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Con l’Unità d’Italia si era già ma- nifestata l’esigenza, da un lato di ren- dere partecipi tutti i cittadini della cul- tura nazionale, dall’altro di dotare le istituzioni scolastiche di materiali e di strumenti, a supporto dell’insegna- mento, moderni ed efficaci. In questa prospettiva il Ministero della Pubblica Istruzione (che assommava in sé le competenze riguardanti le cosiddette “Belle Arti” (cioè i “Beni Culturali”) ricercò e diffuse tra le istituzioni sco- lastiche l’uso delle più moderne tecno- logie disponibili in quell’epoca. Pro- mosse, altresì, la conoscenza del nostro patrimonio culturale sollecitan- do le istituzioni scolastiche ad effet- tuare periodici “viaggi e visite d’istru- zione”. Particolare attenzione fu dedi- cata anche alla costituzione di “raccol- te” e di veri e propri musei scolastici. A partire dal secondo dopoguerra la collaborazione tra scuola e museo si rinnova in un nuovo quadro culturale. Tra gli anni Sessanta e Settanta, infat- ti, sia in ambito internazionale, sia in quello nazionale si intensificano il dibattito e la ricerca sulla questione dell’apertura dei musei al grande pub- blico. Si tratta, infatti, da un lato di rispondere ai grandi bisogni di natura socioculturale manifestati dalla popo- lazione italiana nel suo insieme, dal- l’altro di migliorare la qualità dei pro- cessi di apprendimento nella scuola attraverso un rapporto di sinergia tra sistema educativo e istituzioni cultura- li. Così, tra gli anni Sessanta e Settan- ta, grazie all’impegno delle maggiori istituzioni ed autorità culturali del Paese si arriva a concreti impegni ed iniziative per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano e per un rinnovamento del sistema educativo nazionale. Si apre, così, la strada per il costituirsi della didattica museale: presso i grandi musei si creano sezio- ni didattiche, le scuole vengono solle- citate a visitare i musei, le scolaresche vengono accolte con appositi servizi educativi; anche gli Enti locali concor- rono a questo grande movimento cul- turale offrendo un contributo insosti- tuibile per la conoscenza del nostro patrimonio culturale “diffuso”. L’isti- tuzione del Ministero per i Beni Cul- turali (negli anni Settanta) segna, però, la separazione dei musei dalla scuola e, quindi, l’esigenza di indivi- duare nuove forme di collaborazione tra le due istituzioni. L’introduzione delle nuove tecnologie dell’educazione offre oggi grandi oppor- tunità per la realizzazione di una didattica museale estremamente effi- cace secondo i princìpi così storica- mente delineati. Da qui l’iniziativa congiunta tra i due Ministeri di sotto- scrivere un Protocollo d’intesa in materia di applicazione delle ICT nel RI D’ Glossario Didattica museale e nuove tecnologie A CURA DI ANTONIO CIOCCA Presentazione DI ALESSANDRO MUSUMECI

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Con l’Unità d’Italia si era già ma-nifestata l’esigenza, da un lato di ren-dere partecipi tutti i cittadini della cul-tura nazionale, dall’altro di dotare leistituzioni scolastiche di materiali e distrumenti, a supporto dell’insegna-mento, moderni ed efficaci. In questaprospettiva il Ministero della PubblicaIstruzione (che assommava in sé lecompetenze riguardanti le cosiddette

“Belle Arti” (cioè i “Beni Culturali”)ricercò e diffuse tra le istituzioni sco-lastiche l’uso delle più moderne tecno-logie disponibili in quell’epoca. Pro-mosse, altresì, la conoscenza delnostro patrimonio culturale sollecitan-do le istituzioni scolastiche ad effet-tuare periodici “viaggi e visite d’istru-zione”. Particolare attenzione fu dedi-cata anche alla costituzione di “raccol-

te” e di veri e propri musei scolastici.A partire dal secondo dopoguerra lacollaborazione tra scuola e museo sirinnova in un nuovo quadro culturale.Tra gli anni Sessanta e Settanta, infat-ti, sia in ambito internazionale, sia inquello nazionale si intensificano ildibattito e la ricerca sulla questionedell’apertura dei musei al grande pub-blico. Si tratta, infatti, da un lato dirispondere ai grandi bisogni di naturasocioculturale manifestati dalla popo-lazione italiana nel suo insieme, dal-l’altro di migliorare la qualità dei pro-cessi di apprendimento nella scuolaattraverso un rapporto di sinergia trasistema educativo e istituzioni cultura-li. Così, tra gli anni Sessanta e Settan-ta, grazie all’impegno delle maggioriistituzioni ed autorità culturali delPaese si arriva a concreti impegni ediniziative per la valorizzazione delpatrimonio culturale italiano e per unrinnovamento del sistema educativonazionale. Si apre, così, la strada per ilcostituirsi della didattica museale:presso i grandi musei si creano sezio-ni didattiche, le scuole vengono solle-citate a visitare i musei, le scolareschevengono accolte con appositi servizieducativi; anche gli Enti locali concor-rono a questo grande movimento cul-turale offrendo un contributo insosti-tuibile per la conoscenza del nostropatrimonio culturale “diffuso”. L’isti-tuzione del Ministero per i Beni Cul-turali (negli anni Settanta) segna,però, la separazione dei musei dallascuola e, quindi, l’esigenza di indivi-duare nuove forme di collaborazionetra le due istituzioni.L’introduzione delle nuove tecnologiedell’educazione offre oggi grandi oppor-tunità per la realizzazione di unadidattica museale estremamente effi-cace secondo i princìpi così storica-mente delineati. Da qui l’iniziativacongiunta tra i due Ministeri di sotto-scrivere un Protocollo d’intesa inmateria di applicazione delle ICT nel

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Glossario

Didatticamuseale e nuovetecnologieA CURA DI ANTONIO CIOCCA

Presentazione

DI ALESSANDRO MUSUMECI

campo dell’Istruzione e della Culturaallo scopo di:■ diffondere la conoscenza del patri-monio culturale nazionale ed interna-zionale;■ favorire l’accesso alle risorse cultura-li digitali definite secondo parametricondivisi a livello nazionale ed europeoe rese disponibili da programmi inter-nazionali come “Minerva”;■ arricchire l’offerta formativa soste-nendo l’uso dei contenuti culturalidigitali a fini didattici;■ individuare politiche e strategiecomuni per campagne di comunicazio-ne mirate alla fruizione del patrimonioculturale, anche per via telematica, inogni grado del sistema formativo;■ sostenere le istituzioni scolastiche, nelrispetto della loro autonomia didatticaed organizzativa, nell’attività di forma-zione di una coscienza storica del patri-monio culturale diffuso, da parte di tuttii cittadini come fondamento dell’iden-tità della comunità nazionale, qualemomento rilevante delle attività scolasti-che curriculari ed extracurriculari.

Premessa

I musei rappresentano una risorsa edu-cativa inesauribile, da utilizzare siste-maticamente nell’insegnamento, nonsolo come ausilio per la comunicazionevisiva, ma per i valori di cui sono porta-tori, l’autenticità e la concretezza deidocumenti presentati, la completezzadelle collezioni, la multidimensionalitàdei linguaggi espositivi. Per “museo”, secondo la definizioneinternazionale, si intende “un’istitu-zione permanente, senza fini dilucro, aperta al pubblico, al serviziodella società e del suo sviluppo, checompie ricerche, acquisisce, conservae, soprattutto, espone le testimonian-ze dell’umanità e del suo ambiente afini di studio, educazione e diletto”(Statuto dell’International Council ofMuseum, 1951). Per “didattica museale” si intende l’in-sieme delle metodologie e degli stru-menti utilizzati dalle istituzioni musea-li e da quelle scolastiche per rendereaccessibili ad un più vasto pubblico col-lezioni, raccolte, mostre e in generaleogni tipo di esposizione culturale. Matale definizione non è esaustiva dellacomplessa realtà rappresentata. Perquesto appare particolarmente utileripercorrere le principali fasi del costi-tuirsi della didattica museale in Italia apartire dal secondo dopoguerra.

Il patrimonio culturaledegli Stati italiani prima dell’Unità

Il nuovo Stato italiano nato nel 1861eredita dagli Stati preunitari un consi-derevole patrimonio culturale, tramonumenti, biblioteche, raccolte emusei spesso di grande valore. Molti diquesti beni offrivano grandi risorseanche dal punto di vista etico-educati-vo. Vediamo alcuni esempi.

A Milano, nel 1625, il cardinale Federi-co Borromeo lascia le proprie raccoltedi opere d’arte alla Biblioteca Ambro-siana di Milano per offrire materiali distudio ai giovani artisti. Sempre a Milano, nel 1776, l’imperatri-ce Maria Teresa d’Austria fonda nelPalazzo di Brera una raccolta di opered’arte ad uso didattico (disegni, dipinti,calchi, ecc.) per gli allievi artisti. Talecollezione costituirà il primo nucleodella futura Pinacoteca di Brera.

A Bologna, nel 1603, il naturalistaUlisse Aldrovandi dona le proprie col-lezioni e la propria biblioteca al Senatodi Bologna.Ulisse Aldrovandi fu professore diFilosofia Naturale a Bologna e fonda-tore dell’Orto Botanico (1522-1605). Èstato considerato il fondatore dellaStoria Naturale moderna. L’opera di

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Breve storia della didattica museale italiana

Evoluzionedi una metodologia educativa

Aldrovandi appare di particolare inte-resse – oltre che dal punto di vistascientifico – anche da quello propria-mente didattico e della comunicazio-ne visiva. Egli, infatti, utilizzava leillustrazioni come elementi del tuttocentrali nell’ambito delle sue ricerche:esse servivano a mostrare le cose dinatura in modo concreto e nel lorostato ottimale a tutti i lettori.

A Firenze il Granduca di Toscana Pie-tro Leopoldo di Lorena, nel 1769, espo-ne nella Galleria degli Uffizi al pubbli-co le collezioni d’arte della famigliaMedici (1769). Le collezioni servonoanche come modelli di ispirazione perla formazione dei giovani artisti.

A Roma, nella seconda metà del Sette-cento, i Papi ordinano in senso moder-

no le raccolte pontificie e aprono alpubblico nuove collezioni nei Palazzi enei Musei Vaticani.Particolarmente interessanti eranoanche le raccolte e i musei annessi agliistituti scolastici. Vediamone alcuni.

Il Liceo Ginnasio “C. Beccaria”, a Mila-no. È uno fra i più antichi d’Italia. IlGinnasio fu fondato dalla Congregazio-ne dei Barnabiti nel 1603. La denomina-zione Liceo fu introdotta nel periodonapoleonico quando fu dato alle scuolesuperiori d’indirizzo umanistico unordinamento più affine alle scienze,piuttosto che alla filosofia. In seguito ilgoverno austriaco incrementò la biblio-teca ed i gabinetti scientifici che conser-vano ancora preziosi cimeli: si tratta diapparecchi scientifici di costruzionestraniera, costosissimi e rari in quel

tempo, di collezioni di animali, minera-li, fossili, alghe, conchiglie.

Il Liceo classico “N. Machiavelli” diLucca. Le sue origini risalgono al1785. Nel 1819 la duchessa MariaLuisa di Borbone riorganizzò l’Istitu-to, dotandolo di un Orto Botanico, diun Osservatorio Astronomico, di unGabinetto di Fisica, di un Gabinettoanatomico e di un Museo di StoriaNaturale. Con l’Unità d’Italia, venivatrasformato in Liceo Classico. L’Istitu-to è oggi dotato di un importanteMuseo che raccoglie le antiche colle-zioni scientifiche e un erbario dell’a-bate Ignazio Mezzetti.

Il Liceo “Ennio Quirino Visconti”, diRoma.Il Liceo classico “E. Q. Visconti” di Ro-ma, istituito nel 1870 è il più anticodella capitale. Occupa una parte delcomplesso del Collegio Romano, fonda-to nel XVI secolo. È oggi monumentonazionale. Università dei Gesuiti, fu persecoli uno dei centri culturali più attividi Roma. Il Governo italiano, nel 1870,trasformò l’istituto in liceo-ginnasio sta-tale intitolandolo ad Ennio QuirinoVisconti (1751-1818), illustre antichista.

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L’Antichità: Tempio di Ercole a Cori (Latina); tempio dell’antica Himera a Termini Imerese (Palermo); tempio di Hera Licina presso Croto-ne (Catanzaro); tomba a cupola nella villa “La mula” a Quintino Fiorentino; Badia di San Pietro a Perugia; cattedrale e battisterodi Ascoli Piceno; chiesa di San Paragorio in Noli (Savona); chiesa di S. Maria Maddalena a Palermo; cattedrale di Acerenza(Potenza); Palazzo delle Compere di San Giorgio a Genova; ponte degli Alidosi in Castel del Rio (Bologna); ex Badia della SS.Trinità a Venosa (Potenza); chiesa cattedrale di Santa Maria in Atri (Teramo); chiesa di San Giovanni in Argentella a PalombaraSabina (Roma).

Il Risorgimento: Sepolcreto della famiglia Cairoli a Gropello (Pavia); casa e tomba di Garibaldi a Caprera; tomba di Giacomo Leo-pardi; casa natale di Giuseppe Verdi a Roncole (Busseto, Parma); lo scoglio di Quarto (Genova); casa in cui morì Giuseppe Maz-zini; tomba di Camillo Benso di Cavour a Santona (Torino); la banchina Cammarelle di Sapri (Salerno); la grand’aula di PalazzoMadama e l’aula di Palazzo Carignano a Torino (già Camera dei Deputati della Repubblica Cisalpina a Torino ); Ossario di Men-tana (Roma); casa natale di Gioacchino Rossini (Pesaro); casa natale di Pietro Micca a Sagliano Micca; casa natale di GiosuèCarducci a Pietrasanta (Lucca); fortino di Vigliena presso San Giovanni a Peduccio (Napoli); tomba della famiglia Imbriani Poe-rio a Somigliano d’Arco (Napoli); l’arco dell’Annunziata di Padula (Salerno).

I primi monumenti nazionali

I musei rappresentano una risorsa educativa inesauribile,da utilizzare sistematicamente nell’insegnamento, non solo come ausilio per la comunicazione visiva, ma per i valori di cui sono portatori

Cultura e istruzione dopo l’Unità d’Italia

I monumenti

Dopo l’Unità d’Italia una serie di edificie luoghi viene dichiarata “monumentonazionale”. Con questo termine venne-ro indicati “edifici e luoghi che si ricol-legano alla nostra storia o alla memoriadi grandi uomini”, sia essa fatta conlegge o, meno solennemente, con“decreto reale”. Da notare che il termi-ne non aveva uno specifico contenutogiuridico, ma rientrava negli effettidella legge comune di tutela monu-mentale del 20 giugno 1909, n. 364(vd. Luigi Parpagliolo, Codice delle anti-chità e degli oggetti d’arte, Loescher,Roma, 1913).In pratica il nuovo Stato italiano cercadi rafforzare l’immagine della propriaidentità richiamandosi sia alla storiaantica, con particolare riguardo allazona monumentale di Roma, sia alrecente Risorgimento. Il repertorio deimonumenti nazionali e dei musei rap-presenta un’importante traccia didocumentazione visiva storica per la scuola.

