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La definizione della professioneinfermieristica nel XXI secoloAurora Minetti1, Maria Grazia Azzolin2, Chiara Piccini1, Alessandro Zavaritt31Università degli Studi della Svizzera Italiana 2Università degli Studi di Milano 3Ospedali Riuniti di Bergamo
Conflitto di interessi dichiarato: nessuno.
La Modernità si caratterizza per un costante incremento
della complessità che, in campo socio-sanitario, si esprime
sempre più attraverso una serie di nuove tendenze e cam-
biamenti a livello istituzionale.
In campo sanitario, i motivi di tale trasformazione sociale
sono da ricercare: nella crescente diversificazione assisten-
ziale legata all’evoluzione epidemiologica; nello sviluppo e
nella diffusione dei servizi territoriali, orientati sempre più
verso il cittadino; nella delocalizzazione del processo deci-
sionale di tipo assistenziale e clinico; nello sviluppo del-
l’informatica, che ha inevitabilmente comportato cambia-
menti anche sul piano organizzativo; nell’accorciamento
dei tempi di ospedalizzazione; nella presenza di personale
assistenziale ausiliario (OTA e OSS), un tempo marginale;
nel sempre maggior interesse nel valutare le informazioni;
nella presenza di attività formative sul campo (ECM); e,
per finire, nella settorializzazione delle competenze.
In Europa, e di conseguenza in Italia, tale cambiamento si
traduce in un processo culturale che ha come principale
obiettivo il ripensamento sia dei modelli organizzativi
socio-sanitari preesistenti sia delle figure professionali ivi
impegnate.
La figura dell’infermiere si inserisce a pieno titolo in que-
sta dinamica e, con esso, il percorso evolutivo della docu-
mentazione assistenziale infermieristica.
A livello normativo, è la Legge n. 42 del 26 febbraio
1999(1) “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”
che, descrivendo il campo proprio di attività e di respon-
sabilità delle professioni sanitarie, tra cui quella infermie-
ristica, indica tre riferimenti per la definizione dell’ambito
decisionale: il codice deontologico, il profilo professiona-
le, gli ordinamenti didattici di base e post-base. E, con
essa, la Legge n. 251 del 10 agosto 2000 “Disciplina delle
professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabi-
litazione, della prevenzione nonché della professione oste-
trica”, all’articolo 1, comma 1, recita: “Gli operatori delle
professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche
e della professione sanitaria ostetrica svolgono con auto-
nomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla
cura e alla salvaguardia della salute individuale e colletti-
va, […] utilizzando metodologie di pianificazione per
obiettivi dell’assistenza”; e al medesimo articolo, comma
3, indica che “il Ministero della Sanità […] emana linee
guida per […] la revisione dell’organizzazione del lavoro,
incentivando modelli di assistenza personalizzata.”(2)
Sul piano operativo, le nuove disposizioni legislative san-
ciscono pertanto l’introduzione di concetti innovativi,
quali:
- la responsabilità, intesa qui come la presa in carico del
paziente da parte dell’operatore infermieristico che si
accompagna alla cura e alla gestione della cartella infer-
mieristica (che raggruppa in sé tutta una serie di infor-
mazioni relative all’assistenza destinata al malato e che
si caratterizza dalla registrazione di tutte le fasi del per-
corso assistenziale);
- la competenza, risultanza di un percorso formativo
obbligatorio (il Diploma Universitario) e di un costante
training sul campo (ECM, corsi di aggiornamento,
eccetera);
- il lavoro d’équipe, esplicativo della multidisciplina-
rietà imposta dal modello organizzativo e che com-
porta l’inevitabile coinvolgimento delle diverse figure
Corrispondenza a:Aurora Minetti
e-mail: [email protected]
LA RIVISTA ITALIANA
DI CURE PALLIATIVE
9Numero 2 estate 2008 - www.sicp.it
10 Numero 2 estate 2008 - www.sicp.it
LA RIVISTA ITALIANA
DI CURE PALLIATIVEEditoriale
professionali nel medesimo percorso di cura e di assi-
stenza al malato.
