior valore del patrimonio aziendale rispetto al valore nominale del capitale sociale.

I soci possono effettuare, in alternativa al conferimento in denaro5, il conferimento in natura di beni o di crediti.

I conferimenti in natura devono essere accompagnati da una relazione giurata di un esperto designato dal presidente del tribunale nel cui circondario ha sede la società, contenente la descrizione dei beni o dei crediti conferiti, l’attestazione del valore a ciascuno di essi attribuito ed i criteri di valutazione seguiti6.

Elemento distintivo degli aumenti di capitale sociale a pagamento – rispetto alle altre fonti di finanziamento – è la durata.

Infatti, tale tipo di finanziamento trova conclusione alla fine della vita dell’azienda, nel momento in cui tutto il capitale investito ritorna in forma liquida ai soci7.

Inoltre, è una forma di finanziamento che, data la sua natura, non prevede la corresponsione di interessi.

La remunerazione che spetta ai soci consiste nella corresponsione di utili o dividendi. Tale corresponsione può avvenire, però, solo in caso di buon andamento della gestione e se deliberato dall’assemblea.

In caso contrario, gli utili conseguiti e destinati a riserva – quindi non distribuiti ai soci - formano l’autofinanziamento dell’impresa.

L’aumento di capitale sociale a pagamento viene utilizzato quando l’impresa ha un grado di indebitamento molto elevato e quindi intende migliorare la sua struttura finanziaria/patrimoniale.

Inoltre, l’aumento di capitale sociale a pagamento implica la disponibilità da parte dei soci esistenti di conferire nuove risorse finanziarie o nuovi beni, oppure la disponibilità di nuovi soggetti disposti ad investire nella società.

Infine, occorre valutare la durata dell’investimento che si intende finanziare; se l’investimento ha scadenza a medio e lungo termine è corretto utilizzare un finanziamento della stessa durata, altrimenti per investimenti a breve termine occorrerebbe utilizzare una fonte di finanziamento a breve termine.

In altri casi, l’aumento di capitale sociale è utilizzato, congiuntamente ad altre forme di finanziamento, al fine di mantenere inalterata la struttura finanziaria/patrimoniale dell’impresa.

Si consideri, a titolo d’esempio, un’impresa che deve effettuare un investimento in immobilizzazioni materiali di Euro 90.000 e presenta i seguenti dati:

Patrimonio Netto 300.000 Totale attivo/passivo 1.000.000

4 Art. 2342 c.c. Novellato. Il codice civile modificato dal D.Lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003 prevede la possibilità di

costituire una S.p.a. con un solo socio; in tal caso deve essere versato l’intero ammontare del capitale sottoscritto.

5 L’art. 2342 c.c. afferma che se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve effettuarsi in denaro.

6 Art. 2343 c.c. 7 Il recesso del socio dalla società è diverso a seconda della forma giuridica dell’impresa, e solo nei casi previsti dal

codice civile.

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Grado di indipendenza finanziaria 30% Affinché la struttura finanziaria a medio lungo termine dell’impresa resti invariata, dovrà

finanziare il 30% dell’investimento attraverso il capitale proprio e la restante parte attraverso capitale di terzi.

Quindi, dovrà effettuare un aumento di capitale sociale di 27.000 Euro.

2.1.1 Iscrizione in bilancio

Un’impresa decide di effettuare un aumento di capitale sociale e pagamento: • capitale sociale esistente per 500.000 Euro suddiviso in 50.000 azioni; • emissione di 10.000 azioni nuove del valore nominale di 10 Euro; • sottoscrizione da parte dei soci del valore di 120.000 Euro. A seguito dell’aumento di capitale sociale il bilancio della società risulta così costituito:

STATO PATRIMONIALE (EURO) Attivo Passivo A) PATRIMONIO NETTO I) Capitale sociale 600.000 II)Riserva sovrapprezzo azioni 20.000 Totale A) 620.000

2.2 IL MUTUO

Il mutuo è una caratteristica forma di finanziamento a medio e lungo termine che le imprese negoziano con le banche o con istituti di credito specializzati.

Il mutuo è un contratto che mediante il quale avviene il trasferimento di una somma di denaro da un soggetto (mutuante) ad un altro soggetto (mutuatario), con assunzione da parte del mutuatario dell'obbligo di restituire al mutuante altrettanto denaro. Il contratto di mutuo si perfeziona con la consegna del denaro prestato al mutuatario, che ne diviene il proprietario.8

Il mutuo in denaro è, salvo diverse pattuizioni, un contratto a titolo oneroso; quindi, oltre al rimborso del capitale il mutuatario è tenuto alla corresponsione degli interessi.

Gli elementi che caratterizzano in modo specifico il mutuo sono i seguenti: • i fondi ottenuti hanno, generalmente, una destinazione vincolata ad un determinato

piano di investimenti; • il prestito viene supportato da garanzie a titolo personale (fideiussioni) o reale

(ipoteca). L’ottenimento del mutuo da parte dell’impresa è generalmente subordinato all’esito

positivo di un’indagine preliminare che l’istituto mutuante effettua nei confronti dell’azienda medesima.

L’indagine comprende sia l’aspetto tecnico (es. stato di efficienza degli impianti, efficacia ed efficienza dei processi di produzione, ecc.) sia l’aspetto amministrativo (es. analisi della gestione aziendale attraverso i bilanci).

In seguito all’accennata indagine tecnico-amministrativa l’istituto che eroga il mutuo imposta una pratica di finanziamento.

La concessione del mutuo può dipendere da altre condizioni quali: • richiesta di particolari garanzie personali ai soci o ad altri soggetti, in aggiunta alle

normali garanzie reali (es. ipoteca); • richiesta di impegno formale, da parte dell’impresa, a seguire una determinata politica

di distribuzione e di accantonamento degli utili aziendali; • richiesta di subordinare il pagamento dei debiti verso i soci al pagamento del mutuo.

8 Gli articoli del codice civile di riferimento per il contratto di mutuo sono l’art. 1813 c.c. e gli articoli seguenti.

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La presenza o meno delle suddette garanzie dipende dall’importo del finanziamento e dallo “stato di salute” dell’impresa.

Il mutuo, dopo l’ottenimento, comporta la restituzione del debito e il pagamento degli interessi.

Il pagamento degli interessi ed il rimborso del capitale avvengono di solito contemporaneamente, in rapporto ad un determinato “piano di ammortamento” pluriennale. In pratica, l’impresa che ha ottenuto il finanziamento corrisponde – per tutta la durata del mutuo – all’istituto di credito delle rate periodiche, che comprendono:

• gli interessi relativi al periodo trascorso dall’ottenimento del mutuo o dal pagamento della rata precedente;

• una quota di rimborso del capitale ottenuto in prestito.

