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L’ARCHITETTURA PRIVATA AD AQUILEIA IN ETÀ ROMANA ANTENOR QUADERNI 24 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI ARCHEOLOGIA ATTI DEL CONVEGNO DI STUDIO (PADOVA, 21-22 FEBBRAIO 2011) a cura di Jacopo Bonetto e Monica Salvadori con la collaborazione di Alessandra Didonè e Caterina Previato

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L’ARCHITETTURA PRIVATA AD AQUILEIA IN ETÀ ROMANA

ANTENOR QUADERNI 24

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVADIPARTIMENTO DI ARCHEOLOGIA

ATTI DEL CONVEGNO DI STUDIO(PADOVA, 21-22 FEBBRAIO 2011)

a cura di Jacopo Bonetto e Monica Salvadori

con la collaborazione di Alessandra Didonè e Caterina Previato

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ANTENOR QUADERNI

DIREZIONEIrene Favaretto, Francesca Ghedini

COMITATO SCIENTIFICOMaria Stella Busana, Jacopo Bonetto, Paolo Carafa, Marie Brigitte Carre, Heimo Dolenz, Christof Flügel, Andrea RaffaeleGhiotto, Stefania Mattioli Pesavento, Mauro Menichetti, Athanasios Rizakis, Monica Salvadori, Daniela Scagliarini, AlainSchnapp, Gemma Sena Chiesa, Desiderio Vaquerizo Gil, Paola Zanovello, Norbert Zimmermann

COORDINAMENTO SCIENTIFICOIsabella Colpo

SEGRETERIA REDAZIONALEMatteo Annibaletto, Maddalena Bassani

La presente opera raccoglie gli Atti delle giornate di studio conclusive del Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale (bando 2007) “L’edilizia domestica ad Aquileia e nel suo territorio” coordinato dall’Università degli Studi di Padova (prof.J. Bonetto) in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e l’Università degli Studi del Molise.

Volume revisionato dal comitato scientifico composto da:Heimo Dolenz (Landesmuseum für Kärnten), Christof Flügel (Landestelle für nichstaatlichen Museen in Bayern), Angela Pontrandolfo (Università degli Studi di Salerno), Daniela Scagliarini (Università degli Studi di Bologna)

Volume realizzato con il contributo di:

Banca di credito cooperativo di Fiumicello ed Aiello del Friuli

Università degli Studi di PadovaDipartimento di ArcheologiaPiazza Capitaniato, 7 – 35139 [email protected]

ISBN 978-88-9738-519-6

© Padova 2012, Padova University PressUniversità degli Studi di Padovavia 8 febbraio 1848, 2 - 35122 Padovatel. 049 8273748, fax 049 8273095e-mail: [email protected] www.padovauniversitypress.it

Le foto di reperti di proprietà dello Stato sono pubblicate su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali,Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia (Aut. del 24/02/2012, prot. n° 563/19).

Tutti i diritti sono riservati. È vietata in tutto o in parte la riproduzione dei testi e delle illustrazioni.

Volume stampato presso la tipografia Italgraf - Noventa Padovana

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Università degli Studi di Padova

Università degli Studi del Molise

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ALVIANO SCAREL, Premessa............................................................................................................... pag. IX

LUIGI FOZZATI, Premessa .................................................................................................................. » XI

FRANCESCA GHEDINI, Presentazione ................................................................................................ » XIII

JACOPO BONETTO, MONICA SALVADORI, Introduzione ..................................................................... » XV

TEMI GENERALI

JACOPO BONETTO, L’edilizia privata antica di Aquileia. Profilo storiografico ................................. » 1

CLAUDIO ZACCARIA, Chi erano i proprietari delle ricche domus aquileiesi? Piste epigrafiche ........ » 49

LE CASE E L’ARCHITETTURA

PATRIZIO PENSABENE, ENRICO GALLOCCHIO, Contributo per la storia del quartiere residenzialesud-ovest: i fondi ex CAL e Beneficio Rizzi ...................................................................................... » 67

MICHELE BUENO, VALENTINA MANTOVANI, MARTA NOVELLO, Lo scavo della casadelle Bestie ferite ............................................................................................................................... » 77

VANESSA CENTOLA, GUIDO FURLAN, ANDREA RAFFAELE GHIOTTO, EMANUELE MADRIGALI, CATERINA PREVIATO, La casa centrale dei fondi ex Cossar ad Aquileia: nuovi scavi e prospettive di ricerca .................................................................................................... » 105

FEDERICA FONTANA, La domus dei “Putti danzanti” lungo la via Gemina: aspetti planimetrici e funzionali ........................................................................................................ » 131

ANTONIA SPANÒ, FILIBERTO CHIABRANDO, FULVIO RINAUDO, Contributi della geomatica ai temi delle ricerche archeologiche. Il caso dell’insula di via Gemina ad Aquileia ......................... » 141

LUCIANA MANDRUZZATO, FRANCA MASELLI SCOTTI, Il quartiere abitativo precedente il complesso teodoriano di Aquileia................................................................................................... » 157

CATERINA PREVIATO, Tecniche costruttive utilizzate nelle case di Aquileia: le sottofondazioni pluristratificate ..................................................................................................... » 165

LE CASE E L’APPARATO DECORATIVO

MONICA SALVADORI, Edilizia privata e apparati decorativi ad Aquileia: lo stato della ricerca ......... » 181

MICHELE BUENO, MARTA NOVELLO, FEDERICA RINALDI, Per un corpus dei mosaici di Aquileia:status quo e prospettive future .......................................................................................................... » 195

Sommario

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MARTA NOVELLO, L’autorappresentazione delle élites aquileiesi nelle domus tardoantiche ........... pag. 221

FLAVIANA ORIOLO, Modi dell’abitare ad Aquileia: i rivestimenti parietali ...................................... » 243

FABRIZIO SLAVAZZI, Gli arredi di lusso di Aquileia: nuove ricerche ................................................. » 263

FEDERICA GIACOBELLO, Arredi in bronzo del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia............. » 273

FULVIA CILIBERTO, Il lusso dell’acqua: sculture con funzione di fontana ad Aquileia...................... » 281

FEDERICA FONTANA, EMANUELA MURGIA, La domus dei “Putti danzanti” lungo la via Gemina: alcuni elementi dell’apparato decorativo ........................................................................................... » 297

MAURIZIO GOMEZ SERITO, EDUARDO RULLI, I materiali lapidei naturali della domusdei “Putti danzanti”: marmi bianchi e colorati .................................................................................. » 309

LE CASE E I MATERIALI

ANNALISA GIOVANNINI, Ninnoli, oggetti di devozione domestica, ricordi famigliari: immagini di terracotta da Aquileia tra scavi e dati d’archivio .......................................................... » 317

GRAZIA FACCHINETTI, Ritualità connesse alla costruzione di domus. Le offerte monetali di fondazione ad Aquileia .................................................................................. » 337

FILOMENA GALLO, ALESSANDRA MARCANTE, GIANMARIO MOLIN, ALBERTA SILVESTRI, PATRICK DEGRYSE, MONICA GANIO, I vetri della casa delle Bestie ferite ad Aquileia: uno studio archeologico e archeometrico ........................................................................................... » 353

DIANA DOBREVA, Studio e analisi di alcuni contesti della domus centrale presso i fondi ex Cossar . » 369

LE CASE FUORI DELLA CITTÀ

PAOLA MAGGI, FLAVIANA ORIOLO, Luoghi e segni dell’abitare nel suburbio di Aquileia............... » 407

MAURIZIO BUORA, L’interpretazione delle foto aeree di Aquileia e una sconosciuta villa extraurbana nel suburbio occidentale........................................................................................ » 429

LUDOVICO REBAUDO, La villa delle Marignane ad Aquileia. La documentazione fotografica di scavo (1914-1970) - con appendici di Alberto Savioli ed Elena Braidotti..................................... » 443

