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1.
Cronistoria
1.1 Le bombe
Madrid, 11 marzo 2004: sembra un giovedì come tanti altri e, a dispetto di un
dibattito politico sempre più acceso e che si prepara a volgere al termine, la città si
sveglia come ogni giorno alle prime luci dell’alba, ignara di quello che succederà
nel giro di pochi minuti.
Alcalá de Henares è uno dei tanti municipi della cerchia urbana di Madrid:
con più precisione, appartiene alla periferia occidentale e la linea ferroviaria che la
collega con il centro della città trasporta giornalmente circa 216.000 passeggeri,
raccolti attraverso una fitta rete di stazioni. Il servizio di Cercanías della RENFE1,
le ferrovie statali spagnole, garantisce ogni giorno efficienza e puntualità ai tanti
pendolari che devono raggiungere i propri posti di lavoro o di studio: in ogni
treno, nelle ore di massima affluenza, possono viaggiare fino a 700 persone e la
frequenza delle partenze in tale fascia oraria è inferiore ai tre minuti.2
In un breve lasso di tempo compreso fra le 7,35 e le 7,45 di giovedì 11
marzo 2004 vengono fatte esplodere, quasi simultaneamente, dieci bombe
collocate su quattro treni appartenenti al corridoio ferroviario che collega
Guadalajara con la stazione di Atocha. Si tratta della linea C-2 delle Cercanías
regionali e uno dei suoi snodi principali è proprio Alcalá de Henares: una
fermata, dunque, che ogni treno dei quattro citati ha già effettuato.
1 RENFE (REd Nacional de los Ferrocarriles Españoles): le ferrovie statali spagnole, che nelle grande città offrono un servizio di collegamento con le periferie, chiamato Cercanías, traducibile in italiano con “vicinanze”.2 Cfr. El País, 12 marzo 2004.
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Alle 7,40 vengono fatte esplodere le prime tre bombe, collocate all’interno
dei cestini della spazzatura del treno 21431, che aveva appena effettuato
l’ingresso in uno degli snodi principali della capitale. La stazione di Atocha,
infatti, situata nel pieno centro della città a pochi passi dal museo del Prado e dalla
sede del Parlamento, raccoglie gli arrivi da tutte le città della Spagna e,
soprattutto, è il punto in cui confluiscono i servizi dalle periferie, ospitando anche
due fermate della metropolitana che la collegano con il resto delle destinazioni in
città. Nei cinque minuti successivi si verificano, quasi contemporaneamente, altre
tre deflagrazioni che distruggono altrettanti treni.
Nelle vicinanze della calle Téllez, nella zona residenziale del distretto del
Retiro e distante circa 500 metri dalla stazione di Atocha, esplodono quattro zaini-
bomba collocati su tre vagoni del treno 17305, diretto alla stazione di Chamartín.
Un ritardo di pochi minuti fea sì che il treno non salti in aria all’interno della
stazione di Atocha, in cui sarebbe dovuto arrivare all’ora programmata dal timer
collegato alle bombe: se fosse stato puntuale, come ogni giorno, il numero delle
vittime sarebbe stato molto più alto. (García-Abadillo, 2004: 24)
A poco più di un chilometro da questa via, presso uno dei quartieri più
umili di Madrid, altre due bombe fanno saltare in aria il treno a due piani 21435,
appena partito dalla stazione de El Pozo-Entrevias e diretto a Madrid. Gli zaini,
stavolta, erano nascosti al primo piano e nel cestino della scala che porta al
secondo.
Il decimo ordigno, quello di maggior potenza, scoppia a qualche centinaio
di metri di distanza, nel cuore di un altro quartiere operaio di Madrid: si tratta di
un altro treno a due piani, il 21713, fermo all’interno della stazione di Santa
Eugenia, che esplode sempre alla stessa ora. 3
La notizia fa immediatamente il giro del mondo, mentre la città entra nel
panico. Nonostante i tempestivi collegamenti televisivi e radiofonici e gli
aggiornamenti provenienti dai siti dei principali quotidiani spagnoli, capacitarsi
dell’entità dell’accaduto appare, inizialmente, molto complicato. Le informazioni
3 Cfr. anche El País, 12 marzo 2004 e lanci agencia EFE.
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arrivano in maniera confusa e frammentaria; si stenta quasi a credere che possano
essersi verificati quattro attentati nello stesso istante e nel cuore della capitale di
Spagna.