2.2.1. Tipologie di mutuo

Il mutuo può assumere diverse forme a seconda dei seguenti elementi: • tasso di interesse; • quota di capitale da rimborsare. Il tasso di interesse, in sede di stipulazione del contratto, può essere determinato attraverso

diverse modalità: − tasso fisso: in sede di stipulazione del contratto di mutuo la banca determina il tasso di

interesse che rimane fisso per tutta la durata del mutuo; in questo modo l’impresa ha la certezza della misura del tasso indipendentemente dalle variazioni di mercato. Per il tasso fisso il tasso di riferimento è l'EURIRS (Euro Interest Rate Swap) rilevato e diffuso come media ponderata della quotazione alla quale le Banche operanti nell'Unione Monetaria europea realizzano l'Interest Rate Swap. A tale tasso di riferimento le banche sommano una percentuale (detta "spread") che oscilla mediamente tra l'1% e il 3%. Tale tipologia di mutuo è consigliabile per le imprese che intendono conoscere, fin dalla stipula del contratto, gli importi delle singole rate a scadere e l’ammontare complessivo del debito (capitale e interessi) da restituire;

− tasso variabile: in sede di stipulazione del contratto di mutuo non viene determinato un tasso preciso bensì il tasso di interesse varia in relazione all’andamento di uno o più parametri specificatamente indicati nel contratto di mutuo. Per il tasso variabile il tasso di riferimento, generalmente, è l'EURIBOR (euro Interbank Offered Rate) rilevato dal Comitato di gestione e diffuso come media ponderata dei tassi di interesse ai quali le Banche operanti nell'Unione Monetaria europea cedono depositi in prestito. A tale tasso di riferimento le banche sommano una percentuale (detta "spread") che oscilla mediamente tra l'1% e il 3%. Tale tipologia di mutuo viene scelto dall’impresa quando prevede una diminuzione dei tassi;

− tasso misto quando durante il periodo di vita del mutuo è possibile modificare, alle scadenze e alle condizioni stabilite nel contratto, il tipo di tasso applicato inizialmente scegliendo tra tasso fisso e tasso variabile. Attraverso questa tipologia di mutuo l’impresa può decidere, alle scadenze prestabilite, quale sia il tasso maggiormente favorevole;

− tasso capped rate (detto anche "CAP") è invece un tasso variabile con un limite massimo predeterminato oltre il quale il tasso d'interesse non potrà mai salire, anche se i tassi di mercato dovessero superarlo. A tale garanzia corrisponde in genere uno spread applicato più elevato che per il tasso variabile normale. Tale tipologia di mutuo permette all’impresa di non superare mai un determinato livello di tasso anche se le condizioni di mercato fossero estremamente negative;

− tasso bilanciato (o mix) è così chiamato perché composto da una parte a tasso fisso e una a tasso variabile. La composizione tra le due parti può essere scelta tra diversi mix, a seconda del peso che si preferisce dare al tasso fisso rispetto a quello variabile. E’

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una modalità che permette all’impresa di rendere a tasso fisso una parte del mutuo e un’altra a tasso variabile;

In relazione, invece, all’ammontare delle quote di debito che vengono corrisposte periodicamente alla banca da parte dell’impresa, il rimborso del mutuo può avvenire come segue:

− rimborso a quote costanti, in cui vengono rimborsate quote costanti di capitale; − rimborso a quote crescenti, nel quale vengono rimborsate quote crescenti di capitale; − rimborso a quote variabili, nel quale vengono rimborsate quote variabili di capitale, a

seconda della disponibilità finanziaria dell’impresa.

2.2.2 Il costo del mutuo

L’impresa, per poter ottenere finanziamenti a titolo di mutuo da una banca o da un istituto specializzato, deve sostenere, oltre alla corresponsione periodica degli interessi, i seguenti costi:

− le spese di istruttoria della pratica: l'istruttoria è la fase attraverso la quale la Banca compie tutti gli atti necessari a stabilire se il finanziamento debba o meno essere concesso all’impresa: verificare le capacità di credito del richiedente il mutuo, acquisire la documentazione necessaria, ecc. Il costo delle spese di istruttoria è determinato da alcuni istituti in misura fissa (es. tra i 180 e i 300 euro) oppure in misura percentuale (es. tra lo 0,1% e lo 0,5% dell'importo finanziato);

− le spese di perizia: la perizia è effettuata da un tecnico di fiducia della Banca che accerta il valore dell'eventuale immobile da sottoporre a ipoteca. Le spese relative alla perizia possono variare tra i 180 e i 300 euro.

− le spese notarili: comprendono gli onorari del notaio e le imposte dovute allo Stato per l’attività contrattuale (in particolare l’iscrizione dell’ipoteca). Tali spese variano a seconda del tipo di atto, dell’importo dell’ipoteca e dell’ente erogante.

− il costo dell'imposta sostitutiva: sostitutiva dell'imposta di registro, ipotecaria, catastale e bollo è richiesta nella misura dello 0,25% sull'importo erogato se l’ente erogante è una banca o una finanziaria parificata, altrimenti si paga l’intera imposta ipotecaria pari al 2%;

− i costi assicurativi: a titolo di garanzia, la banca potrebbe richiedere la stipulazione di polizze assicurative (es. una polizza antincendio sull’immobile sottoposto a ipoteca).

2.2.3 Iscrizione in bilancio

Il mutuo passivo deve essere iscritto in bilancio nello stato patrimoniale tra i debiti verso banche con l’indicazione della parte di debito esigibile oltre l’esercizio successivo.

Inoltre, gli eventuali oneri accessori sostenuti per ottenere finanziamenti, quali le spese di istruttoria, l’imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio termine, e tutti gli altri costi iniziali devono essere capitalizzati nella voce “Altre immobilizzazioni immateriali.

Se, a seguito dell’istruttoria, i finanziamenti non vengono concessi, i costi iniziali sostenuti devono essere imputati a costi dell’esercizio.

L’ammortamento degli oneri accessori su finanziamenti deve essere determinato sulla durata dei relativi finanziamenti in base a quote calcolate preferibilmente secondo modalità finanziarie, oppure a quote costanti, se gli effetti risultanti non divergono in modo significativo rispetto al metodo finanziario9.

Esempio

• Ottenimento, in data 1/1, da parte di un’impresa, di un mutuo decennale relativo l’acquisto di un immobile per l’importo di 100.000 Euro. Sono state sostenute spese di istruttoria per l’importo di 300 Euro.

9 Principio contabile nazionale 24.

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• Pagamento, in data 31/12, della rata annuale del mutuo di cui al punto precedente così composta: − Rimborso quota di capitale costante: 10.000 Euro − Quota interessi: 7.000 Euro

Nel bilancio al 31/12 della società, le poste figurano come segue:

STATO PATRIMONIALE (EURO) Attivo Passivo B) Immobilizzazioni II Immobilizzazioni immateriali 7) Altre

270*

D) DEBITI 3)Debiti verso banche

di cui esigibile oltre l’esercizio

90.000 70.000

* Il valore iscritto in bilancio è stato così calcolato: Le spese di istruttoria vengono ammortizzate per la durata del mutuo; quindi l’aliquota di ammortamento è

del 10%. Costo istruttoria 300 Euro Fondo ammortamento (30) Euro Valore contabile 270 Euro

CONTO ECONOMICO (EURO)

B) 10) c) ammortamento immobilizzazioni immateriali

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C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI 17) Oneri finanziari 7.000

2.3 IL PRESTITO OBBLIGAZIONARIO

Le obbligazioni sono dei titoli che rappresentano quote di un debito dell’impresa, sulle quali la stessa si impegna a corrispondere un interesse (normalmente semestrale posticipato). Il rimborso dell’accennato debito avviene secondo le modalità prestabilite dall’impresa.