FABIO PRENC, Dinamiche insediative e tipologie edilizie nella Bassa Friulana ................................ » 475

MARIA STELLA BUSANA, CLAUDIA FORIN, Le ville romane nel territorio di Aquileia: alcune considerazioni in merito all’articolazione e all’uso degli spazi .............................................. » 487

VALENTINA DEGRASSI, RITA AURIEMMA, L’edilizia residenziale lungo l’arco costiero nord-orientale, tra il Lacus Timavi e Grignano ................................................................................ » 511

PAOLA VENTURA, Edilizia privata presso il Lacus Timavi: la villa di via delle Mandrie a Monfalcone (GO) - con appendice di Gabriella Petrucci ............................................................... » 533

LE CASE TRA TARDOANTICO E MEDIOEVO

GIUSEPPE CUSCITO, Edilizia privata ed edifici cristiani di culto: un problema aperto ..................... » 555

YURI MARANO, Dopo Attila. Urbanesimo e storia ad Aquileia tra V e VI secolo d.C. ................... » 571

LUCA VILLA, Modelli di evoluzione dell’edilizia abitativa in Aquileia tra l’antichità e il medioevo ..... » 591

MARINA RUBINICH, Dalle “Grandi Terme” alla “Braida Murada”: storie di una trasformazione ..... » 619

SOMMARIOVI

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LE CASE E LA VALORIZZAZIONE

ANTONELLA CORALINI, Antichi vicini di casa. Presenze reali e virtuali nel mondo digitale............ » 639

GIOVANNA MONTEVECCHI, PAOLO BOLZANI, La domus dei tappeti di pietra. Un sito archeologico nel cuore di Ravenna ....................................................................................... » 665

EMANUELE MADRIGALI, Esperienze di restauro e valorizzazione di Aquileia: l’esempio dei fondi ex Cossar ............................................................................................................ » 685

VILMA FASOLI, Tra frammento e contesto: la valorizzazione come progetto condiviso..................... » 699

FABIANA PIERI, GIULIA MIAN, VALENTINA DEGRASSI, La villa romana di Ronchi dei Legionari. Un’esperienza di valorizzazione ................................................................................. » 707

MAURIZIA DE MIN, PIERLUIGI GRANDINETTI, EUGENIO VASSALLO, Un’idea progettuale per la conservazione, protezione e valorizzazione dei resti della domus della Pesca nel fondo Cossar ...... » 723

SOMMARIO VII

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DALLE “GRANDI TERME” ALLA “BRAIDA MURADA”:

STORIE DI UNA TRASFORMAZIONEMarina Rubinich*

*Università di Udine, [email protected]

RIASSUNTO

Le c.d. ‘Grandi Terme’, situate nella zona sud-occidentale della città, sono – è ormai noto – uno dei più vastiedifici pubblici dell’Aquileia tardo-antica. Come molti altri monumenti dell’importante centro romano, hannosubito profonde trasformazioni nel corso del Medioevo, che le hanno private completamente dei loro elevati, ren-dendo oggi difficile ricostruirne il lusso originario, testimoniato quasi esclusivamente dai raffinati pavimenti musivi.Le ricerche archeologiche condotte dall’Università di Udine negli ultimi otto anni hanno rivelato molti elementiper la ricostruzione dell’edificio tardo-antico e delle sue fasi di vita, fra IV e V secolo d.C., ma, soprattutto, stannomettendo in luce la lunga storia del complesso termale dopo la sua defunzionalizzazione (avvenuta, presumibil-mente, nel corso del VI secolo): una storia di profonde trasformazioni – di paesaggi e di destinazioni d’uso – chesi è conclusa soltanto nel 1960, con l’abbattimento del muro che recingeva la Braida Murada. Si tratta di contestiindagati ancora su aree piuttosto ridotte rispetto ai 2,5 ettari occupati dalle Grandi Terme, ma che ci permettonogià di leggere alcune ‘storie’ del modo di abitare in questo settore di Aquileia durante l’età medioevale: 1) fra VIe VII secolo, piccoli nuclei familiari abitarono i ruderi dell’impianto termale, adeguandoli alle loro esigenze conl’aggiunta di strutture più precarie e seppellendo i loro morti all’esterno dei muri antichi; 2) dopo i primi crolli leterme furono definitivamente abbandonate per molti secoli e, fra XIII e XIV secolo, cominciò la loro spoliazionesistematica, seguita dalla costruzione di strutture abitative e di ambienti di servizio con materiali di reimpiego,dalla bonifica e dal livellamento del terreno e dalla trasformazione in paesaggio rurale di quello che era stato unodei più imponenti complessi monumentali dell’Aquileia costantiniana.

ABSTRACT

The Great Baths were a large and sumptuous public building of late Roman Aquileia, but today their ruins arecompletely concealed below cultivated fields. New stratigraphic excavations carried out by the University ofUdine are revealing the long history of the site and its profound transformations, which testify new ways ofdwelling in this area, today called ‘Braida Murada’, i.e. ‘enclosed field’. Around the 6th century the Roman Bathslost their thermal functions: some rooms were occupied by small families, who built poor wooden huts andburied their dead outside the ancient walls. Between the 13rd and the 14th centuries, after a long period of neglect,during which the Baths became a quarry for building materials, the ruins were systematically spoiled, and thearea became an expanse of cultivated land with a few houses and cottages, as may be also observed on somedrawings of Aquileia made during the 17th and 18th centuries.

L’architettura privata ad Aquileia in età romana, Atti del Convegno di Studio (Padova, 21-22 febbraio 2011),a cura di Jacopo Bonetto e Monica Salvadori, Padova 2012, pp. 619-638.

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Le cosiddette ‘Grandi Terme’, situate nella zona sud-occidentale della città, erano uno dei più vastiedifici pubblici dell’Aquileia tardoantica. Come molti altri monumenti della città romana, hanno subito,nel corso del Medioevo, profonde trasformazioni, che le hanno private completamente dei loro elevati,rendendo oggi impossibile percepire, senza indagini archeologiche in profondità, le loro enormi pro-porzioni e assai difficile ricostruirne il lusso originario, testimoniato soltanto dai raffinati pavimentimusivi e dai numerosi frammenti di decorazioni parietali e di elementi architettonici e scultorei rinve-nuti in giacitura almeno secondaria (fig. 1).

Ricollegandosi agli scavi realizzati dalla locale Soprintendenza nel ’900, le ricerche archeologichecondotte dall’Università di Udine negli ultimi dieci anni hanno rivelato molti nuovi elementi per la ri-costruzione dell’edificio tardoantico e delle sue fasi di vita, fra IV e V secolo d.C., ma, soprattutto,stanno mettendo in luce la lunga e finora inedita storia del complesso termale dopo la sua defunzio-

Fig. 1. Grandi Terme. Veduta delle aree scavate da Nord-Est (foto UniUd).

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nalizzazione, avvenuta, presumibilmente, nel VI secolo1. Si tratta di una storia di profonde trasformazioni – di paesaggi e di destinazioni d’uso – , che ripro-

pone quella di tutta Aquileia, la capitale altoadriatica che continuò a vivere intorno alla sua Basilicasmontando e consumando i suoi edifici, fino ad alterare in modo irreversibile i fasti monumentali diepoca romana. Le Thermae Felices Constantinianae furono costruite nella prima metà del IV secolo,quando Aquileia era all’apice della sua prosperità, e avevano un’estensione presunta di 2,5 ettari, elevatidi almeno 10 metri e ornati lussuosi. Il loro utilizzo continuò presumibilmente fino a tutto il secolosuccessivo, sia pure con qualche indizio di prime spoliazioni in aree marginali, testimoniando la ripresadi Aquileia dopo il passaggio di Attila nel 452 d.C. In sèguito, pur rientrando in quel settore meridio-nale della città romana più intensamente abitato in età medievale, almeno alcuni ambienti furono og-getto di una più o meno sporadica frequentazione finché le Grandi Terme non furono abbandonate aicrolli, diventando una cava di materiale edilizio così come il vicino anfiteatro e altri monumenti, perpoi scomparire definitivamente lasciando spazio a estesi coltivi e a rade strutture abitative e rurali,come è testimoniato dal toponimo ‘Braida Murada’ che designa ancora oggi la località (fig. 2). E le tra-sformazioni sono continuate fino a tempi relativamente recenti, concludendosi con l’abbattimento,agli inizi degli anni ’60, del lungo muro che aveva racchiuso la ‘braida’ e con l’esproprio della zonaagli inizi del decennio successivo.

