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Dr Carlo Romagnoli Referente ISDE Umbria Quale epidemiologia serve agli esposti alle emissioni degli inceneritori nel Ternano? Proposte per la condivisione Prima bozza. Umbria 26/11/2013 Indice Introduzione: Problematiche affrontate e metodologia di lavoro Parte A) Input per la funzione epidemiologica dell'Osservatorio 1) Contesto: le elites mettono a valore vita e territori con politiche pubbliche di servizio al privato 2) Bisogni: Nelle lotte su ambiente e salute la vita resiste al biopotere delle elites e decostruisce i dispositivi di assoggettamento basati sull'enfasi di fattori di rischio comportamentali e dei determinanti genetici. 3) Valutazioni disponibili sui servizi di prevenzione ambientale Sanità pubblica ed epidemiologia nella morsa delle politiche pubbliche di servizio al privato: le relazioni di ASL (Profilo di salute) ed Osservatorio provinciale su salute e ambiente e l'assoggettamento dei tecnici. 4) Mandati necropolitici. Borsa sulle emissioni di carbonio; secretamento delle rivelazioni sui rifiuti industriali sversati in Sud Italia; Taranto, CSS, interdizione degli esposti..... 5) Le nuove conoscenze su ambiente e salute ( epigenetica, interferenti endocrini, ecc.) a fronte dell'empasse nelle politiche di valorizzazione del vivente (genetica, staminali, neuro tecno scienze e mancato sviluppo di terapie più efficaci per cancro e altre malattie cron.degenerative). Parte B) Alcune possibili finalità della funzione epidemiologica nell'Osservatorio

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Dr Carlo Romagnoli Referente ISDE Umbria

Quale epidemiologia serve agli esposti alle emissioni

degli inceneritori nel Ternano? Proposte per la condivisione

Prima bozza. Umbria 26/11/2013

Indice

Introduzione: Problematiche affrontate e metodologia di lavoro

Parte A) Input per la funzione epidemiologica dell'Osservatorio1) Contesto: le elites mettono a valore vita e territori con politiche pubbliche di servizio al privato 2) Bisogni: Nelle lotte su ambiente e salute la vita resiste al biopotere delle elites e decostruisce i

dispositivi di assoggettamento basati sull'enfasi di fattori di rischio comportamentali e dei determinanti genetici.

3) Valutazioni disponibili sui servizi di prevenzione ambientale Sanità pubblica ed epidemiologia nella morsa delle politiche pubbliche di servizio al privato: le relazioni di ASL (Profilo di salute) ed Osservatorio provinciale su salute e ambiente e l'assoggettamento dei tecnici.

4) Mandati necropolitici. Borsa sulle emissioni di carbonio; secretamento delle rivelazioni sui rifiuti industriali sversati in Sud Italia; Taranto, CSS, interdizione degli esposti.....

5) Le nuove conoscenze su ambiente e salute ( epigenetica, interferenti endocrini, ecc.) a fronte dell'empasse nelle politiche di valorizzazione del vivente (genetica, staminali, neuro tecno scienze e mancato sviluppo di terapie più efficaci per cancro e altre malattie cron.degenerative).

Parte B) Alcune possibili finalità della funzione epidemiologica nell'Osservatorio indipendente 1) Promuovere la salute degli esposti 2) Dare centralità alle misure di esposizione rispetto alle misure del danno sui nostri corpi 3) Misurare e valorizzare il carico inquinante complessivo cui siamo esposti 4) Supportare l'applicazione del principio di precauzione 5) Riprendere il controllo dei servizi di prevenzione ambientale con la gestione comune della sanità (controllo dal basso sui produttori di rischio e su risorse, programmi e valutazioni di esito) Parte C. Cosa produrrà la funzione epidemiologica dell'Osservatorio

Allegato 1: Note sulla Relazione 2012 dell’Osservatorio Provinciale “Ambiente e Salute” della Provincia di Terni

Introduzione: Problematiche affrontate e metodologia di lavoro

L'attivazione dell'Osservatorio indipendente sugli effetti sanitari ed ambientali degli inceneritori nel Ternano ( di seguito chiamato Osservatorio) rappresenta, oltre che una risposta non difensiva alla disseminazione nei territori di attività in cui i rischi sanitari ed ambientali coinvolgono intere popolazioni mentre i benefici economici ricadono su pochi già ricchi, una opportunità per avviare riflessione e pratiche condivise tra esposti – che qui definiamo come “coloro che subiscono il danno dell’essere esposti ad un rischio evitabile” e tecnici, sulla epidemiologia che, nella contemporaneità, serve agli esposti. Come evidenzia la figura 1 l'idea dell'Osservatorio è nata all'interno di un processo di co-soggettivazione tra esposti, tecnici e attivisti socio- ambientali e prende le mosse dalla necessità di mettere in campo proposte in grado di rispondere ai bisogni di salute e di qualità dell'ambiente che si sono aggregati intorno al Comitato “No Inceneritori”, che è stato in grado di porsi come interlocutore credibile in un contesto in cui i servizi di prevenzione ambientale e le misure da loro prodotte sono state giudicate non appropriate per tutelare la salute degli esposti alle sostanze inquinanti emesse dagli inceneritori nel Ternano e la qualità dell'ambiente in cui essi vivono.

Figura 1. Percorso in cui è inserita la presente proposta sul ruolo della epidemiologia nella misura dell'impatto su salute e ambiente degli inceneritori nel Ternano

E' quindi a partire da un mandato preciso

formulato dal Comitato - come misurare in modo scientifico e senza le distorsioni determinate da conflitti di interesse, l'impatto su salute e ambiente degli inceneritori nel Ternano - che l'Osservatorio ora produce proposte che, all'interno di un processo aperto, vanno condivise e integrate, un passaggio che potrebbe compiersi a ridosso della formale attivazione dell'Osservatorio, in un contesto in cui queste vengono presentate e discusse da esposti, tecnici e attivisti socio ambientali. E' bene precisare che sul piano metodologico siamo fuori dai contesti di programmazione proprietaria soprattutto perché la natura del problema e le caratteristiche delle forze in campo, come vedremo nelle pagine seguenti, sono tali da suggerire la necessità di risposte innovative: sia perchè quanto fatto finora dagli enti preposti fa più parte del problema che della soluzione, sia perchè le soluzioni ai problemi di salute determinati da esposizioni collettive ad inquinanti ambientali si possono risolvere solo lavorando in processi in cui gli esposti non solo sono coinvolti in tutte le fasi, ma mantengono il diritto di scegliere le priorità, validare gli interventi, valutare i risultati a partire dai benefici ottenuti per la loro salute e per la qualità dell'ambiente in cui vivono. In questa direzione quindi va chiarito che stiamo lavorando insieme all'attivazione di un processo aperto ( figura 2) che potremmo definire in primo approssimazione basato su un approccio “euristico” ( figura 3), che secondo alcuni autori (Leone L,Prezza M, 2006; WHO 1986)1 è

1 Trovo utile distinguere gli approcci programmatici in proprietari e di comunità, a partire dal ruolo cruciale che hanno i beneficiari nelle diverse fasi di ideazione, attivazione, progettazione, realizzazione e verifica. Sarà facile constatare che l'approccio proprietario è massimo quando degli

particolarmente adatto a finalità di promozione della salute proprio perchè parte dai bisogni degli esposti e ne valorizza al massimo saperi, capacità pratiche e valutazioni comunitarie, cosa che non avviene:

Figura 2. Nell'approccio “euristico” inizialmente si può prevedere solo il processo. . .

né quando degli “esperti” scelgono le priorità, impostano gli interventi e valutano i risultati ( approccio “sinottico razionale”) dato che gli esposti dovrebbero partecipare ad attività che non hanno potuto condividere;

né quando insieme esperti, portatori di interesse (una categoria che offre la massima possibilità di espressione alle potenti associazioni dei produttori di rischio e ai loro rappresentanti nelle istituzioni e nei servizi di prevenzione ambientale affiliati ad associazioni riservate2) ed operatori dei servizi scelgono problemi e impostano soluzioni (approccio concertativo), un contesto particolarmente insidioso perchè pone sullo

Figura 3. Caratteristiche generali dei processi

programmatici euristici o “aperti”

stesso piano chi produce il rischio senza subirne le conseguenze sulla propria salute e chi subisce il rischio e ne subisce le conseguenze sulla propria salute e sulla qualità dell'ambiente in cui vive.

esperti, più o meno presuntamente neutri, indicano le cose da fare a dei target chiamati a favorirne l'applicazione (in letteratura si parla di approccio sinottico- razionale) arrogandosi il diritto di valutarne gli effetti e lasciando agli esposti il ruolo di aderire a scelte che non hanno potuto condividere; nelle terre di mezzo si collocano gli approcci “concertativi” dove comunque i produttori di rischio mantengono voce in capitolo su scelta delle priorità e valutazione. Per approfondimenti vedi: Prezza M (2010) “I progetti ed i modelli di progettazione” Angeli editore.

