[ MYBUSINESS / NEWS] 06.11.2015 Come vincere lo stress in ... · invece di usarlo come un mulo da...

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[MYBUSINESS / NEWS] 06.11.2015 Come vincere lo stress in 10 mosse C'è lo stress buono che ci fa andare avanti, e quello cattivo che ci paralizza. I consigli di un coach per governare al meglio le tensioni sul lavoro Mente e corpo sono un sistema unitario. Partiamo da qui. La mente ha la capacità di modificare il corpo, di farlo guarire o ammalare. Il corpo a sua volta condiziona i nostri pensieri. Quando parliamo di stress parliamo di un meccanismo che la natura ha previsto per garantirci maggiori probabilità di sopravvivenza davanti alle sfide. Lo stress pertanto coinvolge entrambi i sistemi: quello fisico e quello mentale. Di fronte a un di Mario Alberto Catarozzo Coach 155 6 2 Kris Jenner, compleanno retrò La mamma di Kim Kardashian festeggia i 60 anni con un party in stile ... VEDI TUTTI J-Ax: «Non rifarò The Voice» Lo aveva già fatto capire alla prima puntata di Sorci Verdi, e ora la ... VEDI TUTTI ONSTAGE MAG NEWS PEOPLE BEAUTY BENESSERE FASHION SHOW CINEMA FOOD FIRME OROSCOPO TRAVELLER LIFESTYLE MY BUSINESS VF NETWORK LIVE! ACCEDI

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Come vincere lo stress in 10 mosseC'è lo stress buono che ci fa andare avanti, e quello cattivo che ciparalizza. I consigli di un coach per governare al meglio le tensionisul lavoro

Mente e corpo sono un sistema unitario. Partiamo da qui. La

mente ha la capacità di modificare il corpo, di farlo guarire o

ammalare. Il corpo a sua volta condiziona i nostri pensieri.

Quando parliamo di stress parliamo di un meccanismo che la

natura ha previsto per garantirci maggiori probabilità di

sopravvivenza davanti alle sfide. Lo stress pertanto coinvolge

entrambi i sistemi: quello fisico e quello mentale. Di fronte a un

di Mario Alberto CatarozzoCoach

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pericolo o sfida, effettuiamo una valutazione istantanea delle

risorse in nostro possesso; da questa valutazione deriverà il

tipo di reazione che metteremo in campo per affrontarla:

proattiva (ci adopereremo per superarla, avendo valutato che

possiamo farcela), oppure reattiva (resisteremo cercando di

evitarla). Da qui derivano due tipi di stress, molto diversi tra di

loro: lo stress "buono", eu-stress, che ci permette di essere più

attivi, performanti e forti) e lo stress "cattivo" dis-stress (lo

stress logorante, cronico nel tempo) che ci appesantisce e può

rappresentare alla lunga un problema anche per la salute.

In ottica business, spesso si pensa che essere sotto stress faccia

rendere di più. Da qui molti imprenditori creano climi

aziendali "stressanti", mettendo sotto pressione i dipendenti,

perché convinti che così saranno più performanti. In realtà

non è proprio così, o meglio, è una questione di quantità e

durata. Essere troppo "rilassati" fa diventare apatici e crea

situazioni di a-stress (mancanza di stimoli); essere sottoposti a

pressioni eccessive e per periodi prolungati porta invece al

dis-stress, fino in alcuni casi al born-out (letteralmente

"bruciarsi"), situazione patologica. Saper gestire lo stress e

saper trovare il giusto equilibrio, fatto di pause di lavoro, di

stacco dalle attività, di relax vero, di recupero di energie, è

importante per garantire le performance lavorative.

Lo sa bene una società americana che su questo ha costruito la

propria fortuna, parliamo di Metronaps che, potremmo dire,

ha inventato l’acqua calda, nel senso che ha rispolverato

un’abitudine che i nostri nonni avevano nella propria routine

quotidiana: la pennichella pomeridiana. Il principio cardine è

che 15-20 minuti al giorno di pennichella dopo pranzo, oppure

di riposo rilassato, fanno bene alla salute e al business

dell’azienda. L’obiettivo di Metronaps è combattere la

stanchezza sul luogo di lavoro per migliorare le performance e

il clima aziendale. Da qui hanno "inventato" una chaise-longue

(una poltrona) che l’azienda può acquistare e collocare in

apposita area relax e che i dipendenti possono utilizzare per

schiacciare il proprio breve pisolino sul posto di lavoro dopo

pranzo, per poi tornare belli rinvigoriti al lavoro. Da studi

scientifici, infatti, emerge come con un breve riposo

pomeridiano si riducano gli errori da disattenzione e

stanchezza di circa il 30%. I ricercatori di Harvard, secondo

quanto riportato dal sito di Metronaps, stimano che in USA

vadano persi circa 63miliardi di dollari a causa della

stanchezza dei dipendenti. L’Università di Dusserdorf ha

stabilito che anche un breve riposo aumenta

significativamente le performance cognitive dei lavoratori.