Le vedute di Aquileia di età medievale sono molto rare e parziali e quelle della fine del ’400, perquanto abbastanza realistiche, mettono in evidenza soprattutto le mura turrite e gli edifici principalisenza entrare all’interno della città2. Nessun documento iconografico ci testimonia in realtà il divenire

1 Per una sintesi dei risultati con bibliografia: RUBINICH 2009; per notizie sul progetto scientifico e didattico: F.M.FALES, F. MASELLI SCOTTI, in FALES et alii 2003, cc. 182-189.

2 Sulle immagini di Aquileia: BUORA 1988, pp. 356-361.

Fig. 2. Il settore occidentale di Aquileia dove sorgevano le Grandi Terme, da Est (foto UniUd).

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delle trasformazioni di Aquileia dall’età altomedievale in poi, mentre nelle prime piante, delineate frail XVII e il XVIII secolo, vediamo soltanto i risultati finali di queste trasformazioni3. Analizzandolecon attenzione, risulta evidente che l’abitato medievale-moderno si concentrava intorno alla Basilica,mentre il resto della città romana, ancora circondato dalle antiche mura diroccate, mostra un paesaggioprevalentemente rurale, anche se punteggiato di torri, di piccoli agglomerati abitativi e di chiese mi-nori.

L’evoluzione di Aquileia appare perfettamente in linea con quella di altre grandi città romane,prima fra tutte Roma stessa, caratterizzata dal frazionamento del tessuto urbano in nuclei più piccoli,con mutamenti dei poli di aggregazione (dagli edifici pubblici a quelli di culto cristiano) e probabil-mente dei rapporti di proprietà del suolo, dall’uso agricolo di aree in precedenza urbanizzate, da unnuovo reticolo di strade e piazze solo in minima parte ricalcato su quello di età classica, dalla demoli-zione di monumenti più antichi solo in qualche caso parzialmente riutilizzati come base per nuovestrutture e recinzioni4. Per Aquileia i tempi e le modalità del mutamento sono ancora oscuri e non èfacile comprendere se ci sia stata una trasformazione lenta e progressiva o se questa abbia subito delleaccelerazioni in precisi momenti storici5.

L’archeologia può aiutarci a colmare questa lacuna, soprattutto un’archeologia attenta alla glo-balità delle tracce lasciate dall’uomo in un sito, indipendentemente dalla loro antichità e dalla loromonumentalità. Il mito della grandezza di Aquileia romana ha fortemente influenzato infatti la ri-cerca archeologica per circa un secolo, e per lungo tempo gli studi sul periodo medievale, così fervidoovunque di cambiamenti tanto importanti quanto spesso poco evidenti, si sono concentrati soprat-tutto sulle diverse fasi costruttive dell’unico monumento integralmente giunto fino a noi, e cioè dellaBasilica e dei suoi ornati. Pochissime sono le conoscenze sull’abitato e sul modo di abitare in cittàdall’Alto Medioevo all’età moderna e, di fatto, molti labili documenti della cultura materiale e inse-diativa di tale lungo periodo, probabilmente già danneggiati dalle bonifiche e dai rimaneggiamentia scopo agricolo dei terreni, con frequenti e non documentabili dislocazioni di terra dalle aree piùelevate a quelle soggette ad impaludamento, sono ormai perduti, sacrificati in nome della ricercadella ‘romanità’6.

I risultati delle indagini stratigrafiche condotte in questi ultimi dieci anni dalla missione udinese,oltre a confermare la grandiosità della fase tardoantica delle Grandi Terme, hanno aperto qualche spi-raglio di luce anche sull’intero arco del periodo medievale, sebbene le aree scavate siano ancora troppolimitate rispetto all’estensione complessiva dell’edificio e più ancora rispetto a quella dell’intera BraidaMurada (fig. 3). A questo limite bisogna aggiungere altri due elementi di criticità: la zona deve aversubito numerosi e importanti interventi di bonifica e di livellamento nell’epoca immediatamente pre-cedente all’esproprio, avvenuto, come si è detto, agli inizi degli anni ’70, e nelle pubblicazioni di scavodel ’900 non sono presenti indicazioni di eventuali ritrovamenti pertinenti agli strati superficiali nellearee allora indagate, dal momento che i dati editi si concentrano soprattutto sui numerosi e raffinatipavimenti in mosaico e in opus sectile7.

3 Le piante più ricche di informazioni sono il ben noto olio su tela del Museo Diocesano di Udine, databile al 1693e forse opera di G. Giuseppe Cosattini (BUORA 2003), e il non meno famoso disegno fatto eseguire dal Conte Nicolòda Concina nel 1735 e che sicuramente ne deriva (BERTACCHI 1969, c. 118).

4 Esemplari a questo proposito sono i dati acquisiti dagli scavi nei Fori imperiali a Roma: SANTANGELI VALENZANI

2001; MENEGHINI, SANTANGELI VALENZANI 2007.5 Sull’evoluzione di Aquileia tardoantica e altomedievale: CANTINO WATAGHIN 2004; VILLA 2004.6 In realtà, uno studio accurato delle tracce materiali, soprattutto frammenti ceramici, ha rivelato che sono numerosi

i nuclei abitativi di V-VI secolo anche nella zona nord di Aquileia, e che soltanto dopo la fine della guerra greco-gotica(553 d.C.) si può collocare la riduzione della città al settore meridionale, ancora oggi il centro storico di Aquileia:VILLA 2004, pp. 564-567.

7 Sui principali scavi del ’900, svolti a più riprese dalla locale Soprintendenza (1922-23; 1961; 1981-1987): BRUSIN

1923; BERTACCHI 1981; LOPREATO 2004.

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Le informazioni sul periodo che ci interessa approfondire in questa sede aumentano di anno inanno, in parallelo al lento ampliamento e all’approfondimento dei settori di scavo, costringendo spessochi scrive a correggere di volta in volta alcune delle affermazioni contenute nei rapporti annuali relativialla campagna precedente, anche grazie allo studio dei numerosissimi reperti ormai accumulati adopera dei laureandi dell’Ateneo friulano. Resta ancora molto lavoro da fare e non è facile sintetizzarein questa sede risultati che sono lontani dall’essere definitivi e che, soprattutto, non si possono ancorageneralizzare ed estendere con sufficiente sicurezza a tutta l’area delle Grandi Terme.

La zona che ha restituito il maggior numero di dati relativi a tutte le fasi della Braida Murada èquella che comprende il settore sud-occidentale delle Terme e l’area esterna ad esse lungo il lato sud(Settore F). Il cospicuo interro ivi conservato, soltanto in parte intaccato dalle indagini del secoloscorso, ha rivelato una stratificazione quasi completa che va dagli strati precedenti alla costruzionedelle Grandi Terme all’età moderna. Grazie anche allo studio di alcune classi di materiali particolar-mente utili ai fini cronologici, è stato possibile definire quattro ampi periodi di vita dell’area: I) co-struzione, uso e ristrutturazione delle Terme (IV-V secolo d.C.), comprendente due fasi, e cioè Ia)costruzione e prima fase monumentale (IV-inizi del V secolo) e Ib) restauro e ristrutturazione (V se-colo); II) prime spoliazioni e riuso a fini abitativi dei ruderi, con sepolcreto annesso (VI-VII/VIII se-colo); III) abbandono dell’area, crollo delle volte e degli elevati, frequentazione sporadica della zona(VIII-XIII secolo); IV) spoliazione definitiva, riassetto a scopi agricoli dell’area e edificazione di strut-ture rurali (dal XIII-XIV al XX secolo) 8.

