. IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava...

32
161 IN VINEIS ARBUSTISQUE. IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA di Paolo Braconi* 1. DUE SISTEMI DI ALLEVAMENTO DELLA VITE Siamo oggi in grado di affermare che esiste un doppio filone di tradizioni viticole italiche: uno «autoctono», risalente alla fase protostorica delle genti latine ed etru- sche, e uno di matrice orientale, mediato e diffuso dall’esperienza greca. L’esistenza di questo doppio filone è confermata anche linguisticamente da una duplice tradi- zione terminologica riguardante il vino: quella autoctona, rappresentata dalla voce latina temetum, e quella di matrice greca, per così dire vincente, che dalla forma oinos ha generato il latino vinum, mediante l’etrusco vinum/vinun (T ORELLI 2000; AGOSTINIANI 1998; 2000; sintesi in CIACCI 2005). A questo doppio filone si può ricondurre anche la doppia tradizione colturale: quella autoctona della vite a sostegno vivo (Figg. 1-3) e quella «mediterranea», cioè la vite a sostegno morto o ad alberello. Nella lingua latina classica abbiamo due termini specifici per significare questi due sistemi di allevamento: arbustum è il sistema della vite a sostegno vivo, o «maritata» all’albero, che si pre- sta alla coltura promiscua (viticoltura e colture erbacee sullo stesso terreno); vinea è il sistema della vite a sostegno morto o ad alberello, privilegiata nella monocultura intensiva. Seguendo questo schema ricostruttivo, possiamo immaginare una viticoltura etru- sca e romana, preprotostorica e arcaica, praticata prevalentemente per arbusta, progressivamente soppiantata dal sistema greco della vinea. Fig.1 Viti maritate in coltura promi- scua. Foto Comune di San Giustino (PG) libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 161

Transcript of . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava...

Page 1: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

161

IN VINEIS ARBUSTISQUE. IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANAdi Paolo Braconi*

1. DUE SISTEMI DI ALLEVAMENTO DELLA VITE

Siamo oggi in grado di affermare che esiste un doppio filone di tradizioni viticoleitaliche: uno «autoctono», risalente alla fase protostorica delle genti latine ed etru-sche, e uno di matrice orientale, mediato e diffuso dall’esperienza greca. L’esistenzadi questo doppio filone è confermata anche linguisticamente da una duplice tradi-zione terminologica riguardante il vino: quella autoctona, rappresentata dalla vocelatina temetum, e quella di matrice greca, per così dire vincente, che dalla formaoinos ha generato il latino vinum, mediante l’etrusco vinum/vinun (TORELLI 2000;AGOSTINIANI 1998; 2000; sintesi in CIACCI 2005).A questo doppio filone si può ricondurre anche la doppia tradizione colturale:quella autoctona della vite a sostegno vivo (Figg. 1-3) e quella «mediterranea»,cioè la vite a sostegno morto o ad alberello.Nella lingua latina classica abbiamo due termini specifici per significare questi duesistemi di allevamento:– arbustum è il sistema della vite a sostegno vivo, o «maritata» all’albero, che si pre-sta alla coltura promiscua (viticoltura e colture erbacee sullo stesso terreno);– vinea è il sistema della vite a sostegno morto o ad alberello, privilegiata nellamonocultura intensiva.

Seguendo questo schema ricostruttivo, possiamo immaginare una viticoltura etru-sca e romana, preprotostorica e arcaica, praticata prevalentemente per arbusta,progressivamente soppiantata dal sistema greco della vinea.

Fig.1Viti maritate incoltura promi-

scua. FotoComune di San

Giustino (PG)

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 161

Page 2: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

162

2. LA ROMA DEI RE

La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma-ni in coltivatori di vite: si riteneva che, prima dell’intervento regio, i romani si limi-tassero a raccogliere l’uva da viti arrampicatesi spontaneamente sugli alberi (Plinio,Naturalis Historia, 14, 88).Un altro dato della tradizione antica, che consente di riferire all’epoca regia prati-che di viticoltura, si ricava dal passo di Cicerone (De divinatione, 1, 3), riguardanteAtto Navio, creato augure dal re Tarquinio Prisco, in seguito ad un prodigio.Il passo racconta come Atto Navio, giovane e povero guardiano di porci, perde unmaiale mentre pascola il branco. Promette a Giove il grappolo più grande dellavigna in cambio del ritrovamento dell’animale. Si trova il maiale e Atto deve man-tenere la promessa fatta. Ed ecco il «segno» che prefigura il destino di augureriservato al giovane porcaro: scopre l’eccezionale grappolo d’uva (uva mirabilimagnitudine), dopo aver diviso la vinea in regiones con il lituo. Cicerone usa il ter-mine vinea: la scena in cui opera Atto Navio sarebbe, secondo quanto abbiamoappena detto, un appezzamento di viti a sostegno morto e, in tale accezione, vienedi solito tradotta dai commentatori moderni (vigna, vineyard,Weinberg, viña, vigno-ble). Ma, poiché ci troviamo in età regia, per di più sotto la dinastia etrusca, cidovremmo aspettare una scena di viti maritate, cioè di arbusta. È inoltre verosimi-le che il vigneto, nel quale si svolge l’azione, costituisca lo scenario dell’intero rac-conto, cioè sia anche il pascolo dei porci di Atto Navio. In tempo di uva matura,sarebbe ovviamente dannoso pascere porci in un vigneto basso, a sostegno morto,mentre sarebbe normale se si trattasse di un vigneto alberato. Sappiamo infatti daPlinio (Naturalis Historia, 17, 203) che uno dei vantaggi della vite maritata agli albe-

ri consiste proprio nel fatto che nonnecessita di recinti per tenere lonta-ni gli animali al pascolo.La vinea del prodigio di Atto Naviosarà stata, in conclusione, una vignadi viti alberate in coltura promiscua,cioè un campo che offre anchepascolo ai porci oltre ospitare vitimaritate ad alberi. Inoltre, poiché alFlamen Dialis, il sommo sacerdote diGiove, era interdetto «passaresotto» un tralcio di vite maritata e diuscire da Roma (Gellio, 10, 13), pos-siamo dedurre che esistevanovigneti alberati in città. Cicerone,inoltre, ricorda come i publici auguridovevano inaugurare vineta virgeta-que (Cicerone, De legibus, 2, 20-21):se ci abituiamo a pensare la vitecome «naturalmente» maritata

Fig.2Vendemmia daviti maritate all’acero cam-pestre. FotoComune di SanGiustino(PG).

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 162

Page 3: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

163

all’albero nell’immaginario dell’epoca, dobbiamo ammettere che la coppia produ-ce, oltre che l’uva, dunque il vino (vinum-vineta), anche legname da combustione(virgae-virgeta). Vineta virgetaque è, in sostanza, metonimia per vite alberata, conno-tata attraverso i suoi prodotti principali. Non si tratta dunque di un mero gioco diparole, un’allitterazione, come si sostiene per mettere in discussione l’effettiva pra-tica augurale nei vigneti (DE CAZANOVE 1995, p. 221), ma di un preciso riferimen-to alla viticoltura a sostegno vivo come pratica (normale) nell’allevamento dellavite.

3. VINEA E ARBUSTUM IN CATONE

Nel Re rustica di Catone, i termini vinea e arbustum compaiono entrambi, mageneralmente si esclude che il secondo abbia già il significato tecnico di «vite albe-rata», che avrà nel latino classico. Il motivo di questo giudizio sta nel fatto cheCatone inserisce ambedue i generi nella sua celebre graduatoria delle colture (I,7), nella quale compare al primo posto la vinea e all’ottavo l’arbustum. Poiché siritiene che qui vinea sia il vigneto intensivo a sostegno morto e rappresenti la viti-coltura, si esclude che arbustum, nella stessa graduatoria, possa significare la vitealberata (GOUJARD 1975, ad loc.).Ma, se si tiene conto di quanto sopra osservato sulla più antica tradizione viticolaromana, che conosce solo (o prevalentemente) le viti alberate, definendole vinea,e si leggono senza pregiudizio i passi di Catone che parlano di viticoltura, ci siaccorge che questi brani rimandano sempre a una vigna con tutori vivi in colturapromiscua.

Fig.3Vendemmia da

vite alberata.Sarcofago al

Museo Nazio-nale di Napoli

(foto P. Braconi)

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 163

Page 4: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

164

Si può insomma mostrare come non ci sia nessun motivo per vedere nella vineadi Catone un vigneto in monocultura intensiva a sostegno morto, ma al contrarioil tradizionale sistema di allevamento della vite a tutore vivo con cereali e pratonegli interfilari. Solo nel capitolo 33 («vinea ut curetur») si parla della vite «quae inperticam ibit» e, perciò, si potrebbe pensare a una vite a sostegno morto, la perti-ca per l’appunto. È invece più probabile che si parli delle barbatelle che, quandocominciano a svilupparsi, hanno bisogno di un tutore (pertica) per crescere drittee ben orientate (uti recte spectent). Sappiamo che, una volta sviluppate, le giovanipiante potevano essere messe a dimora definitiva vicino all’albero-tutore, possibil-mente mantenendo lo stesso orientamento che avevano nel primo stadio dellacrescita (Virgilio, Georgica, 2, 265 ss.). Non c’è, dunque, prova che la vite novella diCatone sia parte di un vigneto intensivo a sostegno morto; l’esame che abbiamocondotto ci lascia propendere piuttosto per le future viti da maritare agli olmi incoltura promiscua.Alla luce di quanto abbiamo rilevato, la presenza della vinea e dell’arbustum nellagraduatoria delle colture di 1.7 si può rileggere e tradurre come segue: «la vignasta al primo posto, se il vino è abbondante [...] la vite alberata (se il vino non è abbon-dante) sta all’ottavo».È evidente che il prodotto della vite (maritata) viene considerato due volte: gua-dagna il primo posto il frutto della vite, solo a condizione di particolare produtti-vità. In mancanza di questo requisito, si considera prevalente, ai fini della graduato-ria, il prodotto degli alberi tutori (foglie e legname) rispetto a un vino, comunqueprodotto dall’arbustum, ma con scarsa o nulla possibilità di arricchire l’agricoltore.L’arbustum di Catone, inteso come sostegno vivo della vite, il «marito» della vite,ha una sua dignità economica indipendente dalla «moglie», la vite. La sua posizio-ne nella graduatoria lo assimila piuttosto alle colture arboree boschive, tra la silvacedua e la glandaria; infatti produce legname per l’uomo, come la prima, e cibo pergli animali, come la seconda.Quello che sembra emergere è, in conclusione, che, nell’immaginario romano, dal-l’età regia fino a Catone compreso, il concetto di vigneto non sia sostanzialmentecambiato e che il Censore non sembri rappresentare quel punto di partenza della«nuova viticoltura intensiva» romana che normalmente si ritiene (sintesi in DESY

1989; SBLENDORIO CUGISI, CUGISI 1996; CUGISI, SBLENDORIO CUGISI 2001).

