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Premessa In relazione al principio metodologico, comune ai vari livelli d’insegnamento, che si pone come obiettivo il raggiun- gimento di una competenza linguisti- co-comunicativa che non si limiti all’interiorizzazione di vocaboli e strut- ture, quanto piuttosto alla capacità di interagire linguisticamente con altri individui, in questo articolo si vuole sottolineare la necessità della cono- scenza del panorama sociolinguistico italiano da parte del docente di lingua italiana come L2. 1 Dopo una breve trattazione sugli atti dell’italiano come lingua di comuni- cazione e, di conseguenza, della varietà neostandard, ossia dell’italiano degli usi mediamente formali ed informali, si cercherà di fornire un’e- semplificazione del tipo di approccio metodologico che sfrutta dei sillabi che offrono occasioni di uso lingui- stico spontaneo e autentico. Si tratta di un approccio orientato all’azione, che prende in considerazione le risorse cognitive e affettive e tutte le capacità dell’apprendente, per cui gli obiettivi didattici divengono obiettivi di comportamento. Per comunicare, infatti, dobbiamo costantemente adattare gli strumenti linguistici alle esigenze dell’espressione, utilizzare le strutture dei codici e le risorse del contesto socioculturale, conoscere i valori e le norme della cultura di cui si parla la lingua. Si consiglia l’utiliz- zazione di testi autentici e dei lin- guaggi dei mezzi di comunicazione che riflettono diverse varietà linguisti- RI D’ Glossario L’insegnamento dell’italiano L2 tra le varietà linguistiche e sociolinguistiche Un approccio orientato all’azione DI P ATRIZIA MANILI

Transcript of 01RDI-N.1 2007 p.1-5 - rassegnaistruzione.it · di cittadini. L’italiano contemporaneo, che per...

Premessa

In relazione al principio metodologico,comune ai vari livelli d’insegnamento,che si pone come obiettivo il raggiun-gimento di una competenza linguisti-co-comunicativa che non si limitiall’interiorizzazione di vocaboli e strut-ture, quanto piuttosto alla capacità diinteragire linguisticamente con altriindividui, in questo articolo si vuolesottolineare la necessità della cono-scenza del panorama sociolinguisticoitaliano da parte del docente di linguaitaliana come L2.1

Dopo una breve trattazione sugli attidell’italiano come lingua di comuni-cazione e, di conseguenza, dellavarietà neostandard, ossia dell’italianodegli usi mediamente formali edinformali, si cercherà di fornire un’e-semplificazione del tipo di approcciometodologico che sfrutta dei sillabiche offrono occasioni di uso lingui-stico spontaneo e autentico. Si trattadi un approccio orientato all’azione,che prende in considerazione lerisorse cognitive e affettive e tutte lecapacità dell’apprendente, per cui gliobiettivi didattici divengono obiettividi comportamento. Per comunicare,infatti, dobbiamo costantementeadattare gli strumenti linguistici alleesigenze dell’espressione, utilizzarele strutture dei codici e le risorse delcontesto socioculturale, conoscere ivalori e le norme della cultura di cuisi parla la lingua. Si consiglia l’utiliz-zazione di testi autentici e dei lin-guaggi dei mezzi di comunicazioneche riflettono diverse varietà linguisti-

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Glossario

L’insegnamentodell’italiano L2tra le varietàlinguisticheesociolinguistiche

Un approccioorientatoall’azione

DI PATRIZIA MANILI

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che e diversi stili di vita, da cui scatu-risce, oltre la norma linguistica, lanorma comunicativa (anche gestualee prossemica). Nello stesso tempo sisottolinea l’importanza della riflessio-ne grammaticale e metalinguistica,che, nei testi per studenti stranieri dilivello B2 e C12, potrebbe sembrareanche troppo circostanziata3. Ciòanche per fugare i dubbi di chi studiala lingua italiana all’estero e non ha lapossibilità di aggiornarsi su alcune“discrasie” tra la norma e l’uso dellalingua italiana. Per chiarire che nonc’è una grammatica del parlato e unagrammatica dello scritto, ma che alcu-ni fenomeni linguistici (relativi allamorfologia, alla sintassi, al lessico)variano quantitativamente a secondadel codice, della tipologia testuale,della situazione comunicativa. Ed èproprio in relazione alla scoperta diqueste variazioni che l’apprendentesente sempre di più la necessità diricorrere al monitoraggio della normaintesa nel senso prescrittivo.

La lingua italiana oggi

“Tutti coloro che parlano italiano e cheprovengono da diverse regioni dellaPenisola si capiscono fra loro senzadifficoltà, tuttavia avvertono chiara-mente delle differenze: l’italiano parla-to da un settentrionale è riconosciutosubito, per esempio, da un romano,soprattutto per alcuni caratteri dell’in-tonazione e della pronuncia. Altrettan-to si dirà per l’italiano parlato da untoscano”4.Se la lingua scritta (l’italiano lettera-rio o il cosiddetto italiano nazionaleo quello insegnato nelle scuole) sipuò definire standard, non si puòusare la stessa definizione per la lin-gua parlata.Una fondamentale distinzione dellearee dialettali è tracciata dalla seguenteCarta Linguistica d’Italia5.

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Se la lingua scritta (l’italiano letterario o il cosiddettoitaliano nazionale o quello insegnato nelle scuole) si può definire standard, non si può usare la stessadefinizione per la lingua parlata

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A causa della sua particolarissima sto-ria, l’italiano è stato “per secoli una lin-gua adoperata relativamente poco nellacomunicazione parlata, e invece utiliz-zata molto di più nella scrittura. Anco-ra oggi in Italia la lingua nazionaleconvive con i dialetti e con altri sistemilinguistici usati da alcune minoranzedi cittadini. L’italiano contemporaneo,che per diversi aspetti si è allontanatodalla lingua della tradizione letteraria,si presenta come una gamma di varietàe assume caratteristiche diverse in rap-porto alle situazioni comunicative e aitipi di testi, scritti, parlati e trasmessi”6.L’italiano letterario nasce dal fiorentinodel Trecento grazie alla fortuna deigrandi autori trecenteschi, soprattuttodi Dante, che impongono il modellogrammaticale, codificato poi da PietroBembo nel 1525, che è sempre stato lalingua “d’arte”, della classe colta, la lin-gua degli usi ufficiali e scritti, quellache per molti secoli non ha subìtograndi cambiamenti. Per gli altri usiquotidiani e comunicativi della linguaorale, gli italiani continuavano adusare il dialetto.Nonostante il rinnovamento operatodal Manzoni nella riedizione dei Pro-messi Sposi (1840), l’italiano visse quasisolo nello scritto e in quegli usi oraliformali simili allo scritto fino all’Unitàd’Italia, che creò le condizioni perchéla lingua italiana diventasse una linguanazionale, parlata e scritta. Solo intor-no alla metà del Novecento è diventatoanche la lingua materna della maggiorparte degli italiani. In altre parole, fino

