1. Andò Salvo

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Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna RIFLESSIONI SULLE RECENTI ELEZIONI EUROPEE Salvo Andò Professore Ordinario di Diritto pubblico comparato nell’Università Kore di Enna Il risultato delle elezioni europee ha fugato le paure di quanti temevano che una affermazione dei partiti antieuropeisti avrebbe potuto dare vita,all’interno del Parlamento europeo,al formarsi di un forte blocco “antagonista” in grado di condizionare pesantemente la politica europea nei prossimi anni. Gli antieuropeisti hanno stravinto in Francia,con la Le Pen, ed hanno vinto anche nel Regno Unito,con Farage, ma non hanno avuto l’affermazione che ci si aspettava in Italia e in Germania. Il voto dei grandi Paesi della UE consegna un Parlamento nel quale il dialogo tra popolari e socialisti è inevitabilecome, d’altra parte, lo è stato anche nel quinquennio passato. In tale contesto, tuttavia, non è pensabile che si formi un asse politico tra questiduepartiti per “governare” ilParlamento europeo in una situazione di autosufficienza. www.koreuropa.eu

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RIFLESSIONI SULLE RECENTI ELEZIONI EUROPEE

Salvo AndòProfessore Ordinario di Diritto pubblico comparato nell’Università Kore di Enna

Il risultato delle elezioni europee ha fugato le paure di quanti temevano che una

affermazione dei partiti antieuropeisti avrebbe potuto dare vita,all’interno del Parlamento

europeo,al formarsi di un forte blocco “antagonista” in grado di condizionare pesantemente la

politica europea nei prossimi anni.

Gli antieuropeisti hanno stravinto in Francia,con la Le Pen, ed hanno vinto anche nel

Regno Unito,con Farage, ma non hanno avuto l’affermazione che ci si aspettava in Italia e in

Germania. Il voto dei grandi Paesi della UE consegna un Parlamento nel quale il dialogo tra

popolari e socialisti è inevitabilecome, d’altra parte, lo è stato anche nel quinquennio passato.

In tale contesto, tuttavia, non è pensabile che si formi un asse politico tra questiduepartiti per

“governare” ilParlamento europeo in una situazione di autosufficienza.

Ciò che sta avvenendo nel dopo elezioni,indica che non c’è alcuna necessità di costruire

una diga contro lo schieramento euroscettico.E ciò per diverse ragioni.

Le difficili trattative in corso tra i diversi partiti e movimenti politici per formare i

gruppiparlamentari dimostrano che il fronte degli euroscettici è diviso.Emergonoalmeno due

posizioni distinte,e per certi aspettitra loro incompatibili.Vi è un antieuropeismo di stampo

reazionario che metteinsieme i rappresentanti dei partiti che usano la battaglia contro l’euro

comepretesto per fare dell’Europa una fortezza inaccessibile per chi viene dalla sponda sud

del Mediterraneo, perdiscriminare le minoranze etniche presenti nelle società europee,per

condurre insomma una battaglia di retroguardia tesa aisolare tutti diversi.

C’è, poi,la posizione antieuropeista di coloro che rifiutano la moneta unica e si battono

per una interpretazione minimalista del Trattato perché ritengono che una politica economica

che venga autonomamente decisa dagli Stati e non condizionata dall’Europa possa migliorare

le condizioni di vita dei cittadini nei singoli Paesi.Questa è la posizione espressa dal nuovo

partito inglese di Farage e da Grillo.Essanon tende, almeno nell’immediato, a mettere in crisi

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il processo di integrazioneeperò utilizza l’attacco contro l’Europa dei banchieriper guadagnare

maggiore spazio nella politica nazionale e mettere ai marginidi essa i tradizionali partiti

politici ritenuti prigionieri dei poteri forti.Costoro non voglionoavere nulla a che fare con la

destra fascista,né con i partiti nazionalisti che si vanno affermando nei paesi ex comunisti

adesso membri della UE.

Così stando le cose non pare che gli antieuropeisti arrabbiati si possano mettere

d’accordo su un candidato unico per la presidenza della Commissione.

