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Modelli per la mente 2011; IV (1): 13-30 13 MONOGRAFIA IL COGNITIVISMO INTERPERSONALE Il cognitivismo interpersonale (Cantelmi, 2009; Cantelmi, Toro, Lambiase, 2009; Cantelmi, Lambiase, 2010; Cantelmi, Toro, Lambiase, 2010;) affonda le sue radici nel post-ra- zionalismo sviluppato da Vittorio Guidano (1987, 1991, 2007, 2008, 2010) sebbene non si identifichi esattamen- te con esso, non solo per l’integrazione, che consideria- mo fondamentale, con il modello interpersonale di Lorna Benjamin (1996, 2003), ma anche per il costante confronto con le nuove acquisizioni scientifiche in diversi ambiti del sapere. Inoltre, rispetto al modello di Guidano, viene de- dicata maggiore attenzione agli stili interpersonali del pa- ziente e, in particolare, alle modalità ripetitive di relazio- narsi con se stessi e con gli altri. In questo nostro contributo specificheremo in che modo, a livello pratico, integriamo la tecnica della moviola descritta da Guidano con l’Analisi Strutturale del Comportamento Interpersonale (ASCI, in inglese SASB, Structural Analysis of Social Behavior) concettualizzata da Benjamin, dando vita ad una tecnica che abbiamo definito Auto Osserva- zione Strategica. Presupposti teorici ed epistemologici del cognitivismo- interpersonale Agli inizi del Novecento la fisica fu la prima scienza che, con l’avvento della teoria della relatività e della meccani- ca quantistica, modificò radicalmente la propria episte- mologia cambiando la nozione di osservatore-osservato, determinando che non è possibile conoscere in modo og- gettivo la realtà fuori di noi e che la realtà che percepia- mo è co-estensiva con la nostra esperienza ed inseparabile da essa. In base a questo cambiamento epistemologico, afferma Guidano (2007), le informazioni che provengono dal mondo sono, per la mente, solamente perturbazioni da interpretare e alle quali attribuire significato. Una per- La tecnica dellAuto-Osservazione Strategica secondo il modello Cognitivo-Interpersonale Emiliano Lambiase 1 , Maria Beatrice Toro 2 , Michela Pensavalli 3 ,Tonino Cantelmi 4 1 Psicologo, Psicoterapeuta, Coordinatore ITCI 2 Psicologa, Psicoterapeuta, Direttore Didattico SCINT, Coordinatore ITCI 3 Psicologa, Psicoterapeuta, Coordinatore didattico SCINT, Coordinatore ITCI 4 Psichiatra, Psicoterapeuta, Direttore Scientifico SCINT, Presidente ITCI Riassunto In questo articolo descriviamo una tecnica, chiamata Auto Os- servazione Strategicam il cui scopo è di aumentare la con- sapevolezza. La centralità della dimensione interpersonale e del ruolo che essa ricopre nella formazione della personali- tà conduce il nostro approccio ad andare al di là di una va- lutazione centrata esclusivamente sulla coerenza all’interno della mente, arrivando a concentrarci specificatamente sulal relazione tra sé e gli altri, tra il paziente e il terapeuta. Questa tecnica è stata conepita in accordo con l’integrazio- ne concepita all’interno del modello Cognitivo-Interpersona- le, il cui nucleo teorico è composto dal post-razionalismo di V. Guidano e dall’Analisi Strutturale del Comportamento In- terpersonale di L.S. Benjamin. Nel modello Cognitivo-Interpersonale l’Auto Osservazione Stra- tegica si basa sulla tecnica della “moviola”, elaborata da V. Gui- dano, alla quale vengono aggiunti dei riferimenti specifici ai pattern interpersonali del paziente, grazie all’utilizzo del mo- dello ASCI. Parole chiave: autoconsapevolezza, cicli interpersonali, cognitivo interpersonale, relazione, moviola. Summary In this work we describe a technique to increase awareness that we called Stategic Auto Observation. The centrality of interpersonal dimension and the role which interpersonal di- mension covers for the formation of personality brings our approach to get beyond an evaluation only related to the co- herence inside the mind, in order to specifically concentrate on the relationship between the self and the other, between patient and therapist. This thecnicque has been conceived according the integra- tion of Cognitive and Interpersonal psychotherapy. His the- oretical roots move from V. Guidano post-rationalism and L.S. Benjamin Structural Analysis of Social Behavior. In the Cognitive-Interpersonal model the Strategic Self-Ob- servation is based on the “slow motion” technique, devel- oped by V. Guidano, to which we are adding special notes about underlying interpersonal patterns (usind SASB mod- el). Key words: self-consciousness, interpersonal cycles, co- gnitive-interpersonal, relationship, slow motion

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EIl cognitivismo interpersonale (Cantelmi, 2009; Cantelmi,Toro, Lambiase, 2009; Cantelmi, Lambiase, 2010; Cantelmi,Toro, Lambiase, 2010;) affonda le sue radici nel post-ra-zionalismo sviluppato da Vittorio Guidano (1987, 1991,2007, 2008, 2010) sebbene non si identifichi esattamen-te con esso, non solo per l’integrazione, che consideria-mo fondamentale, con il modello interpersonale di LornaBenjamin (1996, 2003), ma anche per il costante confrontocon le nuove acquisizioni scientifiche in diversi ambiti delsapere. Inoltre, rispetto al modello di Guidano, viene de-dicata maggiore attenzione agli stili interpersonali del pa-ziente e, in particolare, alle modalità ripetitive di relazio-narsi con se stessi e con gli altri.In questo nostro contributo specificheremo in che modo,a livello pratico, integriamo la tecnica della moviola descrittada Guidano con l’Analisi Strutturale del ComportamentoInterpersonale (ASCI, in inglese SASB, Structural Analysisof Social Behavior) concettualizzata da Benjamin, dando

vita ad una tecnica che abbiamo definito Auto Osserva-zione Strategica.

Presupposti teorici ed epistemologici del cognitivismo-interpersonale

Agli inizi del Novecento la fisica fu la prima scienza che,con l’avvento della teoria della relatività e della meccani-ca quantistica, modificò radicalmente la propria episte-mologia cambiando la nozione di osservatore-osservato,determinando che non è possibile conoscere in modo og-gettivo la realtà fuori di noi e che la realtà che percepia-mo è co-estensiva con la nostra esperienza ed inseparabileda essa. In base a questo cambiamento epistemologico,afferma Guidano (2007), le informazioni che provengonodal mondo sono, per la mente, solamente perturbazionida interpretare e alle quali attribuire significato. Una per-

La tecnica dell�Auto-OsservazioneStrategica secondo il modelloCognitivo-InterpersonaleEmiliano Lambiase1, Maria Beatrice Toro2, Michela Pensavalli3, Tonino Cantelmi4

1 Psicologo, Psicoterapeuta, Coordinatore ITCI2 Psicologa, Psicoterapeuta, Direttore Didattico SCINT, Coordinatore ITCI3 Psicologa, Psicoterapeuta, Coordinatore didattico SCINT, Coordinatore ITCI4 Psichiatra, Psicoterapeuta, Direttore Scientifico SCINT, Presidente ITCI

RiassuntoIn questo articolo descriviamo una tecnica, chiamata Auto Os-servazione Strategicam il cui scopo è di aumentare la con-sapevolezza. La centralità della dimensione interpersonale edel ruolo che essa ricopre nella formazione della personali-tà conduce il nostro approccio ad andare al di là di una va-lutazione centrata esclusivamente sulla coerenza all’internodella mente, arrivando a concentrarci specificatamente sulalrelazione tra sé e gli altri, tra il paziente e il terapeuta.Questa tecnica è stata conepita in accordo con l’integrazio-ne concepita all’interno del modello Cognitivo-Interpersona-le, il cui nucleo teorico è composto dal post-razionalismo diV. Guidano e dall’Analisi Strutturale del Comportamento In-terpersonale di L.S. Benjamin.Nel modello Cognitivo-Interpersonale l’Auto Osservazione Stra-tegica si basa sulla tecnica della “moviola”, elaborata da V. Gui-dano, alla quale vengono aggiunti dei riferimenti specifici aipattern interpersonali del paziente, grazie all’utilizzo del mo-dello ASCI.

Parole chiave: autoconsapevolezza, cicli interpersonali,cognitivo interpersonale, relazione, moviola.

SummaryIn this work we describe a technique to increase awarenessthat we called Stategic Auto Observation. The centrality ofinterpersonal dimension and the role which interpersonal di-mension covers for the formation of personality brings ourapproach to get beyond an evaluation only related to the co-herence inside the mind, in order to specifically concentrateon the relationship between the self and the other, betweenpatient and therapist. This thecnicque has been conceived according the integra-tion of Cognitive and Interpersonal psychotherapy. His the-oretical roots move from V. Guidano post-rationalism andL.S. Benjamin Structural Analysis of Social Behavior.In the Cognitive-Interpersonal model the Strategic Self-Ob-servation is based on the “slow motion” technique, devel-oped by V. Guidano, to which we are adding special notesabout underlying interpersonal patterns (usind SASB mod-el).

Key words: self-consciousness, interpersonal cycles, co-gnitive-interpersonal, relationship, slow motion

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turbazione può divenire informazione solo una volta ela-borata dalla mente.Non soltanto non esiste nessuna possibilità che un os-servatore stia in una posizione privilegiata e possa pre-scindere dal suo ruolo di osservatore, ma ogni osserva-zione determina l’osservato e ci fornisce più informazio-ni sull’apparato percettivo dell’osservatore che non sullarealtà oggettiva esterna. L’osservatore altera ciò che vie-ne osservato per il semplice fatto della sua osservazionee, tutto questo, confuta i principi classici dell’obiettività, del-la verità e della realtà (Guidano, 2007). Ogni osservato-re, infatti, è parte integrante del sistema e della sua or-ganizzazione che cerca allo stesso tempo di descrivere.Questo, nel cognitivismo interpersonale, non vuol dire ne-gare l’esistenza di una realtà esterna e che tutta la co-noscenza è esclusivamente soggettiva, ma che la realtàesterna influisce sulla mente attraverso il filtraggio degliorgani di senso e dei significati che la mente stessa at-tribuisce alle informazioni che questi organi gli inviano.Partendo da questi presupposti risulta chiaro che non pos-siamo prendere ciò che percepiamo come qualcosa di og-gettivo, come se fosse qualcosa che si riferisce unicamentead una realtà precostituita. Il problema, quindi, è capire per-ché vediamo le cose in un determinato modo e come co-struiamo un senso di noi che, per necessità di coerenza,tendiamo a mantenere nel tempo.Partendo da questi presupposti, nella concezione con-gnitivo-interpersonale, così come nel post-razionalismo diGuidano (2007), la mente viene intesa come costruttricedi significati e sono questi a dare un senso di continuitàalla nostra vita e a permetterci di sentirci sempre noi stes-si in tutta la nostra esistenza. Conoscere come si svilup-pa il senso di continuità e di coerenza, capire se qualco-sa ci viene dal di fuori o è costruito dalla mente, è l’aspet-to essenziale del postrazionalismo (Guidano, 2007).Nel modello post-razionalista originario (Guidano, 1987,1991) ogni mente viene considerata come un sistema au-topoietico che costruisce il suo senso di appartenenza edi continuità e, questo, è qualcosa che accade sempre nelvivere, senza bisogno di riflettere. I sistemi autopoietici man-tengono la propria organizzazione costante e definisco-no i loro confini attraverso la produzione continua dei lorocomponenti. Si tratta di sistemi dinamici e chiusi all’infor-mazione e ciò comporta che i fenomeni sono subordina-ti all’autopoiesi del sistema e tutte le sue condizioni sono,pertanto, autopoietiche.Si deve tener presente che tale modello è circolare, percui non ha senso parlare di cause o effetti. Di conseguenza,tutto ciò che capita ad un sistema è determinato nella suastruttura e non direttamente dalle alterazioni provenientidal suo ambiente. Una conseguenza del fatto che tali si-stemi sono chiusi rispetto all’informazione è l’impossibi-lità di concepirla come qualcosa che viene direttamenteo esclusivamente dall’esterno (Guidano, 2007).Dal punto di vista dei sistemi autopoietici, pertanto, gli es-seri umani tenderebbero a cercare di conservare la pro-pria visione di sé, la propria identità.

