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L’ARCHITETTURA PRIVATA AD AQUILEIA IN ETÀ ROMANA ANTENOR QUADERNI 24 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI ARCHEOLOGIA ATTI DEL CONVEGNO DI STUDIO (PADOVA, 21-22 FEBBRAIO 2011) a cura di Jacopo Bonetto e Monica Salvadori con la collaborazione di Alessandra Didonè e Caterina Previato

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L’ARCHITETTURA PRIVATA AD AQUILEIA IN ETÀ ROMANA

ANTENOR QUADERNI 24

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVADIPARTIMENTO DI ARCHEOLOGIA

ATTI DEL CONVEGNO DI STUDIO(PADOVA, 21-22 FEBBRAIO 2011)

a cura di Jacopo Bonetto e Monica Salvadori

con la collaborazione di Alessandra Didonè e Caterina Previato

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ANTENOR QUADERNI

DIREZIONEIrene Favaretto, Francesca Ghedini

COMITATO SCIENTIFICOMaria Stella Busana, Jacopo Bonetto, Paolo Carafa, Marie Brigitte Carre, Heimo Dolenz, Christof Flügel, Andrea RaffaeleGhiotto, Stefania Mattioli Pesavento, Mauro Menichetti, Athanasios Rizakis, Monica Salvadori, Daniela Scagliarini, AlainSchnapp, Gemma Sena Chiesa, Desiderio Vaquerizo Gil, Paola Zanovello, Norbert Zimmermann

COORDINAMENTO SCIENTIFICOIsabella Colpo

SEGRETERIA REDAZIONALEMatteo Annibaletto, Maddalena Bassani

La presente opera raccoglie gli Atti delle giornate di studio conclusive del Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale (bando 2007) “L’edilizia domestica ad Aquileia e nel suo territorio” coordinato dall’Università degli Studi di Padova (prof.J. Bonetto) in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e l’Università degli Studi del Molise.

Volume revisionato dal comitato scientifico composto da:Heimo Dolenz (Landesmuseum für Kärnten), Christof Flügel (Landestelle für nichstaatlichen Museen in Bayern), Angela Pontrandolfo (Università degli Studi di Salerno), Daniela Scagliarini (Università degli Studi di Bologna)

Volume realizzato con il contributo di:

Banca di credito cooperativo di Fiumicello ed Aiello del Friuli

Università degli Studi di PadovaDipartimento di ArcheologiaPiazza Capitaniato, 7 – 35139 [email protected]

ISBN 978-88-9738-519-6

© Padova 2012, Padova University PressUniversità degli Studi di Padovavia 8 febbraio 1848, 2 - 35122 Padovatel. 049 8273748, fax 049 8273095e-mail: [email protected] www.padovauniversitypress.it

Le foto di reperti di proprietà dello Stato sono pubblicate su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali,Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia (Aut. del 24/02/2012, prot. n° 563/19).

Tutti i diritti sono riservati. È vietata in tutto o in parte la riproduzione dei testi e delle illustrazioni.

Volume stampato presso la tipografia Italgraf - Noventa Padovana

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Università degli Studi di Padova

Università degli Studi del Molise

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ALVIANO SCAREL, Premessa............................................................................................................... pag. IX

LUIGI FOZZATI, Premessa .................................................................................................................. » XI

FRANCESCA GHEDINI, Presentazione ................................................................................................ » XIII

JACOPO BONETTO, MONICA SALVADORI, Introduzione ..................................................................... » XV

TEMI GENERALI

JACOPO BONETTO, L’edilizia privata antica di Aquileia. Profilo storiografico ................................. » 1

CLAUDIO ZACCARIA, Chi erano i proprietari delle ricche domus aquileiesi? Piste epigrafiche ........ » 49

LE CASE E L’ARCHITETTURA

PATRIZIO PENSABENE, ENRICO GALLOCCHIO, Contributo per la storia del quartiere residenzialesud-ovest: i fondi ex CAL e Beneficio Rizzi ...................................................................................... » 67

MICHELE BUENO, VALENTINA MANTOVANI, MARTA NOVELLO, Lo scavo della casadelle Bestie ferite ............................................................................................................................... » 77

VANESSA CENTOLA, GUIDO FURLAN, ANDREA RAFFAELE GHIOTTO, EMANUELE MADRIGALI, CATERINA PREVIATO, La casa centrale dei fondi ex Cossar ad Aquileia: nuovi scavi e prospettive di ricerca .................................................................................................... » 105

FEDERICA FONTANA, La domus dei “Putti danzanti” lungo la via Gemina: aspetti planimetrici e funzionali ........................................................................................................ » 131

ANTONIA SPANÒ, FILIBERTO CHIABRANDO, FULVIO RINAUDO, Contributi della geomatica ai temi delle ricerche archeologiche. Il caso dell’insula di via Gemina ad Aquileia ......................... » 141

LUCIANA MANDRUZZATO, FRANCA MASELLI SCOTTI, Il quartiere abitativo precedente il complesso teodoriano di Aquileia................................................................................................... » 157

CATERINA PREVIATO, Tecniche costruttive utilizzate nelle case di Aquileia: le sottofondazioni pluristratificate ..................................................................................................... » 165

LE CASE E L’APPARATO DECORATIVO

MONICA SALVADORI, Edilizia privata e apparati decorativi ad Aquileia: lo stato della ricerca ......... » 181

MICHELE BUENO, MARTA NOVELLO, FEDERICA RINALDI, Per un corpus dei mosaici di Aquileia:status quo e prospettive future .......................................................................................................... » 195

Sommario

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MARTA NOVELLO, L’autorappresentazione delle élites aquileiesi nelle domus tardoantiche ........... pag. 221

FLAVIANA ORIOLO, Modi dell’abitare ad Aquileia: i rivestimenti parietali ...................................... » 243

FABRIZIO SLAVAZZI, Gli arredi di lusso di Aquileia: nuove ricerche ................................................. » 263

FEDERICA GIACOBELLO, Arredi in bronzo del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia............. » 273

FULVIA CILIBERTO, Il lusso dell’acqua: sculture con funzione di fontana ad Aquileia...................... » 281

FEDERICA FONTANA, EMANUELA MURGIA, La domus dei “Putti danzanti” lungo la via Gemina: alcuni elementi dell’apparato decorativo ........................................................................................... » 297

MAURIZIO GOMEZ SERITO, EDUARDO RULLI, I materiali lapidei naturali della domusdei “Putti danzanti”: marmi bianchi e colorati .................................................................................. » 309

LE CASE E I MATERIALI

ANNALISA GIOVANNINI, Ninnoli, oggetti di devozione domestica, ricordi famigliari: immagini di terracotta da Aquileia tra scavi e dati d’archivio .......................................................... » 317

GRAZIA FACCHINETTI, Ritualità connesse alla costruzione di domus. Le offerte monetali di fondazione ad Aquileia .................................................................................. » 337