Roma monumento nazionaleÈ il ministro dell’Istruzione GuidoBaccelli, nel 1887, ad assumere, congrande enfasi, l’iniziativa di un dise-gno di legge per la conservazione e latutela dei monumenti esistenti sullazona meridionale di Roma. Egli parlaesplicitamente di “efficacia educativa ecivile” di tale proposta: “Fu l’ideale diRoma antica e la cultura classica attin-ta nelle scuole che ispirò e confortò legenerazioni italiane all’unità dellaPatria” (Relazione alla Camera dei De-putati, presentata il 20 giugno 1887).La zona individuata doveva esseredestinata a compiere gli scavi necessa-ri per mettere in luce i monumenti, apubblici giardini e viali alberati, adopere di risanamento igienico.

I nuovi grandi musei nazionali

I nuovi grandi musei dell’arte e dell’industriaNel XIX secolo, con l’impetuoso svi-luppo dell’industrializzazione in tuttaEuropa, si assiste ad un notevole incre-mento di musei creati sia per finalitàdel tutto economico-produttive, sia perscopi educativo-formativi. Per l’Italia èil periodo dell’istituzione di grandimusei nazionali allo scopo di dareun’immagine positiva e caratterizzantele linee di sviluppo della nazione. Cosìè frequente l’annessione di scuole d’ar-te presso grandi collezioni (ad es.,come si è visto, quelle degli Uffizi aFirenze, di Brera a Milano, ecc.). Sipensava di usare come modelli le opereantiche per migliorare la qualità dellaproduzione di manufatti nazionale. InItalia questo tipo di musei fu istituitoin quasi tutte le città più importanti: ades. a Torino il Regio Museo Industrialeitaliano (1862), che intendeva porsicome modello di industrializzazionemoderna in un Paese ancora pocoindustrializzato.

Il Museo Archeologico Nazionale delle MarcheIl Museo inizia la sua storia nel 1860come Gabinetto Archeologico dellaCommissione dei Monumenti regiona-le, per poi divenire Regio Museo Ar-cheologico Nazionale delle Marche nel1906 (Regio Decreto n. 244). Il primonucleo del museo era rappresentato daraccolte antiquarie. In seguito trovòuna sua identità specifica nella docu-mentazione della civiltà Picena. Attual-

mente il Museo è in grado di offrire unpanorama storico ricco e completodella propria regione.

Il Regio Museo di Antichità di BolognaIl Regio Museo di antichità fu fondatonel 1878 grazie all’iniziativa dalla localeDeputazione di storia patria e al ricono-scimento dato dal Ministro della Pubbli-ca Istruzione Francesco De Sanctis. Talemuseo comprendeva un primo nucleoformato dalle collezioni dell’Universitàdi Bologna (collezioni Aldrovandi,Cospi, Marsili), successivamente arric-chite dall’eccezionale raccolta del pittorebolognese Palagio Pelagi.

Il Museo Archeologico Nazionale di FirenzeIl Museo Archeologico Nazionale diFirenze fu istituito nel 1870 (ed è per-tanto il più antico in Italia). Gran partedelle sue collezioni deriva dalle raccoltemedicee e granducali, già esposte nellaGalleria degli Uffizi. Nel 1880 fu collo-cato nella sede attuale del secentescoPalazzo della Crocetta. Nel 1898 fu isti-tuito il Museo Topografico dell’Etruria,una delle più importanti raccolte dimateriali etruschi di tutto il mondo.Tra le opere più famose basti ricordarele grandi statue in bronzo della Chime-ra, dell’Atena di Arezzo e l’Arringatore.

Il Regio Museo di Antichità di CagliariQuesto museo sorse tra la fine delXVIII secolo e i primi del XIX per ladonazione da parte del duca CarloFelice all’Università di Cagliari della

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Il repertorio dei monumenti nazionali e dei museirappresenta un’importante traccia di documentazione visiva storica per la scuola

propria importante raccolta di anti-chità e di storia naturale (cimeli,minerali, animali). Nel 1858 la raccol-ta, comprensiva delle splendide cereanatomiche del famoso modellatorein cera di preparati anatomici Cle-mente Susini, divenne istituzionemuseale con carattere specificata-mente locale sardo.Di particolare interesse, tra gli stru-menti didattici funzionali all’esposizio-ne, modellini del nuraghe monotorre edella tomba nuragica dei giganti. Inol-tre la collezione di “cere anatomiche”.

Il Museo Ridola di MateraIl Museo Archeologico Nazionale diMatera costituisce la più antica sedemuseale della Basilicata. Fu istituitonel 1911 sulla base della donazione daparte dell’on. Domenico Ridola alloStato italiano, rappresentato dal Mini-stro della Pubblica Istruzione LuigiCredaro, di una grande raccolta dioggetti antichi, attinenti alla preistoriae alla storia della provincia di Matera.

Il Museo Nazionale di PalermoIl Museo – costituito da una pubblicapinacoteca e da un museo archeologi-co – divenne Museo Nazionale nel1860 sotto la dipendenza della Com-missione di Antichità e Belle Arti(Ministro nel Governo provvisorio diSicilia Gregorio Ugdulena). Ebbe sedenella Casa dei Padri della Congrega-zione di S. Filippo Neri, confiscata

alla Congregazione nel 1866. Undecreto del 1863 dispose che tutti glioggetti scavati per conto dello Statonelle province di Palermo, Trapani,Agrigento e Caltanissetta si depositas-sero nel Regio Museo di Palermo.Oggi il museo documenta le diversefasi della civiltà e del collezionismodella Sicilia occidentale.

I musei “civici”

Agli inizi del XIX secolo viene crea-to – soprattutto nell’Italia settentrio-nale – un nuovo tipo di museo, volto asuperare le raccolte d’arte o naturalisti-che di prìncipi e studiosi in direzione diuna più precisa identità tipologica dellecollezioni stesse, secondo l’ideale illu-

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I musei civici volevanoavere una chiaraispirazionepedagogico-didatticanella volontà di formare nei cittadiniun’autocoscienza civile e un’identità culturale

minista del tempo. Si tratta dei cosid-detti “musei civici”, destinati ad acco-gliere, in realtà, gli oggetti più dispara-ti: dai patrimoni confiscati agli ordinireligiosi alle collezioni più insolite dioggetti quali scatole di fiammiferi,manifesti, documenti politici, fotogra-fie, oggetti di metallo, ceramica, vetro,legno, tessuti, ma destinati anche araccogliere testimonianze di valoripatriottici, di modelli ideali di virtù. Daqui un apparente senso di confusioneper la disposizione degli oggetti. Inrealtà questi musei volevano avere,soprattutto, una chiara ispirazionepedagogico-didattica nella volontà diformare nei cittadini un’autocoscienzacivile e un’identità culturale. I museicivici italiani, in pratica, divennero ilprincipale punto di riferimento per lastoria delle città italiane e “il punto dipartenza per ogni futura conoscenza,tutela e valorizzazione del patrimonioculturale di interi territori” (vd. Ales-sandra Mottola Molfino, Il libro deimusei, Umberto Alemanni & C., Tori-no, 1998). Vediamo alcuni esempisignificativi:

I Musei Civici di Reggio EmiliaI Musei Civici di Reggio – costituiti nel1830 – rappresentano a tutt’oggi unsifignicativo esempio di museo civicosecondo quanto sopra detto. Contengo-no raccolte e collezioni riferibili all’ar-cheologia, etnografia, storia dell’arte,storia naturale, storia della città, mu-seo di arte industriale, vetrine degliscienziati reggiani.Di particolare interesse attuale il Mu-seo del Tricolore.

Il Museo “Gaetano Filangieri” a NapoliIl museo, fondato nel 1882 dal princi-pe filantropo Gaetano Filangieri(1824-1892) è uno dei pochi MuseiCivici nel Sud Italia. Fu pensato comeil fulcro di una precisa politica cultu-rale interessata, da un lato, alla con-

servazione dei monumenti, dall’altro,allo sviluppo industriale di Napoli. Inpratica uno strumento didattico costi-tuito da due istituzioni diverse: scuolae museo, unite da un unico obiettivoideale: il museo inteso come stru-mento didattico, luogo di studio e dicrescita per la città: l’istruzione indu-striale ed il design, la teoria e la prati-ca, il recupero del passato (nelleforme) e l’aggancio con il futuro(nelle tecniche).

La scuola dell’obbligodopo l’Unità d’Italia:il problemadell’analfabetismo

Con l’Unità d’Italia fu creato – attra-verso la Legge Casati del 1859 – unnuovo ordinamento del sistema scola-stico. L’ingente patrimonio culturalelasciato dagli Stati preunitari fu recu-perato stabilendo che i soli Licei,“ristretti a poco numero”, fossero “for-niti di gabinetti, piccoli musei e di tuttigli altri sussidi necessari ad un inse-gnamento scientifico”. I Licei, in prati-ca, dovevano curare la formazionedella futura classe dirigente. Diversa la situazione per l’istruzionepopolare. Nel 1860 l’Italia inizia il pro-prio cammino scolastico “ereditando”dagli Stati preunitari una popolazionecon il 78% di analfabeti, dei quali granparte donne ed anziani, residenti nelCentro e nel Meridione del Paese (dovesi raggiungevano punte del 90%). L’i-struzione pubblica appare subito come

una drammatica questione nazionale.La Legge Casati citata istituisce una“scuola popolare” obbligatoria, unifor-me, per tutti i cittadini del nuovo Statoitaliano. L’istruzione elementare è sud-divisa in due cicli, di cui solo il primoobbligatorio (mentre il secondo lo erasolo per i Comuni con più di 4.000abitanti). I programmi scolastici com-prendevano religione (in III e IV), ele-menti dei diritti e doveri dell’uomo (inIII e IV), storia, geografia, scienze.Unico sussidio il libro di “lettura” (nonancora il “Sussidiario”). Inoltre l’arit-metica e la lingua italiana (con molta,troppa grammatica). La frequenza obbligatoria gratuita ditutto il ciclo scolastico delle elementari(con adeguate sanzioni per gli inadem-pienti) si deve al Ministro Coppino conla Legge 15 luglio 1867. La leggeaggiungerà, inoltre, una terza classe alcorso inferiore, ottenendo in tal modoche, in totale, il corso elementare risul-ti costituito da cinque classi.

Pedagogia e didatticadell’istruzione dell’obbligonei primi decenni della scuola italiana

L’istruzione primaria era finalizzata, inmodo quasi assoluto, all’esigenza dialfabetizzare rapidamente la maggiorparte della popolazione italiana. Perciòi metodi scolastici di insegnamento,sfrondati di ogni inutile peso, insegna-vano le lettere dell’alfabeto, elementi digrammatica e calcolo, nozioni di storia,

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L’istruzione primaria era finalizzata, in modo quasiassoluto, all’esigenza di alfabetizzare rapidamente la maggior parte della popolazione italiana

patria e geografia, come “l’origine dellareal Casa di Savoia; la Lega Lombarda;le gesta principali dei vari regnanti diCasa Savoia. Alcune corte biografie discrittori ed artisti che onorano il nomeitaliano o meritano di essere in parti-colar modo ricordati in ciascuna città eprovincia d’Italia”.Unici sussidi i tabelloni murali, la“tavola nera” (cioè la lavagna) e qual-che visita d’istruzione nell’ambientecircostante. Maria Montessori descrivein modo incisivo l’aspetto delle aulescolastiche di allora: “Che cosa si fa nelle comuni scuole ele-mentari per educare l’immaginazione?La scuola, nella maggior parte dei casi, èun luogo spoglio, nudo, ove il colore grigiodelle pareti, le tende di mussolo biancoalle finestre, precludono ai sensi ogni viadi sfogo. Lo scopo di questo triste scenarioè che l’attenzione dello scolaro non siatrattenuta da stimoli e venga condotta afissarsi sul maestro che parla. I fanciulli,seduti, ascoltano per ore e ore nell’immo-bilità” (Maria Montessori, L’autoeduca-zione, Garzanti, 1992, p. 235).

Pedagogia e didattica nei primi decenni della scuola italiana

Alla fine dell’Ottocento la nuovaAmministrazione scolastica italianasi confronta con gli altri sistemi edu-cativi europei alla ricerca di metodolo-gie e strumenti di insegnamentomoderni. È questo un periodo digrandi trasformazioni scientifiche,tecnologiche e sociali e anche l’epocadelle grandi esposizioni, ideate come

luogo dove i produttori presentavanole loro realizzazioni più avanzate, informa didattica e, al tempo stesso,ricreativa. In pratica l’esposizione in-ternazionale rappresentava unanuova forma di rapporti tra le nazionitramite l’industria: una sorta di con-vegno-festa del commercio che mette-va in contatto il consumatore e pro-duttore, compratore e venditore, tra-mite zone di libero scambio.In questo quadro si inseriva anche ilriconoscimento dell’utilità delle mostrespecificatamente riservate ai materialididattici da destinare sia ai musei peda-gogici sia alla concreta pratica educativa.

Si intendeva, così, offrire, dal punto divista della cultura del Positivismo, alloradominante, un approccio scientifico allemetodologie educative. I Ministri dell’I-struzione dell’epoca visitavano, perciò,personalmente esposizioni di questogenere, come quelle “Universali” diLondra (1862) e di Vienna (1873). Proprio sulla base dei più importantimateriali raccolti in queste mostre esul modello dei musei di istruzione ededucazione anglosassoni, il MinistroRuggero Bonghi crea, nel 1873, ilprimo Museo di Istruzione e di Educa-zione, destinato “a raccogliere in unluogo i modelli più progrediti degliarredi e della casa scolastica”, oltre alibri e mezzi d’insegnamento di ognigenere “tenuti quali altrettanti stru-menti per cui mediante il fedele testi-monio degli occhi si avviva l’intelletto esi forma l’abito del retto osservare”.Tali raccolte furono ospitate, dapprima,in alcune sale del Collegio Romano,dove già si trovavano le collezioni

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Alla fine dell’Ottocento la nuova Amministrazione scolastica italiana si confronta con gli altri sistemi educativi europei alla ricerca di metodologie e strumenti di insegnamento moderni

didattico-scientifiche del Museo Kir-cheriano. Finalità del Museo era quelladi documentare, con esempi, modelli,diapositive, una didattica “esemplare”,di Stato. Tra i primi fu collaboratoreSante De Sanctis, fondatore degli Asili-scuola per disabili. Il fondamento cul-turale era rappresentato dal pensierodei positivisti italiani portatori dellenascenti scienze umane: antropologia,psicologia, sociologia: Roberto Ardigò,Aristide Gabelli, Andrea Angiulli e Pie-tro Siciliani. Tra i Direttori basti ricor-dare Giuseppe Lombardo Radice(Direttore Generale dell’istruzione Ele-mentare) e Antonio Labriola. Il Museofu arricchito anche dai libri donati alMinistero della Pubblica Istruzione oda esso comprati fino ad allora. Inseguito il Museo dell’Istruzione fu con-nesso con la Cattedra di Pedagogia del-l’Università “La Sapienza” di Roma. IlMinistro Luigi Credaro, incrementò ilmateriale didattico per allestire ilMuseo Pedagogico della Scuola di per-fezionamento dei maestri elementari,annessa alla facoltà di Lettere e Filoso-fia dell’Università di Roma. In seguitoil Museo seguì alterne vicende: chiusonel 1904, trasformato più volte, conti-nuò a formare nuove raccolte centratesoprattutto sul disegno infantile, testidi educazione musicale e di insegna-mento della lingua.

