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1. Cronistoria 1.1 Le bombe Madrid, 11 marzo 2004: sembra un giovedì come tanti altri e, a dispetto di un dibattito politico sempre più acceso e che si prepara a volgere al termine, la città si sveglia come ogni giorno alle prime luci dell’alba, ignara di quello che succederà nel giro di pochi minuti. Alcalá de Henares è uno dei tanti municipi della cerchia urbana di Madrid: con più precisione, appartiene alla periferia occidentale e la linea ferroviaria che la collega con il centro della città trasporta giornalmente circa 216.000 passeggeri, raccolti attraverso una fitta rete di stazioni. Il servizio di Cercanías della RENFE 1 , le ferrovie statali spagnole, garantisce ogni giorno efficienza e puntualità ai tanti pendolari che devono raggiungere i propri posti di lavoro o di studio: in ogni treno, 1 RENFE (REd Nacional de los Ferrocarriles Españoles): le ferrovie statali spagnole, che nelle grande città offrono un servizio di collegamento con le periferie, chiamato Cercanías, traducibile in italiano con “vicinanze”. 5

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1.

Cronistoria

1.1 Le bombe

Madrid, 11 marzo 2004: sembra un giovedì come tanti altri e, a dispetto di un

dibattito politico sempre più acceso e che si prepara a volgere al termine, la città si

sveglia come ogni giorno alle prime luci dell’alba, ignara di quello che succederà

nel giro di pochi minuti.

Alcalá de Henares è uno dei tanti municipi della cerchia urbana di Madrid:

con più precisione, appartiene alla periferia occidentale e la linea ferroviaria che la

collega con il centro della città trasporta giornalmente circa 216.000 passeggeri,

raccolti attraverso una fitta rete di stazioni. Il servizio di Cercanías della RENFE1,

le ferrovie statali spagnole, garantisce ogni giorno efficienza e puntualità ai tanti

pendolari che devono raggiungere i propri posti di lavoro o di studio: in ogni

treno, nelle ore di massima affluenza, possono viaggiare fino a 700 persone e la

frequenza delle partenze in tale fascia oraria è inferiore ai tre minuti.2

In un breve lasso di tempo compreso fra le 7,35 e le 7,45 di giovedì 11

marzo 2004 vengono fatte esplodere, quasi simultaneamente, dieci bombe

collocate su quattro treni appartenenti al corridoio ferroviario che collega

Guadalajara con la stazione di Atocha. Si tratta della linea C-2 delle Cercanías

regionali e uno dei suoi snodi principali è proprio Alcalá de Henares: una

fermata, dunque, che ogni treno dei quattro citati ha già effettuato.

1 RENFE (REd Nacional de los Ferrocarriles Españoles): le ferrovie statali spagnole, che nelle grande città offrono un servizio di collegamento con le periferie, chiamato Cercanías, traducibile in italiano con “vicinanze”.2 Cfr. El País, 12 marzo 2004.

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Alle 7,40 vengono fatte esplodere le prime tre bombe, collocate all’interno

dei cestini della spazzatura del treno 21431, che aveva appena effettuato

l’ingresso in uno degli snodi principali della capitale. La stazione di Atocha,

infatti, situata nel pieno centro della città a pochi passi dal museo del Prado e dalla

sede del Parlamento, raccoglie gli arrivi da tutte le città della Spagna e,

soprattutto, è il punto in cui confluiscono i servizi dalle periferie, ospitando anche

due fermate della metropolitana che la collegano con il resto delle destinazioni in

città. Nei cinque minuti successivi si verificano, quasi contemporaneamente, altre

tre deflagrazioni che distruggono altrettanti treni.

Nelle vicinanze della calle Téllez, nella zona residenziale del distretto del

Retiro e distante circa 500 metri dalla stazione di Atocha, esplodono quattro zaini-

bomba collocati su tre vagoni del treno 17305, diretto alla stazione di Chamartín.

