02. Modelli Matematici: Derivazione - Automazione@ingre · Controlli Automatici Derivazione di...

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Controlli Automatici 02. Modelli Matematici: Derivazione Prof. Cesare Fantuzzi Ing. Cristian Secchi Ing. Federica Ferraguti ARSControl - DISMI - Università di Modena e Reggio Emilia E-mail: {nome.cognome}@unimore.it http://www.arscontrol.org/teaching

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02. Modelli Matematici: Derivazione

Prof. Cesare Fantuzzi

Ing. Cristian Secchi

Ing. Federica Ferraguti

ARSControl - DISMI - Università di Modena e Reggio Emilia

E-mail: {nome.cognome}@unimore.it

http://www.arscontrol.org/teaching

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Problema: Determinare il modello matematico che approssimi ilcomportamento di un sistema dinamico

Indagine diretta: il sistema viene suddiviso in sottosistemi elementari il cui modello

matematico è facilmente identificabile e il modello complessivo viene dedotto componendoi modelli dei sottosistemi elementari e applicando leggi base della fisica. Applicabile a casisemplici in cui, sotto certe ipotesi, l’introspezione fisica del sistema permette lamodellazione.

Black box: il sistema si considera come una «scatola nera» di cui occorre identificarne il

comportamento mediante l’analisi dei segnali di ingresso (opportunamente variati) e dellerispettive uscite (analisi armonica). Utile in quei casi dove la fisica del sistema è cosìcomplessa da non permettere una introspezione.

Gray box (approccio misto): il sistema complessivo viene scomposto in diversi sottosistemiinteragenti, di cui alcuni modellati mediante introspezione fisica e altri mediante l’analisiingresso/uscita.

Principi di modellistica

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L’analisi energetica del sistema risulta un utile strumento per la derivazione delmodello matematico.

Dalla definizione di stato (grandezza che sintetizza la storia passata delsistema utile al fine di calcolare l’uscita corrente) sembra ragionevolescegliere, come variabili di stato, grandezze che determinano quantità dienergia accumulate nel sistema (variabili energetiche).

In ogni dominio energetico (tranne in quello termico) ci sono due variabilienergetiche e due meccanismi di accumulo dell’energia che dipendono,ciascuno, da una sola delle due variabili energetiche. Il prodotto delle duevariabili energetiche rappresenta la potenza in quel particolare dominioenergetico.

In ogni dominio energetico esiste un parametro che lega le due variabilienergetiche e che caratterizza il meccanismo di dissipazione dell’energia inquel dominio.

Derivazione del modello mediante indagine diretta

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Meccanismi elementari di accumulo dell’energia

Le variabili ai morsetti

sono in realtà differenze

Considerazioni energetiche

Dominio Accumulo capacitivo Accumulo induttivo

elettrico 𝐸 =1

2𝐶𝑣2 𝐸 =

1

2𝐿𝑖2

meccanicotraslante

𝐸 =1

2

1

𝐾𝑓2 𝐸 =

1

2𝑀𝑣2

meccanicorotante

𝐸 =1

2

1

𝐾𝑐2 𝐸 =

1

2𝐽𝜔2

idraulico/pneumatico 𝐸 =1

2𝐶𝑓𝑝

2 𝐸 =1

2𝐿𝑓𝑞

2

termico 𝐸 = 𝐶𝑡𝑇 manca

l’energia accumulata dipende dalle

variabili ai morsetti

variabilipassanti

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Scomposizione del sistema complessivo in sottosistemi elementari il cuimodello matematico sia facilmente derivabile (sotto opportune ipotesi).