2 Attualmente svolge le funzioni di Maestro del Grande Oriente d'Italia nella regione Umbria un dirigente regionale che come “dipendente” dell'Assessorato Regionale alla Sanità dirige importanti funzioni della sanità regionale, senza che alcuna forza politica o sindacale abbia finora rilevato conflitto di interessi in tale sovrapposizione. Al riguardo si ricorda che l'art 5 del Codice di comportamento della Pubblica amministrazione impone “l'immediata comunicazione della avvenuta iscrizione ad associazioni riservate e non, ad esclusione di partiti e sindacati” proprio per far emergere i conflitti di interesse......

Le tappe del progetto nel modello euristico

I deazioneIdeazioneProgettazioneProgettazione

ProgettazioneProgettazione

attivazioneattivazione

Si prevedono azioniSottoprogetto B

Si prevedono azioni sottoprogetto A

Progetto iniziale

Si può prevedere solo il processo

Modello euristico

insieme esposti/ cittadini, attivisti sociali e tecnici decidono cosa realizzare

e come valutare

le attività vengono poi realizzatedagli esposti/ cittadini con i necessari supporti

Su queste prime coordinate metodologiche si innestano le considerazioni sulle caratteristiche della contemporaneità sviluppate nella prima sezione e le proposte sintetizzate nella seconda.

Parte A) Fattori di input per la messa a punto della funzione epidemiologica dell'Osservatorio

A.1) Il contesto in cui viviamo oggi. Dato che è nel divenire della realtà che la salute si produce o si danneggia, dobbiamo in primo luogo collocarci nella contemporaneità. Tra le tante osservazioni possibili sulle caratteristiche della società odierna se mettiamo a confronto alcune variabili importanti per lo sviluppo dei determinanti di salute e di politiche sanitarie efficaci, dalla fine degli anni 703 ad oggi, osserviamo che cambiamenti sono certamente intervenuti ( Figura 4):

a.1) nei processi produttivi: qui per effetto congiunto della transizione culturale - che ha portato nei paesi sviluppati al superamento dell’analfabetismo ed allo sviluppo di una

Figura 4. Confronto tra variabili importanti per lo sviluppo di determinanti di salute e di politiche sanitarie efficaci tra la seconda metà degli anni 70 ed oggi

cultura di massa negli anni 60 e 70 - ed alla sviluppo e diffusione delle tecnologie per la gestione delle informazioni (Monnier Jm e Vercellone C, 2007), si è superata la maggiore manualità connessa con l’espletamento delle mansioni prevalenti negli anni ’70 con l’affermazione di mansioni legate a sempre più crescenti contenuti cognitivi (Fumagalli A, 2007); questa tendenza, secondo alcuni autori, si è sviluppata fino al punto da far si che le conoscenze detenute dalla nuova forza lavoro possono essere interpretate come possesso di capitale fisso, che può essere impiegato anche in processi di produzione comune e di open science (Delfanti 2013) ad esempio mutando i “corpi macchinici” in rilevatori indipendenti

3 La fine degli anni ’70 è un “periodo indice” importante: l’OMS lancia il concetto di assistenza sanitaria di base alla Conferenza di Alma Ata del 1978; in Italia viene istituito il Servizio sanitario nazionale (L. 833/78).

2013

1978

Rappresen-tanza gestita da elites e disgiunzione tra potere ed esperienza

Forte parteci-pazione politico sindacale

Finanziarizzazione globale di produzione e riproduzione e messa a valore di vita/territori

Centralità della produzione territorializ-zata (fabbrica)

Politiche pubbliche che regolano le attività del “privato”

Politiche pubbliche di supporto al privato”

Attività della forza lavoro più basata sulle conoscenze

Attività della forza lavoro più basata sulla manualità

Bias dei dispositivi assembleari per limiti spazio temporali

Autoattiva-zione in rete del general intellect

delle esposizioni a rischio4

a.2) nei processi di valorizzazione del capitale dove la centralità della produzione di profitto tramite luoghi territorialmente definiti (fordismo) ha ceduto il posto all’acquisizione di rendita tramite attività finanziarie globalizzate ed estremamente pervasive( Fumagalli A e Mezzadra S, 2009), in cui è l’intero globo terraqueo e l’intera vita delle persone ad essere incessantemente messi a profitto da un capitalismo divenuto informazionale (Castells M, 2000) o secondo altri, cognitivo (Vercellone C, 2006) o biocapitalismo (Hardt M e Negri T, 2009);a.3) nei processi di rappresentanza dove le forme di partecipazione politico istituzionale degli anni ’70 sono state sostituite dalla governance tra elites che guida la globalizzazione finanziaria: le decisioni del capitale finanziario vengono assunte da elites (Di Leo R, 2012), spazialmente e temporalmente collocate in un altrove che è fuori dalla nostra area di relazioni (es.: agenzie di rating, banche centrali, finanza, direzione delle multinazionali, associazioni riservate, ecc) e che hanno il potere di imporre la sostituzione dei fini alle istituzioni rappresentative, imponendo, per quanto a leggerlo possa sembrare inverosimile, al 99% degli abitanti della terra, personale politico e programmi funzionali agli interessi di un 1% di ricchissimi che puntano, sordi agli effetti sociali ed ambientali di quello che fanno, a divenire ancora più ricchi; si determina così una acuta contraddizione tra il “biopotere” - i soggetti, i luoghi ed i tempi che influenzano la nostra vita - e la “nostra esperienza di vita” vale a dire a quello che percepiamo accadere nella quotidianità e nei territori in cui viviamo dove si concretizzano cicli di valorizzazione tanto più aggressivi quanto più assunti al di sopra e al di fuori delle collettività che ci vivono; questo ha anche comportato il superamento sostanziale della forma stato nata dalla Resistenza e caratteristica della seconda parte del novecento secondo, che si trova oggi deprivata delle funzioni classiche di uno stato (moneta, allocazione grandi industrie, dazi, politica estera, cultura, ecc) ora gestite da nuove istituzioni sopranazionali ( es. Commissione Europea, Banca Europea, Nato, OCSE....) non elettive, mentre i parlamenti nazionali perdono ruolo e legittimità e gli esecutivi svolgono un ruolo sempre più applicativo di decisioni assunte altrove;a.4) nel ruolo delle politiche pubbliche, che da fattore di autonomia, contenimento e regolazione dell’accumulazione privata, sono oggi forzate a creare condizioni preferenziali per attrarre nei territori i mobilissimi flussi finanziari (Marazzi C 2009), con impatti fortissimi sul “consumo” di territorio”, precarietà del lavoro e della vita e rifunzionalizzazione del welfare nonché con perdita di senso, legittimità e desiderabilità politica del “pubblico” (Fumagalli A, 2009); inoltre i processi di “aziendalizzazione” nel pubblico hanno comportato la sostituzione dei fini sociali propri delle organizzazioni del welfare fordista con gli output del modello d’impresa, relativi agli utili prodotti in un dato periodo nel caso di produzioni di beni di consumo o di transazioni finanziarie, mentre nella produzione di servizi è la quantità di prodotti (o il suo equivalente tariffario) che diviene centrale: nel complesso della produzione sociale questa centralità crea le condizioni perché ciascuno (singolo o impresa) sia attento solo ai propri benefici economici di breve periodo (Liste J 2007; Davis D 2008), senza che debba preoccuparsi degli impatti sociali che tali ottiche potranno avere su salute, ambiente, territori, qualità della vita e le persone più deboli;a.5) anche le forme e i metodi della partecipazione sono evoluti profondamente: oggi gli strumenti messi a disposizione dal web 2.0 permettono di superare i vincoli spazio temporali legati alle forme che la partecipazione assumeva nei contesti fordisti degli anni ’70 ( con i bias e la difficoltà gestionali proprie “dell’assemblearismo”. Di fatto oggi la rete consente