Un ritardo di pochi minuti fea sì che il treno non salti in aria all’interno della

stazione di Atocha, in cui sarebbe dovuto arrivare all’ora programmata dal timer

collegato alle bombe: se fosse stato puntuale, come ogni giorno, il numero delle

vittime sarebbe stato molto più alto. (García-Abadillo, 2004: 24)

A poco più di un chilometro da questa via, presso uno dei quartieri più

umili di Madrid, altre due bombe fanno saltare in aria il treno a due piani 21435,

appena partito dalla stazione de El Pozo-Entrevias e diretto a Madrid. Gli zaini,

stavolta, erano nascosti al primo piano e nel cestino della scala che porta al

secondo.

Il decimo ordigno, quello di maggior potenza, scoppia a qualche centinaio

di metri di distanza, nel cuore di un altro quartiere operaio di Madrid: si tratta di

un altro treno a due piani, il 21713, fermo all’interno della stazione di Santa

Eugenia, che esplode sempre alla stessa ora. 3

La notizia fa immediatamente il giro del mondo, mentre la città entra nel

panico. Nonostante i tempestivi collegamenti televisivi e radiofonici e gli

aggiornamenti provenienti dai siti dei principali quotidiani spagnoli, capacitarsi

dell’entità dell’accaduto appare, inizialmente, molto complicato. Le informazioni

3 Cfr. anche El País, 12 marzo 2004 e lanci agencia EFE.

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arrivano in maniera confusa e frammentaria; si stenta quasi a credere che possano

essersi verificati quattro attentati nello stesso istante e nel cuore della capitale di

Spagna.

Un primo bilancio, stilato alle 17.30, parla di 190 morti e più di 1400

feriti: si tratta del peggior attacco terroristico avvenuto in questo paese. I cadaveri

iniziano ad essere trasportati presso un padiglione del Recinto Ferial Juan Carlos

I, uno spazio di parchi ed edifici che ospitano uffici, situato al nord della capitale,

mentre tutti gli ospedali della città riescono a contenere a fatica l’emergenza,

accogliendo i feriti che continuano ad arrivare senza sosta. La Audencia Nacional,

incaricata delle investigazioni, attiva il Protocollo per le Grandi Catastrofi, che

permette di accelerare le autopsie quando le cause dei decessi sono

incontrovertibili, come in questo caso. Ottanta giudici procedono alle

identificazioni dei cadaveri, anche attraverso le prove del DNA: alle ore 19 solo

40 dei 190 corpi hanno un nome e un cognome.

Le linee telefoniche vengono immediatamente intasate, il traffico di

superficie è allo sbando e numerose linee della metropolitana vengono chiuse. La

RENFE sospende tutti i treni, compresi quelli locali e regionali; coloro che non

sono ancora riusciti a raggiungere i propri posti di lavoro prendono d’assalto i taxi

e gli autobus. Le università e le scuole decidono di sospendere le attività

didattiche, mentre davanti alle unità di emergenza sanitaria si creano lunghe per

donare il sangue.4

Il Partito Popolare decide, intorno alle 8.40 del mattino, di sospendere tutti

gli atti previsti per le ultime due giornate di campagna elettorale; nel giro di pochi

minuti seguono le dichiarazioni ufficiali di sospensione della campagna da parte

dei segretari degli altri partiti politici. (del Burgo, 2006: 227)

Dalle prime ore del pomeriggio in molte città del paese si creano delle

concentrazioni spontanee di condanna e lo slogan che compare più

frequentemente negli striscioni che la gente tiene ben alti nelle piazze, è “ETA

NO”.5

4 Cfr. El País, 12 marzo 2004.5 Cfr. El País, 12 marzo 2004.

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Intorno alle 20 il ministro degli Interni, Ángel Acebes, comunica la notizia

del ritrovamento, avvenuto intorno alle 12, di un furgone proprio nei pressi della

stazione di Alcalá de Henares,. All’interno della vettura, rubata a Madrid il 28

febbraio 2004, la polizia rinviene sette detonatori e delle cassette su cui pare siano

incisi dei versetti coranici.6

1.2 Le manifestazioni

Dopo la decisione di sospendere la campagna elettorale, il Governo raggiunge un

accordo con il resto dei partiti politici: viene immediatamente indetta una grande

manifestazione in moltissime città della Spagna per il giorno successivo, venerdì

12 marzo 2004, alle ore 19. Tutta la nazione, dunque, viene chiamata a scendere

in piazza per manifestare il proprio sdegno e la propria solidarietà, unita nel

difendere uno slogan comune scelto dal Governo: con las víctimas, con la

Constitución, por la derrota del terrorismo7.