alla metà del XX secolo, l’italiano èstato per molti una seconda lingua,spesso solo compresa, non parlata etanto meno scritta.Il processo di italianizzazione dei dia-letti7, cioè l’avvicinamento dei dialettiall’italiano comune, si è sviluppatosensibilmente a partire dall’ultimodopoguerra per la diffusione dellatelevisione in ogni regione d’Italia edanche per il diffondersi di altri mezzidi comunicazione (radio, cinema,giornali).Nei decenni successivi le migrazioniinterne, l’aumento della scolarizzazio-ne, la diffusione e crescita della stampaquotidiana, il grande progresso dellescienze e delle tecniche, i rapporti conla vita sociale, con il mondo politico,sindacale e amministrativo, hannoancora contribuito alla diffusione del-l’italiano. In seguito a queste trasfor-mazioni l’italiano ha dovuto fare i conticon quei dialetti che erano rimasti persecoli l’unica risorsa della lingua parla-ta. Così l’italiano dell’uso non si riferi-sce a quella varietà di riferimento che

costituisce la norma per tutta società ecorrisponde all’italiano scritto “scola-stico” o “letterario”, ma alla varietà“normale” che, secondo l’ultimo rileva-mento dell’ISTAT 2002, più del 91%della popolazione italiana usa per par-lare e non solo per scrivere.Le percentuali (vd. tabella in basso) ciindicano che nel complesso dellesituazioni comunicative (“in fami-glia”, “con amici”, “con estranei”) piùdella metà degli italiani dichiara dipreferire l’italiano; se si aggiungonocoloro che possono parlare sia l’italia-no che il dialetto, ci si avvicina ai trequarti della popolazione8.Si potrebbe dire, come afferma Loren-zetti (2002), che quanto più i parlanti siavvicinano alla lingua, tanto più la lin-gua si avvicina ai parlanti. Diventandola lingua parlata da tutti, l’italiano si fatanto più flessibile e variabile, accettasempre più pronunce, forme e costruttiche erano stati banditi dalle grammati-che e dalle Accademie, perché ritenutidialettali, stilisticamente inadatti, ossiapiù adatti al parlato che allo scritto.Oggi ogni italiano ha un suo repertoriolinguistico, che può spaziare dal dialet-to locale al dialetto regionale, all’italia-no regionale fino all’italiano più corret-to e controllato.Da sondaggi compiuti sul comporta-mento comunicativo degli italiani,risulta che buona parte della popola-zione si alza una mattina di un qua-

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Fino alla metà del XX secolo, l’italiano è stato per molti una seconda lingua, spesso solo compresa, non parlata e tanto meno scritta

Percentuali di usi linguistici parlati

Come parli...

Solo o prevalentemente italiano

Solo o prevalentemente dialetto

Sia italiano sia dialetto

Altra lingua

In famiglia?

44,1

19,1

32,9

3

Con amici?

48

16

32,7

2,4

Con estranei?

72,7

6,8

18,6

0,8

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lunque lunedì salutando i familiari indialetto, poi va al bar e commenta i fattisportivi della domenica precedente initaliano regionale e, poco dopo, comin-cia a svolgere la propria attività profes-sionale in italiano più o meno stan-dard. Una buona parte degli italianialterna lingua e dialetto in un rapportoche viene detto non tanto di bilingui-smo, quanto di diglossia, e scelgonol’uno o l’altro codice a seconda dellasituazione comunicativa.L’insegnamento scolastico e gli altricanali di diffusione della nostra linguaa cui si è appena accennato hanno con-tribuito ad un nuovo processo di stan-dardizzazione dell’italiano rispetto aquello realizzato dai grammatici cin-quecenteschi. Tuttavia la definizione dilingua standard si fa molto complessase con tale definizione si vuole indica-re la varietà di riferimento che costitui-sce la norma per tutta la società, chesia usata dall’intera comunità di par-lanti, che non sia circoscritta ad un’a-rea geografica specifica, che sia la piùneutra, ovvero la meno marcata e codi-ficata da grammatiche e vocabolari e,inoltre, sia utilizzabile negli usi scrittie orali, in ogni contesto e per parlare diqualunque argomento. Se, per quanto riguarda la grammatica,l’italiano scritto standard contempora-neo coinciderebbe in sostanza con l’ita-liano normativo otto-novecentesco,postmanzoniano, è molto difficile indi-viduare un italiano standard per quan-to riguarda la pronuncia. La pronunciastandard (il fiorentino emendato, basa-to sulla pronuncia colta di Firenze)non è acquisita, ma appresa attraversoesercizi e addestramenti ad hoc soltan-to da una minima percentuale diaddetti ai lavori (attori di teatro, dop-piatori cinematografici). Inoltre, l’ita-liano standard a cui si è fatto riferi-mento, corrisponde a quell’italiano,prevalentemente scritto, uniforme e di

prestigio, e di scarsissima vitalità, chesi oppone alla differenziazione geogra-fica (di accento e di pronuncia) sia aquella sociale (di livello più o meno for-male). La più forte sopravvivenza dellostandard non è di tipo linguistico, masociolinguistico. “Ogni lingua, quanto più è diffusanello spazio e nel tempo, tanto più pre-senta, nelle sue manifestazioni concre-te, una serie di differenze dovute avariabili, dette assi di variazione, legateal canale di trasmissione del messag-gio, al suo contenuto, ai rapporti tra gliinterlocutori, alla situazione comuni-cativa, ecc.”9:■ la variabile diamesica, legata al mezzodi trasmissione della comunicazione,distingue i testi parlati dai testi scritti edanche dai testi trasmessi e dai testi dellavideo-scrittura (chat, sms);■ la variabile diatopica, legata allo spa-zio, caratterizza le forme regionali, dia-lettali (vedi le diverse accezioni, in rela-

zione all’area geografica, per designarecolui che vende la frutta: fruttivendolo,verduraio, ortolano, fruttarolo);■ la variabile diacronica, legata altempo, determina il mutamento lin-guistico con l’abbandono di forme avantaggio di altre (vedi il declino deipronomi egli, ella, esso/a, essi/a, a van-taggio di lui, lei, loro);■ la variabile diastratica, legata allaposizione sociale del parlante, al gradod’istruzione, determina la “varietàbassa” (forme culturalmente basse,ineducate);■ la variabile diafasica, legata alla situa-zione comunicativa, all’argomento trat-tato, al rapporto che si ha con l’interlo-cutore, determina la scelta dei registri(formale/informale) ed anche la sceltadi quei tratti (per lo più lessicali), checaratterizzano i linguaggi settoriali e lelingue speciali10. In relazione a queste variazioni, nelparlato e anche nello scritto media-

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mente formale e informale di personecolte, si è sviluppata, nel corso deglianni, una nuova varietà di italiano checonsente una più completa descrizionedel repertorio linguistico ed è stataindividuata e definita da Sabatini(1985) come “italiano dell’uso medio” eda Berruto (1987) come “neostandard”. L’italiano neostandard è caratterizzato“da fatti morfosintattici e lessicali chenon sempre rappresentano delle effetti-ve novità; spesso si tratta di fenomenigià documentati in testi del passato, macensurati o ignorati dalle grammati-che”, e ormai così diffusi, da appariredel tutto normali non solo nel parlato,ma anche nello scritto11. Si tratta di unnuovo standard, a contatto con linguag-gi diversi (tecnico, burocratico-ammini-strativo, scientifico, aziendale, ecc.) erealtà regionali diverse, che registra eaccetta la presenza di modelli alternati-vi rispetto al modello nazionale.

