Tettonica delle Placche -...

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Tettonica delle Placche Tettonica delle Placche 1) Sviluppo storico del concetto Prima di Wegener La teoria della deriva dei continenti di Wegener Dopo Wegener 2) Prove a sostegno della teoria L’età dei fondali oceanici Paleomagnetismo Vulcanismo 3) Caratteristiche e localizzazione dei limiti di placca Margini divergenti Margini convergenti Margini trasformi 4) Teorie alternative alla tettonica delle placche La teoria della Terra in espansione

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Tettonica delle PlaccheTettonica delle Placche

1) Sviluppo storico del concetto

• Prima di Wegener

• La teoria della deriva dei continenti di Wegener• Dopo Wegener

2) Prove a sostegno della teoria

• L’età dei fondali oceanici

• Paleomagnetismo

• Vulcanismo

3) Caratteristiche e localizzazione dei limiti di placca

•Margini divergenti

•Margini convergenti

•Margini trasformi

4) Teorie alternative alla tettonica delle placche

• La teoria della Terra in espansione

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Ipotesi precedenti la teoria di Ipotesi precedenti la teoria di WegenerWegener

15961596 Il cartografo olandese Abraham Abraham OrteliusOrtelius nel suo lavoro Thesaurus Geographicus

suggerisce per la prima volta che i continenti possano non essere rimasti sempre nelle loro

attuali posizioni. Egli afferma che le Americhe siano state “allontanate dall’Europa e

dall’Africa…da terremoti ed inondazioni”.

16201620 L’astronomo inglese Francis BaconFrancis Bacon scrive della sorprendente coincidenza tra le linee

di costa sulle due sponde dell’Atlantico. Egli conclude che i continenti separati

dall’Atlantico costituiscono un puzzle di pezzi che un tempo erano uniti e per qualche

motivo si sono staccati e separati.

1858 1858 Lo studioso francese Antonio Antonio SniderSnider--PellegriniPellegrini pubblica il volume La creation et ses

mystéres dévoilés che include una mappa in cui l’Africa e l’America sono unite. Egli

suggerisce che Americhe Africa ed Europa costituissero un tempo un unico continente,

basandosi soprattutto sullo studio di flore fossili.

18851885 Il geologo austriaco Edward Edward SuessSuess fornisce ulteriori conferme all’ipotesi di Bacon

basandosi sull’esame dei fossili. Egli suggerisce che tutti i continenti dell’emisfero

meridionale fossero un tempo uniti, data la somiglianza tra i fossili in essi rinvenuti.

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I continenti prima della separazione I continenti dopo la separazione

Da A. Snider-Pellegrini: La creation et ses mystéres dévoilés, 1858

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La Teoria della Deriva dei continenti di Alfred La Teoria della Deriva dei continenti di Alfred WegenerWegener

Alfred Alfred WegenerWegener (1880(1880--1930)1930) ottenne nel 1904 un PhD in astronomia all’Università di

Berlino; in seguito si interessò di geofisica e degli sviluppi nei campi della meteorologia e della climatologia.

Nel 1906 divenne tutor all’Università di Marburgo. Prese parte tra il 1906 e il 1913 a diverse

spedizioni in Groenlandia per lo studio della circolazione dell’aria nelle zone polari.

Nel 1924 divenne professore di meteorologia e geofisica all’università di Graz, in Austria.

Morì nel 1930, durante l’ennesima spedizione in Groenlandia, nel tentativo di portare

soccorso ad alcuni colleghi bloccati nell’entroterra.

Wegener iniziò ad interessarsi alle ipotesi sulle somiglianze paleontologiche tra le due

sponde dell’Atlantico nel 1911.

All’epoca la scienza ortodossa spiegava tali somiglianze con la formazione di ponti effimeri

tra i continenti. Egli, colpito dalla concomitanza delle evidenze paleontologiche e della

coincidenza tra le linee di costa, si formò l’idea della fondamentale correttezza dell’ipotesi che i continenti fossero un tempo uniti e si dedicò alla ricerca di ulteriori prove.