4. VARRONE

Solo con Varrone abbiamo il tentativo di dare a ciascuno dei due sistemi di alleva-mento della vite un nome distinto: il termine arbustum possiede la connotazionetecnica che avrà in seguito. È infatti evidente che Varrone prende in esame la vitemaritata ad alberi come uno dei generi possibili di vinea. Quest’ultima, in assoluto,può ricomprendere anche la vite maritata (in Varrone, Res rusticae, 1, 8 arbustumè genus vineae).Ma arbustum e vinea usati nello stesso contesto indicano chiaramente l’uno la vitealberata e l’altro la vite a sostegno morto (in Varrone, Res rusticae, 1, 54 arbustumet vinea sono genera vineti).

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 164

Page 5: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

165

5. VIRGILIO E CATULLO

Solo pochi anni prima che Varrone cerchi di definire vinea e arbustum come gene-ri del vinetum, avendo evidentemente presente che la viticoltura intensiva è ormaiuna realtà,Virgilio sembra prediligere ancora il binomio vite-olmo come emblemadella viticoltura italica, ma qui può venire il sospetto che si tratti di ostentato tra-dizionalismo, oltre che di una predilezione per i nativi paesaggi padani, dove la vitealberata era da sempre la norma. E sarà un’altro padano «doc», il veroneseCatullo, a introdurre nella poesia la metafora matrimoniale per la vite a sostegnovivo (DELLA CORTE 1976).In ogni caso, nel gergo tecnico, da Varrone in poi, vinea e arbustum cessano di esse-re metonimia indifferenziata di «vite alberata» e significano quello che, daColumella a oggi, si è abituati a intendere: uno il vigneto intensivo a sostegnomorto, e l’altro la vite maritata all’albero (intensiva o promiscua).

6. MIGRAZIONE DI SIGNIFICATI

Ma il nome spontaneo del vigneto in latino è vinea, che ha dato l’italiano «vigna».Quando l’antagonismo tra i due sistemi di allevamento si stempera, la manieragreca rientra nelle sue frontiere tradizionali (le «frontiere nascoste» di SCIENZA

2004) e il binomio vite-albero torna padrone nei suoi paesaggi di vocazione origi-naria. Allora la parola «vigna» può tornare a designare questo antico modo di farcrescere la vite. È quanto ho constatato nelle campagne di Magione, tra ilTrasimeno e Perugia. Qui, negli anni Settanta del Novecento, i mezzadri chiamava-no «vigna» il lungo filare di viti maritate agli aceri campestri, disposti a incornicia-re i campi di grano: non poteva esserci ambiguità, poiché erano le uniche viti esi-stenti.La parola arbustum ha invece subito una singolare trasformazione, segnalata datempo da L.Wiener (WIENER 1915). Individuando una sorprendente catena di slit-tamenti semantici, suffragati da fonti medievali, lo studioso dimostra che da arbu-stum (vitatum) si passa a bustum/buscum, origine della parola italiana «bosco», fran-cese bois, spagnolo bosque, inglese bush, tedesco Busk.Sembrerebbe, in conclusione, che anche la vicenda semantica di arbustum ribadi-sca quella contiguità tra vinea e silva che avevamo intravisto nella graduatoria diCatone. Si direbbe quasi che la vite maritata all’albero si configuri, ora come sinte-si ora come frontiera (un’altra frontiera nascosta?), tra viticoltura e silvicoltura,come dire tra cultura e natura.

* Dipartimento Uomo e Territorio,Università degli Studi di Perugia

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 165

Page 6: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

166

BIBLIOGRAFIA

AGOSTINIANI 1998: L. AGOSTINIANI, La denominazione del «vino» in etrusco e nelle altre lingue dell’Ita-lia antica, in AA.VV., do-ra-qe pe-re. Studi in memoria di Adriana Quattordio Moreschini, Pisa-Roma1998, pp. 1-13.

AGOSTINIANI 2000: L. AGOSTINIANI, Il vino degli etruschi: la lingua, in Atti Conegliano 2000, pp. 103-108.

CIACCI 2005: A. CIACCI, Il consumo del vino in Etruria: aspetti ideologici, rituali ed epigrafici, in A.CIACCI, A. ZIFFERERO (a cura di),Vinum. Un progetto per il riconoscimento della vite silvestre nel pae-saggio archeologico della Toscana e del Lazio settentrionale, Siena 2005, pp. 121-137.

CUGISI, SBLENDORIO CUGISI 2001: P. CUGISI, M.T. SBLENDORIO CUGISI (a cura di), Opere di M. PorcioCatone Censore,Torino 2001.

DE CAZANOVE 1995: O. DE CAZANOVE, Rituels Romains dans les Vignobles, in O. MURRAY, M.TECU-ÇAN (a cura di), In Vino Veritas, Oxford 1995, pp. 214-223.

DELLA CORTE 1976: F. DELLA CORTE, Catullo, la vite e l’olmo, in Maia, 28, 1976, pp. 75-81.

DESY 1989: PH. DESY, De agri coltura, XIII, 11, 1 et les dimensions du fundus catonien, in Latomus,48, 1989, pp. 188-189.

GOUJARD 1975: R. GOUJARD, Caton, De l’agricolture, texte établi, traduit et commenté par R. Gou-jard, Paris 1975.

SBLENDORIO CUGISI, CUGISI 1996: M.T. SBLENDORIO CUGISI, P. CUGISI, Problematica catoniana. Rasse-gna di studi 1978-1993, in Bollettino di Studi Latini, XXVI, 1, 1996, pp. 82-218.

SCIENZA 2004: A. SCIENZA, Il terzo anello: Storia di un viaggio, in F. DEL ZAN, O. FAILLA, A. SCIENZA (acura di), La vite e l’uomo. Dal rompicapo delle origini al salvataggio delle reliquie. Evidenze storico-ampelografiche per ripercorrere il viaggio della vite da Oriente alle soglie dell’Occidente, Gorizia 2004,pp. 100-148.

TOMASI, CREMONESI 2000: D.TOMASI, G. CREMONESI (a cura di), L’avventura del vino nel bacino delMediterraneo. Itinerari storici ed archeologici prima e dopo Roma, Atti del Simposio Internazionale,Conegliano Veneto, 30 settembre - 2 ottobre 1998,Treviso 2000.

TORELLI 2000: M.TORELLI, Primi appunti per un’antropologia del vino degli etruschi, in TOMASI, CREMO-NESI 2000, pp. 89-100.

WIENER 1915: L.WIENER, Commentary to the Germanic Laws and Medieval Documents, Harward-London-Oxford 1915, edizione in Internet della Northvegr Foundation (2004-2005), trascritta daA. Myer.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 166

Page 7: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

IL CONTESTO ARCHEOLOGICO E I RISULTATI DEL «PROGETTO VINUM»

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 167

Page 8: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

168

LA CONSOMMATION DU VIN ÉTRUSQUE EN MÉDITERRANÉE OCCIDENTALE: UN BILAN CRITIQUE DES CONNAISSANCESMichel Bats*

Il est pour le moment difficile de dater les débuts de la production des types d’am-phores étrusques qui nous intéressent (SOURISSEAU à paraître).Toutes les trouvailles en Italie se situent à partir de vers 600 (ou un peu avant enCampanie sur le modèle pithécussain) (ALBORE LIVADIE 1978; 1985; GRAS 1985, pp.336-364; RIZZO 1990).Je crois qu’il faut insister sur ce fait. Sur les 21 amphores étrusques des nécropo-les de Vulci présentées par M.A. Rizzo (RIZZO 1990), pas une seule n’est présentedans un contexte antérieur à 600; or, la datation de ces contextes repose sur desassociations multiples et précises de céramique fine. On cite toujours un seulexemple antérieur, identifié précédemment comme phénicien, mais rendu à l’Étru-rie par une analyse pétrographique, provenant d’une tombe de Gabii du secondquart du VIIe s. (cf. DOCTER et alii 1997, pp. 29-30. A Tarquinia, une amphore detype Py 1/2 est présentée par C. Chiaramonte Treré comme appartenant aux pre-mières décennies du VIIe s.; cf. Tarquinia. Scavi sistematici nell’abitato [campagne1982-1988]. I materiali 1, Roma 1999 [Tarchna II]; cependant, il est noté, dansTarchna I, à propos de cette même amphore «l’incertitude de son attribution audépotoir 88 [daté 600-525] ou au remblai 89 [daté du premier quart du VIIe s.]»). J.-Chr. Sourisseau la rattache à son groupe 2 de pâte (Caeré). R.F. Docter considè-re qu’elle appartient à la même catégorie d’amphores non tournées, mais finies autour (type Zit-A 5), découvertes à Carthage et Toscanos entre 660 et 630(DOCTER et alii 1997) et qui disparaissent dans le dernier tiers du siècle: elles sera-ient les prototypes (Amphoren protoetruskischen) des amphores tournées diffusé-es en Méditerranée nord-occidentale.

1. LES AMPHORES ÉTRUSQUES EN ESPAGNE

1) Au sud d’AmpuriasQuelques dizaines d’exemplaires répartis tout le long de la côte jusqu’à la régiond’Alicante; rien en Andalousie.

2) A Ampurias– Le site de Sant Martí d’Empúries (AQUILUÉ 1999):Phase II (village indigène), datée par les fouilleurs entre 625 et 580: quelquesamphores étrusques accompagnées d’amphores phéniciennes occidentales etd’amphores proto-ibériques, puis d’amphores puniques et grecques.Phase III («Palaiapolis»):IIIab (580-540): 40 à 50% d’amphores étrusques, 20% d’amphores ibériques, 5 à7% d’amphores phéniciennes, 20 à 30% d’amphores grecques;IIIb (540-520): 14% d’amphores étrusques, 36% d’amphores ibériques, 7% d’am-

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 168

Page 9: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

169

phores phéniciennes, 35% d’amphores grecques.– Le site de la «Neapolis»:avant 525: 12,5% d’amphores étrusques, 19% d’amphores grecques, 58% d’am-phores ibériques;525-500: 3% d’amphores étrusques, 12% d’amphores massaliotes, 25% d’ampho-res grecques, 60% d’amphores ibériques;500 à 375: entre 3 et 5% d’amphores étrusques.