FILOMENA GALLO, ALESSANDRA MARCANTE, GIANMARIO MOLIN, ALBERTA SILVESTRI, PATRICK DEGRYSE, MONICA GANIO, I vetri della casa delle Bestie ferite ad Aquileia: uno studio archeologico e archeometrico ........................................................................................... » 353

DIANA DOBREVA, Studio e analisi di alcuni contesti della domus centrale presso i fondi ex Cossar . » 369

LE CASE FUORI DELLA CITTÀ

PAOLA MAGGI, FLAVIANA ORIOLO, Luoghi e segni dell’abitare nel suburbio di Aquileia............... » 407

MAURIZIO BUORA, L’interpretazione delle foto aeree di Aquileia e una sconosciuta villa extraurbana nel suburbio occidentale........................................................................................ » 429

LUDOVICO REBAUDO, La villa delle Marignane ad Aquileia. La documentazione fotografica di scavo (1914-1970) - con appendici di Alberto Savioli ed Elena Braidotti..................................... » 443

FABIO PRENC, Dinamiche insediative e tipologie edilizie nella Bassa Friulana ................................ » 475

MARIA STELLA BUSANA, CLAUDIA FORIN, Le ville romane nel territorio di Aquileia: alcune considerazioni in merito all’articolazione e all’uso degli spazi .............................................. » 487

VALENTINA DEGRASSI, RITA AURIEMMA, L’edilizia residenziale lungo l’arco costiero nord-orientale, tra il Lacus Timavi e Grignano ................................................................................ » 511

PAOLA VENTURA, Edilizia privata presso il Lacus Timavi: la villa di via delle Mandrie a Monfalcone (GO) - con appendice di Gabriella Petrucci ............................................................... » 533

LE CASE TRA TARDOANTICO E MEDIOEVO

GIUSEPPE CUSCITO, Edilizia privata ed edifici cristiani di culto: un problema aperto ..................... » 555

YURI MARANO, Dopo Attila. Urbanesimo e storia ad Aquileia tra V e VI secolo d.C. ................... » 571

LUCA VILLA, Modelli di evoluzione dell’edilizia abitativa in Aquileia tra l’antichità e il medioevo ..... » 591

MARINA RUBINICH, Dalle “Grandi Terme” alla “Braida Murada”: storie di una trasformazione ..... » 619

SOMMARIOVI

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LE CASE E LA VALORIZZAZIONE

ANTONELLA CORALINI, Antichi vicini di casa. Presenze reali e virtuali nel mondo digitale............ » 639

GIOVANNA MONTEVECCHI, PAOLO BOLZANI, La domus dei tappeti di pietra. Un sito archeologico nel cuore di Ravenna ....................................................................................... » 665

EMANUELE MADRIGALI, Esperienze di restauro e valorizzazione di Aquileia: l’esempio dei fondi ex Cossar ............................................................................................................ » 685

VILMA FASOLI, Tra frammento e contesto: la valorizzazione come progetto condiviso..................... » 699

FABIANA PIERI, GIULIA MIAN, VALENTINA DEGRASSI, La villa romana di Ronchi dei Legionari. Un’esperienza di valorizzazione ................................................................................. » 707

MAURIZIA DE MIN, PIERLUIGI GRANDINETTI, EUGENIO VASSALLO, Un’idea progettuale per la conservazione, protezione e valorizzazione dei resti della domus della Pesca nel fondo Cossar ...... » 723

SOMMARIO VII

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MODELLI DI EVOLUZIONE DELL’EDILIZIAABITATIVA IN AQUILEIA TRA L’ANTICHITÀ

E IL MEDIOEVOLuca Villa*

*Università Cattolica, Milano, [email protected]

RIASSUNTO

L’analisi dell’evoluzione dei modi di abitare in Aquileia sul finire dell’epoca romana e nei secoli successivi verràaffrontata in relazione alle trasformazioni urbanistiche che caratterizzarono la città a partire dal V secolo. Ini-zialmente verrà considerato il problema della riduzione dello spazio urbano da ricondurre al momento successivola riconquista bizantina, dopo la metà del VI secolo.L’analisi delle tipologie abitative dopo la fine delle domus romane e tardoromane appare ancora di difficile in-quadramento. I vecchi scavi offrono dati parziali e datazioni incerte. Le più recenti ricerche, condotte con il metodo stratigrafico, fanno emergere importanti segnali del riuso o dellarioccupazione degli antichi spazi residenziali, secondo dinamiche assai comuni per il periodo di transizione tral’epoca romana e il medioevo. Significativo è l’esempio di riuso di uno spazio pubblico come emerge nella Basilica Civile presso il foro, nelleGrandi terme e negli horrea tardoromani, dove sono emerse tracce di nuovi modelli abitativi con capanne. Rioccupazioni di V-VI secolo delle domus con architetture non monumentali sono attestate in vari casi nella città.Le dinamiche di evoluzione dell’edilizia monumentale, testimoniata soprattutto dalle architetture cristiane, sipuò osservare anche nella evoluzione del palazzo episcopale.

ABSTRACT

The analysis of the ways to live in Aquileia in the late Roman era and in later centuries will be dealt with inrelation to the urban transformations that characterized the city from the fifth century. Initially will be consideredthe problem of reducing the urban space, that began after the Byzantine conquest, after the mid-sixth century. The analysis of the types of houses after the end of the Roman and late Roman domus is still difficult to grade.The old excavations offer partial data and dating uncertain. The latest research, conducted with the stratigraphic method, bring out important signals of reuse or reoccupationof the old residential areas, according to dynamics very common for the transition period between the Romanand medieval times. A significant example of the reuse of a public space as it emerges in the Civil Basilica at the forum, and in GreatSpas Horrea in late Roman, which revealed traces of new models of housing with huts. Reoccupation in the V-VI century of domus with no monumental architecture are evidenced in several cases inthe city. The dynamics of evolution of building monumental architecture, reflected mainly by Christian architecture, canalso be observed in the evolution of the episcopal palace.

L’architettura privata ad Aquileia in età romana, Atti del Convegno di Studio (Padova, 21-22 febbraio 2011),a cura di Jacopo Bonetto e Monica Salvadori, Padova 2012, pp. 591-618.

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L’analisi dell’evoluzione dei modi di abitare in Aquileia sul finire dell’epoca romana e nei secolisuccessivi non può contare su un numero di dati che consentano di ricostruire un quadro coerente edesaustivo. Per questo ci muoveremo con questo contributo nell’ambito di un panorama molto fram-mentario, costellato di ipotesi e proposte interpretative più che di certezze, cercando comunque di ri-costruire i termini principali e generali della questione.

Questa situazione di evidente penuria di elementi significativi dipende da molte ragioni, tra cuiva anche annoverata la sostanziale fortuna storiografica avuta per Aquileia dal tema della città romanadistrutta e in grave declino dopo la presa attilana: un fatto che ha spesso orientato la ricerca archeo-logica, facendole trascurare quegli elementi che segnavano la trasformazione dell’impianto urbano edelle sue strutture dopo il IV secolo o, là dove questi elementi sono stati colti ed indagati, appiattendol’articolazione cronologica dei vari contesti e delle specifiche situazioni allo spartiacque dell’eventodistruttivo della metà del V secolo o all’appiglio fornito da accadimenti e personaggi storicamentenoti.