Nel 19151915 pubblicò l’opera fondamentale The origin of continents and oceans, ripubblicata

successivamente con espansioni nel 1920 e nel 1922. In quest’opera egli formula

compiutamente la teoria conosciuta in seguito con il nome di Deriva dei Continenti.

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Deriva dei ContinentiDeriva dei Continenti

Circa 300 milioni di anni fa i continenti formavano una singola massa, chiamata

PangeaPangea (dal greco “tutta la Terra”). La Pangea si era successivamente

frammentata, a partire da 200 milioni di anni fa circa, ed i singoli frammenti da

allora si allontanano l’uno dall’altro.

Benché Wegener non fosse stato il primo a sostenere un’ipotesi del genere egli fu il

primo a presentare numerose prove a favore della stessa, provenienti da campi di

studio disparati.

Prove formulate prima di Wegener

• Conformità delle linee costiere, accentuata se si considera l’isobata –200 m

• Somiglianze paleontologiche

Nuove prove formulate da Wegener

a. Argomenti geologici e litologici

b. Argomenti paleontolgici

c. Argomenti paleoclimatici

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a. Argomenti geologicia. Argomenti geologici

Wegener studiò le similarità esistenti tra i vari blocchi continentali. Grandi lineamenti

strutturali e province geologiche combaciavano quando si riavvicinavano i blocchi. Inoltre diede molta importanza alla posizione delle morene terminali delle grandi

coperture glaciali quaternarie. I movimenti principali ebbero luogo nel Cretaceo e Terziario. Inoltre molti giacimenti presenti in Africa e Sud America contenevano

minerali con le stesse caratteristiche geochimiche e strutturali

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b. Argomenti b. Argomenti paleontolgicipaleontolgici

Per spiegare identità o similarità floristiche e faunistiche tra continenti differenti, all’iniziodel secolo, ammettevano che tra essi potessero essere esistiti dei ponti continentali sottoforma

di grandi lingue di terra che poi sarebbero sprofondati negli oceani. Wegener sulla base dievidenze geofisiche e sul principio dell’isostasia rifiuta questa ipotesi e dimostra che i

continenti oggi separati, si sono staccati e allontanati da un unico grande continente.

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La stessa sequenza caratteristica di tilliti - arenarie, peliti e carbone -

lave basaltiche, si riscontra in diversi continenti

c. Argomenti c. Argomenti paleoclimaticipaleoclimatici

Le più importanti evidenze paleoclimatiche ci vengono fornite dalle rocce sedimentarie. Le tillititilliti sono indizio sicuro di glaciazioni, i depositi di carbonecarbone indicano condizioni

umide, le evaporitievaporiti testimoniano climi aridi, roccerocce carbonatichecarbonatiche indicano climitropicali. Altri indizi sono i fossili.

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La distribuzione di rocce della stessa età corrisponde,

accostando l’America meridionale e l’Africa

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Tracce di abrasione glaciale e depositi glaciali (tilliti), mostrano una

distribuzione incompatibile con l’attuale posizione dei poli, ma anche

con qualsiasi altra possibile posizione degli stessi, per cui non sono

attribuibili a migrazione dei poli e quindi delle fasce climatiche

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Migrazione apparente dei poli, ogni continente

traccia un percorso diverso

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Wegener propose inoltre per la prima volta un meccanismo che potesse spiegare il movimento dei continenti.

Egli ipotizzò che la rotazione della Terra generasse forze centrifughe e di marea in grado

di far scivolare i continenti sulla crosta oceanica.

Wegener inoltre propose una teoria orogeneticateoria orogenetica alternativa a quella allora in voga della

contrazione terrestre. Secondo Wegener l’attrito causato dallo scorrere dei continenti sulla

crosta oceanica provocava corrugamenti sul fronte avanzante dei continenti (catene tipo

Ande o Montagne Rocciose) e la collisione tra due continenti dava luogo a corrugamenti

più intensi (catene tipo Alpi e Himalaia).