Anche sul versante dei partiti storici europei,però, un accordo sulla presidenza della

Commissione non risulterà facile, e in ogni caso si tratterebbe di un travagliatocompromesso

destinato a nonprodurreun’alleanza strategicasostenuta dalla maggioranza dei parlamentari

europei. Le elezioni, che hanno registrato quasi ovunque la sconfitta dei partiti di governo,

fanno emergere un conflitto non facilmente componibile tra chi vuolela continuità sul piano

delle politiche del rigore e chi invece si batterà perché l’Europa “cambi verso”.

Se così stanno le cose non pare dubbio che la scelta del nuovo Presidente della

Commissione abbia un significato di straordinaria importanza.

La candidatura di Juncker esprime una voglia di continuità rispetto alla politica

dell’austerità perseguita in questi anni dall’Europa sotto la regia della Germania. Si tratta di

una politica che non è soltanto contestata dalla sinistra radicale, ma anche da un variegato

schieramento che comprende autorevoli rappresentanti del fronte moderato.

All’interno del Parlamento europeo, insomma, la candidatura di Junckerpotrebbe avere

vita difficile.Un candidato deciso a maggioranza nel Consiglio europeo potrebbe non essere

accettato dal Parlamento considerato che l’Assemblea rappresentativa dei cittadini degli Stati

membri stavolta non deve approvare l’indicazione che viene dall’istituzione politica

dell’Unione ma eleggere il candidato Presidente.

Il quadro costituzionale dell’Unione europea potrebbe registrare significative novità a

seguito della parlamentarizzazione di questa scelta.Ed è ciò che teme il Premier inglese

Cameron,perché, per certi versi, si tratterebbe di compiere un passo avanti verso il

superamento dell’assettointergovernativo dell’Unione europea.

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Dietro la disputa sulla candidatura alla Presidenza della Commissione,quindi,si

fronteggiano due concezioni dell’architettura costituzionale europea.Dal prevalere dell’una o

dell’altra dipende il tipo di evoluzione che subirà la stessa forma di governo dell’Unione

europea.

Chi lavora per imprimere un’accelerazione al processo di integrazione non può non

guardare con favore all’affermarsi di un modello parlamentare che assegni al Parlamento la

funzione legislativa accanto al compito di controllare gli organi esecutivipoliticamente

responsabili di fronte ad esso.Si tratterebbe di un’evoluzione in senso parlamentare della

forma di governo tutto sommato congeniale alla storia costituzionale europea che ha visto in

alcuni Paesi il passaggiodalla monarchia costituzionale al governo parlamentare sulla base di

conventions che prendevano atto del peso assunto dai partiti politici.

Ma la disputa sulla guida della Commissione è decisiva anche per capire quale linea di

politica economica sia destinata a prevalere all’interno dell’Unione europea.

La forza del PD all’interno del PSE potrebbe risultare decisiva per favorire un deciso

riorientamento delle politiche europee, considerato che senza il successo dei democratici

italiani si sarebbe forse registrata una dura sconfitta del partito del socialismo europeo. Si è

trattatodi un “risultato spettacolare”, così è stato definito da Tony Blair il quale ha spiegato

che il successo del PD è dovuto al fattoche Renzi “si è schierato per le riforme e per l’Europa

ottenendo il 40% dei consensi”. Ciò oggi legittima il nostro Premier a pretendere il

cambiamento anche all’interno della UE.Un accordo tra popolari e socialisti non può avvenire

quindi a qualunque costo, anche a costo di lasciare l’Europa così com’è.

É chiaro che il patto che si era stabilito alla vigilia delle elezioni tra popolari e socialisti,

secondo cui al partito che avrebbe avuto più voti sarebbe toccata la presidenza della

Commissione,non regge più di fronte ad un Parlamento che ha una struttura così variegata, e

all’interno del quale c’è uno schieramento trasversale che spinge in direzione di un forte

rinnovamento degli indirizzi politici della UE.Non si tratta di organizzare una crociata contro

la signora Merkel,ma di riconoscere che l’elezione di unPresidente della Commissione

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garante della continuità suonerebbe come una sfida verso i popoli europei che hanno con il

loro voto bocciato la politica dell’austerità.

Il problema non è di far vincere in questo senso unpopolare o un socialista, ma di

pervenire ad una candidatura,magari attraverso un paziente negoziato, che rappresenti un

elemento di novità rispetto agli equilibri politici che finora hanno retto l’Unione europea.

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