2. LES AMPHORES ÉTRUSQUES EN GAULE (FIG.1)

1) Marseille600-540/530: 80 à 90% des amphores sont étrusques (types Py 1/2, 3A, 3B répar-ties en 3 catégories principales dont deux reliées à Vulci et Caeré et une troisiè-me non identifiée); env. 10% des amphores sont grecques (Chios, Clazomènes,Lesbos, Milet, Samos; quelques-unes d’Athènes, de Corinthe, d’Italie du Sud); moinsde 5% sont des amphores de tradition phénico-punique de la zone du Détroit deGibraltar et d’Ibérie.540/530-480: c’est le moment où démarre la production des amphores massaliè-tes destinées à l’exportation du vin, d’abord amphores sans mica ou avec mica fin(type feldspathique), puis avec grosses particules de mica, qui passent progressive-ment de 30 à 60% du total des amphores (le pourcentage est encore plus impor-tant si l’on tient compte uniquement des amphores vinaires). Parallèlement, lacourbe des amphores grecques importées grimpe jusqu’à 40% à la fin du VIe s.avant de retomber autour de 15% au fur et à mesure que la production massaliè-te augmente; on note d’ailleurs que ce ne sont plus les amphores de Grèce del’Est qui sont alors majoritaires, mais celles définies comme de type corinthien Bancien (qui ne sont pas de Corinthe et que J.-Chr. Sourisseau propose de situer àSybaris). Dans le même temps, les amphores étrusques chutent d’un seul coup à

Fig. 1Carte de diffu-

sion desamphores étru-sques en Gaule

méridionale(d’après PY

1985, complé-té).

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 169

Page 10: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

170

20%, puis à moins de 10%; tandis que le groupe d’origine non identifiée diminue,les amphores de Vulci et Caeré deviennent majoritaires.

2) Les sites indigènes du Midi– Sites où l’on a proposé une diffusion antérieure à 600Tonnerre I (Mauguio, Hérault), La Liquière (Calvisson, Gard).Sur ces deux sites, la première couche d’occupation ne contenait que du bucche-ro (dit de transition) et des amphores étrusques (type 1/2 et 3). Comme la cou-che suivante contenait en outre des céramiques grecques, M. Py en a conclu quec’est entre les deux qu’avait eu lieu la fondation de Marseille et donc que la pre-mière phase était le témoignage d’un commerce antérieur purement étrusque.Le même processus a été proposé pour Saint-Blaise (Saint-Mître-les-Remparts, B.-du-Rh.), mais les conditions de fouille interdisent toute certitude et il semble bienqu’on y ait la présence simultanée, dès l’origine, de produits étrusques et grecsorientaux.– Les sites occupés à partir de 600Ils sont peu nombreux: Baou de Saint-Marcel (Marseille), Baou Roux à Bouc-Bel-Air, Martigues (Tamaris, L’Arquet), sites lagunaires de l’Etang de Mauguio, LaLiquière, Agde, Pézenas, Béziers, Carsac, Pech Maho (2 fragments).Partout les amphores étrusques y sont majoritaires et les productions étrusques

y sont toujours accompa-gnées de productions grec-ques orientales ou massa-liètes.– La diffusion après540/530En Provence, tous les habi-tats reçoivent quelquesamphores étrusques (types3, puis 4), mais toujours enpetite quantité par rapportaux amphores massaliètestrès largement majoritaires.Signalons aussi une décou-verte récente: l’épaveGrand Ribaud F et sonchargement d’amphores detype 4 (LONG et alii 2002)(Fig. 2).En Languedoc oriental, larupture de la quantitéd’amphores étrusques estnette puisque l’on passe deplus de 80% à 43%, mais

Fig. 2Amphoresétrusques detype 4 de l’épa-ve GrandRibaud F(Photo L. Long,DRASSM).

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 170

Page 11: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

171

elle est de fait moins forte qu’à Marseille (où l’on passe de 80 à 20%) et la con-tinuité se marque par les importations d’amphores de type Py 4 (PY 1995). Il fautcependant relativiser le phénomène en n’oubliant pas que, dans le dernier quartdu siècle, dans la région nîmoise, à côté de 25/30% d’amphores étrusques, ontrouve 70% d’amphores massaliètes! Mais une différence réelle existe par rapportà la consommation massaliète que révèle bien la courbe des amphores étrusques:il y a entre 525 et 475 proportionnellement deux fois plus d’amphores étrusquesen Languedoc oriental que dans le bas Rhône provençal (Fig. 3).En Languedoc occidental, à Béziers, au début du Ve s., la répartition des ampho-res donne encore une place appréciable aux amphores étrusques (20%), minori-taires cependant face aux amphores ibériques (32%) ou massaliètes (34%), etavec 12% d’amphores grecques et 4% d’amphores puniques. A Pech Maho, pourla période 510-450, on compte 5% d’amphores étrusques contre 75% d’ampho-res ibériques et 16% d’amphores massaliètes.

A Marseille, comme dans le reste du Midi, les amphores étrusques disparaissentdans le courant du IVe s.

3) La Gaule interneDécouvertes rarissimes du VIe s.: dans la moyenne vallée du Rhône, à Saint-Etienne-de-Dion, Soyons, Le Pègue, Lyon-Vaise.

3. LE DÉBAT3.1. De quand datent les premières amphores étrusques en Gaule?Deux sites seulement (Tonnerre 1 et La Liquière) offrent une première couched’occupation ne contenant que des amphores et du bucchero étrusques; ce sontclairement des sites indigènes avec plus de 90% de céramique non tournée. Cesamphores et ce bucchero sont les mêmes que l’on trouve dans les couches sui-vantes accompagnés de céramique grecque orientale et massaliète. Ce sont aussi

A-MAS

A-ETR

A-ETR

A-GRE

A-PUNA-PUN

Marseille Région nîmoise

A-MAS

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

600-575 575-550 550-525 525-500 500-475 475-450

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

600-575 575-550 550-525 525-500 500-475 475-450

A-GRE

Fig.3Évolution de la

part desamphores étru-sques par rap-

port à l’ensem-ble des ampho-res à Marseille(trait contenu)

et dans larégion nimoîse

(pointillé)(d’après SOURIS-SEAU 1997 et PY

1990).

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 171

Page 12: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

172

les mêmes que l’on trouve à Marseille et sur les autres sites du Midi. En chrono-logie archéologique, tous ces éléments se datent autour de 600; pour aucun unedate antérieure à 600 n’est obligatoire (BATS 2006).

3.2. Qui transporte le vin étrusque vers Marseille et la Gaule?Les tenants d’un commerce étrusque autonome et primordial en Gaule, antérieurà la fondation de Marseille, ne nous disent pas qui transporte les produits grecsorientaux et massaliotes présents à partir de cette date sur les sites indigènes:Étrusques, ayant fait halte à Marseille, ou Phocéens, réduits à vendre uniquementleur pacotille céramique?Dans le cadre du type de commerce pratiqué en Méditerranée depuis le VIIIes., que ce soit par les Orientaux, Phéniciens, Chypriotes ou autres, et les Grecs,il n’y a pas d’exclusive dans le transport des marchandises. L’épave du Giglio estemblématique de ces cargaisons mixtes de la première moitié du VIe s.: ampho-res grecques orientales et phéniciennes à côté d’une majorité d’amphores étru-sques, céramique grecque (corinthienne, laconienne, ionienne) et étrusque(CRISTOFANI 1997).La présence sur les sites occidentaux de céramique eubéenne, corinthienne,gréco-orientale, attique est le signe de la force d’un artisanat de la céramique(ou des produits qu’elle contient) dans telle ou telle cité plutôt que celui d’uncommerce «colonial» ou d’une «thalassocratie» (concept politique et noncommercial).Même dans le cadre d’échanges encore marqués par la tradition héroïque (hospi-talité-don), les objets d’échange ne sont plus seulement ceux de la prexis, maisceux de l’emporía. Dans cette emporía dynamisée par les Phocéens, promoteurs,selon Hérodote, des makrai nautiliai de l’Étrurie à l’Espagne, les Étrusques occu-pent une place essentielle, directement et indirectement. D’abord parce quel’Étrurie est la première étape occidentale des Phocéens où ils trouvent, depuisquelques décennies, des clients privilégiés pour les productions égéennes orienta-les qu’ils apportent (sans doute avec d’autres Grecs orientaux) et, maintenant,pour leur colonie massaliète, le vin nécessaire à leur propre consommation et àleurs échanges gaulois. Ensuite parce que les Phocéens ont trouvé en Étrurie unesociété dominée par des élites dont les entreprises maritimes ne devaient pas selimiter à la piraterie, même si les Grecs leur en ont fait une réputation (sauf ceuxde Caeré, selon Strabon), mais recouvraient aussi l’autre face de la prexis, l’hospi-talité et l’échange, et s’inséraient même dans la pratique nouvelle de l’emporíadont l’ouverture de l’emporion de Gravisca, vers 600/590, puis de celui de Pyrgi estla marque la plus éclatante.De cette participation pour la Gaule témoignent, par exemple, directement un graf-fite de Saint-Blaise sur amphore de type 3A (asu zufre: nom+cognomen selonCOLONNA 1998) et peut-être l’épave d’Antibes avec son mobilier de bord de faciès«étrusque». Mais il me semble évident que ce sont les fondations phocéennes(Marseille – et peut-être Agde –, Emporion, Mainakè (?),Alalia) qui, par leur caractè-re permanent, ont créé les conditions de cette emporía en Méditerranée nord-occi-

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 172

Page 13: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

173

dentale au-delà de l’Étrurie précisément qui constituait leur pôle intermédiaire.Dans ce contexte, il est aussi absurde de dénier aux Phocéens qu’aux Etrusqueseux-mêmes la possibilité de transporter des amphores étrusques, notamment àMarseille même qui est, pour cette période, le principal centre de consommationdu vin étrusque en Gaule.