4 Dal nostro punto di vista è interessante osservare che oggi si danno possibilità di svolgimento del lavoro che un tempo svolgeva “l'esperto grezzo” in modo estremamente preciso e sofisticato. Basti pensare che già circolano nella nostra società le conoscenze e le capacità necessarie per l'uso diffuso di strumenti come i “Nasi elettronici” (es.: Smartnose Dust) che rilevano la concentrazione di polveri sottili e altri inquinanti nell'aria ( PM10; PM2,5; CO; O3) comunicandola in tempo reale, via smartphone ad un portale web.

processi di auto attivazione (Youchai B 2007; Castells M, 2009) da parte dei cittadini per orientare scelte che riguardano la propria salute5.

A2) I bisogni di salute e di qualità dell'ambiente. La diffusa percezione del degrado ambientale e dei suoi effetti sulla salute poggia in primo luogo sull'allarme globale relativo all'effetto che le politiche energetiche basate sullo sfruttamento di energie fossili sta producendo sul cambiamento climatico, dando luogo a processi di soggettivazione che portano le persone a considerare come necessari nuovi sistemi di produzione, non solo di energia; su scala locale la messa a valore della vita (precarietà, indebitamento, ecc.) si appaia alla messa a valore dei territori determinando effetti pesantissimi sulla qualità dell'ambiente, della vita e diffuse preoccupazioni per gli effetti sulla salute di uomini, animali e biosfera. Figura 5: I processi di soggettivazione connessi alla messa a valore di vita e territori da parte del biocapitalismo

Tutto questo avviene in un contesto in cui sono già disponibili soluzioni alternative (per energia, mobilità, assetti dei territori, ecc) che però o non vengono applicate perchè non produttive di rendita/ profitto o vengono riproposte nelle condizioni in cui permettono la cattura di valore da parte delle elites ( capitalismo verde o green economy), determinando potenti processi di soggettivazione: sempre più persone -e insieme a loro sempre più tecnici (pediatri, medici, biologi, chimici, operatori della prevenzione, ecc) - capiscono che tutto questo non ha senso né prospettiva e, dato che un bisogno si differenzia da un desiderio quando esistono le condizioni materiali per la sua realizzazione, pongono la salvaguardia del “comune” al centro delle loro rivendicazioni perché sanno che esistono le soluzioni per vivere in un ambiente salubre, garantendo una crescita qualitativa e sanno anche che possono farlo solo cooperando. Nelle lotte su ambiente e salute (da quelle globali sul cambiamento climatico alle lotte dei moltissimi comitati spontanei che si auto organizzano a livello territoriale) è la nostra vita che resiste al biopotere e decostruisce i dispositivi di assoggettamento basati sull'individualismo: da soli si può solo scappare, anche se è sempre più chiaro che non esiste un “fuori” in cui ritirarsi; l'enfasi sui fattori di rischio comportamentali, con in quali fin dai primi anni '80 si cerca di convincere le persone che la salute dipende solo dalle proprie scelte individuali, per liberare l'industria dai famosi 5 Di questa innovativa forma di interazione “globale” è stata fornita una evidenza esemplare in occasione della compagna autunnale 2009 a

favore della vaccinazione H1N1 dove, al di là dei giudizi di merito sul senso della campagna da un punto di vista di sanità pubblica, occorre registrare che il tasso di copertura raggiunto (11% secondo il Corriere delle Sera del 11/12/2009) trova riscontro in un trend mondiale in cui è stata l’informazione auto attivata tramite la rete a determinare la bassa adesione e a segnare per la prima volta un limite sia ai poteri della comunicazione verticale dei media ufficiali sia a programmi di sanità pubblica non basati sulla programmazione partecipata, su processi di trasparenza, inclusione, condivisione e quindi non pensati per creare senso e immaginario.

Messa a valore di vita e territori

da parte delle elites (1%!). . ..

….. da luogo a problemi di salute,

qualità della vita e degrado ambientale

comuni a molte/i (99% !). . . .

. . . soggettivandoli circa la necessità di

- attivarsi per combattere le esposizioni a rischi noti ed evitabili

- opporsi al degrado;

- condividere le soluzioni già disponibili per la crescita qualitativa del 99%

-sperimentare forme di gestione comune ( ad es. dei servizi di prevenzione ambientale)

“lacci e laccioli” con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, diviene sempre più irritante e sempre meno basata su conoscenze scientifiche aggiornate, un fatto cui faremo più avanti qualche cenno.

A3) Le valutazioni disponibili sui servizi di prevenzione ambientale.

Sanità pubblica ed epidemiologia sono con sempre maggiore evidenza nella morsa delle politiche pubbliche di servizio al privato; mentre i fattori di rischio si globalizzano gli apparati burocratici dei servizi di prevenzione ambientale restano collocati su una visione dei problemi “vecchio stile”. La separazione tra chi si dovrebbe occupare di effetti sulla salute dell'ambiente (Dipartimenti di prevenzione delle ASL) e chi si dovrebbe occupare di monitoraggi ambientali ( Agenzie regionali per l'ambiente), dopo quasi venti anni dalla sua introduzione (1996) evidenzia risultati catastrofici di cui Taranto e la Terra dei fuochi sono solo gli esempi più eclatanti e drammatici. Ambedue gli organismi lavorano con approcci “sinottico- razionali”, dove gli “esperti” scelgono priorità, metodi e target così come ne sono i valutatori unici, in totale separazione da sistemi di partecipazione relativi alla scelta delle priorità e valutazione dell'efficacia degli interventi.6 Gli esposti a rischio sono di norma interdetti dagli ambiti decisionali e valutativi (Romagnoli C., 2013) e non hanno voce:

Figura 6. L'interdizione degli esposti nei confronti delle decisioni che riguardano risorse da loro versate tramite le imposte e destinate a salvaguardarne ( in teoria) la salute

sicuramente sia a Taranto che in Campania esisteranno atti che dimostrano che gli obiettivi dei servizi di prevenzione ambientale sono stati raggiunti al 100%, concedendo così retribuzioni di risultato non simboliche. Tutto questo ha lo scopo di non disturbare le politiche “ pubbliche” di servizio al privato, i padrini politici che garantiscono la carriera dei “ dirigenti” e soprattutto i produttori di rischio, messi in condizione di autocontrollare in santa pace la propria attività, la madre di tutte le idiozie che partorisce continuamente misfatti ambientali grandi e piccoli. Per convincersi del modo in cui si lavora il mondo della prevenzione, e iniziare a scendere su fatti che interessano il territorio in cui lavoreremo, basta fare riferimento al “Profilo di salute” con cui la 6 Dato che nella contemporaneità le politiche pubbliche sono di servizio al privato, la terzietà del perfetto burocrate

weberiano non c'è più e al suo posto emerge un nuovo corposo “conflitto di interessi” per cui può accadere -ed accade - che nelle “Conferenze dei servizi” non solo, come dice il nome, gli esposti non sono presenti, ma non sono nemmeno rappresentati. Anche l'approccio basato sul coinvolgimento dei portatori di interesse se non se ne differenziano i ruoli (gli esposti danno le indicazioni sui propri bisogni e partecipano al processo di scelta delle priorità su cui impiegare le risorse disponibili ed a quello valutativo, i tecnici suggeriscono le soluzioni di efficacia nota, i produttori del rischio applicano in modo verificabile le indicazioni) da luogo a processi decisionali che finiscono inevitabilmente per tutelare i produttori di rischio e sfavorire gli esposti.

