| TRASCRIZIONE DEGLI INTERVENTI Marino Gatto · cambiamenti climatici sui servizi degli ecosistemi....

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1 | TRASCRIZIONE DEGLI INTERVENTI Marino Gatto Professore Ordinario di Ecologia Politecnico di Milano MARINO GATTO: Ringrazio per l’invito molto gradito. Ho il privilegio di essere l’ultimo, o forse la sfortuna di essere l’ultimo. Mi ero preparato alcune diapositive che non so se userò, come l’amico Ulgiati. Dico soltanto una cosa tanto per iniziare: io mi sono laureato nel ’72 in Ingegneria Elettronica, nel ’74 sono andato allo IIASA, International Institute for Applied Systems Analysis a Vienna, che è stata una delle creature, in qualche maniera, della mente di Aurelio Peccei, e mi sono trovato immerso in questo ambiente dove si trattavano tutti i grandi problemi: l’energia, l’ecologia, l’agricoltura, la demografia. E’ stata per me una grande fortuna, che ha sicuramente determinato una svolta nella mia carriera. Tant’è vero che adesso sono diventato, ormai da quarant’anni, Professore di Ecologia, che è una disciplina biologica, come forse di molti di voi sapranno. Mi è stato chiesto quindi di fare un’introduzione al tema di questa giornata. La mia introduzione sarà proprio sul problema dei cambiamenti climatici e il loro impatto sui servizi degli ecosistemi. Prima di entrare nel merito, voglio ricordarvi che il 23 giugno al Politecnico di Milano,

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| TRASCRIZIONE DEGLI INTERVENTI

Marino Gatto

Professore Ordinario di Ecologia Politecnico di Milano

MARINO GATTO: Ringrazio per l’invito molto gradito. Ho il privilegio di essere l’ultimo,

o forse la sfortuna di essere l’ultimo. Mi ero preparato alcune diapositive che non so se

userò, come l’amico Ulgiati. Dico soltanto una cosa tanto per iniziare: io mi sono laureato

nel ’72 in Ingegneria Elettronica, nel ’74 sono andato allo IIASA, International Institute for

Applied Systems Analysis a Vienna, che è stata una delle creature, in qualche maniera,

della mente di Aurelio Peccei, e mi sono trovato immerso in questo ambiente dove si

trattavano tutti i grandi problemi: l’energia, l’ecologia, l’agricoltura, la demografia. E’ stata

per me una grande fortuna, che ha sicuramente determinato una svolta nella mia carriera.

Tant’è vero che adesso sono diventato, ormai da quarant’anni, Professore di Ecologia, che è

una disciplina biologica, come forse di molti di voi sapranno. Mi è stato chiesto quindi di

fare un’introduzione al tema di questa giornata. La mia introduzione sarà proprio sul

problema dei cambiamenti climatici e il loro impatto sui servizi degli ecosistemi.

Prima di entrare nel merito, voglio ricordarvi che il 23 giugno al Politecnico di Milano,

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nell’ambito di EXPO 2015, avremo un workshop che è proprio dedicato all’impatto dei

cambiamenti climatici sui servizi degli ecosistemi. In questo workshop – che è

internazionale, con speaker di grande levatura – verranno trattate le diverse sfaccettature

del problema. Qui c’è stata molta enfasi sul problema dell’energia. È chiaro che la

generazione di energia è quella che crea la maggior parte di emissioni di gas serra, però

non dimentichiamoci che ci sono tanti altri problemi da trattare. Un problema per esempio

che qui non è stato trattato è il problema delle epidemie, della diffusione delle malattie, il

fatto che i cambiamenti climatici porteranno a una tropicalizzazione, anche nel nostro

Paese, quindi con la possibilità di avere malattie che una volta credevamo sconfitte e che,

forse, torneranno a riemergere. È stato molto poco trattato qui il problema dell’acqua.

Cambiamenti climatici vuol dire anche variazione nella disponibilità d’acqua.

Probabilmente le precipitazioni a livello mondiale non cambieranno grandemente in

termini quantitativi ma cambieranno in termini di distribuzione geografica. E un grande

problema dell’agricoltura, che dipende in maniera cruciale dalla disponibilità idrica, non è

solo, e tanto, quanto produrremo, ma dove produrremo, come produrremo. Già adesso è

così; in realtà noi produciamo più cibo di quanto sarebbe necessario per la popolazione

mondiale ma questo cibo non è distribuito equamente: un grandissimo problema. Vi invito

tutti a questo workshop; se volete potete venire, l’accesso è libero, gratis: potete andare sul

sito del Politecnico di Milano, nella sezione eventi, ed iscrivervi. Approfitto anche per dire

che il 24, 25 e 26 giugno, sempre al Politecnico di Milano, Campus Bovisa, ospiteremo

l’Assemblea Generale dell’Organizzazione Mondiale degli Agricoltori. Adesso non so se

Confagricoltura parteciperà …

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VEGGIA: Ci sarà il mio Presidente, probabilmente.