La mancanza di un affidabile inquadramento cronologico di molti scavi, in particolare di quelli effet-tuati in passato, costituisce poi ancor oggi una grave lacuna che non solo rischia di sminuire i valori delleosservazioni sui singoli monumenti o ambiti, ma rende molto ipotetiche le ricostruzioni più generali sullamutazione delle dinamiche insediative ed urbanistiche del centro altoadriatico a partire dal IV-V secolo.

Mi ero già soffermato nella Settimana Aquileiese del 20031 su parte di questi aspetti sottolineandocome fosse basata su dati non incontrovertibili l’idea di una città dimezzata alla sua parte meridionalegià a partire dalla metà del V secolo, come conseguenza diretta dell’attacco attilano. La possibilità diricondurre all’epoca della riconquista bizantina, di un secolo posteriore, non solo la linea di fortifica-zioni spezzate ma anche – come antemurale di queste – il muraglione rettilineo che si sviluppava lungoil decumano di Aratria Galla, immediatamente a sud della basilica civile, offre sicuramente una pro-spettiva storica completamente diversa sul destino della città di Aquileia tra V e VI secolo2. Lo spaziourbano fino alla metà del VI secolo sarebbe cioè stato identico a quello della città tardoantica, compresanell’ampio circuito murario ancora in vita e potenziato con nuove strutture fortificatorie3. Il dimezza-mento dello spazio urbano ben si configurerebbe invece nell’ambito della strategia bizantina attuatadopo la riconquista della penisola che puntava a privilegiare il potenziamento di alcuni centri nevralgici,resi delle vere e proprie piazzeforti (fig. 1).

Nell’ottica che qui ci interessa, questo nuovo panorama storico ci permette di considerare con unmaggior respiro cronologico le testimoninanze che provengono da ritrovamenti relativi alla zona cen-trale e settentrionale della città in relazione a ciò che accadde ad importanti impianti pubblici (basilicacivile e foro in primis) e all’edilizia abitativa privata dopo il IV secolo.

1 VILLA 2004.2 Sulla rivalutazione del ruolo di Aquileia in epoca bizantina si veda ora anche SOTINEL 2005; MARANO 2009. 3 VILLA 2004; sulle mura si veda anche ciò che viene detto in BONETTO 2009.

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Se partiamo da questa prospettiva potremmo ricondurre le trasformazioni in Aquileia tra V e VIsecolo – e poi anche quelle successive – nell’ambito non più dell’abbandono delle strutture antichema nella più generale casistica di destrutturazione della città classica. Una città che vede mutare i suoiconsolidati punti di riferimento pubblici a scapito di altri poli di aggregazione (in particolare gli spazicristiani) e perde quella che potremmo descrivere come una regolare e armoniosa omogeneità di oc-cupazione dello spazio urbano per lasciar spazio ad un sistema insediativo frammentato, che in alcunicasi si potrebbe definire ad isole, in cui i pieni e i vuoti si alternano in un paesaggio costellato da grandidifferenze e difformità anche nei sistemi costruttivi: dove nuovi complessi monumentali – legati ainuovi poteri emergenti – sorgono a fianco di contesti in degrado o con riprese e rioccupazioni carat-terizzate da modelli architettonici di più basso tenore.

In questa situazione, i riusi e la definizione di nuovi modelli abitativi che privilegiano materialipoveri e più semplici, sono i termini comuni di una trasformazione dell’ambito urbano che trova ri-scontri in varie città dell’impero già a partire dal V secolo, anche se con tempi e caratteri che sono pe-culiari di ciascun sito4.

ESEMPI DI RIUSO E RIFUNZIONALIZZAZIONE DEGLI SPAZI PUBBLICI

Ad Aquileia si può cogliere questa dinamica di inserimento di nuovi modelli costruttivi negli spazidella città romana – probabilmente per un uso residenziale – proprio nel luogo pubblico per eccellenzadell’impianto classico, vale a dire l’area forense ed in particolare quello della basilica civile, anche se

4 Per una casistica generale si veda ora BROGIOLO 2011.

Fig. 1. Pianta della città di Aquileia con indicazionedelle strutture residenziali romane - in rosso - e dei con-testi considerati: A) Basilica civile e taberne; B) Terme;C) strutture nel fondo ex Cossar; D) Domus presso viaBolivia; E) Domus delle Bestie ferite; F) Domus delfondo Cossar; G) Struttura entro gli Horrea tardoanti-chi; H) Palazzo episcopale post teodoriano.

593MODELLI DI EVOLUZIONE DELL’EDILIZIA ABITATIVA IN AQUILEIA TRA L’ANTICHITÀ E IL MEDIOEVO

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in questo caso – come, purtroppo, in molti altri che riguardano gli scavi dei decenni corsi – la possibilitàdi ricostruire un chiaro quadro della sequenza cronologica appare quanto mai complicato.

Ancor oggi si discute sul momento di distruzione e abbandono del complesso basilicale, con varieproposte che si basano però su pochi dati di fatto certi5.

L’unico elemento disponibile è la presenza di alcune monete, riconducibili all’ultimo quarto delIV secolo, raccolte “nello strato di bruciato, esteso su tutto il suo lastricato, pervenutoci per questoquanto mai degradato”6.

Se questi elementi provenissero da un livello di incendio in posto offrirebbero sicuramente, data laloro omogeneità, un interessante termine ad-quem per pensare ad un evento distruttivo riconducibileall’ultimo quarto-fine del IV secolo da cui la basilica non si riprese più. Ma ci chiediamo se nel caso di

5 La proposta di una precoce crisi e distruzione della basilica nel corso del IV secolo – in particolare al momentodell’assedio di Giuliano (361-363) (PENSABENE 2006) – non ha alcuna conferma soprattutto se ricollegata al possibileriuso dei suoi elementi architettonici – in particolare della trabeazione marmorea del colonnato interno – in altriambiti monumentali. In questo caso possiamo valutare che l’area forense appare oggetto di ristrutturazione della gra-dinata occidentale e forse del colonnato non prima della prima metà del V secolo (MASELLI SCOTTI 2001; MASELLI

SCOTTI, RUBINICH 2009, pp. 99-100; MASELLI SCOTTI, ZACCARIA 1998), mentre l’eventuale riuso nelle Grandi Termese non collegato evidentemente alla fase originaria, potrebbe essere avvenuto in un momento non ben determinato,anche molto tardi, come presumibilmente avvenne per l’utilizzo del fregio architettonico nelle fortificazioni presso ilporto.

