0701 - N14 Mondo Vegetariano - Gennaio 2007

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BOLLETTINO TRIMESTRALE DI CULTURA VEGETARIANA. A NNO 5, N UMERO 1. G ENNAIO 2007. Se ami la vita e la rispetti, se vuoi che qualcosa cambi in meglio, comincia da te stesso: prendi l’impegno di non nutrirti di violenza: diventa VEGETARIANO e ti accorgerai che è l’inizio di un cammino giusto e utile per la tua salute e quella del Pianeta. La nostra associazione ti può aiutare in questa tua scelta. http://www.vegetariani-roma.it [email protected]

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BOLLETTINO TRIMESTRALE DI CULTURA VEGETARIANA. http://www.vegetariani-roma.it [email protected] Se ami la vita e la rispetti, se vuoi che qualcosa cambi in meglio, comincia da te stesso: prendi l’impegno di non nutrirti di violenza: diventa VEGETARIANO e ti accorgerai che è l’inizio di un cammino giusto e utile per la tua salute e quella del Pianeta. La nostra associazione ti può aiutare in questa tua scelta.

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BOLLETTINO TRIMESTRALE DI CULTURA VEGETARIANA.

ANNO 5, NUMERO 1. GENNAIO 2007. Se ami la vita e la rispetti, se vuoi che qualcosa cambi in meglio, comincia da te stesso: prendi l’impegno di non nutrirti di violenza: diventa VEGETARIANO e ti accorgerai che è l’inizio di un cammino giusto e utile per la tua salute e quella del Pianeta. La nostra associazione ti può aiutare in questa tua scelta. http://www.vegetariani-roma.it [email protected]

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Mondo Vegetariano. Pagina 2. Gennaio 2007.

C H I S I A M O . L’Associazione Vegetariana Animalista “Armando D’Elia”, già Gruppo Vegetariano “Armando D’Elia”, nasce nell’anno 2002 co-me Movimento Indipendente di ispirazione o-listica. Il nostro interesse nasce dal ripudio di ogni espressione violenta nei confronti del-l’uomo, degli animali e della natura, dall’amo-re verso la Vita e dalla consapevolezza che so-lo da un corretto modo di vivere e di alimen-

tarsi (secondo le leggi naturali conformi alle nostre esigenze fisiologiche di esseri fruttaria-ni) è possibile conservare la salute del corpo, l’equilibrio mentale, i valori morali e spirituali. Infatti la pratica del vegetarismo favorisce lo sviluppo di una coscienza umana piú giusta e sensibile, una mentalità di pace e di disponibi-lità verso il prossimo, il superamento dello sfruttamento degli animali e delle risorse natu-rali, e l’eliminazione della fame nel mondo.

C O L L A B O R A Z I O N E . La collaborazione a Mondo Vegetariano è gratuita. Le opinioni degli articolisti possono non coincidere perfettamente con la filosofia che anima l'Associazione. Ogni articolista resta, pertanto, responsabile delle sue affermazioni. Coloro che intendono collaborare con il Bollet-

tino possono inviare i loro articoli per posta or-dinaria a Franco Libero Manco, in Via Cesena 14, 00182 Roma, oppure per posta elettronica a: [email protected]. Quanto ricevuto non verrà restituito e la Redazione si riserva di ridurre, in caso di uti-lizzo, la sua lunghezza.

Per ricevere il bollettino occorre iscriver-si all’Associazione per un anno. Socio sosteni-tore: 60 Euro; socio ordinario: 30 Euro; stu-denti, pensionati, disoccupati e minori: 20 Eu-ro. Sede: Via Cesena 14, 00182 Roma, tel. 06

7 022 863. E-mail: [email protected]. Conto corrente postale: 58 343 153 intestato ad Associazione Vegetariana Anima-lista, Via Cesena 14, 00182 Roma.

* * *

A R G O M E N T I E L O R O P A G I N E .

Nostra cronaca. 2. Etica universale. 3. Pricipî nutrizionali. 5. Alimentazione e salute. 7. Problemi dell’infanzia. 8. Costume e società. 9. Ipotesi di iniziative. 12. Poveri animali. 12. Hanno detto. 14. L’angolo della poesia. 15. Indirizzi di nostri amici. 16.

N O S T R A C R O N A C A .

U N R I E P I L O G O I N B R E V E .

Sabato 18 Novembre. Manifestazione contro la produzione e l’uso delle pellicce, a Roma in Via Del Corso all’altezza di Piazza Di Spagna, in mezzo a un flusso indescrivibile

di gente. Venerdí 1 Dicembre. Cena e festa vege-tariana “Veganinsieme” da noi organizzata e gestita nel locale “Ouverture” a Roma in Via Tripoli 22, con piccoli spettacoli, danze e musiche.

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Mondo Vegetariano. Pagina 3. Gennaio 2007.

Giovedí 11 Gennaio. Inaugurazione del-la nostra nuova sede operativa in Piazza Asti 5 A con la conferenza sul tema “Leggi a tutela degli animali”, tenuta dalla Dottoressa Roberta Pinto del Comune di Roma. (Le nostre precedenti conferenze bisetti-manali sono state tenute in Via Celsa 5; le suc-cessive proseguono in questo nuovo indirizzo; il loro interessante calendario viene distribuito in un opuscolo, talvolta anche per strada, ed è comunque sempre bene in vista nel nostro «si-

to Internet»).

Sabato 20 Gennaio. Conferenza di Franco Libero Manco nella libreria “Safarà” a Roma in Via Delle Vestali 6 sul tema “Come diventare vegetariani”.

P R O S S I M E O C C A S I O N I P R E V E D I B I L M E N T E I N A R R I V O .

Sabato 24 Febbraio. Conferenza di Franco Libero Manco nella libreria “Feltrinel-li” a Roma in Viale Guglielmo Marconi 92 sul tema “Perché essere vegetariani”. Giovedí 15 Marzo. Assemblea generale dei nostri soci in Via Celsa 5. Venerdí 30 Marzo. Nostro convegno annuale in Campidoglio sul tema “Un pianeta da salvare: sette miliardi di vegetariani per for-za o per amore”. Sabato 31 Marzo. Dalle 17 alle 20 ma-nifestazione di protesta in Via Del Corso con-tro la strage degli agnelli e degli animali in ge-nere in prossimità della Pasqua.

E T I C A U N I V E R S A L E .

L ’ I N S O S T E N I B I L E

P E R B E N I S M O D E I M O D E R A T I . Franco Libero Manco.

[Riportiamo questo articolo, sorpresi nel

constatare che sul nostro «sito Internet» è stato subito consultato oltre mille volte.]