Detto ciò, vediamo come possiamo vincere lo stress in

particolare nell’attività lavorativa in 10 mosse.

1. Diventa consapevole del tuo stile di vita. Il nostro corpo ci

parla, ci manda segnali e feedback. Se non lo ascoltiamo, il

passaggio successivo sarà che griderà per farsi ascoltare e, in

extremis, si ammalerà costringendoci in quel modo a prenderci

cura di lui. Il primo passo, pertanto, è recuperare un dialogo

costante con il nostro corpo, dargli spazio, dargli voce in

modo da creare con esso un rapporto di armonia ed equilibrio,

invece di usarlo come un mulo da soma ai lavori forzati. Siamo

abituati ad essere attenti solo agli stimoli esterni e non

fermarci a dare ascolto all’orecchiointerno. La conseguenza è

che se il nostro corpo non ci fa male non lo consideriamo, non

gli prestiamo cura e attenzione, tutti presi da mille impegni e

pensieri. Così ci dimentichiamo di fare attività fisica costante,

di riposarci adeguatamente la notte, di prenderci momenti di

relax durante il giorno, di fare piccoli esercizi per rilassare le

spalle, di respirare correttamente e a fondo, di nutrirci con

calma e in modo sano, di idratarci adeguatamente e di ridere o

quantomeno sorridere il più possibile. Anche in ufficio,

bastano pochi minuti per ricordarsi di fare gli esercizi per

rilassare le spalle e il collo, per attivare la respirazione

pronfonda e per fare due passi (magari le scale, invece

dell’ascensore).

2. Impariamo a conoscere lo stress e i suoi meccanismi. Se

conosci lo stress, ne conosci i meccanismi, puoi trasformarlo

in una risorsa a tua disposizione, invece che un ostacolo da

aggirare o, peggio ancora, un nemico da sconfiggere.

Ricordiamoci che la reazione di stress è una reazione naturale,

prevista per tutelarci e che ci tramette un messaggio di

pericolo o di difficoltà, che dobbiamo imparare ad ascoltare e

seguire. Lo stress non può e non deve essere eliminato, deve

essere invece gestito in modo che resti uno strumento di tutela

e di performance a nostro vantaggio. Secondo il modello

elaborato dal medico Hans Selye (Sindrome Generale di

Adattamento) le tre fasi dello stress di fronte ad un pericolo o

sfida sono: allarme (si mobilitano le energie difensive),

adattamento (l’organismo tenta di adattarsi allo sforzo),

esaurimento (se è stata superata la prova l’organismo si riposa

tornando in equilibrio, altrimenti continua nel tentativo di

adattarsi, salvo non riuscirci e si esaurisce fino ad ammalarsi).

3. Quanto conta l’aspetto mentale nella reazione di stress?

Ogni evento stressogeno, cioè fonte di stress ha un suo

impatto. Mentre in alcuni casi l’impatto dipende

esclusivamente dalle caratteristiche oggettive dell’evento, dalla

sua intensità, per esempio la sirena dell’autombulanza, lo

stridio del treno che frena arrivando in stazione, il gessetto

sulla lavagna, il caldo e il freddo, in altri casi l’impatto dipende

principalmente dall’interpretazione soggettiva che all’evento si

da. Attenzione alle parole che utilizziamo nel nostro “dialogo

interno” pe descriverci la realtà: dire “è stato un colloquio

terribile”, oppure “devo incontrare quel manager

antipaticissimo”, o ancora “ho un miliardo di cose da fare”…

non farà altro che aumentare l’effetto dell’impatto stressogeno

dell’evento.

4. Scopri quali sono in ufficio le fonti del tuo stress. Un buon

punto di partenza è diventare consapevoli delle occasioni di

stress, cioè delle fonti che lo generano (stressor). Possiamo per

comodità distinguere quattro categorie di fonti di stress: 1)

ambientali(ad esempio, la luce che filtra dalla finestra e

provoca riflesso sul monitor del computer con cui lavoriamo, i

rumori causati dalla stampante collocata alle nostre spalle che

va in continuazione, la voce del collega che grida quando parla

a telefono, lo squillo continuo dei telefoni in ufficio, l’aria

viziata di ambienti piccoli come le riunioni, il poco spazio

vitale tra le postazioni di lavoro, l’aria condizionata che ci

colpisce direttamente sul collo, o al contrario il caldo eccessivo

di una giornata estiva che rende l’ufficio rovente); 2)