Il debito per le obbligazioni è rappresentato dal valore nominale delle obbligazioni ancora da rimborsare. L’emissione delle obbligazioni può essere effettuata attraverso le seguenti modalità:

• alla pari, quando il prezzo dell’emissione è uguale al valore nominale; • sopra alla pari, quando il prezzo di emissione superiore al valore nominale: in questo

caso la differenza rappresenta un “aggio di emissione”; • sotto alla pari, quando il prezzo di emissione è inferiore al valore nominale: in questo

caso la differenza rappresenta un “disaggio di emissione”. L’emissioni di obbligazioni da parte della società vengono disciplinate dal codice civile. A seguito della riforma del diritto societario possono emettere titoli obbligazionari le

seguenti società: • società per azioni e società in accomandita per azioni; • società a responsabilità limitata.

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2.3.1 Società per azioni e società in accomandita per azioni

La società per azioni e in accomandita per azioni possono emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato10.

E’ concessa la possibilità di emettere obbligazioni per un valore superiore se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali.11 In caso di successiva circolazione, chi li ha sottoscritti risponde della solvenza della società.

Inoltre, non sono assoggettati al limite sopra esposto, e non rientrano nel calcolo medesimo, le emissioni di obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, sino a due terzi del valore degli immobili medesimi12.

2.3.2 Società a responsabilità limitata

In seguito alla riforma, anche le società a responsabilità limitata, se lo statuto lo prevede, possono emettere titoli di debito. In tal caso l’atto costitutivo attribuisce la relativa competenza ai soci o agli amministratori determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie per la decisione.

Le obbligazioni emesse, devono però, essere sottoscritte soltanto da investitori professionali, che per le caratteristiche dell’attività svolta, possono stimare l’effettivo merito creditizio dell’emittente.

In caso di successiva circolazione dei titoli di debito, l’investitore professionale li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima.

Infine, la decisione di emissione dei titoli prevede le condizioni del prestito e le modalità del rimborso ed è iscritta a cura degli amministratori presso il registro delle imprese.

Tale norma permette, quindi, anche alle società a responsabilità limitata di accedere a questa fonte di finanziamento, cercando al contempo di tutelare gli interessi dei risparmiatori, imponendo la sottoscrizione da parte di operatori qualificati.

2.3.3 Tipologie di obbligazioni

I principali tipi di obbligazioni sono i seguenti: • obbligazioni ordinarie; • obbligazioni convertibili. Le obbligazioni ordinarie comportano per l’impresa il pagamento di un interesse periodico

ed il rimborso in contati al momento della scadenza (secondo un piano di rimborso graduale o interamente al termine). 10 Art. 2412 c.c. 11 Art. 2412 c.c. secondo comma. Prima della riforma era possibile emettere obbligazioni per un ammontare

eccedente il valore del capitale sociale versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio approvato in soli due casi (art. 2410 c.c.), ovvero quando: - le obbligazioni sono garantite da ipoteche su immobili di proprietà sociale, sino a due terzi del valore di

questi; - l’eccedenza dell’importo delle obbligazioni è garantita da titoli nominativi emessi o garantiti dallo Stato,

avente scadenza non anteriore a quella delle obbligazioni, ovvero da equivalente credito di annualità o sovvenzioni a carico dello Stato o di enti pubblici.

12 I primi due commi dell’art. 2412 non si applicano per le emissioni di prestiti obbligazionari delle società con azioni quotate nei mercati regolamentati, a condizioni che tali titoli di debito siano destinati alla quotazione. Infine, come già previsto dal “vecchio” codice civile, quando ricorrono particolari ragioni di interesse nazionale, la società può essere autorizzata, con provvedimento dell’autorità governativa, ad emettere obbligazioni per somma superiore a quanto previsto dall’art. 2412, con l’osservanza dei limiti, delle modalità e delle cautela stabilite nel provvedimento stesso.

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Le obbligazioni convertibili prevedono una duplice alternative di rimborso. Esse, infatti, possono, su scelta dell’obbligazionista, essere:

• rimborsate in contati, come le obbligazioni ordinarie; • sostituite, parzialmente o totalmente, con delle azioni della società emittente o di altra

società, e quindi diventare socio della società.

2.3.4 Iscrizione delle obbligazioni in bilancio

Le obbligazioni devono essere iscritte in bilancio tra di debiti; in particolare se si tratta di obbligazioni ordinarie della voce D 1), mentre se si tratta di obbligazioni convertibili nella voce D 2).

Inoltre, occorre indicare la quota di debito che verrà rimborsata oltre l’esercizio successivo. Gli interessi passivi corrisposti agli obbligazioni dovranno essere indicati in conto

economico nella voce C) 17 Proventi e oneri finanziari. Gli eventuale disaggi di emissione devono essere iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale

nella voce D) Ratei e Risconti e ammortizzati in ogni esercizio per il periodo di durata del prestito.13

Esempio

L’impresa emette un prestito obbligazionario ordinario per Euro 200.000. L’iscrizione della posta in bilancio viene di seguito rappresentata.

STATO PATRIMONIALE (EURO) Attivo Passivo D) DEBITI 1) Obbligazioni

di cui esigibile oltre l’esercizio

200.000 200.000

L’impresa emette un prestito obbligazionario convertibile per Euro 100.000. L’iscrizione

della posta in bilancio figura come segue.

STATO PATRIMONIALE (EURO) Attivo Passivo D) DEBITI 2)Obbligazioni

convertibili di cui esigibile oltre l’esercizio

100.000 100.000

2.4 IL LEASING FINANZIARIO

Il leasing finanziario è un contratto di finanziamento che consente, in cambio del pagamento di canoni periodici:

• di avere la disponibilità di un bene strumentale per l’esercizio della propria professione o attività imprenditoriale;

• di esercitare, al termine del contratto, un’opzione di riscatto (di acquisto) del bene stesso per una cifra pattuita, inferiore al valore di mercato del bene.

Nell’operazione sono coinvolti tre soggetti:

13 Art. 2426 c.c., 1° comma, n.7)

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• l’impresa locataria: è il soggetto che sceglie e utilizza il bene - nell’ambito dell’esercizio di un’impresa, un’arte, una professione o un’attività istituzionale - e può riscattarlo al termine del contratto;

• la società di leasing: è la società che acquista materialmente il bene scelto dall’utilizzatore, conservandone la proprietà sino al momento del suo eventuale riscatto;

• l’impresa costruttrice: è il soggetto che vende il bene, scelto dall’utilizzatore, alla società leasing.

L’impresa può stipulare un contratto di leasing esclusivamente per l’acquisto di beni

strumentali. Si possono, quindi, identificare le seguenti categorie di beni: • immobili (es. capannoni, laboratori, stabilimenti, uffici, negozi ecc.), che a loro volta si

distinguono in: − immobili costruiti (già edificati) − immobili da costruire

• beni mobili, che a loro volta si distinguono in: − mezzi di trasporto: − autovetture − veicoli industriali e commerciali − aeromobili, natanti e materiale ferroviario − altri beni strumentali all’esercizio di attività di impresa (macchine per ufficio,

macchine utensili, macchinari per l’edilizia, macchine per stampa e arti grafiche, ecc.)

2.4.1 Le fasi di un’operazione di leasing

La decisione dell’utilizzatore di stipulare o meno un determinato contratto di leasing è vincolata alla decisione della società di leasing di concedere il finanziamento e cioè, di fatto, deve anticipare una somma di denaro, in cambio di un rientro del capitale diluito nel tempo.