Quando ci poniamo in difesa della vita,

della verità e della giustizia, la moderazione non è mai una virtú, ma è un freno che impo-verisce lo slancio. Non si dice di far soffrire poco una persona o di essere moderatamente giusti e leali; non si dice a una madre di parla-re con moderazione a coloro che stanno vio-lentando sua figlia o a un uomo di muoversi con calma nello spegnere l’incendio della casa. Davanti alla terribile realtà che viviamo,

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Mondo Vegetariano. Pagina 4. Gennaio 2007. in cui gli uomini si massacrano a vicenda in assurde guerre fratricide; in cui la povertà, le malattie e la fame nel mondo mietono venti-mila vittime al giorno; in cui gli animali ven-gono sterminati al ritmo di millecinquecento al secondo per essere divorati dagli umani; in cui lo sperpero di risorse naturali e la distruzione dell’ambiente apre prospettive inquietanti; di fronte al decadimento dei valori morali genera-ti dall’egoismo e dall’indifferenza verso le vit-time del nostro sistema antropocentrico im-prontato sull’avere e non sull’essere (che si ri-percuote in modo devastante sulla società u-mana e sulla creazione tutta), i moderati, gli imperturbabili, quelli che si accontentano di li-mitare i danni delle proprie scelte, quelli che ritengono che la loro vita sia già piena di ri-nunce, quelli che ci considerano esagerati, e-stremisti, di fronte alle nostre argomentazioni ritengono che per arginare i mali del mondo sia sufficiente rinunciare al nostro superfluo. Ma si sa, in questo mondo basta essere coeren-ti per essere considerati estremisti. E quando cerchiamo di evidenziare gli effetti delle nostre abitudini alimentari sulla nostra salute, sull’e-conomia mondiale, sull’inquinamento e sul-l’ambiente, si sentono accusati, violentati nelle loro scelte, pervasi da un senso di rabbia per ilpericolo di dover rinunciare ad alcuni piaceri della vita. La maggioranza non cerca ciò che serve ad avanzare sul piano dell’etica e della spiritualità, non cerca ciò che è giusto per sè stessi e per il prossimo: cerca conferma alle sue scelte, alle sue posizioni, ai proprî attacca-menti, e si rifiuta di vedere gli effetti delle pro-prie scelte, di capire che è la sommatoria degli egoismi personali ciò che genera la disarmonia collettiva. Questa è la civiltà degli ipocriti, dei sepolcri imbiancati, lontana dal pensiero di Cristo che affermava «… la verità vi farà libe-ri».

Il mondo è pieno di gente (anche ad alto livello) che opera per il bene dell’uomo, che lotta contro le ingiustizie sociali, contro le guerre, l’aborto, la pena di morte, la tortura e cosí via, ma poi, candidamente (quanto ipocri-tamente) ritiene giusto, e spesso doveroso, di-vorare a tavola le membra di un mite agnelli-no, un coniglio, un pollo, e finge, ipocritamen-te, di inorridire alla vista di quegli spettacoli

che mostrano gli effetti di queste sue scelte. Siamo considerati estremisti, esagerati e

certo lo siamo: per noi uccidere uno o cento-mila è la stessa cosa perché il valore della vita non è inversamente proporzionale al numero dei suoi componenti; per noi la violenza e l’in-giustizia non è piú o meno grave a seconda della vittima; per noi quando viene ucciso un cavallo, un uccello o un abete è parte di noi che viene uccisa. Chi ha visto l’inferno dei mattatoî o quello della vivisezione non può parlare con moderazione: tutto dipende dal modo in cui uno vive il problema e da quanto chiara ha la visione della relazione esistente tra le scelte personali e i mali del mondo. L’uomo è capace di uccidere il suo simile perché è abi-tuato a distinguere vita da vita, dolore da dolo-re, mentre queste sono realtà universali che ac-comunano tutti gli esseri viventi.

Il nostro essere vegetariani e animalisti non è solo uno stile di vita, ma l’anello man-cante e il mezzo piú potente per realizzare un mondo migliore. La nostra missione è rendere consapevole l’uomo degli effetti delle sue scel-te egoistiche. Il nostro discorso è duro e ag-gressivo perché mette sotto accusa la coscien-za e il superficialismo dei moderati, la comoda sonnolenza della stragrande maggioranza della gente. Il nostro discorso è per chi vuole pro-gredire, non per coloro che cercano giustifica-zioni ai piaceri cui non vogliono rinunciare, anche se sanno che costano sofferenza, sangue e morte a tante vittime innocenti.

Non ci interessiamo di vegetarismo e di animalismo perché in preda ad attacchi di ro-manticismo: l’essere universalisti è una scelta di vita che coinvolge l’essere umano nella sua interezza mentale, morale, fisica, spirituale, e si estende al contesto naturale.

Uno degli scogli principali da superare è proprio quello dei moderati, dei tiepidi, di chi considera il non mangiare la carne una scelta come un’altra e non la decisione di chi sceglie la vita invece della morte, il bene invece che il male, il progresso invece del ristagno. È vero, le medicine vanno prese in dosi diluite altri-menti si ottiene l’effetto contrario: chiedendo tutto forse si finisce col non ottenere nulla, ma noi abbiamo l’obbligo morale di indicare il punto di arrivo. Ci sono problemi piú impor-

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Mondo Vegetariano. Pagina 5. Gennaio 2007. tanti? C’è forse qualcosa di piú importante del-la vita delle persone, degli animali e del piane-ta? La vivisezione è il crimine piú nero, ma l’ingiustizia suprema verso un animale, oltre a farlo soffrire ingiustamente, è quello di ucci-derlo, farlo a pezzi, cucinarlo e mangiarselo. L’errore sta nel non voler capire che tutti i pro-blemi sono interconnessi, che i mali del mondo non possono essere risolti singolarmente per-ché tutto è inseparabilmente e inesorabilmente collegato.

Io piango il dolore delle vittime, la sor-dida brutalità con cui l’uomo riesce ad annien-tare un suo simile perché la sua coscienza, che emerge dagli abissi della preistoria, non è stata educata alla compassione, alla condivisione, ma all’indifferenza e al disprezzo della vita

che lo circonda: abituato a sopraffare gli ani-mali l’uomo è diventato carnefice anche di sè stesso.

Io sarò duro nel denunciare questa cultu-ra di sfruttamento e di sistematico massacro dei piú deboli, questa spaventosa indifferenza verso la sofferenza di miliardi di creature inno-dei piú deboli, questa spaventosa indifferenza verso la sofferenza di miliardi di creature inno-centi; so di essere nel giusto perché difendo la vita, la civiltà, il progresso morale, civile e spi-rituale, non scenderò a compromessi con la mia coscienza, non sarò edulcorato, non celerò la verità dei fatti: parlerò con garbo e gentilez-za ma con determinazione; informerò, sensibi-lizzerò il cuore della gente, sempre ed ovun-que, e mi farò ascoltare.

P R I N C I P Î N U T R I Z I O N A L I .

I L L A T T E D I D O N N A . Leila Nicoletti.

Contiene il 40 % di caseina e il 60 % di

proteine del siero, diversamente dal latte di mucca, che ha l’80 % di caseina e il 20 % di proteine del siero. Non contiene la frazione della caseina «Alfa S 1», ma sette componenti tra cui la «frazione K» ed altre proteine legate al fosforo.

Le proteine del siero contengono immu-noglobuline «A», soprattutto nel colostro, «G» ed «M».

Tra gli amminoacidi contenuti nelle pro-teine, ci sono un minore contenuto di metioni-na e uno maggiore di cistina, rispetto a quello

del latte di vacca. Il feto infatti riesce a utiliz-zare gli amminoacidi solforati a partire dalla cistina e non dalla metionina.

La quantità di sostanza azotata non pro-teica è praticamente uguale a quella del latte di vacca, ma la percentuale di azoto totale risulta maggiore (16 % rispetto al 5 % del latte di vacca).

Sono presenti pochi acidi grassi saturi a catena corta, come l’acido butirrico, l’acido caprinico e cosí via, mentre ci sono molti acidi grassi insaturi, soprattutto il linoleico (10,6 %).

Il latte di donna permette un maggiore assorbimento di acido palmitico, come mono-gliceride, mentre nel latte di vacca, pur libe-randosi acido palmitico, poiché nel lume inte-stinale viene a combinarsi con il calcio, que-st’ultimo precipita come sapone ed è escreto con le feci.

Inoltre, i fosfolipidi contenuti nel latte di donna sono in quantità circa doppia rispetto a quella del latte di vacca.

