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il notiziario Trimestrale di Arte e Cultura / Anno XLIII - n. 1 GENNAIO / MARZO 2018 / Tassa Riscossa Direzione e Redazione 00167 Roma Via Giulio Sacchetti, 10 / Fuori abbonamento: 1,25 Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in Abb. Post. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 20/b - Roma ACCADEMIA INTERNAZIONALE DI ARTE MODERNA AIAM 86

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  • il notiziarioTrimestrale di Arte e Cultura / Anno XLIII - n. 1 GENNAIO / MARZO 2018 / Tassa RiscossaDirezione e Redazione 00167 Roma Via Giulio Sacchetti, 10 / Fuori abbonamento: € 1,25 Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in Abb. Post. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 20/b - Roma

    a c c a d e m i a i n t e r n a z i o n a l e d i a r t e m o d e r n a

    a i a m

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    AntonioPietro BrunoNunzio DavidMassimoFerruccioFelipe EduardLambertoGuillaumePericleGiannettoSalvatoreEmilio

    H.AMARALANNIGONIBARBORINIBIBBÒBOYDCAMPIGLICASCIOLICASTAÑEDACHILLIDACIAVATTACORNEILLEFAZZINIFIESCHIFIUMEGRECO

    DIRETTORE RESPONSABILEAnna Nucciarone

    SEGRETARIA DI REDAZIONEFausta Pinto

    COMITATO DI REDAZIONE Francesca Graziano

    Alfredo BonomoAndrea Apruzzese

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    COLLABORATORI Pierpaolo Cannistraci

    Francesca Romana Fragale Aldo Jatosti

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    PRESIDENTEFranca Di Furia

    VICEPRESIDENTE Dott.ssa Francesca Fragale Prof. Benedetto Robazza

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    in copertina"VELE"

    di FRANÇOIS BENOÎTcollezione AIAM

    RIVISTA TRIMESTRALE DI ARTE E CULTURAEDIZIONI AIAMCONSIGLIO DIRETTIVO

    ACCADEMIA INTERNAZIONALE DI ARTE MODERNAALbO D'ORO

    VirgilioAlezUmbertoGiacomoIvanMarino LucianoAlfioHenryRodolfoHenryChengJosèPabloAntonio

    GUIDIKATZLILLONIMANZÙMARCHUKMARINIMINGUZZIMONGELLIMOOREMORALESMUELLERNAN- YANORTEGAPALAZUELOPASSA

    AugustoArnaldoMarioMarioBenedettoMimmoSvetlinAligiGregorioNelloLuigiOrfeoErnestoMarioSandro

    PEREZPOMODORORADICERIVOSECCHIROBAZZAROTELLARUSSEVSASSUSCILTIANSEGURINISERVOLINITAMBURITRECCANITOZZITROTTI

    Accademia Internazionale d'Arte Moderna

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    SOMMARIO4. Editoriale di A. Nucciarone

    5. Edward Hopper di Francesca Romana Fragale

    8. Airlinda Nunes: sei decadi di trasformazioni di A. C. Dias

    10. Giuseppila L. Tarantola, artista pura di A. G. Jatosti

    30. L'etica di un uomo libero di A. Nucciarone

    32. La musica è specchio della geometria della natura di A. Nucciarone

    34. Armonia di colori in via Margutta di F. R. Fragale

    24. Il sapore dell'amicizia di F. Pieroni

    22. Quando la natura genera l'arte di A. N.

    27. Alchimia di una canzone di D. Gasparri

    25. Arte come espressione della propria essenza di L. B. De Faria

    28. Presenze di scarna semplicità di M. Lenterna

    I lavori pubblicati rispecchiano il pensiero degli autori, i quali assumeranno tutte le responsabilità di legge. I testi dovranno essere dattiloscritti e firmati dall’autore. I pezzi scritti e le fotografie, anche se non pubblicate, non saranno restituite. Non si effettua pubblicità a pagamento. Le inserzioni pubblicitarie che possono apparire in qualche numero sono da ritenersi un omaggio ai sostenitori benemeriti della rivista. Il periodico viene inviato gratuitamente in abbonamento postale ad Enti Pubblici e Privati, Biblioteche e Associazioni Culturali. L’attività editoriale è di natura non commerciale a norma degli artt. 4 e 5 del D.P.R. del 26 ottobre 1972, n.633 e successive modifiche.

    13. Irene: l'immagine sacra ha un volto femminile di A. Cirelli

    16. Vincitori del Premio Medusa Aurea per la poesia 40a edizione "Giovanni Pascoli" Vincitori del premio Medusa Aurea per le arti figurative 41a edizione "Eduardo Chillida"

    17. bando di concorso: Premio Cultura Medusa Aurea: arti figurative

    20. bando di concorso: Premio di poesia e narrativa Medusa AureaRIVISTA TRIMESTRALE DI ARTE E CULTURA

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    EDITORIALEdi Anna Nucciarone

    l Cern di Ginevra è come una piccola città dove, attraverso un dispositivo straordinario, l’accelleratore di particelle, le migliori menti scientifiche provenienti da ogni parte del mondo, lavorano per formalizzare la cosiddetta “particella di Dio”, il “bosone di Higgs”. Ogni tanto (così mi è stato riferito) alcuni scienziati si riuniscono nell’Auditorium del Centro per suonare ed ascoltare Mozart, Bach, etc. Inoltre all’interno del fojer dell’auditorium stesso vengono allestite mostre di pittura e vengono invitati gli scienziati a discutere, a gustare, ad ammirare le opere esposte. Il tutto con lo scopo mirato di sviluppare attraverso la musica, la poesia, la pittura, la scultura, etc. quella parte del cervello che risulta più intuitiva e creativa.

    La distanza che per secoli ha separato scienza ed arte sembra dunque sempre più labile, se non addirittura inesistente. E questo è sacrosanto perché l’uomo è Uno.

    Ma per sviluppare in armonia tutte le sua parti ha bisogno di quella forza creativa, di quella educazione o “pedagogia dello spirito” che per Giovanni Gentile è l’Estetica.

    è per questo che da sempre mi appassiona l’arte; è per questo che sono estremamente onorata di essere stata invitata dal Presidente dell’Accademia, Franca Di Furia, a coordinare la nostra rivista.

    In questo numero mi è piaciuto mettere a confronto le esperienze estetiche più diverse ma mai banali, in molteplici parti del mondo: finalmente una positiva globalizzazione del bello!

    Ho incontrato giovani curiosi, professionisti appassionati, esperti che dopo decenni di attività ancora sperimentano il piacere della scoperta. Ringrazio tutti e spero che insieme, con semplicità, riusciremo molte altre volte a percorrere questa esperienza interiore totale, come è quella di parlare di Arte.

    Il presente numero è anche l’occasione per promuovere la 41° edizione del Premio “Medusa Aurea” nella sua duplice espressione di Premio per le Arti Figurative “Marino Marini” e quella di Premio di Poesia e Narrativa “Giosuè Carducci”.

    Quest’anno alla cerimonia di consegna dei premi sarà presente un professionista che da sempre ha amato l’arte e l’ha rincorsa in ogni angolo del mondo: il prof. Vittorio Sgarbi, una mente di straordinaria acutezza ed intelligenza oltre che di eccellente preparazione, che tutto il mondo ci invidia.

    Proseguiamo dunque nella nostra passeggiata in questo meraviglioso giardino che è la creatività per riscoprire che la vera bellezza è nell’animo e nella mente tanto di chi la produce come in quella di chi la sa riconoscere ed apprezzare.

    IAccademia Internazionale d'Arte Moderna

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    a i a ma t t i V i t à

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    Edward Hopperdi FRANCESCA ROMANA FRAGALE

    o recentemente visto la mostra di Hopper al Vittoriano a Roma. Avevo deciso di non recensirla. Ottimamente allestita, erano stati messi in evidenza delle considerazioni critiche sul grande Maestro estremamente interessanti. Tra le altre rammento la notazione sull’influenza di alcune famose tele di Hopper sulla cinematografia.

    Alfred Hitchcock ad esempio. O Wim Wenders. Era stato dato risalto a tele che recavano stupore sull’osservatore. Ora mi è tornato alla vista una monografia su Hopper e ho le sue opere in sequenza cronologica. E mi sono tornate in mente le sensazioni diverse che avevo avuto ammirando le sue tele nei musei di New York. Dunque ho deciso di annotarle in queste mie brevi riflessioni.

    Nell’opera di Hopper piuttosto che la realtà americana o gli splendidi fari mi sono rimaste in mente le finestre, le vetrine, le aperture. Ci leggo il vuoto, il silenzio, il labirinto, l’estraniazione. Sembra che i suoi soggetto siano in fuga da qualcosa o da qualcuno. O solo da se stessi.

    HAccademia Internazionale d'Arte Moderna

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    L’attesa. Attimi di sospensione. Come senza respiro. Senza tensione tangibile. Attesa e basta. Per esemplificare quello che intendo ho scelto due quadri, entrambi svolti in scompartimenti di treni.

    Il primo si intitola ‘Scompartimento C. carrozza 193’ del 1938 (olio su tela, 50,8/45,7 cm, Armonk, New York, collezione IBM Corporation).

    La natura che si vede dal finestrino sembra un quadro. Uomo e Natura paralleli come rotaie. Lei chiusa in se stessa nell’atto di leggere. Concentrazione. Preoccupata? Serena? Assorta? Sicuramente indifferente allo srotolarsi di splendidi panorami. Basterebbe ruotare gli occhi per prendere contatto. La natura è troppo, obbliga alla riflessione, quantomeno induce l’uomo a sentirsi piccolo, può essere disarmante. E l’uomo non può che concentrarsi su una cosa un’azione su se stesso per trovare una dimensione protetta.

    Il secondo ‘Vagone’, olio su tela, 101,6/127 cm, New York, collezione privata, del 1965. Racconta il rapporto con gli altri,

    come visto da Hopper. Quattro personaggi nel vagone di un treno? Non sembra un treno, sembra un vagone. La vita? Viene narrato usando un Tono di grigio cemento alle pareti, i finestrini che lasciano intravedere il nulla. Una signora legge, quella di fronte la guarda. I due seduti più avanti sono senza volto, uno protetto addirittura da un cappello. Atteggiamenti apparentemente casuali. Finestrini che lasciano intravedere il nulla. Il fuori ancora grigio, solo appena più chiaro del tono cemento scelto sapientemente per descrivere il vagone bunker. La porta pare murata ed è dello stesso identico colore antracite. La scelta di colori prevalentemente freddi induce disagio. A sorpresa prorompe il giallo. Insolitamente la luce dai finestrini grigi diventa gialla all’interno del vagone, ma di forma rettangolare, di una geometria compressa anche dalle ombre anch’esse rettangolari dei sedili. Un colore caldo compresso. L’autore pone ombre tutte uguali che riducono la fuga prospettica della luce gialla che diventa un corridoio, una guida, o forse segna una direzione che in fondo nessuno intende seguire.