Un primo bilancio, stilato alle 17.30, parla di 190 morti e più di 1400
feriti: si tratta del peggior attacco terroristico avvenuto in questo paese. I cadaveri
iniziano ad essere trasportati presso un padiglione del Recinto Ferial Juan Carlos
I, uno spazio di parchi ed edifici che ospitano uffici, situato al nord della capitale,
mentre tutti gli ospedali della città riescono a contenere a fatica l’emergenza,
accogliendo i feriti che continuano ad arrivare senza sosta. La Audencia Nacional,
incaricata delle investigazioni, attiva il Protocollo per le Grandi Catastrofi, che
permette di accelerare le autopsie quando le cause dei decessi sono
incontrovertibili, come in questo caso. Ottanta giudici procedono alle
identificazioni dei cadaveri, anche attraverso le prove del DNA: alle ore 19 solo
40 dei 190 corpi hanno un nome e un cognome.
Le linee telefoniche vengono immediatamente intasate, il traffico di
superficie è allo sbando e numerose linee della metropolitana vengono chiuse. La
RENFE sospende tutti i treni, compresi quelli locali e regionali; coloro che non
sono ancora riusciti a raggiungere i propri posti di lavoro prendono d’assalto i taxi
e gli autobus. Le università e le scuole decidono di sospendere le attività
didattiche, mentre davanti alle unità di emergenza sanitaria si creano lunghe per
donare il sangue.4
Il Partito Popolare decide, intorno alle 8.40 del mattino, di sospendere tutti
gli atti previsti per le ultime due giornate di campagna elettorale; nel giro di pochi
minuti seguono le dichiarazioni ufficiali di sospensione della campagna da parte
dei segretari degli altri partiti politici. (del Burgo, 2006: 227)
Dalle prime ore del pomeriggio in molte città del paese si creano delle
concentrazioni spontanee di condanna e lo slogan che compare più
frequentemente negli striscioni che la gente tiene ben alti nelle piazze, è “ETA
NO”.5
4 Cfr. El País, 12 marzo 2004.5 Cfr. El País, 12 marzo 2004.
7
Intorno alle 20 il ministro degli Interni, Ángel Acebes, comunica la notizia
del ritrovamento, avvenuto intorno alle 12, di un furgone proprio nei pressi della
stazione di Alcalá de Henares,. All’interno della vettura, rubata a Madrid il 28
febbraio 2004, la polizia rinviene sette detonatori e delle cassette su cui pare siano
incisi dei versetti coranici.6
1.2 Le manifestazioni
Dopo la decisione di sospendere la campagna elettorale, il Governo raggiunge un
accordo con il resto dei partiti politici: viene immediatamente indetta una grande
manifestazione in moltissime città della Spagna per il giorno successivo, venerdì
12 marzo 2004, alle ore 19. Tutta la nazione, dunque, viene chiamata a scendere
in piazza per manifestare il proprio sdegno e la propria solidarietà, unita nel
difendere uno slogan comune scelto dal Governo: con las víctimas, con la
Constitución, por la derrota del terrorismo7.