La quantità di glucidi è maggiore rispet-to a quella del latte di vacca, come anche il contenuto di ferro, che è meglio assimilabile, di rame e di iodio.

Il contenuto di vitamine idrosolubili co-me tiamina, riboflavina, B 6 e B 12 è minore rispetto al latte di vacca, mentre è maggiore il

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Mondo Vegetariano. Pagina 6. Gennaio 2007. contenuto di niacina e vitamina C.

Una caratteristica che distingue il latte di donna dagli altri latti è quella di permettere lo sviluppo del lactobacillus bifidus, proprio per la presenza del fattore bifido. Tale bacillo è in grado di fermentare il lattosio in acido lattico e acido acetico, determinando nel lattante una diminuzione del «ph» intestinale, che offre una difesa naturale verso germi patogeni, come il tifo.

I L S A L E : I N D I S P E N S A B I L E

N E L L ’ A L I M E N T A Z I O N E ? Herbert Shelton.

Esistono quantità di sali che sono essen-

ziali alla vita degli animali (e delle piante). Si tratta dei varî sali organici sintetizzati dalle piante durante la loro crescita. I sali di ferro, di rame, di calcio, di magnesio e cosí via sono necessarî, ma non è a questi sali che ci si ri-ferisce quando si parla della necessità del sale.

Mangiare il sale è una violazione delle disposizioni della natura in base alle quali le piante devono ricavare nutrimento dal suolo e gli animali possono sopravvivere con i prodotti delle piante. Nel momento in cui mangiamo il sale stiamo scavalcando il regno vegetale e an-dando a cercare il nostro cibo direttamente nel regno minerale. Il sale non è affatto nutriente; anzi non offre al corpo alcun nutrimento. È sia indigesto che inassimilabile. Se il sale fosse veramente indispensabile, ne troveremmo l’u-so universale tra tutti i tipi umani, e quasi in tutti gli animali. Ma non è cosí. Esistono nu-merose popolazioni che non usano il sale, e in realtà la maggior parte della razza umana ha vissuto ed è morta senza conoscere la sua esi-stenza.

Generalmente il sale viene prescritto dai

medici qualificati nei disturbi nei quali l’elimi-nazione è insufficiente; specialmente nelle in-sufficienze renali. I medici adoperano una die-ta con libero uso di sale nell’epilessia, nel morbo di Bright e spesso nella tubercolosi, a causa della sua influenza deteriorante sui ner-vi, sui reni e sui polmoni.

Alcuni individui sembrano essere «aller-gici» al sale, consumato nelle quantità usuali. È talmente forte l’illusione che il sale sia indi-spensabile, che a queste persone viene consi-gliato non già di smettere di usarlo, bensí di u-sarlo in quantità ridotte.

Il sale è un potente irritante. Un pizzico in un occhio o su una ferita rivelerà il suo po-tere irritante. Posto su un taglio o su una piaga provoca un acuto dolore. Immesso nel corpo, ha lo stesso effetto sui tessuti e sui nervi. Il sa-le è dovunque connesso alla resistenza vitale, quando si parla del cosiddetto «effetto stimo-lante». Un cucchiaio di sale, somministrato a un bambino od a una persona che non ne usi, fa aumentare i battiti del cuore di dieci o piú al minuto. Tutti gli «irritanti» agiscono come «stimolanti». L’uso ripetuto di qualsiasi irri-tante sfocia in debilitazione e atonia, che si sviluppano in gradi diversi, commisurati all’ef-fetto irritante della sostanza. Una tale irritazio-ne, o «stimolo», è uno spreco di vitalità e non è mai giustificabile.

Il sale provoca un decadimento del senso del gusto, fino al punto in cui esso non è piú in grado di apprezzare i sapori delicati del cibo e perde il suo potere discriminante. L’uso del sa-le, cosí come quello delle spezie, corrompe il senso del gusto e indebolisce, o addirittura di-strugge, la nostra capacità di distinguere le va-rie sostanze alimentari ingerite. Chi abitual-mente adopera il sale non è capace di assapo-rare il suo cibo se esso ne è privo. Il sale con-traffà il gusto naturale del cibo, impedendo co-sí il preciso adattamento dei succhi gastrici al-la natura del cibo mangiato. Esso non può, in nessun modo, migliorare o aiutare la digestio-ne come viene spesso dichiarato.

Il senso del gusto non è solo un fattore importante e necessario affinché si verifichi l’adattamento dei succhi gastrici al cibo man-giato, ma anche una guida alla quantità del ci-bo da mangiare. Un gusto perfettamente nor-

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Mondo Vegetariano. Pagina 7. Gennaio 2007. male è una guida perfetta e affidabile per sape-re quando smettere di mangiare, sempre che si stia mangiando cibo naturale e non conservato. Si dice che il sale renda i cibi piú appetibili. Si dice che i cibi non salati, o poco salati, siano e-stremamente insipidi. Solo coloro che sono co-stretti a mangiare tali cibi per lungo tempo possono capire quanto l’ordinario sale ha con-dizionato tutti noi. Il sale non è, e non è mai stato, universalmente usato per insaporire i ci-bi. Esso non acuisce il senso del gusto, ma lo ottunde. Non esalta i sapori caratteristici dei varî cibi, bensí li copre. Colui che mangia sale assapora il sale piuttosto che il cibo. Il sale non gratifica il palato di nessuno all’infuori del-l’uomo che ha coltivato la perversione di man-

giarlo. In vista dei fatti ben noti che: tanto l’uomo quanto gli animali possono vivere e mantenere il piú alto grado di salute e sviluppo e raggiungere età avanzate senza sale, che il sale non viene metabolizzato nel corpo ma vie-ne espulso nella stessa forma in cui viene con-sumato, che il sale esercita un’azione inibitoria su alcune funzioni vitali, e che i mangiatori in-veterati di sale possono smettere di usarlo bru-scamente e permanentemente non solo senza danno, ma con reali benefici, come si può an-cora sostenere che questo irritante sia necessa-rio e benefico? Che l’uso del sale non aggiun-ga piacere alla vita e che al contrario glie ne toglie viene confermato da tutti coloro che hanno smesso di usarlo.

A L I M E N T A Z I O N E E S A L U T E .

A L I M E N T A Z I O N E V E G E T A R I A N A

E P R E S T A Z I O N I A T L E T I C H E . Davidi Nieman.

Questo articolo è la risposta, pubblicata

in una rivista alla domanda di un lettore: «So-no vegetariano; dovrei aggiungere carne alla mia dieta, se voglio allenarmi in maniera in-tensiva?».

Ecco la risposta del Professor Nieman. No, non serve la carne nella tua dieta per

sostenere un allenamento intenso. Le convin-zioni sbagliate in merito all’esercizio fisico e alla dieta vegetariana sono molto diffuse, e vorrei chiarire qui come stanno le cose.

Una dieta vegetariana è per definizione una dieta che non comprende carne, pesce e pollame.

Un dieta latto-ovo-vegetariana include latticini e uova, ma non carne.

Le diete vegetariane, quando pianificate in modo adeguato, forniscono tutti i nutrienti necessarî, e aiutano a prevenire e curare alcune malattie.

Le diete vegetariane offrono un gran nu-mero di benefici nutrizionali, compresi bassi livelli di grassi saturi, colesterolo e proteine a-nimali, e alti livelli di carboidrati, fibre, ma-gnesio, potassio, folati e antiossidanti, come le vitamine C ed E.