3.3. Que se passe-t-il en 540/530 et après?A Marseille, on saisit bien un effet de substitution des amphores étrusques par desamphores grecques et, progressivement, par la production proprement massaliè-te qui monte en puissance. Le relais est pris à parts égales par l’importation d’am-phores grecques et par la production locale, ce qui prouve bien que c’est l’arrêtdes importations étrusques qui a provoqué le développement du vignoble mar-seillais pour faire face à sa propre consommation et pour l’exportation (et nonl’inverse): Marseille a dû faire face à une rupture de sa principale source d’appro-visionnement en vin.Cette rupture est contemporaine d’une radicalisation de l’organisation empori-que, imposée par une coalition étrusco-carthaginoise à partir de la bataille d’Alalia(MELE 1988).Il existe maintenant en Méditerranée occidentale, une emporía réglementée pardes accords et des conventions, à l’image de celle de 507 rapportée par Polybeentre Rome et Carthage, avec des zones d’accès contrôlé selon des stipulationsprécises.Dans leur zone de contrôle nord-occidentale, qu’ils défendent contre «ceux quileur contestaient la mer au mépris du droit» (Strabone, IV, 1, 5), les Phocéens deMarseille se transforment en Massaliètes à part entière: la polis Massalia s’affirmealors dans son domaine «gaulois» avec un territoire où se met en place un vigno-ble d’exportation, tout en continuant à utiliser les ouvertures autorisées dans leszones contrôlées par d’autres, d’où la continuité de leur présence aussi bien enEtrurie, dans le vieil emporion de Gravisca comme dans ceux nouvellementouverts de Pyrgi ou Regisvilla, qu’en Espagne, où les Ibères continuent à interve-nir dans l’organisation commerciale (cf. les lettres sur plomb de Pech Maho etd’Ampurias). Et symétriquement, les Étrusques aussi peuvent trouver leurs portesd’entrée en Gaule à Marseille même, qui continue à accueillir leurs amphores, etdans des emporia indigènes: en témoignent directement la lettre de Pech Mahodont le texte étrusque mentionne d’ailleurs Marseille, un graffite étrusqued’Ensérune du Ve s. (inédit), les trouvailles de Lattes (graffites et entrepôt) et peut-être l’épave du Grand Ribaud F (graffite étrusque sur une amphore du mobilierde bord). Dans l’arrière-pays, la redistribution se fait dorénavant à partir de nou-veaux établissements relais indigènes qui scandent l’interface maritime/terrestreoù se déroulent les rencontres (BATS 1992).

*CNRS - Université de Montpellier

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 173

Page 14: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

174

BIBLIOGRAPHIE

ALBORE LIVADIE 1978: CL. ALBORE LIVADIE, Sur les amphores de type étrusque des nécropoles archaï-ques de Nuceria: aspects et problèmes de l’étrusquisation de la Campanie, in Revue d’Etudes Ligures,1978, pp. 71-135.

ALBORE LIVADIE 1985: CL. ALBORE LIVADIE, La situazione in Campania, in Atti Roma 1985, pp. 127-154.

AQUILUÉ 1999: X. AQUILUÉ (dir.), Intervencions arqueológiques a Sant Martí d’Empúries (1994-1996).De l’assebtament precolonial à l’Empúries actual, Girona 1999.

ATTI ROMA 1985: Il commercio etrusco arcaico, Atti dell’Incontro di Studio, Roma 1985.

BATS 1992: M. BATS, Marseille, les colonies massaliètes et les relais indigènes dans le trafic le long dulittoral méditerranéen gaulois (VIe-Ier s. av. J.-C), in Marseille grecque et la Gaule, Actes des colloquesde Marseille (1990), Lattes/Aix-en-Provence 1992, pp. 263-278.

BATS 1998: M. BATS, Marseille archaïque: Étrusques et Phocéens en Méditerranée nord-occidentale, inMélanges d’Archéologie et d’Histoire de l’Ecole Française de Rome, 2, 1998, pp. 609-633.

BATS 2006: M. BATS, I Greci in Gallia nella prima età del ferro e il commercio emporico nel Mediterra-neo occidentale, in Aeimnêstos. Miscellanea di studi per Mauro Cristofani, t. 1, Firenze 2006.

BATS 2006: M. BATS, Systèmes chronologiques et mobiliers étrusques du Midi de la Gaule au premierAge du fer (v. 600-v. 480 av. J.-C.): les rythmes de l’archéologie et de l’histoire, in Gli Etruschi da Geno-va ad Ampurias, Atti del XXIV Convegno di Studi Etruschi ed Italici (Marseille-Lattes 2002), Pisa-Roma 2006.

COLONNA 1998: G. COLONNA, Gallia Narbonensis: Saint-Blaise, in Rivista di Epigrafia Etrusca, inStudi Etruschi, LXIV, 1998 [2001], 101, pp. 433-435.

CRISTOFANI 1997: M. CRISTOFANI, Un naukleros greco-orientale nel Tirreno, in Etruschi e altre genti nel-l’Italia preromana, Roma 1997, pp. 21-48.

DOCTER et alii 1997: R.F. DOCTER, M.B. ANNIS, L. JACOBS, G.H.J.M. BLESSING, Early Central Italian Tran-sport Amphorae from Carthage: Preliminary Results, in Rivista di Studi Fenici, XXV, 1, 1997, pp. 15-58.

GRAS 1985: M. GRAS, Trafics tyrrhéniens archaïques, Rome 1985.

GRAS 2000: M. GRAS, Les Étrusques et la Gaule méditerranéenne, in Mailhac et le Premier Age du feren Europe occidentale. Hommage à O. et J. Taffanel, Actes du colloque international de Carcasson-ne (1997), Lattes 2000, pp. 229-241.

GRAS 2004: M. GRAS, Les Étrusques vus de la Gaule. Échanges maritimes et implantations, in Docu-ments d’Archéologie Méridionale, 27, 2004, pp. 213-235.

LANDES 2003: CHR. LANDES (dir.), Les Étrusques en France. Archéologie et collections, Catalogue del’exposition, Lattes 2003.

LONG et alii 2002: L. LONG, P. POMEY, J.-CHR. SOURISSEAU (dir.), Les Étrusques en mer. Épaves d’Anti-bes à Marseille, Aix-en-Provence 2002.

MELE 1988: A. MELE, Il Tirreno tra commercio eroico ed emporia classica, in Flottes et commerce grecs,carthaginois et étrusques en Mer Tyrrhénienne, Actes du symposium de Ravello, Strasbourg 1988[1993], pp. 57-68.

PY 1985: M. PY, Les amphores étrusques de Gaule méridionale, in ATTI ROMA 1985, pp. 73-94.

PY 1990: M. PY, Culture, économie et société protohistoriques dans la région nîmoise, Rome 1990.

PY 1995: M. PY, Les Étrusques, les Grecs et la fondation de Lattes. Sur les pas des Grecs en Occident.Hommages à A. Nickels, Paris-Lattes 1995, pp. 261-276.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 174

Page 15: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

175

RIZZO 1990: M.A. RIZZO, Le anfore da trasporto e il commercio etrusco arcaico, I. Complessi tombalidall’Etruria meridionale, Roma 1990.

SANMARTÍ GREGO 1990: E. SANMARTÍ GREGO, Les amphores massaliètes d’Emporion du milieu du VIes. au milieu du IVe s. av. J.-C., in Les amphores de Marseille grecque. Chronologie et diffusion, Actes dela table ronde de Lattes (1989), Lattes-Aix-en-Provence 1990, pp. 165-170.

SOURISSEAU 1997: J.-CHR. SOURISSEAU, Recherches sur les amphores de Provence et de la basse valléedu Rhône aux époques archaïque et classique (fin VIIe-début IVe s. av. J.-C.), I. Synthèse; II. La docu-mentation archéologique,Thèse de doctorat (nouveau régime) de l’Université de Provence, Aix-en-Provence 1997.

SOURISSEAU à par.: J.-CHR. SOURISSEAU, Les amphores étrusques et les échanges en Gaule méridionaleà l’époque archaïque, in Hommages à R. Bloch et J. Heurgon, suppl. à Studi Etruschi, à paraître.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 175

Page 16: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

176

VIE E PORTI DEL VINO NELLA VALLE DELL’ALBEGNA INETÀ ETRUSCA (VI-V SECOLO A.C.)di Giulio Ciampoltrini*, Paola Rendini*

Il carico della nave naufragata agli inizi del VI secolo a.C. nelle acque del Golfo delCampese all’Isola del Giglio, e scavata negli anni Ottanta – dopo una pazientericerca sui materiali fortunosamente recuperati sul relitto negli anni Sessanta – daMensun Bound, è uno dei documenti più spettacolari del ruolo di rilievo svolto inetà arcaica dal commercio del vino sulla costa toscana in corrispondenza dellavalle dell’Albegna e delle isole meridionali dell’Arcipelago Toscano (Giglio eGiannutri), e delle conseguenze che questo ebbe sulla formazione della rete di iti-nerari, terrestri e marittimi, di questo territorio (Fig. 1).Il carico della nave, proveniente da un porto della Ionia (Samo o Mileto) o daCorinto, come dimostrano il corredo di bordo e gli oggetti personali dell’equipag-gio (fra cui lo straordinario elmo in bronzo), comprendeva infatti un variegatocampionario di beni preziosi, destinati a un commercio ancora organizzato secon-do il modello arcaico della emporie: ceramiche fini da mensa (in particolare corin-zie); pregiati oggetti in legno (mobili e raffinati oggetti, come una pisside finemen-te intagliata) forse di manifattura greco-orientale; profumi contenuti negli aryballoicorinzi e laconici. Il grosso del carico era però composto da due merci: i metalli,presenti con lingotti di piombo e di rame, e il vino. Le anfore etrusche, greco-orientali, corinzie, laconiche, fenicie, documentate con la ricerca condotta daBound sui ritrovamenti degli anni Sessanta, o recuperate nelle campagne di scavoda lui condotte, sottolineano l’importanza del vino nei commerci del primo arcai-

Fig. 1I principali inse-diamenti etru-schi della valledell’Albegna.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 176

Page 17: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

177

smo e la varietà dei centri produttivi che alimentavano i traffici. Anche la suppel-lettile per il consumo del vino (kantharoi in bucchero nero, coppe «ioniche», cra-teri corinzi) ha un ruolo significativo nel carico.Il sistema di porti e approdi frequentato da navi come quella naufragata alCampese sta progressivamente acquistando consistenza anche nel litorale dellaValle dell’Albegna e al Giglio stesso. L’approdo naturale del Golfo del Campese erainfatti controllato e dominato da un insediamento posto sull’acropoli delCastellare, già frequentata nel Bronzo medio, e occupata nei primi decenni del VIsecolo a.C. da una «capanna», di pianta approssimativamente ovale, orientata est-ovest, lunga circa 5 m, larga poco più di 2 m (Fig. 2). L’edificio è in parte costruitoin elevato, in parte scavato nella roccia, fino alla profondità di un metro circa; lepareti sono rivestite di grandi blocchi di granito, rinzeppati con schegge e scaglie;sulla parete orientale, pressoché rettilinea, sembra di riconoscere l’alloggiamentodi uno dei pali che dovevano sorreggere la copertura. La datazione è assicuratadai materiali, estremamente coerenti, finiti nelle stratificazioni sedimentatesi nell’in-terno della cavità, sotto un vero e proprio strato di crollo: bucchero nero, cerami-che etrusco-corinzie e a fasce, anfore etrusche di tipo Py 1-2. I materiali dimostra-no la totale dipendenza dell’abitato dagli approvvigionamenti esterni, secondo latipica situazione degli approdi di avvistamento.Il ruolo svolto dal Giglio – naturale punto di riferimento per le navi che partendodall’Etruria meridionale puntavano verso il nord con le rotte di cabotaggio o conquelle d’altura, dirette verso la Corsica e la Gallia meridionale – è ribadito da relit-ti attestati indirettamente da singole anfore, o da piccoli nuclei di materiali, comequello formato da un lotto di anfore etrusche di tipo Py 3 associate ad un’anforasamia, conservato in proprietà privata.