Un museo analogo fu il Museo di Edu-cazione e d’Istruzione, creato nel 1876a Palermo dal professor EmanueleLatino presso la Facoltà di Lettere eFilosofia della Regia Università diPalermo. Tra le collezioni del Museo sipossono ricordare carte in rilievo, tavo-le murali per lo studio della geografiafisica, una collezione dei tipi dellerazze umane, giochi e materiali perl’insegnamento froebeliano, una colle-zione di quadri murali per l’insegna-mento oggettivo.Di particolare interesse le tavole muraliper l’insegnamento della nomenclatura

botanica e del disegno ornamentale, lapianta in rilievo di Palermo e i suoi din-torni, i sussidi per l’insegnamento degliorgani sensori, splendide tavole rappre-sentanti la vegetazione sottomarina (cfr.Marisa Marino, www.rivistadidattica.it).

La “lezione oggettiva” o “per immagini”

Il problema di reperire fonti di docu-mentazione autentica per stabiliresignificative relazioni tra nozioniessenzialmente verbali ed astratte del-l’insegnamento scolastico e contenuti– nell’impossibilità pratica di accede-re ai musei e ad altre strutture cultu-rali – venne affrontato introducendouna particolare forma di metodologiadidattica: le cosiddette “lezioni ogget-tive” e le “lezioni per immagini”. La“lezione oggettiva” configurata scien-tificamente, da Pestalozzi e, in Italiada Aristide Gabelli, ebbe un postopredominante nella scuola a fine XIXsecolo. Gli americani la chiamavano“lezione sugli oggetti”; i tedeschi“lezione per l’aspetto”, i francesi“lezione delle cose”. In Italia fu defi-nita “lezione per mezzo de’ sensi” erappresentò la contrapposizione allapura “lezione espositiva”. Si basavasulla presenza di un oggetto materia-le, dalla cui osservazione si dovevapartire per tutti gli esercizi razionalidi riflessione, di astrazione, di gene-ralizzazione. Complementare allalezione oggettiva era la “lezione perimmagini”, riguardante soprattutto ilcampo morale. Lo spunto veniva

offerto da illustrazioni riguardantiscene di vita familiare e civile per con-durre all’esaltazione degli affetti e allaformazione di buoni sentimenti.

Maria Montessori

Uno dei contributi più importanti perfavorire uno sviluppo “globale” del-l’apprendimento basato non sul sem-plice nozionismo, ma sull’apporto ditutta la personalità dell’allievo, è statoofferto da Maria Montessori, con lasua “metodologia scientifica d’inse-gnamento”. Se la funzione educativa

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Il problema di reperire fonti di documentazione autenticaper stabilire relazioni tra nozioni astratte e contenuti venne affrontato introducendo una particolare forma di metodologia didattica: le cosiddette “lezioni oggettive” e le “lezioni per immagini”

del museo consiste, infatti, nel favori-re un apprendimento multidimensio-nale attraverso l’uso dei sensi (oltreche del linguaggio e del pensiero), sipuò considerare la metodologia dellaMontessori come una didattica inte-grata scuola-museo, sulla base dimateriale preparato ed organizzato inmodo scientifico. Si afferma il princi-pio dell’“apprendimento attivo”, chesi sviluppa per mezzo di tutti i sensi.Il materiale educativo, basato su accu-rati esperimenti psicologici, è “costi-tuito da un sistema di oggetti, rag-gruppati secondo una determinataqualità fisica dei corpi come colore,forma, dimensione, suono, stato diruvidezza, peso, temperatura, ecc.”.Tale materiale, attraverso l’educazio-ne dei sensi e della percezione, miraallo sviluppo dell’intelligenza. L’ap-prendimento deve svolgersi in unclima di assoluta libertà, ma anche diautentico “ordine”, secondo i principi

dell’“autodisciplina”, della “concen-trazione” e della positività delle rela-zioni sociali. Ritroveremo questi prin-cipi alla base della moderna didatticadei musei.Tutto l’ambiente educativo, dall’aulaallo spazio circostante, sarà, a sua voltacurato in ogni dettaglio, proporzionatoalle capacità motorie, operative e men-tali degli allievi, per essere attivamenteutilizzato e padroneggiato; ordinato eorganizzato affinché, attraverso puntidi riferimento non discontinui, eglipossa formarsi una propria visionedella realtà, per favorire la libera espan-sione degli interessi e delle esperienzee una positiva dimensione psico-affet-tiva necessaria al sorgere del sentimen-to di fiducia in sé e negli altri. Principiquesti adottabili sicuramente anchenegli allestimenti museali.In realtà sarebbe stato necessario dota-re anche la scuole primarie di adeguatestrutture culturali come i Musei annes-si ai Licei ed aprire realmente i Museiesistenti alle esigenze educativo-didatti-che del nuovo sistema scolastico. Ma glialti costi di un simile indirizzo di politi-ca dell’istruzione che il nascente Statoavrebbe dovuto sostenere – peraltro dasolo, dato lo scarso contributo offertoda soggetti privati – scoraggiavano ognitentativo di iniziatve in talo senso.In pratica, perciò, si aprì e cristallizzòper un lungo periodo (fino a tempirecenti) una storica separazione trascuola e musei, nonostante la comuneamministrazione delle due istituzioni.Infatti, a partire dal 1867 era stata crea-ta presso il Ministero della Pubblica

Istruzione la Giunta di Belle Arti (tra-sformata, poi, nel 1881 in DirezioneGenerale delle Antichità e Belle arti per“informare il Ministro sullo stato delleGallerie, dei monumenti e di tuttoquello che riguarda le Belle Arti”. Manella visione del Ministero della Pub-blica Istruzione di allora la principalefinalità dei musei doveva soprattuttoconsistere nell’opera di conservazionee di tutela del patrimonio culturalenazionale. Il termine stesso di “museo”(come luogo aperto al pubblico) fuespunto dalla terminologia della legi-slazione statale italiana a partire daiprimi anni del Novecento, sostituito daltermine “raccolta governativa”. Così,fino al secondo dopoguerra, è prevalsanei musei “la dimensione conservati-va”, un orientamento alle collezionianziché al pubblico. Il termine “museo”ricompare nella legislazione riguardan-te i beni culturali soltanto nel 1948 nel-l’ambito delle materie da affidare alleRegioni. Le competenze reali sarannopoi, effettivamente esercitate da questiEnti soltanto con il DPR 3/72 e ilDecreto 616/77. Per queste ragioni ilsistema scolastico e quello dei beni cul-turali – anche se formalmente collocatiin un’unica Amministrazione – rimar-ranno separati, in pratica, sul pianodella funzionalità educativo-didatticafino a tempi relativamente recenti. Laseparazione tra scuola e musei divienedefinitiva, poi, con l’istituzione delMinistero per i Beni Culturali conLegge 29 gennaio 1975, n. 5. Se è vero,infatti, che tutti i programmi scolastici,a partire dall’Unità d’Italia, hanno fattoriferimento in vario modo al patrimo-nio culturale nazionale sollecitandovisite e viaggi d’istruzione, è pur veroche è mancata una sistematica azionedi raccordo tra i due tipi di istituzioni.Soprattutto – come osservava in modopenetrante Pietro Romanelli (il primoDirettore generale delle Antichità eBelle Arti nel secondo dopoguerra adaffrontare in modo conseguente la que-

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Se la funzione educativa del museo consiste nel favorire un apprendimento multidimensionale attraverso l’uso dei sensi, si può considerare la metodologia della Montessori come una didattica integrata scuola-museo, sulla base di materiale preparato ed organizzato in modo scientifico

stione) “insegnanti e studenti restavanopassivi testimoni di una cultura orga-nizzata secondo criteri molto lontanidai loro reali interessi e dalle effettivepossibilità di comprensione. Che ilmuseo potesse diventare un necessarioed insostituibile complemento dellascuola e che, come tale, dovesse essereaperto e reso accessibile e comprensibi-le a tutti non era neppur pensato etanto meno realizzato o era, al più,vagheggiato da pochi come simpaticautopia”. Le osservazioni del Direttoreenerale Romanelli riflettevano, inrealtà, i profondi cambiamenti che sta-vano avvenendo nel mondo della cultu-ra sul piano internazionale. (Cfr. Danie-le Lupo Jallà, Un sistema di regole per ilmuseo, in “Ministero per i Beni e le Atti-vità culturali, Strumenti di valutazioneper i musei italiani”, Gangemi editore,2005, p. 50).

L’apertura dei musei al grande pubblico

Già a partire dagli anni Cinquanta delsecondo dopoguerra si era diffusa inambito internazionale, una nuova sen-sibilità volta a promuovere la cono-scenza dei musei presso il grande pub-blico oltre la ristretta cerchia degliesperti e dei ceti più colti. Qui ricordia-mo soltanto la Riunione congiuntaUNESCO-ICOM di Parigi (1951), iConvegni di Brooklyn e di Atene(1954). In Italia la nascita della didatticamuseale è legata ad una serie di inizia-tive istituzionali lungo l’arco di un ven-tennio, tra gli anni Cinquanta e Settan-ta. Tra le principali ricordiamo solo: ilConvegno di Perugia (1955), che per laprima volta inquadra la didattica delmuseo nell’ambito della “Museologia”;la Prima Settimana dei musei in Italia(1956), nel quadro della CampagnaInternazionale dei musei promossadall’UNESCO; il Convegno di Gardone

Riviera (1963) su “La Didattica deimusei e dei monumenti”, promossodal Centro Didattico Nazionale per l’I-struzione Artistica; la formazione dellaCommissione di studio per la didatticadei musei, costituita presso il Ministe-ro della Pubblica Istruzione, presiedu-ta da Pietro Romanelli (1970).Ma l’evento fondamentale della Didatti-ca dei Musei, in Italia, è rappresentatosenza dubbio dal Convegno “Il museocome esperienza sociale”, Roma, 4-5-6dicembre 1971. Il Convegno, sotto ilpatronato del Presidente della Repub-blica Giuseppe Saragat, rivestì granderilevanza per la ricchezza di contributiofferti al problema della funzione edu-cativa dei musei. La stessa composizio-ne del Comitato d’onore evidenziaval’importanza che si intendeva attribuirealla manifestazione: 46 membri disicuro prestigio, tra i quali vogliamoricordare almeno i seguenti: Sen.Amintore Fanfani; On. Sandro Pertini,Presidente della Camera dei deputati;prof. Giuseppe Chiarelli, presidentedella Corte Costituzionale; On. EmilioColombo, presidente del Consiglio deiMinistri; On. Riccardo Misasi, Ministrodella Pubblica Istruzione; On. GiovanniGronchi, senatore a vita; Clelio Darida,sindaco di Roma; Pietro Campilli, pre-sidente del CNEL; Beniamino Segre,presidente dell’Accademia Nazionaledei Lincei; Giorgio Bassani, presidentedell’Associazione “Italia Nostra”; PalmaBucarelli, soprintendente alle Galleriedi Roma II; Gianfilippo Carettoni,soprintendente alle antichità di Roma;Carlo Lodovico Ragghianti, direttoredell’Istituto di storia dell’arte dell’Uni-versità di Pisa; Mario Salmi, professore

emerito di Storia dell’Arte dell’Univer-sità di Roma; Tullio Tentori, professoredi Antropologia Culturale dell’Univer-sità di Roma; Aldo Tornese, provvedito-re agli studi di Roma.Per la prima volta in Europa, direttoridi musei, pedagogisti, sociologi, esper-ti della comunicazione sociale, psicolo-gi, studiosi delle più diverse disciplinesi riunivano per discutere la crisi deimusei (poco popolari e ancor menofrequentati, ridotti a depositi di testi-monianze del passato, isolati tra loro enella società). Il Comitato promotorecomprendeva rappresentanti di varieistituzioni ed enti: Istituti di Pedagogiae di Storia dell’Arte della Facoltà diMagistero di Roma, Associazionenazionale dei Musei, Commissione delMinistero della P.I. per la Didattica deiMusei, Associazione “Italia Nostra”.Del Comitato esecutivo facevano parte:prof. Pietro Romanelli, prof. Luigi Vol-picelli, prof.ssa Paola Della Pergola,prof. Luigi Grassi, prof. Raffaele Lapor-ta, prof.ssa Serena Madonna, prof.Mario Moretti, prof. Carlo Pietrangeli,prof. Carlo Russoli, dr. Antonio Thiery.Si trattava di studiare quale nuovoruolo potesse svolgere il museo nellasocietà moderna. Da questo punto divista il Convegno rappresentò un gros-so salto di qualità nello studio dellatutela del patrimonio storico, artistico enaturale, tutela non più vista in chiave“museografica” e di mera “protezio-ne”, ma chiaramente finalizzata ad unuso socio-culturale ed educativo deibeni culturali. E sempre per la primavolta, si discusse molto concretamentedelle necessità e delle richieste cultura-li ed educative delle nuove generazioni

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A partire dagli anni Cinquanta si era diffusa in ambitointernazionale una nuova sensibilità volta a promuovere la conoscenza dei musei presso il grande pubblico oltre la ristretta cerchia degli esperti e dei ceti più colti

nella prospettiva di un’effettiva Educa-zione Permanente. In questa occasione, Pietro Romanellicomunicava la costituzione di un’appo-sita Commissione per la Didattica deiMusei presso la Direzione Generaledelle Antichità e Belle Arti, della qualeentravano a far parte pedagogisti euomini della scuola insieme consoprintendenti e direttori di musei:“Compito della Commissione è quellodi studiare i mezzi più acconci per losviluppo di questa attività didattica deiMusei; vedere quanto delle iniziativegià in atto sia valido e meriti di esserevalorizzato, quanto vada invece modifi-cato, e, soprattutto, quanto occorre fareperché le iniziative, ancora limitate, apochi e sporadici istituti, siano estese atutti i musei...”. La prima proposta pra-tica della Commissione, presiedutadallo stesso Romanelli, riguardò l’isti-tuzione, presso le Soprintendenze e igrandi musei, di specifiche SezioniDidattiche.

Le prime esperienze di didattica museale in Italia

Negli anni Cinquanta e Sessanta iltema della didattica dei musei si eragià esteso a numerosi ed importantimusei italiani, quali: la Galleria Nazio-nale di Arte moderna, il Museo PoldiPezzoli di Milano, la Pinacoteca diBrera, il Gabinetto Nazionale delleStampe, il Museo Etrusco di Villa Giu-lia, i Musei Comunali di Roma, il

Museo del Sannio di Benevento, ilMuseo Nazionale di Reggio Calabria equello di Messina, il Museo dellaScienza e della Tecnica di Milano.