La reazione alla teoria di Wegener fu quasi uniformemente ostile.

Il problema principale consisteva nel meccanismo in grado di muovere i continenti. Le forze centrifughe e di marea sono troppo deboli per muovere i continenti, inoltre l’attrito

causato dallo scorrimento sulla crosta oceanica darebbe luogo a deformazioni molto più

accentuate di quelle osservate.

Un altro problema consisteva nel fatto che Wegener suggeriva velocità di allontanamento

tra America ed Europa estremamente elevate e poco credibili, di circa 250 cm/anno.

Alcuni geologi appoggiarono almeno in parte la teoria di Wegener, come il geologo

svizzero Emile Emile ArgandArgand che sostenne come la collisione tra continenti fosse la migliore

spiegazione possibile per le deformazioni da lui riscontrate nelle Alpi svizzere.

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Sviluppi successivi alla formulazione della teoria di Sviluppi successivi alla formulazione della teoria di WegenerWegener

19301930 Il geologo inglese Arthur HolmesArthur Holmes (1890-1965) suggerisce un meccanismo alternativo

a quello proposto da Wegener per spiegare la deriva dei continenti: basandosi su recenti

studi di sismica applicata al mantello, che indicavano come questo non si comportasse come

un corpo solido, egli ipotizzò che un mantello non completamente solido e molto duttile

potesse essere soggetto a circolazione convettiva; la parte superiore delle celle convettive

del mantello avrebbe potuto fornire la spinta necessaria al movimento dei continenti.

Conscio delle difficoltà incontrate da Wegener egli precisò che la sua ipotesi era “puramente

speculativa” e che “non ha alcun valore scientifico finché non sarà avvalorata da evidenze

indipendenti”.

19351935 Il geologo giapponese KiyooKiyoo WadatiWadati (1903-1995) suggerisce che la distribuzione dei

terremoti e dei vulcani del Giappone possa essere correlata alla deriva dei continenti.

19401940 Il sismologo statunitense Hugo Hugo BenioffBenioff (1899-1968) osserva che la distribuzione di

vulcani e terremoti è correlata, e che essi si concentrano soprattutto lungo i margini dei

continenti; inoltre osserva che i sismi profondi disegnano un piano inclinato sotto le

principali aree vulcaniche, noto oggi come piano di Benioff.

19471947 I rilievi della nave oceanografica nave oceanografica AtlantisAtlantis mettono in evidenza che lo spessore dei

sedimenti sui fondali oceanici è molto ridotto e la loro età recente.

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La teoria dellLa teoria dell’’espansione dei fondali oceanici di Arthur Hessespansione dei fondali oceanici di Arthur Hess

Il geologo americano Arthur HessArthur Hess (1906-1969), propose nel 19621962 una nuova ipotesi per

spiegare la topografia dei fondali oceanici, che prese spunto della teoria di Wegener.

Egli durante la II guerra mondiale si era imbarcato su una nave dotata di apparecchiature in

grado di rilevare il fondale oceanico. In questo periodo fu colpito dalla presenza di rilievi

sottomarini, noti come seamountsseamounts e soprattutto di rilievi isolati dalla cima piatta, che chiamò

guyotguyot. La cima piatta, che ora si trovava a diverse centinaia o migliaia di metri di profondità, sembrava indicare erosione subaerea di questi rilievi.

Al termine della guerra Hess continuò i rilievi dei fondali oceanici e scoprì numerose

dorsali oceanichedorsali oceaniche, tali da costituire una rete continua che si estende in tutti gli oceani. In

seguito alla scoperta nel 1953 che queste dorsali erano spesso dotate di una riftrift valleyvalley

centrale, interessata da intensa attività vulcanica, Hess cominciò a formulare una nuova teoria

che potesse spiegare queste nuove scoperte.