Più che un corteo, quello di Madrid si trasforma subito in una gigantesca

concentrazione: secondo la Polizia Municipale sono più di due milioni le persone

che hanno raggiunto la piazza di Cibeles, scelta come luogo di partenza del

corteo.8 La quantità impressionante di presenti, le misure di sicurezza e un

violento acquazzone che ha colpito senza tregua la città dal pomeriggio, non

hanno permesso molti movimenti: le immagini che scorrono in diretta su

numerosi canali televisivi mostrano, infatti, un fiume umano che procede molto

lentamente, alla testa del quale si può riconoscere chiaramente il presidente del

Governo José María Aznar, affiancato dal Principe Felipe e le due Infante, che

partecipano per la prima volta ad una manifestazione. Tra i presenti delle prime

file si vedono anche i due ex presidenti del Governo, Leopoldo Calvo Stelo e

Felipe González, e una nutrita rappresentanza internazionale: Romano Prodi, in

6 Cfr. El País, 12 marzo 2004.7 In italiano: con le vittime, con la Costituzione, per la sconfitta del terrorismo.8 Cfr. El País, 13 marzo 2004.

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qualità di Presidente della Commissione Europea; Javier Solana, rappresentante

UE per la Politica Estera; Pat Cox, presidente del Parlamento Europeo; i primi

ministri Jean Pierre Raffarin, Silvio Berlusconi e José Manuel Durão Barroso,

rispettivamente capi dei governi francese, italiano e portoghese. Partecipano,

inoltre, anche il candidato del Partito Popolare, nonché successore di Aznar,

Mariano Rajoy, il candidato del Partito Socialista José Luís Rodriguez Zapatero e

il leader della terza forza politica del paese, Izquierda Unida, Gaspar Llamazares.

Il copione è lo stesso in moltissime città spagnole: a Barcellona si

riuniscono un milione di persone e alla testa del corteo si riconosce il presidente

della Generalitat9 Pasqual Maragall; la città di Siviglia, in cui confluiscono

650.000 persone, è costretta ad interrompere la manifestazione per ragioni di

sicurezza; a Bilbao i partecipanti arrivano ad essere quasi 300.000, guidati dalla

prima fila dal lehendakari10 Juan José Ibarretxe.11

Tuttavia, quella ufficiale non è l’unica manifestazione che si verifica nella

capitale in quei giorni: dopo le concentrazioni spontanee ed immediate del

giovedì, avvenute poche ore dopo l’esplosione delle bombe e il corteo ufficiale del

venerdì, i cittadini madrileni continuano a protestare, per le strade e nelle piazze.

La giornata di sabato 13 marzo avrebbe dovuto trascorrere nella

tranquillità più assoluta, essendo la cosiddetta “giornata di riflessione” che

precede la domenica elettorale, ma la popolazione si rivela molto inquieta: sono

già passati due giorni dal terribile attentato e ancora non è chiaro chi si nasconda

dietro alle bombe e ai morti. Fin dalle prime ore del giovedì in molti si sono

prodigati ad accusare ETA e, in un paese abituato a lottare contro un terrorismo

interno di tipo nazionalista, ciò appare abbastanza plausibile, sebbene il modus

operandi non sembri esattamente quello abitualmente utilizzato

dall’organizzazione terroristica basca. Tuttavia, il ritrovamento del furgone con la

cassetta di versi coranici e le rivendicazioni che arrivano da alcuni giornali esteri,

9 La Catalogna, così come tutte le altre regioni autonome spagnole, possiede un Governo e un Parlamento. Quest’ultimo, nella lingua catalana, viene chiamato Generalitat.10 Nella lingua basca è il nome con cui viene designato il presidente del Parlamento della regione autonoma del Paese Basco spagnolo.11 Cfr. El País, 13 marzo 2004.

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fanno pensare ad un’altra matrice: ben presto, infatti, si affaccia l’ipotesi che

dietro alle bombe di Madrid possa esserci Al Qaeda e, se così fosse, questo

cambierebbe le carte in tavola, soprattutto in vista delle elezioni ormai prossime.