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    Airlinda Nunes:sei decadi di trasformazioniLiberamente tratto dall’articolo di Ana Claudia Dias pubblicato da “Artes Plasticas” nel Giugno 2017

    I l 24 settembre si è chiusa presso il MALG (Museo di Arte Leopoldo Gotuzzo) in Pelotas, una cittadina del Rio Grande do Sul in Brasile, una mostra personale dedicata ad una delle artiste più poliedriche della recente storia dell’arte brasiliana: Airlinda Nunes.

    Tema della mostra appunto è “Airlinda Nunes: la traiettoria di un artista e la sua realizzazione nel mondo dell’Arte plastica di Pelotas”.

    La Nunes, oggi quasi novantenne, artista incapace di accontentarsi a lungo dei risultati ottenuti, ha dimostrato, nel corso di una carriera che oggi sfiora i settanta anni, una capacità incredibile di reinventarsi da capo in ogni stagione della propria vita, sia

    intima che professionale. è per questo che la mostra, curata dai professori Carmen Regina Bauer Diniz e Josè Luiz de Pellegrin, percorre i vari momenti della evoluzione di questa artista che, partendo dalla Scuola di Belle Arti dove si formò nel 1954 arriva fino ai nostri giorni dove in quella che l’artista stessa definisce “Arte Effimera” la Nunes utilizza la fotografia come veicolo di espressione.

    Iniziò con il disegno ( “Il disegno è ciò che dà sicurezza al quadro” afferma l’artista) ma ben presto sentì la necessità di andare oltre ciò che aveva imparato. Si confrontò con quello che era il panorama dell’arte moderna sia brasiliana che internazionale ma costantemente sentiva la necessità di trovare un proprio personale linguaggio espressivo.

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    Questo le ha spesso portato incomprensioni e per trovare maggiore spazio si trasferì in quella che in quel momento sembrava il luogo più aperto alle nuove tendenze: Rio de Janeiro ; qui Airlinda aprì il primo nucleo di una scuola di arte per bambini ed adulti che ben presto si dimostrò più interessante di ogni aspettativa. Ma è soprattutto la sua personale ed intensa energia creativa che attrae, la prolificità del suo temperamento che la portava a realizzare anche quarantatre opere in una settimana. “Provavo una autentica passione per la pittura; sembrava che mentre dipingevo uscivo da me stessa per dare vita e corpo alla mia necessità interiore di esprimermi” racconta l’artista. “La sua presenza bastava a stimolare tutti gli artisti o aspiranti tali con cui veniva in contatto” racconta Leda Lorea, proprietaria della Galleria Moduloja e pioniera insieme ad Airlinda Nunes, dell’evoluzione artistica di Pelotas e del Rio grande; “era come se bastava che Airlinda visitasse una galleria, perché magicamente gli artisti presenti sentissero un impulso di produrre straordinario e ciò incrementò in maniera esponenziale il fermento artistico della

    città” racconta il curatore Pelligrin. Nel 1976, insieme ad un gruppo di colleghi, fonda il MAP (Movimento Artistico di Pelotas) con l’intento di promuovere e divulgare l’arte all’interno della regione e fuori. E così scuole d’arte e gallerie fioriscono in varie parti del Brasile, da Sao Paulo a Porto Alegre. In tutta questa attività ella non mancò di trovare il tempo per dedicarsi ai propri figli e ai propri alunni (che ella considerava un po’ figli suoi).

    Dopo gli anni ’70 dominati dalla presenza di figure umane e paesaggi proposti sempre con pochi tratti eleganti ed essenziali, gli anni ‘80 sono caratterizzati dal geometrismo; gli anni ’90 sono quelli in cui sperimenta l’acrilico ed ecco materializzarsi opere, soprattutto floreali, coloratissime. Negli anni 2000 sembrano affascinarla i “Mandàla” per il tipo di suggestione che provocano nel pubblico che vi proietta la propria realtà. Nessuno di questi cambiamenti fu programmato “Non so perché passai da una fase ad un’altra: quando me ne accorgevo già stavo facendo un’altra cosa” racconta l’artista.

    Lo sforzo di Airlinda è stato riconosciuto negli anni non solo nel proprio Paese ma anche fuori. Le sue opere sono state esposte in Spagna, Portogallo, Argentina, Uruguai, Perù, Germania, Francia, in mostre personali e collettive. Numerosissimi i premi e trofei ricevuti in ogni parte del mondo; ne citiamo uno per tutti perché ci sembra ci riguardi più da vicino: quello di “Arciere dell’Arte” conferitole da Antiqua Florentia ovviamente a Firenze, in Italia; ed è proprio in Italia che speriamo di ammirare presto l’arte di questa indomita giovane creatura di novanta meravigliosi anni.

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    Giuseppina Laura Tarantola, artista pura

    Il presente lavoro è uno stralcio del saggio di Aldo G. Iatosti sull’arte della pittrice e scenografa Giuseppina Laura Tarantola. L’intero testo è disponibile sul sito dell’Accademia e sul Notiziario on line

    Q uando la nostra artista nasceva, Ernesto Treccani fondava uno degli ultimi movimenti della stagione della prima metà del Novecento: “Corrente” (1939), seguito dal “Fronte nuovo delle arti” (1948). Giuseppina Laura si manifesterà dopo almeno un ventennio. Ama raccontare un episodio della prima metà degli anni Sessanta, quelli del “Ferro di cavallo”. Risolutivo per la sua metamorfosi l’incontro con due grandi personaggi: Toulouse Lautrec e (durante il corso di scenografia all’Accademia) Honoré Daumier. Grazie ad essi, esercitandosi nel disegno avente per

    soggetto il mondo del teatro, la sua mano acquisisce scioltezza e fluidità grazie alle quali porta “il segno alle estreme conseguenze: una linea nervosa e sciolta, parossistica, che spesso supera la forma compiuta ma senza divenire vero arabesco”.

    di Aldo G. Jatosti c r i t i c o d e l l ’ A . I . C . L . ( A s s . I n t . C r i t i c i L e t t e r a r i )

    “L’uomo moderno si aggira nel giardino della storia come in un deposito di maschere teatrali che prende e lascia”

    (Friedrich Nietzsche)

    Dipinto su tela - "Canti del Mito" 3x2 m - 1994 Isola di Lipari (Eolie) - Pal. del Comune - Sala Consiliare Vincitore Concorso Opere Pubbliche indetto dal C.I.P.R.A.

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    Ella prosegue alacremente i suoi studi di scenografia attraversando la vicenda artistica italiana, ma senza lasciarsene sedurre più di tanto Ella mira a trasformare lo spazio nel quale è immersa in un ipotetico, metaforico palcoscenico teatrale (predisposto a rappresentare specialmente un’opera lirica o un balletto) secondo gli schemi classici, che poi sono esattamente quelli ideati, voluti e puntigliosamente descritti dagli autori dei melodrammi e/o dei balletti. (...).

    Diceva Renzo Vespignani: “Cézanne teneva sul suo tavolino mele e pere, io ci tengo racconti e poesie”. Se aggiungiamo un terzo elemento, il pensiero è spendibile anche per la nostra artista. Il terzo “elemento” è la S. Scrittura: Antico e soprattutto Nuovo Testamento (...) Per quanto attiene al mondo delle idee, l’ideale di Tarantola è questo: “Come artista, mi è spontaneo operare nella constante ricerca di quella dimensione, all’interno della quale le immagini in forma leggibile delle creature vibrino e respirino sospese tra Bene e Male, tra Materia e Spirito, tra Umano e Divino nel continuo mutare dei fenomeni naturali. In un’epoca in cui, sia pure attraverso validissime espressioni e correnti artistiche, il Materialismo Puro ha imperato indisturbato per lungo tempo, concedendosi a volte a mistificazioni, la mia fatica giornaliera vuole, con la massima umiltà, suggerire il ripristino dei valori antichi e indistruttibili del Classicismo in chiave moderna e della Trascendenza” (...).

    Pare che Tarantola voglia chiosare il pensiero dell’augusto personaggio con quel suo intento – peraltro realizzato – di ripristinare i “valori (...) del Classicismo (...) e della Trascendenza”(...)

    Se, come dice Aristotele, “il diletto proprio della tragedia è quello che scaturisce mediante la mimèsi, da fatti che destano pietà e terrore”, allora l’autore della scenografia ha il compito preciso, si potrebbe dire “precostituito”, di farsi carico e di esaltare il messaggio agli spettatori.

    Anzi, come si esprime, Silvio D’amico, il teatro è “la comunione d’un pubblico con uno spettacolo vivente (...) che da due millenni e mezzo si ripropone ogni giorno la impossibile impressa di tradurre in concreta realtà il sogno; che pretende d’attinger la creazione d’un poeta dalle pagine dov’essa vive la sua vita ideali col mirabilissimo e pazzo propositi di trasportarla agli occhi del pubblico (...) dove sovrana è la Parola: dacché in esso registe e attori e apparato scenico non hanno o non dovrebbero avere altro compito che questo: di illustrare e potenziare la Parola regina. (...) Il teatro è la Parola commentata dalla visione” . Fulcro di questa visione è l’allestimento scenico, cioè la scenografia (...)

    Tanta tecnica, dunque, ma anche tanta preparazione, delicatezza e buongusto. Come dire: una lunga, amorevole empatica presenza nell’ambiente, arricchita dalla cultura, dal sense of humour che potremmo anche chiamare “intellettualismo”, come quello del grande Euripide, con il suo bisogno di argomentazioni raziocinati, il compiacimento per l’espressione aristocraticamente cerebrale, talvolta persino il sofisma.