In una pubblicazione del 1962 Hess inserì tutte le nuove scoperte in una nuova teoria, che

egli stesso chiamò “delldell’’espansione dei fondali oceaniciespansione dei fondali oceanici” (sea-floor spreading). Egli ipotizzò

che le rift valley fossero zone di risalita di magma e di formazione di nuova crosta oceanica.

Ciò avverrebbe in corrispondenza delle zone ascendenti delle celle convettive del mantello e

provocherebbe l’allontanamento dei due settori di crosta oceanica adiacenti alla rift valley.

Hess inoltre propose che la crosta oceanica si sarebbe poi inabissata in corrispondenza delle fosse oceaniche poste in prossimità dei margini continentali e che i continenti avrebbero

giocato un ruolo passivo trasportati come parte integrante di grandi placche litosferiche

soprastanti la zona convettiva del mantello.

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Carta topografica dei fondali oceaniciCarta topografica dei fondali oceanici

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Il modello di convezione termica nel mantello proposto da HessIl modello di convezione termica nel mantello proposto da Hess

Utilizzando l’idea di Holmes delle celle convettive, Hess ipotizzò che il materiale caldo risalga al di sotto delle dorsali, si divida in due rami divergenti, si raffreddi

allontanandosi, si appesantisca e quindi torni in profondità chiudendo il ciclo e

originando forti attrit i (da cui i terremoti).

La prova che gli mancava fu fornita dal paleomagnetismoLa prova che gli mancava fu fornita dal paleomagnetismo

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La teoria dell’espansione dei fondali oceanici spiega:

-la giovane età dei fondali oceanici

-la presenza di archi insulari

-la presenza di profonde fosse oceaniche

-la presenza dei guyot e dei seamounts

-la presenza delle dorsali oceaniche

-la presenza della rift valley e l’attività vulcanica ad essa associata

La teoria di Hess fu accolta con favore negli ambienti scientifici e provocò

un ulteriore fermento di ricerche che, in pochi anni, portò alla formulazione

da parte di TuzoTuzo Wilson (1963Wilson (1963--1965)1965) della teoria della tettonica delle teoria della tettonica delle

placcheplacche; essa nasce come sintesi globale dei diversi contributi fino ad allora

apportati, con particolare riferimento alle teorie di Wegener e Hess.

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La teoria della tettonica delle placcheLa teoria della tettonica delle placche

Tuzo Wilson fu negli anni ’30 studente alla Princeton University dove conobbe Hess, allora

giovane ricercatore nella stessa università. In seguito divenne professore di geofisica

all’università di Toronto, Canada, incarico che mantenne dal 1947 al 1974 quando andò in

pensione.

Nella formulazione di Tuzo Wilson la teoria prevede la suddivisione della Terra in 12 12

placche placche litosferichelitosferiche. La crosta di ogni placca può essere solo oceanica o in parte oceanica ed in parte continentale. Il movimento delle placche è dovuto al meccanismo proposto da

Hess di convezione del materiale mantellico dell’astenosfera.

Wilson apportò due contributi maggiori alla teoria, che contribuirono a fornirle solide basi e

a renderla bene accetta negli ambienti accademici:

- spiegò la presenza di catene vulcaniche allpresenza di catene vulcaniche all’’interno delle placcheinterno delle placche (ad es. la catena delle

isole Hawaii) con il concetto di hot spothot spot, ovvero della presenza di punti caldi con radici

sottostanti il mantello litosferico: questi punti ancorati in profondità lasciano sulla placca

che gli scorre sopra una striscia di vulcani di età crescente allontanandosi dall’hot spot

- risolse i problemi prettamente geometrici e dinamici del movimento relativo tra placche

introducendo il concetto di margini trasformiconcetto di margini trasformi che andava ad aggiungersi a quelli già

proposti da Hess di margini attivi e passivi.