Per il pezzo di architrave simile agli altri riutilizzato nella basilica cristiana di Monastero, si può ricordare comel’origine della stessa sia stata attribuita ad un periodo che va dei primi decenni alla metà del V secolo (da ultimo VILLA

2003; CANTINO WATAGHIN 2006). Ammettendo quindi che il fregio presente in questi contesti provenga davvero dallaBasilica Civile – fatto non scontato – sembrerebbe comunque che i dati sinora a disposizione indichino che questofosse disponibile per il riutilizzo non antecedentemente la prima metà del V secolo.

6 LOPREATO 1980, col. 50. Le monete appartengono ad emissioni di Graziano (1), Valentiniano II (4) e Teodosio I (1).

Fig. 2. Immagine del perimetrale ovest dell’edificio sorto sulle taberne (da LOPREATO 1980).

594 LUCA VILLA

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un deposito di distruzione intatto e così esteso non sarebbero emersi ben altri elementi in grado di ri-costruire le dinamiche conclusive della vita – o meglio, del termine della vita – del monumento: elementiche invece non paiono esistere. Solitamente queste sono le occasioni migliori per trovare simili tracce.Potremmo quindi pensare che se ci trovassimo invece di fronte ad un livello di abbandono e non didistruzione, l’indicazione cronologica disponibile sarebbe da considerare semplicemente un terminuspost quem7.

Questa riflessione ha una chiara ricaduta sui successivi destini dell’area la quale oltre ad offrirechiare tracce della destrutturazione di uno spazio pubblico – che, come ipotizzabile, potremmo perora inquadrare non prima della fine del IV- prima metà del V secolo – ha restituito reperti che parlanodi una continuità di frequentazione durante il V secolo e forse anche oltre8.

A questa situazione possono essere ricondotti alcuni contesti strutturali cui si faceva semplicecenno, senza alcun approfondimento, nella prima relazione pubblicata degli scavi. Si tratta in par-ticolare di una serie di strutture in muratura, con pezzame di pietra messa in opera in modo abba-stanza disordinato, che chiaramente si sovrappongono all’impianto originario delle tabernae, a ovestdella basilica, e ridefiniscono una costruzione – di cui costituiscono parte dei perimetrali est edovest – che pare tenere solo in parte in considerazione, in particolare negli orientamenti, le prece-denti strutture9 (fig. 2).

Oltre a questa limitata evidenza, di difficile inquadramento, appare di maggior rilievo quantoemerso proprio all’interno della basilica civile, immediatamente al di sopra del piano pavimentaledi questa.

Si tratta della zona in prossimità della quarta colonna da ovest pertinente al colonnato meridionaledel monumento (fig. 3). L’area si trova poi immediatamente a sud della Roggia del Molino, un canaleche sembrerebbe esistere fin dal medioevo dinnanzi alle mura settentrionali della città e che comparenelle raffigurazioni seicentesche e settecentesche di Aquileia10. In una di queste si vede proprio inquest’area la presenza della porta delle mura medievali e moderne della città (porta Udine) e di unedificio a lato di queste (fig. 4) che difficilmente può essere però identificato con le strutture tarde chesi sovrappongono alla basilica, messe in luce dallo scavo, se non altro per ragioni di quota. Infatti,come accennato, la costruzione di cui si è trovata traccia insiste poco sopra il lastricato della basilica(figg. 5-6).

La struttura venne realizzata dopo l’asportazione di una delle basi del colonnato. L’impianto rico-noscibile, che mantiene lo stesso orientamento delle antiche strutture presenti nell’area, è costituitodai perimetrali nord, est ed ovest che definiscono un ambiente rettangolare stretto, e lungo, di cui siignora la terminazione meridionale. Verso sud è presente il basamento di quello che sembra un divisoriointerno, che corre proprio all’altezza della linea esterna (sud) del colonnato meridionale della basilicae appare connesso ortogonalmente ai perimetrali est ed ovest del nuovo edificio. Non si esclude chequesto tramezzo, data la povertà della messa in opera, possa aver avuto una base in muratura ed unalzato ligneo. I perimetrali, invece, appaiono realizzati in muratura con l’utilizzo di pezzame di pietradi varia dimensione, messo in opera in modo disordinato, non molto diversamente da quanto si puònotare per i muri individuati sopra le tabernae. Il piano d’uso dell’ambiente sembra realizzato con unsemplice battuto in limo.

7 Molto spesso i livelli di abbandono organici, di colore nero, con presenza anche frequente di elementi carboniosi,sono stati confusi con strati di incendio in posto.

8 Avevo già sottolineato (VILLA 2004, nota 4) come i materiali provenienti dallo scavo del 1977-1979, in particolarmodo della ceramica fine da mensa – gli unici reperti finora analizzati e pubblicati oltre alle monete e ai materiali ar-chitettonici (NOVAK 1980) – anche se non riconducibili a precisi contesti di frequentazione, permettano di ricomporreun panorama di presenze che per lo meno si dilata a buona parte del V secolo.

9 Non è chiaro ma possibile che i due muri si connettano ortogonalmente verso sud con un muro che appare forsericostruito sull’originario limite della taberne in questa zona al confine con il decumano.

10 BERTACCHI 1980, dove si ripropone la notizia del 1230 circa il “fossatum factum fuit circa Aquileia” da identificareforse proprio con questa roggia.

595MODELLI DI EVOLUZIONE DELL’EDILIZIA ABITATIVA IN AQUILEIA TRA L’ANTICHITÀ E IL MEDIOEVO

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Fig. 3. Pianta dell’area immediatamente a nord delle mura a salienti triangolari di epoca bizantina; sono evidenziati laRoggia del Molino e i due edifici tardi sorti sopra le taberne e la basilica.

Fig. 4. Particolare del dipinto del XVII secolo e di una stampa del XIX secolo raffigurante la città di Aquileia; si notanole fortificazioni lungo il limite urbano settentrionale.

596 LUCA VILLA

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Fig. 5. Pianta delle evidenze emerse negli scavi degli anni ’70 del XX secolo presso la basilica, con evidenziati (1 e 2) idue edifici tardi sorti nell’area (da LOPREATO 1980).

Fig. 6. Immagini dell’edificio sorto all’interno della basilica civile (Archivio del Museo Archeologico Nazionale diAquileia).

597MODELLI DI EVOLUZIONE DELL’EDILIZIA ABITATIVA IN AQUILEIA TRA L’ANTICHITÀ E IL MEDIOEVO

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La quota relativa a queste strutture ed il loro collocamento immediatamente a nord del sistema dimura a salienti e del loro antemurale – che correva accostato al perimetrale sud della basilica, quindisolo a pochi metri dalla nuova costruzione – sono elementi indiziari, ma riteniamo significativi, per in-quadrare questo edificio tra il momento di abbandono della basilica e la costruzione delle fortificazionibizantine, vale a dire tra il V – forse seconda metà – e la prima metà del VI secolo. Difficilmente sa-rebbe potuto sorgere in questa zona un edifico dopo la costruzione delle fortificazioni che, come detto,insistettero in quest’area, con trasformazioni e potenziamenti (il supposto fossato o Roggia del Molino)anche nel medioevo e fino ad epoca moderna.