In una seconda fase del suo pensiero Guidano (2007) ag-giunse a questa dinamica la tendenza della mente ad ave-re o mantenere una buona autostima, o quanto meno ac-cettabile, almeno ai propri occhi.Sarebbero quindi presenti due spinte di fondo che, in al-cuni casi, possono anche essere contrastanti: da un latola mente tenta di mantenere la sua coerenza e dall’altropotrebbe aver bisogno di modificare la coerenza in favo-re di un maggior livello di benessere.Inoltre, secondo Guidano (2007), è nella relazione inter-soggettiva con gli altri che arriviamo a definire la nostraautostima e, in ultima analisi, quando questo non è pos-sibile, cerchiamo di mantenerla almeno dal nostro puntodi vista. Questa riflessione introduce, quindi, un ulteriorelivello di analisi della mente: quello intersoggettivo.Secondo il modello cognitivo-interpersonale, infatti, ognipersona è sempre in costante relazione con gli altri, for-mando così un sistema più grande di tipo intersoggettivo.In particolare, parlando di esseri umani che vivono in unmondo intersoggettivo, è importante considerare il modoin cui i sistemi (sia individuale che intersoggettivo) co-municano e si creano attraverso le interazioni intrapersonalied interpersonali, e attraverso le spinte al mantenimentodella costanza, della coesione e dell’identità e di quelle chemotivano al cambiamento al fine di raggiungere un livel-lo soddisfacente di autostima.Non riuscire a dare un significato coerente con la rap-presentazione abituale di sé può costituire un problema.Può, però, costituire un problema anche dare un signifi-cato coerente con la rappresentazione di sé, ma in con-trasto rispetto all’immagine di sé, o all’immagine di sé chesi vorrebbe avere, in relazione con gli altri. Pertanto il ten-tativo di mantenere costante, coerente ed unitaria la pro-pria identità personale, può essere in contrasto con il ten-tativo di mantenere costante, coerente ed unitaria l’orga-nizzazione del sistema del quale si fa parte e la propriaposizione al suo interno. Queste dinamiche sono anchein relazione, come abbiamo detto precedentemente, conil tentativo del soggetto di mantenere o raggiungereun’autostima accettabile.La nostra mente è costantemente impegnata nel trovareuna sintesi ottimale, o quantomeno accettabile, alla ten-sione dialettica tra queste variabili.

Le dimensioni di coerenza del Sé

Il Self, inteso come processo, deve necessariamente pos-sedere una sua coerenza interna senza la quale perde-rebbe la sua capacità di generare il senso di unicità, uni-tarietà e continuità dell’identità.L‘ipotesi di Guidano (2010) è che i diversi soggetti possanodifferenziarsi tra loro relativamente a due diverse dimen-sioni psicologiche: la inwardness/outwardness (fino ad al-lora non presente in letteratura) e la dipendenza/indi-pendenza dal campo (Witkin, 1948; Witkin, Goodenough,1977)5.

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5 In realtà Guidano (2010) cita anche una terza dimensione, l’integrazione, in base alla quale è possibile distinguere la nevrosi dallapsicosi. Modalità di scompenso psicotico. Egli afferma che l’elaborazione nevrotica può essere localizzata nei campi estremi dei dueassi di sviluppo del Sé per quello che riguarda la rigidità di sequenzializzazione e la trama narrativa poco articolata. Gli psicotici, in-vece, possono avere una trama narrativa anche ben articolata e astratta ma hanno il problema della continuità della coscienza: valea dire che hanno una coscienza che li porta ad essere più frammentati.

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Dall’incrocio delle due dimensioni, posizionate in modo or-togonale, è possibile ricavare le quattro OSP, una per ogniquadrante, così come dalla Figura 1.Per quanto riguarda la dimensione outward-inward, rife-rendosi al Sé inteso come processo, Guidano (2010) af-ferma che ha dei confini interni ed esterni. Il confine ester-no riguarda la dialettica tra l’appartenenza ad un conte-sto e la contemporanea individuazione come soggetto asé stante. Il livello del contesto esterno rispetto al qualeil soggetto si sintonizza può variare e, di conseguenza,sono ammessi differenti livelli di articolazione di questarelazione. All’interno, invece, il confine è tra medesimezza(sameness) e ipseità (selfhood), due concetti mutuati daRicoeur (1990) secondo il quale il cuore dell’identità nar-rativa si mostra nella dialettica dell’ipseità e della mede-simezza. La medesimezza corrisponde a quelli che la psi-cologia descrive come i “tratti emotivi”, vale a dire le ca-ratteristiche stabili e ricorrenti della personalità; mentrel’ipseità corrisponde agli episodi emotivi, e a volte di-scordanti dal fluire dell’esperienza, che a loro volta di-pendono anche dai tratti emotivi stessi. Man mano chevengono assimilati, questi episodi vanno ad articolare ul-teriormente i tratti emotivi. In una prima dimensione, quindi, possiamo avere, a unestremo, un riconoscimento di Sé dall’esterno (outward),che vuol dire che la costanza del Sé viene riconosciuta al-l’interno a partire dalla variabilità dell’esterno: all’internodi varie situazioni mutevoli la persona sperimenta, co-munque, la presenza di alcune caratteristiche personali co-stanti. Diversamente, all’altro estremo, troviamo un rico-noscimento di Sé dall’interno, e cioè la variabilità esternaviene sperimentata a partire dalla percezione di costan-za interna (inward): dalla percezione della costanza dei pro-pri pattern interni è possibile sperimentare come questi sirealizzano in modo variabile all’esterno.In conseguenza di questa dinamica, per quanto riguardail rapporto con se stessi i soggetti outward tendono a de-finire “l’interno” a partire “dall’esterno”: di conseguenza, peravere un interno stabile e accettabile cercano di corri-spondere a standard esterni. Sono soggetti che hanno sem-pre dubbi su quello che provano mentre, gli inward, nonhanno mai dubbi di questo tipo.Altra caratteristica tipica degli outward è il repentino cam-biamento del “senso di sé” dato che l’interno è molto piùmalleabile. Gli inward, invece, sono più stabili internamente

e non hanno mai dubbi in proposito. Per loro il sentire è,in qualche modo, primario. Gli outward, inoltre, a volte non si sentono agenti di in-gredienti esperienziali che sono – di fatto – già oggetto diconoscenza.Gli individui inward hanno avuto delle situazioni, dal pun-to di vista dell’attaccamento, abbastanza chiare e, in que-sto modo, si sono stagliate subito delle tonalità emotivedi base (paura, curiosità, disperazione e rabbia). Il fatto chesiano tonalità emotive di base significa che vengono atti-vate senza l’intervento della coscienza e che, cioè, pos-sono essere attivate direttamente dall’ambiente esterno.I soggetti outward, invece, non hanno tonalità emotive dibase ben differenziate: i ritmi interni, invece, sono abba-stanza irregolari e, in questo modo, a partire dal secon-do anno, organizzano un senso di identità a partire dalleemozioni auto-coscienti (colpa, vergogna e disgusto).Perciò, negli inward il sentire non si può controllare se nondiminuendo l’entrata. Per questa ragione, quello che fan-no è cercare di modificare l’esterno in modo da renderloconsono all’interno e rendere quest’ultimo più stabile. Glioutward, invece, si impegnano a modificare l’interno per-ché sia in accordo con l’esterno. È in questo modo che siarriva alla particolare duttilità dell’interno, che è segnala-ta dalle emozioni di colpa e vergogna.Per gli inward le emozioni non solo sono irriducibili, ma an-che molto intense e evidenti e molto più sensorializzate.Negli outward, invece, il dubbio sul sentire è legato al fat-to che il carico corporeo delle emozioni è molto inferioree più sfumato; e, quindi, è come se il “sentire” fosse deri-vabile dall’esterno; si sente quello che è giusto sentire.Volendo provare ad ipotizzare una relazione tra le dimen-sioni del Sé e il modello SASB, non ancora teorizzata o ve-rificata altrove, possiamo descrivere la dinamica interioredei soggetti outward (codificabile sulla superficie Introiet-to essendo un rapporto con se stessi), come TRASCU-RARSI o EMANCIPARSI, secondo il modello a cluster op-pure, volendo usare il modello completo, possono esserepresi in considerazione tutti i comportamenti del secondoquadrante relativi alle etichette precedenti: Trascura biso-gni di base (322); È avventato con sé (323); Non si cono-sce, non sa definirsi (324); Trascura proprie potenzialità (325);Si perde in fantasie e sogni (326); trascura alternative (327);Fluttua senza direzione (328).Per compensare questo tipo di dinamica tendono a met-tere in atto comportamenti caratterizzati da un elevato li-vello di controllo di sé e di sottomissione all’altro (AUTO-BIASIMO, AUTOCONTROLLO e PROTEGGERSI; ADOM-BRARSI, SOTTOMETTERSI, FIDARSI) al fine di farsi gui-dare o, comunque, per avere informazioni necessarie perorientare le proprie azioni.L’atteggiamento con se stessi degli inward, invece, sem-bra codificabile, utilizzando il modello a cluster, comeEMANCIPARSI e AFFERMARSI (primo quadrante), inquanto hanno ha una più chiara visione delle proprie emo-zioni, dei propri pensieri e delle proprie norme in base aiquali agire. Secondo il modello completo, invece, posso-no essere prese in considerazione tutti i comportamentirelativi alle etichette citate: È contento di sé (313), Ha cen-tro integrato e solido (314), Si esplora e si ascolta dentro(315), Si accetta così come è (316), Si lascia fare, fiduciosoin sé (317), Si evolve naturalmente (318).Gli inward, inoltre, in generale sembrano adottare azionicodificabili sulla superficie Altro, dato che cercano di met-

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Figura 1

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tere in atto comportamenti transitivi verso l’ambiente al finedi modificarlo. Più nello specifico, possono essere orien-tati a comportamenti caratterizzati dal CONTROLLARE.Gli outward, invece, in generale sembrano mettere in attoazioni codificabili sulla superficie Sé, dato che cercano diagire comportamenti intransitivi, cioè verso se stessi, alfine di modificare il proprio interno. Più nello specifico, pos-sono essere orientati a comportamenti caratterizzati dalSOTTOMETTERSI.L’altra dimensione riguarda il livello di contesto su cui unosi sintonizza. Le persone dipendenti dal campo sono piùlegate ai segnali emotivi e più vincolate al contesto mo-mento per momento, mentre gli altri, gli indipendenti dalcampo, sono più vincolati ai segnali cognitivi orientati allacomprensione. Manifestano in misura maggiore un ap-proccio interpersonale mentre gli indipendenti dal campo,al contrario, dimostrano un approccio più impersonale epiù orientato alla comprensione.Sono orientanti differentemente anche rispetto al modo diragionare: gli indipendenti dal campo costruiscono ipote-si e, poi, le verificano; i dipendenti dal campo, invece, nelrisolvere un problema sono attentissimi agli altri per co-gliere i dati e gli indizi che questi possono dargli.Per quanto riguarda queste due dimensioni, provando afare un parallelo col modello SASB, sembrerebbe che i sog-getti field-dependent siano più orientati alla dimensione delcontrollo, mentre quelli field-independent alla dimensionedella libertà.A prescindere da queste associazioni, che andrebbero co-munque sia approfondite che studiate, l’utilizzo del modelloSASB all’interno dell’Auto Osservazione Strategica, e di tut-te le informazioni associate alle sole etichette comporta-mentali, permette di avere molte informazioni e molto spe-cifiche per comprendere meglio in che modo sono artico-late, per quello specifico paziente, le dimensioni del Sé.

La terapia cognitivo-interpersonale

Nella psicoterapia post-razionalista il terapeuta prende ifatti e li scompone nella sequenza di scene di base che,successivamente, ricostruirà gradualmente da diversipunti di vista al fine di aiutare il paziente a ricostruire la suaesperienza “con occhi diversi”. Questo procedimentoconsiste, cioè, nel portare il paziente a mettere a fuocoaspetti diversi che prima lasciava fuori dalla sua coscienza,riordinando la sua dinamica tra ciò che sente e come selo spiega, per assimilarli ed integrarli nella sua immaginecosciente.Nel modello cognitivo-interpersonale sottolineiamo anchel’importanza di mettere a fuoco gli aspetti di sé che, an-che se coscienti, sono in conflitto tra di loro (per esempioquando ci sono conflitti tra le spinte di due sistemi moti-vazionali differenti, oppure di un sistema motivazionale edelle esigenze intersoggettive o, ancora, di un sistema mo-tivazionale e di un valore esistenziale), sempre al fine di

integrarli in un’immagine di sé cosciente sperimentata comecoerente, costante ed unitaria.Nella psicoterapia cognitivo-interpersonale, pertanto, è fon-damentale il processo di ricostruzione e analisi di scenedi vita attuali e passate al fine di individuare i temi di basedella personalità del paziente e le variabili influenti non pre-senti nell’immagine cosciente, ma comunque influenti nel-la produzione della sofferenza sperimentata.La ricostruzione (sequenzializzazione) delle scene di vitae l’acquisizio ne di punti di vista diversi vengono effettua-ti attraverso la tecnica dell’Auto-Osservazione Strategica,tenendo conto del modello interpersonale di Lorna Ben-jamin (1996, 2003).