Fig. 2.L’insediamento

arcaico alCastellare del

Campese (Isoladel Giglio):

veduta a finescavo.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 177

Page 18: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

178

Il litorale antistante, che va dalla foce del Chiarone sino all’area di Talamone, dove-va essere dotato già dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. di una rete di porti eapprodi, di norma collegati alle bocche delle lagune.Un sistema portuale vero e proprio si doveva essere già formato nella fase estre-ma del Bronzo finale (X secolo a.C.), quando due consistenti insediamenti sidispongono in perfetto parallelismo alla Puntata di Fonteblanda, che controlla losbocco a mare della laguna di Talamone, e a Punta degli Stretti, che domina l’ac-cesso alla laguna di Orbetello. La proiezione marittima dei due abitati trova unasingolare conferma proprio al Giglio, al Campese, dove nell’immediato dopoguer-ra fu trovato un ripostiglio di oggetti di bronzo, databili nello stesso periodo, chesottolinea la consistenza della rete di traffici marittimi. Questa rete di porti eapprodi si esaurisce con la crisi del sistema di insediamento del Bronzo finale, pro-babilmente connessa all’affermazione del ruolo egemone dei grandi centri urbani,per ritrovare consistenza nella seconda metà dell’VIII secolo a.C.Nuovi nuclei insediativi tornano a pullulare lungo le lagune, rivelandosi talora effi-meri, talora capaci di generare abitati destinati a lunga fortuna.Come indicano i materiali della necropoli, l’istmo al centro della laguna diOrbetello, nell’area di Orbetello stessa, sembra occupato proprio in questomomento storico da un abitato che avrebbe potuto offrire un comodo porto,protetto dalla laguna, all’insediamento di Marsiliana.Proprio a Orbetello trovano una limpida attestazione l’acquisizione e l’impiego delvino nel costume del banchetto diffuso dalla cultura greca: la necropoli diOrbetello, infatti, ha restituito un contesto tombale dell’Orientalizzante antico, trala fine dell’VIII e i primi del VII secolo a.C. – ricomposto in anni recenti sulla scor-ta dei dati d’archivio – che comprendeva anche una kotyle protocorinzia con deco-razione ad aironi. Questa conferma indirettamente la destinazione a contenitoreper vino di una parte almeno dei vasi del corredo, comprendente anche uno stam-nos d’impasto, su alto piede, e un’olla italo-geometrica.Il «punto di svolta» nella strutturazione di una rete portuale sul litoraledell’Albegna sembra tuttavia segnato dalla fondazione di un insediamento daglispiccati tratti emporici poco a ovest dell’odierna Fonteblanda, sulla sponda sudo-rientale della laguna di Talamone, nell’area la cui vocazione portuale era già statasegnalata dall’abitato del Bronzo finale.Saggiato fra 1991 e 1997, dopo le ricognizioni condotte a partire dal 1987, l’inse-diamento arcaico di Fonteblanda si è rivelato a pianta rigorosamente ortogonale,scandita da una plateia e da stenopoi; sono rigorosamente omogenei anche i sin-goli lotti edificati. I materiali dai livelli di fondazione sono databili agli anni intornoal 570 a.C., poco più tardi dunque del momento a cui riferire la nave del Campese.I materiali emersi dallo scavo mostrano il ruolo spiccatamente mercantile dell’abi-tato, nei cui traffici svolgono un ruolo dominante il ferro, commercializzato comesemilavorato, nella forma delle «grandi spugne» menzionate da Diodoro, e il vino.La grande quantità di materiale anforico ritrovato è in fase di studio; sintetizzando,si può dire che nel momento della fondazione e durante la vita dell’abitato è quasiesclusiva la presenza di anfore etrusche di tipo Py 3 A/B, nelle versioni splendida-

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:46 Pagina 178

Page 19: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

179

mente illustrate dal ben noto esem-plare del Museo di Orbetello (Fig. 3),cui si è aggiunto recentemente, daimagazzini del Museo, un secondo,leggermente lacunoso. Intorno al530 a.C. gli ultimi momenti di vitadell’abitato (testimoniati in particola-re dal seppellimento rituale di unpozzo) vedono anche l’afflusso dianfore puniche e greco-orientali,mentre nelle anfore etrusche siaffacciano redazioni del tipo Py 5.Il rapporto fra insediamenti costierie dell’interno, per quanto riguarda iltraffico del vino, rimane incerto, peril periodo fra la fine del VII e il VIsecolo a.C. Le necropoli di Maglianoin Toscana, scavate estensivamentenell’ultimo ventennio, mostranoinfatti una limitatissima presenza divino d’importazione, con le dueanfore chiote da una tomba di

Santa Maria in Borraccia scavata negli anni Settanta, oggi esposte al MuseoArcheologico della Maremma di Grosseto. A queste vanno ora aggiunti i fram-menti di anfora dello stesso tipo recuperati in una tomba di San Donato, nellavalle dell’Osa (Orbetello), da Maurizio Michelucci. Rimane invece isolata l’anforaetrusca della tomba di Poggio Bacchino, sempre a Magliano, già pubblicata daGuglielmo Maetzke.Il sepolcreto di Santa Maria in Borraccia e, soprattutto, le quattro necropoli in loca-lità Cancellone, con le decine di complessi tombali integri emersi nelle campagnedi scavo condotte fra gli anni Ottanta e Novanta, confermano il ruolo del vinonelle dotazioni funerarie, articolate in veri e propri «servizi», formati da bucchero,ceramica etrusco-corinzia, «ionica» e, infine, sul finire del VI secolo a.C., anche atti-ca. In questi corredi nella suppellettile potoria è generalizzata la presenza del con-tenitore per vino: la grande olla d’impasto, o, più raramente, un dolietto, d’impasto,presente anche in redazioni decorate con motivi a rilievo o stampigliati (Fig. 4).Materiali di remota acquisizione del Museo Civico di Orbetello, recentemente rie-mersi dai depositi, confermano il largo impiego del dolio (Fig. 5) come contenito-re per vino della dotazione funebre anche nella necropoli stessa di Orbetello; latipologia attestata è la stessa documentata anche negli strati di vita degli abitati.Se dunque è assai verosimile l’ipotesi che la Valle dell’Albegna fosse ampia produt-trice di vino già nel corso del VI secolo a.C., mancano per il momento prove docu-mentarie che permettano di attribuire a produzione locale la massa di anfore cheformano la quasi totalità dei materiali dagli strati di Fonteblanda.

Fig. 3Anfora etrusca.

Orbetello,deposito SBAT

di Porta Nuova.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 179

Page 20: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

180

La riorganizzazione degli insediamenti dei decenni finali del VI secolo a.C. è segna-ta dall’affermazione del centro urbano di Doganella, probabilmente fondato daVulci per consolidare la sua egemonia sulla bassa Valle dell’Albegna, e dotato di unacerchia di mura che garantisce il controllo del punto in cui si intrecciano due vie:

quella che va in direzionenord-sud, verso Roselle,superando l’Albegna dopoaver risalito la Valle dellaRadicata, con il guado cheaveva visto la fortuna diMarsiliana; la via cheseguendo il corso delfiume conduce all’altavalle, controllata daSaturnia, e da qui portaall’Etruria interna tiberina.Il terminale marittimo diquesto itinerario è ancoranella laguna di Talamone,dove l’insediamento diFonteblanda viene legger-mente dislocato e rico-struito ai piedi della collinadi Bengodi, probabilmentein conseguenza di eventiambientali che portano ad

Fig. 4Doli nellatomba E delCancellone diMagliano inToscana, duran-te lo scavo.