La decisione della società di leasing passa attraverso una fase "istruttoria" volta a valutare l’affidabilità del cliente e la fungibilità del bene. La fase istruttoria non prevede particolari iter burocratici. Nei casi normali sono necessari:

• la richiesta formalizzata (richiesta di leasing); • il codice fiscale/partita i.v.a.; • bilanci o dichiarazioni dei redditi relativi agli ultimi esercizi. Se l’istruttoria dà esito positivo, in breve tempo il contratto di leasing può essere

sottoscritto e l’operazione si perfezionata con la consegna del bene.

Società di leasing

Impresa costruttrice

Impresa locataria

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La società di leasing potrà richiedere, in alcuni casi, delle garanzie personali (fidejussioni) e reali (pegni). In relazione al tipo di bene possono ovviamente variare le modalità del perfezionamento, con richiesta di documenti aggiuntivi (es. nel caso degli autoveicoli o di immobili) o di particolari adempimenti (ad esempio polizza assicurativa con vincolo a favore della società di leasing).

A seguito di esito positivo della pratica di istruttoria, al fine di perfezionare il contratto di leasing occorre:

• la firma del contratto; • il versamento dell’anticipo da parte dell’utilizzatore; • l’ordine al fornitore. L’utilizzatore sceglie il fornitore del bene oggetto del contratto di leasing e si assume la

responsabilità di questa scelta. La società di leasing infatti, proprio in quanto estranea a questo aspetto, non assume responsabilità per eventuali inadempienze del fornitore in merito agli aspetti tecnici o temporali della fornitura (ritardate o errate consegne, mancate installazioni ecc.).

Per eseguire il contratto di leasing, l’intermediario finanziario si impegna ad acquistare uno o più beni da uno o più fornitori. Per fare questo emette un ordine al fornitore dove vengono descritti:

• il bene e le sue caratteristiche, così come concordate fra il cliente ed il fornitore dello stesso;

• le modalità e i tempi di consegna; • le modalità e i tempi di pagamento. L’emissione di questo ordine è normalmente autorizzata dal cliente contestualmente alla

firma del contratto di leasing. L’ordine viene a sua volta accettato (firmandolo) dal fornitore. Si tratta talvolta di un passaggio molto importante perché se è vero che esistono ordini

molto semplici, come quelli che riguardano le autovetture, esistono anche ordini molto complessi, che possono essere dei veri e propri capitolati di appalto, in quanto il bene potrebbe anche essere ancora da costruire secondo specifiche del cliente.

Infine, la fornitura viene consegnata e – se prevista – installata e collaudata. L’ultimo passaggio consiste nell’accettazione del bene da parte del cliente che dichiara, firmando un modulo cosiddetto "di accettazione" o di consegna, che il bene consegnatogli è quello da lui richiesto.

La società di leasing, nel momento in cui riceve questo modulo, acquisisce la proprietà del bene, ed il leasing ha avvio (decorrenza). Da quel momento si avvia anche il processo di incasso e pagamento dei canoni.

Quando i beni sono consegnati, l’utilizzatore ha la sola incombenza di versare, alle scadenze stabilite, l’importo del canone leasing.

Allo scadere del contratto, se l’utilizzatore esercita l’opzione di riscatto, acquista per la cifra pattuita in contratto la proprietà del bene.

Il contratto di leasing consente alle imprese di finanziare a medio e lungo termine un investimento per l’intero importo. Permette di bloccare il prezzo del bene mediante l’acquisizione immediata dello stesso, evitando i rischi connessi agli aumenti di listino.

Inoltre, il ricorso al leasing consente l’acquisizione di beni dilazionando il relativo pagamento nel tempo con possibilità di integrarsi agli strumenti del credito bancario e con possibilità di applicazione più vasta del credito commerciale.

Il contratto di leasing è una forma di finanziamento che, non richiedendo alcuna ipoteca, è accessibile anche alle imprese senza proprietà immobiliari.

Sotto il profilo fiscale il leasing permette la deducibilità dei costi in tempi più brevi rispetto a quelli consentiti effettuando gli ammortamenti fiscalmente previsti14. 14 I canoni di leasing sono infatti deducibili secondo l’art. 67 del T.U.I.R. afferma:” Per i beni concessi in locazione finanziaria le quote di ammortamento sono determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario e non e' ammesso l'ammortamento anticipato; la deduzione dei canoni da parte dell'impresa utilizzatrice e' ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore a otto anni, se questo

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2.4.2 Iscrizione del leasing in bilancio

Il leasing viene iscritto in bilancio attraverso il metodo patrimoniale prevede che: • i canoni di leasing siano imputati nel conto economico tra i costi per il godimento di

beni di terzi; • nei conti d’ordine devono essere indicati gli impegni relativi agli importi ancora da

corrispondere alla società di leasing o il valore complessivo dei beni presso l’azienda; • al termine del contratto di leasing, il bene, se riscattato, deve essere iscritto nell’attivo

dello Stato Patrimoniale tra le immobilizzazioni materiali ad un valore pari al prezzo pagato per il riscatto ed è successivamente ammortizzato.

Esempio

Un’impresa ha intenzione di acquistare un impianto del valore di 80.000 Euro (corrisponde al valore finanziato) + IVA (20%).

• L’impresa stipula un contratto di leasing (della durata di 5 anni con un tasso di interesse del 10%) sul macchinario per un valore complessivo di 105.519 Euro15.

• Liquidazione e pagamento del primo canone annuale di leasing finanziario pari a 21.103,80 Euro (+ IVA 20%), così composto: − Quota di rimborso capitale: 13.103,80 Euro − Quota di interessi: 8.000,00 Euro

A seguito del pagamento del primo canone, il bilancio al 31/12 dell’impresa in oggetto risulta così composto:

STATO PATRIMONIALE (EURO)

Attivo Passivo Totale attivo Totale passivo Conti d’ordine: Macchinari di terzi in leasing

84.415

Conti d’ordine: Società di leasing c/macchinari in leasing

84.415

CONTO ECONOMICO (EURO)

B) COSTI DELLA PRODUZIONE 8) per godimento di beni di terzi 21.104

Gli IAS (International Accounting Standards) prevedono invece, l’iscrizione del leasing finanziario attraverso il metodo finanziario che prevede:

• l’iscrizione in bilancio del bene oggetto del contratto tra i cespiti; • il conseguente ammortamento del costo a partire dall’esercizio in cui il bene stesso

viene messo in funzione nel processo produttivo; • il valore che deve essere indicato nell’attivo dello Stato Patrimoniale è il costo

sostenuto dalla società di leasing per l’acquisto del bene;

ha per oggetto beni immobili, e alla meta' del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attivita' esercitata dall'impresa stessa, se il contratto ha per oggetto beni mobili. 15 Per semplificazione nei calcoli l’eventuale maxicanone iniziale e il riscatto finale sono nulli.

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• in contropartita all’iscrizione nell’attivo del cespite in leasing viene rilevato il debito verso la società concedente che sarà ridotto con i successivi pagamenti dei canoni periodici.

Esempio

Riprendendo l’esempio precedente l’iscrizione secondo gli IAS viene di seguito esposta:

STATO PATRIMONIALE (EURO) Attivo Passivo B) Immobilizzazioni materiali 2) impianti e macchinari

72.000*

D) DEBITI 4) v/so altri finanziatori di cui esigibile oltre l’esercizio

66.896 36.626

* Il valore iscritto in bilancio è stato così calcolato: Aliquota di ammortamento macchinario: 10% Costo storico 80.000 Euro F.A. (8.000) Euro Valore contabile 72.000 Euro

CONTO ECONOMICO (EURO) B) COSTI DELLA PRODUZIONE 10) b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali

8.000

C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI 17) Oneri finanziari 8.000

Inoltre, la riforma del diritto societario (D.Lgs 17 gennaio 2003, n. 6) ha previsto una

disposizione specifica per il contratto di leasing che consente di riconciliare l’effetto dei due metodi esposti, quello patrimoniale, rappresentato nel bilancio, e quello finanziario, ricostruito attraverso le informazioni da fornire in nota integrativa.