La Pinacoteca di BreraLa Direttrice dell’Istituto, FernandaWittgens, allo scopo di favorire la par-tecipazione di tutti alla cultura cittadi-na, decise di promuovere numeroseiniziative, tra le quali ricordiamo:■ ricerche per approfondire le modalitàdi apprendimento dei bambini posti difronte ad opere d’arte (in collaborazio-ne con l’Istituto di Psicologia dell’Uni-versità di Milano); ■ visite guidate gratuite, la domenicamattina, come positivo impiego deltempo libero; ■ svolgimento di corsi di educazioneartistica presso centri culturali e biblio-teche rionali.

La sezione didattica della Galleria degli UffiziLa Galleria degli Uffizi, a seguito dellaCircolare della Pubblica Istruzione,istituisce un’apposita Sezione Didatti-ca (in base alla C.M. 128/1970 delMinistero P.I.) sotto la guida della dot-toressa Maria Fossi Todorow.La prima iniziativa riguardò lo studiodi una precisa metodologia estetica egraduale per gli alunni delle scuoleelementari e medie, in quanto spessoa questo livello di studi si concludevala formazione di gran parte dellapopolazione. Si decideva perciò, –d’intesa con il Provveditorato agliStudi di Firenze – di offrire visite gui-

date a tutte le scuole statali dell’obbli-go. In questa occasione fu predispo-sto uno schema di “visita tipo” (veroprototipo di “manuale di didatticamuseale”) contenente consigli praticidi natura organizzativa (orari, percor-si di visita, servizi, ecc.), schede criti-che essenziali riguardanti le operescelte per la visita, una breve storiadella Galleria e alcune nozioni dibase sulle tecniche artistiche. Impor-tante era il modello di metodologia dausare con le scolaresche fornito alle“guide didattiche”: conoscenze stori-co-artistiche essenziali su ogni speci-fico argomento, principi e tecniche dinatura pedagogico-didattica atti asostenere un dialogo educativo con lescolaresche. Tale dialogo, infatti,sulla base di esperienze varie italianee internazionali, si basa sul principiodella “libertà guidata” per cui – pursoddisfacendo ogni spontanea curio-sità ed ogni più imprevedibiledomanda degli alunni, mira a guidar-li ad una lettura dell’opera secondoprecisi criteri. In pratica, partendodall’identificazione dettagliata dell’o-pera d’arte, si passa ad un’analisi sti-listica che allargandosi via via conconfronti opportuni, deve portareogni ragazzo ad una percezione sem-pre più viva dell’opera stessa. In defi-nitiva si cerca di evitare ogni appe-santimento nozionistico, riducendoal minimo essenziale le notizie stori-che (da sviluppare a scuola), perpoter soddisfare nel modo più oppor-tuno le curiosità tecniche dei ragazzi.

La Galleria Borghese di RomaLe prime sperimentazioni condottealla Galleria Borghese di Roma risalgo-no agli anni Sessanta, per iniziativadell’allora direttrice Paola Della Pergo-la. Fu costituita un’équipe di ricercainterdisciplinare allo scopo di studiarei modi più opportuni per avvicinare ilgrande pubblico al museo nella pro-spettiva indicata dal citato convegno “Il

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Negli anni Cinquanta e Sessanta il tema della didattica dei musei si era già esteso a numerosi ed importanti musei italiani

museo come esperienza sociale”. Inquesto ambito furono elaborati apposi-ti strumenti di indagine e promossevisite guidate soprattutto per le scuolee i corsi di alfabetizzazione per gliadulti. Tutto il lavoro veniva attenta-mente progettato e verificato. Gli ope-ratori museali si recavano personal-mente presso le scuole e le borgateromane per conoscere direttamente gliinteressi e i bisogni di cultura. Sullabase di queste esperienze venne elabo-rata una metodologia di visita alla Gal-leria stessa. I principi di base erano iseguenti: “conoscenza dell’esistenzadel museo (o del monumento locale),libertà assoluta nell’accostamento all’o-pera d’arte (interesse spontaneo),osservazioni in gruppo, inquadramen-to dell’opera (o del monumento) nelsuo contesto storico-culturale origina-rio, rapporti dell’opera con l’ambienteattuale, la vita quotidiana”.Come si vede si mirava ad un approc-cio “significativo” al museo, in relazio-ne alla reale “matrice cognitiva” delpotenziale visitatore. Era possibile,così, predisporre flessibili ed efficaciitinerari di visita “secondo una serie diconnessioni logiche, tali da ottimizzarequantità e qualità dell’apprendimento,evitando rischi di sovraffaticamento,dispersività o, viceversa, sottoutilizza-zione del museo stesso. Assumendo,ad esempio, un tema di studio quale leopere del Caravaggio, si procedeva conrichiami a figure mitologiche, riferi-menti alla cultura e alla società dell’e-poca, ecc., seguendo un ordine di“discorso” attraverso gli oggetti e leopere esposte (analogamente all’usodelle varie parti di un discorso).

Poldi Pezzoli di MilanoLa sezione didattica del Poldi Pezzolifu istituita nel 1973 per iniziativa delDirettore del Museo Alessandra Mot-tola Molfino. Scopo della sezione eraquello di studiare i problemi dell’ap-proccio al museo da parte dei ragazzi

delle scuole dell’obbligo di Milano eprovincia (dalla quarta elementare allaterza media). Gli itinerari di visita pro-posti per “temi”, sulla base delle rac-colte contenute nel Poldi Pezzoli,erano i seguenti: il ritratto, il paesag-gio, le immagini sacre, le armi, leoreficerie, l’arredamento, gli orologi,le tecniche artistiche. Dopo la proie-zione di una serie di diapositive, iragazzi percorrevano gli itinerari scel-ti, accompagnati dalle guide che li sol-lecitavano al dialogo e alla riflessionesulle opere esposte, sulle tecniche direalizzazione, sul loro valore storico,sul loro uso.

La Galleria d’Arte Moderna di RomaL’attività didattica della Galleria d’ArteModerna di Roma inizia dal 1945, nellaprospettiva di rendere il museo un cen-tro produttore di cultura in funzionesoprattutto educativa, come “partecostitutiva ed integrante del sistemadell’informazione e della cultura dimassa”, una specie di Università popo-lare”, secondo le parole di Palma Buca-relli, direttrice della GAM. Particolar-mente innovative, da questo punto divista, furono le metodologie adottateper aprire realmente il museo a tutti icittadini. Per dare al grande pubblicouna prima significativa idea del mondodei musei si è deciso di avviare un pro-gramma dedicato a tutti i tipi possibilidi mostre didattiche, formate, per lopiù, da materiale documentario, dida-scalico: basti ricordare, a titolo indicati-vo, l’interessante mostra dedicata allateoria del colore di Itten.

Il carattereinterdisciplinaredella didattica museale

La molteplicità delle esperienze realiz-zate nei primi anni di sperimentazionedella didattica museale mostrano ilcarattere interdisciplinare sia dellefinalità, sia delle metodologie seguitedi questa disciplina.

La questione sociale

Innanzitutto si evidenzia una finalità dinatura sociale nel tentativo di accostareil grande pubblico al mondo dei musei.Fra le principali considerazioni, infatti,che portavano ad evidenziare l’impor-tanza di un approccio precoce al mondodella cultura, vi era quella dei gravi pro-blemi sollevati dalle grandi migrazioniinterne (Nord-Sud) del Paese. Questeavevano prodotto la perdita delle radicisocioculturali da parte di individui ogruppi che avevano dovuto abbandona-re le comunità di appartenenza origina-ria, con tutti i legami affettivi e i model-li di vita tradizionali per emigrare nelleperiferie delle grandi città, in contestiambientali del tutto nuovi e sconosciu-ti. Qui, per la mancanza di una prepa-razione culturale adeguata, essi trovava-no grandi difficoltà nello svilupparepositive forme di partecipazione socialee rischiavano di cadere in attività fuor-vianti di varia natura. Per tutti questimotivi risultava urgente favorire un’i-donea iniziazione culturale attraversol’azione congiunta di scuola e museofin dai primi anni dell’età scolare, quan-

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Si evidenzia una finalità di natura sociale nel tentativo di accostare il grande pubblico al mondo dei musei

do l’individuo è più ricettivo, più dispo-nibile ad acquisire nuovi valori attraver-so la conoscenza delle opere d’arte edella cultura in generale. Varie ricerchenazionali ed internazionali conferma-vano ampiamente queste considerazio-ni: l’abitudine a frequentare musei, bi-blioteche, ecc., dipende largamente daicostumi acquisiti in ambito scolastico.

Il contributo della psicologia

Nella prospettiva di un approccio inter-disciplinare alla didattica museale, unimportante contributo fu offerto anchedagli psicologi, come Marcello Cesa-Bianchi e Palma Bregani. Questi ulti-mi, sulla base delle più recenti acquisi-zioni della psicologia (la psicologiadella Gestalt, la scuola del New Lookdell’Università di Harvard, e in Italial’Università di Milano) mettevano inevidenza come l’atto del percepire nonsi risolve nella semplice riproduzionedi un dato stimolo, in quanto ogni per-cezione viene elaborata dal “vissutosoggettivo” di ciascun individuo. La percezione risulta, pertanto, deter-minata dall’interagire di fattori struttu-rali (intrinseci allo stimolo) e fattorifunzionali (legati alla personalità eall’esperienza precedente di chi perce-pisce, dai suoi bisogni, dalle sue aspet-tative). In Italia un notevole contributoa questo tipo di studi è stato dato daMetelli, Kaniza, Canestrari, e da stu-diosi dell’Università di Milano (facoltàdi Medicina). Da qui importanti impli-cazioni per la Didattica museale.Innanzitutto il riconoscimento dell’im-portanza di conoscere meglio le carat-

teristiche cognitive (attenzione, memo-ria, linguaggio), i modi di apprenderedei destinatari del messaggio culturale.Il museo, come la scuola, infatti, devepromuovere forme di apprendimento“significativo”, in grado di “legarsi” agliinteressi e alle esperienze reali dei visi-tatori, di qualsiasi età. Quindi la neces-sità di sviluppare forme di apprendi-mento secondo molteplici canali dicomunicazione. Numerose indagini internazionalihanno rilevato quali fattori entranopiù in gioco nell’apprendimento, e conquale efficacia, su un gruppo di stu-denti. Inoltre, quali metodi di inse-gnamento risultino più efficaci (veditabella sotto).

Il contributo della Teoria della Gestalt (o Psicologia della Forma)

Un importante contributo alla didatticadei musei fu offerto dall’applicazione deiprincipi della “Teoria della Gestalt” (oPsicologia della Forma). Tale tipo di teo-ria offriva una serie di applicazioni prati-che utili per comprendere il formarsi distrutture ordinate nella mente umanealla base di ogni processo di apprendi-mento. In particolare la Psicologia dellaForma consentiva di studiare ed inter-pretare – secondo un approccio “feno-menologico” le specifiche modalità diinterazione tra opera d’arte e individuo. Imaggiori autori presi in considerazioneerano J.W. Goethe, E. Mach, C. von

Ehrenfels, ma soprattutto le ricerche diM. Wertheimer, W. Kolher, K. Koffka eK. Lewin, R. Arnheim nel campo dellapsicologia della percezione; mentre nelcampo dell’arte vera e propria le opere diP. Klee e V. Kandinsky. Di fronte all’ope-ra d’arte l’individuo non è passivo spetta-tore, ma costruisce attivamente le pro-

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Con quali sensi Quanto riusciamo a ritenere nella memoria

1% mediante il gusto 10% di ciò che si legge 1-2% mediante il tatto 20% di ciò che si ascolta 2-3% mediante l’odorato 30% di ciò che si vede11% mediante l’udito 50% di ciò che si vede ed ascolta83% mediante la vista 70% di ciò che viene detto e di cui si discute

90% di ciò che viene detto e che viene fatto

COME APPRENDIAMO

Tipo di metodo Dati ritenuti dopo 3 ore Dati ritenuti dopo 3 giorni

A) Solo orale 70% 10%B) Solo visivo 72% 20%C) Orale e visivo insieme 85% 65%

METODI DI INSEGNAMENTO

L’abitudine a frequentare musei, biblioteche, ecc., dipende largamente dai costumi acquisiti in ambito scolastico

prie percezioni e rappresentazioni. Inparticolare la realtà, i fenomeni presen-tano ambiguità, non univocità di inter-pretazioni. Da qui l’importanza di edu-care la capacità di affrontare e risolvereproblemi, sviluppata come metodologiapsicopedagogica (il cosiddetto “problemsolving”) da vari autori, tra cui l’america-no Jerome Bruner. A titolo indicativo sipresentano alcune situazioni che posso-no comportare ambiguità di percezione.

Qual è la faccia anteriore del cubo?

E di questo cilindro?

Il libro di Mach

Un calice o due profili?

Un giovane o un vecchio?

Una papera o un coniglio?

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Di fronte all’opera d’arte l’individuo non è passivospettatore, ma costruisce attivamente le proprie percezioni e rappresentazioni

La metodologia di Matteo Marangoni

Metodologie didattiche per la “lettura”delle opere d’arte si erano diffuse inEuropa già tra il XIX e XX secolo: eranostate pubblicate numerose “grammati-che” di pedagogia artistica, veri e proprimanuali rivolti alla scuola e alle profes-sioni. Ma è soprattutto con la pubblica-zione, nel 1925 del Pädagogisches Skiz-zenbuch di Paul Klee che questo genereletterario trova particolare risonanzapresso il grande pubblico.In Italia il critico d’arte Matteo Maran-goni (Firenze 1876-Pisa 1958) imparti-va, a sua volta, negli anni Venti, lelezioni della prima grammatica e sin-tassi storica italiana della forma arti-stica, centrando l’attenzione sui “valo-ri figurativi” delle opere d’arte, secon-do la lezione di Heinrich Wolfflin eBenedetto Croce. Tali lezioni furonostampate nel 1932 con il titolo (ispira-to al genio di Leonardo da Vinci) Sapervedere. La pubblicazione ebbe un enor-me successo, raggiungendo ben ventiedizioni italiane e altre numerose stra-niere. In pratica Marangoni esempli-ficò le fondamentali forme visive esa-minando opere d’arte di varie civiltà edi tutti i tempi, scelte perché presenta-vano i differenti “valori figurativi”.Queste sono state scelte in base adeterminate affinità, in accezioni lim-pide e marcate, anche senza definiterelazioni storiche, al di fuori di tradi-

zioni canoniche o preminenze cultu-rali. Marangoni rifuggiva, infatti, daogni definizione generale e unitaria distili o forme per individualizzare,invece, i valori figurativi, come iden-tità o persone espressive in terminiunici, irripetibili e non generalizzabili,caratterizzabili per mezzo di una seriedi “coppie” di valori paralleli, antago-nisti tra di loro, quali:

Il soggetto

Una tendenza diffusissima nel guarda-re un’opera d’arte consiste nel cercaredi individuarne il soggetto, cioè l’argo-mento (rappresentato da un personag-

gio, evento, storia, ecc.). La stessa storiadell’arte tradizionale suddivideva leopere d’arte in categorie secondo il sog-getto: pittura sacra, soggetti storici, ilritratto, il paesaggio, natura morta, ecc.In realtà – osserva Marangoni – ancheun solo particolare di un’opera d’artepuò essere apprezzato, indipendente-mente dalla conoscenza del soggettodell’opera stessa, dato che il valore ditale particolare “non è nel soggetto, manella personalità dell’artista”. “Per unartista, dunque, il soggetto è soprattut-to, un’occasione per ridestare la suafantasia; egli, cioè, al di là del significa-to pratico vi scopre un significato arti-stico che sovente può non avere alcunlegame logico con l’azione del soggettostesso, ma, che è, invece, in perfettaarmonia col suo temperamento”. Inpratica il contenuto che deve interessa-re l’osservatore non dovrebbe esserequello oggettivo del tema, bensì quellosoggettivo del modo di interpretarequel tema da parte dell’artista. “Il verocontenuto poetico non è quello empiri-co che appare a noi tutti […] ma quellotanto più intimo e misterioso che l’arti-sta concreta nella forma”.