Cittadini e territori

Rappresentanza istituzionale

(che sostituisce i fini)

Fiscalità generale

Quota capitaria (1800 € circa pro capite all’anno)

Programmi di prevenzione ambientale ( ASL e ARPA):

1) Scelta priorità 2) Valutazione effetti

Interdizione

USLUmbria2 narra ai cittadini come vanno le cose senza fare alcun riferimento ai fattori di rischio ambientale. O alla Relazione 2013 dell'Osservatorio Provinciale su Salute e Ambiente: dove la buona notizia è che almeno almeno in provincia di Terni esiste una relazione su Salute e Ambiente mentre in quella di Perugia il problema non è stato nemmeno posto ( vedi allegato 1 per una analisi più estesa) mentre la cattiva notizia e che nelle prime pagine il lettore viene posto di fronte ad una matrice -che fonda l'impianto dell'intero lavoro - in cui la diossina viene citata solo per classificarla come sostanza a limitato impatto sulla salute e quindi da espungere da quelle di interesse per la trattazione, che così essendosi auto assolta si snoda, per oltre trecento pagine. Soluzioni disinvolte possibili solo in contesti in cui “gli esperti” “comandano comandando” direbbero in America latina. D'altra parte, quanto alla metodologia con cui scegliere le priorità e tenere conto dei bisogni cui dare risposta, alzino la mano gli esposti che sono stati invitati a partecipare ai tavoli di progettazione o quelli che hanno approvato la relazione! In termini generali l'effetto delle politiche “pubbliche” di servizio al privato comporta una pressione sinergica sul “comune” da parte di privato e apparati istituzionali, determinando la comparsa di un nuovo tipo di conflitto di interessi tra appartenenze istituzionali e tutela dei commons, il che a sua volta comporta per gli esposti la necessità di collocarsi su un terreno diverso dall'interesse privato e da quello di appartenenze istituzionali a lui funzionali, quello della gestione comune, nel caso di specie, dei servizi di prevenzione ambientale, un risultato che si può ottenere solo conquistando autonomia e indipendenza, un obiettivo cui l'Osservatorio può dare molto.

A4) Mandati necropolitici. Il ricongiungimento tra interessi privati e apparati istituzionali a loro rifunzionalizzati una volta esaurita la spinta del secolo breve, si esprime in produzioni normative che tendono a sancire la ritrovata alleanza e assumono sempre più un segno necropolitico. Se infatti l'art 32 della Costituzione tutela la salute e permette a settori della Magistratura di intraprendere azioni giudiziarie a tutela di salute e ambiente, tanto la legislazione approvata dagli esecutivi che le opere e le omissioni compiute negli ultimi decenni sono talora addirittura irridenti verso la salute degli esposti e l'ambiente. Assumono grande rilevanza in questa chiave di lettura:

la secretazione decisa nel 1997 dall'allora Ministro dell'Interno Napolitano circa le rivelazioni di pentiti della camorra sulla sinergia con settori industriali del Nord e Centro Italia per smaltire in molte regioni del Sud7 rifiuti e veleni, ha consentito che tale attività non venisse bloccata, ha impedito che partissero subito le indispensabili attività di bonifica e riduzione del danno, sottoponendo popolazioni e ambiente ad un processo di criminale avvelenamento di suolo, acqua, coltivazioni, allevamenti, nello stile necropolitico che Foucault ci ricorda essere proprio dei sovrani assoluti e ci porta a chiederci come un personaggio che si sia assunto tale responsabilità possa svolgere tuttora ruoli istituzionali!

la individuazione di almeno 44 siti in cui in 10% della popolazione italiana (senza dimenticare il diritto alla salute delle altre forme di vita) viene da anni esposto agli effetti -noti- di sostanze -note- per essere a vario titolo tossiche, cancerogene, mutagene, teratogene, epigenotossiche nonchè attive come interferenti endocrini non viene accompagnata da immediati ed adeguati stanziamenti per la riduzione del danno né per le bonifiche possibili (un campo tutto da esplorare quello di bonifiche capaci di restituire ai territori la precedente qualità ambientale una volta effettuati gli sversamenti): ci si limita a monitorare i danni che gli esposti subiscono sui loro corpi e sulla qualità delle loro vite, al massimo pubblicando i dati in caso di eccessi statisticamente significativi. Questo significa che gli esposti possono anche morire;

tralasciando per motivi di brevità espositiva le infinite nefandezze che avvalorano gli istinti 7 L'epidemiologa statunitense Devra Davis in “La guerra segreta contro il cancro” (Bompiani 2008) documenta lo

smaltimento di quantità enormi di rifiuti industriali tossici e nocivi lungo il Mississipi segnalando il razzismo di fondo delle elites che hanno scelto zone ad alta concentrazione di popolazioni di colore per questa attività criminale. Davis, conscia dei pericoli che tale tipo di smaltimento comporta, arriva a sostenere la necessità di garantire l'immunità a quanti si siano resi colpevoli di tale delitto, purché forniscano indicazioni precise su luoghi, natura e quantità delle sostanze smaltite illegalmente.

necropolitici delle elites finanziarie (normativa su Taranto, sfruttamento intensivo degli idrocarburi sui fondali marini tramite “fracking”, le frodi bypartisan tramite bonifiche sulla carta, la centralizzazione dei processi autorizzativi, la già citata interdizione degli esposti, ecc. ecc. ) merita una menzione particolare la scellerata operazione semantica con cui il Ministro per l'Ambiente Clini ha rinominato come Combustibili Solidi Secondari quella frazione dei rifiuti prima nota come CDR e destinata ad essere bruciata nei cementifici, annullando in tal modo le (poche) cautele imposte dalla normativa preesistente in tema di incenerimento dei rifiuti. Il Parlamento, collocandosi su livelli etici raccomandati dalle elites, ha approvato con accordo bypartisan.

5) Le nuove conoscenze su ambiente e salute ( epigenetica, interferenti endocrini, ecc.) a

fronte dell'empasse nelle politiche di valorizzazione del vivente

Se mettere a valore la vita degli umani tramite dispositivi di precarizzazione e indebitamento sembra essere per il momento una impresa che alle elites è riuscita, fino ad ora, tutto sommato bene8, non altrettanto bene sembra essere riuscita la messa a valore della vita in senso stretto, attraverso la privatizzazione delle conoscenze relative a geni, cellule staminali e neurotecnoscienze. Dopo anni di annunci di clamorose “scoperte scientifiche” tese a convincerci che genomica personale e cellule staminali avevano in mano la soluzione per test che predicono il rischio di ammalarsi e farmaci e trattamenti personalizzati capaci di guarire da cancri (per cui tutto sommato era poco importante se una persona veniva esposta ad un rischio, perchè l'effetto patogeno variava in base alle caratteristiche del suo specifico patrimonio cromosomico), malattie cronico

Figura 7: Inquinanti ambientali possono sregolare la funzione endocrina e alterare la funzione epigenetica che regola l'espressione del nostro patrimonio cromosomico

degenerative e traumatismi vari, gli scienziati diventati imprenditori di “start up” biotecnologiche (ed i politici che come Clinton e Blair hanno riempito di soldi pubblici il progetto Genoma e rafforzato quella narrazione) si trovano per le mani risultati a dir poco disarmanti: i geni presenti nel patrimonio cromosomico umano sono troppo pochi ( circa 20.000) per spiegare la nostra estrema variabilità biologica e fenotipica ( abbiamo il 50% dei geni in comune con .. una banana, mentre con lo scimpanzè condividiamo circa il 98% del patrimonio cromosomico) e troppi e tutti con un ruolo di per sé poco rilevante quando si considerano quelli implicati nelle patologie più diffuse. In 8 Susan George in “Come vincere la lotta di classe?” Bompiani 2013, documenta la felice situazione in cui versano

gli esponenti del capitalismo finanziario mondiale che, pur avendo responsabilità sostanziali nello scatenamento della crisi economico finanziaria che dal 2007 scuote il mondo, non solo non ne hanno pagato le conseguenze, ma sono riusciti a far stanziare dagli stati somme enormi per salvare le banche, continuando ad accumulare rendita attraverso gli stessi meccanismi finanziari e paradisi fiscali, arrivando addirittura ad inserire propri rappresentanti negli esecutivi di mezzo mondo e facendo approvare dai Parlamenti processi di privatizzazione che aumentano ulteriormente i loro profitti.