Il disposto dell’art. 2427 n. 22 afferma che operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al locatario della parte prevalente dei rischi e dei benefici inerenti ai beni che ne costituiscono oggetto devono redigere un prospetto dal quale risulti:

• il valore attuale delle rate di canone non scadute quale determinato utilizzando tassi di interesse pari all'onere finanziario effettivo inerenti i singoli contratti;

• l’onere finanziario effettivo attribuibile ad essi e riferibile all'esercizio; • l’ammontare complessivo al quale i beni oggetto di locazione sarebbero stati iscritti

alla data di chiusura dell'esercizio qualora fossero stati considerati immobilizzazioni, con separata indicazione di ammortamenti, rettifiche e riprese di valore che sarebbero stati inerenti all'esercizio.

Riprendendo i valori dell’esempio precedente la tabella assume i seguenti valori:

ANNO 1 ANNO 2 ANNO 3 ANNO 4 ANNO 5

Valore attuale delle rate di canone non scadute 66.896,20 52.482,02

36.626,42

19.185,26 -

Onere finanziario effettivo 8.000,00 6.689,62

5.248,20

3.662,64 1.918,53

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Ammontare complessivo dei beni oggetto di locazione qualora fossero stati considerati immobilizzazioni 72.000,00 64.000,00

56.000,00

48.000,00 40.000,00

Ammortamenti e rettifiche di valore inerenti l’esercizio 8.000,00 8.000,00

8.000,00

8.000,00 8.000,00

I valori sono espressi in Euro

2.5.1 SINTESI CONCLUSIVA

Alla luce di quanto sopra esposto emergono le seguenti caratteristiche dei diversi strumenti di finanziamento a medio e lungo termine trattati.

L’aumento di capitale sociale a pagamento ha le seguenti caratteristiche: • incide positivamente sulla struttura finanziaria/patrimoniale dell’impresa; infatti un

aumento del capitale sociale provoca – a parità di debiti – una diminuzione del grado di indebitamento dell’impresa;

• un’impresa capitalizzata è in grado di ottenere maggior finanziamenti da parte delle banche ad un minore tasso di interesse;

• l’aumento di capitale sociale non è oneroso; la remunerazione dei soci è variabile e dipende dall’andamento della gestione dell’impresa.

Il mutuo e le obbligazioni hanno le seguenti caratteristiche: • provocano un aumento di debiti e – a parità di patrimonio netto – aumenta il grado di

indebitamento dell’impresa; le successive richieste di finanziamento rischiano di essere maggiormente onerose per l’impresa;

• generano il sorgere di interessi passivi che rappresentano la remunerazione del fattore capitale; tali interessi devono essere pagati ai finanziatori dell’impresa indipendentemente dall’andamento della gestione aziendale.

Il leasing finanziario ha le seguenti caratteristiche: • è nella sostanza un vero e proprio finanziamento quindi un debito. Tuttavia, il metodo

patrimoniale (iscrizione nei conti d’ordine) fa si che il leasing non incida, in modo diretto, sugli indici di bilancio;

• le banche, però, nel considerare l’affidabilità dell’impresa tengono, generalmente, conto dell’ammontare dei leasing espressi nei conti d’ordine; quindi, i debiti dell’impresa risultano maggiori rispetto a quelli indicati nella voce D) Debiti, risultanti dal bilancio.

3 I FINANZIAMENTI DI BREVE TERMINE16 L’analisi dei finanziamenti a breve termine comporta necessariamente l’analisi della

gestione di tesoreria, anche detta Cash Management. Con Cash Managament si intende l’efficace ed efficiente gestione delle disponibilità monetarie liquide in linea con gli obbiettivi di lungo periodo. Tale gestione tiene dunque conto del corretto equilibrio tra investimenti e finanziamenti nel breve termine e cioè per temporaneo impiego o necessità di liquidità.

La gestione di tesoreria, essendo fortemente legata all’attività di produzione dell’impresa, risulta influenzata dalle politiche riguardanti la gestione del capitale circolante.

Nella seguente trattazione saranno presi in considerazione alcuni degli aspetti legati alla gestione del capitale circolante e cioè riguardanti tutte quelle attività e passività non durevoli e facilmente reversibili in grado comunque di influenzare la struttura finanziaria dell’impresa. In particolare, la gestione degli incassi e dei pagamenti dei crediti e dei debiti aventi natura commerciale e l’utilizzo di strumenti di finanziamento di natura temporanea.

Un’azienda può sfruttare le opportunità di investimento più vantaggiose, trovare il rapporto di indebitamento ottimale, mettere in atto una perfetta politica dei dividendi e ciononostante

16 di Simone Scagnelli.

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arrivare alla crisi finanziaria, perché, ad esempio, nessuno ha posto l’attenzione al reperimento della liquidità necessaria per pagare i debiti dell’anno in corso.

Di seguito vengono analizzati i principali strumenti di finanziamento e di investimento a breve termine che oggi sono offerte alle PMI focalizzando l’attenzione sull’elasticità di tali strumenti.

In particolare, gli strumenti analizzati sono i seguenti: • smobilizzo crediti; • finanziamenti bancari a breve termine.

3.1 LO SMOBILIZZO CREDITI

La riscossione dei crediti infatti è un’attività specialistica che richiede particolare esperienza e per le aziende di piccole dimensioni non sempre è facile dedicare a tale compito o formare risorse umane specifiche che abbiano competenze di credit management.

Lo smobilizzo crediti consiste nell’incaricare un soggetto specializzato dell’incasso degli stessi ed allo stesso tempo anche monetizzarli.

Per quest’ultimo motivo alcune tipologie di smobilizzo dei crediti possono rappresentare vere e proprie modalità di finanziamento a breve termine in quanto rendono liquidi e disponibili i crediti commerciali derivanti dalle fatture emesse dall’azienda.

Queste strutture tecniche, basandosi sull'esistenza di un credito commerciale che il cliente vanta nei confronti di terzi, si definiscono autoliquidabili, in quanto il rimborso del prestito avviene con il pagamento da parte del debitore principale del credito ceduto. Tale strumento grazie alle moderne tecnologie informatiche è divenuto sempre più utilizzato dalle imprese.

In particolare di seguito vengono affrontate le seguenti modalità di smobilizzo dei crediti commerciali:

• ricevute bancarie; • factoring; • anticipi su fatture.

3.1.1 Le ricevute bancarie

Le ricevute bancarie sono documenti17 di quietanza emessi da una banca per conto di un’impresa che dichiara di ricevere dalla banca il pagamento della fattura menzionata nella ricevuta stessa. Per motivi fiscali18 e di responsabilità del debitore, tale strumento di smobilizzo crediti ha progressivamente sostituito, nella prassi commerciale, l'uso delle cambiali.