Il processo di base: la sequenzializzazione

Un aspetto importante del modello cognitivo-interperso-nale (Cantelmi, 2009), così come già definito da Guida-no (2007) è il rapporto che si stabilisce tra la qualità delsenso di astrazione, articolazione e flessibilità nella se-quenza dell’esperienza (il framing) e la regolazione emo-zionale. C’è una correlazione tra il livello della regolazio-ne emozionale, che è il livello del fluire dell’esperienza im-mediata ed il livello del framing, che è il modo con il qua-le uno inizia a ordinare sequenzialmente e con il pensie-ro, il fluire dell’immediatezza dell’esperienza.Supponiamo che nell’infanzia si siano vissuti molti episodinei quali venne sperimentata l’attivazione di un determi-nato stato emotivo correlato ad un particolare sistema mo-tivazionale, ad esempio la rabbia all’interno del sistemacompetitivo. Vi saranno, pertanto, gruppi di scene carat-terizzate emotivamente in modo simile, rappresentate nellinguaggio tematico e nella coscienza tematica, che rap-presentano tutte le caratteristiche dell’attivazione della rab-bia sperimentata nelle diverse situazioni vissute6. Larabbia, in quanto emozione di base, è codificata nel pa-trimonio genetico e, in quanto emozione basica7, è soltantouna disposizione a reagire. L’attivazione emotiva delle emo-zioni basiche di per sé è globale e diffusa e, per questo,difficilissima da controllare. Quando la rabbia inizia ad es-sere specificata attraverso un insieme di gruppi di scenemolto ben differenziate tra di loro e con molte ricombina-zioni tra di loro, in cui si connettono somiglianze e diffe-renze con gli altri, questa specificazione si inserisce nelframing e ciò fa sì che la rabbia si differenzi meglio su di-versi livelli e si trasformi in qualcosa di più specifico e, diconseguenza, più controllabile (Guidano, 2007).La regolazione emotiva è un aspetto fondamentale in psi-copatologia e psicoterapia che, quindi, dipende, oltre cheda specifiche abilità di regolazione emotiva (Semerari,1999; Dimaggio e Semerari, 2003; Semerari et al.,2007), anche, in buona parte, dall’articolazione della se-quenzializzazione narrativa. Questa “storia” è caratteriz-zata dal susseguirsi di attivazioni di molteplici sistemi mo-tivazionali con i relativi patrimoni emotivi e comporta-mentali. Quando l’attivazione è caratterizzata da sistemi

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6 La tesi è che i bambini sviluppino un gruppo di scene nucleari per le differenti emozioni. Così, identifichiamo un tipo di situazione cheesplicita varie emozioni e identifichiamo anche comportamenti tipici ed espressioni che si accompagnano a questo stato emotivo par-ticolare. Il concetto di scene nucleari permette di capire la comprensione delle emozioni del bambino come una sequenza causale diconnessioni organizzate con vari comportamenti (Guidano, 2007).7 Le emozioni primarie sono evoluzionisticamente predeterminate e sono attive già nei primi mesi di vita. Hanno, inoltre, diverse pro-prietà neurofisiologiche, fenomenologiche, fisionomiche e motivazionali.

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che si susseguono o si integrano in maniera armoniosae funzionale, l’esperienza fluisce armoniosamente etrovano risoluzione, contenimento e senso anche gli sta-ti emotivi negativi. Differentemente, quando queste atti-vazioni sono caratterizzate da sovrapposizioni, disso-ciazioni o fusioni, con relative disregolazioni emotive e com-portamentali, la sofferenza viene prodotta e mantenutaall’interno di cicli interpersonali ben definiti e ripetitivi. Lasequenzializzazione attenta dell’esperienza narrativapermette il riconoscimento di queste linee narrative con-fuse, dei segnali di attivazione, delle componenti emoti-ve e comportamentali che le compongono, dei significa-ti che la persona attribuisce ai vari elementi. Tutto que-sto permette sia una migliore organizzazione, articolazionee gestione emotiva, sia maggiori possibilità di interven-to più diretto sulla propria esperienza emotiva e com-portamentale, e sulla realtà esterna. Questo processo disequenzializzazione, secondo Guidano (2007), è l’obiet-tivo più importante del lavoro psicoterapeutico.Guidano ha introdotto il termine “sequenzializzazione” ne-gli ultimi anni della sua ricerca (in particolare nella secondametà degli anni ’90) (Guidano, 2007). Nell’evoluzione delmodello post-razionalista, egli pone sempre più il focus suiprocessi con cui l’essere umano cerca di articolare la pro-pria esperienza di vita, spiegandosela e dandole signifi-cato, avvicinandosi sempre di più agli studi sui processinarrativi e sulla coscienza (per esempio Bruner, 1986; Hum-phrey; 1986; Ricoeur, 1990; Dewart, 1989).La sequenzializzazione, come ci ricorda Cutolo (2008), nel-la sua funzione di attività riordinatrice dell’esperienza, se-gue tre principali modalità: temporale, logico-causale e dicausa-effetto. È temporale, nel mettere in ordine cronologicogli eventi esperiti; è logico-causale, nello stabilire con-nessioni di causa-effetto tra eventi interni o esterni; è te-matica nel collegare temi sensoriali, emotivi e cognitivi pro-venienti da diverse esperienze, dando una coloritura af-fettiva agli eventi e sganciandoli dall’esperienza immediata.La possibilità di sequenzializzare gli eventi in questo modoè resa possibile dallo sviluppo del linguaggio e, conse-guentemente, dei diversi tipi di coscienza.Nella dimensione umana, la comparsa del linguaggio coin-cise con l’apparizione di un nuovo livello di ordinamentoautoreferenziale grazie alla possibilità di ristrutturarel’esperienza immediata in termini di proposizioni. Si trat-ta di un livello svincolato dall’immediatezza dell’esperienza(Guidano, 2007).Il linguaggio nasce, evolutivamente, come un sistema di clas-sificazione e riclassificazione dei dati interni. È, cioè, un ele-mento che agisce sull’informazione dell’esperienza im-mediata – e non direttamente sulla realtà – permettendo-ne l’elaborazione sequenziale, collocandola nel fluire deltempo soggettivo in forma di narrazione, partecipando inmodo sostanziale al costituirsi della coscienza.Il linguaggio è lo strumento evolutivo di coordinazione so-ciale e di auto interpretazione che rende possibile distin-

guere e organizzare informazioni provenienti da diverse“modalità informative autoreferenziali” (emozioni, sensa-zioni, motricità e conoscenza) in un processo continuo dimutuo regolamento tra lo sperimentare e lo spiegare. Il lin-guaggio trasforma la modulazione dell’esperienza im-mediata in categorie di autocomprensione coscienti at-traverso autonarrazioni. Le possibilità interpretative del lin-guaggio rendono possibile la “forma narrativa dell’espe-rienza umana” che si riferisce alla capacità di porre in se-quenze l’esperienza all’interno di reti costituite da imma-gini, ricordi, sensazioni, pensieri, ecc. (Guidano, 2008).Da un’altra prospettiva, l’emergere della mimica faccialee dei gesti delle mani, i segni linguistici e l’uso delle pa-role possono essere stati stimolati dal bisogno di mezzipiù efficienti di connessione sociale e di scambio di in-formazioni (Dunbar, 1992, 1993).Questi due livelli interpretativi dello sviluppo del linguag-gio – uno che lo vede come strumento finalizzato a de-codificare segni e simboli interni e ad attribuirgli significatial fine di arrivare organizzarli in auto narrazioni della pro-pria esperienza; l’altro che lo vede finalizzato ad arrivaread organizzare forme di narrazione condivise, o quanto-meno condivisibili, dell’esperienza interpersonale – si in-fluenzano e si sostengono reciprocamente, così come sonostrettamente correlate la dimensione soggettiva e quellaintersoggettiva dell’esperienza personale.Secondo Guidano (2007) il linguaggio può essere com-preso meglio nella sua complessità se si osservano duecaratteristiche evidenziate da Dewart (1989).La prima è il linguaggio fattuale, potremmo dire descritti-vo, cioè quello che accompagna qualcosa che è accaduto,non aggiungendo molte informazioni ma fornendo solo unaspecificazione del dettaglio che si sta verificando nel-l’esperienza.La seconda caratteristica, tipicamente umana, è il lin-guaggio tematico, cioè la capacità propria del linguaggiosemantico di mettere in relazione ed integrare un insiemedi elementi esperienziali in forma di tema con un inizio, unosvolgimento ed una fine. Questa capacità permette di tra-sformare l’immediatezza dell’esperienza in informazioneche si può mantenere indipendentemente dagli eventi chel’hanno prodotta (Guidano, 2007).I due tipi di linguaggio, come sottolinea Guidano (2007),sono alla base della formazione di due tipi diversi di co-scienza: la coscienza fattuale, presente al momento il cuiil fatto si sta verificando, e la coscienza tematica, che pren-de forma come un senso di sé differenziato dall’imme-diatezza degli eventi. Il linguaggio tematico non è vinco-lato alla contingenza ma struttura ciò che avviene nel-l’esperienza, permettendo di separare in ogni esperien-za il contenuto informativo da quello affettivo e, questo, ren-de possibile trasformare il contenuto affettivo sperimen-tato nell’immediatezza in informazione rappresentativa condelle combinazioni di sequenza significative interconnesse.Il linguaggio tematico8 ci permette di estrarre delle infor-

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8 Dewart (1989), a proposito del linguaggio tematico, precisa che, dato che la sua funzione essenziale è quella di facilitare l’adatta-mento umano, l’organizzazione tematica è regolata dalle informazioni essenziali per gli scopi considerati, per ciò a cui serve, piutto-sto che al suo valore puramente formale. Riteniamo, quindi, che nella coscienza tematica vengono elaborate informazioni che non de-rivano esclusivamente dalla coscienza fattuale, nella quale agiscono scopi evoluzionisticamente predeterminati – come ad esempioquelli codificati nei sistemi motivazionali rettiliani e limibici – ma anche dalle norme, dai valori e dai desideri che sono alla base degliscopi – neocorticali – di vita di ognuno, in un continuo processo di elaborazione e rielaborazione, andando a strutturare la forma nar-rativa dell’esperienza umana.

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mazioni che restano indipendenti dall’ambito della con-tingenza sociale e, questo, rende possibile alla coscien-za tematica un alto livello di autonomia, di evocazione, dipossibilità di narrare e ri-narrare (Guidano, 2007).In questo senso per Guidano lavorare sulla capacità di se-quenzializzazione diventa il processo basico di una psi-coterapia, un processo ordinatore delle tonalità emotivenon adeguatamente integrate nel sistema personale peruna “povertà” delle capacità narrative. Il focus dell’interventoè sulla soggettività della persona, dal punto di vista di comequesta vive la sua esperienza, ricercando il cambiamen-to terapeutico attraverso la ricostruzione “dall’interno” diuna trama narrativa che riconnetta i pezzi dispersi e nonriconoscibili, attraverso una modalità comprensiva e nonpersuasiva (Cutolo, 2008).L’obiettivo centrale del processo psicoterapeutico, pertanto,è quello di creare un’integrazione strutturale delle emozioniall’interno della trama narrativa del soggetto. Cioè, manmano che l’atto narrativo è capace di articolare l’esperienzaemotiva in modo comprensibile, il sistema autoreferenzialediventa più capace di modulare le oscillazioni emotive cheperturbano e che, così, possono essere più facilmente egradualmente comprese e assimilate in un senso crescentedi continuità.Come ci ricorda Cutolo (2008), Guidano sottolinea comesia opportuno organizzare questo processo ordinatore se-guendo delle tappe che rispettino il procedere tempora-le, sintonizzandosi sulle capacità di comprensione del sog-getto, partendo quindi dal qui-e-ora (prima fase: ridefini-zione del problema), al collegamento del sintomo con gliaspetti prevalenti della vita affettiva e dei rapporti di at-taccamento in corso che sottostanno allo scompenso (se-conda fase: analisi dei temi affettivi) fino all’analisi di comei temi presenti nello scompenso, ritrovati nella vita affet-tiva, sono collegati ad aspetti e temi più astratti costruitinella storia e nei rapporti precoci di attaccamento (terzafase: ricostruzione della storia di sviluppo) (Guidano1991, 2007, 2008).Prima di analizzare la tecnica dell’Auto-Osservazione Stra-tegica descriviamo ora il modello di Benjamin.

Il modello interpersonale di Benjamin

Il modello

L’ASCI (Analisi Strutturale del Comportamento Interper-sonale, in inglese Structural Analysis of Social Behavior,SASB), è un modello di descrizione delle relazioni in-trapsichiche e interpersonali così come vengono perce-pite dall’osservatore (Benjamin, 1974, 1996, 2003). Puòfunzionare come una lente con cui il clinico può individuarepiù chiaramente i modi di fare del paziente e collegarli conmaggiore precisione tra di essi e con la realtà interna edesterna. Queste abilità permettono di migliorare la for-mulazione del caso, il processo terapeutico, la relazioneterapeutica e l’esito finale della psicoterapia.Tale modello propone un insieme di descrizioni rappre-sentabili in forma di circomplessi che descrivono il com-portamento relazionale tra le persone e la percezione delmondo interiore che l’individuo costruisce partendo dal-le relazioni interpersonali. Questo sistema di circomples-si è costituito da due superfici per i comportamenti inter-personali e da una per quelli intrapsichici.