Si tratta di quell’italiano dell’usomedio parlato e scritto, molto più libe-ro e disinvolto, che si ascolta alla radioe alla televisione, che ricorre neidiscorsi delle classi colte e che apparenella stampa quotidiana. Un italianopiù vicino al parlato, che accetta alcunitratti che vengono invece evitati dallalingua letteraria come: l’uso di lui, leiin funzione di soggetto al posto di egli,ella e di loro al posto di essi, esse (es.:“Ho rivisto Francesco e Luisa. Lui mi èsembrato molto invecchiato”); l’uso digli al posto di loro = a loro (es.: “Hoscritto ai miei genitori. Gli ho chiestodi mandarmi altri soldi”); l’uso dellaparticella pronominale ci con il verboavere (es.: “Ce l’hai una sigaretta?”); lospostamento dell’ordine tradizionaledelle parole in frasi in cui il tema prin-cipale (l’argomento) del discorso, anti-cipato a sinistra, viene poi ripreso daun pronome per sottolineare un’enfasi

particolare (es.: “Quelle brutte parolenon le voglio più sentire, capito?”,“Noo! A scuola non ci vado!”); l’uso diche in funzione di subordinatore gene-rico in frasi come: “Fortuna che seivenuto” o nelle frasi scisse come:“Com’è che non sei venuto?”, “È lui cheme l’ha detto”; l’uso dell’indicativo peril congiuntivo in frasi come: “Se losapevo non venivo”, invece di: “Se loavessi saputo, non sarei venuto”, edaltri tratti ancora.

Quale modello d’italianonell’insegnamento dell’italiano a stranieri?

Quando diciamo: “Sono un insegnan-te di italiano” compiamo un’astrazio-ne in quanto, più che riferirci ad unalingua italiana come unità monoliti-ca, ci riferiamo a diverse varietà che

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condividono le stesse regole del siste-ma, ma se ne distanziano, relativa-mente a certi aspetti. Per esempio,analizzando testi registrati dal parla-to, siamo costretti a costatare diver-genze e variazioni tra norme e usiprevalenti nelle realizzazioni parlatee norme e usi prevalenti nelle realiz-zazioni scritte.Frasi come: “L’estate prossima volevoandare al mare”, “ A Roberto l’hannofatto aspettare tanto”, “C’è che ho ungran mal di testa” in risposta alladomanda: “Che cos’hai?”, “Che ti suc-cede?”, sono di difficile occorrenzanello scritto, eppure non mettono incrisi il riferimento a uno stesso siste-ma linguistico. Abbiamo a che farecon differenti usi della norma di attua-lizzazione dello stesso sistema lingui-stico, che non si spiegano soltantoattraverso la varietà diamesica ma simanifestano in rapporto ad altrevarietà sopraesaminate.La denominazione “italiano dell’usomedio”, varietà a metà strada tra parla-to e scritto, si caratterizza dallo stan-dard per la sua natura situazionalelegata al registro. Risponde alle esigen-ze della quotidianità, compito che l’ita-liano standard, privo di funzionalitàcomunicativa, non poteva assolvere.Fra le cinque varietà proposte da Saba-tini12 ricoprono la situazione comuni-cativa a livello nazionale: l’italiano stan-dard per gli usi formali e molto forma-li, l’italiano dell’uso medio per usimediamente formali ed informali e l’i-taliano colloquiale, l’italiano parlato perusi più informali, non unitario, il qualespesso coincide con l’italiano regionaleparlato dalle persone colte in situazio-ni di non censura.

Mentre per l’insegnamento dell’italia-no scritto (scolastico, letterario) c’èsempre a confronto la norma, per l’in-segnamento dell’italiano dell’uso (par-lato e scritto) è necessario avere le ideechiare sul panorama sociolinguistico.

Dal momento che nessuna grammati-ca può fotografare l’italiano in movi-mento, bisogna saper valutare le strut-ture e i tratti linguistici in relazionealla situazione e al tipo di testo, ren-dendo consapevoli gli apprendenti cheuna cosa è la lingua che insegniamo aleggere e scrivere, altra cosa è la linguaparlata dai nativi.Ad un livello intermedio-avanzato dicompetenza, lo studente straniero,allargando il proprio spazio linguistico,si trova a contatto con stili interattivi evarietà linguistiche che difficilmenteriesce a controllare.A differenza dei nativi, che, quando sitrovano in situazioni informali in cui leregole di comportamento socialeammettono maggior ricorso all’extrate-stualità, ad un lessico più incisivo,usano un italiano colloquiale variato indiafasia e anche in diatopia, il non nati-vo si sente bloccato nell’uso della linguasull’asse diafasico, dal momento chenon ha a disposizione quei mezzi lin-guistici che permettono di comunicarein situazioni “mediamente informali”,comunque nazionali. Non è infrequen-te che il non nativo, non avendo lo stes-so repertorio e la stessa competenzametalinguistica del parlante nativo,associ sistematicamente la scopertadella condizione plurilinguistica italia-na ad un giudizio negativo. Non è infre-quente che definisca scorretta una frasecome: “Se lo sapevo, restavo a casa” oritenga dialettale l’espressione: “Houna fifa!”, detta dall’amico italiano pocoprima di affrontare un esame.

Secondo illustri linguisti13, la naturadell’uso medio dell’italiano contem-poraneo è corrispondente a regole dinaturalezza espressiva che, coinci-dendo con la lingua di comunicazio-ne, e spesso con il parlato, non siidentifica con una varietà, ma le attra-versa tutte.Un buon insegnante di italiano L214 odi qualsiasi altra lingua non materna,dovrebbe tener conto di questi tratti ecreare le condizioni per una buonaconoscenza dell’uso linguistico nelcontesto sociale, la quale conoscenza èl’unica a promuovere la spinta al movi-mento dello spazio linguistico.L’idea di una lingua “unica e universa-le”, ossia l’dea che una comunità abbiauna sola lingua, omogeneamente dif-fusa tra i suoi membri, si scontra conla constatazione che, nella realtà, pre-vale la variazione linguistica, corri-spondente ai diversi gruppi di parlanti.Le varietà linguistiche nascono dalrapporto fra il sistema linguistico e isuoi utenti, in quanto il sistema non ètotalmente diffuso in tutti i parlanti diuna comunità linguistica, ma varia-mente differenziato a seconda dellecaratteristiche non linguistiche (indi-viduali, sociali e culturali). Da quiemergono due caratteristiche “appa-rentemente contraddittorie: quelladelle sistematicità, della regolarità deisegni da un lato, quella dell’indeter-minatezza, della creatività dall’al-tro”15. Ed è proprio il tratto della crea-tività che regola il comportamentodell’essere umano nella comunicazio-