Il funzionamento di una ricevuta bancaria può essere schematizzato come segue:

17 La ricevuta bancaria non costituisce titolo di credito. 18 Le cambiali sono assoggettate all’imposta di bollo.

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In particolare dallo schema si possono distinguere le seguenti fasi:

1) L’impresa vende prodotti finiti ad un cliente del valore di Euro 10.000 + IVA 20%; 2) L’impresa decide di incaricare la banca dell’incasso del credito e quindi emette una

ricevuta bancaria (Ri.Ba) che viene trasmessa alla banca; 3) La banca, ricevuto l’incarico di riscossione del credito tramite la presentazione

della Ri.Ba, emette un avviso nei confronti del cliente per avvertirlo che è stata incaricata della riscossione dell’importo indicato dalla fattura di vendita19;

4) Il pagamento dell’importo, da parte del cliente, di Euro 12.000 non avviene verso l’impresa bensì verso la banca.

Le ricevute bancarie (Ri.Ba) rappresentano uno strumento di finanziamento in quanto viene

messa a disposizione, sul c/c dell’impresa, una somma di denaro pari al valore nominale delle ricevute bancarie presentate.

In base alla tipologia di ricevuta bancaria gli importi accreditati sull’apposito c/c20 dall’impresa possono essere: − a disponibilità immediata, tramite Ri.Ba. salvo buon fine (s.b.f.)21, operazione che si

risolve in una vera e propria concessione di credito da parte della banca la disponibilità dell'importo delle ricevute accreditata sul c/c coincide con la data di presentazione delle stesse;

− a valuta maturata, tramite Ri.Ba al dopo incasso, operazione che non rappresenta una vera e propria operazione di concessione di credito: il valore del credito viene messo a disposizione sul c/c alla data di valuta adeguata22.

L’accredito sul c/c presuppone comunque che all’impresa sia stato precedentemente accordato un fido: la banca stabilisce la cifra del castelletto s.b.f., cioè l'importo massimo degli effetti (tra cui le Ri.Ba.) che il cliente può presentare all'incasso.

Per ciascuna Ri.Ba presentata all’anticipazione la banca provvede anche a verificare i requisiti sostanziali, in particolare la qualità dei debitori, ed i requisiti formali, in primo luogo

19 Di solito tale informazione è già presente sulla fattura di vendita, proprio perché le moderne tecnologie

informatiche permettono di scegliere la modalità di incasso del credito. 20 Si veda oltre per le differenti tipologie di c/c utilizzabili. 21 In caso di inadempienza da parte del debitore l’impresa è tenuta alla restituzione delle somme e delle spese. 22 Dato che le imprese possono presentare ricevute bancarie con scadenze differenti, le banche provvedono a

raggrupparle per periodi di scadenza cioè formando gruppi che abbiano scadenza nella prima, seconda o terza decade di ciascun mese. La data di scadenza originaria diviene quindi “adeguata”.

IMPRESA CLIENTE

1) Vendita € 10.000 + IVA 20%

BANCA

2)Emissione della Ri.BA3)Emissione dell’avviso

4) Pagamento di € 12.000

IMPRESA CLIENTE

1) Vendita € 10.000 + IVA 20%

BANCA

2)Emissione della Ri.BA3)Emissione dell’avviso

4) Pagamento di € 12.000

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la scadenza del credito non deve superare i quattro mesi dalla data di presentazione per l’anticipazione.

La prima tipologia di Ri.Ba., quella con accredito s.b.f., è la più utilizzata in quanto

presenta le medesime caratteristiche di un finanziamento bancario: − ottenimento di una somma di denaro; − commissioni relative all’accensione del finanziamento; − interessi passivi relativi alla remunerazione del denaro ottenuto a prestito.

Dal punto di vista finanziario si ottiene un aumento della liquidità dell’azienda, che potrà

quindi sopperire ad eventuali deficit di liquidità di breve periodo (es. pagamento di fatture scadute); in contropartita l’impresa deve sostenere i costi legati all’anticipazione di queste somme (commissioni e interessi passivi).

Il tasso di interesse passivo e le modalità di calcolo dei relativi interessi variano a seconda che vengano utilizzati: − accredito diretto in c/c ordinario; − accredito delle ricevute s.b.f. mediante conto anticipo; − accredito mediante conto transitorio di evidenza con applicazione di tassi differenziati.

L’accredito diretto in c/c ordinario è preferito dalle imprese che prevedono di non utilizzare

tutta la somma a disposizione, assicurandosi quindi interessi debitori rapportati alla sola parte utilizzata o dalle imprese che hanno il c/c ordinario che presenta normalmente saldi a credito, e solo eccezionalmente a debito, limitando così l'incidenza dei possibili scoperti per valuta.

L’accredito delle ricevute s.b.f. mediante conto anticipo risulta, invece, preferita dalle imprese quando: − si avvalgono dell'intero importo anticipato, tenuto conto che gli interessi a loro carico

sono comunque determinati sul valore totale delle ricevute presentate; − il loro c/c presenta stabilmente saldi a debito, avendo in tal modo la possibilità di ridurre

la loro esposizione, attraverso il versamento del valore nominale delle ricevute presentate, e di beneficiare, inoltre, di un differenziale sui tassi debitori, in quanto il tasso debitore del c/c ordinario è più elevato rispetto a quello del conto anticipi.

La modalità più conveniente rimane comunque l’accredito mediante conto transitorio di evidenza con applicazione di tassi differenziati in quanto, l’impresa può beneficiare di tassi debitori differenziati a seconda del livello di rischio, e corrispondere gli interessi soltanto per il credito effettivamente utilizzato, anche se è necessario un affidamento bancario graduato su tre livelli di rischio, in ragione delle garanzie offerte dal cliente.

3.1.2 Il Factoring

Il factoring è il contratto23 per mezzo del quale un’impresa cede un proprio credito ad una società specializzata nello smobilizzo dei crediti (factor), ottenendo in cambio una controprestazione in denaro. Il factor cura l’incasso dei crediti ceduti.

Il factoring nasce in Inghilterra tra il XV e il XVI secolo, quando gli inglesi fondarono le prime colonie americane ed i commerci tra la madre-patria e le colonie iniziarono a fiorire. I factors erano veri e propri rappresentanti delle imprese inglesi e profondi conoscitori dei mercati delle colonie e acquistavano o vendevano merci altrui dietro il pagamento di una commissione, anticipando in alcuni casi ai propri committenti il ricavato della vendita e offrendo garanzie sui pagamenti.

23 Il factoring è disciplinato dalla legge n. 52 del 21 Febbraio 1991 e si concretizza in una cessione di crediti

commerciali

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Il fenomeno sul finire del XIX secolo però cadde in disuso e tornò in Europa solo con la fine della seconda guerra mondiale ed il nuovo ruolo politico ed economico assunto dagli USA. In Italia, la nascita della prima società del settore risale al 1963.

L’evoluzione dell’economia mondiale ed i rivolgimenti politici di questi ultimi anni, hanno profondamente modificato anche il settore dei factors, dapprima con l’allargamento dell’operatività ai Paesi emergenti del Sud-Est asiatico e ad oggi con l’ingresso dei Paesi dell’Europa dell’Est e del Terzo Mondo.

Il progresso tecnologico ha inciso sulle modalità operative del factoring che è andato a servire settori economici precedentemente esclusi come il commercio al dettaglio, la vendita a rate, ecc. e con prodotti gestionali altamente sofisticati.