La verosimiglianza

Secondo un usuale preconcetto l’arte èverosimiglianza, cioè imitazione este-riore della natura. La critica d’arte hadissolto oggi questo pregiudizio. Biso-gna, perciò, insegnare a saper vedere.Un esempio di come il pregiudiziodella verosimiglianza stravolga i realivalori artistici è rappresentato dal Mosèdi Michelangelo.

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La didattica nei musei d’arte

“Saper vedere”. Come si guarda un’opera d’arte

Soggetto Drammaticità

Contenuto/forma Movimento

"Verosimiglianza" Edonismo

Sentimento/sentimentalismo Colore

“ Bello"/"Brutto"

“Il vero contenuto poetico non è quello empirico che apparea noi tutti ma quello tanto più intimo e misterioso che l’artista concreta nella forma”

La barba del Mosè è famosa perchéappare "inverosimile" al grande pub-blico, non avvertito dal punto di vistaestetico. In realtà Michelangelo era deltutto disinteressato al significato prati-co del dettaglio, scorgendo, invece, inesso l’occasione per uno stupendomotivo ritmico.La civiltà che maggiormente ignorò il pre-concetto della verosimiglianza – secondoMarangoni – fu quella egizia. Essa seppeidealizzare, come nessun altro popolo, lafigura umana. Nei simulacri dei suoifaraoni è arrivata a trasfigurarla in ritmiplastici elementari ed eterni, spogliandoladei suoi caratteri mortali. Anche nell’arte romanica si evidenziauna sorta di astrazione e deformazionerispetto alla natura apparente dellecose, come nell’opera La fuga in Egittodi Benedetto Antelami. L’artista, infat-ti, tende ad accentuare elementi dideformazione rispetto ai tradizionalicanoni della verosimiglianza, tanto dif-fusi presso il grande pubblico.

Forma e contenuto

Per contenuto di un’opera si intendel’insieme dei fatti raccontati in unlibro, del soggetto rappresentato in unquadro, in una scultura, in un film,mentre la forma è il modo artistico(letterario, pittorico, cinematografico,ecc.) di esprimere quel contenuto. “Laforma mette in luce non solo l’abilitàdell’autore, ma la sua personale visio-ne della realtà o della sua immagina-zione: cioè lo ‘stile’ personale dell’arti-sta”. In linea di principio, forma e con-

tenuto dovrebbero fondersi in modocoerente nell’atto creativo, tuttavia –secondo Marangoni – tale sintesi“risulta rara persino nei capolavori piùcelebrati, dove troppo spesso e nellastessa opera si vede l’artista peccar diincoerenza”. Ad esempio, secondo Marangoni, larappresentazione di Gioacchino con ipastori sembra sentita e concepita indue stati d’animo diversi: Gioacchino,gli alberi e gli animali secondo lo stilegotico; quella dei pastori, invece, se-condo lo stile romanico.

Bello e brutto

Un’altra conseguenza del pregiudiziodella verosimiglianza è rappresentata

dalle false idee che il grande pubblicosi fa intorno ai criteri di giudizio del“bello” e del “brutto” nell’arte, consi-derati alla stessa stregua dei criteripratici della vita quotidiana. E poichénella vita la bellezza fisica è general-mente regolare e la tradizione classi-ca fa della regolarità una delle condi-zioni della bellezza, è opinione cor-rente, ormai, che bello sia sinonimodi regolare.

Sentimentoe sentimentalismo

La confusione tra sentimento e senti-mentalismo si manifesta in modo par-ticolare per quanto riguarda la dimen-sione drammatica di un’opera, an-ch’essa misurata con il metro della vitapratica anziché secondo il principioper cui il fine dell’arte consiste nelsuperamento della realtà empirica.Il Martirio di San Sebastiano è uno deisoggetti drammatici più trattati dagliartisti di ogni tempo, ma con esiti diver-si: alcuni autenticamente artistici, altritendenti al sentimentalismo.

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Secondo un usuale preconcetto l’arte è verosimiglianza, cioè imitazione esteriore della natura. La critica d’arte ha dissolto oggi questo pregiudizio. Bisogna, perciò,insegnare a saper vedere

punto di vista educativo rappresentanoil positivo ricongiungimento tra lascuola e il museo nel campo del saperescientifico e tecnologico. Infatti l’inte-grazione scuola-museo risulta partico-larmente indispensabile in questo con-testo per una serie di ragioni: l’eviden-te necessità di offrire agli alunni reali

occasioni di esperienza, al di là di espo-sizioni verbali, libri e immagini, bana-lizzazioni di esperimenti; di imparareinteragendo realmente con i fenomeni;di recuperare la dimensione storicadella ricerca scientifica; di individuare“protipi” di oggetti, sequenze tipo diinvenzioni e scoperte.

I metodi di esposizione dei materiali nei musei scientifici

I criteri di esposizione dei materialiin un museo scientifico sono ricon-ducibili a quattro principali metodi:il metodo storico, il metodo analitico,il metodo tematico, il metodo sinteti-co-globale (vedi tabella in basso).

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La didattica nei musei della scienza e della tecnica

Una realeoccasione di esperienza

METODO STORICO

È il metodo classico, usato nei musei umanistici: ogni sala vienededicata ad un autore, ad una serie di oggetti per mostrare l’e-voluzione nel tempo. Appare poco valido, però, nel caso deimusei scientifici, in quanto limiterebbe la visita alla sola illustra-zione dell’evoluzione del pensiero scientifico.

METODO ANALITICO

Si basa sulla classica divisione – generalmente usata nella scuo-la secondaria superiore – di tutta la scienza nelle diverse materie:fisica, matematica, chimica, scienza, presentate in modoapprofondito. Molti musei scientifici hanno adottato questo tipo diordinamento proprio per rendere le proprie raccolte più rispon-denti alle visite delle scolaresche. Tuttavia il metodo analitico, pro-prio per la sua approfondita analiticità, richiede troppo impegnoe tempo di visita.

METODO TEMATICO

È uno dei metodi più moderni. Presenta, però, il rischio di unadispersione dei principi fondamentali della scienza e la perditadella stessa visione globale e unitaria dei fenomeni oggetto di stu-dio nella mole di tematiche e di messaggi che un grande museoriversa sul pubblico.

METODO SINTETICO-GLOBALE

Si tratta di un nuovo metodo caratterizzato dalla ricerca di alcu-ni principi fondamentali della fisica, della chimica, della biologiae della biochimica, nella prospettiva di una teoria unificatrice ditutti i fenomeni fisici.

Imusei della scienza e della tecnica sipossono considerare come espressionevisiva di una molteplicità di discipline:da quelle naturalistiche (zoologia, bota-nica, mineralogia), alla fisica, medici-na, astronomia e, inoltre, l’antropolo-gia, l’etnologia, la preistoria e la storiadella scienza e della tecnologia. Dal

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Il quadro normativo di riferimento

VISITED’ISTRUZIONE

Contrattipersonale scuola

Ministero dell’Istruzione,dell’Universitàe della Ricerca

Circolari

Autonomia scolastica

Regolamenti d’istituto

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali

Atto d’indirizzo

TIPOLOGIA ED ORGANIZZAZIONE DELLE VISITE E DEI VIAGGI D’ISTRUZIONE

C.M. 2 ottobre 1996, n. 623. – Visite e viaggi di istruzione

Con la presente circolare si intende fornire il quadro generale di rife-rimento operativo per l’organizzazione e la realizzazione dei viag-gi e delle visite di istruzione da parte delle istituzioni scolastiche. Sievidenzia, al riguardo, che questo Ministero si è attenuto al criteriodella massima possibile semplificazione delle procedure, con l’o-biettivo di promuovere e valorizzare l’autonomia delle scelte e lacapacità decisionale delle singole scuole.

1. L’intera gestione delle visite guidate e dei viaggi d’istruzione oconnessi ad attività sportive in Italia e all’estero rientra nella com-pleta autonomia decisionale e nella responsabilità degli organidi autogoverno delle istituzioni scolastiche.Non deve, quindi, essere richiesta alcuna autorizzazione ai prov-veditori agli studi né al Ministero per l’effettuazione delle iniziativein questione.Le delibere dei consigli di circolo e di istituto vanno inviate agli uffi-ci scolastici provinciali per necessaria informazione ed ai fini dell’e-sercizio del potere di vigilanza. La scuola determina, pertanto, auto-nomamente il periodo più opportuno di realizzazione dell’iniziativain modo che sia compatibile con l’attività didattica, nonché il nume-ro di allievi partecipanti, le destinazioni e la durata.

2. Tipologie:■ viaggi d’integrazione della preparazione d’indirizzo, che sono essen-

zialmente finalizzati all’acquisizione di esperienze tecnico-scientifichee ad un più ampio e proficuo rapporto tra scuola e mondo del lavo-ro, in coerenza con gli obiettivi didattici e formativi, in particolaredegli istituti di istruzione tecnica, professionale e degli istituti d’arte;

■ viaggi e visite d’integrazione culturale, finalizzati a promuoverenegli alunni una maggiore conoscenza del Paese o anche dellarealtà dei Paesi esteri, la partecipazione a manifestazioni cultura-li o a concorsi, la visita presso complessi aziendali, mostre, loca-lità di interesse storico-artistico, sempre in coerenza con gli obiet-tivi didattici di ciascun corso di studi;

■ viaggi e visite nei parchi e nelle riserve naturali considerati comemomenti conclusivi di progetti in cui siano sviluppate attività con-nesse alle problematiche ambientali;

■ viaggi connessi ad attività sportive, che devono avere anch’essivalenza formativa, anche sotto il profilo dell’educazione alla salu-te. Rientrano in tale tipologia manifestazioni sportive scolastichenazionali ed internazionali, nonché le attività in ambiente natu-rale e quelle rispondenti a significative esigenze a caratteresociale, anche locale.

Tutte le iniziative devono essere inquadrate nella programmazionedidattica della scuola ed essere coerenti con gli obiettivi didattici e for-mativi propri di ciascun settore scolastico, nella puntuale attuazionedelle finalità istituzionali, volte alla promozione personale e culturaledegli allievi ed alla loro piena integrazione scolastica e sociale. Èopportuno che le iniziative degli istituti di istruzione secondaria supe-riore siano programmate consultando anche il comitato studentesco.

3. Si richiama l’attenzione sul D.L. 17 marzo 1995, n. 111 (G.U. n.88 del 14 aprile 1995) che ha introdotto, in attuazione della diretti-va 314/90 CEE, una nuova normativa in materia di “pacchetti turi-stici”. Tale normativa, finalizzata ad inserire elementi di chiarezza etrasparenza nel rapporto tra agenzie di viaggio ed utenti (rapportoche configura un vero e proprio contratto) ha carattere prescrittivo e,pertanto, è necessario che le scuole abbiano precisa consapevolezzadei diritti e degli obblighi che discendono dal contratto stesso.

4. Si segnala, infine, che nell’organizzazione dei viaggi, per quan-to non espressamente contemplato nel citato D.L. n. 111/1995 edin altre norme con valore di legge, le singole istituzioni scolastiche,nel deliberare autonomamente, possono fare riferimento alle istru-zioni impartite nella circolare per ultimo diramata in materia la qualeconteneva indicazioni utili per la realizzazione delle iniziative pre-vedendo, tra l’altro, che le stesse fossero economicamente sosteni-bili dalle scuole e dalle famiglie e, sotto il profilo della sicurezza,presentassero sufficienti elementi di garanzia.

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

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I SERVIZI EDUCATIVI DEI MUSEI

L’importanza della funzione sociale ed educativa dei musei trovaparticolare risonanza nel quadro del progetto di valorizzazione delpatrimonio museale italiano avviato dal Ministero dei Beni e delleAttività Culturali nella seconda metà degli anni Novanta. La leggeRonkey (n. 4/1993 ) e la successiva legge n. 85/1995 introdu-cono la possibilità di offrire nei musei tutta una serie di servizi voltia rendere più interessante e confortevole la visita. Tra questi ultimiè da segnalare il servizio di accoglienza, di guida e assistenzaalla visita stessa, svolto tramite specifiche figure professionali, comel’Assistente Tecnico Museale, e la distribuzione di materiale infor-mativo, l’organizzazione di mostre e iniziative culturali. Va preci-sato che in molti casi il servizio di guida è, ormai, a pagamentoanche per le scuole.Per quanto riguarda i servizi rivolti alle scuole il Ministero (insiemealle Regioni e gli altri enti territoriali, favorisce la fruizione del patri-

monio culturale e scientifico stipulando con le scuole di ogni ordinee grado apposite convenzioni nelle quali sono fissate, tra l’altro, lemodalità per la predisposizione di materiali, sussidi e percorsi didat-tici. I servizi di assistenza culturale e di ospitalità comprendono, tral’altro: servizi editoriali e di vendita riguardante i cataloghi e i sus-sidi catalografici, audiovisivi e informatici, ogni altro materiale infor-mativo, e le riproduzioni di beni culturali; servizi riguardanti benilibrari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito delprestito bibliotecario, la gestione di raccolte discografiche, di dia-poteche e biblioteche museali, la gestione dei punti vendita e l’uti-lizzazione commerciale delle riproduzioni dei beni; i servizi di acco-glienza, i servizi di informazione, di guida e assistenza didattica; icentri di incontro; servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaro-ba; l’organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, di iniziati-ve promozionali.

Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Accordo quadro fra il Ministero per i Beni Culturali e Ambientalie il Ministero della Pubblica Istruzione

VISTO il D.M. 16.3.1996 istitutivo presso il Ministero per i Beni Cul-turali e Ambientali della Commissione di studio per la didattica delmuseo e del territorio e successive integrazioni;

VISTO il Documento prodotto dalla Commissione stessa in data20.3.1997 in cui si evidenzia l’opportunità di avviare un sistemanazionale di educazione al patrimonio culturale attraverso l’attiva-zione di servizi educativi territoriali per i beni culturali presso i Museie le Soprintendenze statali e presso musei di enti locali eventual-mente collegati in rete; inoltre attraverso l’istituzione di un Centronazionale di promozione, coordinamento e documentazione;

VISTO l’art. 7 della legge dell’8.10.1997 n. 352 “Disposizioni suibeni culturali”;

VISTI l’art. 21 della legge 15.3.1997 n. 59 “Delega al Governoper il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali,per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplifica-zione amministrativa” e il decreto del Ministero della Pubblica Istru-zione del 27.11.1997 n. 765 “Norme sulla sperimentazione del-l’autonomia organizzativa e didattica delle Istituzioni scolastiche”;

concordano quanto segue

Art. 1Il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e il Ministero della Pub-blica Istruzione, in considerazione del diritto di ogni cittadino ad

essere educato alla conoscenza e all’uso responsabile del patrimo-nio culturale, si impegnano a mettere a disposizione strutture, risor-se ed attività per il conseguimento degli obiettivi soprarichiamati.