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Il tratto della creatività regola il comportamentodell’essere umano nella comunicazione: nel comunicare adattiamo gli strumenti linguistici alle esigenze dell’espressione; nel comunicare non negoziamo soltanto i significati, ma anche le nostre identità

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ne: nel comunicare adattiamo gli stru-menti linguistici alle esigenze dell’e-spressione, utilizziamo sia le struttu-re dei codici, sia le risorse del conte-sto socioculturale; nel comunicarenon negoziamo soltanto i significati,ma anche le nostre identità.L’apprendimento è un processo intrin-secamente legato alla comunicazione,e pertanto, va considerato in base aglistessi processi di creatività e sistemati-cità a cui si è appena accennato.L’apprendimento di una L2 non equi-vale necessariamente al suo uso, tutta-via è innegabile che l’apprendimento el’uso sono “interconnessi”, nel sensoche anche una lingua seconda o stra-niera viene generalmente appresa edusata contemporaneamente.Chi usa una lingua non materna sfrut-ta ogni risorsa linguistica a sua disposi-zione, fa affidamento sulle componentiinformative linguistiche e non lingui-stiche, utilizzando un vasto repertoriodi strategie cognitive e metacognitive. I risultati delle ricerche sull’apprendi-mento della L116 nella prospettivacognitiva, secondo cui un bambinoimpara la lingua in base a situazioniche comprende e in base a conoscenzedi cui è già in possesso, hanno portatogli studiosi a confermare che un siste-ma comunicativo funzionante costitui-sce la base per l’acquisizione linguisti-ca. Ne consegue che il tipo di input e leoccasioni di comunicazione siano l’u-nico fattore veramente modificabileper facilitare l’accesso all’apprendi-mento; di conseguenza, si consiglia diorganizzare dei sillabi che, più cheselezionare e graduare il materiale daun punto di vista puramente gramma-ticale, possano offrire spunti e stimoliper un uso linguistico spontaneo eautentico.Attraverso la presentazione di testiautentici (anche semplici foto, illu-strazioni, cartelli o spot, se si trattadi studenti ai primi stadi di appren-dimento), rendendo più comprensi-

bile l’input e collegandolo a situazio-ni concrete in cui si può fare facil-mente ricorso al contesto socio-situa-zionale, gli apprendenti imparano a“comportarsi” linguisticamente inquella specifica occasione interattivausando proprio l’ italiano dell’usomedio o anche, se si tratta di regi-strazioni radio o TV, l’italiano collo-quiale. Un insegnamento dellagrammatica, che non risulti astratto,ma sia inserito nell’esperienzacomunicativa contribuisce sicura-mente all’acquisizione della compe-tenza comunicativa, che non si limi-ta all’interiorizzazione di vocaboli estrutture, ma consiste nella capacitàdi interagire linguisticamente inmodo appropriato alla situazionecontestuale e cotestuale.

Quale grammatica?

Il “Quadro Comune Europeo di riferi-mento per le lingue: apprendimentoinsegnamento valutazione” (Consigliod’Europa 1996-2001)17 non esprimegiudizi sui vari metodi di insegnamen-to, ma specifica alcuni parametri per ledescrizioni grammaticali, fornendouna scala esemplificativa per la corret-tezza grammaticale in base ai livelli dicompetenza individuali. Viene lasciataagli utenti la facoltà di prendere in con-siderazione le strutture presentate inbase ai bisogni degli apprendenti e agliobiettivi comunicativi che si voglionoraggiungere, in relazione all’approcciometodologico che si è deciso di segui-re. Pur rilevando la complessità deifenomeni della competenza linguisti-co-comunicativa, caratterizzata da tredimensioni: la dimensione linguistica,la dimensione sociolinguistica e ladimensione pragmatica,18 gli autori delQCER affermano che le conoscenze diqueste componenti possono essereconsapevoli ed esplicitabili, ma posso-no anche non esserlo (si pensi allapadronanza del sistema fonetico).19

Il Quadro Comune Europeo di Riferi-mento, mettendo al centro dell’ap-prendimento delle lingue l’apprenden-te con i suoi processi interni, collocatoall’interno del contesto sociale e cultu-rale, mette a frutto i risultati di disci-pline come la sociolinguistica, la psi-colinguistica, la neurolinguistica e lalinguistica teorica, e pone l’accento sulfatto che le competenze necessarie perapprendere una lingua straniera sonolegate alle conoscenze (sapere), alleabilità (saper fare) e alla personalitàdell’apprendente (saper essere) che, aloro volta, contribuiscono al saperapprendere.Gli studi sull’apprendimento della L1nella prospettiva cognitiva20, secondo laquale ogni individuo possiede dei pre-requisiti inconsci per lo sviluppo dellagrammatica, per cui ogni bambinocostruisce una grammatica nella sualingua adottando dei principi operativiche ne riducono la complessità, ha por-tato all’ipotesi dell’ identità21 (che consi-dera validi, almeno in parte, alcuni diquesti principi anche nell’apprendi-mento di lingue non materne). Ciò haportato all’affermazione dell’esistenzadi stadi di acquisizione anche nell’ap-prendimento della L2 ed ha privilegiatogli aspetti cognitivi dell’apprendenterilevando la grande importanza del pro-cesso di acquisizione, distinto dal pro-cesso di apprendimento22.L’acquisizione corrisponde al processo,in buona parte inconsapevole e invo-lontario di interiorizzazione delleconoscenze e, come ha affermatoHolec (1990), dei “saper fare”, in con-trapposizione al secondo processo incui l’esposizione linguistica è struttu-rata tramite l’insegnamento. È un pro-cesso ricostruttivo che utilizza tutti itipi di conoscenze: da quelle linguisti-che a quelle metalinguistiche, alleconoscenze del mondo. Oggetto delprocesso di acquisizione non è l’appro-priazione del sistema linguistico inquanto tale, ma sono piuttosto quegli

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aspetti del sistema linguistico perti-nenti ai “saper fare” di cui ci si vuoleappropriare. Ne consegue che i feno-meni discorsivi come la variazionesocioculturale e gli stili interattivi pren-dono il sopravvento sui fenomeni lin-guistici in senso stretto. Se la compe-tenza in L1 è creativa, perché nondovrebbe essere lo stesso nell’appren-dimento/uso della L223?Se ci poniamo questo interrogativo,diventa oggetto di studio tutta la linguadell’apprendente nelle varie fasi delsuo sviluppo, cioè la sua interlingua enon soltanto le sue produzioni devian-ti. Gli errori vengono considerati comedelle false formulazioni di ipotesi ocome la manifestazione della compe-tenza in evoluzione di chi apprendeuna seconda lingua. L’errore, più cheuna devianza, è spesso dovuto a strate-gie di apprendimento e diventa lamanifestazione di una regola: in con-tatto con l’input, ossia con materialecomunicativo in L2, l’apprendente neesplora i dati alla ricerca del significatoe della sistematicità, interiorizza irisultati a livello di conoscenza e, soloattraverso ipotesi, aggiustamenti, sem-plificazioni, riduzioni di complessità esovrageneralizzazioni24, mette inopera queste conoscenze sottoforma dicomportamento, progredendo nel pro-cesso interlinguistico.Il concetto di interlingua25, che enfatiz-za il contributo attivo dell’apprendente,ha avuto un grande impatto sulla peda-gogia linguistica, rafforzando la con-vinzione che la situazione istituzionaledi apprendimento di una L2 va resa ilpiù possibile simile alla situazionenaturale di apprendimento. Il convin-cimento che l’interlingua passi attra-verso degli stadi naturali di sviluppo26,ha messo in dubbio le pratiche di gra-dazione del materiale didattico ed haattivato la convinzione che i sillabidovrebbero rappresentare esplicita-mente i modi in cui si comunica ed imodi in cui si impara a comunicare.