Fig. 5Dolio d’impa-sto. Orbetello,deposito SBATdi Porta Nuova.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 180

Page 21: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

181

Fig. 6Frammento diantefissa dalla

Puntata di Fon-teblanda. Gros-

seto, MuseoArcheologico

della Maremma.

un lieve innalzamento del livello della laguna. Un tempio doveva esaltarne il ruolo,come dimostrano i ritrovamenti di frammenti di terrecotte architettoniche ricon-ducibili a tipi tardo-arcaici (Fig. 6), avvenuti a più riprese dagli anni Venti fino allericognizioni degli anni Ottanta.Le valutazioni scaturite dalle ricerche di superficie, condotte sistematicamente dal1987 e confermate anche dall’analisi delle sezioni leggibili nei fossati e, infine, dal-l’analisi delle stratificazioni incise da arature profonde, dimostrano la consistenzadell’insediamento formato intorno al tempio e lo sviluppo dei suoi traffici. La data-zione fra la fine del VI e il V secolo a.C. è indicata dalla ceramica attica, oltre chedalle produzioni etrusche nella tradizione del bucchero.Metalli e vini sono ancora, stando all’evidenza archeologica, i principali beni diffusidalla rete di traffici marittimi, anche se il ferro elbano è ora distribuito non comesemilavorato, ma in minerale grezzo (ematite); ben documentato è anche il bron-zo, nella forma di aes rude.Sia pure nello stato frammentario delle restituzioni di superficie, continua a esse-re rilevante anche la presenza di anfore: sono attestate anfore puniche, greco-orientali e greco-occidentali (massaliote), e, in misura nettamente dominante, lefamiglie di anfore etrusche prodotte dalla seconda metà del VI al V secolo a.C.,nelle forme Py 4 e 5.I tipi numericamente prevalenti trovano riscontro nelle produzioni delle fornaciper anfore dell’abitato di Doganella e rendono plausibile l’ipotesi che l’approdoposto fra il mare e la laguna di Talamone, che potrà essere identificato nel portusTelamonis, fungesse da punto di riferimento sulle rotte tirreniche non solo per lepotenzialità portuali della laguna, ma anche come terminale marittimo della Valle

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 181

Page 22: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

182

dell’Albegna, nella cui economia le produzione del vino acquista un ruolo finalmen-te definibile.La rilevanza del sistema portuale della Valle dell’Albegna per la rete di traffici delMediterraneo nordoccidentale (dalla Francia Meridionale alle Baleari) su cui l’ar-cheologia subacquea francese e spagnola sta gettando nuova luce, trova una signi-ficativa e cronologicamente coerente conferma nel relitto di Cala Galbugina, sullacosta nordorientale del Giglio, di cui resta un significativo nucleo di anfore etru-sche di tipo Py 4, e in quelli noti indirettamente da sequestri e recuperi sporadici,acquisiti soprattutto dal Museo Archeologico della Maremma di Grosseto.Il nuovo sistema di traffici, di cui è indice la diffusione della ceramica attica non solocon esemplari figurati, ma anche a vernice nera, si riflette anche nell’interno dellaValle dell’Albegna, sia pure in misura per il momento marginale. Il complesso ritro-vato alla Parrina di Orbetello, che comprende un cratere a colonnette attico conscena di banchetto, assegnabile all’ambito dei manieristi degli anni intorno al 470a.C., potrebbe segnalare una delle vie di penetrazione anche negli ambienti ruralidella cultura del banchetto, come momento centrale della vita di relazione.Nell’interno i recenti ritrovamenti del territorio di Scansano, con la necropoli diPoggio Marcuccio, che ha restituito una kylix attica a vernice nera (Fig. 7), si aggiun-gono alle coeve testimonianze di Saturnia per testimoniare la perdurante vitalitàdell’itinerario che risale la valle. Nel corso del V secolo a.C. questo asse viarioattraversa un territorio in cui la rete degli insediamenti che viene delineando ilprogresso delle ricerche – come l’abitato di Poggio delle Sorche, in Comune diMagliano in Toscana, prossimo a questa via – trova punti di riferimento in unasequenza di luoghi di culto: da Santa Maria in Borraccia, dove il bronzetto di offe-rente maschile di un ritrovamento degli anni Cinquanta si aggiunge al celeberrimo«piombo di Magliano» e allo stesso Ghiaccio Forte, con le più antiche testimonian-ze della stipe votiva.La vicenda di Ghiaccio Forte, trasformato nella prima età ellenistica in un inseda-mento fortificato, testimonia la continuità e la vitalità di un asse itinerario che sem-bra segnare, per tutta l’età etrusca, la vita della valle e dell’agricoltura – in cui lavite doveva svolgere un ruolo centrale – a cui gli Etruschi dell’Albegna dovetterola loro secolare fioritura.

* Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana

Fig. 7 Kylix attica daPoggio Marcuc-cio. Scansano,Museo Archeo-logico.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 182

Page 23: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

183

BIBLIOGRAFIA

Sul relitto del Giglio: M.M. BOUND, The Pre-classical Wreck at Campese Bay, Island of Giglio, in Studie Materiali. Scienza dell’Antichità in Toscana, 6, 1991, pp. 209-244, con le considerazioni di M. CRI-STOFANI, Un naukleros greco-orientale nel Tirreno. Per un’interpretazione del relitto del Giglio, in Annalidella Scuola Archeologica Italiana di Atene, LXX-LXXI, 1992-1993 [1998], pp. 205-232.

Gli altri ritrovamenti subacquei del VI-V secolo a.C. sono presentati da P. RENDINI, Isola del Giglio:acquisizioni sul commercio etrusco, in Navies and Commerce of the Greeks, the Carthaginians and theEtruscans in the Tyrrhenian Sea. Acts of the European Symposium held at Ravello, January 1987, AttiPACT, 20, 1988, pp. 191-199; M. CELUZZA, P. RENDINI (a cura di), Relitti di Storia. Archeologia subac-quea in Maremma. Archeologia subacquea in Toscana (Catalogo della mostra), Grosseto 1991, Siena1991, in particolare pp. 26-30; si vedano anche le valutazioni di P. RENDINI, Postfazione, in G. POG-GESI, P. RENDINI (a cura di), Memorie sommerse (Catalogo della mostra), Porto Santo Stefano 1997,Pitigliano 1998, pp. 223-225.

Cenni sull’insediamento di età arcaica al Castellare del Campese in B.M. ARANGUREN, G. CIAMPOL-TRINI, P. RENDINI et alii, Attività metallurgica negli insediamenti costieri dell’Etruria centrale fra VI e Vsecolo a.C., in A. LEHOËRFF (ed.), L’artisanat métallurgique dans les sociétés anciennes en Méditerra-née Occidentale.Techniques, lieux et formes de production, Rome 2004, pp. 323-339, da valutareanche per gli aspetti del traffico di ferro come semilavorato.

Sulla formazione del sistema di insediamenti costieri fra Bronzo finale e prima età del Ferro: G.CIAMPOLTRINI, La Puntata di Fonteblanda. Un insediamento del Bronzo Finale, in Ferrante RittatoreVonwiller e la Maremma, 1936-1976. Paesaggi naturali, umani, archeologici, Atti del Convegno Ischiadi Castro, Ischia di Castro 1999, pp. 69-77; G. CIAMPOLTRINI, O. PAOLETTI, L’insediamento costiero inEtruria nell’VIII secolo a.C.: il «caso» del territorio fra Chiarone e Albegna, in Studi Etruschi, LX, 1994[1995], pp. 47-67.

Per le anfore etrusche di vecchio ritrovamento dal territorio è ancora insostituito è il repertoriodi G. NARDI, M. PANDOLFINI, La diffusione delle anfore etrusche nell’Etruria settentrionale, in Il com-mercio etrusco arcaico, Atti dell’incontro di studio, Roma 1983, [1985], pp. 41-64; per San Donato:M. MICHELUCCI, Contributo alla ricostruzione del popolamento dell’ager caletranus in età arcaica. Lanecropoli di San Donato di Orbetello, in Studi Etruschi, LVII, 1991, pp. 11-52.

Prima presentazione dell’insediamento arcaico di Fonteblanda in G. CIAMPOLTRINI, L’insediamentoarcaico di Fonteblanda e l’urbanistica «ippodamea» fra Orvieto e Vulci, in G.M. DELLA FINA (a curadi), Tra Orvieto e Vulci, Atti del X Convegno Internazionale di Studi sulla Storia e l’Archeologiadell’Etruria, Orvieto 2002, «Annali della Fondazione per il Museo “Claudio Faina”», X, 2003, pp.279-299.

Per la necropoli del Cancellone a Magliano in Toscana: P. RENDINI, La tomba dipinta in località Can-cellone di Magliano in Toscana, in A. MINETTI (a cura di), Pittura etrusca: problemi e prospettive, Attidel Convegno, Sarteano-Chiusi 2001, s.l. 2003, pp. 36-51.

Le ricerche di superficie nell’area di Doganella sono edite da PH. PERKINS, L.WALKER, Survey of anEtruscan City at Doganella, in the Albegna Valley, in Papers of the British School of Rome, LVIII, 1990,pp. 1-143. Per le indagini di scavo: M. MICHELUCCI, Caletra, Kalousion, Heba. Indagini sugli insedia-menti etruschi nella bassa valle dell’Albegna, in Studi di antichità in onore di Guglielmo Maetzke, II,Roma 1984, pp. 377-392; M. MICHELUCCI, s.v. Doganella, in EAA, Classica e Orientale, II Supplemen-to 1971-1994, pp. 392-393. Da ultimo M. MICHELUCCI, La cinta muraria e la distruzione dell’abitatoetrusco di Doganella, in corso di stampa, in La città murata in Etruria, Atti del XXV Convegno diStudi Etruschi e Italici, Chianciano Terme - Sarteano 30 marzo - 3 aprile 2005. I dati aerofotogra-fici sono riesaminati da G. CIAMPOLTRINI, M. COSCI, La via dei tumuli della bassa valle dell’Albegna ele porte di Doganella, in corso di stampa, in La città murata in Etruria, cit.

Per la ricostruzione del sistema itinerario d’età tardo-arcaica e nel corso del V secolo a.C.: P. REN-DINI, Saturnia: un territorio di frontiera tra Vulci e Volsini, in G.M. DELLA FINA (a cura di), Tra Orvieto eVulci, cit., pp. 133-152; P. RENDINI, Età arcaica, in M. FIRMATI, P. RENDINI (a cura di), Museo Archeologi-co Scansano, Siena 2002, pp. 27-31; P. RENDINI, Stipi votive e culti nella valle dell’Albegna dall’etàarcaica all’età romana, in P. RENDINI, M. FIRMATI (a cura di), Archeologia a Magliano in Toscana. Scavi,scoperte, ricognizioni e progetti, Atti dell’incontro di archeologia, Magliano in Toscana 2003, Siena2003, pp. 13-26.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 183

Page 24: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

184

Il contesto della Parrina è presentato da G. CIAMPOLTRINI, Vasi attici a figure rosse dalla bassa valledell’Albegna, in Prospettiva, 98-99, 2000, pp. 145-154.