Art. 2Il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali potenzierà le Sezionididattiche istituendo servizi educativi del Museo e del Territorioin ogni Ufficio periferico. Tali servizi educativi, privilegeranno ilrapporto con le Istituzioni scolastiche elaborando congiunta-mente progetti annuali o pluriennali, per cui si avvarranno dellerispettive competenze. Il Ministero della Pubblica Istruzione si adopererà affinché le singo-le Istituzioni scolastiche, nell’ambito della loro autonomia didatti-ca ed organizzativa collaborino con le Soprintendenze a tali fini.Di norma i progetti con la definizione di finalità, obiettivi, contenuti,strategie e strumenti dovranno essere concordati tra le Scuole e leSoprintendenze interessate entro la fine dell’anno scolastico prece-dente l’anno in cui sarà attivato il progetto stesso.Nell’attuazione dei progetti potranno essere sperimentati modellimetodologici e valutativi e prodotti materiali didattici a stampa, mul-timediali ed elettronici.L’istituendo Centro Nazionale per i Servizi Educativi del Museo e delTerritorio fornirà il supporto necessario di informazione, consulenza,assistenza e monitoraggio.

Art. 3Nel quadro del comune progetto educativo le Soprintendenze e le Isti-tuzioni scolastiche, con l’eventuale collaborazione degli IRRSAE e

(segue)

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delle locali Università, potranno elaborare proposte di aggiorna-mento specifico dei docenti. Il Ministero della Pubblica Istruzionesi adopererà per la diffusione e per il riconoscimento giuridico ditali iniziative.

Art. 4Il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali ed il Ministero della Pub-blica Istruzione si accordano affinché il personale docente possaoperare all’interno dei servizi educativi nell’ambito dei progetti con-giuntamente elaborati.

Art. 5Gli oneri relativi al funzionamento dei servizi educativi presso leSoprintendenze e alla produzione dei materiali didattici di ampiadiffusione graveranno su specifici capitoli di bilancio del Ministeroper i Beni Culturali e Ambientali. L’assunzione di eventuali oneri

finanziari da parte delle Istituzioni scolastiche per la produzione dimateriale didattico specifico destinato alle singole Istituzioni saràdefinita nell’ambito del progetto di Istituto secondo gli strumenti del-l’autonomia scolastica.

Art. 6Le Convenzioni relative all’applicazione dell’art. 7 della legge352/97 saranno stipulate direttamente dal Soprintendente compe-tente e dal Capo dell’Istituto scolastico interessati al progetto edu-cativo nel rispetto del presente accordo quadro.

Roma, 20 marzo 1998

Il Ministro per i Beni Culturali ed Ambientali

Il Ministro della Pubblica Istruzione

Il protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Universitàe della Ricerca e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali in materia

di applicazione delle tecnologie per l’istruzione e la cultura

Art. 1 – Finalità del protocollo

■ Avvicinare il mondo della scuola al patrimonio culturale e scienti-fico nazionale ed europeo, attraverso l’uso delle Tecnologie del-l’Informazione e della Comunicazione (ICT).

■ Favorire l’accesso alle risorse culturali digitali e la creazione dinuovi contenuti digitali definiti secondo parametri condivisi a livel-lo nazionale ed europeo.

■ Individuare politiche e strategie comuni per campagne di comuni-cazione mirate alla fruizione del patrimonio culturale, anche pervia telematica, da indirizzare a tutti i gradi dell’istruzione.

■ Sostenere le istituzioni scolastiche autonome nella formazione diuna coscienza storica del patrimonio culturale diffuso da parte ditutti i cittadini come fondamento dell’identità della comunità nazio-nale, quale momento rilevante delle attività scolastiche curricularied extracurriculari.

■ Promuovere, sostenere l’uso dei contenuti culturali digitali a finididattici, rendendoli disponibili a tale scopo.

Art. 2 – Attività e impegni delle parti

Le parti si impegnano a:■ sostenere la creazione di prodotti e servizi per la fruizione delle

risorse digitali attraverso siti web e portali, che tengano contodegli standard e delle norme nazionali e internazionali;

■ sostenere e favorire la realizzazione di siti Web pubblici culturalisecondo i criteri di qualità individuati dal progetto europeo“MINERVA”;

■ diffondere la conoscenza degli standard, delle raccomandazioni,delle linee guida, delle buone pratiche esistenti nel campo delladigitalizzazione, mettendo a disposizione strumenti e prodotti rea-lizzati dal progetto MINERVA per la creazione di nuovi contenuti,anche al fine di programmare e attuare attività di formazione nelcampo di interesse delineato;

■ elaborare percorsi didattici virtuali e/o reali sul territorio;■ predisporre materiali e sussidi telematici;■ realizzare un kit di progettazione di sito Web di qualità per la

scuola, partendo dallo studio del prototipo messo a punto dal pro-getto MINERVA;

■ programmare eventi, come seminari, corsi di formazione connes-si al protocollo d’intesa, in particolare per favorire nelle scuole laconoscenza degli strumenti per la realizzazione di siti Web e perla creazione di contenuti digitali;

■ collaborare per contribuire all’attuazione degli articoli 5 e 7 dellalegge n. 4/2004 riguardante l’accessibilità della rete informaticaper tutti i cittadini;

■ promuovere e diffondere le iniziative scaturenti dall’applicazionedel presente protocollo d’intesa.

Per il Ministero per i Beni e le Attività CulturaliDirezione Generale per l’Innovazione tecnologica e la promozione

Antonia Pasqua Recchia

Per il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della RicercaDirezione Generale per i sistemi informativi

Alessandro Musumeci

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Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del personale del comparto scuola per il quadriennio normativo 2002-2005

La progettazione e la realizzazione delle visite d’istruzione implicaimportanti aspetti professionali che trovano riconoscimento nel Con-tratto di Lavoro del personale della scuola.

Art. 24 – Funzione docente

1. La funzione docente realizza il processo di insegnamento/ap-prendimento volto a promuovere lo sviluppo umano, culturale, civilee professionale degli alunni, sulla base delle finalità e degli obietti-vi previsti dagli ordinamenti scolastici definiti per i vari ordini e gradidell’istruzione.

2. La funzione docente si fonda sull’autonomia culturale e professio-nale dei docenti; essa si esplica nelle attività individuali e collegialie nella partecipazione alle attività di aggiornamento e formazionein servizio.

3. In attuazione dell’autonomia scolastica i docenti, nelle attività col-legiali, elaborano, attuano e verificano, per gli aspetti pedagogico-didattici, il piano dell’offerta formativa, adattandone l’articolazionealle differenziate esigenze degli alunni e tenendo conto del contestosocio-economico di riferimento.

Art. 25 – Profilo professionale docente

1. Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenzedisciplinari, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, orga-nizzativo-relazionali e di ricerca, tra loro correlate ed interagenti,che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività distudio e di sistematizzazione della pratica didattica. I contenuti dellaprestazione professionale del personale docente si definiscono nelquadro degli obiettivi generali perseguiti dal sistema nazionale diistruzione e nel rispetto degli indirizzi delineati nel piano dell’offertaformativa della scuola.

Art. 26 – Attività d’insegnamento

1. Le istituzioni scolastiche adottano ogni modalità organizzativache sia espressione di autonomia progettuale e sia coerente con gliobiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio,curando la promozione e il sostegno dei processi innovativi e ilmiglioramento dell’offerta formativa.

2. Nel rispetto della libertà d’insegnamento, i competenti organi delleistituzioni scolastiche regolano lo svolgimento delle attività didattichenel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimentodegli alunni. A tal fine possono adottare le forme di flessibilità previstedal Regolamento sulla autonomia didattica ed organizzativa delle isti-tuzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge n. 59 del 15marzo 1997 – e, in particolare, dell’articolo 4 dello stesso Regola-mento (cfr. nota n. 21) –, tenendo conto della disciplina contrattuale.

3. Gli obblighi di lavoro del personale docente sono correlati e fun-zionali alle esigenze come indicato al comma 2.

4. Gli obblighi di lavoro del personale docente sono articolati inattività di insegnamento ed in attività funzionali alla prestazionedi insegnamento.Prima dell’inizio delle lezioni, il dirigente scolastico predispone, sullabase delle eventuali proposte degli organi collegiali, il piano annua-le delle attività e i conseguenti impegni del personale docente chepossono prevedere attività aggiuntive. Il piano, comprensivo degliimpegni di lavoro, è deliberato dal collegio dei docenti nel quadrodella programmazione dell’azione educativa e con la stessa proce-dura è modificato, nel corso dell’anno scolastico, per far fronte anuove esigenze.

5. L’attività di insegnamento si svolge in 25 ore settimanali nellascuola dell’infanzia, in 22 ore settimanali nella scuola elementare ein 18 ore settimanali nelle scuole e istituti d’istruzione secondaria edartistica, distribuite in non meno di cinque giornate settimanali. Alle22 ore settimanali di insegnamento stabilite per gli insegnanti ele-mentari, vanno aggiunte 2 ore da dedicare, anche in modo flessi-bile e su base plurisettimanale, alla programmazione didattica daattuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati, in tempi non coin-cidenti con l’orario delle lezioni. Nell’ambito delle 22 ore d’insegnamento, la quota oraria eventual-mente eccedente l’attività frontale e di assistenza alla mensa vienedestinata, previa programmazione, ad attività di arricchimento del-l’offerta formativa e di recupero individualizzato o per gruppi ristret-ti di alunni con ritardo nei processi di apprendimento, anche conriferimento ad alunni stranieri, in particolare provenienti da Paesiextracomunitari.

Art. 27 – Attività funzionali all’insegnamento (art. 42 del CCNL 4-8-1995 ed art. 24, comma 5 del CCNL 26-5-1999)

1. L’attività funzionale all’insegnamento è costituita da ogni impegnoinerente alla funzione docente previsto dai diversi ordinamenti sco-lastici. Essa comprende tutte le attività, anche a carattere collegiale,di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, docu-mentazione, aggiornamento e formazione.

2. Tra gli adempimenti individuali dovuti rientrano le attività relative: a) alla preparazione delle lezioni e delle esercitazioni; b) alla correzione degli elaborati; c) ai rapporti individuali con le famiglie.

3. Le attività di carattere collegiale riguardanti tutti i docenti sonocostituite da:

a) partecipazione alle riunioni del Collegio dei docenti, ivi com-presa l’attività di programmazione e verifica di inizio e fine annoe l’informazione alle famiglie sui risultati degli scrutini trimestrali,quadrimestrali e finali e sull’andamento delle attività educativenelle scuole materne e nelle istituzioni educative, per un totale di40 ore annue. (segue)

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Art. 29 – Ampliamento dell’offerta formativa e prestazioni pro-fessionali (art.26 del CCNL 26-5-1999)

1. I docenti, in coerenza con gli obiettivi di ampliamento dell’offer-ta formativa delle singole istituzioni scolastiche, possono svolgereattività didattiche rivolte al pubblico anche di adulti, in relazionealle esigenze formative provenienti dal territorio, con esclusionedegli alunni delle proprie classi, per quanto riguarda le materie diinsegnamento comprese nel curriculum scolastico.

Art. 30 – Funzioni strumentali al piano dell’offerta formativa

1. Per la realizzazione delle finalità istituzionali della scuola in regi-me di autonomia, la risorsa fondamentale è costituita dal patrimonio

professionale dei docenti, da valorizzare per la realizzazione e lagestione del piano dell’offerta formativa dell’istituto e per la realiz-zazione di progetti formativi d’intesa con enti ed istituzioni esternialla scuola. Le risorse utilizzabili, per le funzioni strumentali, a livel-lo di ciascuna istituzione scolastica, sono quelle complessivamentespettanti, nell’anno scolastico 2002-2003, sulla base dell’applica-zione dell’art. 37 del CCNL del 31.08.993 e sono annualmenteassegnate dal MIUR.

2. Tali funzioni strumentali sono identificate con delibera del col-legio dei docenti in coerenza con il piano dell’offerta formativache, contestualmente, ne definisce criteri di attribuzione, numeroe destinatari. Le stesse non possono comportare esoneri totali dal-l’insegnamento e i relativi compensi sono definiti dalla contratta-zione d’istituto.

ISTITUZIONI SCOLASTICHE NEL QUADRO DELL’AUTONOMIA

D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche,

ai sensi dell’art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59

Definizioni e oggetto

Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche

1. Le istituzioni scolastiche sono espressioni di autonomia funziona-le e provvedono alla definizione e alla realizzazione dell’offerta for-mativa, nel rispetto delle funzioni delegate alla Regioni e dei com-piti e funzioni trasferiti agli enti locali, ai sensi degli articoli 138 e139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. A tal fineinteragiscono tra loro e con gli enti locali promuovendo il raccordoe la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivinazionali del sistema di istruzione.

2. L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà diinsegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progetta-zione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazionee istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati aidiversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristichespecifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successoformativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali delsistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia delprocesso di insegnamento e di apprendimento.

3. Le istituzioni scolastiche parificate, pareggiate e legalmente rico-nosciute entro il termine di cui al comma 2 adeguano, in coerenzacon le proprie finalità, il loro ordinamento alle disposizioni del pre-sente regolamento relative alla determinazione dei curricula, e loarmonizzano con quelle relative all’autonomia didattica, organizza-tiva, di ricerca, sperimentazione e sviluppo e alle iniziative finaliz-zate all’innovazione.

4. Il presente regolamento riguarda tutte le diverse articolazioni delsistema scolastico, i diversi tipi e indirizzi di studio e le esperienzeformative e le attività nella scuola dell’infanzia. La terminologia adot-tata tiene conto della pluralità di tali contesti.

Autonomia didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo

Piano dell’offerta formativa

1. Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione ditutte le sue componenti, il Piano dell’offerta formativa. Il Piano è ildocumento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e proget-tuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curri-colare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singolescuole adottano nell’ambito della loro autonomia.

2. Il Piano dell’offerta formativa è coerente con gli obiettivi gene-rali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livel-lo nazionale a norma dell’articolo 8 e riflette le esigenze del con-testo culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendoconto della programmazione territoriale dell’offerta formativa. Essocomprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anchedi gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità.

3. Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docen-ti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e dellescelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio

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di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formu-lati dagli organismi e dalle associazioni, anche di fatto, dei genitorie, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano è adot-tato dal consiglio di circolo o di istituto.

4. Ai fini di cui al comma 2 il dirigente scolastico attiva i necessarirapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, cultura-li, sociali ed economiche operanti sul territorio.