I vegetariani tendono a essere piú magri dei non vegetariani, hanno livelli di colesterolo nel sangue minori, e la pressione piú bassa, e soffrono meno delle media di malattie cardia-che, diabete di tipo Due e cancro al colon e al-la prostata.

Qual è il cibo migliore per gli entusiati della forma fisica e gli atleti?

Dopo l’allenamento e l’ereditarietà, per le prestazioni atletiche nulla è piú importante della dieta.

E non c'è davvero scarsità di opinioni ri-guardo al tipo di dieta.

Gli atleti e i guerrieri dell’antica Grecia e di Roma enfatizzavano una dieta a base di car-ne per essere piú competitivi.

Milone di Crotone, un leggendario lotta-tore greco, che consumava enormi quantità di carne, non fu mai messo fuori combattimento in cinque olimpiadi (532 - 516 A. C.).

I gladiatori romani credevano che la car-ne li rendesse combattenti migliori, una con-vinzione che persiste anche ai nostri giorni tra molti giocatori di football, pallacanestro, base-ball.

Gli atleti vegetariani hanno contrattacca-to durante la seconda metà dell’Ottocento.

Le associazioni vegetariane formarono dei club di atleti e di ciclisti, i cui membri spesso ottenevano risultati migliori dei loro av-versarî carnivori nelle gare di resistenza come

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Mondo Vegetariano. Pagina 8. Gennaio 2007. la maratona.

Nell’era moderna, varî atleti ad alto li-vello, come il triatleta Dave Scott, il body-builder Bill Pearl, il maratoneta Paavo Numi, le tenniste Martina Navratilova e Billy Jean King, il lottatore olimpico Chris Campbell e la pattinatrice artistica Surya Bonaly, hanno di-mostrato che la dieta vegetariana è compatibile con la prestazione atletica ai piú alti livelli.

Le ricerche condotte lungo l’ultimo mez-zo secolo hanno mostrato che i carboidrati so-no il carburante primario per i muscoli che la-vorano, per tutti i tipi di sport, compresi il sol-levamento pesi, gli sport di squadra e le attivi-tà di resistenza (come la corsa, il nuoto e il ci-clismo).

Dato che la dieta vegetariana è natural-mente ricca di carboidrati, un numero sempre crescente di atleti diventa vegetariano, o alme-no quasi vegetariano.

I vegetariani riescono a ottenere dalla

dieta abbastanza ferro e proteine per la salute e per le prestazioni atletiche? Tutti gli studi piú importanti hanno mostrato che le diete vegeta-riane salutari raggiungono o superano le quan-tità raccomandate di ferro e proteine, senza bi-sogno di integratori.

L’atleta vegetariano può raggiungere l’introito ottimale di proteine privilegiando i vegetali ricchi di proteine, come legumi, noci e semi e cereali integrali. I cereali da colazione fortificati sono una fonte di ferro importante.

David C. Nieman, DrPH, FACSM, è

professore e direttore dello Human Perfor-mance Laboratory alla Appalachian State U-niversity presso Boone, ricercatore, e autore di varî libri di testo sulla salute e il benessere. Fonte: Citizen Times, "Vegetarian diets, when properly planned, provide all the nutrients you need", 19 dicembre 2006.

* * *

P R O B L E M I D E L L ’ I N F A N Z I A .

MAMMA, CHE COS’È UN VEGETARIANO? Lyndall Greenslade.

Spiegare il vegetarianesimo ai bambini

che cominciano a parlare. Nella vita di ogni piccolo bimbo vegeta-

riano viene il momento in cui essi capiscono che un altro bimbo, o la nonna, o anche l’ani-male di casa, sta mangiando qualcosa che a lo-ro non è permesso mangiare. Forse a un anno vostro figlio inconsapevolmente tenta di affer-rare il panino al prosciutto di un amichetto. O a due anni piange forte per protesta quando gli sfili dalle mani la salsiccia che la cara zia Bet-ty gli aveva dato con tanta generosità. Quando compirà tre anni, dovrete cominciare a pensare a una strategia!

La mia bimba di tre anni ha già capito che non le è consentito mangiare carne. Ha a-scoltato abbastanza delle nostre conversazioni per essere consapevole che c’è qualcosa che si chiama «vegetariano». Ora ha cominciato a chiedere perché e, a essere onesti, noi siamo imbarazzati! Naturalmente, sappiamo le nostre ragioni per la scelta vegetariana, ma spiegarle

a qualcuno di tre anni è estremamente compli-cato. Lei non accetta piú certe ragioni davvero semplicistiche (che, a essere onesti, includono anche la risposta disperata di mio marito: «Perché noi non la mangiamo»). No, lei vuole la spiegazione completa. Per un momento, spiegare che non vogliamo far del male agli a-nimali sembrò soddisfarla, ma piú tardi volle sapere come mai mangiare carne aveva a che fare con il fare del male agli animali. Ora pen-serete che dovremmo semplicemente spiegarle l’intero fatto che «la carne viene dagli animali ammazzati», ma se si ha un figlio estremamen-te sensibile come abbiamo noi, ciò condurrà senz’altro a un disastro. Questa bambina pian-ge quando una formica viene schiacciata acci-dentalmente! Cosí, stiamo provando con molta cautela a evitare di presentarle una visione ro-sea del mondo.

Abbiamo cominciato a parlare degli ani-mali che muoiono e ciò ha portato a domande insistenti riguardo a quando morirà il nonno. Le persone lo mangeranno? Cosí abbiamo pro-vato a spiegarle che abbiamo fatto una scelta personale di non essere coinvolti nella soffe-renza degli animali mangiandoli, al che lei ha

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Mondo Vegetariano. Pagina 9. Gennaio 2007. chiesto: «Allora la nonna è cattiva, perché ve-do la carne nel suo frigorifero?» (Va bene, non proprio queste parole, ma questo era il succo). Chiaramente, stavamo brancolando nel buio e avevamo bisogno di ispirazione. Cominciai a cercare un libro per bambini che l’avrebbe aiu-tata a capire. Dopo una vasta ricerca, trovai un solo libro ed era per bambini di età superiore. Sicuramente, noi non eravamo i soli genitori alle prese con il problema ad aver cominciato a pensare a lungo e con difficoltà a come meglio affrontare il soggetto.

Ci sono tre filoni principali con i quali un bambino ha bisogno di familiarizzare a pro-posito di ciò che ha a che fare con la nostra scelta. Ha bisogno di sapere che da un punto di vista ambientale il vegetarianesimo è la scelta migliore. E che, ancora, il vegetarianesimo è vincente dal punto di vista salutistico e dal punto di vista etico. Con questi tre settori in mente, ho cominciato a ritagliare immagini, scegliendo quelle che meglio si adattavano alle tre categorie. Ho ritagliato foreste, laghi e montagne e ho scritto sotto le immagini una semplice storia su questioni ambientali perti-nenti allo stile di vita vegetariano. Il mio «li-bro della salute», che includeva con brevi spie-gazioni immagini di cibi sani e orti di verdure, cosí come paesaggi naturali, animali dei «car-toni animati», animali domestici e altrettante immagini di persone che meditano (noi siamo buddisti), era adatto a una bambina di tre anni per aiutarla a capire la nostra prospettiva etica.

Questa non è stata la spiegazione perfetta, ma le ha dato alcune idee generali e ha generato alcune discussioni interessanti. So che, nel suo mondo immaginario di principesse e fate, una storia di una principessa magica che spiega il vegetarianesimo in un modo divertente e alle-gro sarebbe piú accessibile per lei, ma ciò è il meglio che potevo fare in questa fase.