Per Poggio Marcuccio, prime notizie: P. RENDINI, in M. FIRMATI, P. RENDINI (a cura di), Museo Archeo-logico. Scansano, Siena 2002, p. 69.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 184

Page 25: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

185

PRODUCTION AND DISTRIBUTION OF WINE IN THEETRUSCAN ALBEGNA VALLEYPhilip Perkins*

Archaeological research is gradually revealing the large scale of Etruscan wine pro-duction. First indications of the scale of production came in the 1970’s with thediscovery of shipwrecks in Languedoc, France, carrying cargoes of Etruscan wineamphorae (e.g. JONCHERAY 1976).At the same time sherds of amphoras and drinking vessels were being identified onfortified settlements around the mouth of the river Rhône indicating that some of thepeople of that area were developing a taste for Etruscan wine and probably also therituals of banqueting that went along with wine drinking at that time (PY, PY 1974).Our knowledge of the trade and production of Etruscan wine thus began with itsconsumers, at the end of the supply chain.The challenge for archaeologists since thenhas been to trace this supply chain back to its roots in the vineyards of Etruria.Unfortunately no Etruscan wine has survived the 2500 years since it was produ-ced, as a result, as is so often the case, archaeology must start by studying the dura-ble evidence related to wine, rather than the wine itself.This contribution will startby considering the material requirements for wine-production on a large scale,particularly the equipment required for wine making, fermentation and storage ofwine.This concentration upon the infrastructural requirements for wine produc-tion will lead to a consideration of the farms where the wine was produced andthe relationships between these farms and larger settlements. Finally, the organiza-tion of the transport and marketing of the wine will be investigated.A long term archaeological research project in the Albegna Valley in southernTuscany has mapped the ancient landscape, identifying the locations of settlements

from all periods throughout the Valley (CARANDINI et alii 2002).In the Etruscan period, a hierarchy of settlements has been

identified from an anonymous city at Doganella, tosmall urban centres at Saturnia, Ghiaccio Forte

(near Scansano), Orbetello andFonteblanda (Talamone), to villages in

isolated rural areas, to smallfarms scattered in the coun-

tryside (PERKINS 1999).Wine was produ-

ced within thisstructured set-tlement pattern.A study of theobjects found ateach of thosesites has enabledthe identification

Fig. 1Etruscan farmat Podere Tar-tuchino, phaseII, c.500-325 ?

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 185

Page 26: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

186

of locations where there is evidence for activity related to wine production. Inorder to extend our knowledge of the rural settlements, never before investiga-ted, a small Etruscan site was excavated.This provided details of the organizationof an Etruscan farm and the processes of agricultural production that took placein the sixth and fifth centuries BC (Fig. 1).This excavation at Podere Tartuchino, between Scansano and Semproniano, unco-vered remains that have been interpreted as a wine press, the earliest recoveredin Italy (Fig. 2) (ATTOLINI, PERKINS 1992).Within the large central room of the farm the dominant feature was a large cera-mic jar (ziro) set into the floor at the centre of the room. Chemical analysis of theceramic identified traces of lipids deriving from pine resin, suggesting it was givenan impermeable coating on the interior, a treatment recommended in antiquity forjars intended for wine storage (Catone, De re rustica, II, 3). Around this jar, forminga triangular arrangement, were two stone footings to the north and a large, proba-bly structural, wooden post to the south.These together may have formed a plat-form for pressing grapes by treading, with the jar below collecting the juice. Simplearrangements like these for pressing grapes are illustrated on Attic black figurewares of the 5th century BC (VON BOTHMER 1985, pp. 113-117, Fig. 40a, 71 l, Pl. 1).A second jar stood on the floor of the room to the west and could have beenused as a fermentation vessel. Sherds of at least six other large storage vesselswere found in the in press-room at Podere Tartuchino. Together these remainssuggest that over 1800 l of wine could have been produced in a season.The keytechnology for wine production was the ability to produce large durable ceramicvessels capable of fermenting and storing the wine. Similar vessels could of cour-se have been made of wood, but in Etruria the preferred technology was ceramic.The capability to produce large articles in terracotta developed at the end of theseventh century in Etruria and is seen principally in the appearance of terracottaroof tiles and revetments to clad roof structures. Ancient Roman legends tell thatceramic advanced technology was brought to Etruria by refugees from Corinth in

Fig. 2Podere Tartu-chino, remainsof the winepress.A largesunken jar, Bstone footing, Cpost, D large jar.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 186

Page 27: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

187

Greece, but it is equally possible that the technology was developed in Etruriaitself (RIDGWAY, SERRA RIDGWAY 1994).Evidence from the remains of the jars found in the survey area indicates that theproduction of jars was a highly specialized craft.The ceramic body of many of thejars contain black augite, a mineral not found in the Albegna valley: it is a volcanicmineral only found to the South of Lake Bolsena and South of the river Fiora, inthe Latial volcanic area.The presence of this mineral suggests that somehow themineral was transported from its place of origin to the farms, where it was foundin the ceramics.There seem to be three likely explanations this observation, eitherthe mineral was a commodity traded because of its quality as an ingredient in theclay-mix required for large vessels, or jars were made at the places where themineral is found and then the finished jars were transported to the farms scatte-red through the countryside.A third possibility is that itinerant craftsmen travelledfrom farm to farm carrying the mineral with them as a raw material and made thejars on-site using their specialist skills to construct temporary kilns to complete thedifficult firing of the jars.Which ever explanation is favoured, wine production wasclearly dependent upon ceramic artisans, whether or not they were itinerant. Inaddition a relatively developed economy was required that could support trade inlarge ceramics or raw materials for making ceramics or the mobility of specialistcraftsmen (PERKINS 1999).When this ceramic technology was transferred from buildings to the craft of wineproduction it enabled a rapid increase in the quantity, and presumably quality, ofwine production. The ceramic technology was further extended to produceamphorae capable of transporting wine.The design of these amphorae was adap-ted from types used in the Levant and Punic North Africa, providing an exampleof how different areas of the Mediterranean were highly inter-connected at thistime (GRAS 1985). Once the ceramic technology became able to provide contai-ners capable of transporting wine, it then became possible to export wine toareas such as southern France, which at that time were not planted with vineyards.This capacity to trade in wine presumably stimulated further investment of resour-ces into the countryside to enable the spread of vineyards and settlementsthrough the suitable areas of Etruria.In the Albegna Valley the archaeological survey work has revealed that Etruscanrural settlement extended across most of the land below c. 500 m by the end ofthe sixth century BC.The settlement pattern demonstrates a high degree of orga-nization: the nucleated settlements are focussed at points in landscape and even-ly distributed at c. 10 km intervals and rural settlements are scattered betweenthem.This suggests that the settlement pattern may have been planned, or at leastsuggests a thorough knowledge of landscape at the time the farmsteads establi-shed (PERKINS 1999).Archaeological field survey aims to understand the broad picture of how landsca-pes were settled, but this picture is based upon the artefacts found in individualfields, for example the identification of a location as the site of a farm dependsupon the interpretation of a scatter of stone and roof tile, turned up by the

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 187

Page 28: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

188

plough, as the site of a farm. Other artefacts found with the remains of buildingcan then be studied in order to understand the activities that took place at eachsite. In the Albegna Valley, plotting the locations where large jars were found onsettlements provides an indication of the areas where wine may have been pro-duced, although jars may of course also be used for other purposes such as sto-rage of grain, oil, olives and other produce (Fig. 3).The jars are found at small farms,but also in the larger settlements and the city at Doganella suggesting that wineproduction, and more generally storage of agricultural produce took place at alllevels in the settlement hierarchy.If we turn from the wine production equipment and try to investigate the agricul-tural regimes at the farms we need different forms of evidence. At PodereTartuchino the excavated parts of the farm were carefully sampled to find preser-ved plant remains that had been carbonized by exposure to fire.The findings, thatinclude 1148 grape pips, an olive stone and 55 fragments of grain, depend uponthe chance preservation of the plant material and so cannot be used to indicatethe relative importance of different crops, but the range of material clearly indica-tes a mixed farming economy producing grapes, grain and olives. Unfortunatelyanimal bones were not preserved at the site and so it is not possible to discusswhich animals were kept there, but evidence from other Etruscan sites would sug-gest sheep, goats, pigs and cattle at least were reared alongside the exploitation ofwild animals (ATTOLINI, PERKINS 1992).There is no evidence for the type of field systems used around the farm althoughsome general observations are possible. In the Valley the farm sites are not parti-cularly close to one another, suggesting that there was not a great pressure on theland and that intensive methods of cultivation, such as polyculture (coltura promi-scua), may not have beenessential to provide subsisten-ce.The solid nature of the farmbuildings is evidence for settledagriculture with fixed landownership and boundariesassociated with the permanentfarm buildings.The cultivation ofvineyards also implies a structu-red landscape with more or lesspermanent land parcels anddefined boundaries, since vine-yards are a long term inve-stment and a fixed asset, ifmaintained. How vines werecultivated within the vineyardsis not known: they may havebeen planted in rows or asbushes, but there is not yet any

Fig. 3Albegna Valley,find spots oflarge jars of thetype used forfermenting andstoring wine.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 188

Page 29: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

189

direct evidence for the methods of Etruscan wine planting, nor for any varietiescultivated. Returning to the commercial aspects of the wine trade, survey work inthe Albegna Valley has identified that almost all the amphorae were made at kilnsin the city at Doganella (PERKINS,WALKER 1990).This strongly suggests that the production of the amphorae for transporting the winewas organized in the urban centre.Wine may have been produced in the farms (sug-gested by the jars at the farms), transported to the city in skins and then bottled inthe amphorae.Alternatively, empty amphorae could have been carried from the cityto the farms where they were filled with wine. It is also possible that grapes weretransported to the city where the wine was made and bottled in amphorae.Of cour-se each of these mechanisms could have operated in different areas at the sametime.Yet the fact remains that the amphorae are found on both the urban and ruralsites, suggesting that the wine was consumed in the country and the city.The production of the amphorae at the city suggests that the city centralized thewine production and prepared it for export by bottling and transporting the fullamphorae to the nearby port at Fonteblanda for export. Doganella is the onlyplace in Etruria where there is precise and incontrovertible evidence for the pro-duction of amphora. It has not yet been possible to prove that the amphorae pro-duced here are the same as those found in Languedoc, but it has been suggestedthat they, and associated other ceramics, are similar to amphorae found on ship-wrecks at Antibes and Bon Porté (CIAMPOLTRINI, FIRMATI 2006).The best preserved amphorae from a shipwreck, some still with their corks, andpacked together with vine-shoots, were found in 1999 in the Grand Ribaud F ship-wreck near Giens (Var) (LONG et alii 2002).The clay and minerals used to make the amphorae from the Grand Ribaud F ship-wreck are similar to those used in the area of Cerveteri in southern Lazio, the siteof ancient Etruscan city of Caere. But here the trail runs cold, since although otheramphorae thought to have been made at Caere have been found in tombs or ship-wrecks, there is, as yet, no firm evidence for where precisely the amphorae weremade and how their production was organized. It may be that the wine produc-tion was centralized in the city of Caere as at Doganella but there is not yet anyproof of this.The Etruscan wine trade seems to have flourished in the sixth andinto the fifth centuries BC, but amphora types used in the fourth century have notyet been identified in Etruria. However, later, after the Roman conquest of theAlbegna Valley in the third century BC the Etruscan tradition of large jar manufac-ture seems to survive because 138 Etruscan type jars have found at 72 newRoman establishments (PERKINS 1999).The Roman conquest of this area was violent and destructive – the city atDoganella was abandoned for example. But the survival of the Etruscan amphoraesuggests either that the traditions of Etruscan ceramic technology survived theconquest, or alternatively that old Etruscans jars continued in use producing thewine to fill new types of Roman amphorae.

