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1 Corso di formazione La condizione dell’infanzia e dell’adolescenza Campobasso Sede IRRE 19/20 Aprile 2004

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Corso di formazione

La condizione dell’infanzia e dell’adolescenza

Campobasso Sede IRRE 19/20 Aprile 2004

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GUIDO MAGGIONIUniversità degli studi di Urbino “Carlo Bo” – Istituto di

Sociologia

La sociologia dell’infanzia

• Per una sociologia storica dell’infanzia• L’infanzia come categoria sociale• La costruzione sociale del bambino• La nuova sociologia dell’infanzia • L’infanzia tra protezione ed autonomia

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1. Per una sociologia storica dell’infanzia

• Opera pionieristica di Philippe Ariès (L’enfant et la vie familiale sous l’ancien régime, 1958)

• Ariès sosteneva una tesi importante :

l’infanzia come categoria sociale è un costrutto storico:

• differenti connotazioni le possono essere

attribuite da diverse società e comunità

• nemmeno la sua stessa individuazione ed il suo

riconoscimento sono universalmente acquisiti.

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Per una sociologia storica dell’infanzia

• Anche Margaret Mead (1954) ne aveva dato poco prima la dimostrazione in maniera interculturale nei suo studi antropologici sulla cultura e la personalità, sviluppando prospettive che ci portano ad una concezione multipla delle infanzie.

• Con questo approccio i bambini sono chiaramente non-definibili in un tipo ideale. Le infanzie sono variabili ed intenzionali Confutando direttamente i modelli dominanti, non c’è un ‘ bambino ‘ universale

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Per una sociologia storica dell’infanzia

Un’altra tesi di Ariès è che la “scoperta” moderna dell’infanzia ha avuto varie conseguenze, tra le quali :

• maggiori cure ed attenzioni specifiche per i bambini

• la loro chiusura entro l’ambito totalizzante della famiglia

• la loro segregazione in vari sistemi educativi che implicano

sempre e comunque controllo

• l’intensificarsi di forme di autoritarismo e di correzionalità.

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Per una sociologia storica dell’infanzia

• I piccoli uomini e le piccole donne medievali, rappresentati

dall’iconografia come adulti in miniatura, lasciano il posto

nella modernità borghese, a bambini e bambine riconosciuti

“diversi” dagli adulti, ma da rendere a questi somiglianti, al

termine di un percorso socializzante specificamente

predisposto.

• Di qui l’individuazione di programmi educativi, nella

Riforma e nella Controriforma sotto il segno di una tradizione

religiosa nuovamente interpretata, poi sotto il segno della

scienza

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Per una sociologia storica dell’infanzia

• La nuova considerazione e valorizzazione che ora

circondava la nuova categoria sociale dell’infanzia maturava a

spese della sua possibilità di partecipare a pieno titolo alla

vita sociale

• La perdita di autonomia e di libertà sono la conseguenza

fatale di questi cambiamenti

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2. L’infanzia come categoria sociale

• Ariès ha aperto la strada per un’importante svolta concettuale, quella che Sgritta descrive come il passaggio <<dall’analisi della condizione dell’infanzia a quella dell’infanzia come categoria, come componente permanente e strutturale della società>>

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L’infanzia come categoria sociale

L’infanzia, riferita al singolo soggetto, si caratterizza per una condizione di transitorietà (fase del ciclo di vita), ma dal punto di vista della struttura sociale essa si presenta come una componente stabile: « mentre i bambini lasciano l’infanzia, l’infanzia in quanto tale non scompare e rimane nei termini di forma sociale» (Qvortrup,1990).

Non è il singolo bambino, ma l’intera categoria, intesa come parte permanente della società che costituisce l’unità di osservazione «come componente strutturale stabile e integrata nella vita sociale organizzata»(Sgritta, 1994).

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L’infanzia come categoria sociale

L’infanzia, come fenomeno sociale, deve poter essere studiata e indagata privilegiando l’analisi di quegli aspetti di normalità che più di altri accomunano i soggetti che vi appartengono.

In una simile scelta è implicita la critica nei confronti di quelle analisi che pongono in evidenza, in modo unilaterale, caratteristiche minoritarie e marginali dell’universo infantile. Si pensi alla priorità che in ambito sociologico è stata assegnata allo studio del comportamento deviante.