Vale la pena pensarci con un certo anti-cipo. Quando vostro figlio è ancora un bebè non avrete bisogno di grandi spiegazioni, se non di quelle per i fastidiosi parenti che non la smettono mai con il ferro. Ma verrà il tempo in cui avrete bisogno di dare alcune spiegazioni. E, credetemi, non è facile. Avrei voluto pensa-re a cosa dire in anticipo, perché è certo che i vostri figli chiederanno perché non mangiano carne all’ora di punta o al bagno o al pranzo di Natale della zia Betty. Cosí pensateci per tem-po. Abbiate ben chiare la vostre ragioni, non solo nella vostra testa, ma siate preparati a ren-derle in parole in un modo che il vostro picco-lo vi capisca. E se qualcuno ha un consiglio ri-guardo a cosa fare quanto raggiungono l’ado-lescenza e domandano una bistecca, lo prego di chiamarmi!

Lyndall Greenslade è una mamma au-

straliana buddista, dedita a uno stile di vita vegano e alla coltivazione degli ortaggi. Nel suo tempo libero le piace scrivere articoli, scalare rocce e partecipare a gare di corsa.

* * *

C O S T U M E E S O C I E T À .

UN VEGETARIANO CHE NON ADDITEREMMO COME ESEMPIO.

Ernesto Bianchi. Ci rifacciamo a un articolo comparso il

13 Luglio scorso nella rivista “L’espresso”, firmato da Annalisa Piras, i cui sottotitoli dicevano fra l’altro: «da Londra, il nuovo re della siderurgia».

Un uomo indiscutibilmente ammirevole, di capacità straordinarie; un personaggio eroi-co e benefico.

Diceva un altro sottotitolo: «Vegetaria-no, ascetico, ogni mattina fa yoga nel suo pa-

lazzo principesco di Kensington». E continuia-mo a copiare dalla stessa fonte.

«1950. Lakshmi Miwar Mittal nasce il 15 Giugno in un villaggio povero nel Raja-sthan.

1956. Il padre Mohan crea una piccola fonderia a Calcutta. Lakshmi prima di iniziare la giornata di lavoro frequenta un corso di commercio al liceo gesuita di San Xavier. 1976. Fonda in Indonesia un’impresa siderurgica. Da lí per i successivi venti anni effettua acquisizioni in tutto il mondo.

1994. Il padre, preoccupato dalle speri-colate scorribande, esige la separazione. Alla

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Mondo Vegetariano. Pagina 10. Gennaio 2007. famiglia l’India; a Lakshmi il resto del mondo: Trinidad, Kazakhistan, Germania, Usa, Suda-frica, Ucraina, Bosnia, Irlanda, Messico.

2004. Il colpo che lo catapulta al primo posto mondiale: tramite la “Ispa” («acciaio» in sanscrito) acquista la “LMN Holding”, che raggruppa la siderurgia in Europa dell’Est. E compra la “ISG”, sesto produttore Usa, per quattro miliardi e mezzo di dollari.

2005. Acquista il 36,7 per cento nella ci-nese “Hunan Valin”.

2006. Con la conquista di “Arcelor” si impadronisce del dieci per cento della produ-zione mondiale di acciaio.

«Sono diventato globalizzato prima del-l’India», dice di sè con una punta di orgoglio. La sua partita si gioca sulla logica industriale e sull’ortodossia dello «sharehold value»: quel che conta è che gli azionisti ci guadagnino. Musica per le orecchie dell’«establishment» fi-nanziario di Londra e New York. L’intera Ci-ty, dove risiede almeno un venti per cento de-gli azionisti “Arcelor”, non ha nascosto l’ec-citazione alla vista di una battaglia al rialzo che alla fine ha quasi raddoppiato il valore borsistico. Anche il settimanale “The econom-ist” ha applaudito la vittoria degli azionisti che si sono imposti sui dirigenti, salutando l’emer-gere di uno «stakeholder power» che, premian-do il modello Mittal creatore di plusvalore, in-coraggerà altre società di economie emergenti ad andare all’arrembaggio di rivali europei stracotti. Insomma Londra non ha nascosto il suo tifo per Lakshmi, che porta il nome della dea indú della ricchezza. Anche un po’ per l’inconfessabile piacere di vedere un figlio delCommonwealth sfidare da Oltremanica l’invi-so protezionismo e statalismo francese.»

E se continuassimo a copiare l’articolo per intero renderemmo meglio l’idea.

La costante del suo operato sembra esse-re stata l’avventurarsi nell’acquisizione di or-ganismi malati o moribondi, rinvigorendoli e rendendoli felicemente e floridamente sani. Dunque salvataggi di posti di lavoro in dissol-vimento, produzione di posti di lavoro ag-giuntivi, miglioramenti lavorativi e retributivi, benessere, una benedizione in tutti i sensi.

Però fra lui e i lavoratori che gli dovreb-bero gratitudine incondizionata, e soprattutto

poi il mare delle altre persone piú sfortunate di loro, ci sembra di vedere un abisso invalicabile e per noi inconcepibile: la smodatezza e la sfrenatezza del lusso abbagliante nel quale lui tiene immersa la propria vita.

Un lusso che sicuramente, a quei livelli di sottigliezza mentale, calcolo, padronanza e distacco, deve avere le giustificazioni della lo-gica piú ferrea: il gioco si vince adoperando le regole del gioco: niente vittorie ancora piú grandi senza lusso ancora piú grande.

Ma quale teorema ci può dimostrare che non potesse vincere lo stesso facendone a me-no? D’altra parte forse nel tipo di società piú omologato la sbalorditività del lusso è davvero un’arma in piú.

L’articolo che abbiamo preso a riferi-mento è fatto proprio bene, e riesce a indicare in un colpo solo un aspetto fondamentale del-l’andamento del pianeta, che neanche si sa-prebbe se ritenere nel complesso buono oppure cattivo. Sarebbe meglio leggerselo tutto, e al-lora vediamone almeno un altro pezzetto.

«Non è per caso che l’offensiva piú ardi-ta per il controllo dell’acciaio mondiale l’ha lanciata dal suo ufficio in Berkeley Square: la piazza, tanto per intendersi, dove vissero Winston Churchill e il barone Clive of Plassey, artefice del dominio della “East India Compa-ny” sul Subcontinente. Da lí, ogni sera, pas-sando davanti all’“Annabell’s”, il «nightclub» dell’aristocrazia inglese, e un concessionario di automobili “Bentley”, in dieci minuti il ter-zo uomo piú ricco del mondo arriva a casa. O meglio a palazzo: accanto al Kensington Pa-lace (dove visse Lady Diana) si erge infatti la sua dimora neopalladiana, formata dall’unione di due ambasciate, che Mittal ha consegnato al «guinnes» dei primati comprandola per settan-ta milioni di sterline. La casa piú costosa del mondo vanta dodici camere, bagni turchi, pi-scine con mosaici d’oro, pietre preziose e la-stre di marmo ispirate al Taj Mahal.

Al contrario di tanti colleghi neomiliar-darî, pero, Mittal non compra squadre di cal-cio, né gli si conoscono «yachts» o vizî parti-colari. Ascetico e vegetariano, non rinuncia al-lo yoga quotidiano all’aurora.

In compenso quando sua figlia Vanisha, ventiquattro anni, si è sposata con un «invest-

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Mondo Vegetariano. Pagina 11. Gennaio 2007. ment banker» indiano, le organizzò un matri-monio in puro stile «Bolliwood» che durò una settimana: per la cerimonia Mittal affittò la reggia di Versailles. I millecinquecento invitati furono accolti con un’opulenza degna del Re Sole. E l’intrattenimento, oltre a svariate stelle del cinema indiano, di cui Mittal è un generoso mecenate, includeva anche un concerto di Ky-lie Minogue, per un conto finale da trenta mi-lioni di Sterline (oltre quaranta milioni di Eu-ro). Elefanti e scimmiette ingioiellate figuraro-no nell’altrettanto sobria cerimonia nuziale del delfino Aditya, trent’anni, al Victoria Memor-ial di Calcutta.»