8 RUBINICH 2009, cc. 88-92.

Fig. 3. Grandi Terme. Pianta delle zone scavate; in evi-denza le aree con ritrovamenti di età medievale.

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I periodi II e IV, oltre a documentare la continuità di frequentazione del sito, ci illustrano due modie due fasi dell’abitare nell’area delle Grandi Terme rispettivamente nell’Altomedioevo e fra l’età tar-domedievale e l’epoca moderna.

Analizziamo ora nel dettaglio gli elementi, sia pure ancora parziali, che ci consentono questa rico-struzione.

1. L’ETÀ ALTOMEDIEVALE

I dati acquisiti grazie ai recenti scavi stratigrafici ci consentono di ritenere che, agli inizi dell’età al-tomedievale, l’edificio termale doveva ancora conservare sostanzialmente i suoi elevati e gran partedelle coperture, anche se sicuramente cominciava a subire le prime spoliazioni, sia delle ricche deco-razioni in marmo sia delle tubature in metallo che correvano sotto i pavimenti. In questo momento al-cuni ambienti del settore sud-occidentale furono scelti come dimora da piccoli nuclei familiari cheseppellirono i loro morti all’esterno del muro perimetrale sud (Periodo II).

A parte una presenza generalizzata su tutta l’area delle Grandi Terme scavata dalla missione udinesedi reperti mobili riferibili agli inizi dell’Alto Medioevo (ceramica grezza, lucerne e vetri di VI-VII se-colo), i dati più importanti sull’esistenza di strutture abitative di quest’epoca provengono dallo scavodell’ambiente più meridionale dell’edificio tardoantico, denominato A13, già in parte interessato dalletrincee preventive condotte nel 1961 da Luisa Bertacchi e di cui i dati acquisiti nella recente campagnadi scavo 2011, ancora in corso di elaborazione, permettono una ricostruzione più completa.

L’ambiente A13 (figg. 3.1, 4) era probabilmente un corridoio stretto e allungato (10,70 x 40 mcirca), che fiancheggiava sul lato sud il settore degli ambienti riscaldati. Il suo pavimento, in tessellato

Fig. 4. Grandi Terme. Veduta dell’ambiente A13 da SSW (foto UniUd).

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bianco e nero con motivi geometrici, era delimitato, sia a Nord che a Sud, da muri in mattoni, spogliatisistematicamente anche se non completamente in epoca tardomedievale, e decorati alla base da unozoccolo di crustaemarmoree9. Nel 2011 si è potuto stabilire che questa pavimentazione appartiene aduna importante ristrutturazione dell’ambiente, che rialzò ovunque di circa 20 cm un precedente pianocompatto di malta, obliterato uniformemente da uno spesso strato di materiale combusto.

I materiali utilizzati per realizzare il sottile e incoerente vespaio sotto il mosaico sembrano indicareuna cronologia entro il V secolo per il rialzamento; il nuovo pavimento di A13 appartiene quindi allaseconda e ultima fase delle Grandi Terme (Fase Ib) e, anzi, ne è la testimonianza archeologica finorapiù evidente10. Resta ancora da precisare se la fase Ib, che potrebbe anche aver modificato la destina-zione d’uso dell’impianto, conservandone però la funzione termale di alcuni ambienti, preceda oppuresia posteriore al 452 d.C. e se, come sembrerebbe, l’intervento sia in qualche modo connesso con unaprecoce spoliazione di un lastricato del marciapiede o del portico a sud dell’edificio, forse danneggiatodurante un evento bellico e sostituito da una semplice pavimentazione in terra battuta.

L’avvallamento creato da tale spoliazione fu riempito, probabilmente per bonificarlo, con terra,forse di riporto, mista ad una grande quantità di frammenti ceramici che non vanno oltre la fine del Vsecolo e di resti ossei di animali11. La bonifica, che di fatto trasformò questa fascia lungo il decumanoin discarica, non può che essere avvenuta quando le Terme persero la funzione originaria e l’ambienteA13, privato della sua copertura12, mutò completamente destinazione d’uso, diventando la sede perabitazioni precarie in materiali deperibili, secondo consuetudini ben documentate nelle città altome-dievali13.

Il mosaico pavimentale dell’ambiente A13 è intaccato da un grande numero di buche, praticate siadirettamente nel tessellato sia nello strato di allettamento delle tessere, laddove queste non erano piùconservate (fig. 5). Molte fosse risultano scavate sicuramente per impiantare i pali di strutture leggere,di cui però è ancora difficile leggere una planimetria completa, forse anche perché non tutte sonocoeve, testimoniando così più fasi costruttive. Ad una analisi del tutto preliminare, gli allineamenti piùevidenti sembrerebbero restituire almeno una capanna rettangolare (m 8 x 5), con un singolare orien-tamento NO-SE, forse aperta verso NO, con un palo centrale all’ingresso14. A Est di tale struttura,dove è ancora conservato, il mosaico presenta numerose ma circoscritte aree visibilmente annerite daun contatto diretto con il fuoco15.

9 Durante l’ultima campagna di scavo (2011) si è messo parzialmente in luce un riquadro con cornice policroma,inserito nel tessuto bianco e nero e collocato presumibilmente al centro del bordo meridionale del pavimento, forse incorrispondenza di una soglia. La sua posizione ha consentito di calcolare la lunghezza dell’ambiente, confermando leipotesi già avanzate in passato (RUBINICH 2007, p. 133) sulla funzione dell’ambiente A13.

10 Finora le ipotesi sulla ristrutturazione di V secolo erano affidate soltanto alla lettura tecnico-stilistica dei mosaiciin ‘grandi tessere’ che ripavimentarono alcuni vani delle Terme (M. RUBINICH, in FALES et alii, cc. 215-217; 220-221).

11 RUBINICH, BRAIDOTTI 2007.12 Per ora non abbiamo informazioni sicure sulla copertura dell’ambiente A13 durante le fasi monumentali delle

Grandi Terme. I muri nord e sud, in mattoni, sono molto sottili (m 0,90) e avrebbero potuto sostenere soltanto unavolta a botte; tuttavia, la quasi totale assenza di frammenti di volte crollate nel tratto finora indagato fa pensare ad unacopertura di tipo diverso.

13 Si pensi ad esempio alle capanne longobarde di Brescia (BROGIOLO 1993, pp. 85-96), oppure alle strutture precarieentro un recinto che, nel corso dell’XI secolo, trasformano la domus solariata del Foro di Nerva o, ancora, le capannedi IX secolo nel Foro di Cesare (MENEGHINI, SANTANGELI VALENZANI 2007, pp. 137 e 144). Per altre considerazionisull’argomento: BROGIOLO, GELICHI 1998, pp. 107-108; 131-133; GALETTI 2001, pp. 110-113.

14 Nessuno degli allineamenti individuabili sembra tenere conto dell’orientamento delle strutture murarie tardo-antiche, che pure dovevano essere ancora in gran parte conservate. L’apertura verso NO renderebbe piuttosto angustol’ingresso della capanna, su cui doveva incombere il muro voltato dell’ambiente A12. Soltanto le future estensioni delleindagini potranno confermare o smentire la ricostruzione proposta, che è un’ipotesi tutta da verificare.