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L’infanzia come categoria sociale

L’idea di infanzia come ‘componente strutturale’ implica un’analisi di tipo ‘macro’. La domanda che ci si pone è la seguente: Qual è la condizione dell’infanzia oggi?

Facciamo un esempio di studio dell’infanzia nei termini di ‘componente strutturale’. Un primo importante vincolo è rappresentato dal persistere di un accentuato processo di denatalità: il nostro Paese si caratterizza per avere uno dei tassi di natalità più bassi a livello europeo. La numerosità della popolazione infantile, infatti, tende costantemente a diminuire, a fronte di un progressivo aumento della componente anziana della popolazione.

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L’infanzia come categoria sociale

Quali cause ?• Incastro tra cause strutturali e ragioni culturali e

psicologiche • Spostamenti a livello di valori che rendono meno

desiderabile e attraente formare una famiglia ed avere dei figli

• Problemi strutturali che coinvolgono le relazioni di genere e gli assetti istituzionali della società (lavoro esterno delle donne, lavoro domestico mal diviso)

• Difficoltà incontrate nella realizzazione di obiettivi individuali e di coppia (instabilità familiare)

• Ampliamento della definizione sociale dei bisogni del bambino

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L’infanzia come categoria sociale

Per riassumere : • Non è diminuita la desiderabilità dei figli, ma si riscontra un

eccedente di “freni preventivi” malthusiani alla popolazione• Ci si aspetta dalle donne (e loro stesse se lo aspettano) una

“prestazione” di alta qualità riguardo al loro ruolo in famiglia e con i figli, anche per quelle che lavorano.

• Ogni momento o aspetto della vita tende ad essere tematizzato come un problema . I genitori si interrogano per cercare risposte

• Un bambino deve essere molto amato, molto seguito, molto curato. Insieme con l’aumento delle aspettative sul bambino, cresce anche il senso di ansia delle madri

Risultato :• I bambini diventano luxury goods

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3. La costruzione sociale del bambino

• Nella modernità l’idea del progresso diventò un valore cruciale

• Lo strumento principale per raggiungere un mondo migliore fu individuato nella scienza

• Il mezzo che la scienza applica per il cambiamento è la ragione

• Questo progetto razionale della scienza si traduce anche nelle nuove concezioni sul bambino che le scienze psico-pedagogiche introdussero nei primi decenni del Novecento

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La costruzione sociale del bambino

• La visione psicologica indica una traiettoria che nel tempo va dal bambino all’adulto. Questa visione considera il bambino in una prospettiva individualistica e biografica, e soprattutto si basa su un orientamento di tipo anticipatorio, rivolto più al divenire che all’essere

• Anche la prospettiva di tipo psicoanalitico è di tipo

individualistico e biografico e interessata alla personalità del bambino, ma con la differenza, che in questo caso l’orientamento va dall’adulto al bambino e non viceversa; vale a dire che per comprendere la personalità dell’adulto occorre prendere in esame la condizione psichica infantile

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La costruzione sociale del bambino

• Piaget, in particolare, studiava le operazioni mentali dei bambini. Guardava il bambino attraverso la cornice intellettiva. Così l’impresa razionale della scienza si diffuse anche nelle immagini del bambino, ora definito come un essere potenzialmente cognitivo, come la scienza aveva già precedentemente definito l’adulto.

• La teoria di Piaget si focalizza sul pensare del bambino, un processo che attraversa diversi stadi di sviluppo, successivi e distinti.

• In un bambino piccolo le piene potenzialità intellettive sono ancora latenti, e il loro raggiungimento è l’obiettivo finale dello sviluppo cognitivo.

• Il bambino viene quindi definito in relazione all’adulto, a cui diventa progressivamente sempre più simile, a mano a mano che acquisisce capacità intellettive

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La costruzione sociale del bambino

• La sociologia “classica” della prima metà del ‘900, da Durkheim a

Parsons, ha scelto la prospettiva del processo di socializzazione,

inteso (così scriveva Parsons) come “la civilizzazione dei barbari”.