Il sacrificio di cosí tanti soldi risulta of-fensivo nei confronti delle dolorose ristrettezze di altrettanti loro connazionali. E d’altra parte il problema piú grave del mondo è la mancan-za di distribuzione dei soldi. Parliamo facil-mente male della televisione, che difatti non vede mai l’ora di riesibire volgarità meno pre-stigiose di queste, ma invece avremmo anche il dovere di lodarla per le volte nelle quali si ren-de veramente ammiravole.

Una volta la nostra televisione nazionale, in un suo striminzitissimo «giornalino delle scienze» che si intitola “Leonardo” e viene tra-smesso verso le Quattordici E Cinquanta, forse già addirittura due anni fà, fece passare in sor-dina un minuscolo capolavoro. Un «filmato» di forse sette minuti, ma di un potere di sintesi insuperabile, che sarebbe proprio favoloso riu-scire a recuperare. Cominciava dalle camicie di cotone, che cominciavano ad avere prezzi piú buoni, ma forse prospettive non altrettanto buone per la salute di chi le indossasse. Poi l’India, dove tutto sonnolentamente si scontra col cambiamento. Produzioni e quantitativi si organizzano e razionalizzano. I contadini ven-gono messi in condizione di migliorare produt-tività e tenore di vita. Con la modernizzazione non si immagina dove si può arrivare. Insetti-cidi e semi non riproducibili, quantità inimma-ginabili di cotone. Non dimentichiamo il ricor-rere dell’esasperazione industriale del cotone negli sviluppi catastrofici: piú clamoroso fra gli esempî, quando l’ebbrezza della pianifica-zione volle concentrare in un solo territorio il fabbisogno di cotone dell’intera Unione Sovie-tica si arrivò a cancellare dal pianeta addirittu-

ra un mare tutto intero: il Mare Di Aral. Ma di questo quel filmetto di sette minuti non aveva il tempo di parlare.

Anche qui riferire, e poi a distanza di tempo, non rende l’idea: bisognerebbe vedere il piccolo capolavoro che era quel documento filmato. I contadini ottengono credito, ma si cominciano a indebitare. Il prodotto aumenta, ma i semi vanno ricomprati, gli insetticidi chiamano altri insetticidi, magari in misure crescenti, la salute peggiora, la competizione fra contadini non fa aumentare i guadagni, de-biti, apprensione, malattie e poi disperazione aumentano, non si sa piú come finire di pagare gli insetticidi già comprati, e, conclusione di tutta la storiella, i contadini che non ne pos-sono piú si suicidano bevendo proprio quegli stessi insetticidi.

Accenni a questo panorama indiano da un punto di vista diverso sono capitati anche in un numero precedente di questo nostro bollet-tino, quello del Luglio Duemilacinque, dove Susanna Bernoldi, riferendo di sue esperienze nel mondo dei poveri, citava anche il cotone dell’India. (E di passaggio faceva notare come nella loro tradizione di mangiare vegetali si in-sinua ormai una tendenza a conquistarsi pro-prio quella carne che noi aborriamo).

Concludendo, fra India, vegetariani e in-diani, ci piacerebbe, senza neanche pretendere di sbilanciarci in preferenze, mettere semplice-mente uno accanto all’altra quel vegetariano intraprendente e benefico di cui sopra che ha portato progresso, e Madre Teresa di Calcutta che non era vegetariana e non ha portato pro-gresso. (E poi anche lei, chi sa?, forse avrà mangiato piú vegetali che altro).

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I P O T E S I D I I N I Z I A T I V E .

UN PROGETTO VEGETARIANO DI CONTRIBUTO ALLA SOLIDARIETÀ.

Franco Libero Manco. Carissimi, una delle accuse piú frequenti

che ci viene rivolta, sia da parte del mondo cattolico, sia da coloro che non condividono il nostro impegno a favore degli animali, è quella di interessarci di animali mentre dovremmo preoccuparci dei poveri, degli ammalati, dei drogati e cosí via. Naturalmente è solo il prete-sto di chi, miope ed inerte, magari non si inte-ressa né degli uni né degli altri, chi non consi-dera gli animali degni di protezione e rispetto e sente in pericolo la sua bistecca.

Ritengo che debba essere messa in atto un’iniziativa intesa a confutare questa falsa convinzione in modo da essere inattaccabili anche sul piano operativo e dimostrare che noi, a differenza di loro, in virtú dell’etica univer-sale che contraddistingue la nostra filosofia, ci interessiamo anche di animali, oltre che di es-seri umani.

Per rendere giustizia al nostro discono-sciuto impegno sociale e dare al Movimento quelle evidenti credenziali di essere portatori di una morale piú vasta anche sul piano del vo-lontariato a favore degli umani, propongo la messa in atto di un progetto, da parte di ogni associazione vegetariana e animalista, in cui venga destinato, su richiesta del singolo asso-ciato, una parte delle quote associative o dei li-beri contributi versati (per empio il cinque per cento) per uno specifico progetto contro la fame nel mondo o in qualunque altro settore a favore dei piú bisognosi. A mio avviso la quo-

ta dovrebbe aggirarsi tra il cinque e il dieci per cento, ma sarebbe necessario stabilire in modo univoco tale quota in modo che sia risaputo che il Movimento devolve una percentuale ben precisa a favore del mondo degli sventurati.

Ogni associazione si incarichi di indicare ogni anno il progetto che voglia sostenere in quell’anno, assicurandosi che i fondi arrivino a destinazione senza intermediarî, dando a ogni fine anno conto del risultato ottenuto. A tal fi-ne si potrebbe istituire un registro ufficiale del-le associazioni aderenti, dando la massima ri-sonanza mediatica. Abbiamo già amici che o-perano in India e in Africa, impegnati a diffon-dere l’utilità e il vantaggio dell’alimentazione vegetariana quale rimedio per combattere la povertà e la fame in quei Paesi, che potrebbero indicarci specifiche necessità.

Questa iniziativa potrebbe invogliare co-loro che ora ci criticano, anche del settore reli-gioso, a fare delle donazioni a favore delle as-sociazioni impegnate in questi progetti, ma so-prattutto darebbe a noi, vegetariani e animali-sti, la forza della coerenza assoluta, la possibi-lità di essere inattaccabili sul piano dell’etica e di rispondere a pieno titolo alla visione univer-salista che ci contraddistingue e che ci spinge a interessarci dei bisogni di ogni essere vivente.

Sottrarre anche poche risorse alle nostre già magre casse può essere doloroso, ma i be-nefici che ne verrebbero sarebbero sicuramen-te maggiori.

Invito ufficialmente ogni associazione in indirizzo e ogni singolo destinatario a espri-mersi in merito.

* * *

P O V E R I A N I M A L I .

FOCHE: UNA STRAGE ANNUNCIATA. Dal «sito Internet» www.focus.it.

Centocinquemila foche uccise in Canadà

dall’inizio dell’anno. Ecco i perché di una cac-cia che suscita perplessità e sgomento.