GATTO: Probabilmente il suo Presidente ci sarà. Quindi avremo 400- 500 agricoltori da

tutto il mondo; in particolare il 24 giugno ci saranno tre workshop tematici per

l’agricoltura e uno di questi sarà dedicato proprio all’impatto dei cambiamenti climatici.

Quindi 23 e 24 giugno si saldano idealmente come giornate, in quanto il 23 giugno ci sarà

una pittura, per così dire, più ampia di tutti i problemi dei cambiamenti climatici, e il 24

giugno ci sarà invece qualcosa specificatamente dedicata all’agricoltura.

Ho preparato molte trasparenze e quindi andrò galoppando. La seconda diapositiva, se

volete, è un po’ bambinesca, ma molto importante. È molto importante per me che sono

Professore di Ecologia: la Terra è un pianeta veramente speciale. È speciale perché ospita

la vita. Non c’è nessun altro pianeta, per quello che sappiamo, che ospiti la vita. E la

presenza di organismi viventi sulla nostra Terra fa sì che anche l’ambiente fisico-chimico

ne risenta in maniera fondamentale. Se guardate la figura in alto a destra, vedete come è

cambiata la composizione dell’atmosfera nel corso dei miliardi di anni di vita del nostro

pianeta. Non ci sarebbe ossigeno nell’atmosfera senza la presenza degli organismi viventi.

E gli uomini, nell’orologio della vita, sono comparsi solo all’ultimo secondo. Questo non lo

dobbiamo dimenticare. Quindi noi siamo degli ospiti che sono arrivati solo all’ultimo

momento. La Terra ha una lunga storia e in questa lunga storia gli organismi viventi

giocano un ruolo fondamentale. Questo ruolo non ha solo un interesse scientifico ma ha un

interesse anche perché gli ecosistemi, il funzionamento degli ecosistemi, la presenza di

organismi viventi, così come sono organizzati ora, fornisce dei servizi all’umanità. Anche se

abbiamo una visione puramente antropocentrica della Terra, ricordiamoci che questi

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ecosistemi ci sono estremamente utili anche se non sono contabilizzati economicamente.

Questi servizi sono gratis, completamente gratis, ma non sono contabilizzati. La mia

opinione è che non si possano realmente contabilizzare se con contabilizzare intendiamo

dare loro un valore monetario. Dare dei valori monetari è utile, ma ricordiamoci che buona

parte di questi valori non sono monetizzabili. Eppure hanno un ruolo molto importante.

Naturalmente su questo non ho molto da dire se non che forse agli economisti diamo

troppa prevalenza nella gestione della cosa pubblica. Scusate se uso una battuta un po’

brutale: una volta un grande politico disse “la guerra è una cosa troppo importante per

lasciarla fare ai generali”. Mi permetto di dire una cosa vagamente simile: la politica è una

cosa troppo importante per lasciarla fare solo agli economisti. Perché ricordo che di

Ministri dell’Ambiente economisti ce ne sono stati parecchi, ma di Ministri dell’Ambiente

ecologi non ce n’è stato neanche uno! Forse sarebbe ora, magari, di cambiare un po’ queste

cose.

Questi servizi degli ecosistemi sono di vario tipo, sicuramente li conoscete. Pensate solo

all’agricoltura: se non ci fosse l’impollinazione dovuta agli animali, agli impollinatori

naturali e la dovessimo fare noi, quanto ci costerebbe? Ma ce ne sono anche molti altri.

Pensate solo ai servizi che ci ricordava prima il rappresentante di Confagricoltura

riguardanti la stabilità del suolo dovuta alla presenza sia di ecosistemi naturali, sia di

ecosistemi artificiali. Perché, ricordiamoci, ormai buona parte degli ecosistemi sono in

realtà dovuti all’opera intelligente dell’uomo. Intelligente, però.

La scala dell’impatto umano. Fino a un certo momento si poteva pensare che l’uomo avesse

una piccola influenza sulla natura. In quasi tutti i testi di economia, se voi andate a

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prendere testi di economia classica, come ad esempio il Samuelson, la presenza della

natura è inesistente: viene presentato il solito flusso circolare, flussi di denaro e flussi di

beni, ma poi dove vadano a finire i rifiuti e dove si prenda l’energia o dove si prendano i

materiali per produrre questo flusso di denaro non è mai specificato. Ma la scala ormai è

cambiata, non c’è niente da fare. Vedete in alto la scala del cambiamento d’uso del suolo.