Un approccio orientato all’azione pren-de in considerazione le risorse cogniti-ve e affettive, la volontà e tutta lagamma delle capacità possedute e uti-lizzate dall’apprendente e non dovràtrascurare gli stadi del processo inter-linguistico, contribuendo a facilitare ilpassaggio da uno stadio all’altro.Secondo i dati delle ricerche (iniziategià negli anni Ottanta)27 sull’italianocome lingua seconda, emerge che losviluppo dell’acquisizione in L2 ha ini-zio facendo assegnamento su principipragmatici e di organizzazione deldiscorso. La codificazione morfosintat-tica della L2 viene appresa gradual-mente in un secondo momento. Sipassa da un pragmatic mode ad un syn-tactic mode in conformità di un “modopragmatico” universale28. Secondorecenti studi sull’acquisizione dell’ita-liano L2, l’acquisizione delle relazionitemporali avviene seguendo principidiscorsivi universali: l’ordine deldiscorso riflette, nelle varietà prebasi-che l’ordine cronologico (naturale), poicede il passo all’uso dei mezzi lessicali(espressioni temporali, avverbiali),nelle varietà postbasiche compaiono imezzi morfologici.La sequenza dei tempi e dei modi havalore implicazionale29. Ad esempio ilmodo congiuntivo sarà elaborato eappreso solo se in precedenza sarà statoelaborato ed appreso il modo indicati-vo, almeno in alcuni suoi tempi. L’appendimento è visto come un pro-cesso che passa attraverso una serie ditappe, in una prospettiva orientata più

verso le strategie di apprendimento,piuttosto che verso i prodotti, che sosti-tuisce un tipo di analisi formale con untipo di analisi di stampo funzionalista,la quale focalizza l’attenzione su cosasi dice piuttosto che come si dice.Ciò ha portato alla definizione di“grammatica pedagogica”30, basata suscelte pedagogiche che aiutino idiscenti a capire e a interiorizzare inmodo efficace determinati aspetti diuna lingua. In considerazione del fattoche la competenza linguistico-comuni-cativa corrisponde alla capacità disaper usare la lingua in contesto, unagrammatica che si propone di essere“funzionale e operativa” dovrebbedescrivere e spiegare i mezzi linguisti-ci in relazione ai loro usi reali nelloscambio comunicativo. La grammaticanon viene più intesa come l’obiettivodell’apprendimento, quanto piuttostolo strumento di cui l’apprendente siimpadronisce per esprimere funzionicomunicative. Si tratta di un insegna-mento della grammatica di tipo indut-tivo, in cui il docente guida gli studen-ti alla scoperta delle regole. Il principioè quello di “fare grammatica”: si trattain pratica di focalizzare l’attenzionesulla forma grammaticale, facendoricorso all’evidenziazione (anche grafi-ca), all’enfasi intonazionale, alla utiliz-zazione di esercizi e attività in cui unastruttura viene manipolata a livellocreativo, a quello tecniche che favori-scono il “focus on form” da parte degliapprendenti contribuendo attivamenteall’acquisizione.

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Una grammatica che si propone di essere “funzionale e operativa” dovrebbe descrivere e spiegare i mezzi linguistici in relazione ai loro usi reali nello scambio comunicativo

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Ciò senza escludere il richiamo all’a-spetto normativo della lingua attraversoriflessioni metalinguistiche e gramma-ticali, che sono assolutamente indi-spensabili qualora ci si rivolga ad adul-ti perfettamente in grado di compren-dere ragionamenti e regole astratte, disfruttare straregie di apprendimento. Èquesta una fase molto importante chesopraggiunge quasi sistematicamentenei sillabi proposti dai nostri testi31

dopo la presentazione del materiale lin-guistico e la sua rielaborazione attraver-so varie attività, durante le quali l’ap-prendente può concentrare la suaattenzione, in classe e non, su determi-nati aspetti linguistici e confrontare leproprie ipotesi interlinguistiche. Dopoquesto momento di riflessione gram-maticale, si può ricorrere a quegli eser-cizi di completamento, di trasformazio-ne, di collegamento, che permettono difissare l’attenzione su una strutturagrammaticale in modo ripetuto e siste-matico fino ad automatizzarne l’uso.Facciamo nostre le teorie di Widdw-son32, secondo cui “un approcciocomunicativo non implica il rifiutodella grammatica ma, al contrario, nericonosce il ruolo centrale e mediatorenell’uso e nell’apprendimento di unalingua”. Siamo oltremodo convinti diquanto sia importante che gli studentisi rendano conto della valenza comuni-cativa, funzionale della grammatica eabbiamo avuto la possibilità di verifica-re direttamente che, nei corsi di livellopiù avanzato, sono loro stessi a interes-sarsi alle regole, poiché sentono pro-gressivamente l’esigenza di esprimersi,sia nel parlato che nello scritto, inmodo più accurato e più efficace. Il pro-

blema non è quanta grammatica intro-durre in un corso, ma quando e comeparlare di grammatica e quando invecelasciare che gli apprendenti si concen-trino sul contenuto dei messaggi. Ilprincipio della “grammatica pedagogi-ca” comprende tutti i livelli di organiz-zazione del discorso, dalla semanticaalla sintassi, alla pragmatica, e si riferi-sce ad un “competenza d’azione” checonsiste nella capacità di interagire lin-guisticamente con altri individui identi-ficando il ruolo del destinatario, lasituazione, la scelta di registro e loscopo per cui si comunica. L’apprendi-mento grammaticale non dovrebberidursi all’apprendimento delle regole,ma dovrebbe essere strettamente con-nesso allo sviluppo della competenzametalinguistica che consenta di riflette-re consapevolmente sui meccanismi ele strutture della lingua target.

Applicazioni glottodidattiche

I testi da noi utilizzati nei corsi di lin-gua italiana a stranieri sono caratteriz-zati da una base teorica comune che sibasa su una visione funzionale dellagrammatica in cui le nozioni “gram-matica” e “uso della grammatica” sonocollegate. Non si prevede esclusiva-mente l’approccio “dalla forma allafunzione”, ma anche quello “dalla fun-zione alla forma”, che parte da undominio concettuale (come quellodella temporalità e della modalità) e neesamina le codificazioni nel lessico enella grammatica alla luce del contestoe dei valori pragmatici.