Più che un corteo, quello di Madrid si trasforma subito in una gigantesca
concentrazione: secondo la Polizia Municipale sono più di due milioni le persone
che hanno raggiunto la piazza di Cibeles, scelta come luogo di partenza del
corteo.8 La quantità impressionante di presenti, le misure di sicurezza e un
violento acquazzone che ha colpito senza tregua la città dal pomeriggio, non
hanno permesso molti movimenti: le immagini che scorrono in diretta su
numerosi canali televisivi mostrano, infatti, un fiume umano che procede molto
lentamente, alla testa del quale si può riconoscere chiaramente il presidente del
Governo José María Aznar, affiancato dal Principe Felipe e le due Infante, che
partecipano per la prima volta ad una manifestazione. Tra i presenti delle prime
file si vedono anche i due ex presidenti del Governo, Leopoldo Calvo Stelo e
Felipe González, e una nutrita rappresentanza internazionale: Romano Prodi, in
6 Cfr. El País, 12 marzo 2004.7 In italiano: con le vittime, con la Costituzione, per la sconfitta del terrorismo.8 Cfr. El País, 13 marzo 2004.
8
qualità di Presidente della Commissione Europea; Javier Solana, rappresentante
UE per la Politica Estera; Pat Cox, presidente del Parlamento Europeo; i primi
ministri Jean Pierre Raffarin, Silvio Berlusconi e José Manuel Durão Barroso,
rispettivamente capi dei governi francese, italiano e portoghese. Partecipano,
inoltre, anche il candidato del Partito Popolare, nonché successore di Aznar,
Mariano Rajoy, il candidato del Partito Socialista José Luís Rodriguez Zapatero e
il leader della terza forza politica del paese, Izquierda Unida, Gaspar Llamazares.
Il copione è lo stesso in moltissime città spagnole: a Barcellona si
riuniscono un milione di persone e alla testa del corteo si riconosce il presidente
della Generalitat9 Pasqual Maragall; la città di Siviglia, in cui confluiscono
650.000 persone, è costretta ad interrompere la manifestazione per ragioni di
sicurezza; a Bilbao i partecipanti arrivano ad essere quasi 300.000, guidati dalla
prima fila dal lehendakari10 Juan José Ibarretxe.11
Tuttavia, quella ufficiale non è l’unica manifestazione che si verifica nella
capitale in quei giorni: dopo le concentrazioni spontanee ed immediate del
giovedì, avvenute poche ore dopo l’esplosione delle bombe e il corteo ufficiale del
venerdì, i cittadini madrileni continuano a protestare, per le strade e nelle piazze.
La giornata di sabato 13 marzo avrebbe dovuto trascorrere nella
tranquillità più assoluta, essendo la cosiddetta “giornata di riflessione” che
precede la domenica elettorale, ma la popolazione si rivela molto inquieta: sono
già passati due giorni dal terribile attentato e ancora non è chiaro chi si nasconda
dietro alle bombe e ai morti. Fin dalle prime ore del giovedì in molti si sono
prodigati ad accusare ETA e, in un paese abituato a lottare contro un terrorismo
interno di tipo nazionalista, ciò appare abbastanza plausibile, sebbene il modus
operandi non sembri esattamente quello abitualmente utilizzato
dall’organizzazione terroristica basca. Tuttavia, il ritrovamento del furgone con la
cassetta di versi coranici e le rivendicazioni che arrivano da alcuni giornali esteri,
9 La Catalogna, così come tutte le altre regioni autonome spagnole, possiede un Governo e un Parlamento. Quest’ultimo, nella lingua catalana, viene chiamato Generalitat.10 Nella lingua basca è il nome con cui viene designato il presidente del Parlamento della regione autonoma del Paese Basco spagnolo.11 Cfr. El País, 13 marzo 2004.
9
fanno pensare ad un’altra matrice: ben presto, infatti, si affaccia l’ipotesi che
dietro alle bombe di Madrid possa esserci Al Qaeda e, se così fosse, questo
cambierebbe le carte in tavola, soprattutto in vista delle elezioni ormai prossime.