La comunicazione diviene, in questi contesti, lo strumen-
to privilegiato attraverso cui realizzare e velocizzare il pro-
cesso decisionale clinico e assistenziale che gli infermieri
sono ora più che mai tenuti a gestire. Nell’ambito delle
Cure Palliative, in particolare, ciò non costituisce una
novità, in quanto i contenuti proposti dalla recente nor-
mativa sono qui parte integrante della filosofia e del
modello organizzativo che gli soggiace. In questo senso, il
riconoscimento del ruolo fondamentale dell’infermiere
nell’assistenza al paziente terminale, la necessità del lavo-
ro d’équipe e il coinvolgimento del personale di supporto
nel processo di soddisfazione dei bisogni delle persone in
situazione di terminalità sono da tempo riconosciuti come
elementi fondanti di quanto sopra detto.
Uno degli aspetti caratterizzanti la filosofia delle Cure
Palliative si identifica nella differenza sostanziale tra il
curare (dall’inglese to cure) e il prendersi cura (to care):
ciò che cambia è l’approccio alla malattia e, di conse-
guenza al malato, che porta al superamento dell’oramai
obsoleta concezione della guarigione “a tutti i costi” a
favore di una visione più completa della cura, legata a un
miglioramento della qualità di vita dei malati stessi. Il
paziente e i suoi sintomi vengono ora posti al centro del-
l’attenzione degli operatori sanitari, i quali devono in ogni
modo relazionarsi non più al “malato” bensì alla “perso-
na”, in tutta la sua complessità.
Le ragioni di queste specificità sono molte, in particolare
si può ipotizzare che:
a) i modelli organizzativi sono stati importati da Paesi di
cultura anglosassone, in cui la storia della professione
infermieristica e il suo riconoscimento sociale sono una
realtà acquisita da anni;
b) nelle strutture di Cure Palliative la presenza del medico
non è costante come nella realtà ospedaliera e ciò rende
necessario un ruolo più attivo dell’infermiere e un mag-
giore coinvolgimento nei processi di cura;
c) i pazienti terminali hanno spesso più bisogno di inter-
venti assistenziali che clinici ed è quindi valorizzata la
figura dell’infermiere nella soddisfazione di tali bisogni.
Per quanto riguarda la recente importazione del modello
organizzativo alla base delle Cure Palliative (dalla cultura
anglosassone), ciò che emerge è una sostanziale immatu-
rità culturale italiana ad accogliere tale cambiamento, reso
immobile dalla pesantezza e dall’inadeguatezza burocrati-
ca del nostro Sistema Sanitario Nazionale e da un ance-
strale pregiudizio sociale (anche da parte della categoria
medica) nei confronti dell’utilizzo di sostanze oppiacee
(peculiari delle Cure Palliative) nella terapia del dolore. E
quello ideologico, inoltre, si presenta come il vincolo più
importante nell’assistenza palliativa al malato, dove il
medico è chiamato a confrontarsi con il paziente in un
diverso tipo di rapporto: “un rapporto paritario, in cui il
medico, riconosciuta l’impotenza sua e della medicina a
ottenere la guarigione, si rende disponibile a perseguire
con il paziente obiettivi diversi, ma raggiungibili e ugual-
mente importanti”(3). Primo fra tutti, l’autonomia decisio-
nale del paziente, ricercata, stimolata e favorita; dal forte
retaggio di matrice religiosa che interpreta il dolore come
segno tangibile della vitalità dell’essere umano e, per que-
sto motivo, di dilemmi etici che, ovviamente, ne derivano;
e, per concludere, dalla scarsa, in alcuni casi inesistente,
educazione sanitaria dei cittadini che, di conseguenza, non
usufruiscono delle Cure Palliative.
Ricordiamo che in Inghilterra, al contrario, a partire dalla
fine degli anni ’50, inizia a diffondersi una crescente insod-
disfazione da parte degli operatori sanitari e della società
civile nei confronti delle condizioni e del trattamento riser-
vato al malato inguaribile. Il Movimento Hospice e, più in
generale, il Movimento delle Cure Palliative nacque pro-
prio con l’intento di rispondere a tali esigenze: si sviluppò
attorno alla fine degli anni ’60 e fece riferimento, in primo
luogo, all’esperienza del St. Christopher’s Hospice, aperto
nel 1967 a Londra, grazie all’iniziativa di Dame Cicely
Saunders, alla quale dobbiamo lo svilupparsi delle Cure
Palliative(4). Il suo approccio si configura presto anche
come una critica radicale alla gestione medicalizzata e
impersonale della morte in ospedale(5) e reclama una mag-
giore attenzione al diritto all’informazione e all’umanizza-
zione della medicina. La morte, secondo la Saunders, deve
cessare di essere vissuta come un fallimento; essa è parte
del naturale processo di vita e, come tale, non va “nega-
ta”o segregata. Il dolore, in questo senso, è totale, com-
prensivo sia di aspetti fisici che psichici.