Gli obiettivi didattici divengono fonda-mentalmente obiettivi di comportamen-to; la lingua, come si è già accennato, èprivilegiata più nella funzione che nellaforma. Durante la preparazione del sil-labo, destinato ai corsi di livello elemen-tare, ci si dovrebbe chiedere: quali fun-zioni userà più frequentemente unostudente principiante in situazioni diapprendimento; quali atti linguisticidobbiamo ipotizzare durante le attivitàin classe; in quali ambiti si eserciterà laL2 e su quali nozioni o categorie seman-tico-grammaticali si dovranno articolarele funzioni. Le strutture grammaticali sono presen-tate dentro le funzioni comunicativesecondo una successione che mira piùalla frequenza d’uso piuttosto cheseguire la progressione facile/difficilee si tratta di quelle strutture necessariealla realizzazione di quel determinatoatto linguistico in quella determinatasituazione.Fin dall’inizio del corso, per potergestire le prime relazioni interpersona-li sfruttando le funzioni comunicativerelative alla socializzazione come salu-tare, presentarsi, chiedere e dare infor-mazioni, ringraziare, accettare, rifiuta-re, ecc., i discenti si trovano a contattocon strutture abbastanza complesse daun punto di vista morfologico e con illessico che normalmente si usa perdescrivere e interagire allo stessotempo. Ciò non impedisce loro di inte-riorizzare quegli elementi linguisticiche sono funzionali a obiettivi dicomunicazione autentica. L’età, il livel-lo cognitivo-sociale già raggiunto, ivalori culturali già acquisiti nella lin-gua di provenienza, gli permettono diaccedere alla situazione comunicativa.È evidente che ai primi stadi del pro-cesso di apprendimento non potrannobasarsi, per la comprensione, soltantosui mezzi linguistici in loro possesso,ancora molto limitati sia a livello di les-sico che di regole grammaticali, mafaranno ampio ricorso sia al contesto

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L’apprendimento grammaticale non dovrebbe ridursiall’apprendimento delle regole, ma dovrebbe esserestrettamente connesso allo sviluppo della competenzametalinguistica che consenta di riflettere consapevolmentesui meccanismi e le strutture della lingua target

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sia alla conoscenza sul mondo33. Perquesto motivo si è cercato di renderepiù comprensibile l’input presentatocon gesti, supporti visivi (disegni, foto,illustrazioni), di collegarlo a situazioniconcrete che talvolta contengono istru-zioni che richiedono risposte non ver-bali, di favorire la produzione organiz-zando attività in cui l’apprendentepossa esprimersi liberamente con tuttele possibilità intuitive e creative.Ascoltando l’interazione registrata, glistudenti fanno ampiamente ricorso alcontesto socio-situazionale e appren-dono come ci si comporta linguistica-mente in quella specifica occasioneinterattiva34. Con l’aiuto dell’insegnan-te eserciteranno le categorie della fun-zione comunicativa trasferendole alcontesto-classe, in cui si crea unmomento di autentico scambio conver-sazionale con lo scopo di fare cono-scenza, presentarsi.Durante questa attività si propongonodei compiti linguistici che, mettendoin gioco le quattro abilità integrate siasull’asse della ricezione/produzioneche dell’oralità/scrittura, tendono apotenziare la capacità di interagire, diesprimersi, di negoziare. Le attività diproduzione presuppongono un divariodi informazione tra emittente e desti-natario, l’emittente sceglie le modalitàd’espressione secondo il ruolo sociale epsicologico suggerito da stimoli orali,scritti o visivi, sceglie il contenuto e lestrutture grammaticali in relazione alcodice richiesto e al repertorio lingui-stico a disposizione. Alla comprensio-ne orale contribuiscono stimoli scrittio visivi come foto e illustrazioni, le gri-glie di riempimento, l’incastro, ecc.Nel messaggio linguistico si rilevanoquelle parole ad alto grado di genera-lità, quelle formule rituali di cortesia edi saluto che sono comunicativamenterilevanti, che vengono facilmentememorizzate come routine e che com-paiono in tutte le interlingue iniziali35.Cerchiamo di rispettare l’ordine natu-

rale di apprendimento, nel senso dinon forzare il discente ad apprenderetroppo presto strutture grammaticali,costruzioni sintattiche che non è anco-ra in grado di apprendere. Ci limitia-mo a presentarle nell’input, quandosono necessarie ad esprimere quellefunzioni comunicative.Consapevoli del fatto che la modalitàverbale non compare se non negli stadipiù avanzati dell’apprendimento,abbiamo presentato l’uso del futuromodale solo dopo averne esercitatol’uso temporale e dopo aver introdottola funzione di dubbio attraverso mezzilessicali come: forse, probabilmente, pen-sare. Si presentano situazioni, immagi-ni, oggetti di non facile identificazione,stimolando gli studenti a rispondere,con i mezzi offerti dall’interlingua delmomento, alle domande: “Che cosasarà?”, “Dove sarà X in questo momen-to?, Che cosa farà?” senza la minimariflessione grammaticale36. Gli appren-denti esercitano la propria competenzapassiva ogniqualvolta che ascoltinol’insegnante parlare nella propria lin-gua, inferiscono attraverso le domandeciò che è possibile stia accadendo e l’i-dentità degli oggetti misteriosi; usandola lingua in un contesto comunicativoessi possono interiorizzare l’uso dellaforma modale.In una seconda fase, dopo aver giàanalizzato la codificazione delle distin-zioni modali (modo condizionale emodo congiuntivo), si può presentarela stessa struttura inserita in una sin-tesi più ampia degli atti linguistici piùfrequenti e utilizzati in L1 per espri-mere dubbio e approssimazione e far

seguire le relative spiegazioni e rifles-sioni metalinguistiche. Vengono ancora mostrate delle foto incui compaiono oggetti di non facileidentificazione, delle immagini insequenza, invitando gli apprendenti aindovinare, supporre, esprimere undubbio con gli elementi lessicali, morfo-logici e sintattici di cui si è in possesso,secondo i modelli: forse, è…, sarà…, deveessere…, penso/credo che sia…37.Nei corsi di livello più avanzato, è pos-sibile esercitare la struttura del futuromodale per mezzo di un’attività di pre-visione in cui l’apprendente, tramitestimoli visivi e indizi contestuali, vieneinvitato a coprire un gap informativo oa interpretare una storia o una situa-zione che può mostrarsi interessanteai fini comunicativi sia sul piano socia-le che su quello culturale. Il processodi previsione che, nel caso di studenticon una maggior competenza lingui-stico-comunicativa, è facilitato dalmaggior numero di conoscenze lingui-stiche, sociali e culturali a disposizio-ne, favorirà il processo della compren-sione. Si potrebbe presentare una fotocon due o più personaggi, ben conte-stualizzata da un punto di vista socio-culturale, lasciandone una parte coper-ta e fornendo nello stesso tempo infor-mazioni attraverso le quali gli studenti,con la formulazione di domande efacendo presupposizioni possano“risalire” al contesto di situazione oricostruire la storia se si tratta diimmagini-video in sequenza38.L’esigenza di conoscere quelle normesociali e culturali su cui orientare i com-portamenti durante l’interazione in L2