Composizione dei modelli elementari mediante principi base della fisica(conservazione dell’energia) per derivare il modello complessivo:

Sistemi elettrici: Leggi di Kirchhoff per le tensioni e per le correnti

Sistemi meccanici: Legge di Newton

Sistemi idraulici: Equazioni di Bernoulli

Derivazione di modelli matematici di sistemi fisici

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Si prenderanno in esame alcuni esempi di modelli matematici dinamici per:• illustrare i procedimenti generali che usualmente si impiegano nella loro deduzione

• chiarire le analogie esistenti fra modelli di sistemi fisici di diversa natura

In particolare, verranno descritti sistemi: elettrici

meccanici

elettro-meccanici

idraulici

termici

Si dedurranno i modelli in forma di equazioni differenziali ordinarie del tipo:

𝑎𝑛𝑑𝑛𝑦

𝑑𝑡𝑛+ 𝑎𝑛−1

𝑑𝑛−1𝑦

𝑑𝑡𝑛−1+⋯+ 𝑎0𝑦 = 𝑏𝑚

𝑑𝑚𝑢

𝑑𝑡𝑚+ 𝑏𝑚−1

𝑑𝑚−1𝑢

𝑑𝑡𝑚−1+⋯+ 𝑏0𝑢

Il problema della soluzione di tali equazioni differenziali, cioè ricavarel’andamento di 𝑦(𝑡) in funzione di 𝑢(𝑡), verrà preso in esame successivamente

Trasformate di Laplace

Modelli matematici di alcuni sistemi dinamici

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Per semplificare la scrittura delle equazioni differenziali si userà il simbolo(operatore) D per indicare l’operazione di derivazione rispetto al tempo:

𝐷𝑥(𝑡) 𝑑𝑥(𝑡)

𝑑𝑡

𝐷2𝑥(𝑡) 𝑑2𝑥(𝑡)

𝑑𝑡2

Ad esempio, se 𝑥1(𝑡), 𝑥2(𝑡) sono funzioni derivabili e 𝑎1, 𝑎2 costanti, allora:𝑦 𝑡 = 𝑎1𝑥1(𝑡)+𝑎2𝐷𝑥2(𝑡)

implica

𝐷𝑦 𝑡 = 𝐷 𝑎1𝑥1 𝑡 +𝑎2𝐷𝑥2 𝑡 = 𝑎1𝐷𝑥1(𝑡)+𝑎2𝐷2𝑥2(𝑡)

Si può dare un significato anche al simbolo1

𝐷o 𝐷−1 ponendo

1

𝐷𝑥 𝑡 = 0

𝑡𝑥(𝜏) 𝑑𝜏 + 𝐾 in cui 𝐾 è un’opportuna costante

Operatore “D”

L’operatore D si può trattare come se fosse una costante:gode infatti della proprietà distributiva rispetto allasomma e della proprietà commutativa con le costanti (noncon le funzioni del tempo)

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Questa relazione costituisce una notazione convenzionale, in quanto in realtàl’operatore D non è invertibile, rappresentando una corrispondenza che non èuno a uno, ma molti a uno: tutte le funzioni che differiscono per una costantepresentano infatti la stessa derivata.

Esempio𝑦1 𝑡 = 5𝑥2 𝑡 + 7𝑦2 𝑡 = 5𝑥2 𝑡 + 7

𝑫𝒚𝟏 𝒕 = 𝑫𝒚𝟐 𝒕 = 𝟏𝟎𝒙(𝒕)

Per questo motivo,1

𝐷non si può applicare ai due membri di una relazione

esprimente l’uguaglianza di due funzioni:

se è 𝑦 𝑡 = 𝑥 𝑡

𝐷𝑦 𝑡 = 𝐷𝑥 𝑡

non è detto che sia 𝐷−1𝑦 𝑡 = 𝐷−1𝑥 𝑡 (solo per condizioni iniziali nulle)

Operatore “D”

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I circuiti elettrici lineari sono sistemi complessi rappresentabili comeinterconnessioni dei seguenti sistemi elementari (componenti):

𝑄0 indica la carica iniziale della capacità

𝑁1 e 𝑁2 indicano i numeri delle spire del circuito primario e secondario

Circuiti elettrici

RESISTENZA 𝑣 𝑡 = 𝑅𝑖(𝑡) INDUTTANZA𝑣 𝑡 = 𝐿

𝑑𝑖(𝑡)