I cittadini non sono soddisfatti delle informazioni fornite dalle fonti

governative ufficiali: sanno che l’identità dei responsabili rappresenta un forte

significato politico e hanno capito che la maggioranza al potere non si rassegnerà

facilmente alla tesi islamica. Durante la manifestazione ufficiale del venerdì

iniziano a circolare le prime accuse verso la manipolazione informativa da parte

del PP, ma è il sabato la giornata in cui le proteste aumentano e diventano

significative: molti cittadini si danno appuntamento, fin dalle prime ore del

pomeriggio, davanti alla sede madrilena del Partito Popolare, e a quanto pare tale

concentrazione viene convocata attraverso una catena di messaggi ai telefoni

cellulari e di e-mail. Un passaparola che nel giro di poche ore riesce a raccogliere

quasi 5000 persone (3000, secondo la polizia cittadina), che provano ad alzare la

voce affinché qualcuno dica finalmente la verità sui 191 morti di Madrid.12

In Spagna, così come in Italia ed in molti altri paesi, la giornata di

riflessione che precede le elezioni non prevede che si verifichino atti di campagna

elettorale o manifestazioni di tipo politico; ciononostante a Madrid, e in molte

altre città spagnole, le proteste per la gestione informativa del governo vanno

avanti per tutto il pomeriggio e si spengono solo a notte fonda. Le sedi del Partito

Popolare, a Madrid come a Barcellona, e persino a Palma de Mallorca, vengono

presidiate da cartelli e cori, la maggior parte dei quali reclama la verità sugli

attentati. Gli slogan più comuni, scritti negli striscioni e gridati a gran voce, sono,

per esempio: “Prima di votare vogliamo sapere la verità”, “Bugiardi, non si gioca

con i morti”, o anche “Il popolo non crede alle bugie del PP”.13

Mariano Rajoy, il candidato del Partito Popolare, condanna le

manifestazioni avvenute davanti alle sedi del suo partito con una dichiarazione

ufficiale alla stampa intorno alle 21, definendole gravemente antidemocratiche e

pericolose. Pur negandosi alle domande dei giornalisti, chiede pubblicamente a 12 Cfr. El País, 14 marzo 2004.13 Cit e trad. da El País, 14 marzo 2004.

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coloro che hanno illegalmente convocato queste concentrazioni di porre fine a

questi atti antidemocratici e fa sapere che il PP ha già sporto denuncia presso la

Giunta Elettorale Centrale14.

Le proteste non si limitano alle concentrazioni davanti alle sedi del PP, ma

continuano in maniera spontanea, per strada. Nella piazza principale di Madrid, la

Puerta del Sol, confluiscono molte delle persone che dalle 22 hanno iniziato ad

affacciarsi alle finestre e ai balconi di alcune vie del centro, per una dare vita ad

una particolare forma di protesta popolare chiamata cacerolada. Si tratta di

manifestazioni spontanee, molto comuni in Sudamerica e, in particolare, negli

stati che hanno subito una dittatura, attuate per esprimere il malcontento contro

una decisione politica o contro il governo e che si caratterizzano per coinvolgere

interi quartieri. Il nome viene dalla cacerola, che significa “pentola”: è

esattamente quello che si usa per questa protesta, insieme a mestoli, padelle e

qualsiasi oggetto che possa aiutare a fare rumore e a coinvolgere altre persone ad

unirsi alla protesta.

Il 13 di marzo 2004 molte vie di un quartiere del centro di Madrid,

Lavapiés, vengono animate per qualche ora da incessanti colpi contro pentole e

padelle: nessun coro, nessun grido. Solo rumori assordanti. Il giorno dopo si

scoprirà che gli attentati erano stati preparati proprio in uno dei tanti call-center

che si trovano in questo quartiere, una zona multi-etnica con un’altissima

concentrazione di immigrazione araba.