    Tutto questo esiste nei soggetti scenografici della nostra artista da me esaminati. Notevole è il fondale per “La donna nei tempi” (cm. 400 x 280) realizzato per Telestudio: vero tripudio di colori e di allegorie; sempre per la Tv (stavolta Rai 1), il fondale per “Le tavole del mondo”; i bozzetti per gli allestimenti di “Gianni Schicchi”, un’opera del “trittico” (assieme a “Il tabarro” e “Suor Angelica”) composto da Giacomo Puccini nel 1918 e de “Il campanello”, opera minore di Gaetano Donizetti. La grandiosa visione d’assieme, che non trascura tuttavia i particolari, sembra ispirarsi più che alla drammaturgia dell’Otto-Novecento al Teatro del Rinascimento italiano (...),

    Ho intenzionalmente valutato per prime le realizzazioni più distanti nel tempo fra loro: 1966 e 1997. Più di un trentennio che ci racconta come sia venuto cambiando il lavorio euristico dell’artista, dalla realistica schematizzazione delle opere verghiane messe in scena, alla magnificenza a dir poco rinascimentale dei due atti unici rispettivamente del toscanissimo Puccini e del lumbàrd Donizetti. Ciò non va assunto come giudizio definitivo, perché – tanto per fare un esempio – le scenografie sia de “L’avaro” di Molière, sia del balletto “Il diavolo e il violino” sono in pratica coeve con quanto immaginato per Verga (1968 e 1969). Vi si notano tratti stilistici del tutto nuovi: una creatività davvero eccentrica, suggestiva, ammiccante, appagante.

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    Assistiamo a creazioni liriche, immaginifiche (sì, il richiamo a d’Annunzio ci sta tutto!), con un cromatismo lussureggiante che ben accompagna gli elementi simbolici ed emblematici (il violino) lasciando lo spettatore con il fiato sospeso.(...)

    Ed eccoci alle ultime fotografie a colori in mio possesso: riguardano due rappresentazioni nel teatro Arcar di altrettante pièces di Pirandello: “La Giara” e “L’altro figlio”. Il grande scrittore agrigentino (1867-1936) aveva una cinquantina d’anni quando le scrisse. Anzi, “La giara” fu interpretata nel 1917 da Angelo Musco proprio in dialetto agrigentino (“A giarra”), esperienza – questa che fu presto messa da parte dallo scrittore. (...)

    Per “La giara”, ella ovviamente si serve del simbolismo dei tre elementi chiave della vicenda, cioè l’irrazionalità dell’artigiano, la giara (ovviamente) e l’albero, sul quale il committente infuriato andrà a infrangere il recipiente. Il prodotto scenografico ideato dell’artista si avvale – anche in questo caso – del senso di vastità, del rapporto privilegiato con la natura, “catturata” da una “rete” di linee morbide, avvolgenti, simboliche, come – ad esempio – si evince dall’esiguità dell’albero (poco più di un arbusto ischeletrito): il tutto immerso e reso nella consueta soavità cromatica degli acrilici color pastello.

    Mi chiedo: si può mai “concludere” un discorso su una sacerdotessa dell’arte e o degli artisti in genere? Non ignorando la lezione del grande Ludwig Wittgenstein (1889-1951), ritengo che il talento sia una fonte dalla quale sgorga un’acqua sempre nuova e, tuttavia, questa fonte perde ogni valore se non se ne fa un giusto uso.

    Il vero artista (e la signora Tarantola lo è) non può non condividere l’intuizione di Goethe, cioè che il mezzo migliore per sfuggire il mondo è l’arte ma il mezzo più sicuro per entrare in contatto con il mondo è ... l’arte! (...) Far l’esegesi di un “prodotto” della cultura è un’opera molto delicata perché essa medesima è “cultura”, cioè quella cosa – come ha scritto Karl Kraus (1874-1936) – “che i più ricevono, alcuni trasmettono ma pochi hanno”. Io ho accettato di “cercare” di fare esegesi della produzione artistica della signora Tarantola non ignorando che non sarebbe stata operazione agevole e tuttavia l’ho fatto, facendo riferimento “anche” alla comune fede ed ai comuni ideali, che ci permettono di valutare il nostro cammino, i nostri pensieri, le nostre azioni su metro della spiritualità e della religiosità. (...)

    Sono lieto di poter asserire che la nostra artista nella sua operosa vita (anche spirituale) si è comportata in tal modo, con i propri stilemi, i propri cromatismi, la propria poetica, la propria visione del mondo, il proprio linguaggio. Le auguro di continuare ancora per molto, molto tempo.

    Bozzeto scenografico per il balletto: "Il diavolo e il violino" Collage - Anno 1968 -'69

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    Irene: l'immagine sacraha un volto femminile

    R iispondendo a spinte che somigliano alle tipiche ribellioni adolescenziali - per definizione iconoclasti e contrari al mondo degli adulti corrotti - periodicamente si avviano battaglie che mirano a distruggere simboli politici o religiosi. Il mezzo è distruggere opere d'arte, stemmi o simboli appartenuti a regimi travolti da rivoluzioni o tiranni deceduti o in disgrazia. Così accadde in Egitto per il faraone monoteista Akhenaton giudicato "eretico" poco dopo la sua morte. In seguito Imperatori romani come Caligola, Domiziano ed altri, furono condannati alla damnatio memoriae. Furono distrutti i leoni di S. Marco, ripetutamente nella storia, anche per ordine di Napoleone. Stessa sorte la subì lo stesso Napoleone le cui icone, furono distrutte una volta battuto ed esiliato. Nelle varie rivoluzioni, francese, bolscevica, culturale cinese etc., sempre fu ritenuta essenziale la distruzione delle immagini del passato per subire poi, alla loro caduta, la stessa sorte. Ed anche oggi i talebani o l'Isis distruggono i templi antichi o le statue raffiguranti il Buddha. Insomma il furore iconoclastico si è da sempre scatenato periodicamente, nella storia umana.

    La religione cristiana nel VIII secolo è stato teatro di una vera guerra tra le due fazioni: gli iconoclasti, i distruttori di immagini e gli iconoduli, i veneratori di immagini sacre; tale disputa creò una vera e propria frattura tra l'arte sacra

    occidentale e quella orientale.

    Il comandamento non sembra lasciare spazio ad interpretazioni.

    "Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a quelle cose e non le servirai". Deuteronomio - 5, 8-10. Viceversa ecco l'interpretazione ufficiale: "L’onore reso ad un’immagine appartiene a chi vi è rappresentato. Chi venera l’immagine venera la realtà di chi in essa è riprodotta. L’onore tributato alle sacre immagini è una venerazione rispettosa, non un’adorazione dell’immagine in se stessa, adorazione

    di Andrea Cirelli

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    che conviene solo a Dio" - brani del Concilio di Nicea, Concilio di Trento e Concilio Vaticano Secondo.

    Le opere d’arte si insinuarono così nella teologia senza sfidare i valori spirituali cristiani, senza cioè la pretesa di fare del visibile una via di accesso all’invisibile. Ben presto però ebbe inizio la confusione.

    Per i fedeli, per la gente semplice quindi, la percezione cominciò a mutare a causa di una diffusa incapacità di pervenire al divino se non attraverso qualche intermediazione; ma proprio il sentimento di speranza, di beatitudine che si provava in occasione dell’immagine portò a pensare che il Santo fosse realmente nel dipinto o nella statua, ossia che ciò che veniva rappresentato era presente. A volte alcune immagini venivano raschiate ed i colori, diluiti in acqua, diventavano pozioni per i malati. Anche oggi migliaia di persone eseguono riti con medagliette, madonnine ed immagini sacre.

    Gli iconoduli d’altronde controbatterono alle accuse di eresie che gli venivano rivolte adottando ragioni valide: gli iconoclasti, presi dalle loro periodiche furie distruttrici, non capivano che l'icona di Cristo non rappresentava la divinità e neanche l'umanità di Gesù, ma piuttosto l'ipostasi, certamente un mistero della fede, ma accettabile in quanto lo stesso Dio, incarnandosi, si era reso visibile assumendo un aspetto umano.

    In questa diatriba, ruolo fondamentale lo ebbe una donna: Irene, imperatrice cioè “basilissa” in quanto moglie di Leone IV e madre del piccolo Costantino, erede imperiale. Irene fece delle immagini sacre la sua battaglia personale e la vinse pur perdendo in vita ogni potere. Irene va contestualizzata nel suo periodo storico e culturale e non giudicata con la nostra morale.

    Irene era originaria di Atene, nel 768, sposò l'erede al trono bizantino Leone IV, figlio di Costantino V della dinastia isaurica, e fu incoronata. insediatasi nel 775, la coppia consacrò co-Imperatore il piccolo Costantino VI, nato nel 771. Irene, nonostante la posizione del consorte imperatore era una adoratrice di immagini sacre. Si narra che nelle sue stanze furono scoperte

    due figure di santi, perdendo così il favore del coniuge. Questi però morì nel 780, in circostanze poco chiare. A Leone IV successe così Costantino VI di soli 9 anni sotto reggenza materna ed iniziò un periodo estremamente turbolento. La Corona fu ancora minacciata dai cinque fratelli del defunto Basileus. Il palazzo divenne,

    pertanto, sede di intrighi e lotte di potere violentissime degenerate in una congiura che ella sventò: Irene punì i cognati rinchiudendoli in conventi ed imponendogli la vita clericale. Risolte con difficoltà le questioni interne ed esterne, nel 787 a Nicea, dunque, si celebrò il VII Concilio Ecumenico: si bollò come eretica l'iconoclastia e si decise che le icone potevano essere venerate, ma non adorate; si scomunicarono gli iconoclasti. Irene raggiunse il suo scopo. Irene però viveva un intenso furore che non le permetteva di essere una coprotagonista ma le imponeva il protagonismo assoluto. Per questo, dopo aver sventato numerose congiure - spesso sedate in autentici bagni di

    Accademia Internazionale d'Arte Moderna

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    fisse, ieratiche, quelle stesse che ancora oggi si eseguono nell'ambito dell'arte sacra Ortodossa dove possiamo ammirare quelle Madonne o Gesù che non esprimono alcuna sensazione umana, non possono richiamare alcun peccato, non distraggono il fedele con emozioni terrene, né nella posa, né nello sguardo: tutto ciò che è terreno è peccaminoso quindi niente che lo sia deve essere mostrato. Nonostante ciò si sono prodotte alcune bellissime opere, specialmente nelle luci sprigionate dai mosaici, luci e colori non naturistici ma che richiamano ad una trascendenza mistica. L'arte dell'oriente russo, bulgaro, greco che ancora rispettano le leggi di Irene è comunque frutto di tutta la battaglia sulle icone avvenuta dopo Costantino, che sono diventate tradizione, cultura anche ad opera di un’altra donna, Teodora armena, imperatrice d'Oriente, la cui vita sembra reincarnare quella di Irene. Moglie dell'imperatore Teofilo, alla morte di questo all'età di soli 29 anni, Teodora assunse l'incarico di reggente per il figlio Michele, di due anni.

    Teodora rovesciò la politica religiosa del marito, destituì il patriarca di Costantinopoli, nominando Metodio che ristabilì la venerazione delle immagini di Cristo e dei Santi; il clero iconoclasta veniva destituito. Con una grande processione le immagini vennero riportate in Santa Sofia l'11 marzo 843 dove venne istituita in maniera definitiva la "Festa dell'Ortodossia".