𝑑𝑡

𝑣(𝑡) = 𝐿𝐷𝑖(𝑡)

CAPACITA’

𝑣 𝑡 =1

𝐶 0𝑡𝑖 𝜏 𝑑𝜏 +

𝑄0

𝐶

𝑣 𝑡 =1

𝐶

1

𝐷𝑖(𝑡)

GENERATOREDI TENSIONE

𝑣 𝑡 = 𝑉0 (=cost)

GENERATOREDI CORRENTE

𝑖 𝑡 = 𝐼0 (=cost)TRASFORMATORE

IDEALE

𝑣1 𝑡 =𝑁1

𝑁2𝑣2(𝑡)

𝑖1 𝑡 = −𝑁2

𝑁1𝑖2(𝑡)

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Altri componenti di circuiti elettrici sono:

Amplificatore operazionale

Transistor

Trattando con segnali logici, si possono considerare anche operatori logiciquali: AND, OR, NOT, NOR, … che costituiscono gli elementi di base delle RetiLogiche.

Le unità di misura delle grandezze elettriche nel sistema SI sono:

Circuiti elettrici

Variabili Parametri

𝑣 = 𝑉 Volt 𝑅 = Ω Ohm

𝑖 = 𝐴 Ampere 𝐿 = 𝐻 Henry

𝑄 = 𝐶 Coulomb 𝐶 = 𝐹 Farad

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I modelli matematici dei circuiti elettrici (composizione di sistemi elementari)si ottengono in genere applicando le Leggi di Kirchhoff, cioè esprimendo ilbilancio delle cadute di potenziale lungo le maglie o delle correnti ai nodi:

La somma algebrica delle tensioni in una maglia è nulla

La somma algebrica delle correnti in un nodo è nulla

Circuiti elettrici

𝑖3

𝑣2

𝑣3𝑣4𝑣1

𝑣1 = 𝑣2 + 𝑣3 + 𝑣4

𝑖2

𝑖1 𝑖4

𝑖1 + 𝑖2 + 𝑖3 + 𝑖4 = 0

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𝑣𝑖 𝑡 = 𝑣𝐿 𝑡 + 𝑣𝑅 𝑡 + 𝑣𝐶 𝑡 = 𝐿𝑑𝑖(𝑡)

𝑑𝑡+ 𝑅𝑖 𝑡 +

1

𝐶 0

𝑡

𝑖 𝜏 𝑑𝜏 = 𝐿𝐷𝑖 𝑡 + 𝑅𝑖 𝑡 +1

𝐶

1

𝐷𝑖(𝑡)

𝑫𝒗𝒊 𝒕 = 𝑳𝑫𝟐 + 𝑹𝑫 +𝟏

𝑪𝒊(𝒕)

Volendo ricavare, anziché la corrente 𝑖, la tensione d’uscita 𝑣𝑢, si può operarela sostituzione 𝑖 𝑡 = 𝐶𝐷𝑣𝑢(𝑡), mediante la quale si ottiene (𝑣𝐶 𝑡 = 𝑣𝑢(𝑡))l’equazione differenziale

𝑣𝑢(𝑡)=1

𝐿𝐶𝐷2 + 𝑅𝐶𝐷 + 1𝑣𝑖(𝑡)

che mette in evidenza la relazione tra causa 𝑣𝑖 ed effetto 𝑣𝑢.