15 Sembrerebbe quindi che la frequentazione con le capanne si sia impostata direttamente sul mosaico, senza riportiintermedi; è un dato singolare che forse indica che essa iniziò precocemente, senza un vero e proprio periodo di ab-bandono dell’ambiente A13.

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La capanna con le eventuali strutture di servizio annesse, sempre sorrette da pali lignei, doveva es-sere recintata da quanto restava dei muri in mattoni che delimitavano l’ambiente A13. La conservazionedel muro meridionale delle Terme, per quanto probabilmente ridotto ad un’altezza di un paio dimetri16, è testimoniata dalla collocazione, alla base della struttura e all’esterno di essa, di due tombe inanfora, una di un infante, molto danneggiata, e una di un uomo anziano, entrambe fortemente com-promesse dalle successive spoliazioni del muro17.

16 L’altezza si ricava dall’estensione del crollo dell’intonaco che rivestiva il paramento murario del muro sud; pergli stessi motivi il muro settentrionale, appoggiato verosimilmente alle strutture in calcestruzzo del contiguo ambienteA12, doveva essere conservato per un’altezza di almeno 5 metri.

17 RUBINICH 2008, pp. 164-165; RUBINICH 2009 c.s. A poca distanza dalle tombe in anfora sono stati rinvenuti uncranio di adulto e una sepoltura terragna di un adolescente, con orientamento EO come le prime due, indizio di un ci-mitero di cui ancora non si può stabilire l’estensione ma che si colloca all’interno della città e all’esterno di un edificiopubblico di cui era ancora fresco il ricordo dell’importanza per la comunità. I casi di sepolture entro edifici pubblicisono frequenti nelle città di VI-VII secolo (e, spesso, anche nel V), ma in genere l’occupazione dell’interno dei ruderia scopi funerari era concessa dal fisco proprio perché essi non più abitati; le sepolture nel perimetro delle ville ruralisembrano testimoniare invece una consuetudine privata, riservata alle famiglie che abitavano una parte dell’edificiodismesso: BROGIOLO, GELICHI 1998, pp. 98-101. Le Grandi Terme sembrano proporre una ulteriore variante: un edi-ficio pubblico in cui viene concesso di abitare, a patto però di confinare le sepolture all’esterno dei muri, evidentementeancora sentiti come limite.

Fig. 5. Grandi Terme, ambiente A13 (fig. 3.1). Dettaglio del pavimento con alcune delle fosse e buche di palo altome-dievali (foto UniUd).

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Sulla superficie del pavimento in bianco e nero restano discontinue tracce di sottilissimi livelli difrequentazione (o di abbandono?) ricchi di materiale organico18; purtroppo gran parte della stratifica-zione che ricopriva la superficie pavimentale finora in luce è stata intaccata dagli scavi del ’900. Neiper ora pochi tratti in cui il deposito è intatto, il crollo degli intonaci che rivestivano quanto rimanevadei muri di A13 aderisce direttamente al tessellato oppure a questi sottili livelli scuri, dimostrando chele abitazioni erano vuote al momento della rovina. È probabile quindi che coloro che abitavano i ruderidelle Grandi Terme li abbiano abbandonati alle prime minacce di crolli delle strutture e delle volte,portando con sé tutti i loro arredi. Resta soltanto un frammento di anfora africana tipo Keay LXII da-tabile fra la seconda metà del V e il VII secolo19, schiacciato dal crollo del paramento murario meri-dionale, lo stesso tipo di contenitore utilizzato come sarcofago nelle due sepolture lungo il muro20.

È quindi difficile stabilire la cronologia dell’abbandono definitivo e del successivo crollo delleTerme; tuttavia, la ceramica grezza rinvenuta in quest’area, sia pure spesso in strati più superficiali orimaneggiati, sembra superare soltanto in pochissimi casi il VII secolo e i materiali associabili alle se-polture e dispersi nei livelli sconvolti o prodotti dalle spoliazioni successive rimandano anch’essi adun ambito compreso fra il VI e il VII secolo21.

Altrettanto arduo è ricostruire le basi economiche della piccola comunità che abitava le GrandiTerme. Lo scheletro dell’uomo anziano sepolto in anfora rivela che aveva lavorato duramente nellasua vita, trasportando pesi in trazione; è suggestivo pensare che trasportasse pietre e materiale ediliziodagli edifici dismessi di Aquileia alle nuove costruzioni22. A questo proposito, è interessante ricordareche all’esterno del muro sud delle Terme, nello spazio del precedente marciapiede spogliato e primadella deposizione delle sepolture, sono stati individuati alcuni scarichi contenenti frammenti di intonacidipinti e di lastrine di sectilia, sia pavimentali che parietali, nonché tessere musive vitree anche con fo-glia d’oro e grappe di ferro per crustae marmoree, in gran parte provenienti dalle decorazioni delle pa-reti che, durante il riuso a fini abitativi dell’ambiente A13, cominciarono probabilmente a sgretolarsi.Uno di questi scarichi di materiali lapidei, costituito soprattutto da numerosissime schegge di porfidorosso e di serpentino verde, fa però pensare che molti dei marmi crollati dalle pareti o staccati inten-zionalmente fossero rilavorati sul posto, forse dagli stessi abitatori delle Terme, per rifornire di tesseremusive o lastrine lavorate i cantieri edilizi attivi in questo periodo nella zona23.

Altre tracce di frequentazione altomedievale si hanno nella zona del Tepidarium delle Terme, doveperò gli strati relativi sono stati completamente sconvolti dal crollo delle volte che hanno sfondato i pa-vimenti a ipocausto; si ricorda tuttavia un frammento di lucerna di imitazione africana con croce gemmata,databile fra il V e il VII secolo24 e che ci informa anche sul credo di alcuni degli abitatori dei ruderi.

Se è difficile interpretare i resti messi in luce finora solo parzialmente e su un’area ridotta rispettoall’estensione complessiva delle Grandi Terme, lo è ancora meno mettere in relazione i dati appenaesposti e il loro incerto inquadramento cronologico con la storia di Aquileia dopo la metà del V secolo,rivisitata in modo radicale negli ultimi due decenni25. Come si è visto, l’insediamento di nuclei familiari

18 RUBINICH 2007, p. 137; RUBINICH 2008, p. 161.19 E. BRAIDOTTI, in RUBINICH, BRAIDOTTI 2007, cc. 219-220, cat. n. 15.20 RUBINICH 2008, p. 165.21 Le sepolture sono apparentemente senza corredo, ma nei livelli relativi alle spoliazioni più tarde delle Terme,

che hanno visibilmente intaccato le tombe, si trovano sparsi dadi da gioco e spilloni in osso, ornamenti in vetro emetallo e un gran numero di monete di IV secolo d.C., tutti oggetti comuni, comprese le monete residuali, nelle sepol-ture di VI-VII secolo anche gote e longobarde: RUBINICH 2009 c.s.

22 RUBINICH 2008, p. 165.23 RUBINICH 2009 c.s.24 BRAIDOTTI 2009, c. 101 e c. 119, cat. n. 49.25 CANTINO WATAGHIN 1992, pp. 332-343; CANTINO WATAGHIN 2004; VILLA 2004, pp. 614-625; MARANO 2009,

pp. 32-33; MARANO 2011, pp. 176-180.