Ogni anno la strage si ripete. Il conto ag-giornato delle foche uccise in Canadà, solo nel Duemilacinque, è di oltre centocinquemila. Il bilancio finale per il Duemilaquattro ammon-

tava a trecentocinquantatremila individui. E per fermare questa strage l’“IFAW” (Interna-tional Fund for Animal Welfare) sta conducen-do una pressante campagna di informazione. Ecco alcuni dati per farsi un’idea di quanto sta succedendo.

Il governo canadese (Department of Fi-sheries and Ocean) ha autorizzato l'abbatti-mento di novecentosettantacinquemila foche di Groenlandia (Phoca groenlandica) nel triennio

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Mondo Vegetariano. Pagina 13. Gennaio 2007. Duemilatrè Duemilacinque: il piú grande mas-sacro di questi pinnipedi. E cosí il pack, l'im-mensa distesa ghiacciata che fino agli inizî di marzo era punteggiata di batuffoli bianchi, le foche appena nate, è oggi costellata da scie di sangue e carcasse abbandonate. La quota di uccisioni stabilita per il Duemilacinque è fissa-ta a trecentodiciannovemilacinquecento esem-plari.

Perché questo massacro? Secondo il governo canadese le foche, in soprannumero, danneggiano la pesca, «rubando» troppi mer-luzzi; in piú, la caccia costituisce un’importan-te fonte di sostentamento per le popolazioni lo-cali.

Numerose ricerche smentiscono entram-be le affermazioni. I merluzzi costituiscono il tre per cento della dieta delle foche, che per al-tro si nutrono anche di pesci predatori di mer-luzzi; il sovrasfruttamento della pesca è, inve-ce, un fatto ormai ben noto. Si stima che i cac-ciatori impiegati in questa attività nell'isola di Terranova, dove si svolge il novantatrè per cento della caccia, siano meno di quattromila su cinquecentomila abitanti, e che i proventi di questa attività costituiscano meno dell’uno per mille del prodotto interno lordo dell’isola.

Soldi sulla pelle degli altri. Cospicui profitti sono invece assicurati alle aziende che trasformano le pelli. Un’alternativa piú redditi-zia potrebbe essere lo sviluppo di un turismo in cui le foche siano una risorsa da ammirare, il «seal watching». È la stessa via che si sta cercando di percorrere in Islanda con le bale-ne: sostituire la caccia con il «whale watch-ing», secondo alcuni studî economici piú red-ditizio.

Le denunce degli osservatori riguardano anche la violenza e la crudeltà dei metodi di uccisione: un arpione «tradizionale», lo «haka-pik», è percosso sulla testa della foca; rara-mente sono usate armi da fuoco. Nonostante le norme vigenti impongano di accertarsi della morte dell'individuo prima di passare a quello successivo, o, peggio, prima di scuoiarlo, spes-so ciò non avviene: i cacciatori, se vogliono guadagnare, devono essere molto veloci.

Caccia crudele. Sebbene la stagione ri-manga aperta dal Quindici Novembre al Quin-dici Maggio, è soprattutto da Marzo che la

caccia è particolarmente intensa: in questo pe-riodo si trovano i cuccioli e le condizioni cli-matiche sono piú favorevoli. Testimoni oculari raccontano di foche lasciate agonizzare sul ghiaccio, e ricerche veterinarie hanno trovato che il quarantadue per cento dei corpi esami-nati presentavano fratture piccole o nessuna frattura: molto probabilmente quelle foche e-rano coscienti mentre venivano scuoiate.

I cuccioli sono i piú ricercati: il loro pelo è piú morbido e sono piú facili da catturare. Alla nascita hanno il mantello bianco candido e si nutrono del latte ricco di grassi della ma-dre. A dodici giorni di vita, quando il pelo ini-zia a cambiare e ad assumere toni grigio ar-gentati, sono abbandonati dalla mamma, che va in cerca di un compagno per accoppiarsi. I piccoli non sono ancora capaci di nuotare né di alimentarsi, ma il grasso accumulato con l’al-lattamento consente loro di crescere. A questa età possono essere cacciati: per il governo ca-nadese sono ormai adulti. Piú del novantacin-que per cento delle foche uccise sono cuccioli di età compresa tra i dodici giorni e i tre mesi. Le parti utilizzate sono il grasso e la pelle; la carne non è buona e non ha valore, perciò i corpi vengono abbandonati sul pack.

Rischio di estinzione? L'allarme lancia-to dalle associazioni riguarda anche i pericoli derivanti da una riduzione cosí drastica della popolazione, e la possibilità di portarla al ri-schio di estinzione. Occorrerebbero ricerche per disporre un corretto piano di abbattimento e studî scientifici sull’impatto ecologico di un tale intervento.

L’Italia è tra i maggiori trasformatori al mondo di prodotti di foca (pellicce, articoli di pelletteria, abbigliamento); in Europa siamo secondi solo ai danesi. Negli ultimi tre anni la nostra importazione di prodotti di foca è stata di otto milioni e quattrocentomila Euro, con una esportazione di circa sedici milioni e duecentomila Euro. La “LAV” (Lega Antivivi-sezione) sta raccogliendo firme, al momento duecentocinquantamila, per chiedere al gover-no italiano di vietare l’importazione, la trasfor-mazione e la vendita di prodotti di foca nel no-stro paese. Come già è avvenuto negli Stati U-niti, dove il divieto è in vigore dal Millenove-centosettantadue col Marine Mammal Act, un

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Mondo Vegetariano. Pagina 14. Gennaio 2007. decreto per la tutela di tutti i mammiferi ma-rini. Attualmente Messico, Olanda e Belgio si

stanno muovendo nella stessa direzione. * * *

H A N N O D E T T O .

«CAPRIOLO ZOPPO», UN «SELVAGGIO»

FRATELLO DEGLI ANIMALI. Lettera del Capo Seattle al

Presidente degli Stati Uniti. Nel 1854 il Capo Seattle (Capriolo Zop-

po), della tribú dei Duwamish, inviò al presi-dente degli Stati Uniti d’America il seguente messaggio, qui sfrondato di alcune parti ba-dando però a lasciarne inalterato il profondo significato.

«Il grande Capo che sta a Washington ci

manda a dire che vuole comprare la nostra ter-ra. E noi consideriamo questa offerta, perché sappiamo che se non venderemo l’uomo bian-co potrebbe venire con i fucili a prendere la nostra terra. Quello che dice il capo Seattle il grande capo di Washington può considerarlo sicuro, come i nostri fratelli bianchi possono considerare sicuro il ritorno delle stagioni. Le mie parole sono come le stelle e non tramonta-no. Ma come potete comprare o vendere il cie-lo, il calore della terra? Questa idea è strana per noi. Noi non siamo proprietarî della fre-schezza dell’aria o dello scintillio dell’acqua: come potete comprarli da noi?

Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nella esperienza del mio po-polo. Noi siamo parte della terra ed essa è par-te di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l’aquila sono nostri fratel-li. Le creste rocciose, le essenze dei prati, il ca-lore dei corpi dei cavalli e l’uomo, tutti appar-tengono alla stessa famiglia. Perciò, quando il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra, ci chiede molto. Egli ci manda a dire che ci ri-serverà un posto dove potremo vivere comoda-mente per conto nostro. Egli sarà nostro padre e noi saremo i suoi figli. Quindi noi considere-remo la vostra offerta di acquisto. Ma non sarà

facile, perché questa terra per noi è sacra. L’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è soltanto acqua, ma è il sangue dei nostri antenati, e ogni tremolante riflesso nell’acqua limpida del lago parla di eventi e di ricordi nella vita del mio popolo. Il mormorio dell’acqua è la voce del padre di mio padre. I fiumi sono i nostri fratelli ed essi saziano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono nostri fratelli e anche vostri e dovete perciò usare con i fiumi la gentilezza che usereste con un fratello.