sostanza è venuto fuori che nei nostri 46 cromosomi c'è una sorta di repertorio delle componenti che potrebbero essere usate per “assemblare” un determinato individuo, un po' come un vocabolario contiene le parole che un poeta usa per comporre una poesia, ma, sembra, nulla di più. A decidere quale sarà la poesia o il fenotipo di quel particolare vivente, allo stato attuale delle conoscenze sembra essere invece l'epigenoma, cioè quella delicata e complessa parte del nucleo cellulare che avvolge i filamenti del DNA e che, a seconda degli stimoli ambientali cui è sottoposta, determina la espressione di una caratteristica funzionale a quel determinato ambiente, lasciando una impronta che, senza entrare a far parte del DNA, può esprimersi anche nella generazione successiva. Tutto da rifare quindi per gli scienziati la cui spinta alla conoscenza era determinata dal desiderio di “fare una vagonata di soldi”, una attitudine promossa dall'ondata neoliberista degli anni '80. In “ Geni, cellule e cervelli” Hilary Rose e Steven Rose9 documentano le difficoltà incontrate anche nei settori delle cellule staminali e delle neuroscienze, grazie alla complessità del vivente ed al suo inestricabile svilupparsi in stretta interazione con l'ambiente. Se tutto questo disarticola i sogni degli scienziati “egoisti”, ci sono per gli esposti alcune altre cattive notizie che possiamo sintetizzare cosi:a) gli inquinanti ambientali possono alterare la funzione epigenetica, soprattutto nei periodi dedicati della formazione di nuovi organismi, concorrendo anche a dosi molto piccole allo sviluppo di condizioni che predispongono a molte malattie cronico degenerative (non solo tumori!) che si esprimeranno nel corso della vita e nella generazione successiva;b) sempre gli inquinanti ambientali in utero possono mimare a dosi molto più basse di quelle

Figura 8. Inquinanti ambientali possono sregolare la funzione endocrina

“efficaci”

nell'adulto sano, il ruolo degli ormoni umani, fungendo da sregolatori dell'attività ormonale -o interferenti endocrini - con ciò orientando lo sviluppo corporeo sulla base di informazioni “ sbagliate” e determinando così una pletora di predisposizioni verso malattie cronico degenerative10 che si riveleranno nel corso della vita. Questa osservazione è stata possibile grazie alla intelligenza di gruppi di ricercatori attivi per lo più nella regione scandinava che, grazie ad un approccio osservazionale frutto di collaborazione multidisciplinari con biologi che hanno studiato gli effetti degli inquinanti ambientali ( in particolare degli inquinanti organici persistenti) sui sistemi endocrini dei vertebrati ( che sono sostanzialmente simili all'interno delle varie specie che appartengono a questo insieme biologico) hanno sulla scorta di questa ipotesi raccolto studi prodotti

9 Hilary Rose e Steven Rose ( 2013) “ Geni, cellule e cervelli. Speranze e delusioni della nuova biologia” Codice edizioni, Torino, pp 396.

10 OMS UNEP ( a cura di) 2013“State of the science of Endocrine Disrupting Chemicals - 2012” http://www.who.int/ceh/publications/endocrine/en/ .

non solo da medici ed epidemiologi, ma anche da biologi, veterinari ed esperti in scienze naturali che hanno rilevato e messo a confronto gli effetti nelle diverse specie, raccogliendo una grande mole di studi scientifici;c) la terza cattiva notizia riguarda il fatto che un indicatore di esito importante come la sopravvivenza relativa, nei pazienti affetti da tumori ad alta letalità ( pancreas, polmone, cervello, fegato, leucemie mieloidi acute) in un confronto tra dati forniti da registri tumori di vari paesi sembra evidenziare sopravvivenze tanto omogenee nelle diverse parti del mondo, quanto non statisticamente dissimili da quelle raggiunte alla metà degli anni '90 sempre con misure di popolazione, il che significa che gli avanzamenti nella ricerca di base, traslazionale ed applicata che pure hanno modificato non poco i trattamenti negli ultimi quindici anni non sono riusciti, per troppe forme tumorali, ad incrementare a livello di popolazione, la sopravvivenza in modo statisticamente significativo. Il combinato disposto delle empasse nelle speranze salvifiche risposte nella genomica personale, delle nuove conoscenze sul ruolo degli inquinanti ambientali su epigenoma e sregolazione delle funzioni endocrine e della difficoltà a garantire a livello di popolazione maggiori sopravvivenze a chi si ammala di tumori come quelli sopra ricordati, depone per una nuova, grande, decisiva centralità per le attività collettive di prevenzione primaria rivolte ai fattori di rischio ambientale, con un ruolo prevalente del principio di precauzione e la necessità di adottare quanto prima nuovi meccanismi regolatori che siano in linea con le nuove conoscenze scientifiche sopra richiamate.

Parte B) Proposte sulle finalità della funzione epidemiologica nell'Osservatorio indipendente Di seguito propongo una serie di finalità per la funzione epidemiologica dell'Osservatorio, sulla base degli elementi e dei fattori che sono stati illustrati nella sezione precedente in quanto: a) appropriati per descrivere le caratteristiche fondanti della contemporaneità;b) necessari per definire le coordinate generali che possono orientare correttamente le attività di prevenzione ed una funzione epidemiologica che sia utile per sottrarre vita, salute e ambiente dalla messa a valore da parte del biocapitalismo e soprattutto per attivare una discussione con esposti ed attivisti sociali; In questa direzione le proposte sviluppate sono volutamente formulate in modo da far emergere gli orientamenti di fondo che le reggono, piuttosto che diffondersi in specifiche tecniche poc comprensibili ai più; c) metodologicamente collocati all'interno di un processo aperto di gestione comune di salute e territorio.

Nel convegno di presentazione dell'Osservatorio, previsto per il 7 dicembre a Terni, tanto i presupposti che le finalità qui presentate andranno messe a critica e validate.

1) Promuovere la salute di chi è esposto a rischio ambientale e combattere i produttori di rischio

Dato che la neutralità non esiste e sono sempre i valori in cui gli umani credono ad orientarne scelte e comportamenti, la funzione epidemiologica deve essere a fianco di chi è esposto a rischio e noi faremo ricerche e svilupperemo saperi solo se potranno promuoverne la salute e abbattere le esposizioni. Oltre al fatto che anche noi siamo esposti, siamo motivati dal valore della condivisione dei saperi sociali per una crescita qualitativa, capace di attivare le intelligenze e le passioni necessarie per dare una prospettiva etica e di qualità alla vita nostra, a quella delle generazioni che verranno e anche delle altre specie che sono costrette a vivere con noi sulla terra.

Del pari dichiariamo che faremo tutto il necessario per privare le elites ed i produttori di rischio della possibilità di nuocerci, di mettere a valore le nostre vite, la nostra salute ed i nostri territori. Infine ricordiamo a chi lavora nei servizi di prevenzione ambientale ed a chi fa ricerca in questo

settore che gli unici fini legittimi per le loro attività derivano dalla effettiva capacità di dare risposte appropriate ai bisogni di salute di chi è esposto a rischio ambientale e consideriamo una provocazione il fatto che si continui ad operare a favore dei produttori di rischio con logiche ed approcci proprietari, perchè troppi danni ci hanno inflitto e forse intere generazioni dovranno soffrire per correggere i danni che le elites hanno fatto anche grazie alla loro collaborazione. E' casta quella parte della pubblica amministrazione che lavora per le elites e ne condivide i valori; nel costruire insieme la gestione comune dei servizi opereremo per dividere il grano dall'oglio.