Vedete in basso a destra la quantità di azoto che viene rilasciato in atmosfera. Le emissioni

sono andate a cambiare completamente il ciclo biogeochimico di questo elemento. Vi

ricordo che si parla sempre di CO2, ma il protossido d’azoto ha un potere di riscaldamento

globale che è trecento volte quello della CO2. Quindi è importantissimo studiare il ciclo

dell’azoto.

La spinta demografica. La spinta demografica c’è, è stata esagerata nel passato, tutti i tassi

demografici sono in diminuzione, i tassi di fertilità sono in diminuzione in tutto il mondo.

Però c’è un’altra grande spinta che è quella dell’urbanizzazione. Mi spiace, caro Riccardo

Pietrabissa, ma per adesso non andiamo a vivere dove vogliamo, la maggior parte delle

persone vuole andare a vivere in città. I tassi di urbanizzazione si vanno stabilizzando,

erano molto alti e adesso stanno diminuendo, ma non è che vanno verso lo zero. Nella

diapositiva potete vedere quante megalopoli si vanno sviluppando.

Cambiamento d’uso del suolo. Incredibile. Queste sono immagini Landsat, vedete come è

andato cambiando in Sudamerica. Il colore rosso nell’immagine satellitare individuava

l’ecosistema naturale, la foresta naturale. Potete vedere, ecco, come è completamente

cambiato il mosaico ambientale.

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Un esempio molto importante che mi è caro: pesca e acquacoltura. Questo è proprio un

esempio di servizio ecosistemico. Lì vedete l’andamento, in blu, delle catture mondiali di

pesce. Questo è un servizio che l’oceano ci fornisce gratis, sono proteine che l’oceano ci dà

gratis. La curva rossa è la curva dell’andamento di quello che viene chiamato lo sforzo

peschereccio, misurato in energia. Guardate, quelli che vedete lì rappresentati sono

Gigawatt di potenza impiegata. Potete vedere come, a partire dagli anni Ottanta

praticamente la produzione è stabile o addirittura declinante, nonostante che il consumo di

energia, quindi lo sforzo peschereccio, sia grandemente aumentato. Questo indica che gli

oceani stanno impoverendosi incredibilmente. Che cosa succede allora? Sviluppo

dell’acquacoltura. In basso a destra vedete l’andamento della pesca e l’andamento, in blu

più scuro, dell’acquacoltura. In questo momento si produce più biomassa con

l’acquacoltura che non con la pesca oceanica. Qual è il problema? L’acquacoltura costa,

l’acquacoltura inquina, gli allevamenti di acquacoltura sono intensivi, hanno bisogno di

antibiotici a carrettate, producono un inquinamento che non sappiamo se saremo in grado

di smaltire. Non sappiamo quindi se questa produzione di biomassa, che certamente va a

vicariare quello che ci forniva gratuitamente l’oceano, se questa produzione sarà

sostenibile. Sustainable, in inglese, vuol dire duraturo. Possiamo mantenere a questo

livello nel tempo la produzione di biomassa? Non lo sappiamo.

La perdita di biodiversità. È chiaro che questi servizi ecosistemici ci vengono forniti

essenzialmente dagli organismi viventi. Ma la perdita di biodiversità, e quindi anche di

molte varianti genetiche naturali, sta galoppando; purtroppo i tassi di estinzione vanno

incrementando moltissimo. Questi tassi di estinzione sono dovuti a quali cause? Una causa

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fondamentale è il cambiamento di uso del suolo, la deforestazione ad esempio, del tipo

slash and burn nelle foreste amazzoniche, oppure il cambiamento che vi ho fatto vedere

prima con le immagini Landsat. Ma in seconda posizione avete i cambiamenti climatici e in

quinta posizione l’influenza diretta dell’emissione di gas serra. E’ importante notare che

non c’è solo l’influenza dei cambiamenti climatici dovuta all’emissione dei gas serra ma c’è

anche l’influenza diretta dei gas serra, perché l’aumento stesso di concentrazione di gas

serra ha degli effetti nocivi sul funzionamento degli ecosistemi, ad esempio attraverso

l’acidificazione degli oceani.

Che cosa succederà? Le specie, ad esempio le specie animali, tenteranno di sfuggire ai

cambiamenti climatici. E come lo faranno? Beh, andando a nord, andando in alto. Ma

potranno farlo? Non è detto, perché a causa dei cambiamenti dell’uso del suolo questi

spostamenti non sempre saranno possibili, proprio perché ci sono barriere agli

spostamenti, perché gli habitat vengono frammentati, gli habitat vengono cambiati e

quindi le specie non si potranno spostare.

Distruzione e frammentazione degli habitat. Deforestazione. Questo è l’andamento della

deforestazione della Foresta Amazzonica: 15.000 kmq all’anno, la dimensione di una

nostra regione. Per fortuna in diminuzione, questo perché il Governo Brasiliano sta

prendendo delle misure dirette per contenere la distruzione della foresta.