Si tratta quindi di un esempio della riqualificazione in atto nelle prime fasi della città post-clas-sica, con una rifunzionalizzazione dei suoi principali spazi urbanistici, probabilmente in questo casocon passaggio da una destinazione pubblica ad una residenziale che propone dei nuovi modelli ar-chitettonici con caratteri costruttivi che ben si inquadrano nel panorama conosciuto per questo pe-riodo.

Da questo punto di vista, per sottolineare una tendenza più generale che riguarda ampie aree dellacittà, vale poi la pena ricordare, seppur per sommi capi, un altro caso importante di riutilizzo deglispazi pubblici che è venuto alla luce in questi ultimi anni grazie alle ricerche compiute dall’Universitàdegli Studi di Udine nell’area delle Grandi Terme11.

Dopo la defunzionalizzazione del complesso termale, che sulla base dei dati più recenti pare avvenirenel corso del VI secolo, si assiste ad un fenomeno di rioccupazione e adeguamento delle antiche strut-ture a fini residenziali con l’utilizzo di materiali deperibili. Appare interessante la dinamica finora ri-costruita che prevede il riuso a scopo abitativo di parti del monumento ad opera di piccoli nucleifamiliari che seppellivano i morti nelle aree esterne in prossimità degli spazi residenziali: un connotatoche appare ricorrente nei fenomeni di destrutturazione e continuità insediativa all’interno delle cittàromane a partire dal V-VI secolo e per tutto l’altomedioevo.

TRASFORMAZIONE E RIDEFINIZIONE DEI CONTESTI ABITATIVI

Nonostante l’analisi delle tipologie abitative che si svilupparono dopo la fine delle domus romanee tardoromane appaia ancora di difficile lettura nel centro altoadriatico, a causa della relativa scarsitàdi elementi di giudizio, grazie alle più recenti ricerche, condotte negli ultimi decenni con la metodologiadello scavo stratigrafico, cominciano ad emergere importanti segnali del riuso o della rioccupazionedegli antichi spazi residenziali, secondo dinamiche assai comuni per il periodo di transizione tra l’epocaromana e il medioevo.

Alcune tracce di trasformazione dell’ambito residenziale urbano paiono cogliersi già verso la finedell’epoca tardoantica e sono testimoniate da quei fenomeni di utilizzazione degli spazi che avvienesecondo diverse concezioni abitative o con un vero e proprio mutamento delle funzioni come testimo-nia la presenza di sepolture, alcune delle quali potrebbero essere altomedievali, o dell’impianto di at-tività artigianali, soprattutto legate alla lavorazione dei metalli, in prossimità degli ambiti residenziali.Si conferma cioè quella promiscuità nell’uso degli spazi che, quasi totalmente assente nella concezionedella città classica, diviene invece un carattere ricorrente nella frequentazione delle aree urbane dellecittà medievali, a partire dai fenomeni in atto già a partire dal V e VI secolo.

Questi aspetti, unitamente a quelli che riconducono ad un riutilizzo “povero” di alcune costruzioni,testimoniato dall’impianto di strutture lignee nei pressi di resti di abitazioni romane ormai rovinate ocomunque in degrado, sono solitamente – e diremmo anche troppo semplicisticamente – ricondotti inAquileia ad un fenomeno tipico dell’epoca post-attilana, sebbene non vi siano sinora chiari indizi cro-nologici per una loro puntuale collocazione.

11 FALES, MASELLI SCOTTI, RUBINICH et alii 2003; ma si veda il contributo di M. Rubinich in questo stesso volume.

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Si vedano ad esempio i risultati di uno scavo preso l’ex fondo Cossar (fig. 7) dove una fase di rifre-quentazione con strutture lignee si imposta su un edificio tardoromano, inquadrabile tra IV e V secolo.Anche in questo caso la presenza di tombe lascia trasparire quanto fosse ormai diffusa la pratica delseppellimento nell’area urbana12.

Un esempio significativo delle modalità di occupazione e riuso di domus con fasi di epoca imperialee tardoromana, dopo il IV secolo, è offerto dagli scavi compiuti ormai più di un decennio fa pressodue insulae dei quartieri a nord di Aquileia dall’Università degli Studi di Trieste13 (figg. 8-9).

Le ricerche hanno portato alla luce, nell’ambito di edifici residenziali caratterizzati da una fase dirinnovamento tardoantica, elementi che testimoniano una frequentazione tardiva di alcuni ambienti:questi mostrano un piano pavimentale in pietre calcaree ed arenarie cui si connette un battuto in terrae nel quale la presenza di due buchi di palo e di un focolare posto sul piano d’uso fanno pensare al-l’esistenza di una struttura abitativa con alzati lignei, edificata riutilizzando in parte le strutture prece-denti.

Ulteriori tracce di frequentazione, individuate in altri ambienti, sembrerebbero invece indicare unpiù generale riutilizzo di questo edificio, in parte degradato, e rimandano a modelli edilizi urbani diinserimento e frammentazione degli spazi abitativi tipici della prima età altomedievale, comunque giàattestati a partire dal V secolo14. Si tratta in particolare di strutture lignee che si impiantano sui prece-denti pavimenti costituendo dei tramezzi che indicano un’evoluzione dell’articolazione interna del-l’edificio. Un’altra tramezzatura, costruita in materiali di reimpiego, pare offrire il dato più interessantepoiché si imposta su un livello carbonioso adagiato sul precedente pavimento della costruzione, pro-babilmente relativo ad un incendio che ha segnato il degrado dell’impianto tardoromano e l’iniziodella nuova fase insediativa: la datazione ante quem non all’inizio del V secolo per questi eventi, testi-

12 MANDRUZZATO 1999. Interessante in questo caso appare la particolare relazione esistente tra i buchi di palo el’impianto di una poderosa struttura poligonale che appare inserita anch’essa a spese dei piani pavimentali precedenti.

13 Un inquadramento preliminare dei ritrovamenti in MEDRI 2000, in particolare cc. 299-313. 14 Per situazioni con caratteri simili emerse nella vicina Concordia ed inquadrabili tra V e VI/VII secolo si veda

VILLA 2002. Un quadro di riferimento generale si trova in BROGIOLO, GELICHI 1998, p. 108 ss. ed ora anche in BRO-GIOLO 2011.

Fig. 7. Le evidenze tarde negli scavi presso l’ex fondoCossar (Archivio del Museo Archeologico Nazionale diAquileia).

599MODELLI DI EVOLUZIONE DELL’EDILIZIA ABITATIVA IN AQUILEIA TRA L’ANTICHITÀ E IL MEDIOEVO

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Fig. 8. L’area della domus presso via Bolivia; schemaplanimetrico e pianta delle fasi tarde (da MEDRI 2000).

Fig. 9. L’area della domus presso via Bolivia; ultima fasedi utilizzo delle strutture del complesso abitativo (daMEDRI 2000): 1-3) il pavimento dell’ambiente 16 conbattuto in limo e buchi di palo; 4) livello di oblitera-zione.