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L’attivita vulcanica è dovuta ad una sorgente profonda; la placca

litosferica muovendosi al di sopra della sorgente trascina i vulcani

attivi lontano dalla zona di alimentazione, finchè essi non

vengono più rifornit i di magma e d iventano inattivi. L’hot spot

produce inoltre un rigonfiamento termico della litosfera, per cui i

vulcani inattivi allontanandosi dall’hot spot tendono a sprofondare

dando luogo prima ad isole più piccole e poi a seamounts o guyot.

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Distribuzione globale dei principali punti caldi attiviDistribuzione globale dei principali punti caldi attivi

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Prove a sostegno della teoria della tettonica delle placcheProve a sostegno della teoria della tettonica delle placche

1) L1) L’’etetàà dei fondali oceanicidei fondali oceanici

- prima del XIX secolo era comune l’idea che il fondale oceanico fosse piatto e di

profondità indefinita

- nel XIX secolo scandagli dei fondali oceanici rivelarono che essi possono

presentare una topografia accidentata

- nel 1947 si scoprì che i sedimenti depositati sui fondali oceanici avevano uno

spessore ridotto; ciò intaccava l’ipotesi corrente secondo la quale i fondali

oceanici rappresentavano la porzione più antica della crosta terrestre e quindi

dovessero essere ricoperti da elevati spessori di sedimenti

- negli anni ’50 si definirono i principali lineamenti dei fondali oceanici, le dorsali

e le fosse oceaniche

- negli anni ’60 e ’70 dragaggi e carotaggi sui fondali oceanici permisero di

raccogliere e datare con metodi paleontologici i sedimenti oceanici, i primi

sedimenti sopra le lave risultarono di età crescente allontanandosi dalle dorsali e

comunque mai di età anteriore al giurassico.

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Spessore totale dei sedimentiSpessore totale dei sedimenti

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2) Paleomagnetismo2) Paleomagnetismo

- all’inizio del XX secolo il paleomagnetologo francese B. Bruhnens (1906) e, più tardi, in modo più accurato il paleomagnetologo giapponese M.

Matuyama (1920) classificarono le rocce magnetizzate in due classi,

rispettivamente a polaritpolaritàà normalenormale, ovvero analoga a quella attuale terrestre,

e a polaritpolaritàà inversainversa, ovvero opposta a quella attuale terrestre

- negli anni ’40 si scoprì che rocce della stessa età hanno sempre lo stesso

tipo di magnetizzazione e si attribuì questo fenomeno a periodiche ma questo fenomeno a periodiche ma

irregolari inversioni di polaritirregolari inversioni di polaritàà del campo magnetico terrestredel campo magnetico terrestre; si ricostruì,

basandosi su migliaia di misure paleomagnetiche, una scala cronologica

delle inversioni di polarità negli ultimi 25 milioni di anni

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- negli anni ’50 si cominciarono ad effettuare misure del campo magnetico

sugli oceani da aerei con l’uso di magnetometri sviluppati durante la

guerra per la rilevazione di sottomarini; esse evidenziarono la presenza di

anomalie magnetiche positive e negativeanomalie magnetiche positive e negative, attribuite all’effetto della

magnetizzazione residua delle rocce dei fondali oceanici (basalti) che può sommarsi al campo terrestre annuale se le rocce possiedono una polarità

normale, dando luogo ad un’anomalia positiva, o sottrarsi se le rocce

possiedono polarità inversa, dando luogo ad un’anomalia negativa

- la distribuzione delle anomalie in bande alternate, parallele alle dorsali

oceaniche, con sequenza analoga a quella della scala geocronologica

ricostruita per gli ultimi 25 milioni di anni, confermò definitivamente la confermò definitivamente la

giovanissima etgiovanissima etàà dei fondali oceanici e la loro etdei fondali oceanici e la loro etàà crescente crescente

allontanandosi dalle dorsali allontanandosi dalle dorsali

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Carta che mostra la distribuzione delle anomalie magnetiche sulla Dorsale Reykjanes;

in nero le anomalie positive, in bianco quelle negative.