Nel modello ASCI ogni relazione è suddivisa in tre di-mensioni sottostanti: il Focus, l’Affiliazione e l’Interdipen-denza.Il Focus identifica le tre superfici e, quindi, può essere ri-volto su di sé (azioni intransitive), sull’altro (azioni transi-tive) o dentro di sé. Il focus su un’altra persona è ciò chefanno principalmente i genitori con un neonato e, quindi,i comportamenti codificati come centrati sull’altro sono chia-mati anche “genitoriali”. Indicano un’azione transitiva e ladimensione che descrive questi comportamenti vienechiamata “Altro”. Il focus su di sé implica uno stato intran-sitivo ed è tipico dei bambini e, di conseguenza, questo grup-po di comportamenti è chiamato anche “infantile”. La su-perficie che descrive questi comportamenti viene chiamata“Sé”. L’attenzione sul proprio mondo interiore implica il vol-gere un focus transitivo all’interno di sé. Harry Sullivan (1953)sviluppò l’idea che aspetti rilevanti del concetto di Sé de-rivino dal trattare il sé come fu trattato da altre persone im-portanti. Il modello ASCI incorpora questa idea includen-do la focalizzazione chiamata “Introietto” nella quale il Séè il focus dell’azione transitiva della persona stessa. Ben-jamin sostiene che le relazioni complementari descritte dal-le superfici Sé e Altro provocano un precipitato interioriz-zato che, nella superficie Introietto, appartiene allo stessoquadrante della relazione interpersonale complementare.Ad esempio, se la madre (Altro) svaluta e critica la figlia equest’ultima (Sé) a malincuore tollera e si adatta biasi-mandosi e sottomettendosi, a lungo andare la figlia inte-riorizza sensi di colpa e la tendenza a biasimare se stes-sa anche in assenza di stimoli esterni diretti (Introietto). Met-te quindi in atto un comportamento siglabile nella stessaposizione del III quadrante così come lo sono i compor-tamenti interpersonali codificati sulle superfici Altro e Sé.La seconda dimensione dell’analisi ASCI è l’Affiliazione edè rappresentata dall’asse orizzontale delle superfici. Puòvariare da un polo di “ostilità” (a sinistra) ad un polo di “amo-re” (sulla destra).L’ultima dimensione dell’analisi SASB è l’interdipendenza,rappresentata dai tre assi verticali delle superfici. L’assedell’Interdipendenza è siglato “Libertà-Controllo” per la su-perficie Altro e “Autonomia-Sottomissione” per la super-ficie Sé. Infatti, la natura del potere gestito da chi prendel’iniziativa è diversa da quella di chi risponde. Se una per-sona in una relazione prende l’iniziativa essa tende a darepotere a chi risponde, concedendo libertà, o a togliere po-tere, controllandolo. Di fronte a tali atteggiamenti, chi ri-sponde ha la possibilità di darsi potere (affermarsi) po-nendosi sul polo dell’autonomia, oppure può scegliere ditogliersi del potere (sottomettersi) esercitandosi sul polodella sottomissione.

I livelli descrittivi del modello SASB

Il modello ASCI è costituito da tre versioni caratterizzateda differenti livelli di dettaglio, ognuna più specifica nel-l’identificare il tipo di comportamento.Le quattro combinazioni di affiliazione ed interdipenden-za costituiscono la scala più semplice dell’ASCI, il cosid-detto “modello a quadrante”. Tale modello è composto daquattro etichette descrittive, una per ogni quadrante, perognuna delle superfici.Il “modello completo” costituisce il livello più dettagliato dianalisi nel quale, per ogni quadrante, sono previste 8 de-finizioni comportamentali più le quattro che rappresenta-

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no gli estremi degli assi, per un totale di 36 etichette de-scrittive per ognuna delle superfici.Il “modello a cluster” è la scala più utilizzata in quanto of-fre un’alternativa che si colloca a metà strada come com-plessità tra il modello completo e quello dei quadranti. Ècaratterizzato da un’etichetta per ogni quadrante più quel-le che rappresentano gli estremi di ogni asse, per un to-tale di 8 etichette per ogni superficie.Il modello dei quadranti è molto utile per codificare la “sen-sazione” che c’è in uno scambio, la tipologia di emozioniimplicate. Il modello completo, invece, fornisce un livellodi dettaglio maggiore per descrivere le interazioni.

Principi predittivi

Le posizioni interpersonali del modello ASCI, oltre a per-mettere di descrivere in maniera puntuale il comportamentointerpersonale, sono anche altamente organizzate tra diloro e la conoscenza di questa organizzazione permettedi fare alcune utili previsioni. I principi predittivi, infatti, spe-cificano le relazioni probabili tra le posizioni intrapsichicheed interpersonali. Qualsiasi principio predittivo, comunque, non sempre si rea-lizza e, in ogni caso, non è possibile accertarsi di qualeprincipio predittivo manifesterà un individuo se non si co-noscono le sue abitudini interpersonali. Del resto, non èneanche possibile prevedere quale dei principi predittivipotrà ricordare le abitudini di un bambino in età adulta. Iprincipi predittivi, pertanto, vanno intesi come indicatori diprobabilità. Vediamoli di seguito.La complementarietà. Il principio della complementarietàsi definisce quando i membri di una diade corrispondonoesattamente sulle dimensioni affiliativa e dell’interdipen-denza, ma sono complementari nel focus. I focus sono com-plementari se un membro di una diade è concentrato sul-l’altro ed il partner è concentrato su di sé. Se due perso-ne assumono rigidamente posizioni complementari la re-lazione tende ad essere stabile.L’introiezione o interiorizzazione. Aspetti rilevanti del con-cetto di sé derivano dal trattare se stessi come si è statitrattati da altre persone importanti. Questo principio de-scrive cosa succede se la focalizzazione sull’altro è rivoltaverso l’interno, su di sé. Ogni punto descritto sulla superficieIntroietto rappresenta, appunto, l’introiezione e designa ilrisultato atteso di un’azione transitiva che viene rivolta ver-so di sé (superficie Sé). Di conseguenza i punti sulla su-perficie Altro specificano gli antecedenti previsti. Dal mo-mento che le previsioni basate sulle relazioni vanno in duedirezioni, è possibile prevedere anche l’impatto dei com-portamenti del genitore (o del terapeuta) sul concetto disé del bambino (o del paziente).Gli opposti. Per individuare il comportamento opposto cisi sposta semplicemente nel quadrante collocato in dia-gonale, in particolare facendo riferimento al comportamentosituato a 180° nel grafico.Le somiglianze. Due persone sono simili se possono es-sere codificate sullo stesso punto del modello dei cluster.Se due persone assumono rigidamente la stessa posizionenello stesso momento, la relazione è molto instabile.L’antitesi. L’antitesi è il complemento dell’opposto. L’ap-plicazione del principio dell’antitesi dovrebbe servire al cli-nico per identificare la posizione interpersonale che conpiù probabilità potrebbe attirare l’opposto di ciò che sta suc-cedendo.

Sfortunatamente, il principio dell’antitesi è efficace solo coni bambini piccoli e con gli adulti relativamente normali. Lanormalità include la capacità di essere flessibili e di ri-spondere appropriatamente al contesto interpersonale. Èimprobabile che gli individui con disturbi di personalità sia-no incapaci di farlo; è più probabile che essi percepisca-no male e rispondano in modo inappropriato al contesto.Con delle persone che hanno delle tendenze così rigidee ristrette, è richiesta una pianificazione terapeutica più ela-borata. Uno di questi principi più difficili, ma efficaci, pren-de il nome di “principio di Shaurette” (Benjamin, 1996). Esuggerisce che il terapeuta si relazioni al paziente ostilesullo spazio ostile per poi passare per gradi verso l’obiet-tivo desiderato che potrebbe predisporre il principio del-l’antitesi. Il principio dell’antitesi, quindi, identificherebbesolamente l’obiettivo, e non i comportamenti da metterein atto per raggiungerlo.È di importanza vitale notare che i comportamenti del te-rapeuta devono essere sinceri. Se non lo sono riceverannoun’etichetta SASB complessa e le etichette complesse ten-dono ad essere associate a scarsi risultati in terapia (Hen-ry, Schacht & Strupp, 1986).

I presupposti teorici del modello ed i processi di copia

Nell’analisi dello stile interpersonale, in particolare per col-legare i modi di fare attuali alle esperienze del passato, ilmodello ASCI utilizza i cosiddetti processi di copia, che ac-quisiscono senso all’interno di quella che viene chiama-ta la teoria dell’apprendimento e degli affetti che hanno ca-ratterizzato lo sviluppo (DLL – Developmental Learning andLoving). Secondo questa teoria, in accordo con la teoriadell’attaccamento di Bowlby, le prime relazioni importan-ti del bambino costituiscono le basi dei modelli operativiinterni. Secondo la DLL il collegamento tra i modi di faredisfunzionali presentati dall’adulto e le interiorizzazioni del-le prime relazioni specifiche (i modelli operativi) avvienesecondo uno o più fra tre processi di copia: 1) “devi esserecome lui o lei” (Identificazione, corrispettivo evolutivo delprincipio predittivo della Somiglianza); 2) “agisci come selui o lei fosse ancora qui e avesse il controllo” (Ricapito-lazione, corrispettivo evolutivo del principio predittivo del-la Complementarietà); 3) “tratta te stesso come faceva luio lei” (Interiorizzazione, corrispettivo evolutivo del princi-pio predittivo dell’Interiorizzazione). I principi predittivi dell’antitesi e dell’opposizione descri-vono variazioni dei processi di copia di base. Per esem-pio un uomo potrebbe aver avuto un padre dedito ad unpesante CONTROLLO e, come risultato, egli non mette-rà alcun limite ai propri figli (EMANCIPARE). In questa op-posizione, copia l’immagine del padre in negativo. Ilmessaggio di fondo di questo processo di copia è co-munque “tratta te stesso come faceva lui o lei”.Una volta identificati i processi di copia che collegano i com-portamenti problematici a una figura di attaccamento, è ne-cessario individuare e affrontare ciò che mantiene in vitaquesti processi. I comportamenti disfunzionali, nel modello di Benjamin,sono mantenuti da desideri e paure che avevano avutosenso nell’infanzia. In qualche modo, il paziente deve im-parare che ciò di cui ha paura non è più una minaccia oche ciò che vuole non è più un bisogno. Dato che i mo-delli disfunzionali si mantengono grazie ai desideri e allepaure sottostanti, ne segue che il punto di svolta nel trat-

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tamento è quello in cui il paziente sceglie di lasciarli per-dere. Per avere successo con il trattamento, pertanto, bi-sogna trasformare la volontà del paziente di essere fedeleai desideri e alle paure inconsce.L’ipotesi della DLL è che i processi evolutivi di socializ-zazione attraverso i quali il bambino costruisce il propriomondo interiore (i processi di copia) siano mantenuti daldesiderio che le rappresentazioni interiorizzate delle pri-me figure di attaccamento perdonino, dimentichino, si scu-sino, si veglino, facciano ammenda, si plachino o renda-no in qualche modo possibile un loro riavvicinamento edun amore incondizionato. In altre parole, il paziente, ma-nifestando i comportamenti, i sentimenti ed i pensieri pro-blematici, si basa sull’assunzione che la chiave per la ri-conciliazione consista nel vivere per testimoniare le regoleed i valori percepiti delle figure di attaccamento interio-rizzate. Queste figure chiave prendono il nome di Perso-ne Importanti e loro Rappresentazioni Interiorizzate (Im-portant Persons and their Internalized Representations –IPIR). La motivazione per cui i comportamenti problema-tici persistono è che il paziente continuerà ad agire in que-sto modo finché il messaggio non sarà “ascoltato” dalle IPIRe non ci sarà un riavvicinamento. Si dice, quindi, che il pa-ziente cerca di raggiungere una prossimità psichica alleIPIR. Di volta in volta, aggiungiamo noi, queste IPIR ven-gono “interpretate” concretamente dalle differenti figure diattaccamento, reali o potenziali, che il soggetto cerca o in-contra.

Metodi di intervista e trattamento

Per la decodifica delle interazioni e dello stile relazione ilclinico fa molta attenzione alle relazioni e alle situazioniinterpersonali del presente e del passato e trae delle con-nessioni tra queste relazioni interpersonali, il concetto disé, i sintomi, i desideri e le paure.Per ogni situazione i passi fondamentali della codifica ASCIsono i seguenti:• qualcosa o qualcuno deve essere in relazione con qual-

cosa o qualcuno;• il clinico decide se la persona da etichettare si sta fo-

calizzando su se stessa o su qualcun altro (spiegarele focalizzazioni: Sé, Altro e Introietto);

• il clinico decide quanta affiliazione e interdipendenzasono presenti nell’interazione;

• i giudizi sulla focalizzazione, sull’affiliazione e sull’in-terdipendenza sono combinati per trovare l’etichettasul modello a cluster semplificato.