    In occidente - ed in particolare in Italia - le cose cambiano dopo alcuni secoli: con Cimabue ci si incammina verso altri splendori.

    sangue -, arrivò a destituire lo stesso figlio e - si dice - a farlo addirittura accecare. Tuttavia la sua egemonia non durò molto: con la consacrazione di Carlo Magno, il cui edificio politico ella non riconobbe mai, l'ennesima congiura riuscì ad insediare sul trono Niceforo I. Irene venne rinchiusa in un monastero nell'Isola dei Principi e poi, nel novembre dell’802 a Lesbo, dove morì il 9 agosto dell’803. Lasciava un Impero nel caos sociale e politico e nella rovina amministrativa ed economica da cui l'impero Bizantino non si sarebbe mai più risollevato. Nonostante i crimini di cui si era macchiata, Irene fu canonizzata e le sue spoglie traslate nella chiesa dei Santi Apostoli di Costantinopoli. è una santa priva di icone: scherzo del destino, la sua unica immagine pervenuta a noi è in una antica moneta bizantina. La sua tomba, violata dai Crociati nel 1204, fu distrutta dai Turchi nel 1461. Tuttavia la battaglia di Irene sulle immagini fu fondamentale sia in oriente che in occidente. L'arte che prima era accettata come architettura, musica, poesia, adesso si apriva all'immagine, recuperando quella che era stata la grande arte classica greca. Nello stesso periodo, in occidente, per opera di Carlo Magno ci fu una apertura analoga.

    Continuamente si discuteva di come avrebbe dovuto essere l'arte sacra, dalle forme fino nei dettagli del colore da utilizzare: l'arte sacra doveva essere una metafora di Dio, non poteva rappresentare emozioni umane, erotismo, istinti terreni, escludendo anche quel naturalismo di stampo pagano.

    Si ottengono così quelle immagini

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    POESIAINEDITA

    1° premio medaglia aurea a LOMBARDI ANNA MARIA

    2° Premio medaglia argentea ex aequo a: TIZIANA SABATINI, FRANCESCO TERRONE

    3° Premio -medaglia di bronzo ex aequo a CARLO FRONTINI, ANTONIO GIORDANO, MICHELINA MORRONE, ANTONELLA PERICOLINI

    DIPLOMA D’ONORE a ALESSANDRA DE LEONI, MATTEO FERRARINI, GIANCARLO REMORINI, GIUSEPPINA RICCOBONO

    POESIA EDITA

    1° premio medaglia aurea a PARIDE MERCURIO,

    2° Premio medaglia argentea a FIORELLA GOBBINI

    3° Premio medaglia di bronzo a MARGHERITA DI FIORE

    DIPLOMA D’ONORE a CLAUDIO ALCIADOR

    LIBRO EDITO

    1° premio medaglia aurea a: GIOVANNI SCIARA

    2° Premio medaglia argentea a: GIUSEPPE VERRIENTI

    3° Premio -medaglia di bronzo a: SALVATORE MAIORANA

    ARTI FIGURATIVE

    1° Premio medaglia aurea ex aequo a: SAURO TUPINI

    2° Premio medaglia argentea ex aequo a: DARIO BARCO e ANGELO BOTTATO,

    3° Premio medaglia di bronzo ex aequo a: DANIELA DI BITONTO, ARLOS BELTRAN CORRALIZA, JOOP VAN DER LINDEN, GIANNI MATTONI

    Giuria Poesia e Libro edito composta da: Andrea Apruzzese, Alfredo Bonomo, Nino Cellupica, Aldo G. Jatosti, Francesca Romana Fragale, A. Maria Marfè. Coordinatore: Franca Di Furia.

    Giuria Arti figurative composta da: Pierpaolo CANNISTRACI, Francesca Romana FRAGALE, Claudio MORLENI, Benedetto ROBAZZA, G. Laura TARANTOLA.

    Coordinatore: Franca DI FURIA.

    Vincitori del Premio Medusa Aurea per la poesia 40a edizione"Giovanni Pascoli"

    Vincitori del Premio Medusa Aurea per le arti figurative 41a edizione "Eduardo Chillida"

    La cerimonia della premiazione si è tenuta il 4 GIUGNO 2017 nell’Aula Magna dell’Universita’ Valdese a Roma

    Accademia Internazionale d'Arte Moderna

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    PREMESSA è bandito il quarantunesimo concorso di pittura, disegno, scultura, grafica, architettura, fotografia, con frequenza annuale.

    Il premio è registrato a data 8-07-1978 al N°1/234602 Reg. P.G , a norma della Legge 22/4/41 N°633, in Bollettino della Proprietà Letteraria Artistica e Scientifica della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

    Il concorso è regolato dalle seguenti norme: Art. 1 La partecipazione al concorso è aperta a tutti.

    Art. 2 Le opere dovranno essere inedite. I concorrenti dovranno inviare tre fotografie di opere diverse. Le fotografie o DVD dovranno pervenire alla segreteria dell’A.I.A.M. in Via Giulio Sacchetti, 10 00167 Roma a mezzo raccomandata o mail "[email protected]" o consegnate a mano insieme alla scheda di adesione, con indicazione a tergo dei dati essenziali (misura, tecnica, titolo dell'opera, nome e cognome dell'autore).

    Art. 3 La Commissione di esperti dell'Accademia curerà la selezione delle opere. Per ciascun concorrente sarà ammessa una sola opera. Gli artisti, a cui sarà comunicata l’ammissione al concorso, dovranno inviare l’opera prescelta alla sede dell’A.I.A.M. e pagare il contributo di €120,00 (centoventi). L’elenco degli artisti finalisti sarà inserito a cura e spese della direzione del concorso nel periodico "Il Notiziario dell’A.I.A.M." e sul sito "www.aiam.it".

    Art. 4 Sono ammesse al concorso opere di:

    A) PITTURA (olio, pastello, tempera,

    acquarello, acrilico e tecnica mista);

    B) GRAFICA (incisione, serigrafia);

    C) DISEGNO (matita, cartoncino , sanguigna);

    D) DECORAZIONE ( pannello, affresco, mosaico, arazzo);

    E) SCULTURA (legno, metallo, pietra, argilla ed altri materiali ) con opere di scultura, fusione, intaglio, sbalzo, cesello e ceramica ecc. . Le sculture dovranno avere almeno un lato non inferiore a cm 50, ed il peso non superiore a kg. 10;

    F) ARCHITETTURA (decorazione, urbanistica, architettura d’interni, scenografia, ecc.). Per le opere di grandi complessi, potranno essere esposte riduzioni fotografiche su pannelli, o modelli plastici in scala ridotta, corredati di tutti i dati tecnici. E' ammessa la partecipazione a mezzo DVD;

    G) ISTALLAZIONE ARTISTICA partecipazione a mezzo DVD;

    H) FOTOGRAFIA in bianco e nero o a colori.

    L’opera originale dovrà avere dimensioni non inferiori a cm. 40 e non superiore a cm. 100. è ammessa una tolleranza del 10%.

    Art. 5 Le opere ammesse al concorso partecipano al trofeo internazionale “Medusa Aurea”. Il Trofeo, opera originale in bronzo dello scultore Nunzio Bibbò, riproduce la Gorgone dell’Athena Farnese e verrà assegnato al primo classificato delle suddette categorie, qualora la giuria raggiunga l'unanimità. La medaglia aurea verrà attribuita all'artista classificato al 1º posto. Il vincitore del concorso sezione arte figurativa sarà ammesso a partecipare al concorso De Benedetta in Spagna, godrà di un'intervista rilasciata a "Art News 24", la sua opera verrà pubblicata nel Notiziario dell'AIAM e verrà insignito honoris causa del titolo di socio di merito dell'Accademia. La medaglia argentea verrà attribuita agli artisti che si classificheranno al 2º posto con un numero massimo di 2 premi ex aequo.

    PREMIO DELLA CULTURA “MEDUSA AUREA”

    CONFERITO DALL’ACCADEMIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA ROMA, ANNO ACCADEMICO 2017-2018

    41ª EDIZIONE

    ARTI FIGURATIVE PREMIO «MARINO MARINI»

    OSPITE D'ONORE PROF. VITTORIO SGARBI

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    La medaglia di bronzo verrà rilasciata agli Artisti classificati al 3º posto, con un numero massimo di tre premi ex aequo. Ai vincitori verrà pubblicata l'opera con breve nota critica sul "Notiziario dell'AIAM". A tutti gli Artisti ammessi alla selezione finale verrà rilasciato il diploma di attestazione di Merito. I premi assegnati ai partecipanti al concorso non ritirati nella sede della manifestazione saranno spediti a mezzo plico raccomandato, previo versamento anticipato di €15,00 per spese postali e diritti di segreteria; si accettano deleghe per il ritiro.

    Art. 6 E' istituita la sezione giovani infraventicinquenni meritevoli. Il vincitore potrà partecipare gratuitamente alla 42esima edizione e godrà della pubblicazione dell'opera sul "Notiziario telematico dell' AIAM".

    Art.7 Il concorso ha i seguenti termini di scadenza:

    Invio della scheda di adesione e fotografie o dei DVD delle opere entro il 20 marzo 2018.per la selezione. Il contributo, che verrà versato solo in caso di superamento della preselezione, l'invio dell’opera ammessa alla finale e la richiesta di pubblicazione opzionale come da nota in calce dovranno pervenire entro il 10 aprile 2018.

    Art.8 La cerimonia finale della manifestazione avrà luogo in Roma, contestualmente alla proclamazione dei vincitori del Premio della Cultura domenica 29 aprile 2018. Gli artisti ammessi alla selezione finale saranno avvertiti a mezzo lettera o a mezzo mail e pubblicazione sul sito: "www.aiam".it. La direzione si riserva la facoltà di apportare variazioni ai termini di cui innanzi.

    Art. 9 Le opere sono assicurate per tutti i rischi (furto, incendio, danneggiamento) per un periodo che si conta da un giorno prima a un giorno dopo la esposizione delle opere, esclusa la spedizione, per i seguenti valori: grafica €250,00 - dipinti €500,00 - sculture: - €1.000,00. Il viaggio di andata e ritorno alla sede dell’ A.I.A.M. è escluso dall’ assicurazione.

    Art. 10 Esaurita la manifestazione le opere dovranno essere ritirate.

    Art. 11.La sottoscrizione della scheda di adesione al concorso comporta la conoscenza del presente regolamento e l’accettazione integrale di esso.

