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APPUNTI DI SCIENZE DELLA TERRA Deriva dei continenti Prof.ssa Patrizia Moscatelli Liceo Scientifico Statale Vito Volterra Pagina 1 di 8 1. La deriva dei continenti All’inizio del 1912, in una conferenza tenuta alla Società Geologica di Francoforte sul Meno, lo scienziato tedesco Alfred Wegener rendeva nota, per la prima volta, la sua «idea» della deriva dei continenti. L’osservazione della morfologia costiera, i dati della paleontologia e della stratigrafia lo portarono a formulare una teoria geofisica rivoluzionaria per l’epoca, in cui la Terra era vista come una entità in continua trasformazione. È affascinante anche la sua figura di ricercatore appassionato e avventuroso: fisico e astronomo, come meteorologo partecipa a tre spedizioni in Groenlandia, dove lascia la vita a soli cinquant’anni. In Germania il Centro Nazionale per le ricerche polari e marine, che opera in molti siti in tutto il mondo, porta il suo nome e rende attuale la sua tradizione.

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1. La deriva dei continenti

All’inizio del 1912, in una conferenza tenuta alla Società Geologica di Francoforte sul Meno, lo scienziato tedesco Alfred Wegener rendeva nota, per la prima volta, la sua «idea» della deriva dei continenti. L’osservazione della morfologia costiera, i dati della paleontologia e della stratigrafia lo portarono a formulare una teoria geofisica rivoluzionaria per l’epoca, in cui la Terra era vista come una entità in continua trasformazione. È affascinante anche la sua figura di ricercatore appassionato e avventuroso: fisico e astronomo, come meteorologo partecipa a tre spedizioni in Groenlandia, dove lascia la vita a soli cinquant’anni. In Germania il Centro Nazionale per le ricerche polari e marine, che opera in molti siti in tutto il mondo, porta il suo nome e rende attuale la sua tradizione.

2. La teoria di WegenerWegener è considerato lo

scienziato padre della teoria della deriva dei continenti. Wegener sosteneva che c’era stato un periodo nella storia geologica della Terra in cui tutti i continenti erano uniti in una unica grande massa continentale chiamata «Pangaea» (dal greco «tutta la Terra») circondata da un grande oceano, detto «Panthalassa».

Poi, circa 200 Milioni di anni fa, la «Pangaea» iniziò a frammentarsi e da due iniziali grandi super-continenti, Laurasia (che comprendeva Europa, Asia e Nord America) e Gondwana (comprendente Sud America, Africa e Oceania), si passò per ulteriore frammentazione alla attuale distribuzione dei continenti.

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A supporto della sua teoria, Wegener portò prove geofisiche, geologiche, paleontologiche e paleoclimatiche.

- Prove geofisichel'analisi topografico-statistica della superficie terrestre rivela due livelli predominanti in corrispondenza dei continenti e dei fondi oceanici. Ciò in accordo con la nozione di due strati di crosta separati. La teoria dell'isostasia presume che il substrato sotto la crosta terrestre agisca come un fluido, anche di tipo molto viscoso. Egli sostenne allora che in base a tale presupposto i blocchi continentali se si potevano muovere verticalmente, nulla impediva loro di muoversi anche orizzontalmente, ammesso che vi fossero forze sufficienti per farlo. Tali forze esistevano veramente e ne erano la prova la compressione orizzontale degli strati delle catene montuose delle Alpi, dell'Himalaya e delle Ande.

- Prove geologicheIn merito alle prove geologiche, aveva notato che la costa occidentale africana combaciava con quella orientale del sud America come fossero tessere di un puzzle. Inoltre, essendo un grande osservatore e raccoglitore di campioni, aveva riscontrato la perfetta similitudine tra rocce della stessa età che formavano i margini continentali del sud America e dell’Africa.

- Prove paleontologicheLe prove paleontologiche si basavano sul fatto che varie aree geograficamente separate erano caratterizzate dallo stesso contenuto fossile sia a livello animale

che vegetale.Secondo i paleontologi dell’epoca si trattava di un fenomeno dovuto alla diffusione degli animali e delle piante da una zona all’altra grazie alla presenza di ponti continentali che potevano emergere così come sprofondare.Wegener, basandosi sulle evidenze

geofisiche e sul principio dell'isostasia, mostrò l’impossibilità dell’esistenza di questi ponti naturali.

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Per lui questi ritrovamenti erano la chiara evidenza dell’esistenza di un singolo originario continente caratterizzato da una specifica fauna e flora che poi, grazie alla deriva, ovvero alla separazione, si era frammentato.

- Prove paleoclimaticheEssendo un meteorologo, Wegener portò a su pporto della sua teoria anche prove di tipo climatico. Egli aveva notato che tra i 220 e i 300 milioni di anni fa in Africa meridionale, in Sud America, in India e in Australia si erano deposti materiali rocciosi di origine glaciale (le tilliti) e questo si poteva spiegare ipotizzando che i continenti fossero stati uniti in un solo blocco posto vicino al Polo Sud e poi fossero migrati nel tempo.