2) Dare centralità alle misure di esposizione rispetto alle misure del danno sui nostri corpi

Vi sono già oggi molte conoscenze sui rischi derivanti da esposizione a determinate sostanze e cicli produttivi: queste conoscenze sono state prodotte, nella maggior parte dei casi “ grazie” alla osservazione dei danni cui andavano incontro i corpi e le vite di lavoratori che prendevano parte a produzione/ commercializzazione ed uso delle sostanze stesse, quando non si è trattato, come purtroppo è avvenuto ed avviene tuttora di corpi e vite di intere popolazioni civili, per non parlare dei danni inferti alle altre specie animali e vegetali, nonché all'intero ecosistema. In questo caso non ha alcun senso accettare ancora di essere esposti a queste sostanze a rischio noto e nel contempo accettare altre misurazioni epidemiologiche per dimostrare gli effetti sui nostri corpi di un rischio già noto, a meno di non pensare di essere speciali! Simili misure non sono etiche.

Questo avviene oggi per tutti noi nella vita di tutti i giorni: basti pensare che il diesel è un cancerogeno noto da molti anni, eppure continuiamo ad essere esposti agli effetti sulla salute di questa sostanza, sperando non si sa bene in che cosa. Questo avviene in tutti i siti inquinati ( in Italia riguardano almeno 6 milioni di persone) dove invece di attivare appropriate e tempestive misure di prevenzione gli esposti sono sottoposti ad ulteriori studi, per vedere se si ammalano o muoiono in modo statisticamente significativo, per essere esposti a sostanze e processi produttivi di cui è noto il rischio di produrre malattia e morte. Oppure, fatto un qualche tipo di bonifiche ( un capitolo di enorme complessità che qui non è possibile affrontare) vengono lasciati a vivere sul posto per vedere che cosa succede grazie alla gentile disponibilità dei loro corpi ad esprimere eventuali danni da mancato o parziale abbattimento del rischio!

Figura B.2) Dare centralità alle misure di esposizione rispetto alle misure del danno

sui nostri corpi

La strage di Taranto: Speranza di vita dal 1992 al 2009 nelle province della Puglia. Fonte

Istat.

•Secondo lo Studio Sentieri dell'Istituto Superiore di Sanità, in Italia ci sono 44 siti inquinati (da sostanze note per i loro effetti sulla salute) in cui vivono circa 6 milioni di persone.•Al momento le attività di bonifica sono sotto-finanziate o ignorate e ci si limita a studi epidemiologici per rilevare l'incidenza dei danni alla salute da esposizioni ambientali a rischi noti approfittando della gentile disponibilità dei corpi di esposti assoggettati al necropotere.

Questo avviene nel caso di processi di combustione come quelli che avvengono negli inceneritori, dove si espongono le popolazioni che risiedono negli zone di ricaduta e smaltimento di ceneri volanti e pesanti ( ed i territori in cui vivono!) a rischi per la salute e la qualità dell'ambiente già noti, perchè i produttori di merci non devono perdere competitività riconvertendo la produzione in modo da non produrre rifiuti, mentre i gestori dell'impianto non devono perdere l'opportunità di fare business bruciando rifiuti. Assurdità, crimini. Eppure accade che proprio agli esposti che vivono in una zona contaminata da sostanze a rischio noto, vengano offerti come soluzione avanzata, ulteriori studi epidemiologici su malattie e morti, attivazione di registri tumori, di registri delle malformazioni congenite per vedere se casomai i loro corpi producono malattie e morti così come hanno fatto prima ed altrove altri corpi in tutto e per tutto uguali. Corpi di esposti. L'unica iniziativa etica ed a cui cercheremo di dare il nostro contributo in un contesto del genere consiste:a) nel misurare le esposizioni complessivamente attive ( vedi punto successivo) sui nostri corpi....b) ….calcolando il carico chimico globale....c) …. e facendo in modo che queste esposizioni scompaiano …..d) ripristinando in primo luogo condizioni per una vita vissuta con “emissioni zero”. 3) Misurare e valorizzare il carico inquinante complessivo cui siamo esposti In laboratorio è possibile fare determinazioni analitiche separando una sostanza o un determinato tipo di energia dalle altre e misurarne la quantità presente in una data matrice o condizione (acqua di falda e/o di acquedotto, aria che respiriamo, cibo, radiazioni di vario spettro, sostanze che assorbiamo attraverso la pelle, ecc.): il referto dirà poi la sostanza x o y è sopra o sotto una soglia in qualche modo definita come livello legale “accettabile” di esposizione.

Ma nei

sistemi biologici vi è un complesso gioco di azioni ed interazioni sul cui funzionamento non esistono conoscenze definitive, ma ipotesi che basano la loro validità su una serie di osservazioni condotte all'interno di paradigmi molto sensibili ai valori di chi li ha formulati: in una ottica di riduzionismo meccanicista si può arrivare a pensare che in un sistema vivente una sostanza abbia solo un effetto e solo su un definito organo o componente cellulare; ipotesi simili sono sostenute con tenacia da persone il cui stipendio è pagato da qualcuno che produce queste sostanze ed ha interesse di continuare a farlo. In questi casi si arriva addirittura a sostenere che è corretto

Figura B.3) Misurare e valorizzare il carico inquinante complessivo cui siamo esposti

…..nelle cellule non esistono scatole che tengono separati gli effetti delle varie sostanze inquinanti per cui è una priorità misurare il carico chimico globale....

estrapolare alla popolazione le dosi massime ammissibili stabilite su adulti sani impiegati nei processi produttivi, popolazioni che come è noto sono molto selezionate e inadatte a fornire criteri che garantiscano organismi in formazione, bambini e la popolazione “ normale”. Dal punto di vista degli esposti i corpi non sono fatti da tanti compartimenti stagni in cui le sostanze restano separate: nelle nostre cellule, come dimostrano le nuove conoscenze scientifiche basate su epigenetica e interferenti endocrini gli effetti delle sostanze si sommano e sono molto diversi nella diverse fasi della vita, con una attenzione tutta particolare al periodo perinatale, quello in cui vengono programmati gran parte dei processi ormonali ed organici che porteranno al nostro sviluppo finchè non diventeremo adulti e poi vecchi. Questo comporta la necessità di misurare il carico chimico globale, sviluppando misure capaci di tenere conto, oltre ai picchi di un singolo inquinante, di tutte le sostanze chimiche e dell'energia che arriva attraverso esposizioni a inquinanti fisici ( date le interazioni note tra gli effetti delle varie fonti di energia sulla stabilità di alcune molecole e sulla attivazione, in determinate circostanze di specifici processi metabolici) che arriverà a contaminare un organismo in utero in quel determinato territorio per effetto combinato di assunzioni di inquinanti che derivano dall'acqua che beviamo, dall'aria che respiriamo, dal cibo che mangiamo, dalle radiazioni che colpiscono i nostri organi, ecc.

4) Supportare l'applicazione del principio di precauzione

Vi sono poi molte, moltissime sostanze che vengono messe in commercio senza conoscerne gli effetti su salute e ambiente cosi come nuovi processi produttivi investono i territori ( pensiamo alla sedicente green economy, il capitalismo verde, che sta riempiendo di impianti a biomasse e biogas i territori), perché i produttori sono stati liberati da lacci e laccioli ed ora possono autocertificare che nuove sostanze e cicli produttivi non creano rischi per gli altri. Questo trasforma il mondo in un enorme laboratorio di sperimentazione in vivo, in cui ancora una volta siamo noi, sono i nostri corpi e l'ambiente in cui viviamo a dover dare la prova della tossicità o dell'innocuità di questa o quella nuova sostanza, di questo o quel ciclo produttivo.

In questo caso qualcuno potrebbe affermare che gli studi

epidemiologici volti a dimostrare gli effetti sulla salute umana di sostanze e processi produttivi nuovi abbiano un senso, anche se questo qualcuno dovrebbe dimostrare il razionale scientifico che sottende la esposizione di tutti noi verso un rischio volutamente non definito perché i costi della sua definizione non devono compromettere la competitività del singolo produttore. In questo caso occorrerebbe che:a) osservatori indipendenti e esenti da conflitti di interessi ( cioè né le loro carriere né le loro

Figura B.4.1) Applicare il principio di precauzione

Forte appoggio al principio di precauzione si trova:in molte convenzioni internazionali in molti documenti dell’Unione EuropeaIn alcune leggi nazionali….