Noi sappiamo che l’uomo bianco non ca-pisce i nostri pensieri. Egli tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute, come fossero pecore o perline colorate. Il suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro solo un deserto.

I nostri pensieri sono differenti dai vostri pensieri. La vista delle vostre città ferisce gli occhî dell’uomo rosso. Ma forse ciò avviene perché l’uomo rosso è un selvaggio e non capi-sce.

Non c’è alcun posto quieto nella città dell’uomo bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire di foglie in primavera o il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Il rumore della città ci sembra solo che ferisca le orecchie. E che cosa è mai la vita se un uomo non può ascoltare il grido solitario del succiacapre o i discorsi delle rane intorno a uno stagno di notte? Ma io sono un uomo rosso e non capisco. L’indiano preferi-sce il dolce rumore del vento che soffia sulla superficie del lago o l’odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o profumato dagli aghi di pino.

L’aria è preziosa per l’uomo rosso per-ché tutte le cose partecipano dello stesso respi-ro.

L’uomo bianco sembra non accorgersi dell’aria che respira e come un uomo da molti

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Mondo Vegetariano. Pagina 15. Gennaio 2007. giorni in agonia egli è insensibile al cattivo o-dore.

Ma se noi vi vendiamo la nostra terra voi dovete ricordare che l’aria è preziosa per noi tutti e che l’aria ha lo stesso spirito della vita che essa sostiene.

Noi considereremo l’offerta di comprare la nostra terra, ma se decideremo di accettarla io porrò una condizione. L’uomo bianco deve trattare gli animali di questa terra come fratelli. Io sono un selvaggio e non capisco altri pen-sieri. Ho visto migliaia di bisonti che marciva-no nella prateria, lasciati lí dall’uomo bianco che aveva sparato loro dal treno che passava. Io sono un selvaggio e non posso capire come un cavallo di ferro sbuffante possa essere piú importante del bisonte, che noi uccidiamo solo per sopravvivere.

Che cosa è l’uomo senza gli animali? Se non ce ne fossero piú gli indiani morirebbero di solitudine. Perché qualunque cosa capita a-gli animali, presto capita all’uomo. Tutte le co-se sono collegate.

Voi dovete insegnare ai vostri figli che il terreno sotto i loro piedi è la cenere dei nostri antenati. Affinché rispettino la terra, dite ai vo-stri figli che la terra è ricca delle vite del no-stro popolo. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri: che la terra è nostra madre. Qualunque cosa capiti alla terra, capita anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su sé stessi.

Questo noi sappiamo: la terra non appar-tiene all’uomo; è l’uomo che appartiene alla terra. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita: egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, la fa a sé stesso.

I nostri figli hanno visto i loro padri umi-liati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno

provato la vergogna. E dopo la sconfitta essi passano i giorni nell’ozio e contaminano i loro corpi con cibi, dolci e bevande forti. Poco im-porta dove noi passeremo il resto dei nostri giorni: essi non saranno molti. Ancora poche ore, ancora pochi inverni, e nessuno dei figli delle grandi tribú, che una volta vivevano sulla terra e percorrevano in piccole bande i boschi, rimarrà per piangere le tombe di un popolo, u-na volta potente e pieno di speranze come il vostro. Ma perché dovrei piangere la scompar-sa del mio popolo? Le tribú sono fatte di uomi-ni, niente di piú. Gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico ad amico, non può sfuggire al destino comune.

Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo.

Noi sappiamo una cosa che l’uomo bian-co forse un giorno scoprirà: il nostro Dio è lo stesso vostro Dio. Può darsi che voi ora pen-siate di possederlo, come desiderate possedere la nostra terra. Ma voi non potete possederlo. Egli è il Dio dell’uomo e la sua compassione è uguale per l’uomo rosso come per l’uomo bianco. Questa terra è preziosa anche per lui. E far male alla terra è disprezzare il suo creatore. Anche gli uomini bianchi passeranno, forse prima di altre tribú. Continuate a contaminare il vostro letto e una notte soffocherete nei vo-stri rifiuti.»

Cosí parlò piú di centicinquant’anni fà

«Capriolo Zoppo» al rappresentante di quella civiltà bianca insensibile, al pari degli uomini in agonia, al fetore circostante e che, secondo le previsioni di un «selvaggio», sta oggi soffo-cando nei proprî rifiuti. Parole alle quali ogni commento risulta superfluo.

L ’ A N G O L O D E L L A P O E S I A .

RIFLESSI NELLO

SPECCHIO DELL’ANIMA. Franco Libero Manco.

Che vuoi, specchio dai riflessi beffardi,

parlarmi dell’acqua chiara baciata un tempo nei ruscelli

o della melma nerastra delle petroliere

vomitata sul volto di mari profanati?

Vuoi forse parlarmi del limpido volo dei gabbiani

o del sangue versato a cataratte

dal petto inerme di giovani vitelli?

Ho cercato nell’uomo l’ombra degli dei, ma l’uomo dorme

nel suo sonno mortale. Ho parlato, lo sai?

delle albe splendenti

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Mondo Vegetariano. Pagina 16. Gennaio 2007.

e dei cieli sublimi aperti al migratore. Ho percorso sentieri impervî e sconosciuti

e ho visto cose che l’uomo crede di vedere.

È vero, mi sono illuso e desolato ho pianto

nella notte che ci separa dall’uomo.

Ma ho respirato, sai? visioni apologetiche

dove il gelo dell’anima si stempera

come effluvî d’incenso sull’altare.

Che vuoi ancora da me, vecchio impostore,

blandire forse una mestizia antica?

Che giova ormai parlare dell’amore;

lasciami andare che è tempo di disgusto!

«Fermati, guardami,

mi riconosci? Io sono gioia al di là del tempo

e sono pianto per chi non ha

il cielo negli occhî. Io cerco colui

che sfida le tempeste e non ha catene vincolanti

alle caviglie. Prosegui dunque da solo

il tuo cammino e cerca altrove

la grandezza umana. Ma non cercarla

tra i ranghi dei salotti blasonati,

né tra la ridda dei mercati o delle fiere;

cercala se vuoi sui patiboli e tra i roghi

eretti dalle ombre per nascondere la luce.»

I N D I R I Z Z I D I N O S T R I A M I C I .

(In ordine di «codice postale»). Jaya Sai Ma. Cucina vegetariana e musica etnica. Via Angelo Bargoni 10, 00153 (Viale Trastevere, Via Ippolito Nievo). 06 5 812 840. Bibliothé. Cucina ayurvedica vegetaria-na. Via Celsa 5, 00186 (Piazza Venezia, Largo Argentina). 06 6 781 427.

Amí. Prodotti alimentari incruenti per cani e gatti. Corso Milano 5, 35139 Padova.

049 7 801 712. Le scarpe di Linus. Calzature ed acces-sorî alternativi alla pelle. Via Teatro Filarmo-nico 3, 37121 Verona. 045 8 010 922.

* * * Tutti i numeri precedenti di questo bollet-tino sono leggibili e scaricabili nel nostro «sito Internet» www.vegetariani-roma.it. A richiesta possiamo fornirne copie su carta, per consegna a mano da concordare pre-ventivamente, in uno qualsiasi dei nostri incon-tri, al prezzo simbolico di due Euro ciascuna.

Q U E L L I C H E S I T R O V A N O P I Ú A V A N T I V E R S O L E S O L U -Z I O N I D I T U T T I I P R O B L E M I S O N O I V E G E T A R I A N I .