relazionali (ad esempio la lite con un collega in ufficio, l’essere

costretti a stare ore in riunione senza averne interesse, il senso

di ingiustizia perché non è stata rispettata una promessa di

aumento, la frustrazione nel sentirsi inadeguati in un certo

ruolo, i rapporti gerarchici fonte di umiliazione, l’essere

costretti a svolgere attività che non ci piacciono); 3)

psicologiche (ansia per l’esito di una procedura, il senso di

incertezza di fronte alla stabilità di un ruolo, divergenza di

valori con il proprio capo, la paura del licenziamento, la noia

per lo svolgimento di attività ripetitive, il senso di inferiorità,

l’invidia); 4) organiche (un dolore muscolare, l’infiammazione

di un tendine, il mal di schiena, il bruciore di stomaco, il senso

di fame, la digestione pesante quando si è in riunione dopo

aver mangiato l’abbacchio con le patate). Si distinguono

pertanto gli stressor prossimali, cioè esterni, dagli stressor

distali, cioè interni alla nostra sfera fisica o psichica.

5. Quali sono le fonti dello stress nella professione? Oltre a

tutte quelle elencate sopra, è utile riconoscere le fonti dello

stress per chi è un libero professionista, a cui si aggiungono: le

scadenze; i ritmi di lavoro sempre più pressanti; le novità

normative a pioggia, accompagnate dalla incertezza della loro

interpretazione e applicazione; la riduzione dei margini di

guadagno; le difficoltà di pagamento dei clienti, l’aumento

della concorrenza; le nuove tecnologie, vissute più come un

problema che come una risorsa; le interruzioni continue del

lavoro a causa di telefonate, di email, di collaboratori; le

difficoltà relazionali con i collaboratori a cui si chiede una

collaborazione più attiva. Avere consapevolezza di queste fonti

permette di gestirci meglio trovando valvole di sfogo, ritmi più

accettabili, delegando di più.

6. Impariamo a respirare correttamente per rilassarci.

Respiro addominale, così viene chiamato il respiro profondo. Il

respiro è ciò che ci accompagna dalla nascita fino alla

dipartita. Respirare bene sembra semplice, ma non lo è. Causa

la postura “a uovo” davanti al computer, “a tartaruga” in

scooter, insaccati nella poltrona o aggrovigliati sulla sedia,

fatto sta che difficilmente respiriamo in profondità. Questo

comporta poca ossigenazione (ricordiamoci che il cervello per

lavorare ha bisogno di glucosio, quindi zucchero, e ossigeno,

consumando circa il 20% delle energie totali dell’organismo) e

il rimettere in circolo gas di scarico che con la respirazione

corretta andrebbero espulsi. Respirare in profondità non ha

solo effetti benefici sul corpo, sia sulla mente. Permette infatti

la “centratura”, cioè di riportare all’hic et nunc l’attenzione

lasciando andare i pensieri, come nuvole in un celo sereno, e il

rilassamento mentale rallentando i pensieri, prendendone

coscienza senza farsi “agganciare” da essi come ami a cui

abboccare. La Minduflness si basa proprio su questi principi

dell’induzione della calma attraverso la respirazione e

l’attenzione al presente; versioni orientali sono rappresentate

dallo Zazen, meditazione seduta, e dallo Yoga nelle sue diverse

varianti, solo mentali o mentali e fisiche. Come respirare bene?

Immaginate di avere due cannucce che attraverso i setti nasali

raggiungono direttamente l’addome; respirate col naso

(inspirazione) riempiendo la pancia prima e poi salite verso il

torace; a questo punto, una volta riempiti i polmoni trattenete

per 3-5 secondi il respiro come se foste in apnea sotto l’acqua e

poi lasciate andare (espirazione) l’aria attraverso la bocca

lentamente (per altri 3-5 secondi). Una volta svuotati i polmoni

completamente ripetete il ciclo per 3-5 volte consecutive e

godetevi subito il beneficio.

7. Impariamo a staccare durante la giornata. Una buona

pratica per prevenire l’affaticamento da stress (che significa

tensione) è quello di imparare a fermarsi anche per pochi

minuti più volte nella giornata. Innanzitutto ricordiamoci che

il nostro cervello dopo un’ora, massimo un’ora e mezza

continuativa di attività ha bisogno di riposo, come il pit stop di

una macchina di Formula Uno. Ha bisogno di recuperare la

lucidità, le forze per poter ripartire a puntino. Fare tirate di

ore senza mai staccare, mangiare davanti al computer è di

quanto più sbagliato si possa fare. Equivale a cercare di

abbattere un albero con un’ascia completamente sfilata: tanta

fatica poca resa. Spesso questo atteggiamento è legato

all’abitudine o al senso di colpa: “come, con tutto quello che ho

da fare faccio anche una pausa?”… Qual è la buona regola?