I cittadini non sono soddisfatti delle informazioni fornite dalle fonti
governative ufficiali: sanno che l’identità dei responsabili rappresenta un forte
significato politico e hanno capito che la maggioranza al potere non si rassegnerà
facilmente alla tesi islamica. Durante la manifestazione ufficiale del venerdì
iniziano a circolare le prime accuse verso la manipolazione informativa da parte
del PP, ma è il sabato la giornata in cui le proteste aumentano e diventano
significative: molti cittadini si danno appuntamento, fin dalle prime ore del
pomeriggio, davanti alla sede madrilena del Partito Popolare, e a quanto pare tale
concentrazione viene convocata attraverso una catena di messaggi ai telefoni
cellulari e di e-mail. Un passaparola che nel giro di poche ore riesce a raccogliere
quasi 5000 persone (3000, secondo la polizia cittadina), che provano ad alzare la
voce affinché qualcuno dica finalmente la verità sui 191 morti di Madrid.12
In Spagna, così come in Italia ed in molti altri paesi, la giornata di
riflessione che precede le elezioni non prevede che si verifichino atti di campagna
elettorale o manifestazioni di tipo politico; ciononostante a Madrid, e in molte
altre città spagnole, le proteste per la gestione informativa del governo vanno
avanti per tutto il pomeriggio e si spengono solo a notte fonda. Le sedi del Partito
Popolare, a Madrid come a Barcellona, e persino a Palma de Mallorca, vengono
presidiate da cartelli e cori, la maggior parte dei quali reclama la verità sugli
attentati. Gli slogan più comuni, scritti negli striscioni e gridati a gran voce, sono,
per esempio: “Prima di votare vogliamo sapere la verità”, “Bugiardi, non si gioca
con i morti”, o anche “Il popolo non crede alle bugie del PP”.13
Mariano Rajoy, il candidato del Partito Popolare, condanna le
manifestazioni avvenute davanti alle sedi del suo partito con una dichiarazione
ufficiale alla stampa intorno alle 21, definendole gravemente antidemocratiche e
pericolose. Pur negandosi alle domande dei giornalisti, chiede pubblicamente a 12 Cfr. El País, 14 marzo 2004.13 Cit e trad. da El País, 14 marzo 2004.
10
coloro che hanno illegalmente convocato queste concentrazioni di porre fine a
questi atti antidemocratici e fa sapere che il PP ha già sporto denuncia presso la
Giunta Elettorale Centrale14.
Le proteste non si limitano alle concentrazioni davanti alle sedi del PP, ma
continuano in maniera spontanea, per strada. Nella piazza principale di Madrid, la
Puerta del Sol, confluiscono molte delle persone che dalle 22 hanno iniziato ad
affacciarsi alle finestre e ai balconi di alcune vie del centro, per una dare vita ad
una particolare forma di protesta popolare chiamata cacerolada. Si tratta di
manifestazioni spontanee, molto comuni in Sudamerica e, in particolare, negli
stati che hanno subito una dittatura, attuate per esprimere il malcontento contro
una decisione politica o contro il governo e che si caratterizzano per coinvolgere
interi quartieri. Il nome viene dalla cacerola, che significa “pentola”: è
esattamente quello che si usa per questa protesta, insieme a mestoli, padelle e
qualsiasi oggetto che possa aiutare a fare rumore e a coinvolgere altre persone ad
unirsi alla protesta.
Il 13 di marzo 2004 molte vie di un quartiere del centro di Madrid,
Lavapiés, vengono animate per qualche ora da incessanti colpi contro pentole e
padelle: nessun coro, nessun grido. Solo rumori assordanti. Il giorno dopo si
scoprirà che gli attentati erano stati preparati proprio in uno dei tanti call-center
che si trovano in questo quartiere, una zona multi-etnica con un’altissima
concentrazione di immigrazione araba.
1.3 Le rivendicazioni
Uno dei primi politici a presentarsi davanti alla stampa, subito dopo gli attentati, è
Juan José Ibarretxe, il presidente del parlamento Basco. La sua dichiarazione,
14 Cfr. El País, 14 marzo 2004.
11
che arriva intorno alle 9.30 dell’11 marzo, esprime una dura condanna verso ETA,
dando per scontata la responsabilità dell’organizzazione terroristica.