…..ma la sua applicazione concreta da parte degli stati e degli amministratori lascia molto a desiderare

• Troppo frequentemente, alcuni decisori pongono la questione dando spazio alla l’accuratezza nella caratterizzazione del rischio:– "Quanto rischio c’è?”– “Il rischio è significativo?”– “Quale è il livello di rischio

accettabile?" • Se si entra in questo dibattito si

abbandona la posizione più potente, che consiste nel chiedere se la sostanza e/o l’attività a rischio siano la soluzione obbligata o se ci siano alternative più sicure.

retribuzioni devono risentire di pressioni volte a garantire l'interesse di chi produce la sostanza o sponsorizza il nuovo ciclo produttivo) validino in un processo sperimentale aperto ad altri osservatori critici, gli effetti su salute ed ambiente;b) il principio di precauzione sia applicato di routine a quelle sostanze e processi produttivi che non forniscono ampie garanzie di salubrità e positivo impatto ambientale.

Anche se questo secondo caso non rientra nelle nostre “regole di ingaggio” occorre fare riferimento alla necessità di ridefinire i processi regolatori, oggi pensati globalmente per favorire le elites ed i produttori di rischio che sono l'1% della popolazione mondiale, e per lasciare ai corpi del 99% l'onere della prova. 5) Riprendere il controllo dei servizi di prevenzione ambientale con la gestione comune della sanità

Parallelamente occorre fare si che i servizi di prevenzione ambientale lavorino secondo una logica che li sottragga al possesso sostanziale delle burocrazie, il che può avvenire in molti modi, tra cui:a) dare alle comunità locali definite sulla base di criteri demografici, epidemiologici, socio economici e culturali il controllo sui fondi che finanziano i servizi di prevenzione (o i servizi socio sanitari complessivamente) prevedendo l'espressione obbligatoria di proposte e pareri:

sui programmi di attività annuali e poliennali in modi da orientare la scelta delle priorità e l'uso delle risorse destinate alla prevenzione collettiva in conformità con i bisogni degli esposti;

sugli impatti effettivi degli interventi di promozione della salute e di prevenzione collettiva attivati.

Software come “Airesis” ( che consente di far partecipare ai processi deliberativi un numero praticamente illimitato di esposti facendo si che “uno valga uno”) possono fin da ora garantire livelli di democraticità sconosciuti alla tumultuosa ma molto, molto selettiva democrazia assembleare.

b) dare alle comunità locali la possibilità di esprimere valutazioni orientative sui livelli di rischio cui sono esposte tramite tenciche e dispositivi di “osservazione indipendente” tramite l'attivazione di una rete di “cittadini sentinelle dell'ambiente” per attivare: controllo sulle procedure utilizzate dai servizi di prevenzione ambientale, per evitare che il valore preventivo degli interventi sia corrotto, facendo si che le misure vengano fatte in giorni o momenti o luoghi inadatti a rivelare alcunchè, pretendendo la trasparenza sui siti di prelievo di

Figura B.4.2) Servono processi regolatori che tutelino il periodo perinatale applicando il principio di precauzione.

determinate matrici al fine di poterne verificare, attraverso la collaborazione di esperti indipendenti, la appropriatezza, sottoponendo gli operatori ad una continua pressione ed attenzione in modo da condizionarne l'operato in modo da ridurre i falsi negativi; diffusione, controllo di qualità e di appropriatezza d'uso di misurazioni di vario tipo effettuabili da parte degli esposti: qui si può andare dalla semplice ( ma quanto efficace!) documentazione fotografica di uno episodio di inquinamento postata su facebook o inviata a siti indipendenti ( come quello dell'Osservatorio indipendente o di ISDEUmbria) in occasione di uno sversamento in un fiume, di ciminiere che improvvisamente di notte emettono fumi, cibi avariati venduti al supermercato, camion che entrano di notte in discariche autorizzate o meno, fusti dispersi in campagna o in cave abbandonate, ecc., fino alla gestione collettiva di reti di “ nasi elettronici” (http://www.youtube.com/watch?v=5EHyh3bPFds) capaci di misurare PM 10 e PM 2,5 in vicinanza di scuole, quartieri, insediamenti produttivi, ecc. trasmettendo i dati ad un portale dove tutti possono accedere; attivazione di una rete territoriale di “doctors for environment” ( vedi contributo del dr Gianni Vantaggi) : pensiamo in primo luogo ai medici del territorio (quindi a pediatri, medici di medicina generale, ecc) , ma anche biologi, chimici, veterinari, fisici, laureati in scienze naturali, geologi, ecc. con cui attivare sistemi di segnalazione precoce e di osservazione sia su eventi che riguardano salute e ambiente sia su eventi che riguardano gli ecosistemi ed in particolare i vertebrati che vivono nelle zone esposte all'inquinamento da inceneritori e quindi possono fornire, dato che condividono con noi umani un sistema endocrino sostanzialmente simile, alcuni effetti biologici che segnalano l'attività di sostanze inquinanti....

-

attivazione di iniziative volte a modificare il quadro normativo regionale sui servizi di prevenzione ambientale, riprendendo il controllo sui sistemi di finanziamento e attivando forme di gestione partecipata, così come avviene in Umbria con la raccolta di firme per uan legge di izniativa popolare volta a democratizzare il SSR (http://isdeumbria.wordpress.com/2013/10/05/proposta-di-legge/ )

L'importante è “fare comune” in modo intelligente e collettivo, controbilanciando fino ad annullarla, la attuale “dittatura” dei produttori di rischio e mantenendo i servizi sotto pressione. Su un altro piano vi è poi la necessità di combattere le elites, che non vanno lasciate libere di svolgere il loro ruolo necropolitico.

Figura B.5) Democratizzare il servizio sanitario e dare potere agli esposti (legge iniziativa popolare) Superare “l'interdizione degli esposti” attivando un sistema di finanziamento funzionale

alla gestione comune di salute e territorio in modo da:

- dare senso alla partecipazione collegandola al potere dei territori di scegliere le priorità su cui usare i finanziamenti per la prevenzione ambientale

- creare una base normativale per la attivazione di comitati partecipativi territoriali con ruoli definiti nella scelta delle priorità e nella valutazione dei benefici prodotti dagli interventi

- recuperare i servizi di prevenzione ambientale ad una dialettica con i territori

http://isdeumbria.wordpress.com/2013/10/05/proposta-di-legge/

REGIONE

Quota capitariapesata

assegnata al distretto

Almeno il 51 % ai servizi distrettuali ( da prom. salute a prevenzione, medicina generale, salute mentale, servizi sociali, cure intermedie, riabilitazione)

Global budget per:-ospedale di territorio-emergenza urgenza-alte specialità

Quota a mandato per funzioni appropriate per il livello centrale

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Allegato 1.ISDE Umbria

Note sulla Relazione 2012 dell’Osservatorio Provinciale“Ambiente e Salute” Provincia di Terni

Da un punto di vista generale il documento rappresenta un utile contributo per fornire, a chi sul territorio vive e lavora, elementi di riflessione e giudizio sulle relazioni tra ambiente e salute.

Tale chiave di lettura infatti, pur nella generale condivisione della sua importanza, raramente è oggetto di trattazioni unitarie, data la frammentazione delle competenze, una certa difficoltà a coordinare le attività tra i principali enti attivi in materia ( ARPA ASL) e la resistenza dei Dipartimenti di Prevenzione a fornire quelle valutazioni degli effetti sulla salute dei determinanti ambientali che pure per legge spetterebbe loro.

A tali preliminari considerazioni si aggiunge il fatto che una relazione su “Ambiente e salute” è disponibile nella sola provincia di Terni in quanto in quella di Perugia non esiste né un analogo Osservatorio né un documento equipollente prodotto dagli organismi “attivi” in materia.