Circuiti elettrici - Esempio

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Circuiti elettrici - Esempio

Equazione differenziale

condizioni iniziali nulle

1 accumulatoredi energia

𝑖𝑅 𝑖𝐶𝑖(𝑡)𝑣(𝑡)uscita

ingresso

A

Kirchhoff al nodo A𝒊 = 𝒊𝑹 + 𝒊𝑪

𝑖𝑅 =1

𝑅𝑣 𝑡

𝑖𝐶 = 𝐶𝑑𝑣(𝑡)

𝑑𝑡

Equazione algebrica nell’operatore D

𝑖 𝑡 =1

𝑅𝑣 𝑡 + 𝐶

𝑑𝑣(𝑡)

𝑑𝑡

𝑖 𝑡 =1

𝑅𝑣 + 𝐶𝐷𝑣

Sistema del 1° ordine

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Circuiti elettrici - Esempio

Equazione differenziale

condizioni iniziali nulle

𝑣𝑅(𝑡)

𝑖(𝑡)

Kirchhoff alla maglia𝒗𝒊 = 𝒗𝑹 + 𝒗𝑪

𝑣𝑅 = 𝑅𝑖(𝑡)

𝑣𝐶 =1

𝐶 0

𝑡

𝑖 𝜏 𝑑𝜏

Equazione algebrica nell’operatore D

𝑣𝑖 𝑡 = 𝑅𝑖(𝑡) +1

𝐶 0

𝑡

𝑖 𝜏 𝑑𝜏

𝑣𝑖(𝑡) = 𝑅𝑖 +1

𝐶𝐷−1𝑖

𝐷𝑣𝑖 = 𝑅𝐷𝑖 +1

𝐶𝑖 𝐷𝑣𝑖 = 𝑅𝐷 +

1

𝐶𝑖

Sistema del 1° ordine

𝑣𝐶(𝑡)𝑣𝑖(𝑡)

Se interessa 𝑣𝐶 come uscita, ricordando che 𝑖 = 𝐶𝐷𝑣𝐶 𝑣𝑖 = 𝑅𝐶𝐷 + 1 𝑣𝐶

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Derivando ambo i membri:

Circuiti elettrici - Esempio

Equazione integro-differenziale

condizioni iniziali nulle

2 accumulatoridi energia

𝑖𝑅 𝑖𝐶𝑖(𝑡)𝑣(𝑡)uscita

ingresso

A

Kirchhoff al nodo A𝒊 = 𝒊𝑳 + 𝒊𝑹 + 𝒊𝑪

Equazione differenziale del 2° ordine

𝑖 𝑡 =1

𝐿 𝑣 𝑡 𝑑𝑡 +

1

𝑅𝑣 𝑡 + 𝐶

𝑑𝑣(𝑡)

𝑑𝑡

𝑑𝑖(𝑡)

𝑑𝑡=1

𝐿𝑣 +

1

𝑅

𝑑𝑣

𝑑𝑡+ 𝐶

𝑑2𝑣

𝑑𝑡2

𝑖𝐿 =1

𝐿 𝑣 𝑡 𝑑𝑡

𝑖𝑅 =1

𝑅𝑣 𝑡

𝑖𝐶 = 𝐶𝑑𝑣(𝑡)

𝑑𝑡

𝑖𝐿

Equazione algebrica nell’operatore D 𝐷𝑖 =

1

𝐿+1

𝑅𝐷 + 𝐶𝐷2 𝑣

Sistema del2° ordine

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Circuiti elettrici - Esempio

condizioni iniziali nulle

𝑖𝑅 𝑖𝐶𝑖(𝑡)𝑣(𝑡)uscita

ingresso

A

Kirchhoff al nodo A𝒊 = 𝒊𝑳 + 𝒊𝑹 + 𝒊𝑪

𝑖𝐿 =1

𝐿 𝑣 𝑡 𝑑𝑡

𝑖𝑅 =1

𝑅𝑣 𝑡

𝑖𝐶 = 𝐶𝑑𝑣(𝑡)

𝑑𝑡

𝑖𝐿

𝐷𝑖 =1

𝐿+

1

𝑅𝐷 + 𝐶𝐷2 𝑣 Consente di ricavare l’uscita 𝑣 𝑡 a partire

dall’ingresso 𝑖(𝑡)

Se interessa come uscita interessa la corrente nell’induttanza, ricordando che 𝑣 = 𝐿𝐷𝑖