Esattamente un’ora dopo arriva la prima smentita: è Arnaldo Otegi a
parlare, storico portavoce di quello che un tempo era il braccio politico di ETA,
cioè la coalizione Herri Batasuna, dichiarata illegale dopo l’approvazione di un
decreto legge nell’estate del 2002 (la Ley Orgánica de Partidos Políticos).15
Otegi comparirà alle 13 in un hotel di San Sebastián proprio per chiarire la
propria posizione: pur negandosi a rispondere alle domande dei giornalisti,
afferma che la sinistra radicale rifiuta e condanna nella maniera più assolta
l’azione terrorista di Madrid, esprimendo piena solidarietà alle famiglie delle
vittime e ai lavoratori coinvolti nella tragedia. Egli torna a ripetere, dunque, che
ETA non ha nessuna responsabilità negli attentati né per gli obiettivi, né per il
modus operandi, che non ha mai colpito la popolazione civile in maniera così
indiscriminata e senza dare nessun avviso; avanza, inoltre, l’ipotesi di un possibile
coinvolgimento di gruppi della resistenza araba, visto l’appoggio da parte del
governo spagnolo alla guerra in Iraq.16
In seguito, verrà rinvenuto il furgone presso la stazione di Alcalá de
Henares, contenente esplosivo e incisioni di versi del Corano, sebbene nel
frattempo le fonti ufficiali continuino ad indicare ETA come principale
responsabile della strage.
Sempre nella giornata di giovedì 11 marzo, intorno alle 21, arriva la
notizia che un giornale arabo stampato a Londra, il Al Qods Al Arabi, ha appena
ricevuto una lettera di rivendicazione da parte di un gruppo islamico legato ad Al
Qaeda. Si tratta di una e-mail firmata dalle brigate di Abu Hafs Al Masri, una
formazione paramilitare fondamentalista di matrice sannita, in cui si legge:
“Siamo riusciti ad infiltrarci nel cuore dell’Europa delle crociate e colpire una
delle basi dell’alleanza delle crociate, […] Aznar, dov’è l’America? Chi ti
proteggerà da noi? La Gran Bretagna, il Giappone, l’Italia e tutti gli altri?”.17
15 Cfr. Alfonso Botti, “La questione basca dalle origini allo scioglimento di Batasuna”, Paravia Bruno Mondadori (2003).16 Cfr. El País, 12 marzo 2004.17 Cit. e trad da El País, 13 marzo 2004.
12
Si hanno ben poche informazioni di questo gruppo: hanno rivendicato la
strage nella sede delle Nazioni Unite a Bagdad del 19 agosto 2003 e gli attentati
del 15 novembre di quello stesso anno alle sinagoghe di Istabul; si sa, inoltre, che
“Abu Hafs Al Masri” è il nome di battaglia dell’egiziano Mohammed Atef, caduto
nei combattimenti dell’autunno del 2001 in Afghanistan, proprio nel momento in
cui gli archivi di intelligence USA lo indicavano come uno dei massimi dirigenti
militari di Al Qaeda. Tuttavia, secondo le prime notizie che arrivano, questa
brigata avrebbe utilizzato lo stesso quotidiano per le rivendicazioni, rivelatesi poi
infondate, di moltissimi attentati: si attribuirono, per esempio, la paternità del
black-out di Washington dell’agosto precedente, una notizia smentita in fretta e
che risultò essere una fandonia.
Tale precedente ed un’ulteriore rivendicazione, arrivata da Dubai, da parte
di un’organizzazione sconosciuta -i Leoni di Al-Mufridon- hanno contribuito alla
confusione della cittadinanza in merito alla paternità del massacro di Madrid,
incoraggiando l’iniziale accusa verso ETA.18
Alle 18.30 del 12 marzo, venerdì, il quotidiano basco Gara riceve una
telefonata da parte di un anonimo che dichiara di parlare in nome di ETA. Il
messaggio è diretto al popolo basco, “a tutta la Euskal Herria”19, ed afferma
chiaramente che ETA non è in nessun modo coinvolta negli attentati.