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moniata dai ritrovamenti monetali relativi al livello carbonioso, è un chiaro elemento per inquadrarenel corso di quel secolo questi fenomeni di rifrequentazione di precedenti abitazioni in stato di degradosenza tuttavia escludere che la conclusione di questa fase, definita da ulteriori strati di incendio e crollidi strutture, possa estendersi anche di là delle vicende connesse con la scorreria unna.

Il fatto che questa non costituisca il termine ultimo per l’inquadramento dello sviluppo insediativoin quest’area si può inoltre comprendere considerando come vi siano ulteriori tracce di una frequen-tazione anche dopo gli eventi conclusivi della fase che riutilizza gli ambienti in avanzato stato di de-grado. Se la presenza di sepolture nei pressi dell’ambiente con focolare potrebbe forse risultarericonducibile alla dinamica, assai frequente, di occupazione a scopo funerario degli spazi abbandonati,non si può però del tutto escludere una qualche relazione con le evidenze che segnalano una prolungatafrequentazione dell’area, anche dopo l’obliterazione della fase con strutture lignee, un contesto questoche parrebbe giungere sino alla fine del V secolo: si tratta in particolare della possibilità di confermareuna continuazione delle attività artigianali che si svolgevano in quest’area, come sottolinea la presenzadi scorie di lavorazione dei metalli in un livello posteriore ai riporti che ricoprono le precedenti struttureinnalzando il livello del piano praticabile15.

L’attestazione di una frequentazione che interviene a modificare un precedente assetto residenzialeaulico in una domus tardoantica sembra emergere anche nell’ambito del recente scavo dell’Universitàdegli Studi di Padova16 presso la cosiddetta “Domus delle Bestie ferite” (fig. 10).

15 Si può notare come dallo scavo, anche se non da contesti significativi, provengano materiali che segnalano unaprolungata frequentazione dell’area, tra cui sigillate africane inquadrabili fino al VI-VII secolo: forme Atlante XLVI/5(ca. primi decenni VI-570/580), Waagé 1948, tav. IX, n. 858 (ca. fine V-metà VI), Hayes 86 (ca. fine V-inizi VI), 87A,91B e D (rispettivamente ca. 400-550 e 530-600/650), 104 A, 107 (ca. 570/580-VII secolo) (VILLA 2004, nota 6 conbibl.).

16 Ringrazio la prof.ssa Monica Salvadori e la dott.ssa Marta Novello per la gentilezza con cui hanno voluto condi-videre i dati sulle fasi tarde dello scavo finora emerse. Per l’inquadramento di questo contesto si veda il contributo diM. Bueno, V. Mantovani, M. Novello in questo stesso volume.

Fig. 10. La domus delle Bestie ferite: veduta con indi-cazione dell’area della grande trincea e immagini degliapprestamenti delle fasi tarde della casa (Università diPadova, Dipartimento di Archeologia).

601MODELLI DI EVOLUZIONE DELL’EDILIZIA ABITATIVA IN AQUILEIA TRA L’ANTICHITÀ E IL MEDIOEVO

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Qui oltre al ricorrente impianto di strutture lignee al di sopra dei precedenti piani pavimentali dellacasa, segno di un mutamento dei caratteri residenziali e probabilmente dell’organizzazione degli spazi,si nota la rifunzionalizzazione di alcuni settori, come quello di un’area lastricata, forse un esterno, oc-cupata da una struttura rettangolare la cui funzione non appare di chiara.

Di grande interesse per comprendere le dinamiche di evoluzione post-classica del complesso appareanche una grande trincea che attraversa in senso est-ovest con una larghezza media di 2,50 m ed unalunghezza finora riscontrata di almeno 20 m. Tale trincea, che contiene materiali inquadrabile tra IVe VI secolo, appare riempita gradualmente come fosse stato un immondezzaio, data anche la compo-nente organica della stratificazione che la colma. Poiché il suo impianto taglia le strutture murarie epavimentali della casa ha provocato una completa trasformazione del suo assetto nelle ultime fasi difrequentazione del sito. Da valutare rimane la funzione di questa trincea cosi come se la sua spondapossa essere collegata a delle strutture di delimitazione in materiali deperibili17.

Una fase di rioccupazione di un’altra domus con un’importante fase tardoantica è recentementeemersa anche nell’area meridionale della città, all’interno del settore compreso dalla cerchia di murabizantina. Si tratta della grande e ricca abitazione presente nei fondi ex Cossar, poco a nord dellacattedrale, attualmente in corso di scavo da parte di un’équipe dell’Università degli Studi di Padova18

(fig. 11).Nell’ampliamento dello scavo verso occidente sono emersi contesti con caratteristiche che ricon-

ducono a modelli e tipologie insediative attestate soprattutto in riferimento alla destrutturazione

17 Di un certo interesse sono anche i dati relativi alla presenza di scorie metalliche nella zona a sud di questa, segnodi una probabile attività artigianale che, come abbiamo visto, appare una delle situazione di riqualificazione delleultime fasi degli spazi abitativi già attestata in altri contesti aquileiesi.

18 Ringrazio il prof. Jacopo Bonetto per la gentilezza con cui ha condiviso i dati sulle fasi tarde dello scavo; per unloro inquadramento generale si veda comunque il contributo di S. Berto, V. Centola, D. Dobreva, G. Furlan, A. R.Ghiotto, T. Luongo, E. Madrigali, C. Previato, A. Stella in questo volume.

Fig. 11. La domus dei fondi ex Cossar: veduta dellanuova area di scavo (Università di Padova, Diparti-mento di Archeologia).

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degli spazi abitativi urbani in epoca post-classica. In particolare si tratta del collocamento di un fo-colare in laterizi posto su un piano d’uso in battuto e collocato a ridosso di un antico muro dellacasa. Un livello fortemente carbonioso emerso in prossimità del focolare pare il risultato della de-funzionalizzazione di questo ambiente. La “chiusura” di questa fase è segnata da un livello con in-clusioni di macerie.

Si tratta in questo caso di una situazione che rivela una modalità di rioccupazione abitativa, con ifocolari impostati direttamente su semplici piani d’uso in battuto, che trova ampi riscontri in altri con-testi tardoantichi, come emerge anche dal confronto con situazioni molto simili nel vicino ambito con-cordiese o cividalese19.

TRACCE DI NUOVI MODELLI ABITATIVI

Se la casistica delle rioccupazioni e dei riusi appare frequente e si richiama a situazioni ampiamentenote e ricorrenti, confermando anche nell’ambito aquileiese quei fenomeni ormai divenuti comuni allapratica della ricerca archeologica riguardante il tema delle trasformazioni in ambito urbano tra antichitàe medioevo, si deve osservare come stiano emergendo labili tracce anche di un altro importante ele-mento che caratterizza il mutamento dei modelli di vita e dei modi di abitare nella città post-classica.Mi riferisco all’adozione di nuove tipologie strutturali nella creazione di spazi abitativi; un argomentoche spesso è stato collegato al forte impulso operato dalla presenza di elementi apportatori di diverseconcezioni architettoniche collegate a differenti usi e stili di vita nell’ambito di un assetto sociale urbanoche si fa sempre più articolato, in particolare tra VI e VII secolo, con l’avvento di nuovi dominatori o,semplicemente, abitatori di cultura germanica20.