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con strutture precarie e di scarsa qualità nei ruderi del grandioso edificio deve essere avvenuto subitodopo la dismissione dell’impianto termale, e perciò in un momento in cui la città doveva essere ormaiprofondamente cambiata nella sua struttura economica e monumentale anche se ancora molto vitale.Si potrebbe pensare alla seconda metà del VI secolo, quando, dopo la conclusione della guerra greco-gotica, furono probabilmente costruite le mura ‘a saliente’, a poche centinaia di metri dalle Terme, efu di fatto sancita la nascita della città ‘dimezzata’ medievale26; non si può neppure escludere però cheil riuso sia stato avviato già qualche decennio prima e indipendentemente dalla nuova attività edilizia27.Per l’abbandono delle povere strutture abitative non è invece necessario cercare un evento storico de-terminante, dal momento che esso potrebbe essere avvenuto alle prime minacce di crolli delle coper-ture, ormai degradate per mancanza di manutenzione. Non è quindi impossibile che le Terme sianostate lasciate alla loro rovina tra la fine del VII e gli inizi dell’VIII secolo, come sembrano indicare i re-perti mobili rinvenuti. D’altra parte, supponendo, come sembra, che le sepolture siano coeve al riusocome abitazione dei ruderi, è possibile che nell’Aquileia di VIII secolo il potere ecclesiastico abbiacercato di concentrare la localizzazione delle sepolture presso gli edifici di culto, così come si verificain altri centri urbani28.

2. DAL TARDO MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

I dati per questo periodo provengono ancora una volta dalle zone sud e ovest delle GrandiTerme, sia dai livelli al di sopra dell’ambiente A13 e dell’area esterna ad esso antistante verso Sud,sia dagli strati che obliterano i crolli delle volte del Tepidarium/Caldarium, sull’asse centrale del-l’edificio.

Dopo un lungo periodo di abbandono dei ruderi, dovuto al crollo delle volte e ancora non ben de-terminabile cronologicamente, tutta l’area delle antiche Terme cambiò radicalmente destinazione d’uso,probabilmente già a partire dal XIII secolo: le strutture murarie furono sistematicamente spogliate e icrolli spianati, riempiendo e bonificando così le parti più basse, come le vasche e la Natatio, in mododa ottenere ampi spazi da mettere a coltura. Parte delle macerie accumulate durante lo spoglio fu quasiimmediatamente riutilizzata per i muri di recinzione dei campi, per alcune abitazioni e rustici e per gliacciottolati di cortili e aie. Ciò che non poteva essere reimpiegato direttamente come materiale da co-struzione, e cioè le sculture, i marmi e gli elementi architettonici ornati, fu cotto per ottenere la calceper le nuove strutture (Periodo IV).

Passiamo ora ad un’analisi più dettagliata dei dati di scavo. È ancora una volta la zona meridionaledelle Grandi Terme a illuminare più chiaramente le fasi tardomedievali. Il lungo periodo di abbandonodell’ambiente A13 e delle sue rioccupazioni di VI-VII secolo risulta pressoché inesistente nella suc-cessione stratigrafica, sconvolto dagli interventi di spoglio dei muri; soltanto un paio di monete di XIIsecolo29 attestano una apparentemente sporadica frequentazione della strada che continuò il tracciatodel vecchio decumano, ancora oggi testimoniato dall’attuale percorso di Via XXIV Maggio fino allapiazzetta omonima.

La sequenza stratigrafica nel settore meridionale dello scavo ha anche permesso di abbassare la cro-nologia proposta nei primi rapporti di scavo per le strutture trovate, fra 2002 e 2004, al di sopra diquello che in antico doveva essere il Tepidarium, sull’asse centrale dell’edificio termale (fig. 3.2)30. In

26 Sulle mura ‘a saliente’ e sulla loro datazione in età bizantina: VILLA 2004, pp. 606-614.27 L’assenza di strati di distruzione o abbandono sul mosaico dell’ambiente A13 farebbe pensare però che il riuso

a scopi abitativi sia stata una conseguenza quasi immediata della dismissione dell’impianto termale, che è un eventoimportante, da collegare ad una precisa volontà della comunità aquileiese del tempo.

28 BROGIOLO, GELICHI 1998, pp. 107-108.29 Si tratta di una moneta veneziana (RUBINICH 2007, p. 138) e di un denar ungherese in lega d’argento (RUBINICH

2008, pp. 163-164).30 M. RUBINICH, in FALES et alii 2003, cc. 204-208; RUBINICH 2004, cc. 613-615.

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questa zona, particolarmente elevata e accidentata per l’imponenza dei muri e delle volte in cementizioche, cadendo, sfondarono i pavimenti su suspensurae, risulta meglio documentato l’abbandono dellerovine dell’edificio: la superficie irregolare dei crolli, segnata da profondi avvallamenti, fu ricopertainfatti da sottili lenti sabbiose e limose di origine alluvionale e, in seguito, livellata con una potente col-mata di terra, macerie e malta sbriciolata. Durante tali operazioni, alcuni blocchi di volta, costituiti dacalcestruzzo di ottima qualità contenente frammenti di pomice, furono ridotti in piccoli conci di 30-40cm di lunghezza con cui furono realizzati i muretti a secco, talora anche con tre filari sovrapposti e conampi e profondi cavi di fondazione, per strutture di funzione e cronologia ancora incerte (fig. 7).

Per determinare la funzione di queste strutture murarie sarebbe necessario conoscerne la plani-metria, che però non è ancora stata messa completamente in luce ed è ampiamente lacunosa perchétagliata a Est dalla scarpata che delimitava gli scavi degli anni ’80. Alcuni muretti si sono sgretolati eappaiono come piccoli dossi allungati formati dagli stessi detriti di calcestruzzo e pomice che com-pongono, mescolati un po’ ovunque a diffuse particelle di materiale organico, i riempimenti dei cavidi fondazione e i piani di calpestio. I muretti, in alcuni casi appoggiati ai blocchi di volta più grandi,delimitano un agglomerato di piccoli vani di forma irregolare, con orientamento dominante NNE-SSO, e alcuni con lati curvilinei31; due di tali ambienti (dimensioni: 2,50 x 4,50 m; 3 x 4,50 m circa),contigui, sono chiusi verso SSO da una fascia di terreno bruno scuro, forse quanto resta di un ele-mento di legno perpendicolare alle strutture murarie; inoltre, su un angolo del muro più orientale,quello meglio conservato, si apriva una piccola fossa oblunga, forse di scarico (fig. 6). Può trattarsi diun edificio di tipo rurale con più vani sia coperti che scoperti, oppure di un agglomerato di recinti ericoveri per animali, come potrebbe dimostrare il diffuso colore scuro ricco di componenti organicidei piani di calpestio fra i muri.

31 La compresenza di muri rettilinei e curvilinei sembra, in realtà, più caratteristica delle costruzioni altomedievali;si confronti ad esempio una delle case dell’insediamento siciliano di Kaukana databile al periodo bizantino: SANTANGELI

VALENZANI 2011, pp. 61 e 63.

Fig. 6. Grandi Terme, strutture medievali al di sopra delTepidarium (Settore B; fig. 3.2). Ipotesi ricostruttivadella planimetria. In colore più scuro le tracce di restiorganici.

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Quanto alla cronologia, abbiamo solo una certezza: i muri, coperti da un interro ridottissimo(circa 15-20 cm), sono posteriori ai crolli dell’edificio termale, ma i pochi reperti mobili finora rin-venuti nella colmata sopra le macerie non sono posteriori al VII secolo ed è plausibile che si riferi-scano alla frequentazione dei ruderi precedente alla caduta delle volte. Le strutture devono peròessere più tarde ma non c’è nessuna prova che siano coeve agli interventi di spoglio nella zona me-ridionale delle Terme.