Dieci minuti dopo, il ministro degli Interni Ángel Acebes risponde con
gran scetticismo “Non ci crediamo”.20
Intorno alle 19,40 di sabato 13 marzo il centralino del canale televisivo
regionale Telemadrid riceve una telefonata anonima da una voce giovane e con
accento arabo che riferisce dell’esistenza di un nastro video depositato in un
cestino della spazzatura situato nei pressi della Moschea di Madrid. La polizia
ritrova nel luogo indicato la cassetta, che contiene la rivendicazione video in arabo
degli attentati, da parte di un portavoce militare di Al Qaeda in Europa, tale Abu
Dujan Al Afgan, il quale afferma che le bombe dell’11 marzo non sono altro che
18 Cfr. El País, 13 marzo 2004.19 Nella lingua basca, significa letteralmente “Paese Basco”.20 Cfr. El País, 13 marzo 2004.
13
la risposta alla collaborazione della Spagna nella guerra del criminale Bush e dei
suoi alleati.21
Nella stessa giornata di sabato, poco più tardi, viene comunicata la notizia
dell’arresto di tre marocchini e due indiani, portato a termine grazie al
ritrovamento, avvenuto lo stesso giorno degli attentati presso la stazione de El
Pozo del Tío Raimundo, di uno zaino che conteneva una bomba non esplosa, fra le
13 collocate sui quattro treni. L’analisi di questo ordigno ha fatto sì che si
scoprisse il congegno responsabile delle esplosioni simultanee: un temporizzatore
collegato ad un telefono cellulare. Gli individui arrestati sembrano essere legati ad
uno dei tanti negozi di telefonia e call-center che si trovano nel quartiere
madrileno di Lavapiés, nel quale sarebbe stata acquistata la scheda SIM
incriminata.22
1.4 La giornata elettorale
Gli attentati dell’11 marzo hanno interrotto bruscamente la campagna elettorale,
iniziata con l’annuncio da parte di ETA di una tregua per la sola comunità
autonoma di Catalogna23, e che ha visto pochissimi momenti di dibattito diretto tra
i due leader candidati alla carica di primo ministro.
Una settimana prima delle elezioni i sondaggi politici prevedevano una
maggioranza notevole a favore del Partito Popolare, nonostante il leggero
aumento del PSOE rispetto ai mesi precedenti. I giornali parlano di circa due
milioni di nuovi elettori, rappresentati dai giovani che hanno appena raggiunto la
maggiore età e che votano per la prima volta: questo gruppo potrebbe decidere le
sorti di una sfida che si gioca, davvero, sul filo del rasoio, in una situazione già
segnata dalla commozione legata alla causa della strage e da una notevole
confusione a livello informativo.24
21 Cfr. El País, 15 marzo 2004.22 Cfr. El País, 14 marzo 2004.23 Per maggiori informazioni sulla vicenda di Carod-Rovira cfr. cap. 3, pp.75-76.24 Cfr. El País, 14 marzo 2004.
14
Juan José Ibarretxe, il presidente del parlamento basco, ha già espresso il
proprio appello a non strumentalizzare in maniera politica i tragici fatti di Madrid
in una delle prime dichiarazioni rilasciate nelle ore immediatamente successive
agli attentati: partendo dal presupposto che ETA è certamente colpevole, le fonti
ufficiali basche si affrettano, dunque, a proteggere i risultati politici ottenuti fino a
quel momento, slegandosi chiaramente dall’appoggiare l’organizzazione
terroristica. Anche i socialisti affermano, fin dal principio, che i morti e i feriti di
Madrid dovrebbero spingere ancora di più gli elettori ad andare a votare,
chiedendo alla nazione di unirsi contro il terrore e a contrapporre ad esso una
risposta democratica. Infine, Mariano Rajoy, candidato del Partito Popolare alla
presidenza del governo, si dichiara convinto che i terroristi non decideranno
l’opinione dei cittadini spagnoli e si augura che le bombe non influenzino nessun
voto, definendosi il primo interessato a chiarire la paternità degli attentati.25
I risultati delle urne parlano chiaro: al Congresso dei Depuatati il Partito
Socialista guadagna 164 seggi, mentre i Popolari ne conquistano 148. Ben 10
vanno a Esquerra Republicana de Catalunya, il partito indipendentista catalano.