Questa procedura per passi e su varie dimensioni e su-perfici permette di aumentare la propria capacità inter-pretativa individuando indizi che altrimenti potrebbero nonessere evidenti.Una parte importante della procedura diagnostica inter-personale consiste nel verificare ogni relazione in funzionedell’input, della risposta e dell’impatto sul sé percepi-ti. L’intervistatore inizia con le situazioni psicosociali cheil paziente affronta e, successivamente, i modi in cui que-ste entrano in relazione con gli apprendimenti sociali delpassato.Il motivo logico per cui si inizia con l’input è che si assumeche il comportamento e lo stato affettivo corrispondano ra-gionevolmente alle percezioni dell’individuo. In altre paro-le, le azioni corrispondono alle percezioni. Il modo in cui lapersona vede le cose guida il suo comportamento, i suoi pen-

sieri ed i suoi sentimenti. La realtà non è importante per spie-gare i “perché” le persone fanno ciò che fanno. Il compor-tamento riflette le convinzioni di una persona, non la real-tà. Una ovvia conseguenza è che è fondamentale aiutareil paziente ad aumentare la consapevolezza dei propri modidi fare e delle motivazioni che li sostengono. A tal fine è fon-damentale verificare attentamente il punto di vista del pa-ziente sul suo mondo psicosociale. Dopo aver chiarito comeil paziente vede il mondo, il clinico deve valutare le rispo-ste a questo input. Queste includono sia le risposte inter-personali del paziente che l’impatto sul concetto di sé.Le distorsioni possono stare nelle percezioni, nelle risposteo nelle interiorizzazioni. Indipendentemente da dovecompaiono le distorsioni, secondo Benjamin il sistema ha,comunque, una sua consistenza interna. Le relazioni trala percezione, la risposta e l’interiorizzazione corrispon-deranno in qualche modo che abbia senso e il pazienteed il clinico devono collaborare per scoprire come tutto que-sto collima.Ogni episodio con input, risposta e impatto sul sé deve es-sere sviluppato anche in base a tre domini: sentimenti (Af-fect, A), comportamenti (Behavior, B) e pensieri (Cogni-tion, C). Non basta comprendere la formulazione del caso,bisogna che ci sia un apprendimento affettivo oltre che co-gnitivo per capire in profondità cosa sta alla base dei com-portamenti intrapsichici ed interpersonali problematici.In ogni caso è importante ricordare che l’insight è uno sta-dio della terapia, non un obiettivo, per cui non è sufficienteche il paziente compia e comprenda queste associazio-ni. Inoltre, l’insight non avviene tutto in un colpo e l’insightsull’infanzia cambia nel corso della terapia grazie a nuo-ve comprensioni ed associazioni con il presente. Nel mo-dello di Benjamin, infatti, è di fondamentale importanza as-sociare gli stili interpersonali del presente con quelli vis-suti nell’infanzia.Mentre codifica il contenuto del racconto il clinico seguecontemporaneamente il processo terapeutico e il processoindiretto, ossia il processo in relazione a qualcuno che nonè presente.I clinici che seguono il contenuto, il processo ed il processoindiretto in funzione della dimensionalità ASCI hanno unaconsapevolezza accurata e completa dei processi inter-personali importanti.

Le etichette SASB complesse

L’analisi dimensionale in fasi tramite il modello ASCI per-mette di districare comunicazioni molto complesse e, a vol-te, di ottenere categorie multiple per un singolo evento. Quando un messaggio ha due o più componenti distinte,allora ognuna viene codificata separatamente e senza com-plicazioni. Consideriamo questo esempio: “Mi fai impaz-zire e me ne vado”. Questa frase include BIASIMO e SE-PARARSI, due messaggi distinti e in sequenza. Essi pos-sono essere registrati separatamente e sono chiamati mes-saggi multipli.Altri messaggi, invece, hanno due o più componenti ine-stricabilmente combinate. Questi sono messaggi com-plessi. Tipicamente, le descrizioni con categorie multipledi questi messaggi complessi portano chiarezza a ciò chealtrimenti sembrerebbe incomprensibile o destabilizzan-te (ad esempio il “doppio legame” di Bateson).Le etichette complesse si possono avere se la persona met-te in atto comportamenti che, sulle due dimensioni di af-

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filiazioni ed interdipendenza, hanno focalizzazioni diver-se. Un altro caso è quello di un comportamento che è mol-to intenso su più di una dimensione come, ad esempio,l’omicidio che è caratterizzato da livelli estremi di ATTACCOe di CONTROLLO e non si può certo dire che, mettendoliinsieme, si ha un comportamento caratterizzato da un estre-mo BIASIMO. In casi di messaggi complessi è importan-te utilizzare più etichette per descrivere il comportamen-to.Questa modalità di analisi permette non solo di com-prendere meglio il tipo di comportamento messo in atto dalpaziente, ma anche quello messo in atto dal clinico nel-l’interazione in corso con il paziente. I comportamenti com-plessi, infatti, tendono ad avere una scarsa efficacia te-rapeutica.Completata la descrizione del modello interpersonale diBenjamin e delle indicazioni pratiche per decodificare e de-scrivere lo stile interpersonale ed intrapsichico del paziente,passiamo ad analizzare la tecnica della moviola secondoil modello cognitivo-interpersonale.

L’Auto-Osservazione Strategica

La tecnica di base del modello di Guidano (Guidano, 1992,2007) sulla quale si basa l’Auto-Osservazione Strategicaè la moviola. Nella moviola il procedimento basico consiste nell’ana-lizzare determinate situazioni, scomponendole e ricom-ponendole in base alla sequenza di eventi corrisponden-ti, in modi o con finalità diverse in base alla fase della te-rapia. Un intero evento è costituito da un insieme di “uni-tà sceniche” ognuna della quali è composta da evento, azio-ne e reazione con lo stato emotivo corrispondente. Il paziente va addestrato a ricostruire le situazioni nelle cor-rispondenti unità sceniche – con eventi, azioni e stati in-terni – e a mettere in sequenza le unità sceniche fino a ri-costruire la situazione completa. Fatto questo, va allena-to a scorrere tutta la scena da un capo all’altro, in modoche riesca a percorrerla tutta quanta insieme dall’inizio allafine e viceversa.Cruciale, a questo riguardo, come sottolinea Lambruschi(2008), risulta la capacità di rallentamento nella visualiz-zazione, cioè di attraversare lentamente le scene (comese fossimo in moviola, appunto), fermandoci di volta in vol-ta sui passaggi che avvertiamo emotivamente più pregnantiper il paziente. Il rallentamento consente un processo dide-automatizzazione del modo abituale di elaborazione per-cettiva, prestando attenzione anche a minimi dettagli cheusualmente sfuggirebbero alla consapevolezza.

Lo zooming

Per mettere in pratica quanto appena detto, la tecnica dibase è lo zooming, cioè la focalizzazione e l’ingrandimentodi un determinato “fotogramma” della sequenza. Lo zoo-ming deve essere fatto in due modi: lo zooming in e lo zoo-ming out (Guidano, 2008).Lo Zooming in consiste nel focalizzare l’attenzione su unsingolo fotogramma di una sequenza. Però, contempo-raneamente, mentre mettiamo a fuoco l’unità scenica perricavare e specificare meglio lo stato interno corrispondente,è sempre opportuno fare lo zooming out, cioè rivedere il

singolo fotogramma all’interno della sequenza di appar-tenenza. Questo perché mentre lo mettiamo a fuoco in-sieme al paziente, lui diviene consapevole di altre cose cheprima non vedeva e, quindi, nel momento in cui lo rimet-tiamo nella sequenza, possono cambiare i collegamentie il senso che aveva all’interno della scena.Per svolgere al meglio lo zooming possiamo tener contodelle indicazioni di Benjamin descritte parlando dei me-todi di intervista. La selezione del fotogramma, dell’unitàscenica, inizia con la selezione di una situazione nella qua-le qualcosa o qualcuno è in relazione con qualcosa o qual-cuno. Successivamente, individuiamo il focus e i valori diaffiliazione e di interdipendenza che, poi, combiniamo pertrovare l’etichetta sul modello ASCI. Di ogni fotogrammaè importante cogliere l’input (che può essere un’azione rea-le o immaginata), la risposta e l’impatto sul sé, nonché gliABC.

Punti di vista soggettivo e oggettivo

Man mano che si va avanti con lo zooming, si aggiungeanche un altro punto: si addestra la persona a vedere lastessa scena dal punto di vista soggettivo e dal punto divista oggettivo, cioè invitiamo il paziente a guardarsi dal-l’esterno. Questo è un tipo di procedimento che è impor-tante mettere in pratica quando abbiamo già esplorato ivari fotogrammi di una sequenza e il paziente è in gradodi scorrerli agevolmente avanti e indietro.Dal punto di vista interno o soggettivo, aiutiamo il pazientea porsi nei panni di colui che sta vivendo la scena, nel ruo-lo di attore protagonista; a partire dai dettagli di contestopiù salienti per il paziente, si cercherà di elicitare la suarisposta interiore, vale a dire, i pensieri, il dialogo interno,gli scenari immaginativi, le emozioni e gli stati d’animo. Dalpunto di vista esterno o oggettivo, invece, sollecitiamo ilpaziente a vedersi da fuori e ad avere verso se stesso unatteggiamento analogo a quello che si ha nell’osservareun personaggio di un film, elaborando inferenze sulla pos-sibile esperienza interna in una data situazione (Lam-bruschi, 2008).Quando il paziente si colloca in una posizione soggettivaè usualmente più attento alle proprie motivazioni interne;in una posizione oggettiva, invece, tende invece mag-giormente a cogliere le conseguenze relazionali del suomodo di fare, del suo agire e delle sue parole.Soprattutto con alcune tipologie di pazienti maggiormen-te portati a rappresentare la propria esperienza in termi-ni concettuali e semantici, sarà opportuno focalizzare l’at-tenzione in modo dettagliato sui correlati corporei, visce-rali, neurofisiologici dell’emozione, cioè sulle componen-ti affettivo motorie di quel particolare stato emotivo.Questa oscillazione continua tra interno ed esterno ha, inol-tre, l’effetto di aumentare notevolmente la flessibilità delpaziente e la sua capacità di guardare se stesso e l’altroda più punti di vista (competenza metacognitiva). Comesottolinea Lambruschi (2008) possiamo inoltre immaginare,sempre operando dal punto di vista esterno, altri possibilimovimenti tecnici e prospettive, ad esempio: che cosa pro-va a vedersi da questa prospettiva? Vorrebbe dirsi qual-cosa? Se lei potesse che cosa si direbbe? Che effetto lefa sua moglie da qua? Che sentimenti prova? Cosa pen-sa? Come si sentirà lei dentro? Cosa starà pensando? Vor-rebbe dirle qualcosa da qua? ecc.

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Una volta arricchita di questi particolari la scena ovviamenteretroagisce sulle altre e modifica l’intera sequenza.La flessibilità nella differenziazione tra soggettivo e oggettivomigliora ulteriormente le possibilità di ricostruzione del-l’esperienza immediata dato che, mantenendosi sul pun-to di vista oggettivo, il paziente è in grado di elaborare in-ferenze sulla possibile struttura del punto di vista soggettivoesperito nella situazione.Questa stessa procedura può essere utilizzata conve-nientemente anche nelle fasi più avanzate della terapia,allorché si intraprende la ricostruzione della storia di svi-luppo. La sola differenza è che in questo caso, grazie allemaggiori capacità raggiunte dal paziente, la ricostruzio-ne del punto di vista soggettivo con cui un evento era sta-to esperito da una certa età può essere portata avanti se-condo due diversi punti di vista oggettivi: a) come uno sisarebbe visto dal di fuori a quell’età; b) come uno si vededal di fuori mettendo a fuoco quel periodo di vita.Come si vede, più che nella modifica di modi di pensaregiudicati erronei, l’aspetto essenziale della moviola e del-l’Auto Osservazione Strategica consiste nella progressi-va acquisizione, da parte del paziente, di un grado ap-prezzabile di flessibilità nella sua dinamica tra i contornidel Sé, grazie alla capacità, da un lato di differenziare l’Ioche esperisce dal Me che riconosce e valuta e, dall’altro,di poter vedere l’intero processo sia dal punto di vista sog-gettivo che oggettivo.Inoltre, rivedere al rallentatore, andando avanti e indietroe da molti punti di vista, una medesima scena emotiva-mente significativa porta a una modificazione della modalitàcon cui essa è valutata e autoriferita, con un conseguen-te cambiamento della relazione in corso tra memoria epi-sodica e semantica. Tutto ciò si traduce in un reframing del-la scena stessa che innesca l’emergere di altre tonalitàemotive. Per cui, man mano che la flessibilità aumenta, ilpunto di vista abituale su di sé (il Me) risulta gradualmentedestabilizzato, tanto da far affiorare nuovi aspetti nell’im-mediatezza del proprio sentir-si (l’Io). Pertanto, l’effetto te-rapeutico di base che risulta da un incremento della fles-sibilità nella dinamica tra i contorni del Sé consiste in uncambiamento graduale nella valutazione dell’Io da partedel Me, che si accompagna ad un grado consistente di ri-strutturazione emotiva. Ciò significa che nel fluire della pro-pria esperienza immediata vengono riconosciute e auto-riferite nuove tonalità emotive che si trasformano in in-gredienti essenziali della propria gamma di emozioni per-sonali.Infine, l’Auto Osservazione Strategica può essere con-venientemente applicata per raggiungere gradualmenteun’altra modificazione essenziale nella dinamica tra i con-torni del Sé: un’aumentata flessibilità nel cogliere i puntidi vista dell’altro differenziandolo da quello su di sé.

Selezionare la scena

Per selezionare la scena da analizzare possiamo utilizzaredue criteri. Il primo consiste nello scegliere quelli collegatia dei temi che per il paziente hanno una rilevanza emo-tiva. Un secondo criterio è la rilevanza che gli diamo noi,a seconda se vediamo che nella sequenza che ci offre ilpaziente è presente un invariante di significato che a noiinteressa esplorare. Un invariante di significato lo possiamoidentificare, per esempio, attraverso il ripetersi, in circo-

stanze diverse, di alcune sequenze di comportamenti. Sein più scene, per esempio, si ripete la stessa sequenza dicomportamenti (descritta e siglata tramite l’ASCI), alloraè possibile che ad essa soggiaccia un tema invariante.Inoltre, è necessario passare dal piano delle categorie con-cettuali (memoria semantica) all’esperienza di tipo episodico(memoria episodica). I pazienti in genere portano i loro pro-blemi in termini generalizzati, per ampie categorie (peresempio, “il mattino sono sempre ansioso”, oppure “ognivolta che esco di casa sento un senso di timore”, ecc). Bi-sogna aiutare il paziente a individuare un episodio moltospecifico e concreto che esemplifichi il problema generale.Il lavoro di auto osservazione potrà essere avviato e ade-guatamente condotto solo quando il problema sarà ridottoa specifiche unità episodiche.