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3) Vulcanismo3) Vulcanismo

- i geofisici americani VineVine e e MatthewsMatthews proposero nel 19631963 un modello che

spiegasse la formazione delle bande magnetiche alternate disposte parallelamente

alle dorsali oceaniche. Essi ipotizzarono che l’attività lavica in corrispondenza della rift valley producesse colate basaltiche. Durante il raffreddamento si ha la

formazione di cristalli di magnetite (abbondante nelle rocce basaltiche), i quali si

dispongono parallelamente all’orientazione del campo magnetico terrestre.

Quando la temperatura della roccia scende al di sotto del punto di Curie (580 ºC

per la magnetite e 680 ºC per l’ematite) la magnetizzazione acquisita dovuta

all’isoorientamento dei cristalli ferromagnetici diviene stabile (magnetizzazione

termorimanente) e può essere persa solo per successivo riscaldamento al di sopra

del punto di Curie

- Vine e Matthews proposero che le lave magnetizzate fossero trasportate sulla

litosfera oceanica lontano dalle dorsali; ad ogni inversione di polarità del campo

magnetico terrestre corrisponde un’inversione della polarità residua delle lave basaltiche

- nel 1979 ulteriori prove dell’attività vulcanica in corrispondenza delle dorsali

oceaniche furono acquisite tramite l’esplorazione diretta con il batiscafo Alvin,

che misurò forti anomalie termiche associate a black smokers e fu in grado anche

di filmare eruzioni sottomarine

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Modello teorico della formazione delle bande magnetiche. Nuova crosta oceanica si forma continuamente dalle creste della dorsale, solidifica ed allontanandosi con

l’espansione del fondale dalla cresta diventa sempre piùvecchia.

a. Espansione della dorsale circa 5 milioni di anni fa

b. Espansione circa 1-3 milioni di anni fa

c. Situazione odierna

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Caratteristiche e localizzazione dei limiti di placcaCaratteristiche e localizzazione dei limiti di placca

Le zone di contatto tra le placche litosferiche costituiscono regioni dove si

concentrano preferenzialmente i più intensi fenomeni geologici

(magmatismo, sismicitmagmatismo, sismicitàà, tettonica, vulcanismo, plutonismo, tettonica, vulcanismo, plutonismo ecc.), a causa

del movimento relativo di placche semirigide su una superficie sferica.

I limiti di placca vengono classificati in funzione del movimento relativo

delle due placche a contatto

Margine divergente:Margine divergente: la componente prevalente del movimento relativo èdivergente

Margine convergente:Margine convergente: la componente prevalente del movimento relativo èconvergente, i poli rotazionali sono coincidenti o vicini

Margine Margine trasformetrasforme:: la componente prevalente di movimento è parallela al margine

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DivergenteDivergente

ConvergenteConvergente

TrasformeTrasforme

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Margini divergentiMargini divergenti

Le placche litosferiche si allontanano le une dalle altre e si accrescono attraverso la

formazione di nuova litosfera. Si possono distinguere due tipi di margini divergenti:

1) Margini 1) Margini intracontinentaliintracontinentali

- assottigliamento della litosfera

- tettonica distensiva

- rift valley accentuata, spesso parzialmente occupata da laghi

- vulcanismo prevalentemente esplosivo

- magmatismico alcalino per decompressione anidra profonda del

mantello astenosferico ed interazione con la crosta continentale

- sismicità accentuata da intermedia a superficiale

- l’esempio migliore è la Rift Valley nell’Africa orientale

- il Mar Rosso costituisce un margine divergente in fase di incipiente

oceanizzazione, nel settore meridionale si è già formata crosta oceanica

che manca ancora nel settore settentrionale

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2) Margini 2) Margini intraoceaniciintraoceanici