E’ un orientamento coerente con le teorie sociologiche che hanno

focalizzato l’attenzione sulla società come ‘oggetto’ dell’analisi

sociale

• La possibilità di un attore sociale infantile viene ignorata, ed il

processo di socializzazione è inteso tipicamente come un percorso

unidirezionale, dove il bambino acquisisce passivamente i saperi

della società e si adatta ad essa

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La costruzione sociale del bambino• Nell’uso di Durkheim, il concetto di solidarietà si riferisce alle forze sociali

che tengono insieme gli individui in una comunità • Il concetto di socializzazione è un concetto puramente sociologico, che

raffigura processi costrittivi sugli individui, che internalizzano fatti sociali originariamente al di fuori di essi

• Il concetto di socializzazione, come quello di internalizzazione, formano l’immagine del bambino come un oggetto malleabile e passivo del processo sociale: è scontato che la società e il sistema culturale sono destinati ad essere internalizzati e quindi riprodotti dal bambino (Alanen 1988)

• Tramite la socializzazione il bambino diventa un membro della società, acquisendo gradualmente i saperi, le conoscenze e i comportamenti della sua cultura (Ribbens 1994)

• Le teorie della socializzazione si focalizzano, quindi, soprattutto sulle caratteristiche delle società e sui loro bisogni, e teorizzano in che modo il bambino viene integrato nel mondo sociale. Queste teorie tendono quindi a vedere la socializzazione come unidirezionale, e come una risposta ai bisogni societari (determinismo sociale)

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La costruzione sociale del bambino

• I sociologi hanno a lungo accettato l’idea che i bambini

apparterrebbero fondamentalmente alle sfere della psicologia,

della pedagogia, della pediatria, dell’assistenza sociale . Da

queste ultime scienze è provenuta anche una propensione a

mettere al centro dell’interesse i bambini in particolari

situazioni critiche

• La sociologia si è quindi autolimitata alla prospettiva dello

sviluppo e della socializzazione dei bambini nelle famiglie e

nella scuola

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La costruzione sociale del bambino

• Subordinandosi al paradigma dell’infanzia tuttora prevalente

nelle scienze psicologiche e pedagogiche, quello che

concepisce l’infanzia stessa nei termini di ‘stadi evolutivi’, la

sociologia ha così trascurato anche la tematica della

soggettività sociale dell’infanzia e del bambino come attore

sociale

• Ma nella sociologia contemporanea è cambiato quasi tutto :

l’infanzia è infatti diventata di moda …

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4. La nuova sociologia dell’infanzia

• Gli sviluppi più recenti della riflessione sociologica intorno all’infanzia sono stati caratterizzati in modo determinante dalla convinzione che i bambini sono persone che agiscono e reagiscono, operando così a creare i loro mondi sociali

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La nuova sociologia dell’infanzia

Dalla meta degli anni ‘60 alla fine degli anni ’70 la teoria sociale è attraversata dalla crisi della narrativa della modernizzazione, e la teoria parsonsiana perde la sua egemonia.

Essa viene sfidata dalle teorie critiche e dalle nuove prospettive dell’interazionismo e del costruttivismo sociale

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La nuova sociologia dell’infanzia

Hanno finito così per prevalere, anche nell’ambito del paradigma della socializzazione, concezioni che la intendono come una costruzione sociale, o come un processo di cui il bambino è parte integrante e attiva, non più un soggetto passivo

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La nuova sociologia dell’infanzia

• L’infanzia è processuale e perpetuamente in flusso, soggetta alle comprensioni ed alle esperienze dei bambini nei loro contesti specifici

• In particolare, viene sottolineato come gli stessi bambini siano impegnati nel realizzare la ricorrente impresa sociale collettiva di costruzione e di ricostruzione dell’istituzione-infanzia, sia pure, talvolta, con una mediazione adulta

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La nuova sociologia dell’infanzia

• Di qui l’interesse per i mondi sociali dell’infanzia come luoghi reali ed aree di espressione genuine e non come fantasie, giochi, povere imitazioni o inadeguati precursori dell’essere adulto

• I bambini non sono considerati come ‘idioti culturali’ . I loro mondi sono reali, come quelli degli adulti, e la questione è che devono essere capiti in questi termini

• In questo approccio il mondo dell’infanzia richiede l’estraneità antropologica che è stata raccomandata dai metodi etnografici ed interpretativi : alle “tribù” dell’infanzia deve essere dato lo status dei mondi sociali

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La nuova sociologia dell’infanzia

IN SINTESI• Il bambino viene interpretato come “sociologico” in

quattro accezioni principali: • come componente di gruppi sociali di coetanei, capaci di

costruire una cultura originale e di produrre così processi sociali autonomi;

• come soggetto socialmente deprivato, che richiede la rivendicazione di nuove priorità e di nuovi diritti;

• come membro di una categoria generale (l’infanzia) che ha una propria presenza permanente nella società, di cui dunque costituisce una struttura importante;

• infine, e più di tutto, come attore sociale capace di esprimere proprie prospettive rilevanti nell’interazione con gli adulti e nella società in generale.