    Art. 12 I risultati saranno pubblicati mercoledì 25 aprile 2018 sul sito web "www.aiam.it". Nota I finalisti che desiderano la pubblicazione dell’opera ammessa alla selezione del Trofeo ”Medusa Aurea” nel periodico - “Il Notiziario dell’ A.I.A.M.” dovranno effettuare il versamento dell’importo sotto indicato entro e non oltre il

    10 aprile 2018 a mezzo vaglia postale intestato a: A.I.A.M. Via Giulio Sacchetti n° 10 B/16 - 00167 - Roma od anche a mezzo versamento su c.c.p. n°11521002 -A.I.A.M. Roma .ed inviare fotocopia della ricevuta entro il 10/04/2018. Il costo della pubblicazione è di €95,00 per riproduzione a colori. Indipendentemente dalla premiazione della Giuria, la presidenza dell’A.I.A.M. si riserva di attribuire alcuni dei seguenti premi: 1) Una pagina sulla rivista “Il Notiziario dell’A.I.A.M.”. 2) Una pagina sulla rivista “Notiziario dell’A.I.A.M. telematico. 3) Iscrizione all’Accademia I.A.M. honoris causa. 4) Targa al merito artistico dell’A.I.A.M.. 5) Coppe, targhe , medaglie di Enti Pubblici. 6) Inserimento di un'opera con nota critica nella galleria telematica dell'AIAM per sei mesi.

    A tutti i partecipanti sarà inviato un abbonamento omaggio a 4 numeri del notiziario dell'A.I.A.M.

    La scheda di adesione va inviata a : A.I.A.M. Via Giulio Sacchetti 10 B/16 - 00167 Roma (Aurelio) Tel. 06-6373303 o 3806373303.

    Le opere dovranno essere recapitate alla segreteria dell’Accademia, in A.I.A.M. Via Giulio Sacchetti 10 B/16 - 00167 Roma (Aurelio) Tel. 06-6373303 o 3806373303.

    Solo in caso di pagamento sul conto corrente postale o bonifico è richiesto l'invio della copia della ricevuta.

    Accademia Internazionale d'Arte Moderna

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    A.I.A.M. – ROMA ARTI FIGURATIVE

    TROFEO “MEDUSA AUREA” 2017/2018 – 41ª EDIZIONE

    PREMIO: >

    SCHEDA DI ADESIONE

    Il sottoscritto .........................................................................................................................................................

    nato a (nazione e città) .......................................................................................................il................................

    e residente in (nazione e città) ............................................................................................................................

    Via.........................................................................................................................................................n...............

    c.a.p....................... Tel................../........................................................fax...........................................................

    Sito internet .........................................................................E.Mail ......................................................................

    Presa visione del bando di concorso antescritto, chiede di partecipare con un’opera di:

    (barrare la categoria)

    Accetta il regolamento del concorso e si impegna a versare (dopo la comunicazione dell'ammissione al concorso) Euro 120,00 (centoventi ) per recupero costi della polizza assicurativa e abbonamento a "Il Notiziario AIAM", a mezzo vaglia postale o bancario o mediante versamento in c.c.p. n° 11521002 intestato a A.I.A.M. Via Giulio Sacchetti 10 -00167, Roma od anche in contanti, (sottolineare il tipo di versamento prescelto ed inviare fotocopia della ricevuta in caso di conto corrente postale o bonifico).

    A norma dell’art. 2 allega tre fotografie a colori. Le fotografie non saranno restituite e saranno utilizzate per la polizza assicurativa « tutti i rischi ».

    ................................... .........................................................................

    pittura grafica design decorazione scultura architettura istallazione fotografia

    data firma

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    Il concorso è articolato nelle due seguenti sezioni:

    A) Poesia inedita

    B) Libro edito o inedito (poesia, narrativa, romanzo, racconti brevi) Il concorso è regolato dalle seguenti norme:

    Art. 1 - La partecipazione al concorso è aperta a tutti: soci e non soci. Sono esclusi i Senatori Accademici.

    Art. 2 -Non è richiesta alcuna tassa d’iscrizione ma solo il mero rimborso delle spese organizzative, di segreteria. (Vedasi scheda di adesione in calce).

    Art. 3 - Per la sezione A i concorrenti potranno inviare da una a tre poesie (inedite) che non superino i trentasei versi ciascuna. I lavori dattiloscritti, in quattro copie, non dovranno essere firmati né portare segni di riconoscimento, pena l’esclusione dal concorso. Le generalità del concorrente dovranno essere annotate in calce alla quarta copia dei lavori. Su tale copia dovrà essere inserita la seguente annotazione autografa: “Dichiaro che il lavoro poetico sopra dattiloscritto è opera di mia esclusiva creatività”. Tale copia, con allegata dichiarazione, va chiusa in una busta. In caso di invio telematico spedire doppio file per ogni singola poesia (uno anonimo, l’altro contenente, in calce, la dichiarazione di cui sopra ed i dati personali) all’indirizzo e-mail “[email protected]”.

    • Per la sezione B i concorrenti dovranno inviare due copie cartacee del libro.

    Art. 4 - Sono ammessi al concorso autori italiani e stranieri con opere originali nelle

    lingue ufficiali riconosciute. I poeti stranieri dovranno allegare la traduzione in lingua italiana.

    Art. 5 - Al primo classificato verrà assegnata una medaglia aurea riproducente da una faccia l’Atena Farnese - effigie dell’Accademia - e dall’altra la Medusa inoltre verrà conferito diploma di benemerenza.

    • Al secondo classificato verrà assegnata una medaglia argentea, dalle caratteristiche simili a quella aurea, inoltre verrà conferito diploma di benemerenza.

    • Al terzo classificato verrà assegnata una medaglia bronzea, dalle caratteristiche simili a quella aurea; inoltre verrà conferito diploma di benemerenza.

    A tutti gli altri finalisti verrà rilasciato diploma d’onore. A tutti gli altri partecipanti ammessi al concorso verrà rilasciato diploma di merito.

    Art. 6 - La giuria si riserva la facoltà di assegnare o meno i premi a suo insindacabile giudizio, i risultati saranno resi pubblici a mezzo stampa ed internet.

    Art. 7 - La scheda di adesione potrà pervenire a mezzo raccomandata o essere consegnata a mano in accluso agli elaborati, o in allegato file all’indirizzo e-mail [email protected], entro il - 30 marzo 2018.

    Art. 8 - I lavori non saranno restituiti.

    Art. 9 - La cerimonia di proclamazione dei vincitori relativa ad entrambe le sezioni avrà luogo in Roma, domenica 29 aprile 2018 contestualmente alla premiazione dell’-assegnazione del Premio Marino Marini per le Arti Figurative e al conferimento del Trofeo Medusa Aurea. La Presidenza si riserva la facoltà di apportare variazioni ai termini di cui innanzi.

    Art. 10 - Le opere dei concorrenti classificati al 1º, 2º, 3º posto saranno pubblicate in un numero successivo del " Notiziario dell’A.I.A.M.", a cura e spese della direzione del concorso e sui siti dedicati.

    Art. 11 - I premi assegnati, non ritirati in sede di manifestazione, saranno spediti a mezzo raccomandata,

    ACCADEMIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA

    ROMA ANNO ACCADEMICO 2017-2018

    PREMI DELLA CULTURA

    CONCORSO DI POESIA E NARRATIVA

    “MEDUSA AUREA” 41ª EDIZIONE

    PREMIO «GIOSUE’ CARDUCCI»

    Accademia Internazionale d'Arte Moderna

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    gravata dei costi e dei diritti di segreteria pari a € 15.00, a richiesta degli interessati. Si accettano deleghe per il ritiro.

    Art. 12 - La sottoscrizione della scheda di adesione comporta

    la conoscenza del presente regolamento e la sua accettazione integrale.

    Art. 13 - Il Trofeo, opera originale in bronzo, dello scultore Nunzio Bibbò di Ø 12 cm, riproduce la Gorgone dell’Athema Farnese verrà assegnato a personalità di spicco distintosi per motivi umanitari , sociali e culturali.

    Art. 14 - Indipendentemente dall’esito della premiazione della Giuria, la presidenza dell’A.I.A.M. si riserva di attribuire alcuni dei seguenti premi:

    1) Unza pagina sulla rivista "Il Notiziario dell’A.I.A.M.".

    2) Iscrizione all’Accademia I.A.M. honoris causa.

    3) Targa al merito dell’A.I.A.M.

    4) Coppe, targhe, medaglie di Enti Pubblici.

    5) Inserimento di un’opera nella Galleria Telematica dell’A.I.A.M. per 3 mesi ai primi tre classificati.

    ACCADEMIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA ROMA SCHEDA DI ADESIONE

    ANNO ACCADEMICO 2017/2018

    Concorso di POESIA E NARRATIVA

    41ª Edizione

    “Premio Giosuè Carducci

    Il sottoscritto/a ............................................................................... nato/a a ........................................................

    il ........................... e domiciliato/a .......................................................................................................................

    Prov. .......... Via ....................................................................................................... n° .............c.a.p. ..................

    Tel. ........ / .........................................E-Mail .........................................................................................................

    accetta il regolamento del concorso in ogni sua parte e versa all’uopo per la corrispondenza informativa e diritti di segreteria per la sezione:

    A) POESIA INEDITA € 25,00 per la sezione B) NARRATIVA € 60,00 in contanti, a mezzo vaglia postale, c.c.p. nº 11521002 o bonifico bancario, intestato a A.I.A.M., Via Giulio Sacchetti 10/B/16 00167, Roma.

    Sottolineare il tipo di versamento prescelto. Ed inviare copia della ricevuta del versamento. Partecipa alla Sezione

    A) Poesia singola, B) Narrativa.

    Sottolineare la sezione alla quale si partecipa o entrambe nel caso si partecipi a tutte e due.

    (data)....................................... (firma) ........................................................................................