1.3 Le rivendicazioni

Uno dei primi politici a presentarsi davanti alla stampa, subito dopo gli attentati, è

Juan José Ibarretxe, il presidente del parlamento Basco. La sua dichiarazione,

14 Cfr. El País, 14 marzo 2004.

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che arriva intorno alle 9.30 dell’11 marzo, esprime una dura condanna verso ETA,

dando per scontata la responsabilità dell’organizzazione terroristica.

Esattamente un’ora dopo arriva la prima smentita: è Arnaldo Otegi a

parlare, storico portavoce di quello che un tempo era il braccio politico di ETA,

cioè la coalizione Herri Batasuna, dichiarata illegale dopo l’approvazione di un

decreto legge nell’estate del 2002 (la Ley Orgánica de Partidos Políticos).15

Otegi comparirà alle 13 in un hotel di San Sebastián proprio per chiarire la

propria posizione: pur negandosi a rispondere alle domande dei giornalisti,

afferma che la sinistra radicale rifiuta e condanna nella maniera più assolta

l’azione terrorista di Madrid, esprimendo piena solidarietà alle famiglie delle

vittime e ai lavoratori coinvolti nella tragedia. Egli torna a ripetere, dunque, che

ETA non ha nessuna responsabilità negli attentati né per gli obiettivi, né per il

modus operandi, che non ha mai colpito la popolazione civile in maniera così

indiscriminata e senza dare nessun avviso; avanza, inoltre, l’ipotesi di un possibile

coinvolgimento di gruppi della resistenza araba, visto l’appoggio da parte del

governo spagnolo alla guerra in Iraq.16

In seguito, verrà rinvenuto il furgone presso la stazione di Alcalá de

Henares, contenente esplosivo e incisioni di versi del Corano, sebbene nel

frattempo le fonti ufficiali continuino ad indicare ETA come principale

responsabile della strage.

Sempre nella giornata di giovedì 11 marzo, intorno alle 21, arriva la

notizia che un giornale arabo stampato a Londra, il Al Qods Al Arabi, ha appena

ricevuto una lettera di rivendicazione da parte di un gruppo islamico legato ad Al

Qaeda. Si tratta di una e-mail firmata dalle brigate di Abu Hafs Al Masri, una

formazione paramilitare fondamentalista di matrice sannita, in cui si legge:

“Siamo riusciti ad infiltrarci nel cuore dell’Europa delle crociate e colpire una

delle basi dell’alleanza delle crociate, […] Aznar, dov’è l’America? Chi ti

proteggerà da noi? La Gran Bretagna, il Giappone, l’Italia e tutti gli altri?”.17

15 Cfr. Alfonso Botti, “La questione basca dalle origini allo scioglimento di Batasuna”, Paravia Bruno Mondadori (2003).16 Cfr. El País, 12 marzo 2004.17 Cit. e trad da El País, 13 marzo 2004.

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Si hanno ben poche informazioni di questo gruppo: hanno rivendicato la

strage nella sede delle Nazioni Unite a Bagdad del 19 agosto 2003 e gli attentati

del 15 novembre di quello stesso anno alle sinagoghe di Istabul; si sa, inoltre, che

“Abu Hafs Al Masri” è il nome di battaglia dell’egiziano Mohammed Atef, caduto

nei combattimenti dell’autunno del 2001 in Afghanistan, proprio nel momento in

cui gli archivi di intelligence USA lo indicavano come uno dei massimi dirigenti

militari di Al Qaeda. Tuttavia, secondo le prime notizie che arrivano, questa

brigata avrebbe utilizzato lo stesso quotidiano per le rivendicazioni, rivelatesi poi

infondate, di moltissimi attentati: si attribuirono, per esempio, la paternità del

black-out di Washington dell’agosto precedente, una notizia smentita in fretta e

che risultò essere una fandonia.

Tale precedente ed un’ulteriore rivendicazione, arrivata da Dubai, da parte

di un’organizzazione sconosciuta -i Leoni di Al-Mufridon- hanno contribuito alla

confusione della cittadinanza in merito alla paternità del massacro di Madrid,

incoraggiando l’iniziale accusa verso ETA.18

Alle 18.30 del 12 marzo, venerdì, il quotidiano basco Gara riceve una

telefonata da parte di un anonimo che dichiara di parlare in nome di ETA. Il

messaggio è diretto al popolo basco, “a tutta la Euskal Herria”19, ed afferma

chiaramente che ETA non è in nessun modo coinvolta negli attentati.