Al Senato il PP riesce a mantenere la maggioranza, pur perdendo numerosi seggi
rispetto alle elezioni precedenti: il PSOE è rappresentato da 81 senatori, mentre i
Popolari raggiungono quota 102. Tuttavia, la maggioranza guadagnata dal PP al
Senato non è così rilevante ai fini della governabilità: in Spagna, infatti, il peso
del Senato è inferiore a quello del Congreso e, di fatto, la maggioranza al
Parlamento garantisce al Governo la possibilità di approvare leggi e
provvedimenti.26
José Luís Rodriguez Zapatero, in qualità di leader del partito che ha
ottenuto la maggioranza dei voti, diventa capo del governo spagnolo. Come primo
commento alla vittoria, afferma che in nessun modo l’elettorato può essere stato
influenzato dall’11-M, ma che esso ha semplicemente dimostrato la volontà di un
cambiamento politico; si affretta a dichiarare, inoltre, che le truppe spagnole 25 Cfr. El País, 12 marzo 2004.26 Dati reperibili in www.mir.es, sito ufficiale del Ministerio del Interior.
15
presenti in Iraq torneranno presto a casa. Durante la conferenza stampa, a cui
partecipano qualcosa come 150 testate nazionali e straniere, arriva la domanda che
tutti aspettano e temono: la vittoria di Zapatero rappresenta una vittoria del
terrorismo? Il leader del PSOE non si scompone e risponde in tono duro che “non
bisogna mancare di rispetto ai cittadini, soprattutto quando si è verificata
un’affluenza alle urne del 77%”. Aggiunge, inoltre, che gli spagnoli sono sempre
riusciti a dimostrare una gran maturità, da quando si sono liberati della dittatura di
Franco.27
Zapatero annuncia di voler formare un governo monocolore che non
prevederà ministri di altre formazioni politiche ma che si concentrerà, in ogni
caso, sul dialogo e sulla tolleranza. Annuncia che le truppe spagnole verranno
ritirate dall’Iraq a partire dal 30 giugno 2004: una data che permetterà al governo
di spiegare le proprie posizioni alle forza alleate, le quali, secondo Zapatero,
dovrebbero fare “una riflessione e un’autocritica, perché non si può bombardare
un popolo per prevenzione e non si possono organizzare guerre attraverso
menzogne”. Bush e Blair, così come molti altri leader politici internazionali,
hanno già espresso telefonicamente i propri auguri al nuovo eletto, il quale non
manca di sottolineare la ferma volontà nel mantenere relazioni cordiali con gli
Stati Uniti e, soprattutto, con i governi regionali spagnoli.28
Da questo momento in poi i risultati delle elezioni politiche spagnole
saranno oggetto di numerosi editoriali ed analisi politiche da parte della stampa di
tutto il mondo: appena ricevuta la notizia della vittoria del PSOE, molti quotidiani
europeisti e di sinistra si affrettano a congratularsi con Zapatero e con i cittadini
spagnoli, i quali hanno palesemente espresso, in quello che è stato definito un
plebiscito sulla guerra in Iraq, di non voler più appoggiare gli Stati Uniti. I media
più conservatori, dall’altro lato, commentano la sconfitta dei popolari
sottolineando che gli spagnoli si sono semplicemente arresi al terrorismo islamico,
facendosi influenzare troppo dalla strage dell’11-M.
27 Cfr. El País, 16 marzo 2004.28 Cfr. El País, 16 marzo 2004.
16
Inizia tra queste polemiche, in un clima di confusione ancora notevole, la
legislatura di José Luís Rodriguez Zapatero, destinata ad essere tuttora alla ribalta
delle cronache internazionali, non solo per una vittoria elettorale segnata
dall’ombra di un tragico attentato, ma anche a causa dei provvedimenti che attuerà
e che riscuoteranno ammirazione, rimproveri e, in definitiva, un discreto interesse
da parte dell’opinione pubblica mondiale.
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