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    Quando la Natura genera l'arte

    Una delle bandiere più affascinanti e fra le più riconoscibili in senso assoluto, è la bandiera brasiliana. Su un campo verde spicca un rombo giallo all’interno del quale troneggia un mondo in blu con l’emisfero australe in bella vista ed abbracciato dal un drappo bianco in cui spicca una rivisitazione del famoso aforisma del padre del positivismo, Auguste Comte, “ordem e progresso”; il tutto attorniato da una serie di stelle che rappresentano la costellazione del “cruzeiro” e che hanno costituito il cruccio di milioni di studenti brasiliani che, al momento di disegnare la bandiera, non sapevano mai dove andavano collocate le stelline. Basta vedere sventolare la bandiera brasiliana e non si può fare a meno di provare un senso di allegria, come ben sanno i “figli gentili” di questo immenso Gigante, forse oggi un po’ meno addormentato, che hanno con questo simbolo, insieme a quello dell’inno nazionale, un rapporto viscerale veramente unico. Nell’inno questo immenso Paese che ricordiamo ha una estensione cinque volte circa quella della intera Europa, il Brasile viene definito “Gigante” non per le dimensioni ma per “la propria natureza”. La natura infatti in Brasile ha un protagonismo inconfutabile. Certo, in moltissime altre parti del mondo la natura è protagonista strabiliante: basti pensare alle distese innevate della Siberia, alle aurore boreali, alla barriera corallina, a certi colori dei tramonti africani o a quella impercettibile nebbiolina che avvolge e rende sfumati i paesaggi orientali e così via; ma a me è sempre stato più facile prendere le distanze da questi affascinanti scenari, quella giusta distanza necessaria per contemplarli e poi trascenderli, come è necessario fare se li si vuole decantare come fatto in sé. In Brasile no, o quantomeno è molto più difficile, perché la natura ti entra nel sangue, ti prende, ti esaspera

    e quando pensi di cominciare a conoscerla, ti accorgi che ricomincia da capo in maniera totalmente diversa contemporaneamente in infiniti altri modi.

    Immanuel Kant, nella sua terza Critica, quella “del Giudizio”, affronta il criterio “estetico” o “giudizio riflettente” e, dopo aver distinto l’arte in “arte piacevole” (per la quale il bello

    di Anna Nucciarone - Giornalista

    Considerazioni a caldo di ritorno da un viaggio

    Accademia Internazionale d'Arte Moderna

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    è legato ad un valore funzionale ossia ad uno scopo) ed “arte bella”, afferma che quest’ultima ha valore solo in e per se stessa, esulando sia dai criteri delle categorie trascendentali analizzate e decantate nella “Critica della ragion Pura” che da quelli “etici” della “Critica della ragion Pratica”. Il Giudizio estetico è una facoltà a priori che però non è propria di tutti ma solo di pochi; e qui entra in campo il “genio” (dalla etimologia del verbo generare) ed afferma “Il genio è la disposizione innata mediante la quale la natura dà la regola all’arte”.

    Quindi il legame tra natura ed arte è continuo attraverso la disposizione propria del genio dell’artista. In altre parole l’artista - attraverso la propria più o meno grande “genialità” – permette alla natura, opera prima del Principio, di continuare oggi, qui e adesso, l’emozione della creazione ed a noi di sentircene parte.

    Quindi una vera opera d’arte non può essere impattata attraverso l’analitica aristotelica, ossia fatta a pezzi e conosciuta frammento per frammento, ma ri-conosciuta nella sua dinamica, nel suo insieme che trascende le parti; se prendiamo un fegato, un cuore, due polmoni e così via e li assembliamo insieme, non avremo un corpo “vivente”. La vita è quella forza che usa le parti, le armonizza e poi le trascende in una dinamica continua. E

    quando la contempli è già altrove! Così è l’arte: somma rappresentazione della dinamica della natura in tutte le sue espressioni.

    Questo non significa che in Brasile siano tutti geni: lo sono né più né meno come in ogni altra parte dell’Universo! Tuttavia devo ammettere che vivere la natura in certi luoghi particolari come il Brasile a me ricorda tutto quanto questo, trascinandomi in una dimensione “semplice e felice”, come ricordava una nota canzone napoletana, una dimensione dove ci accorgiamo che si “può” vivere e non si “deve” solo vivere!

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    Il sapore dell'amicizia

    C onobbi Diamantino più di trenta anni fa, in Brasile. Ero lì per partecipare ad un congresso internazionale sulla creatività e non si poteva scegliere location più adatta ad un tema del genere che Salvador, la capitale della Bahia. Qualcuno ha definito la Bahia “un pezzo di Africa nel cuore del Brasile”, una terra dove il sincretismo non ha bisogno neanche di essere dimostrato, dove il ritmo pulsante è continuo e prepotente, dove tutta la vita ha il senso di una orgia ma festosa e mai aggressiva: nessuno per me può dire di conoscere il Brasile se non conosce Salvador.

    Il congresso si svolgeva in un bellissimo albergo dove trovavi di tutto e di più ma ogni sera, alla fine delle conferenze, correvamo a cambiarci e, rinunciando alla ricca cena di cucina “internazionale”, ci trovavamo con un gruppo di amici sulla spiaggia, in un ristorantino rustico, con le sedie ed i tavolini di plastica, per mangiare i gamberi e le aragoste più buone che io abbia mai mangiato

    - o che comunque ricordi di aver mangiato-. Quel ristorantino lo gestiva appunto Diamantino e con lui, con i piedi affondati nella sabbia ancora calda chiacchieravamo fino a notte inoltrata, tra una aragosta, un gambero ed una “cervejna ben gelada”, di filosofia, di arte, di musica: in una parola del piacere della vita.

    Sono stato molte altre volte in Brasile per lavoro o per vacanza ed ogni volta ho cercato di permettermi qualche serata a Bahia. In ogni modo ho sempre mantenuto un contatto con quest’uomo dal sorriso di un bambino e l’esperienza di un uomo vissuto secoli. Ho conosciuto i suoi amori, i suoi numerosi figli, i suoi incarichi ufficiali spesso di tutto rispetto: ma tutto questo era un'altra cosa; la cosa più importante era ritrovarsi, un abbraccio e poi via, ognuno per la sua strada, perché gli amici, quelli veri, puoi anche vederli di rado ma importante è sapere che ci sono!

    di Fausto Pieroni

    Accademia Internazionale d'Arte Moderna

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    ntonio Carlos Diamantino, meglio conosciuto come Diamantino o Diamante, è nato in Salvador, Bahia, da una famiglia numerosa composta di vari fratelli e sorelle. Suo padre era responsabile amministrativo del giardino zoologico della città di Salvador e per questo motivo vivevano all’interno di una immensa area verde, circondato dalla cosidetta Mata Atlântica, confinante con il giardino zoologico stesso. Per questo motivo Diamantino iniziò la sua esperienza di vita ed artistica circondato da una natura lussureggiante, ricca di piante ed animali. Sua madre D.Dudu si occupava della numerosa famiglia, della casa e dello spazio circostante e a tempo libero, realizzava meravigliosi e gustosissimi manicaretti ed antipasti che vendeva per contribuire, insieme al marito, al sostegno della famiglia. Diamante dunque ha ereditato dalla madre la passione per la cucina divenendo in breve tempo un esperto di gastronomia, soprattutto baiana.

    Come per la maggior parte dei suoi connazionali, la musica, è stata una passione da sempre presente nella vita di questo artista che sin da ragazzo chiedeva ai genitori, in regalo per il proprio compleanno, dischi di musica. Non chiedeva altro.

    Da adulto iniziò a lavorare per alcune imprese, sia nazionali che estere, ma nel profondo di se stesso non poteva fare a meno di continuare a chiedersi: “è davvero questo che voglio fare della mia vita? Questa è la mia missione?”.

    Per dare a se stesso una risposta lasciò il lavoro nell’impresa e si concesse un vero e proprio “anno sabatico” per essere sicuro delle proprie scelte. Una notte, mentre dormiva, si svegliò e, in uno stato di semi trance, cominciò a dipingere, a lavorare realizzando un elaborato disegno a china. Non aveva mai dipinto prima di allora. Al termine si svegliò completamente e si accorse che l’opera era finita. Diamantino racconta che questo “evento” fu per lui un vero e proprio incontro con se stesso. Piano piano iniziò a scoprire il proprio lato artistico e ne fece la sua missione di vita.

    Per Diamante, “Arte è espressione personale della propria essenza, unica ed irripetibile. E’ presente in tutti, ognuno in modo esclusivo. Ogni volta che ciascuno decide di realizzare qualcosa che venga dal proprio profondo interiore, questa è Arte. E’ ridicolo imitare gli altri, anche i cosidetti “maestri”, l’Arte di ciascuno è differente, proprio perchè é personale.”. “Arte è dinamica.”

    Arte come espressione della propria essenza

    di Fausto Pieroni

    di Lina Bento de Faria

    A

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    Da quel momento Diamante, dopo le sue esperienze iniziali, iniziò a dipingere utilizzando varie tecniche che ha sviluppato in maniera assolutamente personale, sia per quanto riguarda i materiali che le tecniche. Praticamente egli utilizza tutto ciò che ritiene possibile ed efficace alla realizzazione della propria intuizione del momento: dai tessuti alle resine natutali, dai legni naturali agli scari di plastica, dalle lattine di birra o di bibite agli oggetti “di scarto” riutilizzabili o riciclabili...

    Oggi Diamante espone ed insegna la sua Arte sia attraverso corsi privati sia attraverso istituzioni ufficiali, in particolare alcune accademie del Brasile presso le quali insegna; i suoi allievi appartengono a qualsiasi classe sociale ed età: bambini, adolescenti, professionisti uomini e donne, fino ad appassionati di età avanzata.

    E poi c’è la musica, sempre presente nella sua vita: spesso improvvisa mini concerti di percussione insieme ad amici, professionisti o no, giovani o meno, nella sua casa, in incontri conviviali, per la strada, in eventi ufficiali come negli spazi musicali che frequenta.

    Inoltre c’è un elemento che non può mai mancare quando si visita Diamantino nella casa dove vive insieme alla sua estesa famiglia: è il sapore ed il profumo della cucina, una realtà che immediatamente non solo ti trasmette tutta l’energia di questa terra davvero potente, ma ti ci fa sentire immerso da sempre.

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    uantità notevoli di “talent” in questi ultimi anni hanno spopolato riempiendo i palinsesti televisivi, specialmente quelli inerenti la musica.

    Da questi programmi vengono spesso partoriti dei buoni cantanti con tecniche vocali davvero notevoli e con i timbri più disparati; ma almeno il novanta per cento di loro non scrive le proprie canzoni.

    Trovare cantautori nella scena italiana della musica diventa sempre più difficile, tanto che si può affermare che questa figura in Italia sta scomparendo.

    Ciò va a ribaltare la situazione rispetto a trenta - quaranta anni fa, quando la maggior parte dei musicisti erano gli autori dei propri testi; anche se il cantautore non aveva una tecnica vocale di alto livello, egli scriveva di suo pugno le proprie canzoni, facendo nascere, accompagnandosi con il proprio strumento,delle stupende canzoni.

    Basti pensare a personaggi come De Andrè, Guccini, Battiato, Branduardi, ed altri: tutti cantautori che, pur non facendo grandi virtuosismi vocali, comunque sia con la loro timbrica e i loro testi riuscivano a trasmettere grandi emozioni; e quel che è evidente è come la maggior parte delle loro canzoni continui ad emozionare ancora oggi a distanza di generazioni. Qual è il segreto di tanta longevità?