Dieci minuti dopo, il ministro degli Interni Ángel Acebes risponde con

gran scetticismo “Non ci crediamo”.20

Intorno alle 19,40 di sabato 13 marzo il centralino del canale televisivo

regionale Telemadrid riceve una telefonata anonima da una voce giovane e con

accento arabo che riferisce dell’esistenza di un nastro video depositato in un

cestino della spazzatura situato nei pressi della Moschea di Madrid. La polizia

ritrova nel luogo indicato la cassetta, che contiene la rivendicazione video in arabo

degli attentati, da parte di un portavoce militare di Al Qaeda in Europa, tale Abu

Dujan Al Afgan, il quale afferma che le bombe dell’11 marzo non sono altro che

18 Cfr. El País, 13 marzo 2004.19 Nella lingua basca, significa letteralmente “Paese Basco”.20 Cfr. El País, 13 marzo 2004.

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la risposta alla collaborazione della Spagna nella guerra del criminale Bush e dei

suoi alleati.21

Nella stessa giornata di sabato, poco più tardi, viene comunicata la notizia

dell’arresto di tre marocchini e due indiani, portato a termine grazie al

ritrovamento, avvenuto lo stesso giorno degli attentati presso la stazione de El

Pozo del Tío Raimundo, di uno zaino che conteneva una bomba non esplosa, fra le

13 collocate sui quattro treni. L’analisi di questo ordigno ha fatto sì che si

scoprisse il congegno responsabile delle esplosioni simultanee: un temporizzatore

collegato ad un telefono cellulare. Gli individui arrestati sembrano essere legati ad

uno dei tanti negozi di telefonia e call-center che si trovano nel quartiere

madrileno di Lavapiés, nel quale sarebbe stata acquistata la scheda SIM

incriminata.22

1.4 La giornata elettorale

Gli attentati dell’11 marzo hanno interrotto bruscamente la campagna elettorale,

iniziata con l’annuncio da parte di ETA di una tregua per la sola comunità

autonoma di Catalogna23, e che ha visto pochissimi momenti di dibattito diretto tra

i due leader candidati alla carica di primo ministro.

Una settimana prima delle elezioni i sondaggi politici prevedevano una

maggioranza notevole a favore del Partito Popolare, nonostante il leggero

aumento del PSOE rispetto ai mesi precedenti. I giornali parlano di circa due

milioni di nuovi elettori, rappresentati dai giovani che hanno appena raggiunto la

maggiore età e che votano per la prima volta: questo gruppo potrebbe decidere le

sorti di una sfida che si gioca, davvero, sul filo del rasoio, in una situazione già

segnata dalla commozione legata alla causa della strage e da una notevole

confusione a livello informativo.24

21 Cfr. El País, 15 marzo 2004.22 Cfr. El País, 14 marzo 2004.23 Per maggiori informazioni sulla vicenda di Carod-Rovira cfr. cap. 3, pp.75-76.24 Cfr. El País, 14 marzo 2004.

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Juan José Ibarretxe, il presidente del parlamento basco, ha già espresso il

proprio appello a non strumentalizzare in maniera politica i tragici fatti di Madrid

in una delle prime dichiarazioni rilasciate nelle ore immediatamente successive

agli attentati: partendo dal presupposto che ETA è certamente colpevole, le fonti

ufficiali basche si affrettano, dunque, a proteggere i risultati politici ottenuti fino a

quel momento, slegandosi chiaramente dall’appoggiare l’organizzazione

terroristica. Anche i socialisti affermano, fin dal principio, che i morti e i feriti di

Madrid dovrebbero spingere ancora di più gli elettori ad andare a votare,

chiedendo alla nazione di unirsi contro il terrore e a contrapporre ad esso una

risposta democratica. Infine, Mariano Rajoy, candidato del Partito Popolare alla

presidenza del governo, si dichiara convinto che i terroristi non decideranno

l’opinione dei cittadini spagnoli e si augura che le bombe non influenzino nessun

voto, definendosi il primo interessato a chiarire la paternità degli attentati.25

I risultati delle urne parlano chiaro: al Congresso dei Depuatati il Partito

Socialista guadagna 164 seggi, mentre i Popolari ne conquistano 148. Ben 10

vanno a Esquerra Republicana de Catalunya, il partito indipendentista catalano.