Nel factoring vengono coinvolti tre soggetti:

− il creditore-cedente: l'impresa che cede i propri crediti; − il factor che acquista i crediti dall'impresa (solitamente dopo aver fissato un limite di

fido); − la clientela dell'impresa che, venuta a conoscenza della cessione, è obbligata a pagare

direttamente ed esclusivamente al factor.

L’operazione di factoring, riguardante i medesimi dati utilizzati per il funzionamento della Ri.Ba; può essere schematizzata come segue:

A seconda delle modalità con le quali avviene l’accredito, è possibile individuare diverse

tipologie di factoring: − factoring con accredito anticipato (conventional factoring): il factor oltre a garantire un

servizio di gestione crediti anticipa al cedente una percentuale del controvalore dei crediti ceduti (normalmente circa l’80%), trattenendo la differenza per possibili resi, abbuoni o contestazioni;

− factoring con accredito a scadenza (maturity factoring): il factor svolge essenzialmente un servizio di gestione crediti, il cui importo sarà accreditato al cliente solo dopo la data di scadenza degli stessi;

− factoring indiretto: viene rovesciata l'impostazione del factoring tradizionale in quanto cliente del factor è lo stesso debitore, e la funzione del factor è solamente quella di garantirne la solvibilità del debitore.

Le clausole di passaggio dei crediti tra imprese e factor, che determinano il permanere o

meno in capo all’azienda del rischio di insolvenza del cliente, possono essere:

IMPRESA CLIENTE

Vendita € 10.000 + IVA 20%

FACTOR

Pagamento di € 12.000

IMPRESA CLIENTE

Vendita € 10.000 + IVA 20%

FACTOR

Pagamento di € 12.000

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− pro-solvendo: se il factor acquista i crediti con diritto di rivalsa sul cedente nel caso di mancato pagamento da parte del debitore;

− pro-soluto: se il factor acquisisce i crediti in via definitiva, ossia senza diritto di rivalsa in caso di inadempimento del debitore.

Il costo di un’operazione di factoring è composto da tre elementi:

− la commissione di factoring, dovuta per il servizio di gestione e di garanzia. Essa varia in base alle caratteristiche dei crediti e al tipo di cessione concordata, oscilla infatti tra lo 0,50% e l'1,50% per le cessioni pro-solvendo, e tra l'1,50% e il 2% se la cessione è pro-soluto;

− un diritto fisso, a titolo di rimborso spese, per ogni fattura ceduta, (istruttoria, tenuta conto, telefoniche, postali, ecc.);

− gli interessi sulle somme eventualmente anticipate, il cui tasso è superiore al prime-rate24 applicato dalle banche, maggiorato ulteriormente dalla capitalizzazione mensile degli interessi e dall'attribuzione di valute più gravose di quelle bancarie.

Il factoring convenzionale con anticipazione è vantaggioso dal punto di vista finanziario, in

quanto il factor anticipa una somma sull’importo dei crediti, al pari di un finanziamento. Anche il maturity factoring è vantaggioso in quanto l’importo dei crediti viene comunque

pagato ad una data certa e prestabilita, permettendo all’azienda di regolarizzare così i flussi finanziari ed ottimizzare la gestione della tesoreria. Di solito tale data viene concordata sulla base del ritardo medio e della storicità del rapporto con i clienti. Per tale motivo la modalità maturity si applica, in linea di massima, a forniture continuative ed a beni e/o servizi non facilmente contestabili

Una valida soluzione per quelle imprese, soprattutto piccole, che hanno difficoltà a sottostare alle scadenze di pagamento nei confronti dei fornitori, può essere invece il factoring indiretto. Infatti, nel factoring indiretto il rapporto è rovesciato ed è il pagamento dei debiti di fornitura ad avvenire direttamente verso il factor, ottimizzando così i flussi monetari in uscita attraverso il rapporto costante con un unico interlocutore professionale; a ciò, spesso, si aggiunge la possibilità di concessione, data la forza contrattuale del factor, di ulteriori dilazioni rispetto alle scadenze di pagamento stabilite dai fornitori.

La stipulazione di un contratto di factoring consente quindi all'impresa di ottenere i

seguenti vantaggi : − ridurre i costi di gestione dei crediti25; − semplificare la gestione commerciale e snellire le operazioni di contabilità; − trasferire il rischio di perdite per insolvenza, nel caso di cessione pro-soluto; − ridurre le perdite su crediti grazie alla migliore informazione sulla clientela fornita dal

factor; − smobilitare pressochè totalmente il portafoglio clienti; − possibilità di aumentare il proprio volume d'affari potendo concedere più facilmente

dilazioni di pagamento; − migliorare la situazione finanziaria implicando un aumento delle disponibilità liquide per

eventuali reinvestimenti immediati e un minore ricorso a fonti esterne di finanziamento.

24 Il tasso per la clientela di primissimo ordine. 25 Spesso la commissione di factoring è inferiore al costo che l'impresa dovrebbe sostenere internamente se gestisse

personalmente i propri crediti.

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3.1.3 Anticipi fatture

Le anticipazioni su fatture costituiscono operazioni di finanziamento attivabili ogni qual volta l'impresa, pur concedendo dilazioni di pagamento, non detiene effetti cambiari da scontare o ricevute bancarie da presentare con clausola s.b.f. Tale operazione trova la sua ragion d’essere nella sempre più diffusa tendenza a pattuire i regolamenti di fornitura con bonifici e giroconti bancari.

Anche per questa forma di finanziamento si presuppone la concessione di un fido da parte della banca e l’apertura di una linea di credito da utilizzare una volta ottenuta l’anticipazione dalla banca, che nel caso specifico prende il nome di castelletto anticipi su fatture.

La cessione26 del credito alla banca da parte del cliente può avvenire con due modalità in base alle quali il rischio di una eventuale insolvenza rimane in capo al creditore cedente o essere assunto dalla banca cessionaria (cioè che acquisisce) del credito stesso. Nel primo caso si ha una cessione pro solvendo, pertanto l’impresa continua a sopportare il rischio di un inadempimento da parte del debitore. Nel secondo caso si ha una cessione pro soluto con il quale tutti i rischi passano alla banca.

Operativamente la banca anticipa di solito un importo pari all’80% del valore nominale

della fattura. Da tale valore infatti provvede a detrarre uno scarto prudenziale pari al 20% del credito. Se la cessione avviene pro soluto lo scarto prudenziale è più elevato. Si pensi che alcune banche, al fine di limitare ulteriormente il rischio, provvedono ad un preventivo scorporo dell’IVA e applicano lo scarto dall’importo così ottenuto.

L’importo risultante dall’applicazione dello scarto viene accreditato al cliente in conto corrente con valuta in giornata e contemporaneamente in un conto detto “c/anticipi su fatture” sul quale maturano interessi passivi per il cliente.

L'operazione di anticipo su fatture è molto simile alle altre forme di smobilizzo crediti, si

pensi ad esempio al carattere dell'autoliquidabilità, ma in realtà risulta: − più costosa per il cliente, e quindi più redditizia per la banca, in quanto gli interessi

maturano su tutta la somma messa a disposizione, a prescindere dall'entità e dalla durata degli utilizzi;

− meno rischiosa per la banca in quanto la cessione dei crediti avviene con la clausola pro-solvendo.

Infine per quanto riguarda il costo economico di tale operazione, cioè il tasso d’interesse

passivo applicato al Conto Anticipi su fatture, questo risulta: − inferiore al tasso debitore del c/c ordinario, in quanto l'operazione di anticipo è

autoliquidabile; superiore al tasso applicato al c/anticipi per Ri.Ba. s.b.f., poiché in quest’ultimo caso la banca

beneficia anche di commissioni di incasso.