Ciò premesso, si esprimono le seguenti osservazioni di metodo e su specifici argomenti trattati nella relazione, con il fine di contribuire al miglioramento della qualità della attività di osservazione svolta.

Aspetti di metodo

L’approccio metodologico basato sul modello DPSIR che concatena determinanti, pressioni, stato, impatti e risposte appare in grado di fornire una descrizione sintetica di quanto avviene nel complesso rapporto tra ambiente e salute. Nello specifico abbiamo osservato che:

6) Maggiore attenzione andrebbe fornita alla esplicitazione dei determinanti in termini di modello generale preso a riferimento;

7) Nel caso poi della assunzione dei risultati preliminari del progetto pilota europeo EBoDE appare metodologicamente debole la trasposizione alla provincia di Terni, che ha indubbiamente le sue specificità, dei nove “stressor” considerati, sia perché esistono elenchi ben più consistenti di sostanze dannose per la salute ( si pensi alle pubblicazioni IARC pure citate più volte nella relazione o a quelle OMS sugli ECDs) sia perché alcuni di questi stressor, come nel caso della diossina vengono espunti dai fattori soggetti ad analisi pur essendo la diossina classificata tra quelli con un impatto di media importanza sulla salute pubblica, mentre la valorizzazione delle incertezze che pendono sulla sua valutazione, prestano il fianco a numerose osservazioni critiche.

8) L’adattamento alle specifiche condizioni locali del modello generale di determinanti scelto, ove svolto dal solo livello tecnico dell’Osservatorio, presta il fianco a numerose critiche e non aggiunge trasparenza ad una materia in cui, invece, ce ne sarebbe molto bisogno. Da questo punto di vista potrebbe essere utile attivare opportune forme di partecipazione degli esposti al rischio, sia diretta che on line, nella specifica fase di scelta dei determinanti che, nel territorio della Provincia di Terni, andrebbero sottoposti a monitoraggio. L’attivazione di una consulta degli esposti, cosi come il coinvolgimento, in sede consultiva di esperti grezzi e della rete dei pls e mmg, potrebbe fornire eccellenti risultati:1. sia per la condivisione dei fattori di rischio da sottoporre a monitoraggio;2. sia per rendere effettivo il coinvolgimento della popolazione nelle fasi di intervento;3. sia nella fase di valutazione della risposta ( un aspetto importante su cui torneremo) e

dell’impatto, dove agli esposti spetta la parola molto più che ai produttori di rischio. L’attivazione di una simile “buona pratica” da parte dell’Osservatorio potrebbe svolgere una funzione di stimolo nei confronti di ARPA e Dipartimento di prevenzione, essendo ambedue dediti, in modo del tutto criticabile, alla pratica del tecnicismo più puro nelle tre fasi sopra richiamate. Un tecnicismo che, è bene ricordarlo può produrre tragiche omissioni, come la vicenda di Taranto, tra le tante, dimostra e che comporta una sostanziale “interdizione” degli esposti (figura 6) nella utilizzazione della parte di quota capitaria dedicata alla prevenzione, sulla cui utilizzazione non è affatto chiaro perché essi non possano avere diritto di parola.

9) Particolare attenzione andrebbe riservata anche alla descrizione delle Risposte:1. in primo luogo dichiarando il periodo temporale di osservazione cui vengono riferite le

risposte attivate, in modo da evitare di riportare cose avvenute in altri periodi temporali pur di scrivere qualcosa. Nel caso della Relazione 2012 non sempre le risposte di riferiscono all’anno 2010.

2. In secondo luogo sarebbe importante, anche per aiutare il lettore, data la complessità dell’opera, dare un risalto grafico particolare, alle azioni di risposta avvenute nel periodo osservato

3. In terzo luogo, se l’Osservatorio non può certo andare oltre una funzione descrittiva, appare evidente che la sola evocazione della intersettorialità non può essere efficace a farla avvenire. In questa direzione sarebbe importante attivare uno studio sulle buone pratiche esistenti altrove in modo da individuare strumenti di programmazione partecipata intersettoriale in grado di:1. raggiungere gli obiettivi di salute individuati d’intesa con gli esposti;2. di rappresentare per le amministrazioni competenti e per i produttori di rischio validi

riferimenti;3. di rendere possibile, in primo luogo agli esposti e poi ai lettori della relazione, una

comprensione organica delle risposte messe in campo, delle carenze rilevate, dei ritardi riscontrati e delle nuove priorità che così si vengono a determinare.

10) Infine in generale sarebbe interessante mettere a confronto la struttura della Relazione e gli approcci in essa sviluppati con quella di documenti analoghi sviluppati altrove, al fine di individuare ulteriori possibili aree di miglioramento.

2) Aspetti specifici relativi alla trattazione di singole tematiche

Colpisce la carenza di misurazioni sulle attività degli inceneritori, che non vengono presi in esame ne in sede di analisi della qualità dell’aria, né nella successiva trattazione dedicata alla gestione dei rifiuti. L’omissione andrebbe superata già nella edizione attuale, anche perché il lettore, stimolato dalla affermazione riportata nella sintesi iniziale “ad una seria ed efficace raccolta differenziata dei rifiuti, che rifletterebbe i suoi benefici nel minor impatto generato dalla raccolta in discarica nel minor impatto sulla qualità dell’aria e infine, ma non meno importante nel più alto impatto sulla qualità sociale della vita cittadina”. (pag 7), resta deluso

constatando che poi il tema non viene non solo trattato, ma nemmeno accennato.

Qui si ricorda che lo Studio Moniter ha evidenziato un eccesso di parti pretermine nelle gestanti che risedevano nell’areale di distribuzione degli inquinanti prodotti dall’inceneritore, il che rende necessario sia trattare l’argomento che rilevare sia la ricaduta delle sostanze inquinanti presenti sia nelle ceneri volanti che in quella pesanti, oltre a rilevare l’indicatore in questione

nella sezione sui incidenza e mortalità dei Tumori, sarebbe bene ricordare al lettore che questo tipo di patologie ha tempi di sviluppo del tutto peculiari, che vedono passare, per la maggior parte di essi, decenni tra le esposizioni e le manifestazioni cliniche. E’ del tutto ragionevole assumere che eccessi di incidenza e di mortalità, ove sia possibile ricondurli a specifiche esposizioni (cosa che può avvenire solo con studi causali e non con studi di epidemiologia descrittiva) testimonino epidemie di esposizioni avvenute in passato, mentre un quadro epidemiologico del tutto compatibile con i valori medi rilevati dai vari registri tumori può non dire nulla su una “epidemia” di esposizioni a cancerogeni in atto. Se questo è sicuramente chiaro all’Osservatorio che appunto assegna particolare valore alla misurazione delle esposizioni, non sempre può risultare chiaro al lettore né tantomeno all’amministratore, questo ultimo spesso attento a cercare negli eccessi di incidenza e/o di mortalità relazioni causali tra danni alla salute ed esposizioni attualmente in essere. In questo modo si accetta di lasciare agli esposti l’onere della prova, osservando nel tempo lo sviluppo di malattie tumorali nelle loro comunità anche quando si è consci che particolari installazioni produttive disseminano sul territorio sostanze note per l’effetto cancerogeno, un comportamento eticamente inaccettabile, dato che a sostanza ad effetto cancerogeno noto ed evitabile deve corrispondere solo l’immediata rimozione della sostanza.

Si concorda sulla necessità di attivare studi ad hoc per alcune sedi, tra cui i linfomi non Hodgking nei maschi.

Maggiore attenzione andrebbe poi dedicata a indicatori di esposizione globale ( es. PM 10, 2,5, 0,5) che possono rappresentare un proxi dell'andamento delle esposizioni complessive, almeno di quelle assunte per via respiratoria, anche se in questo settore gli studi sulla funzione di stimolanti endocrini svolta da inquinanti assorbiti nel periodo fetale stanno rilevando la possibilità di avere effetti nell’età adulta con lo sviluppo di patologie endocrino dipendenti.