Nel caso aquileiese questi fenomeni sono ancora troppo pochi e, come si vedrà, con così pocheevidenze documentabili che non appare ancora possibile ampliare il discorso al significato più ge-nerale di questi cambiamenti. Risulta comunque di grande interesse iniziare a riscontrare anche que-ste tracce.

Nel caso specifico si tratta dei resti di una probabile capanna o comunque di un edificio in legno eterra venute alla luce nei recenti scavi effettuati nell’area del Patriarcato, immediatamente a sud dellacattedrale, dove insistevano gli Horrea tardoantichi poi divenuti, nel medioevo, sede del palazzo patriarcale del quale si conservano due imponenti colonne in pietra (fig. 12). Le evidenze di cui si parlasono emerse nello scavo presso la colonna più occidentale del palazzo patriarcale e si riferiscono a tracce di una frequentazione probabilmente ad uso abitativo, al di sopra dei livelli di interro degliHorrea 21 (fig. 13).

In particolare si tratta della stesura di un livello di argilla gialla, molto pulita, che sembra aver col-mato una depressione e aver costituito una sorta di strato preparatorio la cui superficie fu utilizzatacome piano di frequentazione. Tale preparazione doveva originariamente estendersi, per quanto è statopossibile appurare, nonostante le manomissioni provocate dagli interventi successivi, su un’area dicirca 15 m2 tra il lato orientale e quello meridionale del plinto di fondazione della colonna. Non siesclude che l’ambito messo in luce rappresenti solo la metà dell’ingombro occupato dalla stesura diargilla e che tale livello potesse quindi estendersi ulteriormente verso oriente, al di là del limite di scavo,forse per un’area corrispondente a quella documentata, interessando quindi complessivamente un am-bito di circa 30 m2 che costituirebbe una significativa superficie per una struttura.

19 VILLA 2002; VITRI, VILLA, BORZACCONI 2006.20 Una capanna lignea con fondo ribassato è stata recentemente individuata anche a Cividale dove risulta connessa

con una frequentazione di epoca longobarda (VITRI, VILLA, BORZACCONI 2006).21 Gli scavi, seguiti da chi scrive in collaborazione con Cristiano Tiussi, si sono svolti sotto la direzione scientifica

della Soprintendenza Archeologica del Friuli Venezia Giulia e sono stati eseguiti in occasione dei lavori di valorizzazionedell’area ad opera della Fondazione per Aquileia, su progetto dello studio Tortelli, Fassoni.

603MODELLI DI EVOLUZIONE DELL’EDILIZIA ABITATIVA IN AQUILEIA TRA L’ANTICHITÀ E IL MEDIOEVO

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Fig. 12. Area del Patriarcato: pianta degli Horrea tardoantichi con le colonne del palazzo patriarcale medievale ed evi-denziata l’area dei ritrovamenti effettuati durante le ricerche del 2011.

Fig. 13. Le evidenze della probabile capannapresso il Patriarcato emersa negli scavi del 2011.

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Evidenti erano le tracce di frequentazione di questo livello praticato costituite da tracce di foca-tura, probabilmente riferibili a un focolare, verso sud, e da un livellino di cenere che si sviluppavaimmediatamente a ridosso di questo, accumulatosi nella parte centrale più profonda del piccolo in-vaso.

Al di sopra di questo contesto d’uso, altri livelli lenticolari, in sabbia, argilla e malta sono probabil-mente da collegare al rinnovamento e ripristino del piano di frequentazione della struttura, segno delsuo prolungato utilizzo.

Forse all’uso dell’impianto va assegnato anche uno strato di carboni che riempie una buca, indivi-duata presso il limite settentrionale della struttura.

La conclusione di questa fase di occupazione è segnata dalla creazione di uno strato di limo moltosabbioso che obliterava le evidenze.

Purtroppo, la limitatezza dei dati e la mancanza di un approfondimento dell’indagine non per-mette di meglio definire, topograficamente e cronologicamente, questo importante ritrovamento –finora unico ad Aquileia – che è stato possibile documentare per la maggior parte nelle sezioni espo-ste.

Il contesto, analizzando gli elementi emersi e sopra esposti, potrebbe essere legato, come si diceva,ad una capanna lignea, forse con fondo leggermente ribassato ed alzato ligneo, come segnalerebberoanche alcuni buchi di palo che sono emersi in particolare presso il limite sud della fondazione dellacolonna.

I caratteri costituivi messi in luce ed alcuni limitati elementi emersi dallo scavo, che sono comunqueancora in corso di valutazione, sembrerebbero indirizzare verso un impianto riconducibile ad età al-

Fig. 14. Le evidenze dei piani di frequentazione tardi nell’ambito del settore nord-occidentale degli Horrea, (scavi del1994) (Archivio del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia).

605MODELLI DI EVOLUZIONE DELL’EDILIZIA ABITATIVA IN AQUILEIA TRA L’ANTICHITÀ E IL MEDIOEVO

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tomedievale che trova qualche similitudine con capanne lignee presenti altrove, sia in Italia che al dilà delle Alpi, in contesti di VI-VII secolo22.

Sicuramente l’area del Patriarcato o comunque la zona presso la basilica, nuovo polo di Aquileiapost-classica, appare un settore particolarmente favorevole per notare lo svilupparsi di dinamiche re-lative alle diverse modalità di occupazione dello spazio urbano in epoca altomedievale e medievale:un dato da tenere presente nella programmazione delle prossime ricerche o degli interventi di valoriz-zazione23.

Sicuramente centrale, sotto questo punto di vista, appare la zona degli horrea dove già in passatoerano emersi significativi anche se limitati elementi che indicavano una continuità insediativa caratte-rizzata da nuove modalità. Nel 1994, in occasione di una trincea di scavo, era infatti stata portata allaluce una interessante sequenza di sovrapposizione di livelli d’uso che si spingevano ben al di sopra delpiano pertinente la fase originaria di epoca tardoromana (fig. 14).

In questo caso sembrava trattarsi di stesure più omogenee, con piani orizzontali in limo e tracce difrequentazione sopra questi che possono far pensare ad impianti – di genere non ben inquadrabile –che potevano essersi inseriti nell’ambito delle strutture perimetrali dei magazzini, per un riuso che pro-babilmente significò anche un cambiamento di funzione di questi spazi.

Gli elementi sinora a disposizione sembrerebbero quindi sottolineare che ci troviamo probabilmentedi fronte ad una articolata rioccupazione degli ambiti di questo enorme complesso, caratterizzata pro-babilmente da diverse modalità strutturali e architettoniche.