Fare ogni ora e trenta, ora e quarantacinque minuti, un break

di dieci-quindici minuti. In quel break ricordatevi di staccare

davvero però! Quindi se vado al bar a prendere un caffè con un

collega e continuo a parlare di lavoro, guardo le email, gli sms,

faccio telefonate etc….non sto staccando per niente. Inoltre gli

occhi sono stati pensati dalla natura per guardare lontano, non

fogli di carta e tantomeno schemi led o al quarzo come i vari

desktop con cui lavoriamo. Gli occhi si affaticano, e solo

"massaggiandoli" guardando lontano riusciamo a ritrovare

equilibrio ed energia per poi ripartire. Nella giornata, dunque,

programmiamo almeno un break a metà mattina, e uno a metà

pomeriggio, oltre alla pausa pranzo che non va utilizzata come

regola per incontri di lavoro o simili.

8. L’importanza del riposo adeguato di notte. Di notte il nostro

cervello effettua un vero e proprio check up per fare pulizia

delle scorie della giornata e farci ripartire brillanti il giorno

dopo. Il sonno è dunque un’attività fondamentale non solo per

il riposo fisico, ma anche mentale. Chi lavora fino a notte fonda

e poi gli gira tutto in testa e non riesce a dormire bene, sa cosa

vuol dire svegliarsi più stanchi di quando si è andati a dormire.

Allo stesso modo conosciamo bene la sensazione di

affaticamento causata da troppe poche ore di riposo sulle

spalle, oppure dall’aver dormito male per la cena troppo

abbondante della sera prima, o perché un pensiero ci assilla e

non ci libera la mente. Prepararsi al sonno è importante:

dunque ciascuno deve conoscersi per capire di quante ore ha

bisogno per alzarsi riposato e deve far attenzione

all’alimentazione serale; fare sport al mattino è meglio che alla

sera, perché l’organismo si prepara al riposo e con cene

abbondanti o attività fisica intensa lo “riaccendiamo”.

9. Quanto conta l’esercizio fisico. L’uomo è un essere motorio

per definizione. Ci sarà un motivo per cui la natura ci ha

dotato di leve lunghe (le gambe) e di un sedere piccolo (non

sempre)! Se avesse previsto per noi poca attività fisica e tanta

stasi, allora ci avrebbe dato un bel culone e gambine piccole

piccole. Allora usiamole queste leve. Correre è una delle

attività più salutari per rimanere in salute e normopeso; così

come nuotare, dove muoviamo tutti i muscoli e l’acqua ha un

fantastico effetto rilassante. Anche lo stretching è molto utile,

perché evita contratture e che i muscoli sembrino legati e

arrugginiti dopo troppo tempo di inattività (pensate ai lunghi

viaggi in aereo). Tutti gli sport aerobici hanno questa funzione

di scarico della tensione, di migliorare la circolazione, la

respirazione e farci sentire complessivamente meglio. Invece

gli sport anaerobici, come il tennis, per esempio, ha per lo più

una funzione ludica, di distrarci e farci divertire, che fa

anch’esso molto bene. Insomma, fate quello che vi piace ma

cercate di muovervi almeno 30 minuti al giorno tutti i giorni.

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10. Impariamo a relativizzare e ridere di più. Infine, come

indicato nel libro La gestione dello stress nell’attività

professionale, un ottimo strumento per gestire e prevenire lo

stress è imparare a relativizzare. L’impatto stressogeno di un

evento è frutto di una valutazione cognitiva e di una percezione

emotiva, entrambe soggettive. Perché la coda in auto ad una

persona fa uscire di senno e ad un’altra no? Perché il parlare in

pubblico ad uno terrorizza e all’altro invece crea una tensione

che lo aiuterà a rendere di più? La differenza sta

nell’interpretazione che ciascuno darà all’evento o alla sfida.

Nel come viene percepita, valutata e, di conseguenza,

affrontata. Se alla domanda (mentale) "ce la posso fare"

risponderemo di sì, allora avremo una reazione proattiva (eu-

stress); se risponderemo di no, allora avremo una reazione

(dis-stress) cercando di resistere. Si parla di "fronteggiamento"

piuttosto che di "resistenza". Impariamo a relativizzare, ad

allargare la cornice temporale e di contenuto dell’evento.

Ricordo una vignetta dove uno spazzolino da denti dice: "che

brutto lavoro che faccio" e accanto un rotolo di carta igienica

risponde: "sapessi io". Questo ci permette di introdurre l’ultimo

vero grande tema per gestire lo stress: ridere, ridere tanto, Il

nostro mondo è pieno di "seriosi in fase terminale". Noi

impariamo a ridere, a sorridere: farà bene noi e agli altri.

Diceva Charlie Chaplin: «Una giornata senza un sorriso è una

giornata persa».

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