5. Il Piano dell’offerta formativa è reso pubblico e consegnato aglialunni e alle famiglie all’atto dell’iscrizione.

Autonomia didattica

1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegna-mento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle fina-lità generali del sistema, a norma dell’articolo 8 concretizzano gliobiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazionedel diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alun-ni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le poten-zialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungi-mento del successo formativo.

2. Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolasticheregolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle sin-gole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi eai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni sco-lastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengonoopportune e tra l’altro: ■ l’articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disci-

plina e attività; ■ la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l’unità

oraria della lezione e l’utilizzazione, nell’ambito del curriculumobbligatorio di cui all’articolo 8, degli spazi orari residui;

■ l’attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto delprincipio generale dell’integrazione degli alunni nella classe enel gruppo, anche in relazione agli alunni in situazione di han-dicap secondo quanto previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104;

■ l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stes-sa o da diverse classi o da diversi anni di corso;

■ l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari.

3. Nell’ambito dell’autonomia didattica possono essere programmati,anche sulla base degli interessi manifestati dagli alunni, percorsi for-mativi che coinvolgono più discipline e attività, nonché insegnamentiin lingua straniera in attuazione di intese e accordi internazionali.

4. Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolasticheassicurano comunque la realizzazione di iniziative di recupero esostegno, di continuità e di orientamento scolastico e professionale,coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli enti loca-li in materia di interventi integrati a norma dell’articolo 139, comma2, lett. b, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Indivi-duano inoltre le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nelrispetto della normativa nazionale ed i criteri per la valutazione perio-dica dei risultati conseguiti dalle istituzioni scolastiche rispetto agliobiettivi prefissati.

5. La scelta, l’adozione e l’utilizzazione delle metodologie e deglistrumenti didattici, ivi compresi i libri di testo, sono coerenti con ilPiano dell’offerta formativa di cui all’articolo 3 e sono attuate con cri-teri di trasparenza e tempestività. Esse favoriscono l’introduzione e l’u-tilizzazione di tecnologie innovative.

6. I criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debi-ti scolastici riferiti ai percorsi dei singoli alunni sono individuati dalleistituzioni scolastiche avuto riguardo agli obiettivi specifici di appren-dimento di cui all’articolo 8 e tenuto conto della necessità di facilita-re i passaggi tra diversi tipi e indirizzi di studio, di favorire l’integra-zione tra sistemi formativi, di agevolare le uscite e i rientri tra scuola,formazione professionale e mondo del lavoro. Sono altresì individua-ti i criteri per il riconoscimento dei crediti formativi relativi alle attivitàrealizzate nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa o libera-mente effettuate dagli alunni e debitamente accertate o certificate.

7. Il riconoscimento reciproco dei crediti tra diversi sistemi formativi ela relativa certificazione sono effettuati ai sensi della disciplina di cuiall’articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196, fermo restandoil valore legale dei titoli di studio previsti dall’attuale ordinamento.

Autonomia organizzativa

1. Le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguardal’impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espres-sione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi gene-rali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la pro-mozione e il sostegno dei processi innovativi e il miglioramentodell’offerta formativa.

2. Gli adattamenti del calendario scolastico sono stabiliti dalle istitu-zioni scolastiche in relazione alle esigenze derivanti dal Piano del-l’offerta formativa, nel rispetto delle funzioni in materia di determina-zione del calendario scolastico esercitate dalle Regioni a norma del-l’articolo 138, comma 1, lettera d, del decreto legislativo 31 marzo1998, n. 112.

3. L’orario complessivo del curriculum e quello destinato alle singolediscipline e attività sono organizzati in modo flessibile, anche sullabase di una programmazione plurisettimanale, fermi restando l’artico-lazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e ilrispetto del monte ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per lesingole discipline e attività obbligatorie.

4. In ciascuna istituzione scolastica le modalità di impiego dei docen-ti possono essere diversificate nelle varie classi e sezioni in funzionedelle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche ed orga-nizzative adottate nel piano dell’offerta formativa.

Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo

1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate, eserci-tano l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendoconto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economicodelle realtà locali e curando tra l’altro: ■ la progettazione formativa e la ricerca valutativa;

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GLOSSARIODidattica museale e nuove tecnologie

■ la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del per-sonale scolastico;

■ l’innovazione metodologica e disciplinare; ■ la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell’infor-

mazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei pro-cessi formativi;

■ la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno dellascuola;

■ gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici; ■ l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e,

d’intesa con i soggetti istituzionali competenti, fra diversi sistemi for-mativi, ivi compresa la formazione professionale.

2. Se il progetto di ricerca e innovazione richiede modifiche struttura-li che vanno oltre la flessibilità curricolare prevista dall’articolo 8, leistituzioni scolastiche propongono iniziative finalizzate alle innovazio-ni con le modalità di cui all’articolo 11.

3. Ai fini di cui al presente articolo le istituzioni scolastiche sviluppa-no e potenziano lo scambio di documentazione e di informazioni atti-vando collegamenti reciproci, nonché con il Centro europeo dell’e-ducazione, la Biblioteca di documentazione pedagogica e gli Istitutiregionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi; talicollegamenti possono estendersi a Università e ad altri soggetti pub-blici e privati che svolgono attività di ricerca.

Reti di scuole

1. Le istituzioni scolastiche possono promuovere accordi di rete o ade-rire ad essi per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali.

2. L’accordo può avere a oggetto attività didattiche, di ricerca, speri-mentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di ammini-strazione e contabilità, ferma restando l’autonomia dei singoli bilanci;di acquisto di beni e servizi, di organizzazione e di altre attività coe-renti con le finalità istituzionali; se l’accordo prevede attività didatticheo di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiorna-mento, è approvato, oltre che dal consiglio di circolo o di istituto,anche dal collegio dei docenti delle singole scuole interessate per laparte di propria competenza.

3. L’accordo può prevedere lo scambio temporaneo di docenti, cheliberamente vi consentono, fra le istituzioni che partecipano alla rete icui docenti abbiano uno stato giuridico omogeneo. I docenti cheaccettano di essere impegnati in progetti che prevedono lo scambiorinunciano al trasferimento per la durata del loro impegno nei progettistessi, con le modalità stabilite in sede di contrattazione collettiva.

4. L’accordo individua l’organo responsabile della gestione delle risor-se e del raggiungimento delle finalità del progetto, la sua durata, lesue competenze e i suoi poteri, nonché le risorse professionali e finan-ziarie messe a disposizione della rete dalle singole istituzioni; l’ac-cordo è depositato presso le segreterie delle scuole, ove gli interessatipossono prenderne visione ed estrarne copia.

5. Gli accordi sono aperti all’adesione di tutte le istituzioni scolasticheche intendano parteciparvi e prevedono iniziative per favorire la par-

tecipazione alla rete delle istituzioni scolastiche che presentano situa-zioni di difficoltà.

6. Nell’ambito delle reti di scuole, possono essere istituiti laboratorifinalizzati tra l’altro a: ■ la ricerca didattica e la sperimentazione; ■ la documentazione, secondo procedure definite a livello naziona-

le per la più ampia circolazione, anche attraverso rete telematica,di ricerche, esperienze, documenti e informazioni;

■ la formazione in servizio del personale scolastico; ■ l’orientamento scolastico e professionale.

7. Quando sono istituite reti di scuole, gli organici funzionali di istitu-to possono essere definiti in modo da consentire l’affidamento a per-sonale dotato di specifiche esperienze e competenze di compiti orga-nizzativi e di raccordo interistituzionale e di gestione dei laboratori dicui al comma 6.

8. Le scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono stipula-re convenzioni con Università statali o private, ovvero con istituzioni,enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendono dareil loro apporto alla realizzazione di specifici obiettivi.

9. Anche al di fuori dell’ipotesi prevista dal comma 1, le istituzioniscolastiche possono promuovere e partecipare ad accordi e conven-zioni per il coordinamento di attività di comune interesse che coinvol-gono, su progetti determinati, più scuole, enti, associazioni del volon-tariato e del privato sociale. Tali accordi e convenzioni sono deposi-tati presso le segreterie delle scuole dove gli interessati possono pren-derne visione ed estrarne copia.

10. Le istituzioni scolastiche possono costituire o aderire a con-sorzi pubblici e privati per assolvere compiti istituzionali coerenticol Piano dell’offerta formativa di cui all’articolo 3 e per l’acqui-sizione di servizi e beni che facilitino lo svolgimento dei compitidi carattere formativo.

Curriculum nell’autonomia

Definizione dei curricula

1. Il Ministro della Pubblica Istruzione, previo parere delle competen-ti commissioni parlamentari sulle linee e sugli indirizzi generali, defi-nisce a norma dell’articolo 205 del decreto legislativo 16 aprile1994, n. 297, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzio-ne, per i diversi tipi e indirizzi di studio: ■ gli obiettivi generali del processo formativo; ■ gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze

degli alunni; ■ le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricula

e il relativo monte ore annuale; ■ l’orario obbligatorio annuale complessivo dei curricula comprensi-

vo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoriariservata alle istituzioni scolastiche;

■ i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tradiscipline e attività della quota nazionale del curriculum;

(segue)

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GLOSSARIODidattica museale e nuove tecnologie

■ gli standard relativi alla qualità del servizio; ■ gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il ricono-

scimento dei crediti e dei debiti formativi; ■ i criteri generali per l’organizzazione dei percorsi formativi fina-

lizzati all’educazione permanente degli adulti, anche a distanza,da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro,sentita la Conferenza unificata.

2. Le istituzioni scolastiche determinano, nel Piano dell’offerta for-mativa il curriculum obbligatorio per i propri alunni in modo da inte-grare, a norma del comma 1, la quota definita a livello nazionalecon la quota loro riservata che comprende le discipline e le attivitàda esse liberamente scelte. Nella determinazione del curriculum leistituzioni scolastiche precisano le scelte di flessibilità previste dalcomma 1, lettera e.

3. Nell’integrazione tra la quota nazionale del curriculum e quellariservata alle scuole è garantito il carattere unitario del sistema diistruzione ed è valorizzato il pluralismo culturale e territoriale, nelrispetto delle diverse finalità della scuola dell’obbligo e della scuolasecondaria superiore.

4. La determinazione del curriculum tiene conto delle diverse esi-genze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessitàdi garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esi-genze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli enti locali, daicontesti sociali, culturali ed economici del territorio. Agli studenti ealle famiglie possono essere offerte possibilità di opzione.

5. Il curriculum della singola istituzione scolastica, definito ancheattraverso una integrazione tra sistemi formativi sulla base diaccordi con le Regioni e gli enti locali negli ambiti previsti dagliarticoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, può essere personalizzato in relazione ad azioni, progettio accordi internazionali.

6. L’adozione di nuove scelte curricolari o la variazione di scelte giàeffettuate deve tenere conto delle attese degli studenti e delle fami-glie in rapporto alla conclusione del corso di studi prescelto (1/a).

(1/a) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi ilD.M. 26 giugno 2000, n. 234.

Ampliamento dell’offerta formativa

1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente, collegate in rete o tra loroconsorziate, realizzano ampliamenti dell’offerta formativa che ten-gano conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed econo-mico delle realtà locali. I predetti ampliamenti consistono in ogni ini-ziativa coerente con le proprie finalità, in favore dei propri alunni e,coordinandosi con eventuali iniziative promosse dagli enti locali, infavore della popolazione giovanile e degli adulti.

2. I curricula determinati a norma dell’articolo 8 possono esserearricchiti con discipline e attività facoltative che per la realizzazionedi percorsi formativi integrati, le istituzioni scolastiche programmanosulla base di accordi con le Regioni e gli enti locali.

3. Le istituzioni scolastiche possono promuovere e aderire a con-venzioni o accordi stipulati a livello nazionale, regionale o locale,anche per la realizzazione di specifici progetti.

4. Le iniziative in favore degli adulti possono realizzarsi, sulla basedi specifica progettazione, anche mediante il ricorso a metodi estrumenti di autoformazione e a percorsi formativi personalizzati.Per l’ammissione ai corsi e per la valutazione finale possono esse-re fatti valere crediti formativi maturati anche nel mondo del lavoro,debitamente documentati, e accertate esperienze di autoformazio-ne. Le istituzioni scolastiche valutano tali crediti ai fini della perso-nalizzazione dei percorsi didattici, che può implicare una lorovariazione e riduzione.

5. Nell’ambito delle attività in favore degli adulti possono esserepromosse specifiche iniziative di informazione e formazione desti-nate ai genitori degli alunni.

Iniziative finalizzate all’innovazione

1. Il Ministro della Pubblica Istruzione, anche su proposta delConsiglio nazionale della pubblica istruzione, del Servizionazionale per la qualità dell’istruzione, di una o più istituzioniscolastiche, di uno o più Istituti regionali di ricerca, sperimenta-zione e aggiornamenti educativi, di una o più Regioni o entilocali, promuove, eventualmente sostenendoli con appositi finan-ziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di bilancio, pro-getti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a esplorarepossibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, laloro articolazione e durata, l’integrazione fra sistemi formativi, iprocessi di continuità e orientamento. Riconosce altresì progettidi iniziative innovative delle singole istituzioni scolastiche riguar-danti gli ordinamenti degli studi quali disciplinati ai sensi del-l’articolo 8. Sui progetti esprime il proprio parere il Consiglionazionale della pubblica istruzione.

2. I progetti devono avere una durata predefinita e devono indica-re con chiarezza gli obiettivi; quelli attuati devono essere sottopostia valutazione dei risultati, sulla base dei quali possono essere defi-niti nuovi curricula e nuove scansioni degli ordinamenti degli studi,con le procedure di cui all’articolo 8. Possono anche essere ricono-sciute istituzioni scolastiche che si caratterizzano per l’innovazionenella didattica e nell’organizzazione.

3. Le iniziative di cui al comma 1 possono essere elaborate eattuate anche nel quadro di accordi adottati a norma dell’arti-colo 2, commi 203 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996,n. 662.

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GLOSSARIODidattica museale e nuove tecnologie

Legge 15 marzo 1997, n. 59.Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni

ed Enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa

(in “Gazzetta Ufficiale” n. 63 del 17 marzo 1997)

Capo IV, Art. 21

1. L’autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi siinserisce nel processo di realizzazione dell’autonomia e della rior-ganizzazione dell’intero sistema formativo. Ai fini della realizzazio-ne dell’autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni dell’Ammi-nistrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in materiadi gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari enazionali di fruizione del diritto allo studio nonché gli elementicomuni all’intero sistema scolastico pubblico in materia di gestionee programmazione definiti dallo Stato, sono progressivamente attri-buite alle istituzioni scolastiche, attuando a tal fine anche l’estensio-ne ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti diistruzione secondaria, della personalità giuridica degli istituti tecnicie professionali e degli istituti d’arte ed ampliando l’autonomia pertutte le tipologie degli istituti di istruzione, anche in deroga allenorme vigenti in materia di contabilità dello Stato. Le disposizionidel presente articolo si applicano anche agli istituti educativi, tenutoconto delle loro specificità ordinamentali.

2. Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno opiù regolamenti da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2,della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel termine di nove mesidalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base deicriteri generali e princìpi direttivi contenuti nei commi 3, 4, 5, 7, 8,9, 10 e 11 del presente articolo. Sugli schemi di regolamento èacquisito, anche contemporaneamente al parere del Consiglio diStato, il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsisessanta giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni, i regola-menti possono essere comunque emanati. Con i regolamenti predettisono dettate disposizioni per armonizzare le norme di cui all’artico-lo 355 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile1994, n. 297, con quelle della presente legge.

3. I requisiti dimensionali ottimali per l’attribuzione della personalitàgiuridica e dell’autonomia alle istituzioni scolastiche di cui al comma1, anche tra loro unificate nell’ottica di garantire agli utenti una piùagevole fruizione del servizio di istruzione, e le deroghe dimensionaliin relazione a particolari situazioni territoriali o ambientali sono indi-viduati in rapporto alle esigenze e alla varietà delle situazioni localie alla tipologia dei settori di istruzione compresi nell’istituzione sco-lastica. Le deroghe dimensionali saranno automaticamente concessenelle province il cui territorio è per almeno un terzo montano, in cuile condizioni di viabilità statale e provinciale siano disagevoli e in cuivi sia una dispersione e rarefazione di insediamenti abitativi.

[…]

8. L’autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione dellaflessibilità, della diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del ser-vizio scolastico, all’integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e

delle strutture, all’introduzione di tecnologie innovative e al miglior uti-lizzo delle risorse e delle strutture, all’introduzione di tecnologie inno-vative e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa si esplicaliberamente, anche mediante superamento dei vincoli in materia diunità oraria della lezione, dell’unitarietà del gruppo classe e dellemodalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità diottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materia-li e temporali, fermi restando i giorni di attività didattica annuale pre-visti a livello nazionale, la distribuzione dell’attività didattica in nonmeno di cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighiannuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi che pos-sono essere assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sullabase di un’apposita programmazione plurisettimanale.

9. L’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obietti-vi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertàdi insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle fami-glie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera eprogrammata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi diinsegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità diopzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione dilibertà progettuale, compresa l’eventuale offerta di insegnamentiopzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formati-ve degli studenti. A tal fine, sulla base di quanto disposto dall’articolo1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono defini-ti criteri per la determinazione degli organici funzionali di istituto, fermirestando il monte annuale orario complessivo previsto per ciascun cur-riculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività indi-cate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l’obbli-go di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione dellaproduttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi.

10. Nell’esercizio dell’autonomia organizzativa e didattica le isti-tuzioni scolastiche realizzano, sia singolarmente che in forme con-sorziate, ampliamenti dell’offerta formativa che prevedano anchepercorsi formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione dell’ab-bandono e della dispersione scolastica, iniziative di utilizzazionedelle strutture e delle tecnologie anche in orari extrascolastici e afini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di partecipa-zione a programmi nazionali, regionali o comunitari e, nell’ambitodi accordi tra le regioni e l’amministrazione scolastica, percorsiintegrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni scolastiche auto-nome hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e svi-luppo nei limiti del proficuo esercizio dell’autonomia didattica eorganizzativa. Gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione eaggiornamento educativi, il Centro europeo dell’educazione, laBiblioteca di documentazione pedagogica e le scuole ed istituti acarattere atipico di cui alla parte I, titolo II, capo III, del testo unicoapprovato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sonoriformati come enti finalizzati al supporto dell’autonomia delle isti-tuzioni scolastiche autonome.

In generale le tecnologie dell’infor-mazione e della comunicazione pos-sono trovare nella scuola utili edampi spazi di utilizzazione, comenelle situazioni elencate nella tabel-la sottostante.

L’uso attuale delle ICT nella scuolaLa rete degli istituti scolastici

Va detto, preliminarmente, che ilsistema scolastico italiano ha subito

un cambiamento strutturale alla finedegli anni Novanta, in relazione all’av-vio dell’autonomia scolastica. Le sedidi erogazione del servizio (plessi,scuole, istituti principali, sedi e sezio-ni distaccate) sono state aggregate, pereffetto delle norme sull’autonomia,secondo un criterio di dimensiona-mento della popolazione scolasticaospitata (normalmente tra i 500 ed i900 alunni), dando vita a poco menodi 11.000 istituzioni scolastiche statali,cui è stata conferita personalità giuri-dica e autonomia scolastica conresponsabilità amministrativa ed orga-nizzativa. Le istituzioni scolasticheorganizzano scuole dello stesso grado(circoli didattici per scuole primarie escuole dell’infanzia, istituti di istruzio-ne secondaria di primo grado, istituti

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GLOSSARIODidattica museale e nuove tecnologie

METODI DI INSEGNAMENTO

Le tecnologie in campo educativo

Un’analisiin numeri

IN CLASSE

Lavagne elettroniche

Interattive per lezioni multimediali e interatti-ve (es. geometria, storia, geografia, gram-matica, lingue straniere).L’insegnante collega il proprio laptop allalavagna interattiva (un grande schermo,proiettato o retroproiettato, collegato a unPC e sensibile al tatto) e incomincia lalezione.

La lezione è arricchita da:giochi interattivi (non eseguibili su lavagnetradizionali); elementi multimediali (immagi-ni, filmati, clip audio, animazioni); possibi-lità di accedere a siti Web; manipolazionein tempo reale di forme, numeri e parole.

NEI LABORATORI

Laboratori multimediali

Per lezioni che richiedono a ciascuno stu-dente l’uso di PC (es. informatica, linguestraniere).

PC/Laptop

A disposizione degli studenti per lavorarein team durante le lezioni.

AL DI FUORI DELLE LEZIONI

Virtual classroom su Web

Con materiale delle lezioni, approfondi-menti, link, e possibilità per gli studenti dipubblicare contributi e ricerche.

Progetti e compiti a casa

Basati sull’utilizzo di PC e Internet.

Corsi on line/e-learning

Per studenti e professori.

Portale per i professori

Con materiale digitale di supporto per pre-parare le lezioni.L’insegnante prepara la lezione su PC utiliz-zando oggetti multimediali, SW educatividedicati, materiale scaricato da appositi sitiWeb, ecc.

Servizi per genitori

Comunicazione interattiva SMS/e-mail perinformazioni sull’andamento dei figli, sitiWeb informativi.

di istruzione secondaria di secondogrado) oppure scuole di gradi diversi(istituti comprensivi di scuola dell’in-fanzia, primaria e secondaria di primogrado, e istituti d’istruzione superiorecomprensivi di istituti di istruzionesecondaria di secondo grado di diversoindirizzo).Le istituzioni scolastiche statali –dimensionate e costituite dalle Regionidal primo settembre 2000 per la dura-ta di un quinquennio – nell’anno sco-lastico 2004/05 sono risultate 10.780,di cui il 70,16% del primo ciclo diistruzione (2.598 circoli didattici, 3.435istituti comprensivi e 1.530 istitutiprincipali di primo grado) ed il 29,84%del secondo ciclo di istruzione (2.279istituti principali di secondo grado e938 istituti di istruzione secondariasuperiore). Di queste istituzioni scola-stiche fanno parte anche 41 istituti conparticolare configurazione (gli omni-comprensivi) che organizzano e coor-dinano al loro interno scuole del primoe del secondo ciclo di istruzione. Aqueste istituzioni scolastiche vannoaggiunte 142 istituzioni educative(convitti ed educandati).Le istituzioni scolastiche, cui è prepostoun dirigente scolastico, presiedono alla

organizzazione edalla amministra-zione di 41.766punti di erogazio-ne del servizio, itre quarti dei qua-li circa sono costi-tuiti da plessi discuola primaria(16.145) e da scuo-le dell’infanzia(13.601), diffusa-mente distribuitisul territorio espesso di dimen-sione ridotta. Lescuole secondariedi primo gradosono 7.037, men-

tre gli istituti secondari di secondogrado, nelle loro varie tipologie, sonocostituiti da 4.983 tra sedi principali esezioni associate.

I docenti

Complessivamente, il numero di docen-ti assunti a tempo indeterminato nel si-stema d’istruzione pubblico è di 736.738.

Rispetto al numero di punti di erogazio-ne del servizio, che vede una netta pre-ponderanza degli istituti primari, il nu-mero dei docenti impiegati è molto piùuniforme tra i vari gradi di istruzione.

La dotazione tecnologica

Negli istituti scolastici pubblici, il rap-porto fra numero di studenti iscritti enumero di computer disponibili è dicirca dieci a uno.

Gli impieghi delle ICT nella pratica educativo-didattica

In pratica gli insegnanti italiani fannouso delle ICT nei modi seguenti:■ comunicazione; ■ aggiornamento e ricerca di informa-zioni;■ utilizzo per la didattica.

La comunicazione

Per quanto riguarda l’utilizzo del-l’informatica per la comunicazione congenitori degli studenti e colleghi, i datimostrano una situazione particolar-

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Utilizzo delle ICT per comunicare con colleghi e genitori degli studenti; distribuzione di frequenze

31,12%

23,50%

0,00%

Scuola dell’infanzia

Scuola primaria

Scuola secondaria di I grado

Scuola secondaria di II grado

11,40%

33,96%

5,00%

10,00%

15,00%

20,00%

25,00%

30,00%

35,00%

40,00%

45,00%

50,00%46,18%

16,02%

7,38%

11,89%

18,52%

1 – Mai 2 4 5 – Ogni settimana3

scopo, mentre solo il 4,26% dichiara dinon farlo mai.

Utilizzo dell’informaticanella didattica in aula

Decisamente più varie le risposte allaterza domanda, che riguarda l’utilizzodell’informatica nella didattica in aula. Idocenti che dichiarano di utilizzarla inmaniera continuativa (ogni settimana)sono il 19,67%. Quota molto simile aquella di coloro che, al contrario, dichia-rano di non farne uso mai (il 21,93%).

mente negativa: ben il 46,18% deidocenti intervistati ha dichiarato dinon utilizzare mai tale strumento. Solol’11,86% dichiara di utilizzarlo abitual-mente, ogni settimana.

Aggiornamento e ricercadi informazioni

Molto popolare, invece, l’utilizzo del-l’informatica per l’aggiornamento ed ilreperimento di informazioni. Il45,81% degli intervistati dichiara di uti-lizzare strumenti informatici per tale

Utilizzo delle ICT per l’aggiornamento e per il reperimentodi informazioni; distribuzione di frequenze

Frequenza d’uso dell’informaticae materie d’insegnamento

È interessante scomporre il dato rela-tivo all’utilizzo frequente ed abitualedell’informatica in ambito didattico aseconda delle materie insegnate dagliintervistati. Le differenze sono infattinotevoli: l’informatica pare molto piùutilizzata da docenti multidisciplina-ri (in grande maggioranza docenti discuole primarie), di materie scientifichee tecniche. Percentuali di utilizzo fre-quente tra docenti di materie umani-stiche e linguistiche risultano dimolto inferiori.

Conclusioni

Dall’analisi condotta emerge un relati-vo scarso utilizzo degli strumentiinformatici da parte dei docenti dellescuole italiane. Particolarmente bassorisulta l’utilizzo dell’ICT per la comu-nicazione e per la didattica, mentreper la ricerca di informazioni e l’ag-giornamento l’utilizzo pare più inten-so. Nonostante tutte le tipologie didocenti adoperino l’ICT per reperireinformazioni, i soggetti appartenenti adistituti a vocazione tecnico professiona-le e/o di tipo tecnico-scientifico sem-brano più propensi a tale utilizzorispetto agli altri. Come si è detto, l’impiego dell’ICT daparte del corpo insegnante a fini didatti-ci rappresenta un’area non ancora piena-mente sfruttata ed in cui spesso gli stru-menti impiegati fanno riferimento amateriali didattici allegati ai libri di testo. Infine, è interessante notare come esi-sta un nesso fra le caratteristiche “gene-re” ed “età”: fra i docenti con meno di40 anni c’è una propensione maggioreall’utilizzo, e questa diminuisce mano amano che l’età aumenta. Il generemaschile, infine, è caratterizzato da unamaggiore propensione all’ICT rispettoa quello femminile. (vd. L’informaticanel mondo scolastico. Relazione finale,

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GLOSSARIODidattica museale e nuove tecnologie

L’informatica pare molto più utilizzata da docentimultidisciplinari (in grande maggioranza docenti di scuoleprimarie), di materie scientifiche e tecniche. Percentualidi utilizzo frequente tra docenti di materie umanistiche e linguistiche risultano di molto inferiori

0,00%

5,00%

10,00%

15,00%

20,00%

25,00%

30,00%

35,00%

40,00%

45,00%

50,00%

4,26% 5,26%

22,78% 21,90%

45,81%

1 – Mai 2 4 5 – Ogni settimana3

Jeme Bocconi e Hugony Editore, Mila-no, gennaio 2006).

Tecnologie educative e didattica museale

In generale l’impiego operativo delleICT nell’ambito della didattica musea-le, contribuisce a determinare nuovitipi di domanda, favorire lo sviluppo dinuove modalità di fruizione. Infatti laconoscenza di un bene culturale è unprocesso essenzialmente interattivo: siapprende attraverso informazioni, con-divisione di valori ed emozioni. L’intro-duzione delle ICT crea nuovi modi diapproccio alla cultura e alle opere d’ar-te. Si tratta allora di individuare ecostruire le tecnologie più adatte per ladidattica museale in questo nuovo qua-dro e sapere come usarle.Così, ad esempio, si potrebbe pensareai seguenti campi di intervento:■ ricerche testuali e documentarieattraverso collegamenti Internet;■ attivazione di corsi di formazione adistanza sia per il personale della scuo-la, sia per quello dei musei;■ videoconferenze o modalità off line;■ realizzazione di percorsi tematici vir-tuali preparatori delle vere e proprievisite didattiche nei musei;■ servizi di prenotazione delle visitestesse;■ “edutainment” al personal computercon giochi in rete da affiancare allelezioni in aula;■ “sportelli” elettronici di consulenzaper insegnanti, studenti e famiglie;■ guide on line che forniscano infor-mazioni teorico-pratiche sui percorsitematici offerti da ogni museo in rela-zione alla programmazione educativadelle istituzioni scolastiche;■ predisposizione ed offerta di materia-li, sussidi didattici generali e specifici sucollezioni, raccolte, e sull’insieme dell’e-redità culturale, azione di feedback everifica delle iniziative e delle visite.

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Utilizzo delle ICT nella didattica in aula;distribuzione di frequenze

0,00%

5,00%

10,00%

15,00%

20,00%

25,00%

30,00%

1 – Mai 2 4 5 – Ogni settimana3

21,93%

15,16%

24,94%

18,30%19,67%

Utilizzo delle ICT nella didattica in aula;distribuzione di frequenze

0,00%

5,00%

10,00%

15,00%

20,00%

25,00%

30,00%

Multidisciplinari Scientifiche Tecniche Umanistiche Linguistiche

24,07% 25,00%

21,31%

11,71%9,09%

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GLOSSARIO

PAGINA PUBBLICITARIAAND

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