𝐷𝑖 =1

𝐿+1

𝑅𝐷 + 𝐶𝐷2 𝐿𝐷𝑖𝐿 𝑖 = 1 +

𝐿

𝑅𝐷 + 𝐶𝐿𝐷2 𝑖𝐿

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Circuiti elettrici - Esempio

condizioni iniziali nulle

𝑖𝑅 𝑖𝐶𝑖(𝑡)𝑣(𝑡)uscita

ingresso

A

Kirchhoff al nodo A𝒊 = 𝒊𝑳 + 𝒊𝑹 + 𝒊𝑪

𝑖𝐿 =1

𝐿 𝑣 𝑡 𝑑𝑡

𝑖𝑅 =1

𝑅𝑣 𝑡

𝑖𝐶 = 𝐶𝑑𝑣(𝑡)

𝑑𝑡

𝑖𝐿

𝐷𝑖 =1

𝐿+

1

𝑅𝐷 + 𝐶𝐷2 𝑣 Consente di ricavare l’uscita 𝑣 𝑡 a partire

dall’ingresso 𝑖(𝑡)

Se interessa come uscita interessa la corrente nella resistenza, ricordando che 𝑣 = 𝑅𝑖𝑅

𝐷𝑖 =𝑅

𝐿+ 𝐷 + 𝑅𝐶𝐷2 𝑖𝑅

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Circuiti elettrici - Esempio

condizioni iniziali nulle

𝑖𝑅 𝑖𝐶𝑖(𝑡)𝑣(𝑡)uscita

ingresso

A

Kirchhoff al nodo A𝒊 = 𝒊𝑳 + 𝒊𝑹 + 𝒊𝑪

𝑖𝐿 =1

𝐿 𝑣 𝑡 𝑑𝑡

𝑖𝑅 =1

𝑅𝑣 𝑡

𝑖𝐶 = 𝐶𝑑𝑣(𝑡)

𝑑𝑡

𝑖𝐿

𝐷𝑖 =1

𝐿+

1

𝑅𝐷 + 𝐶𝐷2 𝑣 Consente di ricavare l’uscita 𝑣 𝑡 a partire

dall’ingresso 𝑖(𝑡)

Se interessa come uscita interessa la corrente nei diversi componenti,

ricordando che 𝑣 =1

𝐶𝐷−1𝑖𝐶

𝐷𝑖 =1

𝐿+1

𝑅𝐷 + 𝐶𝐷2

1

𝐶𝐷−1𝑖𝐶 𝐷2𝑖 =

1

𝐿𝐶+

1

𝑅𝐶𝐷 + 𝐷2 𝑖𝐶

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Le equazioni differenziali che descrivono il moto dei sistemi meccanici siricavano di regola esprimendo l’equilibrio delle forze e delle coppie applicate aciascuna delle parti in movimento.

In generale, si cerca di adottare modelli a costanti concentrate, perché di piùfacile impiego, anche se spesso alquanto approssimativi e meno aderenti allarealtà di quanto non lo siano nel caso dei circuiti elettrici: ad esempio, in unmodello a costanti concentrate la massa di una molla (distribuita), è suppostatrascurabile o concentrata agli estremi della molla.

Inoltre, si cerca di adottare modelli lineari, anche se ciò implica la limitazionedello studio a variazioni relativamente piccole delle grandezze in gioco.

Sistemi meccanici

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I sistemi meccanici in moto traslatorio si possono considerare costituiti dicomponenti elementare dei seguenti tipi:

Si suppone che gli estremi di tali componenti meccanici siano sottoposti amoto traslatorio orizzontale.