* The Open University

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 189

Page 30: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

190

BIBLIOGRAPHY

ATTOLINI, PERKINS 1992: I. ATTOLINI, P. PERKINS, The Excavation of an Etruscan Farm at Podere Tartuchi-no, in Papers of the British School at Rome, 60, 1992, pp.1-76.

CARANDINI et alii 2002: A. CARANDINI, F. CAMBI, M. CELUZZA, E.B. FENTRESS (a cura di), Paesaggid’Etruria, Roma 2002.

G.CIAMPOLTRINI, M.FIRMATI, The Blacksmith of Fonteblanda. Artisan and Trading Activity in the NorthernTyrrhenian in the Sixth Century BC, in Etruscan Sudies, 9, 2002-2003, Etruscans now! Proceedings ofthe Symposium Held at the British Museum. 2002 (2006) part I, pp. 29-36.

GRAS 1985: M. GRAS, Trafics Tyrrheniens Archaiques, Roma 1985.

JONCHERAY 1976: J.P. JONCHERAY, L’Épave grecque, ou etrusque, de Bon Porte, in Cahiers d’ArcheologieSubaquatique 5, 1976, pp. 5-36.

LONG et alii 2002: L. LONG, P. DRAP, L. F. GANTÈS, Premiers résultats sur l’épave profonde GrandRibaud F (Giens, Var). Quelques éléments nouveaux sur le commerce Etrusque en Gaule, vers 500 av.J.C., in Cahiers d’Archéologie Subaquatique, 14, 2002, pp. 5-40.

PERKINS 1999: P. PERKINS, Etruscan Settlement, Society and Material Culture in Central Coastal Etruria,BAR International Series 788, Oxford 1999.

PERKINS,WALKER 1990: P. PERKINS, L.WALKER, Field Survey of the Etruscan City at Doganella, in Papersof the British School at Rome, 58, 1990, pp. 1-144.

PY, PY 1974: F. PY, M. PY, Les amphores étrusques de Vaunage et de Villevieille, Gard, in Mélanges del’Ecole Française de Rome, Antiquité, 86, 1974, pp. 141-254.

RIDGWAY, SERRA RIDGWAY 1994: D. RIDGWAY, F.R. SERRA RIDGWAY, Demaratus and the Archaeologists,in R. DE PUMA, J.P. SMALL (ed.), Murlo and the Etruscans: Art and Society in Ancient Etruria, Madison1994, pp. 6-15.

VON BOTHMER 1985: D.VON BOTHMER, The Amasis Painter and his World, Malibu 1985.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 190

Page 31: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

191

LA PRODUZIONE E IL COMMERCIO DEL VINONELL’ETRURIA ROMANA: LE FORNACI DI ALBINIA(ORBETELLO, GR)di Daniele Vitali*, Fanette Laubenheimer**, Laurence Benquet***

1. PREMESSA

L’esplorazione archeologica di una zona industriale specializzata nella fabbricazio-ne di anfore da trasporto costituisce un’opportunità di ricerca rara e irripetibile,che, quando si presenta, va raccolta e portata avanti anche con sacrifici1.Il caso di Albinia ha la fortuna di presentare una buona conservazione delle strut-ture di atelier, una complessità stratigrafica significativa nel senso tempo/tipo diproduzioni e infine una pluralità di interventi antichi sui resti murari che permet-tono di segmentarne le vicende; il caso di Albinia poi ha soprattutto la chance ditrovarsi in uno spazio aperto ed esteso, esplorabile senza condizionamenti visibili.Il periodo di attività del vasto impianto a fornaci, posto alla sinistra dell’attualecorso dell’Albegna, corrisponde a un arco di tempo di circa due secoli, dall’etàrepubblicana fino alla prima età imperiale e questo lungo periodo aumenta il valo-re del potenziale informativo di questa località, che meriterebbe impegni e sforziscientifici ulteriori e più adeguati.Questi elementi sono stati capiti dai referees del Ministero dell’Università e dellaRicerca Scientifica che nel 2004 hanno dato una valutazione molto positiva al«progetto di ricerca di rilevante interesse nazionale» (PRIN) «Fabbricanti di anfo-re, produttori di vino: archeologia ed economia del vino tra l’Etruria romana e ilmondo gallico (II secolo a.C. - I secolo d.C.)» che è stato cofinanziato. Il progettoè coordinato a livello nazionale da Daniele Vitali e ha collegate tre unità locali diricerca: la prima diretta dalla prof.ssa Laura Cattani (Università degli Studi diBologna) che si occupa degli aspetti paleoambientali e paleobotanici, la secondadiretta dal prof. Emanuele Bozzo, che si impegna ad indagini di tipo geofisico, elet-trico e magnetico indispensabili per individuare settori con anomalie termoresi-due, nuovi forni, nuove discariche di materiali cotti; e la terza diretta dal prof.Roberto Cabella interessata alla caratterizzazione di paste, impasti, argille delleanfore e di altri prodotti manifatturati e in generale alle facies geosedimentologi-che del territorio alle foci dell’Albegna. Vi partecipano numerosi ricercatori tra iquali anche le colleghe francesi che condividono questo testo.

Nei sei anni ormai trascorsi dunque sono state focalizzate due regioni lontane malegate tra loro: da una parte Albinia e l’area medio-tirrenica, dall’altra la Gallia con-tinentale con il territorio degli Edui in primo piano. Da tempo erano state eviden-

1Dobbiamo sottolineare che la nostra ricerca ha avuto contributi essenziali da parte delle struttu-re ministeriali sopra ricordate, il MIUR, a cui sono da aggiungere l’Università degli Studi di Bologna- Dipartimento di Archeologia, e, per il settore internazionale, il Collège de France nonché i pro-grammi Galilée/Egide. Essenziali si sono rivelati il contributo e la collaborazione del Comune diOrbetello.

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 191

Page 32: . IL CONCETTO DI VIGNETO IN ETÀ ROMANA 1. DUE … · LA ROMA DEI RE La tradizione romana assegnava al re Numa il merito di aver trasformato i roma- ... poiché ci troviamo in età

192

ziate le prove di questi legami: le anfore le cui paste di composizione e colorimolto particolari erano riferite ad Albinia e i bolli o marchi impressi su labbri, anse,piedi di anfore che trovavano precise corrispondenze tra le due aree.Dai contenitori in tale modo connotati si passava alla merce che essi avevano tra-sportato (il vino) e si delineavano a grandi linee i processi economici che eranostati all’origine e a fianco di questo prodotto che per due secoli aveva generatoingenti ricchezze nelle mani dei proprietari dei latifondi dell’Etruria romana; nelcaso specifico del territorio tra Albegna e Cosa, ad esempio, le famiglie aristocra-tiche dei Sestii, dei Domitii, dei Titii, o dei Valeri, che furono proprietarie o di terre,o di manifatture artigianali, o di navi da trasporto o di tutte queste cose insieme.Tra le scarne notizie trasmesse dalle fonti letterarie antiche emerge la citazionedelle luculenta navigia, possedute da Publius Sestius il Cosanus, amico di Cicerone(Cicerone, Ad Atticum, 15, 27, 1; 29, 1; 16, 4, 4).La merce umana, uno schiavo per un’anfora scambiata, era moneta sonante al paridei denari in argento, essenziale per un’economia di latifondo basata sulla mano-dopera schiavile. Un milione di anfore esportate in Gallia voleva dire pressappocoun milione di schiavi importati in Italia e cioè, su circa un secolo e mezzo, 6000-8000 schiavi all’anno, caricati ad esempio sulle navi di ritorno. Lo schiavo che i Gallidavano ai mercanti romani in cambio di un’anfora di vino venne frainteso come ilsegno di una smodata passione dei Galli per il vino, dei Galli che, per quanto amicie fratelli consanguinei dei Romani, restavano pur sempre barbari agli occhi di chicon il metus gallico aveva penato per oltre due secoli; e il consumo senza limiti dialcol era il segno più visibile dell’inferiorità civile e culturale di queste popolazioni,da poco aggregate al mondo romano.

2. LE FORNACI

Nel quadro di un numero più elevato di aree d’atelier identificate nell’insediamen-to antico di Albinia, che pare esteso non meno di 1 kmq, l’impianto localizzato allasinistra dell’Albegna e ad est dell’Aurelia forma un caso ormai ben circoscritto (Fig.1). Se teniamo conto di altri impianti a fornaci nel territorio della bassa valledell’Albegna, cogliamo le dimensioni di una realtà produttiva molto forte, cheaveva nell’argilla, materia prima del sottosuolo, una risorsa inesauribile e nel pro-dotto della viticoltura una risorsa altrettanto promettente.Un’imponente struttura muraria di contenimento in blocchi di calcare legati conmalta e rinforzata da profondi contrafforti esterni quadrangolari, ingloba i resti didue serie speculari di grandi fornaci affiancate e parallele. Esse rientrano in un tipoassai diffuso, a pianta quadrangolare, a corridoio centrale e a sviluppo verticale: lacamera di cottura (ora perduta) era sovrapposta alla camera di combustione e neera separata per mezzo di un piano forato. Le ripetute arature hanno compro-messo i livelli superiori delle strutture antiche, delle quali dunque è completamen-te perduto l’alzato. Ma già in antico un’opera radicale di abbattimento e rasatureera stata fatta per rialzare i piani d’uso e di attività delle fornaci che furono inte-ressate da alcune inondazioni catastrofiche del vicino corso dell’Albegna.Il forno si presenta come un canale rettilineo lungo circa 6 m e largo 1,20 m ca.,

libro vite 3 copia 19-04-2007 15:47 Pagina 192