Linguaggio, narrazione e attaccamento

Come sottolinea Lambruschi (2008) è importante tenereconto che è nella relazione primaria coi nostri caregiversche apprendiamo come ricostruire e rievocare gli eventi.Da un lato, quelli con stato mentale più distanziante riguardoagli affetti e agli stati emotivi tendono a rievocare gli even-ti in modo generico e generalizzato prestando poca at-tenzione alle immagini sensoriali nelle loro diverse qua-lità; addirittura, quelli a più alto indice hanno frammenti sen-soriali in memoria ma totalmente disconnessi dal resto del-la scena. Dall’altro, stati mentali ansiosi, che mostrano unbuon contatto con la sensorialità, saltano da un’immagi-ne all’altra, da un pezzo di ricordo all’altro con scarse ca-pacità di ordinamento sequenziale.La ricerca sull’attaccamento suggerisce dei collegamen-ti fra queste osservazioni dei primi periodi di vita ed il sénarrativo negli adulti. Il modo in cui il genitore parla – e,quindi, presumibilmente, pensa – di sé si collega con i pat-tern di attaccamento dei figli e, all’indietro, con le proprieesperienze di attaccamento nell’infanzia. Già in un articolodel 1993 Fonagy proponeva che fosse la capacità della ma-dre di “funzionare riflessivamente”, piuttosto che il com-portamento della madre, il più grande predittore dello sti-le di attaccamento del figlio. Maggiore è la capacità di ungenitore di pensare la mente dell’altro, più è probabile cheil bambino sviluppi uno stato mentale sicuro rispetto allarelazione di attaccamento. Il caregiver non deve solo con-solare il suo bambino, deve simboleggiare il processo con-solatorio. Più avanti nella vita, il bambino cui è mancatoquesto potrebbe essere privo sia delle capacità di auto con-solazione che della capacità di parlare del proprio disa-gio o di simbolizzarlo.Mentre l’attaccamento emerge dalla relazione coi genitori,lo stile narrativo ha a che fare con la relazione che l’indi-viduo ha con se stesso. Fra la Strange Situation e l’AdultAttachment Interview c’è stato un processo di internaliz-zazione che comprende una consapevolezza individua-le di sé, degli altri significativi, delle relazioni fra loro e del-la propria consapevolezza di questi fenomeni nonché lacapacità di riferirli (Holmes, 2001). Il sé autobiografico haa che fare con la relazione che l’individuo ha con se stes-so, paragonabile alla relazione “esterna”, che può esse-re interpretata in termini di stili di attaccamento differen-ti.Chi ha un attaccamento sicuro può distinguere fra la pro-pria esperienza e quella degli altri, rappresentare e così

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raccontare la storia dei propri sentimenti, ed essere ca-pace di cambiare la propria storia e migliorarla così da es-sere maggiormente in contatto con il flusso dell’esperienza.Producono narrative più complesse, parlano più di sé e fan-no osservazioni autoriflessive più spontanee (Fonagy etal., 1995). Apprezzano la privatezza dei propri pensieri etendono a metacomunicare, e cioè a fare dei commenti suipropri pensieri e la propria capacità di ricordare i particolaredella propria storia (Main, Caplan & Cassidy). Sviluppa-no la capacità di autoriflessione in una continua alternanzadi azione e di riflessione sulle proprie azioni.Le persone ambivalenti sono così vincolate ai propri sen-timenti che non possono raggiungere l’oggettivazione ri-chiesta per una storia che funzioni. Le persone evitanti, alcontrario, si aggrappano ad una versione stereotipata disé e del proprio passato, e sono spaventate dall’idea di unanarrazione costantemente aggiornata che è caratteristi-ca del vivere creativo. Una descrizione molto chiara e det-tagliata delle distorsioni cognitive ed affettive che metto-no in atto persone con diversi stili di attaccamento nel te-ner conto degli elementi della loro esperienza viene de-scritta da Crittenden (1999), alla quale rimandiamo il let-tore per comprendere meglio il tipo di narrazioni – e nar-ratori – che può incontrare nel corso della sequenzializ-zazione.Riguardo l’utilizzo della psicoterapia per aiutare il pazientea raccontarsi e ri-raccontarsi gli eventi Holmes (2001) uti-lizza una terminologia molto simile a Guidano. Egli, infat-ti, afferma che la psicoterapia deve introdurre una qual-che perturbazione nelle narrative rigide, scioglierle ab-bastanza da permettere il formarsi di una nuova storia, unastoria con maggiore complessità, che dia più spessore al-l’espressione emotiva. Nel processo psicoterapeutico i ri-cordi nodali9 vengono rielaborati. Per prima, devono es-sere disfatti, “frantumati”, e poi riassemblati secondo unanuova prospettiva.Il lavoro della psicoterapia, secondo l’Autore, è quello dielaborare “storie” che corrispondano all’esperienza vissutadal paziente. Questo può voler dire spezzare delle storiestereotipate nell’attaccamento evitante, o cercare di arri-vare ad una narrativa che possa contenere meglio le con-fusioni delle sensazioni quotidiane nell’attaccamento am-bivalente. Il paziente impara a rafforzare “una funzione del raccon-tare storie” che comprende l’esperienza dal “basso”,cioè dell’esperienza vissuta (l’Io di Guidano), e dall’“alto”,cioè dei significati che sottendono e legano le diverse espe-rienze (il Me di Guidano) e, con l’aiuto del terapeuta, mo-della una nuova narrazione di sé e del proprio mondo. Conun paziente confuso, il terapeuta introdurrà frequenti os-servazioni “modellanti” o interpunzioni, cercando di riportarloalla narrazione dell’episodio, attraverso modalità dialogi-che collaborative (ad es. “torneremo tra poco su quantomi sta raccontando, per prima cosa mi dica di più sull’eventoche stiamo analizzando”). Le espressioni “torneremo trapoco” e “mi dica di più” collegano terapeuta e paziente inquanto coautori di una nuova storia. Questo è l’inizio del-

l’oggettivazione, ma è anche un modello per un io os-servante interno (o sé autoriflessivo) che può ascoltare emodulare le sensazioni. Il modellare una storia è la ver-sione narrativa della modulazione e della responsività delcaregiver che trasmette sicurezza. Con un paziente di-stanziante, il terapeuta stimolerà la narrazione in modo di-verso, cercando sempre immagini dettagliate, ricordi edesempi che diano vita a storie frettolose (Holmes, 2001). Anche Daniel Stern (2004) sottolinea la necessità per lapsicoterapia di recuperare la fenomenologia dell’ora, delmomento presente e sottolinea come questa idea gli siavenuta a partire dai suoi studi sull’attaccamento e, in par-ticolare, mentre analizzava filmati di interazioni madre-bambino, rendendosi conto di quanto possa accadere inun momento che dura solo pochi secondi. SecondoStern, a differenza della prospettiva narrativa che, riguardol’esperienza vissuta, seleziona eventi e li colloca nel tem-po, ordinandoli e riordinandoli, al fine di proporre una sto-ria il più coerente possibile (il tempo lineare, cronologico,il cronos), lo studio di ciò che si vive in un dato momen-to, l’accadere immediato e sfuggente della nostra realtàinteriore (il kairos, il momento in corso, in cui accade qual-cosa mentre il tempo scorre), quella che non può esserecolta subitaneamente dal linguaggio ma solo ricostruita aposteriori, dovrebbe diventare il focus del lavoro clinico.Egli afferma che, a livello microtemporale, il suo metodoconsiste nel suddividere le relazioni interpersonali profonde– e la stessa psicoterapia – in momenti che occupano unora soggettivo, che definisce “momenti presenti”. «In ter-mini fenomenologici … sono i più piccoli agglomerati diesperienza dotati di significato clinico, nonché le unità dibase nello studio del processo terapeutico» (Stern, 2004,p. 113). «Momento presente che è ricordato verbalmen-te e viene narrato dopo (anche pochi attimi dopo) l’espe-rienza vissuta. È stato, per così dire, rimodellato dal lin-guaggio … Il momento presente rivela un “mondo in ungranello di sabbia”» (p. 115).Al fine di analizzare il “momento presente” Stern propo-ne come metodo l’“intervista microanalitica” con l’obietti-vo di ricostruire, nel modo più dettagliato possibile,l’esperienza del soggetto, come in un film: «Poi conducoun’intervista del soggetto in quei 5 secondi, della duratadi circa un’ora e mezza. Gli chiedo cosa facesse, cosa pro-vasse, vedesse, udisse e, inoltre, dove si trovasse, quan-do si era mosso, se fosse nella posizione dell’attore o del-lo spettatore, oppure in una posizione intermedia. Gli chie-do di ricostruire le sue esperienze come in un film, comese stessimo facendo un montaggio di ciò che attraversa-va la sua mente. Io sono il cameraman e lui è il regista,che mi indica come usare la macchina da presa» (Stern,2004, p. 8).Oltre a questi ci sono anche altri approcci che hanno mes-so al centro dell’indagine psicoterapeutica l’analisi detta-gliata di episodi interpersonali, tra i quali ricordiamo il CoreConflictual Relationship Theme di Luborsky (CCRT, in ita-liano “Tema Relazionale Conflittuale Centrale”; Luborsky,1976, 1977, 1997, 1998) e l’Analisi configurazionale di Mar-

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9 I “ricordi nodali” di Holmes (2001) corrispondono alle “scene nucleari” di Guidano, cioè sono eventi che rappresentano una concen-trazione di assunti, fantasie o modelli operativi interni del sé in rapporto agli altri. Nella definizione di Holmes «questi ricordi possonoessere reali o immaginari. L’individuo, solitamente, vi “legge” un particolare significato che agisce come principio organizzatore intor-no a cui fa ruotare la propria esperienza attuale». (2001, p.113).

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di Horowitz (Horowitz, 1987, 2005). Ognuno di questi si fo-calizza su alcuni aspetti piuttosto che su altri e guarda l’epi-sodio interpersonale da una prospettiva diversa. Tutti, però,riconoscono l’importanza di enucleare degli episodi chia-ve da suddividere dettagliatamente negli elementi che licompongono, al fine di identificare i temi – emotivi, cognitivie comportamentali – ricorrenti e, pertanto, costituenti del-la personalità del paziente.

Tempo presente

Lambruschi (2008) sottolinea come un indicatore di par-ticolare rilievo della qualità della ricostruzione episodicarealizzata dal paziente e dal terapeuta in seduta, sta nel-l’utilizzo del tempo presente in quanto garantisce la vivi-dezza e l’intensità emotiva della scena. Evidenzia comeil monitoraggio di questo aspetto possa consentire al te-rapeuta di scegliere i momenti più significativi in cui avviareil processo di ulteriore esplorazione dell’esperienza internadel paziente e di cogliere aspetti di particolare difficoltà difocalizzazione del paziente e di eventuale “uscita” dal con-testo evocativo/immaginativo.

Sentire e sapere

Anche quando notiamo degli invarianti di significato nel-la storia e negli episodi che ci racconta il paziente, non lisottolineiamo direttamente perché li deve “sentire”, e non“sapere”, anche lui e, affinché questo avvenga, egli devecambiare il proprio punto di vista e questo può avvenirementre svolge in prima persona la ricostruzione delle se-quenze interpersonali e fa la scoperta, emotivamente si-gnificativa, di vedere le cose in modo diverso. Questo pro-cesso indiretto, cioè l’impossibilità di spiegargli direttamentel’invariante di significato, è dovuto al fatto che non c’è tra-smissione diretta dell’informazione.Il principio fondamentale è che emozioni e pensierosono due sistemi intercorrelati ma distinti e, quindi, si puòdire che i pensieri cambiano i pensieri e le emozioni cam-biano le emozioni. Si influenzano come sistemi distinti eil pensiero può, eventualmente, suscitare una serie di sen-sazioni e di emozioni che, esse sì, possono cambiare leemozioni. Compito del terapeuta è quello di creare un set-ting emotivo, caratterizzato dalla relazione, nel quale la per-turbazione agisce come produttrice di altre emozioni, chepoi possono cambiare la configurazione emotiva di base.Nonostante questo, al paziente dobbiamo comunque daremolte spiegazioni, anche se non lo cambiamo con esse.Le spiegazioni sono degli strumenti che usiamo percreare quel setting emotivo perturbativo particolare che fa-vorirà il cambiamento. Sono gli strumenti che usiamo pervincolarlo e spingerlo a vedere la cosa sotto altre pro-spettive. Per fare questo usiamo il nostro effetto emotivo,da una parte, e l’ampliargli le spiegazioni interne che luisi da, dall’altra. In questo modo gli stimoliamo altre pos-sibilità di pensiero e gli blocchiamo certi suoi modi di at-tribuzione esterna.