3.2 I FINANZIAMENTI BANCARI A BREVE TERMINE

Tutte le aziende nel corso del loro operare hanno la necessità di colmare eventuali temporanei deficit di cassa. Per far ciò si possono utilizzare le tecniche viste nel paragrafo precedente o semplicemente ricorrere ai finanziamenti bancari a breve termine.

Le banche prima di “affidare” un’azienda, vogliono conoscere a fondo la sua posizione finanziaria e i suoi piani futuri. Inoltre l’attenzione viene anche posta sull’evolversi della situazione economico-finanziaria dell’impresa una volta affidata, assume quindi importante rilievo la redazione del bilancio d’esercizio e dei reports infrannuali.

26 Infatti dal punto di vista giuridico, l'operazione si concretizza in una cessione di crediti regolata dall’art. 1260 del

Codice Civile.

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Quindi, il più delle volte, non è semplice l’ottenimento di un prestito, ma una volta ottenuto si possono avere anche dei riscontri positivi d’immagine; si pensi, ad esempio, agli investitori che sapendo che le banche hanno creduto nell’azienda sono maggiormente disposti ad investirvi.

Le principali forme di finanziamento a breve termine utilizzate dalle PMI sono rappresentate da:

• aperture di credito in c/c; • anticipazioni bancarie.

3.2.1 Le aperture di credito in c/c

L’apertura di credito è una forma tecnica di utilizzo del fido erogato da una banca ad un suo cliente.

Con l’apertura di credito la banca attribuisce all’azienda cliente accreditata la facoltà di disporre di una determinata somma: le forme tecniche utilizzate sono diverse, tra le quali lo scoperto di c/c, cioè la possibilità di disporre di somme che superano la provvista presente sul conto dell’azienda affidata.

L'affidato ha la possibilità di utilizzare in una o più soluzioni la somma che la banca gli ha concesso; inoltre, con successivi versamenti, può ripristinare il credito e quindi riutilizzarlo in seguito e ripetutamente.

A seconda delle esigenze delle aziende, si possono avere le seguenti aperture di credito in

c/c: − per elasticità di cassa: la banca concede al cliente di disporre temporaneamente di somme

eccedenti le disponibilità del proprio c/c. Si formano così, nel conto corrente, scoperti di importo e durata limitati, con alternanza di saldi a credito e a debito sul c/c dell’impresa;

− ordinaria: ha la caratteristica di presentare una continuità di saldi a debito dell'affidato che non possono superare l'importo massimo di scoperto consentito.

Esistono poi alcune particolari operazioni di apertura di credito chiamate “a denaro caldo”: sono utilizzate da imprese di primaria solvibilità ed importanza per reperire risorse liquide di brevissimo periodo; infatti la durata può non superare il mese e il rientro può essere preceduto da un preavviso brevissimo (almeno 48 ore).

I principali vantaggi di queste modalità risiedono nel fatto che l’impresa ha la possibilità di

utilizzare una forma tecnica di finanziamento estremamente elastica, che rappresenta lo strumento ideale della gestione di cassa, permettendole di equilibrare gli sfasamenti temporali tra i flussi in entrata e in uscita.

Inoltre l'impresa ha un costo correlato non alla linea di credito concessa, bensì al credito effettivamente utilizzato: essa ha una riserva di liquidità27 a sua disposizione che nel caso di non utilizzo ha un costo quasi nullo.

La banca ha come vantaggio, oltre al percepimento dei proventi rappresentati dagli

interessi e dalle commissioni, la possibilità, attraverso la movimentazione che l'impresa dà al conto, di avere indirettamente informazioni su molteplici aspetti della gestione finanziaria dell'impresa stessa. Inoltre l’uso del conto corrente fornisce alla banca, da un lato, la possibilità di offrire al cliente servizi complementari, e dall’altro l'utilizzo della moneta bancaria (come modalità di prelievo) produce un effetto moltiplicativo sul volume dei depositi.

Interessante è soffermarsi sulle modalità di calcolo degli interessi, proprio perché è questo

l’onere economico che l’azienda deve sopportare in caso di utilizzo dell’importo affidato. 27 Che, in linea di massima, coincide con l’importo affidato.

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Per il calcolo degli interessi le banche adottano il metodo della gestione disgiunta a tassi non reciproci sui saldi che di volta in volta si formano a credito e a debito sul c/c dell’affidato.

Gli interessi a debito, unitamente alle competenze, vengono liquidati alla fine di ogni trimestre solare su base annuale28, sulla base dei saldi Dare determinati nello scalare per valuta. Il livello del tasso debitore è compreso tra il “prime rate” (il tasso per la clientela di primissimo ordine) e il “top rate” (il tasso per la clientela con basso potere contrattuale). La misura del tasso debitore dipende, oltre che dal livello dei saggi correnti sul mercato del credito, dal potere contrattuale e dalla solvibilità del cliente, dal volume di credito concesso, dalla presenza di eventuali garanzie e infine dalla politica creditizia perseguita dall'azienda di credito erogante.

Gli interessi creditori sono liquidati anch’essi alla fine di ogni trimestre su base annuale29. Il loro livello è oramai irrilevante dato l’abbassamento del costo del denaro a livello mondiale. Le banche che promettono tassi creditori di gran lunga più elevati del livello del mercato, sicuramente presentano dei costi nascosti o la mancanza dei servizi tipici legati ad un rapporto di c/c.

3.2.2 Le anticipazioni bancarie

Con il contratto30 di anticipazione la banca accredita al cliente una somma di denaro proporzionata al valore dei beni offerti dal cliente in garanzia, normalmente titoli, merci o altri valori.

In questo tipo di rapporto si ha un collegamento inscindibile tra la concessione di un credito e la costituzione di una garanzia.

In base alle modalità di utilizzo si possono distinguere:

− anticipazioni a scadenza fissa: prevedono l'obbligo da parte della banca di accreditare o di versare al cliente, in un’unica soluzione, il netto ricavo del prestito al momento del contratto. Gli interessi sono quindi calcolati in via anticipata sull’intero importo nominale del prestito. Attualmente tale forma è poco utilizzata a causa della rigidità delle sue caratteristiche;

− anticipazioni in conto corrente: prevedono l'obbligo da parte dalla banca di mettere a disposizione sul c/c del cliente la somma concordata, con facoltà di quest’ultimo di utilizzarla in più riprese effettuando rimborsi parziali e successivi prelevamenti. Gli interessi sono addebitati alla chiusura periodica del c/c.

Questo tipo di anticipazioni essendo poco flessibili ed elastiche non sono utilizzate molto dalle imprese che preferiscono invece lo strumento dell’anticipo su fatture.

28 Con D.lgs 4 agosto 1999 n. 342, sono state apportate delle modifiche al D.lgs 385/1993, recante il Testo Unico

delle leggi in materia bancaria e creditizia, in particolare le modifiche hanno anche riguardato il problema del c.d. “anatocismo” l’interesse calcolato sull’interesse, infatti prima di ciò le banche capitalizzavano gli interessi passivi su base trimestrale e quelli attivi su base annua.

29 Gi interessi attivi, in passato, venivano liquidati solo al 31 dicembre, si veda anche la nota precedente. 30 Il contratto di anticipazione è disciplinato agli artt. 1846 e seguenti del Codice Civile.