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La nuova sociologia dell’infanzia

• La nuova prospettiva teorica e metodologica si distingue anche per la scelta di rendere proprio oggetto di studio le condizioni normali e comuni della maggioranza dei bambini

• Questo influenza anche le modalità della ricerca

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La nuova sociologia dell’infanzia

• Sono infatti valorizzate le tecniche e i metodi che meglio consentono di assumere la prospettiva del bambino, di tutti i bambini, per dare loro voce, come si usa dire

• Si utilizzano le tecniche dell’osservazione partecipante, dell’intervista, del focus group, dell’analisi di testi o delle reazioni a videostimoli

• Importante è anche l’esigenza di porsi dalla parte dei bambini nella redazione delle statistiche ufficiali, per porre rimedio alla sua cronica invisibilità

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La nuova sociologia dell’infanzia

• Alla crescente adesione ad una nozione di bambino come attore sociale ha corrisposto il successo, apparentemente travolgente, della prospettiva dei diritti dell’infanzia.

• Esiste un rapporto tra questi due elementi : infatti, noi comprendiamo i bambini come attori sociali indipendenti e respingiamo la prospettiva di considerarli <<come nient’altro che oggetti delle azioni degli adulti o vittime dei processi sociali>> anche perché <<questa prospettiva, in ogni caso, non è più politicamente giustificabile nei termini dei diritti dei bambini>> (Zinnecker 1995)

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5. L’infanzia tra protezione ed autonomia

La Convenzione ONU del 1989 contiene una serie ampia di diritti :

• Diritti generali, come il diritto alla vita, alla libertà di espressione, di pensiero e di religione, il diritto alla informazione e alla privatezza

• Diritti che riguardano lo status , compreso il diritto ad acquisire la nazionalità, a conservare la propria identità, a restare con i propri genitori (a meno che per i loro migliori interessi non sia preferibile una soluzione diversa) e il diritto di essere riuniti con la propria famiglia

• Diritti che richiedono misure protettive, come la protezione dei bambini dallo sfruttamento economico e sessuale, la prevenzione dell’uso di droghe e altre forme di negligenza e abuso

• Diritti che riguardano lo sviluppo e il benessere, compresi il diritto a un ragionevole livello di vita, alla salute e ai servizi fondamentali, alla sicurezza sociale, all’istruzione e al tempo libero

• Diritti che riguardano minori che si trovano in particolari circostanze (rifugiati, orfani, etc.) e/o con bisogni particolari (Freeman 1996)

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L’infanzia tra protezione ed autonomia

• Il vecchio ideale della protezione è stato riformulato e articolato nel linguaggio dei diritti.

• I diritti sono riconosciuti come il mezzo privilegiato per dare potere a quelli che non ce l’hanno, sono visti come gli strumenti di elezione per migliorare le condizioni di gruppi separati e minoritari.

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L’infanzia tra protezione ed autonomia

• Peraltro, il tentativo di formulare nel linguaggio dei diritti sia l’emancipazione dei bambini dagli adulti , sia l’attribuzione di responsabilità educativa e di potere di controllo agli adulti, è un progetto molto ambizioso, che può creare confusione.

• E’ un compito estremamente arduo trasformare i bisogni dei bambini in diritti fondati giuridicamente, come anche implementarli nei sistemi giuridici nazionali.

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L’infanzia tra protezione ed autonomia

Inoltre, il concetto di autonomia implica avere diritti ed essere capaci di usarli, mentre il concetto di protezione è legato alle nozioni di debolezza e immaturità

Emerge una contraddizione tra le azioni spontanee dei bambini e le azioni di adulti che interpretano, orientano e incanalano desideri, usando potere. E’ molto difficile immaginare l’esercizio di diritti individuali da parte di agenti che sono considerati solo potenzialmente autonomi

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L’infanzia tra protezione ed autonomia

I bambini e gli adolescenti costituirebbero quindi forse più di ogni altra, una categoria sociale di soggetti bisognosi di diritti che li proteggano dai ‘mali della società contemporanea.’