Rinuncia a criteri di oggettività “esterna”

La rinuncia a un’oggettività esterna consiste nel ritenere

la razionalità non come un’entità assoluta ma come un pro-cesso relativo sempre all’organismo che l’esibisce, al si-gnificato personale dell’individuo che, in riferimento ad unsuo specifico obiettivo, ha programmato quell’azione(Guidano, 2008). La razionalità è un principio che regola l’efficacia delle azio-ni, quindi di quei comportamenti che, in terapia, possia-mo codificare tramite l’ASCI: riguarda l’efficienza, l’incisi-vità, la capacità di un’azione di cogliere un obiettivo e, cometale, non è riconducibile agli attributi di “vero” o “falso”. Uncomportamento, pertanto, è razionale o meno se è adat-tivo o meno rispetto al significato personale di origine (Gui-dano, 2008).L’attenzione, in ogni caso, non è orientata solamente ai com-portamenti, ma piuttosto agli aspetti formali e strutturali del-la conoscenza, alle modalità, ai procedimenti che il pazienteusa per elaborare convinzioni. In altre parole si dà atten-zione ai grossi temi del paziente dei quali le sequenze com-portamentali irrazionali sono la manifestazione e che, per-tanto, ci permettono di identificarli e sono il primo canaledi accesso per comprenderli.Il nostro scopo nel fare domande è ricostruire i modi concui il paziente pensa e non abbiamo il problema se al suomodo di pensare corrisponda la realtà esterna (Guidano,2008). Come sottolinea anche Benjamin (1996), per ca-pire le azioni bisogna capire le percezioni in quanto il com-portamento riflette le convinzioni di una persona, non larealtà. Quest’ultima, infatti, non ci permette di spiegare i“perché” le persone fanno ciò che fanno. Il nostro compito non è capire se un determinato ordina-mento sia vero o no ma, piuttosto, come è fatto. Dobbia-mo sempre pensare che ogni comportamento del pazienteche decodifichiamo con l’ASCI va preso come informazionesu di lui, e non come dato di realtà. Attraverso i resocontidel paziente dobbiamo determinare i suoi modi di ragio-namento, le componenti del suo significato personale, glielementi costitutivi su cui lui vede il mondo e se stesso.Questo possiamo farlo non solo vedendo in che modo ri-corda o racconta una determinata sequenza di compor-tamenti ma andandola a riordinare e descrivere insiemea lui, comprendendo – e aiutandolo a comprendere – ilmodo in cui l’ha prodotta, cioè a partire da quali modellidi interpretazione della realtà ha agito.Tutta la strategia di ricostruzione dei dati si basa su que-sto processo indiretto, cioè sul fatto che ogni atteggiamento,parola, frase, è una sfaccettatura, un aspetto particolaredi un significato personale unitario che dobbiamo coglie-re; la manifestazione dello stesso invariante che dobbia-mo ricercare e comprendere (Guidano, 2008). Anche Ben-jamin (1996) afferma che, indipendentemente dalle di-storsioni, il sistema ha una consistenza interna e le rela-zioni tra la percezione, la risposta e l’interiorizzazione cor-risponderanno in qualche modo che abbia senso. Il pazienteed il clinico devono collaborare per scoprire come tutto que-sto collima.Questo invariante si manifesta, a nostro avviso, anche nel-la ripetizione dei cicli interpersonali che cerchiamo di de-scrivere. In particolare, utilizzando l’ASCI, possiamo an-che vedere come, in questi cicli, ci sono delle sequenzeo delle posizioni che tendono a ripetersi e che sottolineanola presenza di una struttura di significato invariante di li-vello tacito e, in modo indiretto, ci forniscono anche deglielementi importanti su di essa.L’analisi comportamentale dei cicli interpersonali, pertanto,

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va fatta con rigore, cogliendo, di base, le paure ed i desi-deri, l’input (che può essere un’azione reale o immaginata),la risposta e l’impatto sul sé, nonché gli ABC. Se la per-sona non ce li dice è possibile che le nasconda, a noi oa se stesso, per qualche motivo, oppure che non le mo-nitorizzi a causa di malfunzionamenti metacognitivi.

Dalle azioni ai resoconti al “significato personale”

Questo processo di analisi indiretta dalle azioni al signifi-cato personale va visto a scalini. Ad un primo livello abbiamole azioni e gli atteggiamenti, ad un secondo i resoconti espli-citi (livello che coincide con la consapevolezza in atto delsoggetto) e, ad un terzo livello, gli aspetti invarianti del si-gnificato personale, molti dei quali possono essere ignotial soggetto (Guidano, 2008). Il lavoro di ricostruzione in-diretta va fatto risalendo dal primo al terzo livello.Le azioni vengono sempre accompagnate dai resocontidella persona che le spiega. Inizialmente è importante farraccontare l’azione per privilegiare gli aspetti non verba-li, emotivi, dell’azione. L’azione ci interessa come spia in-diretta che ci segnala le emozioni che la persona prova-va in quel momento, più che la razionalità o no dell’azio-ne. Il resoconto della persona ci fornisce un saggio dellesue categorie coscienti, un saggio dell’immagine di sé acui cerca di aderire consapevolmente. Dalle emozioni chetraspaiono dalle azioni noi ricaviamo due piani: primo, quan-to lui ne è consapevole (livello 2) e, secondo, informazio-ni sui suoi temi emotivi di base (livello 3). Un’azione o una sequenza di azioni con un determinatocomportamento mimico ci segnalano le emozioni sotto-stanti, il livello di controllo che questa persona ha sulle sueemozioni e come le canalizza all’esterno. Un resoconto haanch’esso un valore informativo indiretto perché serve adandare indirettamente a ricostruire elementi non diretta-mente osservabili come, ad esempio, l’immagine di sé acui la persona cerca di aderire e gli aspetti invarianti di si-gnificato.I dati osservabili sono quelli che ci danno informazioni suidati non osservabili i quali, poi, sono l’oggetto del lavoroterapeutico, dato che sono quelli ad essere distorti.Questi tre livelli sono sovrapposti l’uno con l’altro. Le azio-ni sono segnali, spie delle emozioni, molto più dei reso-conti che la persona fa. Come sottolinea Guidano (2008)anche quando una persona parla di un’emozione e forniscedei resoconti accurati su di essa, è importante osserva-re attentamente le azioni che compie. I resoconti sono del-le teorie che la persona ha su di sé quando prova quellacosa ma, se vediamo le azioni che compie, vediamo quel-la cosa direttamente. Per fidarsi della teoria secondo cuiil resoconto di un’emozione coincide con l’emozione bi-sognerebbe assumere che la persona è completamenteconsapevole di se stessa, e questo è impossibile.Dal contrasto fra azioni e resoconti possiamo avereun’idea del contrasto che c’è fra livello tacito e livello espli-cito. Il livello esplicito della coscienza fornisce una for-malizzazione adeguata al materiale tacito. La discrepan-za tra i due ci da un’idea di quali possano essere i mate-riali taciti che non hanno trovato collocazione nelle teorieesplicite dell’individuo. Uno degli elementi centrali del co-gnitivismo-interpersonale, ereditato dal post-razionali-smo di Guidano, è far sì che a tutto ciò che la persona pro-va a livello tacito, che è ineliminabile, corrisponda un’ade-

guata formalizzazione a livello esplicito. Questo significaaumentare il livello di consapevolezza della persona, cheè diverso da una semplice riorganizzazione semantica del-l’esplicito in modo tale che ella abbia un controllo più ef-ficace sul tacito.Il modello ASCI è di grande aiuto in questo processo inquanto ci permette di decodificare alcuni comportamen-ti che la persona non riesce a riconoscere adeguatamente,in quanto farlo vorrebbe dire riconoscere una determina-ta emozione e/o un’immagine di sé incompatibili con l’im-magine di sé che il paziente cerca di proteggere o rag-giungere, ma che sono in linea con i desideri e/o le pau-re di base. In questo modo il sistema riesce a conserva-re la sua coerenza e stabilità interna, nonostante ester-namente le relazioni possono risultare compromesse.Prendiamo l’esempio di una coppia attualmente in psi-coterapia. Il marito, che chiameremo Marco, che attual-mente vive fuori casa, è convinto che la moglie non gli pre-sti sufficienti attenzioni e che, anzi, lo trascuri ponendo piùattenzione ad altre esigenze. Marco racconta che un gior-no, al fine di vedere se la moglie fosse pronta a dargli leattenzioni che lui fortemente desidera, decide di comprarela cena per il giorno dopo sapendo che la moglie sareb-be tornata da un viaggio con i figli piccoli e, quindi, nonavrebbe avuto tempo per cucinare. La chiama e, generi-camente, gli comunica che aveva comprato delle cose perla cena. Lei gli chiede cosa intendesse, se le avesse com-prate per lei e per i figli, dato che sapeva che per quellasera lui aveva già altri impegni in programma, oppure pertutti insieme. Lui gli dice di decidere lei. La moglie, allora,gli risponde che quella sera non era possibile cenare in-sieme dato che si era già organizzata con altre persone,proprio perché non avrebbe avuto il tempo di cucinare. Inogni caso lo ringrazia e gli dice che avrebbero potuto man-giare quelle cose tutti insieme un altro giorno. A questo pun-to Marco si arrabbia molto accusando la moglie di non es-sere per nulla cambiata, di non capire e non considerarei suoi desideri, di essere troppo calcolatrice e di non es-sere pronta a modificare i programmi per lui, segno evi-dente che questi impegni contavano di più.Decodificando questo episodio utilizzando il modello di Ben-jamin, dal punto di vista della consapevolezza esplicita delmarito, quello che lui ha fatto è stato dimostrare AMOREATTIVO alla moglie comprando la cena e APRIRSI datoche dai suoi comportamenti era palese che desiderava ce-nare insieme, sperando di stimolare nella moglie un at-teggiamento di AMORE REATTIVO e di CONFERMA. Non si è però reso conto, a livello esplicito, che il suo com-portamento conteneva anche degli atteggiamenti di CON-TROLLO (prima fa le cose e poi le propone) con la spe-ranza che la moglie si SOTTOMETTA (accettando in-condizionatamente il suo progetto), e di ADOMBRAMENTO(non esplicita apertamente i propri desideri e lascia chesia la moglie a intuirli e a decidere). In particolare, lasciareche sia la moglie a decidere se utilizzare quel cibo per man-giare insieme o no è plausibile interpretarlo come un com-portamento complesso. Da una parte, infatti, apparecome un tentativo di EMANCIPARE la moglie ma, dall’altro,è una forma di CONTROLLO in quanto l’attende “al var-co”.Quando vede che i suoi desideri non vengono esauditi percome li aveva pensati ed organizzati si arrabbia ed accusala moglie (BIASIMARE, ATTACCARE) di non essere pron-ta ad andargli incontro mettendolo al primo posto, conti-

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nuando a mettere prima di lui altri impegni, segno evidentedi una mancanza di amore. Il desiderio profondo di Mar-co, pertanto, è quello di essere CONFERMATO, ma ha unaprofonda paura di essere IGNORATO e pertanto non siAPRE realmente, per non rendersi apertamente vulnerabilema, a livello tacito di consapevolezza, “condisce” le suecomunicazioni con forme di CONTROLLO e di ADOM-BRAMENTO, attendendo che l’altro si SOTTOMETTA alleproprie manovre e arrivi a CONFERMARLO. Quando que-sto non avviene inizia a BIASIMARE o ad ATTACCAREl’altro attribuendogli le colpe e proteggendo l’immagine cheha di sé (CONFERMARSI). Il desiderio di essere CON-FERMATO è tanto forte da non accettare deroghe, dila-zioni o compromessi, che vengono interpretate come for-me di trascuratezza (IGNORARE). A livello tacito il suo comportamento prende le mosse dalrisentimento, dalla paura di essere ignorato e da un enor-me bisogno di essere confermato ma, non essendone pie-namente consapevole o non volendoli accettare o am-mettere, tende a mettere in atto comportamenti che nongli permettono di ottenere la risposta desiderata e, ognirisposta diversa da quella prevista, viene interpretata comeun rifiuto: se non mi CONFERMI mi stai IGNORANDO.La consapevolezza di queste dinamiche sarebbe per Mar-co dissonante rispetto all’immagine di sé caratterizzata dal-la correttezza e dalla chiarezza e, quindi, rimangono al difuori della consapevolezza. Un esempio di sequenzializ-zazione di questo evento è stato riportato nella Tabella 1alla fine dell’articolo.Questo processo di analisi degli eventi riguarda sia il rac-conto di episodi del presente che del passato. Ad esem-pio, Marco ha avuto una madre affetta da un disturbo pa-ranoico con deliri di carattere religioso. Ella, a livello espli-cito di coscienza, cercava di AMARE e PROTEGGERE isuoi figli dal “maligno” che si nascondeva “nelle cose delmondo” (la televisione, la radio, gli amici, ecc.), ma in re-altà quello che faceva era ATTACCARLI e CONTROL-LARLI (gli spegneva, e a volte rompeva, la tv e la radio,li accusava, li picchiava, li portava dagli esorcisti e dove-vano frequentare regolarmente varie funzioni religiose).Ogni cosa, in modo irrazionale ed improvviso, poteva es-sere oggetto di questo delirio paranoico. In un clima di que-sto tipo il soggetto, da una parte ha imparato a RITIRARSIe ad ADOMBRARE con risentimento e senso di ingiusti-zia i propri desideri e, dall’altra, in alcune circostante, hainiziato a soddisfarli in modo intransigente, secondo il pro-cesso degli opposti, cercando di CONTROLLARE l’altro,cioè in modo simile alla madre.A livello di introietto ha iniziato a CONTROLLARSI, in ri-sposta al CONTROLLO esercitato dalla madre in asso-ciazione agli ATTACCHI, e ad AMARSI e CONFERMARSIesageratamente, in risposta all’effettivo bisogno di amo-re e al senso di ingiustizia subita. L’eccessivo controllo, ilbisogno di conferme ed il senso di ingiustizia subìta lo han-no portato a sviluppare un’immagine di sé come di una per-sona coerente e corretta; il bisogno di amore incondizio-nato frustrato e desiderato gli ha fatto reificare i suoi bi-sogni pretendendo soddisfazione incondizionata. Nelcaso di mancata soddisfazione si riattivano in lui i vissu-ti di ingiustizia subita e di risentimento. Invece di esprimereapertamente i suoi bisogni ha imparato ad adombrarsi ma-scherando, anche a se stesso, la paura. Nei momenti didifficoltà ha imparato ad attaccare e controllare con rab-bia oppure a ritirarsi con risentimento. Le sue manifesta-

zioni di amore spesso sono state mischiate con queste for-me di controllo e adombramento.Affinché Marco si renda conto di tutte queste dinamichesarà necessario collezionare più di un episodio come quel-lo del litigio con la moglie, farglieli sequenzializzare tramitela tecnica dell’Auto Osservazione Strategica, aiutarlo a ren-dersi conto degli elementi invarianti che li accomunano,metterli in relazione con degli eventi o delle relazioni delpassato – che, anch’esse, contengono gli stessi elemen-ti invarianti – fargli osservare tutte queste dinamiche re-lazionali sia da dentro che da fuori. In questo modo, i mag-giori livelli di consapevolezza che Marco otterrà nell’ana-lisi di un evento verranno poi trasferiti a tutti gli altri, finoad arrivare alla comprensione e al cambiamento degli in-varianti di significato della sua struttura di personalità.