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Cerchiamo di rispettare l’ordine naturale di apprendimento,nel senso di non forzare il discente ad apprendere troppo presto strutture grammaticali, costruzioni sintatticheche non è ancora in grado di apprendere

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aumenta in relazione al livello di com-petenza, nel momento in cui l’appren-dente espande il proprio spazio lingui-stico venendo a contatto con varietà dicarattere più specialistico che si riferi-scono a un determinato settore di atti-vità culturale o sociale (linguaggio tecni-co-scientifico, burocratico-amministrati-vo, linguaggio dei media) o con varietàdi carattere substandard (varietà regio-nali, linguaggio giovanile). Per questaragione è quasi d’obbligo il contatto conquella lingua italiana d’uso, a metà stra-da tra parlato e scritto (definita “italianomedio-comune” o “neostandard”) cheevidenzia il rapporto dinamico con par-ticolari settori dell’attività umana. Ai finidel raggiungimento di una competenzalinguistico-comunicativa che permettaal discente di esprimersi correttamenteed appropriatamente in ogni situazione,sarebbe opportuno, a livello metodologi-co, mediare i due momenti: funzionalee strutturale, utilizzando un input chepermetta di focalizzare l’attenzionesulle differenze tra parlato e scritto,sulle regole sociali per cui si distinguo-no le differenze di registroformale/informale, su quegli elementilinguistici che contribuiscono alla coe-sione e alla coerenza del testo, e alla pia-nificazione del discorso che, talvolta,costituisce un problema anche per inativi. A questo scopo, sarebbe preferi-bile sfruttare adeguatamente ogni testopresentato nella sua varietà linguistica etestuale e, data la difficoltà di compren-

sione spesso causata dalla diversa tipo-logia dei testi autentici, fornire alcuneparole-chiave e focalizzare l’attenzionesui titoli39, e sugli slogan scomponendo-li e ricomponendoli, discutendo e riflet-tendo metalinguisticamente sull’ordinedelle parole e sulle modalità con cuiviene trasmessa l’informazione in rela-zione al codice, alla situazione conte-stuale e cotestuale40.Sarebbe oltremodo doveroso illustra-re, fin dai livelli intermedi di compe-tenza, la funzione pragmatica di que-gli elementi linguistici che aggiungo-no al significato di base una connota-zione affettiva legata alla personalitàdi chi parla o scrive, e alla situazionecomunicativa.Mi riferisco in particolar modo aisegnali discorsivi, ai nomi alterati, aisuffissi ed ai prefissi, ai pronomi conriferimento personale come i riflessi-vi apparenti del tipo: “Quasi quasi micompro la macchina” o come queipronomi atoni che indicano la perso-na a cui si riferisce il vantaggio del-l’azione: “Mi tieni il cane questo finesettimana?”, a marcatori come magarie mica e all’uso dei verbi modali chepossono contribuire all’effetto “atte-nuazione”, lasciando aperta la possi-bilità di negoziazione fra gli interlo-cutori. La forza illocutiva di un mes-saggio può dipendere anche da comeviene distribuita l’informazione; lastruttura informativa dell’enunciato,infatti, non è sempre coincidente con

la struttura canonica dell’italiano(soggetto>verbo>oggetto), ma tende adisporre le parole secondo il lorovalore informativo in base ai criteri ditema/rema o topic/comment41.La presentazione di queste strutturedal punto di vista funzionale è utilenon soltanto perché contiene fenome-ni che a torto vengono ritenuti scorret-ti e da evitare per il fatto che sono statitrascurati dalle descrizioni grammati-cali, ma anche perché gli studenti nonne facciano un uso inappropriato. Avolte, data la difficoltà di comprensio-ne che presentano i testi autentici acausa della vasta e varia tipologia,anche la presentazione di una vignettain sequenza o di un semplice spot pub-blicitario come i seguenti è sufficienteper un’analisi funzionale o una rifles-sione metalinguistica su cui discutereen in classe42.

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1 Per italiano L2 si intende anche l’italiano comelingua straniera, ossia l’italiano come linguanon materna.2 Secondo i livelli di competenza indicati dalQuadro Comune Europeo di Riferimento.3 Cfr.. Qui Italia più.4 Cfr.. Dardano 1991, pp. 102-104.5 Cfr.. Sabatini, L’italiano: dalla letteratura allanazione. Linee di storia linguistica italiana, Acca-demia della Crusca, Firenze, 1997, in D’Achille2003, p. 15.6 Cfr. D’Achille 2003, p. 11.7 L’assorbimento dei dialetti nell’italiano comu-ne è avvenuto secondo il seguente processo: dia-letto locale; dialetto regionale; italiano regionale;italiano comune.

8 Cfr. Lorenzetti 2002, p. 20.9 Cfr. D’Achille 2003, p. 28.10 La variabile di afasica è caratterizzata dallapluridimensionalità ed è un parametro a variazio-ne continua nel senso che attraversa tutti i registrida quello aulico, solenne, a quello più disinvolto, aquello trasandato, volgare. Inoltre, “Ogni varietà haun’ampia area di sovrapposizione, in termini dicaratteristiche strutturali,con altre varietà e i trat-ti linguistici che caratterizzano ciascuna varietànon sono così categorici”. Per esempio la frase: “anoi ci piace” può essere sia italiano popolare (ita-liano di chi ha un basso grado di istruzione) siaitaliano parlato colloquiale/informale l’espressio-ne “effettuare un’operazione” può essere sia ita-liano burocratico che italiano tecnico-scientifico.Cfr. in proposito Berruto 1993, pp. 3 7-90.

11 Cfr. D’Achille 2003, p. 33.12 Sabatini (1985) distingue cinque varietà del-l’italiano contemporaneo, due varietà nazionali:l’italiano standard scritto e parlato-scritto, presti-gioso, formale, e l’italiano dell’uso medio parlato escritto mediamente formale e informale delleclassi istruite tre varietà regionali: l’italiano regio-nale, parlato informale delle classi istruite e l’ita-liano regionale (popolare) parlato e scritto dalleclassi popolari, il dialetto regionale e il dialettolocale, entrambi di registro informale, parlati siadalle classi istruite che dalle classi popolari. 13 Cfr. in proposito Sabatini 1985, Berretta 1994,Berruto 1985 e Coveri, Benucci, Disdori 1998.14 La definizione di italiano L2 si riferisceanche a italiano come lingua straniera, ossiaall’italiano come lingua non materna.