Gli infermieri, in Gran Bretagna, agiscono in un contesto
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che riconosce il loro ruolo ma, soprattutto, la loro profes-
sione come parte integrante del percorso e della cura del-
l’assistenza al malato, divenendo così attori complementa-
ri, fondamentali, assieme ai medici.
Per quanto riguarda poi, la presenza dei medici in repar-
to, si assiste anche in questo caso a un ridimensionamen-
to del loro carico lavorativo che ora si accompagna a una
crescente delega delle responsabilità agli infermieri, in
seguito all’acquisizione di maggiori competenze da parte
di questi ultimi. Emergono, di conseguenza, situazioni una
volta inesistenti, come la riunione d’équipe, il lavoro di
gruppo, il coordinamento della comunicazione e delle
informazioni in reparto eccetera, che riconfigurano la pro-
fessione infermieristica.
Per ciò che concerne, infine, l’esigenza di maggiori inter-
venti assistenziali rispetto a quelli clinici, si riscontra una
diversa valorizzazione dell’infermiere nella soddisfazione
dei bisogni dei pazienti e dei familiari, implicando un
coinvolgimento diretto e attivo da parte dell’infermiere
stesso nelle dinamiche relazionali con essi e un conse-
guente carico emotivo, una volta periferico rispetto alle
sue competenze.
Ciò ha inevitabilmente comportato la rottura e il progres-
sivo superamento del sistema del lavoro preesistente, con
una conseguente ridefinizione dell’identità professionale
infermieristica, costretta in questo modo ad affrontare e
gestire nuove difficoltà sul piano operativo e tensioni sul
piano emotivo.
L’infermiere di oggi, quindi, si inserisce pienamente in uno
schema organizzativo in cui agisce responsabilmente con
una maggiore cognizione del suo essere e in un contesto
dinamico e fluido (come quello sanitario contemporaneo)
costellato da incertezze ma, allo stesso tempo, da oppor-
tunità di crescita e di sviluppo, trova l’occasione per signi-
ficare le proprie azioni e la propria identità.
La progressiva responsabilizzazione loro attribuita contri-
buisce, infatti, ad accrescere le motivazioni che spingono e
giustificano gli infermieri nelle loro pratiche quotidiane,
ora rivalutate.
Detto ciò, ci pare importante sottolineare anche le criticità
e le difficoltà di implementazione che tale modello com-
porta sul piano sia operativo che emotivo: la nostra espe-
rienza ci porta a pensare che, come tutti i cambiamenti,
questi portano a una generalizzata insicurezza e a un ine-
vitabile spaesamento, spesso causa di incomprensioni e di
attrito tra gli attori presenti sul campo.
Ciò non toglie, però, che soprattutto in questa fase sia
necessario un continuo appello a quelle che possono esse-
re sentite e vissute come linee guida che accompagnano gli
operatori sanitari nello svolgimento della loro professione
attraverso costanti dibattiti, confronti e riflessioni sugli
scenari presenti e futuri.
Queste considerazioni, di taglio sociologico, nella loro
semplicità ci paiono necessarie come cornice di riferimen-
to condivisa per procedere negli approfondimenti di cre-
scita delle relazioni fra le diverse figure professionali,
soprattutto in ottica di équipe di Cure Palliative.
Bibliografia1. Decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e
Tecnologica n. 509, 3 novembre 1999. Regolamento recante normeconcernenti l’autonomia didattica degli atenei.
2. Casati M. La documentazione infermieristica. Milano: McGraw-Hill, 2005.
3. Cunietti E. L’Hospice ad integrazione dei programmi di CurePalliative domiciliari della rete di assistenza milanese. Nuovi argo-menti di medicina, 1995.
4. Di Mola G. Cure Palliative. Approccio multidisciplinare alle malat-tie inguaribili. Milano: Ed. Masson, 1993.
5. Marzano M. Scene finali: morire di cancro in Italia. Bologna: IlMulino, 2004.
LA RIVISTA ITALIANA
DI CURE PALLIATIVE