Progressione dell’Auto Osservazione Strategica

La ricostruzione va fatta per livelli progressivi, che ci si oc-cupi dell’attualità o del passato. Come norma procedura-le è bene procedere per gradi con il paziente usuale: ini-ziamo ricostruendo gli elementi base dei fenomeni di di-sagio presentati e valutiamo l’insieme di emozioni corri-spondenti e come la persona se le può spiegare (Guida-no, 2008).Progressivamente addestriamo il paziente a collegare azio-ni, pensieri ed emozioni. Quando iniziamo a lavorare sul-le emozioni lo portiamo ad un livello di auto-osservazio-ne un po’ più profondo, che richiede, come livello prope-deutico, l’aver maneggiato azioni e riconosciuto gruppi diazioni simili (i cicli).Successivamente arriviamo alla storia di sviluppo che èbene iniziare quando il paziente è già abbastanza esper-to in auto-osservazione. Come sottolinea Guidano (2008),conviene analizzare la storia di sviluppo due volte. All’inizio, può servire quando abbiamo quasi ultimato unaformulazione del problema e una ricostruzione del repertoriocomportamentale connesso. In questa prima fase elabo-riamo col paziente una traccia di storia per dare consistenzaal problema che stiamo riformulando. A questo punto puòessere utile fare una traccia di storia sul problema perchépuò fornire materiale che poi possiamo utilizzare con lui.Però questo, di per sé, non è sufficiente per usare la sto-ria di sviluppo come occasione per un cambiamento piùprofondo. All’inizio può servire per rendere consapevoli quel-le emozioni già presenti in coscienza ma ancora non bencodificate.Per approfondire il livello di consapevolezza del pazien-te, in seguito alla sequenzializzazione di un determinatoevento del presente, così come suggerisce Benjamin (2003)possiamo valutare insieme a lui i legami con altri eventi delpassato. Questo possiamo farlo chiedendogli se ricordaeventi con delle caratteristiche simili a quelle appena emer-se oppure proponendo noi un evento che ci ha racconta-to che, a nostro avviso, contiene degli elementi comuni conl’evento appena analizzato.In seguito, possiamo iniziare una vera e propria analisi del-la storia di sviluppo quando si è già prodotto un migliora-mento sintomatologico, si è già raggiunto un nuovo tipo diconoscenza ed è cambiato l’atteggiamento del paziente ver-so la sua realtà. Questo perché se il paziente non vedereil suo passato da un altro livello non serve a niente. Comedice Guidano (2008) «si ripassa la lezione che già sa».Quando vogliamo andare verso un cambiamento più pro-

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fondo, dobbiamo arrivare a una riconsiderazione, daparte della persona, anche del suo passato. Se non c’è rior-ganizzazione del passato, non c’è riorganizzazione pos-sibile dell’immagine di sé. Noi possiamo aver già visto, acolpo d’occhio, dove risiede il problema del paziente e inquali dinamiche ha avuto origine. Lui però non lo sa. È luiche deve fare questo reframe ed il conseguente salto diconoscenza. Per raggiungere questo obiettivo è necessariosvolgere il lavoro di auto-osservazione sul passato con latecnica dell’Auto Osservazione Strategica. È così che co-minciano a venir fuori tutti i dati contrastanti di quei ricor-di che lui non si decodifica, nonché tutti i legami con le mo-dalità relazionali del presente.In questo modo il paziente riesce a ricostruire la mappadei significati di fondo della propria esistenza che eranoalla base della sua sofferenza personale e che oggi puòmodificare cercando livelli di coerenza, coesione ed uni-tarietà dell’organizzazione di significato più funzionali alproprio adattamento intersoggettivo e alla ricerca della pro-pria autostima e di una trama narrativa che conferisca sen-so alla sua esistenza.

Auto Osservazione Strategica “cooperativa” e meta-cognizione

L’Auto Osservazione Strategica è una tecnica attraversola quale il soggetto cerca di raccontare, descrivere ed ana-lizzare le proprie relazioni all’interno di un processo rela-zionale cooperativo e mentalizzante.Proprio questo aspetto di condivisione mentalizzante del-l’attenzione e delle intenzioni – caratterizzato, quindi, dal-l’attivazione del sistema motivazionale cooperativo – è unelemento fondamentale per lo sviluppo delle abilità me-tacognitive, necessarie sia per il lavoro di auto osserva-zione richiesto dalla tecnica in esame, sia, soprattutto, pervivere in modo maturo e funzionale10 gli eventi e le rela-zioni quotidiani. L’attenzione condivisa, infatti, fin dai 9 mesi, è considerataun precursore fondamentale per lo sviluppo delle com-petenze metacognitive (Tomasello, 1999; Manaresi et al.2008). L’interazione del bambino con gli adulti, che lo im-pegna in attività condivise e finalizzate, sembra essere unacondizione fondamentale per lo sviluppo delle funzioni me-tacognitive, ancor più di quanto lo siano le interazioni diattaccamento nelle quali il bambino chiede aiuto e conforto,più che condivisione di attività e interessi. L’essere impe-gnati in queste forme di condivisione produce nel bambi-no, e conferma nell’adulto, quella fluidità e continuità del-la coscienza che si accompagna da un lato alla consa-pevolezza dell’obiettivo che si sta perseguendo, e dall’altroalla consapevolezza dell’individuo, vissuto come propriosimile, che partecipa al conseguimento dello scopo (To-masello, 1999; Manaresi et al., 2008).Il sistema cooperativo partitetico è connesso a funzionimentali e cerebrali complesse. Per accedere a una per-cezione dell’altro come simile a sé e nell’intenzionalità (To-masello, 1999) e per cooperare con lui in vista di un obiet-

tivo congiunto, senza riferimento a relazioni di dominan-za, è necessaria una serie di abilità emotive, cognitive ecomunicative che fondano lo sviluppo della metacognizione(Manaresi et al., 2008) e, a loro volta, ne sono influenza-te in un processo ricorsivo. Una volta che l’esperienza del-la condivisione fra pari sia sufficientemente sviluppata, laconsapevolezza che ne deriva di poter accedere a que-sto tipo di interazione potrebbe incrementare la capacitàdi comprendere meglio l’altro anche negli scambi in cui sia-no attivi sistemi motivazionali diversi da quello coopera-tivo (Manaresi et al., 2008; Liotti, Cortina & Sazzi, 2008).In questo senso, l’esercizio del sistema cooperativo pa-ritetico potrebbe ipoteticamente potenziare la capacità diattivare funzioni metacognitive anche durante l’attivazio-ne incipiente di altri sistemi motivazionali interpersonali,permettendo di interpretare più adeguatamente i segna-li provenienti dall’altro. In questa modalità relazionale cooperativa, già di per sémentalizzante, trovano uno spazio d’azione particolarmentefavorevole le modalità di realizzazione dell’Auto Osser-vazione Strategica che, già di per sé, richiede e favoriscele abilità metacognitive del soggetto attraverso l’analisi dipaure, desideri, emozioni, pensieri, comportamenti, non-ché il guardarsi da varie prospettive ed il descrivere il com-portamento dell’altro al fine di comprenderlo e decodificarlo.

Considerazioni conclusive

La moviola, come metodo basilare di auto osservazione,potrà essere utilizzato in diverse fasi del processo psico-terapeutico:• in fase iniziale nell’analisi delle sequenze sintomatiche

portate come egodistoniche dal paziente, per la rifor-mulazione interna del problema;

• in termini di connessione tra aspetti sintomatologici eandamento delle relazioni affettivamente significativedel paziente, quindi nell’analisi del suo stile affettivo;

• infine nella ricostruzione di eventi significativi della pro-pria storia di sviluppo.

Inoltre, i passaggi dal presente, al passato prossimo, al pas-sato remoto introducono altri punti di vista e prospettive(sé come attore sulla scena allora, sé come spettatore al-lora, sé come spettatore adesso) che vanno ad incre-mentare ulteriormente la flessibilità e l’articolazione del si-stema conoscitivo del paziente. A questo riguardo, le scien-ze cognitive hanno consentito di dettagliare la descrizio-ne della possibile strutturazione dei modelli operativi in-terni come base organizzativa del Sé, ipotizzando diver-si sistemi di memoria: inizialmente in forma di memoria ta-cita, articolata in schemi senso-motori (memoria proce-durale) e immagini sensoriali; successivamente in formadi memoria dichiarativa (proposizionale), cioè mediata daregole linguistiche, nelle sue componenti episodiche e se-mantiche; il tutto armonizzato in una memoria di lavoro cheha il compito di integrare le diverse rappresentazioni di-sposizionali provenienti dai vari sistemi.

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10 Nel modello cognitivo-interpersonale, così come espresso da Guidano, un comportamento, un’emozione o un pensiero non sonomai razionale o meno in sé, ma sempre in riferimento all’organismo che li spiega, alle sue necessità e alle circostante, e non in rife-rimento ad un osservatore che li giudica rispetto a punti di vista e parametri suoi. È in questi termini che vanno intese la funzionalitàe la maturità di un comportamento, di un’emozione o di un pensiero o l’atteggiamento che la persona esperisce o agisce nei loro con-fronti.

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EIn quest’ottica, si può sostenere che il metodo di autos-servazione veicolato attraverso la tecnica della moviola edell’Auto Osservazione Strategica consente enormi pos-sibilità di sondaggio, attivazione e integrazione dei diver-si sistemi di memoria. Ciò avviene attraverso una costantee sistematica traduzione dell’esperienza semantica del sog-getto in specifiche e coerenti rappresentazioni episodichedi sé nella relazione con l’altro e attraverso un continuo slit-tamento e confronto tra tali dimensioni più esplicite del Sée le corrispondenti rappresentazioni tacite, sotto forma diimmagini sensoriali, pattern viscerali, schemi senso-mo-tori e sequenze comportamentali, promuovendo in tal modopiù complessi e articolati processi di integrazione del Sé.Inoltre, attraverso l’analisi puntuale dei singoli comporta-menti e dei diversi cicli interpersonali – con tutto il corre-do di informazioni associate così come descritto dall’ASCI– è possibile riconoscere la modalità con la quale si atti-vano i diversi sistemi motivazionali – e i relativi stati men-tali associati – e il funzionamento metacognitivo grazie alquale il soggetto agisce, riconosce, descrive ed elaboramentalmente le componenti – emotive, cognitive, com-portamentali e sensoriali/somatiche – di tali sistemi. Nonsolo, è anche una prima occasione nella quale è possibilesollecitare un’attivazione dei sistemi motivazionali più fun-zionale, flessibile ed integrata, ed un migliore funzionamentometacognitivo. Questo grazie alle caratteristiche stesse della tecnica diindagine che permette di sollecitare proprio quelle funzionie attivazioni di sistemi motivazionali che, al contempo, in-daga.In ultimo, è la stessa relazione terapeutica necessaria perl’Auto Osservazione Strategica ad essere curativa. Essa,come sottolinea anche Lambruschi (2008), consiste in unaprofonda e costante validazione dell’esperienza interna delpaziente; il terapeuta esprime (senza critiche, giudizi, ten-tativi di ristrutturazione diretta o modalità suggestive) la suaprofonda curiosità per gli stati emotivi, fisici, cognitivi delpaziente, il proprio desiderio di farsi attraversare da essi,di starci dentro senza timore, legittimandoli. Quando un pa-ziente accetta di stare realmente e profondamente in mo-viola col terapeuta vuol dire che sta cominciando realmentea fidarsi di lui e del modo in cui lui tratterà il suo mondointerno.

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