    Perché in fondo quello che tutti ci stiamo dimenticando é che la “canzone” non è solo tecnica, voce e timbro; essa è fondamentalmente poesia.

    Qualche critico degli anni settanta/ottanta arrivò ad affermare che in quel tempo si incontravano pochi poeti perché la maggior parte di essi si esprimeva in musica.

    Ed è proprio questo che manca ai cantanti e alle canzoni odierne, un po’ di poesia.

    Non si tratta di fare una critica banale alla canzone ed alla musica dei nostri giorni; é solo una riflessione impostata sul valore evolutivo della musica e del canto negli ultimi anni, processo creativo che, come abbiamo già detto, ha fatto grandi passi avanti (forse troppi) nella tecnica ma é rimasta un poco indietro nella scrittura.

    Ogni cantante che si rispetti dovrebbe ritrovare il cantautore dentro di sé, perché le emozioni vissute sulla propria pelle inevitabilmente si riescono a cantare con più forza, mentre un testo scritto completamente da un altro rimarrà soltanto un bel testo che probabilmente non racconterà, o lo farà solo in parte, il proprio reale.

    L’uomo ha inventato la poesia per scaldare il cuore e la musica per emozionarlo: una realtà non può vivere senza l’altra.

    Alchimia di una canzonedi Davide Gasparri - Musicista

    Q

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    Presenze di scarna semplicità

    H o incontrato per la prima volta J. Delgado a Cuba, alla fine del 2015.Era seduto su una sedia bassa, in testa un panama bianco e portava degli occhiali doppi, quelli che, oltre alle due lenti da vista ne montano altrettante colorate per riparare dal sole.Erano alzate, tipo tettoia, dandogli una buffa espressione.

    In bocca teneva un sigaro che, dal colore biondo del tabacco, intuivo essere di buona qualità. La naturalezza con cui lo aspirava e lo passava da una mano all'altra per poi riportarlo alla bocca con movimenti ormai rodati da anni, faceva sembrare quel sigaro uno scacciapensieri o una compagnia con cui trascorrere una parte della giornata.

    Delgado era li perché mi aspettava.

    Il giorno precedente era caldo, il luogo pieno di rumore ed un via vai continuo di gente. Molti intenti a fare qualcosa ed altrettanti, apparentemente, a non fare nulla.

    Giravo senza un particolare interesse soffermandomi di tanto in tanto dinanzi a dipinti esposti un po' per la strada un po' in gallerie-studio.

    C'era una giovane ragazza che mi invitava a visionare delle opere; non era lei l'autrice, ma era lì per cercare di venderle. Io, suo malgrado, non ero lì per comprare.

    Quelle opere erano decisamente interessanti, nella loro scarna semplicità, in completa assenza di paesaggio; dominano la scena idee di figure umane, idee di animali realizzati con pochi e semplici segni. Identificano, somigliano, e comunque portano alla mente quel gesto o quell'animale frutto di una fantasia che non tiene conto

    di Massimo Lenterna

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    di anatomie o di rapporti, ma è comunque ciò che l'artista vuol farci vedere. Palesi sono i tratti marcati e lineari, espressione dell'arte rupestre, da cui Delgado ha tratto ispirazione.

    Non ero lì per comprare ma, rinunciarci, avrebbe significato perdere un'opportunità. Già in altre occasioni mi è capitato di avere poi dei rimpianti.

    Chiesi di conoscere l'autore di quelle opere. La ragazza sapeva che sarebbe stato presente il giorno successivo e mi invitò a ritornare.

    Delgado non è molto alto, ha circa 50 anni portati bene, sicuro di se, consapevole di essere diverso dai venditori di souvenir, dai venditori di cocco, dalle belle e giovani ragazze dagli occhi neri e dallo sguardo conciliante che fanno della strada un mondo vivo ed intenso.

    E' consapevole della capacità maturata, passando dall'iniziale esperienza scultorea a quella pittorica, inventandosi attraverso la ricerca una sua tecnica.

    Utilizza materiali vinilici per ottenere risultati dove il suo intervento sulla tela raramente passa attraverso il pennello; non pittura, quindi, ma impronta dove il bianco incide sul nero.

    Un nero non nero, mai assorbente ma come scena dove uomini e/o animali sono presenza anziché essere soggetto di una storia. Animali e pose immaginarie sono più simboli che ritratti reali, rappresentazioni che evocano figure umane in posa, simboli primitivi che non raccontano ma sono presenze del mondo di Delgado.

    Da allora molte altre volte lo ho incontrato. E' una persona semplice, vive del suo lavoro, é molto apprezzato nel nord America dove collabora con varie gallerie, ama molto camminare e lo fa con sua moglie; ed ogni volta che andiamo a cena mi riaccompagnano in albergo. Naturalmente a piedi.

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    L'etica di un uomo liberoSe non sai hai paura; se sai fai paura!

    T homas, come è nata e come sei riuscito ad esprimere questa tua ‘curiosità’ di andare dietro alla facciata? Diciamo che questa caratteristiche in me è innata. Dal momento che ho deciso di fare questo mestiere (in questo momento mi piace fare questo, da “grande” non so cosa deciderò di fare) ho sentito che non aveva senso farlo se il fine ultimo non era quello di aiutare le persone a capire l’essenza della realtà che ci circonda. Fare intrattenimento è senz’altro utile perché ci distrae, anche per pochi minuti dalla quotidianità non sempre esaltante; ma se questo strumento, attraverso l’intrattenimento, riesce a farti riflettere su alcune realtà che poi comunque viviamo o dalle quali veniamo vissuti, l’obiettivo non è più quello della banale distrazione, ma la ricerca di un percorso che dia all’uomo speranza, fiducia e motivazione verso una più complessiva conoscenza del valore di cui è portavoce.

    Nei miei film, in particolare negli ultimi tre che ho realizzato, “Un altro mondo”, “Pachamama” e “Food relovution” si trova, come filo conduttore, la necessità

    di Anna Nucciarone - Giornalista

    Thomas Torelli è l’autore di una serie di film documento che testimoniano, alcune realtà storiche, altre di carattere più espressamente umanistico- esistenziali, che caratterizzano la nostra cosiddetta “civiltà”.

    Lo scorso Settembre l’A.I.A.M., in collaborazione con l’Associazione Culturale “Metanoia” ha promosso un evento che ha visto confrontarsi due giovani artisti, il biologo molecolare e musicista Emiliano Toso, e l’autore di diversi film-documentario di avanguardia, il regista Thomas Torelli. I due personaggi, esponenti di spicco della più apprezzata cultura alternativa italiana, sono stati introdotti e presentati dal dr. Andrea Cirelli, psicologo ed autore di testi scientifici, membro del nostro Senato Accademico. All’evento ha partecipato anche la Dr. Anna Nucciarone, direttrice della nostra rivista ed anch’essa Membro del Senato Accademico che ha colto l’opportunità per intervistare i nostri ospiti. Ecco una sintesi delle loro parole.

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    di riconoscersi negli altri ed attraverso questa empatia tornare in contatto con Madre Terra. Oggi, come forse non mai, il problema principale che l’umanità si trova ad affrontare è quello del rispetto verso tutto ciò che ci circonda; negli ultimi cento anni - con una allarmante accelerazione negli ultimi cinquanta - il nostro modello culturale ha provocato danni spaventosi sia al nostro equilibrio individuale e civile che all’intero ecosistema. Riconoscerci come parte di questo ancora meraviglioso insieme deve servire ad indurci a rispettare maggiormente l’Ambiente di cui siamo (non facciamo) parte e, in fondo, ad amare un poco di più noi stessi.

    Il tutto partendo da considerazioni semplici. La parola “In Lak’ech” è il saluto Maja che letteralmente significa “Io sono un altro te stesso”; sono suoni semplici ma profondamente veri, come erano veri i fonemi quando ancora il linguaggio testimoniava realtà; salutare una persona ricordandogli di essere un altro me stesso, cambia completamente l’approccio non solo con l’altro ma anche con me stesso e con il mondo tutto. Il “namasté” indiano significa: “saluto la scintilla divina che è in te!” ed è usato da oltre un miliardo di persone. Noi evoluti occidentali ci salutiamo dicendoci reciprocamente “ciao” che come molti sanno deriva dalla parola “schiavo”. Beh sono posizioni differenti sulle quali vale la pena di riflettere!

    Quanto, man mano che approfondivi questi argomenti, dentro di te ti sentivi cambiato come persona?

    Il bello di questa professione è proprio questo: ogni volta che fai un film, prepari un incontro, organizzi una conferenza ti trovi a studiare ed ogni volta che studi e ti investi in quello che incontri questo costituisce un cambiamento perpetuo. Bisogna avere l’umiltà ed il coraggio di ammettere che non si è mai arrivati alla fine e che il cambiamento è continuo: ogni volta che scopro qualcosa attraverso un altro, sia esso un mistico o uno scienziato

    esperto in energia quantica, questo cambia tutto me e mi piace proporre agli altri la gioia di questa mia scoperta.

    La cultura occidentale sta cercando di monopolizzare il pensiero del mondo; viaggiando ed incontrando intelligenze evolute su altri valori ti accorgi che esistono anche altri orizzonti nei quali spaziare. Per esempio alcuni orientali dicono che noi “Parliamo molto ed ascoltiamo poco”. è chiaro che in questo caso ascoltare non significa udire ma lasciarsi andare, percepire, emozionarci visceralmente.

    Secondo te la creazione è ancora in atto o si è fermata?

    La vita, la natura, la Terra, l’universo, seguono imperterriti delle linee guida che fortunatamente se ne fregano di noi e delle nostre aberrazioni; quando sei fuori da questa rete di convenzioni ti accorgi con maggior evidenza dei paradossi della nostra cultura.

    Come può un singolo, con la propria creatività, rispondere a questa situazione? In effetti noi stiamo parlando di temi universali che per la loro imponenza possono scoraggiare il piccolo individuo che si domanda: “Io da solo come faccio?”

    Secondo me il singolo può fare tantissimo, attraverso una sua personale rivoluzione interiore. Tiziano Terzani diceva che l’unica rivoluzione possibile è quella interiore, è inutile aggrapparsi a modelli esterni. Lo stesso Gandhi diceva “Sii il cambiamento che vuoi vedere”; se noi attuiamo questo cambiamento nelle scelte che facciamo in ogni istante della nostra vita, ogni volta che incontriamo un altro essere, noi creiamo un modello diverso. Sette miliardi di modelli diversi fanno un universo diverso. Ma questo in modo laico, semplice, costante. Uno studio realizzato presso la facoltà di fisica quantistica di una università americana documenta che non c’è niente che faciliti in un essere umano la produzione di energia positiva quanto l’esprimere la propria creatività; quindi liberiamo la nostra creatività, in maniera ordinata, funzionale, ma libera così come fanno i bambini, perché non c’è niente che mette più in crisi il sistema che un uomo autenticamente libero.