Non dimentichiamoci poi degli impatti cumulati sull’oceano. Queste sono le mappe più

famose, del 2008, dovute a uno studio fatto su tutti gli oceani. Le cause principali:

inquinamento, anche qui cambiamenti climatici e sovrasfruttamento, pesca eccessiva.

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Quale futuro? Non si può che cercare di risolvere questo problema mediante l’utilizzo di

modelli. In questo siamo nella stessa linea, per così dire, del Club di Roma. Quando mi

sono laureato, come vi ho detto nel 1972, sono usciti i libri Limits to Growth e World

Dynamics di Meadows e Forrester. Forrester, per inciso, è un Ingegnere elettronico,

esattamente come me, e naturalmente c’è sempre un po’ d’invidia tra persone con la stessa

formazione; per cui mi sono detto, giovane com’ero: ma cosa vogliono spiegare questi con

sei equazioni? Erano sei, mi sembra: una era per la popolazione, un’altra per l’energia,

eccetera. Ma, insomma, questi sono matti! No, non erano matti: hanno posto dei problemi

importanti. La scienza è andata avanti, per fortuna, perché è stata finanziata – non in Italia

ma magari altrove – in particolare è stata finanziata anche molto la Scienza Ambientale; i

mezzi tecnologici a disposizione sono aumentati, pensate solo al telerilevamento!

Guardate, quarant’anni fa, quando io ho cominciato, non c’erano! Noi ecologi non

sapevamo esattamente neanche quanta biomassa ci fosse, quanta biomassa vegetale ci

fosse sulla Terra! Con il lancio dei satelliti in orbita stazionaria oppure che viaggiano su

tutta la Terra, noi siamo in grado adesso di capire una serie incredibile di cose.

I modelli. Adesso utilizzando sia la scienza, sia le misurazioni, sia la forza dei

supercomputer, si possono sviluppare modelli per tentare di delineare il futuro. Però

questi modelli, vorrei che fosse ben chiaro, i modelli anche cosiddetti della IPCC (che poi

non sono della IPCC perché la IPCC non è un organismo scientifico, è un organismo che

raccoglie tutte le conoscenze scientifiche e che poi media) fanno vedere quali possono

essere gli scenari futuri per la nostra terra. Scenari, ma non predizioni! Perché? Ma perché

noi non sappiamo quale sarà esattamente il futuro, dipenderà da che cosa faremo, quali

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saranno le nostre politiche. E quali siano le politiche, noi scienziati non lo sappiamo, forse

gli economisti comportamentali potranno farlo, potranno capire che cosa succederà;

questa storia degli economisti comportamentali mi ricorda un po’ Asimov, non so se avete

letto la sua Trilogia galattica, in cui veniva inventata la psicostoriografia e questi

psicostoriografi avevano poi dei mezzi mirabolanti (la psicostoriografia era una sorta quasi

di religione), mettevano una mano su una parete e si aprivano dei pezzi di equazioni e con

queste equazioni si poteva predire il futuro. Però poi gli psicostoriografi avevano anche dei

poteri mentali per cui potevano leggere nella mente e riuscire a questo punto a influire

sulla storia. Beh, noi non abbiamo questi poteri, non siamo in grado di influire sulla storia,

quindi quello che si fa sono degli scenari. Essenzialmente, quello che possiamo dire è: se le

politiche saranno più verdi, probabilmente sarà così; se le politiche saranno meno verdi,

sarà cosà; eccetera.

Vi faccio vedere le ipotesi sulla disponibilità di cibo. Quella che vedete sulla sinistra è la

distribuzione globale della fame. Naturalmente i Paesi più colorati con colori accesi sono

quelli dove si concentra la maggiore denutrizione misurata in questo momento; la stima è

che ci siano circa 800 milioni di persone malnutrite a questo mondo. Sulla destra vedete

invece le previsioni sulla produttività di cibo: sopra ci sono le previsioni che erano state

fatte nel 1994, sotto ci sono le previsioni fatte nel 2010. Non sono tanto diverse, come

vedete, perché non è poi vero che non ci azzecchiamo mai. Gli economisti non ci azzeccano

mai con la previsione del PIL, però guardate, sulla concentrazione di CO2 le previsioni

fatte trent’anni fa, nell’ipotesi business as usual, sono praticamente perfette: 400 PPM,. E

anche sulla produttività, guardate, non cambiano molto. I Paesi più colpiti dalla

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diminuzione di produttività purtroppo saranno in gran parte quelli dove già c’è fame. E

quindi o si porterà lì il cibo, o potremo vicariare la produzione, o altrimenti i problemi

saranno grossi. Vi ringrazio per l’attenzione.