Sistemi meccanici

MASSAin cui si concentrano

le forze d’inerzia∆𝑓 𝑡 = 𝑓1 𝑡 − 𝑓2 𝑡 = 𝑀

𝑑2𝑥

𝑑𝑡2= 𝑀𝐷2𝑥(𝑡)

MOLLAin cui si concentrano le forze di richiamo

elastico

𝑓 𝑡 = 𝐾 𝑥1 𝑡 − 𝑥2(𝑡)

Ipotesi: la distanza tra i punti 𝑥1 = 0 e 𝑥2 = 0 è uguale alla lunghezzadella molla non caricata

AMMORTIZZATOREin cui si concentrano

le forze di attrito viscoso

𝑓 𝑡 = 𝐵𝑑

𝑑𝑡𝑥1 𝑡 − 𝑥2(𝑡) = 𝐵𝐷 𝑥1 𝑡 − 𝑥2(𝑡)

𝑀𝑓1 𝑓2

𝑥

Equilibrio delle forze applicate

𝑓 𝑓

𝑥1 𝑥2

𝐾

𝑓 𝑓

𝑥1 𝑥2

𝐵

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Considerazioni del tutto analoghe a quelle supposte per i sistemi meccanici inmoto traslatorio possono ripetersi per i sistemi meccanici in moto rotatorio

Forze Coppie

Masse Momenti di inerzia

𝑐 𝑡 = 𝐽 𝜃(𝑡)

𝑐 𝑡 = 𝐾 𝜃1 𝑡 − 𝜃2 𝑡

𝑐 𝑡 = 𝐵 𝜔1 𝑡 − 𝜔2 𝑡

Sistemi meccanici

𝑐 𝑡 , 𝜃1(𝑡) 𝑐 𝑡 , 𝜃2(𝑡)𝑲

𝑐 𝑡 , 𝜔(𝑡)

𝑱

𝑐 𝑡 , 𝜔1(𝑡) 𝑐 𝑡 , 𝜔2(𝑡)𝑩

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RIDUTTORE

𝑘𝑟 =𝑁1

𝑁2𝑁2> 𝑁1 𝑘𝑟 < 1

In un riduttore ideale (senza perdite per attrito e con accoppiamento perfettotra gli ingranaggi) la velocità viene ridotta del fattore 𝑘𝑟

𝜃2 = 𝑘𝑟 𝜃1Poiché in questo meccanismo la potenza entrante deve essere uguale a quellauscente, la coppia risulta amplificata

𝑃𝑖 𝑡 = 𝑐1 𝑡 𝜃1 𝑡 = 𝑐2 𝑡 𝜃2 𝑡 = 𝑃𝑢 𝑡 𝑐2 𝑡 =𝑐1 𝑡

𝑘𝑟

Sistemi meccanici

𝑐1(𝑡), 𝜔1(𝑡)

𝑐2(𝑡), 𝜔2(𝑡)

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Altri elementi:

Cinghia/puleggia

Vite a ricircolazione di sfere

Camma

Biella/manovella

Sistemi meccanici

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Le unità di misura delle grandezze meccaniche nel sistema SI sono:

Sistemi meccanici

Moto traslatorio Moto rotatorio

Variabili Variabili

𝑓 = 𝑁 Forza 𝑐 = 𝑁 𝑚 Coppia

𝑥 = 𝑚 Posizione 𝜃 = 𝑟𝑎𝑑 Posizione

𝑥 =𝑚

𝑠𝑒𝑐Velocità 𝜃 =

𝑟𝑎𝑑

𝑠𝑒𝑐Velocità

𝑥 =𝑚

𝑠𝑒𝑐2Accelerazione 𝜃 =

𝑟𝑎𝑑

𝑠𝑒𝑐2Accelerazione

Parametri Parametri

𝑀 = 𝑘𝑔 Massa 𝐽 = 𝑘𝑔 𝑚2 Momento di inerzia

𝐾 =𝑁

𝑚

Coefficiente di rigidezza 𝐾 =

𝑁 𝑚

𝑟𝑎𝑑

Coefficiente di rigidezza torsionale

𝐵 =𝑁 𝑠𝑒𝑐

𝑚

Coefficiente di attrito viscoso 𝐵 =

𝑁 𝑚 𝑠𝑒𝑐

𝑟𝑎𝑑

Coefficiente di attrito torsionale

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CARRELLI CON ATTRITO

𝑓𝑘 = 𝑘 𝑥1 − 𝑥2 𝑓𝑣1 = 𝑏1 𝑥1 𝑓𝑣2 = 𝑏2 𝑥2

Applicando la Legge di Newton a ciascuna massa si ottiene:

𝑚1 𝑥1 𝑡 = 𝑢 𝑡 − 𝑏1 𝑥1(𝑡) − 𝑘 𝑥1(𝑡) − 𝑥2(𝑡)𝑚2 𝑥2 𝑡 = −𝑏2 𝑥2 𝑡 + 𝑘 𝑥1(𝑡) − 𝑥2(𝑡)

Sistemi meccanici - Esempio

𝑚2 𝑚1

𝑢(𝑡)

𝑥2(𝑡) 𝑥1(𝑡)

𝑚2 𝑚1

𝑓𝑣2 𝑓𝑘𝑓𝑘

𝑓𝑣1𝑥2 𝑥1

𝑢(𝑡)

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La variabile osservata del sistema è la velocità di 𝑚2 e quindi𝑦 𝑡 = 𝑥2(𝑡)

Dalle due equazioni differenziali, utilizzando l’operatore D, si ottiene:𝑚1𝐷

2 + 𝑏1𝐷 + 𝑘 𝑥1 𝑡 = 𝑢 𝑡 + 𝑘𝑥2(𝑡)

𝑚2𝐷2 + 𝑏2𝐷 + 𝑘 𝑥2 𝑡 = 𝑘𝑥1 𝑡 = 𝑘

𝑢 𝑡 + 𝑘𝑥2(𝑡)

𝑚1𝐷2 + 𝑏1𝐷 + 𝑘

Si ricava quindi

𝐷3𝑦 𝑡 +𝑚1𝑏2 +𝑚2𝑏1

𝑚1𝑚2𝐷2𝑦 𝑡 +

𝑚1 +𝑚2 𝑘 + 𝑏1𝑏2𝑚1𝑚2

𝐷𝑦 𝑡 +𝑘 𝑏1 + 𝑏2𝑚1𝑚2

𝑦 𝑡 =𝑘

𝑚1𝑚2𝑢(𝑡)

Sistemi meccanici - Esempio

𝑚2 𝑚1

𝑢(𝑡)

𝑥2(𝑡) 𝑥1(𝑡)

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Esempio con valori numerici𝑚1 = 100 𝑘𝑔

𝑚2 = 10 𝑘𝑔

𝑏1 = 20𝑁 𝑠𝑒𝑐

𝑚

𝑏2 = 2𝑁 𝑠𝑒𝑐

𝑚

𝑘 = 10𝑁

𝑚

Si ottiene quindi l’equazione differenziale𝑑3𝑦(𝑡)

𝑑𝑡3+ 0.40

𝑑2𝑦(𝑡)

𝑑𝑡2+ 1.14

𝑑𝑦(𝑡)

𝑑𝑡+ 0.22𝑦 𝑡 = 0.01𝑢(𝑡)

La cui soluzione 𝑦(𝑡) descrive l’andamento dell’uscita in funzione dell’ingresso𝑢(𝑡) e delle condizioni iniziali 𝑦 𝑡0 = 𝑥2(𝑡0).

Sistemi meccanici - Esempio

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Le coppie applicate in questo caso sono:

• coppia esterna 𝑐(𝑡)

• coppia dovuta alla molla torsionale 𝑐𝑘 𝑡 = 𝑘𝜃(𝑡)

• coppia dovuta all’attrito torsionale 𝑐𝑏 𝑡 = 𝐵 𝜃(𝑡)

Applicando la Legge di Newton si ha: 𝐽 𝜃 𝑡 = 𝑐 𝑡 − 𝑘𝜃 𝑡 − 𝐵 𝜃(𝑡)

Sistemi meccanici - Esempio