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    La musica è specchio della geometria della natura

    A d Emiliano Toso è toccata in dote un’anima poliedrica. Dietro la sua calma che potremmo quasi definire “serafica” brucia il fuoco di una grande intelligenza che si espande attraverso due passioni che ha portato (e porta) avanti con grande serietà ed entusiasmo: la scienza e la musica. Come riesce a conciliare queste due realtà convenzionalmente così diverse?“Sin da piccolo mi sono accorto che la mia anima è musicale: quando passava la banda attraverso le strade del paese del Piemonte dove sono nato, io mi eccitavo al punto da tremare tutto (arrivando a far preoccupare per questo i miei genitori). Verificato che non c’era nessun disturbo fisico, cominciarono a regalarmi strumenti; la prima fu la tromba (quegli ottoni lucenti erano per me magnetici), poi la chitarra, i tamburi ed alla fine la tastiera.

    Mio padre aveva un negozio di elettronica e ci teneva che seguissi quella strada; arrivato alla scelta della facoltà, dissuaso dal dedicarmi totalmente alla musica (secondo la quasi totalità dei miei amici fare il musicista equivaleva ad essere condannato a fare la fame) cominciai a visionare le varie opportunità universitarie. Biologia era quella che aveva i disegni più intriganti e stimolanti a capire come eravamo fatti. In più a Torino la facoltà di biologia non c’era e quindi gli studi venivano svolti in maniera che potremmo definire itinerante (cosa che stuzzicava il mio bisogno di libertà). Ovviamente non potevo fermarmi al macroscopico ma volevo andare a curiosare nei cassetti minimi: ecco quindi confrontarmi con la cellula, il dna, la molecola, etc. C’era un problema: all’Università non c’era un corso di biologia molecolare; l’alternativa era quella di andare negli Stati Uniti. Testardo ho insistito, ho raccolto un gruppo (circa venti studenti) interessati alla stessa materia e quindi ho praticamente costretto l’Università ad aprire dei laboratori molto belli che coronassero il nostro sogno.

    Fino a quel momento la musica rimaneva una realtà assolutamente intima che nessuno poteva ascoltare: tutte le sere mi chiudevo nella mia camera, indossavo la cuffia e cominciavo a suonare il mio pianoforte. Suonare per me era come avere ogni volta un foglio bianco davanti dove potevo esprimere quello che sentivo con tutti i colori dell’Universo, fare quello che volevo perché quello ero io. Le cose sono andate avanti così per quasi venti anni senza che nessuno scoprisse cosa combinavo. Poi un giorno sono arrivato alla soglia dei quaranta anni; ero un biologo stimato, un professionista riconosciuto e pagato molto bene. Avevo una famiglia, una splendida moglie, due favolose figlie,

    eppure c’era qualcosa che ancora mi mancava. Un giorno, mentre facevo la doccia, decisi che per i miei quaranta anni, volevo farmi un regalo meraviglioso: raccogliere in un cd i brani per me più belli che avevo composto in quei venti

    di Anna Nucciarone - Giornalista

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    anni, una specie di colonna sonora della mia vita raccolta ed a mia disposizione, senza bisogno di risuonarmela ogni volta. Poi il giorno della mia festa feci fare delle copie di questo cd per regalarlo ai miei amici invitati. Fu necessaria una buona dose di coraggio: era come sottoporre al giudizio degli altri la mia anima. Ma questo coraggio è stato premiato ed io ho sentito letteralmente un click; era come se l’Universo in cui ero entrato dopo essere uscito dall’utero di mia madre, mi gratificasse mettendomi a disposizione tutti i mezzi più belli perché potessi realizzare questo “salto”. Il proprietario di una meravigliosa villa del biellese mi ha messo a disposizione non solo la sua proprietà in assoluta privacy, ma un meraviglioso pianoforte in un auditorium perfettamente dotato dal punto di vista acustico. Mia madre, pittrice acquarellista da sempre, mi disse che ascoltando la mia musica le venivano delle immagini che lei poteva trasformare in dipinti. Erano tutti segnali di una ridondanza straordinaria che fecero si che io non solo realizzassi attraverso questo cd il mio sogno, ma che cambiassi completamente la mia vita. Inoltre scoprii che quelle settanta copie del mio cd che regalai ai miei amici erano utilizzate in maniera meravigliosa: nella sala d’aspetto dello studio di un dentista piuttosto che di uno psicologo, come base di una seduta di massaggi, lezioni yoga, sala parto, in sala operatoria, e tutti riscontravano degli effetti benefici, estremamente rilassanti e insieme stimolanti di creatività.

    Il suggello a questa mia passione mi venne da uno scienziato americano, Bruce Lipton autore del testo “La biologia delle credenze” che avevo letto nel 2011 e che mi aveva già aperto un mondo; il prof. Lipton, fondatore dell’epigenetica, visione ancora oggi all’avanguardia nello studio della genetica, mi cambiò nuovamente la vita chiedendomi di aprire le sue conferenze con un brano della mia musica. Al Convegno da lui organizzato a Rimini c’erano settecento persone ad

    ascoltare la mia musica senza un colpo di tosse. Un salto incredibile dal ragazzo che componeva nella sua camera con le cuffie sulle orecchie! Questo soprattutto mi ha insegnato a cogliere i messaggi che la vita ci manda, a saperli riconoscere ed assecondare. Tutti questi incontri, queste opportunità mi apparivano suoni che mi “spostavano” in maniera estremamente dolce, verso una nuova fase della mia vita. Perché oggi non è più solo il piacere di una passione ma la consapevolezza di poter essere utile, attraverso la mia conoscenza della biologia (conoscenza cui continuo a tenere tanto), perché la musica può determinare cambiamenti a livello cellulare. Oggi, fortunatamente sta diventando sempre più facile evidenziare queste corrispondenze e sono orgoglioso che questa musica possa tornare utile a vaste applicazioni anche della medicina classica intervenendo sull’emozione, elemento sempre più importante in qualunque processo terapeutico.

    Questo modo “diverso” di sentire l’arte può in qualche modo avvicinarsi al recupero della sua essenza, alla creatività?

    Per quanto riguarda la musica sicuramente si: la musica nasce come strumento di guarigione, soprattutto in una dimensione culturale in cui fisico, emozione e spiritualità non erano considerate realtà diverse ma tre aspetti della stessa sostanza. Io stesso sono andato a vedere cosa succede dentro la cellula ma non è possibile pensare alla cellula fuori da tutto il suo contesto. L’arte è sicuramente la chiave di lettura preferenziale di questa riarmonizzazione.

    Quindi si può dire che la musica sia il linguaggio universale?

    Certamente, basta pensare che l’acqua, per antonomasia il più essenziale degli elementi di cui siamo composti, reagisce alla musica come testimonia la “cimatica”, ripresa e sempre più utilizzata dalle ultime frontiere della biologia contemporanea e della fisica quantistica; l’arte è espressione di un ordine, di quella geometria intelligente dell’universo di cui ognuno di noi è parte sostanziale. Non a caso Pitagora, oltre duemila e seicento anni or sono descrisse “la geometria che caratterizza la materia come musica solidificata” e che Platone, nel Timeo, in riferimento alla visione pitagorica dell’armonia definisce la sua teoresi come “fondamento numerico dell’anima del mondo”.

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    Armonia di colori in via Margutta

    S i è appena conclusa la centoseiesima edizione della mostra dei Cento Pittori di Via Mrgutta svolta dal 28 ottobre al primo di novembre.Insolitamente non è piovuto e il clima mite ha consentito di godere a pieno dell’atmosfera della famosa Via di Roma, che ha elargito persino, a calar del giorno, una luna ammiccante.I miei ricordi su questa strada sono più che trentennali, alcuni teneri, come quando la Parigini mi pizzicava sotto il mento, altri struggenti, per tutto quello che non c’è più.Facendo una passeggiata ho notato tre postazioni in particolare. La prima di Alberto Vespaziani, presidente dell’associazione.

    La sensazione è peculiare, si percepisce da un insieme di colori caldi il promanare di una luminosità diffusa e quasi soprannaturale. Come tecnicamente il Maestro riesca a illuminare le sue tele ‘dal di dentro’ rimane un mistero. Sia dal punto di vista della tecnica, inaudita, sia e soprattutto per la capacità di emanare la propria imponente energia interiore e fissarla su una tela.

    La seconda di Luigi Salvatori, vicepresidente.

    ‘Vieste sul mare’ mi ha obbligata a tornare indietro e rivederlo per la seconda volta. Al primo passaggio ho apprezzato la bellezza, i colori insoliti, la personalizzazione della tecnica dei macchiaioli. Al secondo ho notato una serie di artifici tecnici. Innanzitutto la linea dell’orizzonte doppia, quella classica a due terzi della linea mediana della tela in alto con prospettiva leonardesca, una seconda creata con l’uso di un giallo caldo e insolito.

    Poi la scelta del formato, 50/100, proprio per sviluppare l’orizzonte. La scelta dei colori, con particolari miscele di blu e giallo che creati in quelle tonalità sembrano fondersi e diventare complementari.

    L’ombra delle case ‘impressionista’, resa in blu e non in ocra o terra. La bordatura della linea dell’orizzonte con un tono di azzurro volutamente non tono su tono rispetto al cielo. Nel primissimo piano dinanzi al giallo delle ginestre ancora un diverso tono di blu che obbliga l’osservatore a spostare lo sguardo verso l’acqua del golfo, dove un fiore o una farfalla gialla catalizzano prepotentemente. Certo la tecnica non inficia l’afflato dei sentimenti espressi.

    La terza di Roberto Pinetta.

    Sofisticato e originale, il Pinetta costituisce un unicum nel panorama artistico italiano. Quasi stride la sua particolarità. Sembra di Parigi o di New York, con il suo stile inedito, che trae origine dal pop surrealista. I suoi colori risolti, i contorni nitidi, le atmosfere rarefatte e pulite talvolta paiono contrastare con temi importanti e non sempre onirici trattati dall’artista.

    In via Margutta è spiccato il suo caleidoscopio tridimensionale, ipnotico e importante, una serie di racconti visivi validi in tre direzioni. Colpisce l’armonia complessiva dei colori, che si apprezza allontanandosi un po’ e socchiudendo gli occhi.

    di Francesca Romana Fragale

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    IL NOTIZIARIO DELL'AIAM

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