- assottigliamento estremo della litosfera

- formazione di una dorsale oceanica

- rift valley assiale più o meno accentuata

- tettonica distensiva

- vulcanismo effusivo

- magmatismo tholeiitico per decompressione anidra del mantello

astenosferico a bassa profondità

- intensa attività idrotermale

- esempi estremi sono la dorsale medio-atlantica e la dorsale

pacifica orientale

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Margini divergenti: Margini divergenti:

Dorsali medioDorsali medio--oceanicheoceaniche

Margini divergenti: Margini divergenti:

ContinentaliContinentali

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L'arcipelago Hawaiiano è un allineamento di centri eruttivi generatosi per

lo spostamento della zolla pacifica su un hot-spot.Questa particolare

geometria può essere spiegata immaginando una sorgente magmatica fissa,

posta al di sotto di una placca litosferica in migrazione.

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2a) Margini a basso tasso di espansione (12a) Margini a basso tasso di espansione (1--5 cm/anno)5 cm/anno)

- dorsale oceanica poco estesa ma molto rilevata

- formazione di una rift valley assiale molto accentuata

- presenza di numerosissimi centri eruttivi puntuali che nella rift valley

raggiungono densità elevatissime e tendono a sovrapporsi, e che danno

luogo a seamounts (ne sono stati stimati 2.5 milioni di altezza superiore ai

200 m nell’Atlantico del nord)

- la formazione di nuova crosta avviene attraverso una serie di singole

eruzioni distanziate nel tempo

Sezione schematica di un margine

divergente a basso tasso di espansione

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2b) Margini a tasso di espansione intermedio (52b) Margini a tasso di espansione intermedio (5--10 cm/anno)10 cm/anno)

- presentano caratteri intermedi

- la rift valley è poco accentuata (50-200 m di profondità)

- sono presenti meno centri eruttivi di dimensioni maggiori ed allungati

nella direzione della dorsale

- la formazione di nuova crosta avviene attraverso eruzioni fissurali di

limitata estensione ed eruzioni puntuali

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2c) Margini ad elevato tasso di espansione (> 10 cm/anno)2c) Margini ad elevato tasso di espansione (> 10 cm/anno)

- dorsale oceanica molto estesa ma poco rilevata

- rift valley assiale poco accentuata o assente

- presenza di vulcani fissurali lunghi anche decine di km

- la formazione di nuova crosta avviene a partire da camere magmatiche

assiali lunghe anche decine di km e persistenti

- fino ad 80 km dall’asse si formano vulcani centrali attivi

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Margini convergentiMargini convergenti

Le placche litosferiche tendono ad avvicinarsi finchè una si immerge sotto l’altra lungo un

piano inclinato (detto piano di benioff)

- presenza di una profonda fossa oceanica in corrispondenza della zona in cui la placca

subdotta si flette

- presenza di archi vulcanici a magmatismo prevalentemente calcalcalino

- sismicità elevata da superficiale a profonda lungo il piano di Benioff

Margini convergenti di subduzioneMargini convergenti di subduzione

Viene subdotta la litosfera oceanica

1) Convergenza oceano1) Convergenza oceano--oceano (Isole Marianne, Tonga)oceano (Isole Marianne, Tonga)

- la fossa oceanica è molto profonda a causa dello scarso apporto di sedimenti in assenza di un continente il magmatismo, inizialmente tholeiitico, si modifica presto in

calcalcalino, è assente l’interazione dei magmi con la crosta continentale

- il piano di Benioff presenta inclinazioni elevate

- presenza di una fossa oceanica e un arco vulcanico insulare

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2) Convergenza oceano2) Convergenza oceano--continente (Giappone, Indonesia, Ande)continente (Giappone, Indonesia, Ande)

- la fossa oceanica è relativamente meno profonda a causa dell’elevato apporto di

sedimenti dal continente

- il magmatismo è calcalcalino e può evolvere verso condizioni alcaline in stadi senili. Si

può avere la formazione di un arco vulcanico separato dal continente da un bacino di

retroarco. In tal caso l’arco vulcanico è molto sviluppato, complesso e con vulcanismo

fortemente esplosivo. In alternativa l’arco magmatico può impostarsi direttamente sul

continente con vulcani inseriti nella catena orogenetica.