Nel settore sud, invece, i dati stratigrafici sono più espliciti e ci parlano di una spoliazione siste-matica di quanto restava del muro sud delle Terme, realizzata a piccone senza un particolare interessea recuperare i mattoni interi. L’attività dei cavatori danneggiò anche le sepolture altomedievali, spar-gendo ovunque ossa umane e forse oggetti di corredo e rimescolando completamente la stratigrafia32.Terminato lo spoglio, l’imponente cumulo di terra e macerie ammassato a sud dell’antico edificio fuspianato, riempiendo anche la trincea del muro. Scarichi localizzati di frammenti di marmo e livellidi cenere e carboni e di malta sbriciolata accumulati sul riempimento della trincea testimonianoun’attività di calcarii nelle vicinanze33. Un lavoro importante, dunque, finalizzato alla raccolta di ma-

32 RUBINICH 2007, p. 138.33 RUBINICH 2008, p. 163.

Fig. 7. Grandi Terme, strutture medievali al di sopra del Tepidarium (Settore B). Dettaglio di due dei muretti a secco(US 267 e 311) dopo lo scavo delle trincee di fondazione. Sullo sfondo, alcuni dei blocchi di volta crollati (foto UniUd).

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teriale edilizio per una o più costruzioni di una certa entità, forse i precedenti di quelle case che ve-diamo illustrate nelle piante sei-settecentesche di Aquileia e di cui, per ora, non abbiamo trovatotraccia, ad eccezione dell’angolo di una struttura muraria rasata, in cementizio ricco di frammentidi reimpiego, leggibile in un saggio aperto nel 2011 a Ovest dell’area scavata negli ultimi anni (figg.3.3, 9). I due muri legati ad angolo hanno il medesimo orientamento dei fabbricati riprodotti nellatela del 1693 e nel disegno del 1735. In entrambe le piante sono rappresentate due case più grandicon orientamento NS racchiuse da una recinzione a linea spezzata; quella più a Est è isolata, ma adessa è affiancato un rustico stretto e allungato (forse un granaio o un fienile o anche una stalla), men-tre quella più occidentale è completata da un corpo di fabbrica ortogonale più basso, che contri-buisce a delimitare un’ampia corte nell’angolo SO della proprietà (fig. 8). Al di là del murooccidentale della proprietà si ergono le rovine della Chiesa di S. Siro, appoggiata ad un grosso tor-rione anch’esso diroccato.

Le fonti documentarie, soprattutto atti notarili, aiutano ad inquadrare le immagini giunte fino anoi e i rinvenimenti archeologici. Nel Tardo Medioevo, la zona delle Grandi Terme, sia pure con lesue spiccate caratteristiche rurali, era contigua ad uno dei quartieri più importanti e attivi di Aquileia,quello cresciuto intorno alla Chiesa di S. Giovanni34. Nei suoi pressi, almeno dal XIII secolo, sorgevala Chiesa di S. Siro, la cui piazzetta divenne, nel XV secolo, il Forum Novum Aquileiense del Comune,in contrapposizione a quello Vetus (piazza S. Giovanni) e con un’intensa vita commerciale35. A Sudera delimitata dalla Contrata de Rena, la strada che ripercorreva l’antico decumano fra le Terme e l’An-fiteatro (la “Rena” appunto) e che conduceva, attraverso il ponte e la porta Molendini36, al Mulinodella Comunità, passando, forse, vicino alla Contrata Sinagoga Judeorum, e, scendendo, nella Fossula,una zona a quota ribassata delimitata a Ovest da un faggeto (Faiet) e sede, nel XIII secolo, di macella,ma anche di postriboli e di usurai forestieri37. L’area fra la Roggia del Mulino e la Contrada de Rena

34 Una chiara localizzazione dei toponimi è nella pianta di Aquileia patriarcale realizzata dal Gruppo ArcheologicoAquileiese: MENON 2006, fig. 5 a p. 105.

35 VALE 1931, cc. 8-9; CAIAZZA 2008, p. 76.36 Il toponimo porta Molendini è documentato nel XII secolo; alla fine del ‘200 diventò porta S. Siri, confermando

la presenza della chiesa nel XIII secolo, mentre, nel XVIII secolo aveva ripreso il riferimento originario al mulino(porta del Molino): VALE 1931, c. 4; CAIAZZA 2008, p. 73.

37 VALE 1931, cc. 12-13, 14; CAIAZZA 2008, p. 75.

Fig. 8. L’area del ‘Monton’ nella pianta del 1735. A si-nistra i fabbricati con corte al di sopra delle GrandiTerme; a destra, al n. 16, la Chiesa di S. Siro.

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era detta “Monton” (XIII secolo) e “delg Montons” (XV secolo), termine che sottolineava le sue carat-teristiche, ancora oggi osservabili, di piccola altura rispetto agli spazi circostanti38.

Le fonti documentarie ci tramandano anche informazioni preziose sulle case situate “in Montono”e sui loro abitanti, anche se sarà ovviamente molto difficile identificarle con gli eventuali ritrovamenti.Nel XIII secolo vi avevano sede la casa di Pietro Mutario e l’orto di Venerammo Milite; anche la “con-trada di S. Siro” era in Montono, e lì si trovavano la casa e il forno di donna Pizula e le case di Artelipodi Giustinopoli39. Intorno alla metà del ’300 sono ricordate la casa di Arussio di Agello (1350) e quella,dotata di porticato, di donna Tecla, figlia del fu Zanino Barberij e moglie di Ambrogio de Carate(1355)40. E ancora, in un atto del 1469 si parla della “braida D. Danielis de Zucho”, situata vicino allaTorre della Rena, e, secondo il Vale, “quella braida cinta di muro, che nella pianta del 1693 si vede difronte alla chiesa presso la stradella, verso settentrione”41.

38 VALE 1931, cc. 4 e 14-15; CAIAZZA 2008, p. 65; PUNTIN 2008, p. 104. Proprio l’esistenza di un dosso naturale inquesta zona che ne avrebbe isolato gli ambienti riscaldati e i forni dalla falda acquifera permise probabilmente la co-struzione dell’impianto termale tardoantico. È possibile che anche le macerie delle Grandi Terme accentuassero l’im-pressione di un luogo più rilevato, ma i resti non dovevano più essere riconoscibili, forse completamente occultatidalla vegetazione, dal momento che, a differenza di quanto accadde per l’anfiteatro (“Rena”) e per il teatro (“Zadris”,al plurale), nei toponimi medievali sembra cancellata ogni memoria dell’impianto termale tardoantico.

39 VALE 1931, c. 15.40 VALE 1935, c. 7.41 VALE 1931, c. 8.

Fig. 9. Grandi Terme, area meridionale. Veduta dell’acciottolato abraso dalle arature (fig. 3.5) e delle fondazioni per-tinenti forse ad una casa tardo-medievale (fig. 3.3), da Est (foto UniUd).

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In attesa della risposta dei resti archeologici, possiamo immaginare l’aspetto delle abitazioni del‘Monton’ combinando fonti iconografiche e documenti notarili. Nel disegno del 1735, le case, che ri-spettano l’orientamento dei sottostanti ambienti termali, sembrano entrambe ben costruite e quasi cer-tamente in muratura, almeno quella più grande a Est, che aveva probabilmente due piani. Forse erauna residenza padronale e poteva essere solariata, come quella vicina ai macella di Fossula che è ricor-data in un documento del XIII secolo42, e forse si apriva con un porticato sulla corte di SO, come lacasa trecentesca di donna Tecla. La tipologia scelta è quella della casa a corte di ambito rurale, quiadattata ad uno spazio urbano ancora molto rarefatto per l’epoca43.

Oltre all’angolo di edificio già ricordato, le indagini archeologiche hanno restituito un breve murocon orientamento NO-SE, corredato, sul lato SO, da una piccola piattaforma di mattoni, evidentementeesposti all’azione del fuoco (fig. 3.4); per le strutture furono riutilizzati pietre e laterizi ricavati dallosmontaggio del muro sud delle Terme. Dapprima avvicinata da chi scrive ad una domus terrinea per lecaratteristiche del focolare44, la struttura si è rivelata in realtà, grazie al rivenimento di due buchi perpalo alle estremità, un’area di fuoco provvisoria protetta da una copertura leggera e forse finalizzataad attività artigianali metallurgiche45.