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15 Cfr. Vedovelli 2002.16 Cfr. Kein 1986, Giacalone Ramat 2003.17 Cfr. Bertocchi, Quartapelle 2002.18 Le competenze di ordine pragmatico si rife-riscono alla competenza discorsiva e funzionale,all’uso della lingua in contesto, ossia del “rap-porto della lingua con il mondo in cui vieneusata”. (Bettoni 2006, p. 80).19 Cfr. Bertocchi, Quartapelle 2002, p. 16.20 Cfr. Slobin 1973 e Klein 1986.21 Cfr. Krashen 1981.22 In concetto di acquisizione, già noto neglianni Settanta e messo a punto da Krashen nel1981, si è rivelato fondamentale per la metodo-logia didattica.23 Cfr. Vedovelli 2002.24 Cfr. Corder 1967.25 Viene chiamata interlingua il sistema lingui-stico, intermedio, di confine fra la L1 e la L2.L’interlingua costituisce una forma ridotta dellalingua standard, sia in senso qualitativo chequantitativo. È un sistema dinamico, governatocomunque da regole, che indicano la formula-zione di ipotesi da parte di chi apprende la lin-gua, e si differenzia da apprendente ad appren-dente. Alla fine del continuum della variabilità,quando non si verifichi più alcun cambiamento,c’è la fossilizzazione. Cfr. in proposito Selinker1972.26 Cfr. Giacalone Ramat 2003.27 Cfr. in proposito Klein 1986, Slobin 1985,Giacalone Ramat in Sobrero 1993, pp. 341-410.28 Cfr. Givòn 1979.29 La costruzione del sistema verbale in italianoavviene secondo la sequenza: Presente (e Infinito)>(ausiliare) Participio Passato>Imperfetto>Futu-ro>Condizionale>Congiuntivo. Cfr. GiacaloneRamat 2003.30 Cfr. Ciliberti 1991 e 1994.31 Mi riferisco ai testi di lingua italiana per stu-denti stranieri, prodotti in collaborazione con altridocenti, dopo anni di sperimentazione nei corsi dilingua dell’Università per Stranieri di Perugia.32 Cfr. Widdwson 1998, in Ciliberti 1994. 33 Cfr. Klein 1986.34 Cfr. la I unità di Qui Italia, corso di lingua ita-liana per studenti stranieri di livello A1 e A2 35 Cfr. Giacalone Ramat 2003.36 Cfr. Qui Italia pp. 194-196. 37 Cfr. ancora Qui Italia, pp. 344-345.38 Si presta molta a questo tipo di attività l’uti-lizzazione di spezzoni di film, le cui immaginiscorrono a video spento, e, attraverso l’uso delfermo-immagine, l’insegnante può descrivere ipersonaggi, la loro gestualità, l’ambiente socio-culturale nel quale interagiscono, e attivare ilprocesso di previsione fino ad ipotizzare un’e-ventuale comunicazione tra di loro. In seguito,dopo aver attivato l’audio, si sfrutterà l’utilizza-

zione di apposite schede (con dialoghi aperti edaltre attività) per far sì che gli studenti possanoconfrontare e verificare le loro ipotesi.39 L’uso del modo condizionale, tipico del lin-guaggio giornalistico, di chi riferisce o scriveinformazioni senza averne la fonte certa, vienepresentato attraverso un titolo giornalistico chefa riferimento a un fatto che riguarda il simbolodi Roma, il Colosseo: “Rubato un pezzo di Colos-seo”. È giallo sul simbolo di Roma. Dai condiziona-li dell’occhiello al sottotitolo è facile intuire chela notizia sia poco attendibile: “I ladri avrebberoasportato un blocco di marmo con un’autogrù”, ecc.Dopo la lettura dei titoli e la spiegazione delleparole-chiave, lo studente viene invitato adesprimere il proprio parere sull’accaduto e adesternare i propri dubbi e la propria perplessitàsulla veridicità del fatto con gli strumenti lin-guistici che già possiede (con strutture come:secondo me, credo, non credo, non è possibile, per-ché…) per esercitarsi su questo nuovo uso delmodo condizionale, trasponendolo in altresituazioni o tramite compiti linguistici da ese-guire in un secondo momento, come la ricercadello stesso modo verbale in altri titoli giornali-stici o durante l’ascolto dei Tg.40 I testi pubblicitari che presentano un mes-saggio linguistico caratterizzato da una partico-lare intonazione, da una forte ridondanza, avolte accompagnato dalla gestualità, come siverifica in un contesto comunicativo, si prestanomolto a coinvolgere gli apprendenti in attivitàcreative durante le quali viene richiesto di rifor-mulare il messaggio linguistico oppure di sosti-tuire il messaggio iconico reinventando quelloverbale in maniera appropriata alla nuova situa-zione. Cfr. in proposito i testi pubblicitari utiliz-zati nella nuova edizione (in corso di stampa) diQui Italia più, corso di italiano per studenti dilivello intermedio (B2), per presentare l’uso deiriflessivi apparenti (prendersi una cotta per lacrema di ricotta) e l’uso del futuro modale. Inquesto caso si utilizza il testo: Oggi prendo ilcoupè che pubblicizza la Mercedes-Benz, classeA, il quale presenta tratti del parlato come ilsegnale di conferma no?, il marcatore magariche è spesso associato all’uso del futuro episte-mico, e l’uso marcato del pronome soggetto cheacquista una particolare connotazione accen-tuando la parte che il soggetto ha nell’azione:Oggi è una di quelle giornate in cui capisci subito chele cose girano al meglio. Hai presente, no? Il cielo èsereno, l’aria è frizzante, la gente fuori è più conten-ta… Magari è solo una mia impressione. Sarà mache importa? Io oggi prendo il coupé. 41 Cfr. in proposito Benincà 1993, in Sobrero (acura di), pp. 247-290, Salvi-Vanelli 2004.42 La vignetta e lo spot pubblicitario sono stateinserite nella nuova edizione di Qui Italia più,

grammatica testuale per studenti stranieri dilivello intermedio, che già nella precedente edi-zione (1995) presentava nel sillabo elementirelativi alla pragmatica e alla dinamica conver-sazionale. La vignetta, tratta dalla “SettimanaEnigmistica”, attraverso la sequenza dei tempiverbali (dall’indicativo presente, al condizionale,all’imperfetto), rappresenta efficacemente il pro-cedimento di attenuazione della richiesta diret-tiva fino alla rinuncia finale con un effetto comi-co chiaramente comprensibile. Nel caso dellospot delle acque Oliveto e Rocchetta, sono statefornite altre immagini di oggetti ben noti a cuigli studenti possono adattare la stessa costruzio-ne (con l’uso della segmentazione e del che poli-valente) creando altri spot. Es.: (immagine dellaFerrari) Questa sì che è veloce; (Nutella) Questa sìche è buona. Oggi non è infrequente trovare testiper stranieri che esercitano queste struttureattraverso pattern drills che stimolano scambicomunicativi appropriati attraverso il modello:Dove abita Francesca? (Francesca non la conosco),Dov’è Giorgio? (Giorgio non l’ho ancora visto), oattraverso le seguenti trasformazioni: Un gatti-no miagola sul terrazzo (C’è un gattino che mia-gola sul terrazzo), Che cosa succede? (C’è qualcu-no che bussa alla porta). Cfr. in proposito Andor-no 2003, pp. 198-203. Molto proficui per stimo-lare il processo inferenziale sono i dialoghi aper-ti o gli esercizi più creativi in cui gli studentidevono formulare le domande a risposte giàdate del tipo: ………………..? I piatti li lava Marco.….……………….? Lo prendo amaro (il caffè), ecc.

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GLOSSARIOL’insegnamento dell’italiano L2 tra le varietà linguistiche e sociolinguistiche

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