L’immagine del bambino sofferente è venuta a simbolizzare tutte le ingiustizie del mondo e dotare i bambini di diritti è sembrato essere la soluzione per proteggere i bambini contro le ingiustizie e le sofferenze.

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L’infanzia tra protezione ed autonomia

Si evidenzia una crescente attenzione nei confronti dei fenomeni di abuso, violenze nei confronti dei quali si solleva con sempre maggiore frequenza l’indignazione collettiva.

E’ aumentata la sensibilità : non è per niente dimostrato che sia cresciuto il fenomeno dell’abuso all’infanzia, e non piuttosto la possibilità di farlo emergere,oppure se si sia modificata la sua definizione sociale (Saraceno, 1990)

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L’infanzia tra protezione ed autonomia

Nelle culture contemporanee occidentali il figlio acquista sempre più un ‘valore simbolico’. Il figlio è meno importante sul piano strettamente economico, esso assume un valore decisivo per l’identità degli adulti: «man mano che i genitori sono diventati meno dipendenti dai figli in termini materiali, la loro identità di adulti è diventata sempre più dipendente da quest’ultimi......gli adulti esaltano i loro figli, proiettano su di essi le loro più grandi paure, nonché le loro più grandi speranze»(Gillis,1996).

Questo processo d’idealizzazione del figlio – vera e propria ‘icona culturale’ - non è un atteggiamento privo di costi: «per i bambini il prezzo da pagare consiste in una perdita dell’autonomia»

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L’infanzia tra protezione ed autonomia

• Il linguaggio dei diritti può diventare un mezzo per imporre ideologie sulle relazioni familiari e genitoriali e sui livelli educativi pedagogici, dal momento che gli interessi dei bambini non possono essere asseriti da loro stessi.

• E’ vero che alcuni adulti si sentono autorizzati ad articolare in dettaglio questi diritti, forse ispirati dall’ascolto della voce del loro “bambino interiore”. Negli ultimi due secoli non sono mancati avvocati dei bambini, non nominati da questi ultimi, che si sono dichiarati pronti ad affermare ciò che è bene per il bambino e ciò che non lo è.

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L’infanzia tra protezione ed autonomia

• Viviamo in un’epoca in cui sono molto numerose le persone che pretendono di sapere già ciò che è bene e ciò che male per i bambini : esperti di ogni tipo, psicologi, pedagogisti, insegnanti, assistenti sociali, giuristi e magari anche sociologi….

• Ma nelle società contemporanee è sempre più improbabile che si raggiunga un consenso sulla definizione delle pratiche normali e legittime e di quelle devianti e illegittime. Un codice morale universale che possa essere utilizzato per valutare gli eventi sociali non è più una proposta credibile, se mai lo è stata. In questo contesto l’interesse del bambino può suscitare valutazioni e pratiche molto differenti ed arbitrarie (Ronfani 1997).

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L’infanzia tra protezione ed autonomia

• Ci sono quindi orientamenti nella società volti a rappresentare il bambino come attore sociale completo, partecipante attivo alla vita sociale, dotato del diritto e delle capacità di contribuirvi al pari degli adulti. Viene esaltata l’immagine luminosa di un bambino soggetto autonomo, titolare di diritti civili, politici e di partecipazione, fiduciosamente avviato a compiere il suo percorso di auto-realizzazione

• Ma è anche vero che allo stesso tempo troviamo nella stessa società l’immagine oscura di un bambino minacciato e violato che, con un’ansia che appare talvolta esasperata, si vorrebbe sempre più fare oggetto di protezione e tutela per i rischi che correrebbe in un mondo a lui indifferente, se non addirittura ostil

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L’infanzia tra protezione ed autonomia

• Sono quindi presenti due codici di regolazione apparentemente contraddittori: il primo cerca di garantire ai bambini e agli adolescenti l’autonomia, l’altro cerca di proteggerli e di promuovere il loro benessere attraverso misure di tipo paternalistico

• Come conseguenza di questa costruzione paradossale, proliferano senza fine pretesi diritti, mentre non è affrontato in modo adeguato il problema dei mezzi per utilizzare questo diritto

• I bisogni dei bambini sono stati costituiti in diritti su base legale perché non esiste nessun altro codice nella società moderna per dichiarare apertamente le paure e le speranze per i bambini e per il loro futuro, e allo stesso tempo, per confidare nella possibilità di alleviare questi timori e realizzare queste speranze