Altri dati importanti per questo periodo sono stati recentemente acquisiti durante la campagna discavo 2011. A circa 2 m a SO del focolare e in fase con questo, sul presunto allineamento del decumanoantico, è stato rinvenuto un acciottolato, formato da frammenti ceramici e laterizi di reimpiego benconnessi su un massetto di cementizio, che è ben documentato anche in un nuovo saggio aperto più aOvest, a 20-30 m di distanza. La pavimentazione, riferibile alla strada medievale che riprendeva il de-cumano oppure alla corte di una casa colonica, risulta in pendenza verso Ovest ed è ampiamente dan-neggiata dalle arature nelle parti a quota superiore (figg. 3.5, 9).

Gli interventi di spoglio e le strutture documentate dalle indagini archeologiche dovrebbero ap-partenere ad una delle fasi iniziali della frequentazione tardomedievale, la cui cronologia è, ancora unavolta, incerta, dal momento che la stratificazione ad essa pertinente è stato ridotta drasticamente daasporti di terreno e dai lavori agricoli. Una ciotola di graffita arcaica, un Blossgeld e un mazzo di trechiavi a presa romboidale rinvenuti negli strati superficiali molto rimaneggiati sembrano riportarci alXIII-XIV secolo46, datazione confermata dalla ricomparsa della ceramica grezza negli strati scavati,dalle notizie sull’esistenza di case nell’area desumibili già dai documenti del ’200 e dall’intensa attivitàedilizia in città legata anche al consolidamento, tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, del poteredel Comune di Aquileia47. Un impulso per la significativa ristrutturazione della zona potrebbe essereindividuato nella costruzione della Chiesa di S. Siro, citata per la prima volta in un documento del128348, ma gli interventi di spoglio e di bonifica negli oltre due ettari occupati dalle Grandi Termeforse continuarono per diversi anni, favoriti anche da uno speciale reddito fondiario attestato ad Aqui-

42 VALE 1931, c. 13.43 Sulla casa a corte: GALETTI 2001, pp. 74-89.44 RUBINICH 2007, p. 138. Il focolare in mattoni tangente al muro risultava molto simile ai piani di cottura delle

case che occuparono il Foro di Cesare a Roma nel X secolo: R. SANTANGELI VALENZANI, IN MENEGHINI, SANTANGELI

VALENZANI 2004, pp. 45-47. La continuazione dello scavo ha però dimostrato che il muro, sia pure realizzato con cura,era di lunghezza molto ridotta e privo di cavo di fondazione: RUBINICH 2009 c.s.

45 Sullo stesso allineamento del muro e ad esso tangente verso NO si è infatti individuata una fossa di circa 0,75x1,00 m,riempita con scorie di ferro e bruciato: RUBINICH 2009 c.s.

46 RUBINICH 2007, p. 139. Si ricorda che una delle chiavi proviene dal riempimento della trincea di spoliazione delmuro sud delle Terme, testimoniando che il mazzo era stato perso o gettato via prima delle demolizioni sistematiche.

47 Ai primi decenni del ’200 risalgono l’ampliamento delle mura a Sud e a Sud-Ovest, lo scavo del Fossato dellaComunità e la costruzione del ponte della Beligna: CAIAZZA 2008, pp. 63-64, e i secoli XIII-XIV vedono anche il dif-fondersi delle case turrite appartenenti alle diverse casate feudali residenti in Aquileia: CAIAZZA 2008, pp. 72-73.

48 IACUMIN, COSSAR 2011, p. 89. La chiesa è però più antica, dal momento che la copia, datata al 1219, di un testa-mento dettato nel 1211 ad un notaio aquileiese ricorda la donazione di un campo e di 40 denari alla Chiesa di S. Siro:VALE 1935, c. 5.

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leia nel XIV secolo e ricavato dal “foedere lapides”, dall’asporto di pietre da reimpiegare in nuove co-struzioni49. A questa seguirono probabilmente altre fasi, forse anche con modifiche importanti negliassetti fondiari, cambiamenti di proprietà e demolizioni e ricostruzioni delle strutture abitative50, manon sarà facile conoscerle nel dettaglio perché l’interro che dovrebbe contenerle è molto ridotto e glistrati relativi sono probabilmente ormai perduti; certamente il rovinoso terremoto del 1348, che, tut-tavia, è soltanto il più famoso, potrebbe aver dato un duro colpo sia alle case del Monton sia alla Chiesadi S. Siro, che però è citata ancora in documenti della seconda metà del ’40051. Anche le indagini ar-cheologiche rivelano in realtà più fasi: la struttura artigianale realizzata con elementi di reimpiegosubito dopo la spoliazione fu obliterata, e, nei livelli che la ricoprirono, fu realizzato un piccolo focolaresemicircolare con recinto e vespaio in mattoni e pietre di reimpiego e piano di cottura in argilla con-cotta, rinvenuto ad una quota di poco più alta rispetto a quella del muretto con focolare52 e a 15-20

49 CAIAZZA 2008, p. 73.50 Sui cambiamenti non possono non aver influito i terremoti, le alluvioni, le carestie, le pestilenze e le guerre che

si susseguirono nel corso del tempo, distruggendone gli edifici e decimandone gli abitanti, per secoli in calo demograficoper colpa anche delle malattie legate al clima insalubre di Aquileia. Sul tema: IUSTULIN 1932; IACUMIN 2003; ANDRIAN

2003; IACUMIN 2008, p. 34.51 IACUMIN, COSSAR 2011, p. 89. In particolare, nel 1351, la chiesa viene ricollegata alla confraternita dei Battuti:

BATTISTELLA 1932, c. 131.52 RUBINICH 2007, p. 139.

Fig. 10. Grandi Terme, limite nord dell’ambiente A13. Il presunto pozzo tardo-medievale (fig. 3.6), da Nord-Ovest(foto Uniud).

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cm dal piano di campagna attuale; inoltre, durante gli scavi del 2011 si è messa in luce una struttura,forse un ampio pozzo foderato da spezzoni di blocchi di reimpiego (diam. 2,00 m circa), realizzatoquando il muro nord dell’ambiente A13 era già stato spogliato (figg. 3.6, 10).

Probabilmente nella prima metà del ’700 le case coloniche e le varie strutture di servizio furono eli-minate radicalmente per fare spazio alle colture, lasciando intatta soltanto la recinzione del fondo, ilmuro della ‘Braida Murada’ abbattuto nel 1960. Nella pianta disegnata dal Bertoli nel 173953 sonocompletamente scomparse le case coloniche leggibili ancora nel disegno del 1735, così come la Chiesadi S. Siro, segnalata come pericolante già nel 157054; resta soltanto l’indicazione di un “Muro con ter-rapieno di un forte del antica Aquileja” al n. 12, e si nota l’ingombro della casa ancora oggi collocataall’ingresso della stradina per il Sepolcreto. La medesima situazione viene presentata nella IchnographiaAquilejae del Baubela (1864), in cui compare anche e per la prima volta la linea spezzata delle mura ‘asalienti’, e nella Fundkarte del Majonica (1893), dove del ‘forte’ romano non si parla più ma si segnalano(ai nn. 63-64) “un’antica fonte e parecchie pietre da costruzione”55. Si spiegano così la ridotta strati-grafia posteriore al XIV secolo e la minima quantità di frammenti ceramici di XV-XVII secolo, rarissimie di dimensioni minutissime, a noi pervenute.

Per ora il racconto della lunga vita della Braida Murada si conclude qui, ma è ben lungi dall’esserefinito e le prossime indagini archeologiche aggiungeranno sicuramente nuovi e appassionanti episodi.

53 BERTACCHI 1969, c. 120.54 IACUMIN, COSSAR 2011, p. 89.55 BUORA, TESEI 2000, pp. 44-45.

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