- il piano di Benioff presenta inclinazioni basse- presenza di una fossa oceanica e un arco magmatico continentale

Sezione schematica di una zona di subduzione

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Margini convergenti: lMargini convergenti: l’’anello di fuoco del Pacificoanello di fuoco del Pacifico

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Sezione schematica di un margine continentale di tipo

oceano-oceano o di tipo continente-oceano, con

formazione di un bacino di retroarco

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Sezione schematica di un margine convergente di

tipo oceano-continente, con arco vulcanico

impostato sul continente

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3) Convergenza continente3) Convergenza continente--continente (Himalaia, Alpi, Urali)continente (Himalaia, Alpi, Urali)

- la bassa densità delle rocce della crosta continentale rispetto a quelle del mantello

impedisce la loro subduzione, per cui quando crosta continentale giunge sulla placca

subdotta in corrispondenza della fossa va a collidere con la crosta continentale della placca

antistante generando complesse strutture orogeniche

- la sisimicità è elevata, di solito superficiale

- il magmatismo è prevalentemente alcalino con forte interazione con materiale di crosta

continentale ed anche fusione di porzioni di crosta continentale (anatessi)

- il vulcanismo è distribuito in modo disomogeneo ed è fortemente esplosivo

- la costituzione di un orogene a falde di ricoprimento, con complesse strutture tettoniche a

pieghe e faglie dà luogo a sollevamenti che generano estese ed elevate catene montuose

- il piano di Benioff è assente, o nelle fasi iniziali della collisione, permane come lembo

residuo sottostante l’orogene

- nella collisione possono rimanere pinzati lembi di crosta continentale che, negli orogeni

antichi costituiscono l’unica testimonianza della crosta continentale pre-giurassica

Margini convergenti Margini convergenti collisionalicollisionali

Viene subdotta la litosfera continentale

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Sezione schematica della collisione tra India ed

Euras ia, con formazione dell’orogene himalaiano

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3) Convergenza continente3) Convergenza continente--oceano (Taiwan)oceano (Taiwan)

- la placca sovrastante è costituita da litosfera oceanica mentre quella in sottoscorrimento è

rappresentata da litosfera continentale, il sistema si caratterizza per la formazione di una

zona di notevole raccorciamento

Fase terminale della subduzione

con collisione continentale e

chiusura del bacino oceanico

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Margini trasformiMargini trasformi

Le due placche scorrono l’una accanto all’altra

1) Margini trasformi 1) Margini trasformi intraoceaniciintraoceanici

- connettono due margini divergenti

- zone di faglia che dislocano le dorsali oceaniche per permettere loro di adattarsi alla

geometria sferica della superficie terrestre

- sismicità intensa e superficiale (terremoti devastanti)

- attività magmatica molto ridotta

2) Margini trasformi 2) Margini trasformi intracontinentaliintracontinentali (faglia di San (faglia di San AndreasAndreas, ,

faglia del Mar Morto)faglia del Mar Morto)

- possono connettere margini di qualsiasi t ipo

- estesi sistemi di faglia che dislocano crosta continentale fino a grande profondità

- sismicità intensa e superficiale (terremoti devastanti)

- attività magmatica molto ridotta o assente

- possono generare localmente zone compressive con pieghe o distensive con bacini

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Distr ibuzione mondiale delle principali faglie

trasformi intraoceaniche

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La faglia di San Andreas, con la distribuzione dei principali terremoti

Scorrimento della placca pacifica rispetto a quella nordamericana lungo un

fascio di faglie subparallele, di cui la piùnota è la faglia di San Andreas

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La faglia di San La faglia di San AndreasAndreas