Al Senato il PP riesce a mantenere la maggioranza, pur perdendo numerosi seggi

rispetto alle elezioni precedenti: il PSOE è rappresentato da 81 senatori, mentre i

Popolari raggiungono quota 102. Tuttavia, la maggioranza guadagnata dal PP al

Senato non è così rilevante ai fini della governabilità: in Spagna, infatti, il peso

del Senato è inferiore a quello del Congreso e, di fatto, la maggioranza al

Parlamento garantisce al Governo la possibilità di approvare leggi e

provvedimenti.26

José Luís Rodriguez Zapatero, in qualità di leader del partito che ha

ottenuto la maggioranza dei voti, diventa capo del governo spagnolo. Come primo

commento alla vittoria, afferma che in nessun modo l’elettorato può essere stato

influenzato dall’11-M, ma che esso ha semplicemente dimostrato la volontà di un

cambiamento politico; si affretta a dichiarare, inoltre, che le truppe spagnole 25 Cfr. El País, 12 marzo 2004.26 Dati reperibili in www.mir.es, sito ufficiale del Ministerio del Interior.

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presenti in Iraq torneranno presto a casa. Durante la conferenza stampa, a cui

partecipano qualcosa come 150 testate nazionali e straniere, arriva la domanda che

tutti aspettano e temono: la vittoria di Zapatero rappresenta una vittoria del

terrorismo? Il leader del PSOE non si scompone e risponde in tono duro che “non

bisogna mancare di rispetto ai cittadini, soprattutto quando si è verificata

un’affluenza alle urne del 77%”. Aggiunge, inoltre, che gli spagnoli sono sempre

riusciti a dimostrare una gran maturità, da quando si sono liberati della dittatura di

Franco.27

Zapatero annuncia di voler formare un governo monocolore che non

prevederà ministri di altre formazioni politiche ma che si concentrerà, in ogni

caso, sul dialogo e sulla tolleranza. Annuncia che le truppe spagnole verranno

ritirate dall’Iraq a partire dal 30 giugno 2004: una data che permetterà al governo

di spiegare le proprie posizioni alle forza alleate, le quali, secondo Zapatero,

dovrebbero fare “una riflessione e un’autocritica, perché non si può bombardare

un popolo per prevenzione e non si possono organizzare guerre attraverso

menzogne”. Bush e Blair, così come molti altri leader politici internazionali,

hanno già espresso telefonicamente i propri auguri al nuovo eletto, il quale non

manca di sottolineare la ferma volontà nel mantenere relazioni cordiali con gli

Stati Uniti e, soprattutto, con i governi regionali spagnoli.28

Da questo momento in poi i risultati delle elezioni politiche spagnole

saranno oggetto di numerosi editoriali ed analisi politiche da parte della stampa di

tutto il mondo: appena ricevuta la notizia della vittoria del PSOE, molti quotidiani

europeisti e di sinistra si affrettano a congratularsi con Zapatero e con i cittadini

spagnoli, i quali hanno palesemente espresso, in quello che è stato definito un

plebiscito sulla guerra in Iraq, di non voler più appoggiare gli Stati Uniti. I media

più conservatori, dall’altro lato, commentano la sconfitta dei popolari

sottolineando che gli spagnoli si sono semplicemente arresi al terrorismo islamico,

facendosi influenzare troppo dalla strage dell’11-M.

27 Cfr. El País, 16 marzo 2004.28 Cfr. El País, 16 marzo 2004.

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Inizia tra queste polemiche, in un clima di confusione ancora notevole, la

legislatura di José Luís Rodriguez Zapatero, destinata ad essere tuttora alla ribalta

delle cronache internazionali, non solo per una vittoria elettorale segnata

dall’ombra di un tragico attentato, ma anche a causa dei provvedimenti che attuerà

e che riscuoteranno ammirazione, rimproveri e, in definitiva, un discreto interesse

da parte dell’opinione pubblica mondiale.

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