La teoria della deriva dei continenti tuttavia non fu accettata dalla comunità scientifica nel corso della vita di Wegener soprattutto perché non riusciva a spiegare né come si muovevano i continenti, né il perché.A partire dal concetto di isostasia egli assunse che il substrato della crosta terrestre si comportasse come un fluido altamente viscoso e quindi come i blocchi potevano spostarsi verticalmente, così lo potevano fare anche orizzontalmente. Le sue teorie cercavano la causa di questi movimenti in forze esogene, come la rotazione terrestre e l’attrazione gravitazionale. Pensava infatti che l’America fosse andata alla deriva verso ovest a causa dell’attrazione lunisolare, che ritardava la parte superiore della Terra (SIAL) rispetto a quella inferiore (SIMA), nel suo movimento di rotazione verso est. Così come attribuiva alla forza centrifuga la deriva dai polii verso l’equatore delle terre. Tuttavia queste forze erano del tutto insufficienti per spiegare lo spostamento di grandi masse come i continenti. Solo alla metà del Novecento, grazie alle esplorazioni dei fondali oceanici e agli studi paleomagnetici, si trovarono le spiegazioni che supportavano le sue intuizioni. 3. La cultura del tempo e i precursori di WegenerFino alla metà dell’Ottocento le teorie accettate erano quelle fissiste che prevedevano esclusivamente movimenti verticali: parti di oceano si potevano sollevare per formare le terre emerse, mentre parti continentali potevano essere invase dal mare e formare gli oceani. I fissisti pensavano che la Terra fosse un

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pianeta in via di raffreddamento con uno strato superficiale (sial) e uno sottostante (sima); per effetto della contrazione la parte superficiale del sial si sarebbe corrugata formando le montagne, così come si verifica con la buccia di una mela che appassisce.Alla fine del Cinquecento il cartografo olandese Abraham Ortelius (1527-1598), aveva ipotizzato l’allontanamento dell’America dall’Europa e dall’Africa a causa di terremoti e di alluvioni. Successivamente, grazie anche alle grandi scoperte geografiche come la scoperta dell’America e alla redazione delle relative nuove carte, alcuni scienziati cominciarono a confutare le idee fissiste e a introdurre il concetto di movimenti orizzontali delle masse continentali.Uomini con grande spirito di osservazione come il filosofo e astronomo inglese Francis Bacon (1561-1626) aveva notato che le linee di costa dell’Africa e del Sud America erano combacianti, così come il geografo Alexander von Humboldt (1769-1859) aveva supposto l’unione di questi due continenti successivamente separati dall’ingresso di una corrente marina che avrebbe scavato una grande area formando l’oceano Atlantico.A metà dell’Ottocento anche un altro geografo, Antonio Snider-Pellegrini (1802-1885), sulla base di uno studio su piante fossili aveva ipotizzato una separazione tra America e Africa e, nel 1910, Frank Bursley Taylor (1860-1938) osservando la distribuzione delle catene montuose in Europa e in Asia, aveva introdotto come spiegazione il concetto dello spostamento orizzontale dei continenti.

4. L’importanza di WegenerIn realtà Wegener non introdusse concetti completamente nuovi, ma a lui va il grande merito di avere elaborato una teoria scientifica che teneva conto di molteplici aspetti.Wegener infatti integrò dati e informazioni provenienti da discipline diverse organizzandoli in una visione generale con la quale tutti si dovettero confrontare.[A sinistra: Wegener durante la spedizione del 1930 in Groenlandia (Alfred Wegener Institute)]La sua teoria è oggi studiata in ambito geologico, ma in realtà Wegener non era un geologo, fu piuttosto un appassionato di meteorologia e di fisica dell’atmosfera, e di fatto per lui la deriva dei continenti era un’ipotesi geofisica sorretta anche da prove geologiche.Nei suoi scritti si trova una mirabile interazione tra concetti di fisica, di geodesia,

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di biologia e di geologia, cosa inconsueta per quel tempo. Va ricordato infatti che nell’Ottocento la geologia era ancora una scienza storica e i geologi si occupavano dello studio della cristallografia e della mineralogia, mentre la storia della Terra era affidata agli stratigrafi (studiosi degli strati rocciosi).Solo grazie alla collaborazione con le teorie dei fisici e degli astronomi, impegnati nel comprendere e spiegare i fenomeni, i geologi iniziano a vedere il Pianeta soggetto alle leggi universali della meccanica, della termodinamica e della chimica.Wegener, avendo una mentalità poliedrica, consente una svolta decisiva con le sue affermazioni, contribuisce alla moderna scienza che vede la Terra come un sistema dinamico e attivo, in continua evoluzione. Non a caso infatti il 1912 è considerato da molti la data di nascita della geologia del XX secolo