NUOVI MODELLI ARCHITETTONICI PER LE SEDI DI RAPPRESENTANZA

Se il panorama sinora delineato per il periodo a partire dal V secolo si riferisce principalmente adun sistema articolato di inserimenti, riusi e rifunzionalizzazione degli spazi nel tessuto urbanistico eabitativo romano, secondo un denominatore comune che appare quello della ridotta monumentalitàdelle scelte architettoniche, con l’ampio impiego di materiali e tecniche meno imponenti e maggior-mente deperibili – ed anche per questo hanno lasciato minori tracce – non mancano però situazioniche fanno volutamente ricorso ai sistemi costruttivi propri di un’architettura monumentale. Si trattaovviamente di rari esempi, che interessano ambiti ristretti, spesso collegati agli spazi di rappresentanzadei nuovi poteri e per questo riferibili a realtà dove la funzione pubblica sembra prevalere su quellapiù propriamente residenziale, privata, senza che comunque esista un vero e proprio limite tra questiaspetti.

Ad Aquileia il caso con maggior evidenza sotto questo punto di vista è rappresentato dal palazzoepiscopale, in particolare quello sorto a nord del complesso vescovile dopo l’erezione del quadriporticodinnanzi alla basilica post-teodoriana settentrionale, quindi relativo ad una fase di grande trasforma-zione e ampliamento monumentale che caratterizzò il nucleo cristiano tra la seconda metà-avanzatoIV e il V secolo.

Purtroppo, anche in questo caso si tratta di evidenze venute alla luce durante scavi effettuati alcunidecenni fa, negli anni ’70 del XX secolo, in una situazione difficile, di emergenza, e che per tale motivomostrano carenze nella documentazione e nella possibilità di seriazione delle varie fasi costruttive (figg.15-16). Quest’ultima era stata poi esclusivamente indirizzata, al momento dello scavo, alla considera-zione degli elementi strutturali, con pochi approfondimenti circa l’osservazione e il riscontro dei de-

22 Sulle capanne lignee attestate con maggior frequenza a partire dal periodo goto si veda BUORA, VILLA 2008; BRO-GIOLO 2011, pp. 164-173.

23 Non è forse un caso che proprio dall’area della basilica e del patriarcato emergano i più rilevanti indizi della pre-senza insediativa tra VI e VII secolo in Aquileia, in alcuni sporadici casi connotati anche da elementi riconducibili allanuova classe dominante germanica (VILLA 2004).

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Fig. 15. Pianta delle strutture del palazzo episcopale emerse negli scavi del lato settentrionale di Piazza Capitolo (Ar-chivio del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia).

Fig. 16. Pianta del Palazzo episcopale post teodorianosecondo la Bertacchi (da BERTACCHI 1985).

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positi stratigrafici24. Ne consegue una evidente difficoltà nella ricostruzione delle dinamiche di originee sviluppo del complesso, avendo anche pochi elementi certi per il relativo inquadramento cronolo-gico.

L’analisi della documentazione esistente relativa al contesto di scavo del settore nord di Piazza Ca-pitolo, dove sono stati riconosciuti i resti del palazzo episcopale, è ancora in corso da parte di chi scrivee quindi non è ancora possibile definire ora un quadro di sintesi compiuto, per cui si rimanda alla pub-blicazione definitiva della ricerca (fig. 17).

Vale però la pena sottolineare quello che è lo stato delle interpretazioni nell’ottica di evidenziaresia le potenzialità di questi ritrovamenti sia la possibilità di far emergere quegli altri aspetti che carat-terizzavano le scelte architettoniche, di tono più elevato, in quello che stava divenendo il nuovo fulcrourbanistico – e di potere – della città di Aquileia.

La ricostruzione finora proposta per l’origine e sviluppo, topografico e cronologico, del palazzo

24 Sullo scavo si può vedere BERTACCHI 1972 e BERTACCHI 1985.

Fig. 17. Pianta delle strutture appartenenti alla fase post teodoriana negli scavi del settore settentrionale di Piazza Ca-pitolo.

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vescovile sottolinea la stretta relazione con la creazione del quadriportico dinnanzi alla chiesa postteo-doriana nord, sul cui braccio settentrionale si affacciano quelli che sono i principali ambienti dell’epi-scopio. Questo pare poi svilupparsi anche verso est, in relazione alle strutture con ambienti mosaicativenute alla luce nel 1982 presso la Casa Canonica, e verso nord-est, in relazione alle strutture emerse,nel 1960 – e recentemente oggetto di un nuovo scavo – presso l’ex stalla Violin, dove una grande salamosaicata sembrerebbe collegarsi con le funzioni di rappresentanza dell’impianto (fig. 16) 25.

L’ingresso originario all’episcopio viene posto in prossimità del braccio settentrionale del quadri-portico su cui si affacciava una grande sala pavimentata in cocciopesto – circa alla stessa quota delpiano del quadriportico – e dotata di due aperture verso sud26 (fig. 18). In comunicazione con questoambiente, verso nord, è stata riconosciuta un’altra sala rettangolare, più grande, che in origine vieneritenuta pavimentata a mosaico, il quale appariva posto ad una quota inferiore rispetto al cocciopestodell’altro ambiente27. In una seconda fase questa sala mosaicata sarebbe stata occupata da una serie dipilastri, impostati sul primitivo pavimento, evidentemente utili per reggere un piano sopraelevato28. Ilnuovo pavimento della sala al piano inferiore sarebbe stato quindi rialzato di circa 50 cm rispetto alprecedente e posto quindi ad una quota compatibile – anche se solo un poco più alta – con quella del

25 BERTACCHI 1960 per i primi scavi, mentre le ricerche effettuate nel 2010 sono attualmente in corso di studio. 26 Nella ricostruzione della Bertacchi (fig. 16) il perimetrale est di questa sala è stato posto in corrispondenza del

prolungamento del nartece che venne realizzato dinnanzi alle basiliche post-teodoriane e che si trova leggermente piùarretrato - verso oriente - rispetto al limite del colonnato del quadriportico. L’analisi delle fotografie di scavo consenteperò di notare come invece esista la base di un pilastro che doveva essere addossato allo spigolo sud-est - in asportazione- della sala circa in allineamento con la colonna angolare - di nord-est - del quadriportico. Ne consegue che la sala do-veva avere uno sviluppo meno pronunciato verso oriente mostrando un’ampiezza interna di circa 12,5 x 5,7 m (fig.17).

27 Non esiste però nessun rapporto diretto tra il lacerto di mosaico rinvenuto e le strutture della sala. 28 Per quanto riguarda le dimensioni di questo ambiente esistono alcune tracce per il collocamento dei perimetrali

sud e ovest - corrispondenti a quelli dell’ambiente in cocciopesto - e nord, da collocarsi tra la linea dei pilastri più set-tentrionali e i contigui ambienti pavimentati a mosaico. Appare invece più incerto il suo limite orientale, soprattutto agiudicare dall’unico elemento disponibile: il pilastro più ad est emerso dallo scavo. A giudicare dal rilievo esistente, la

Fig. 18. Piazza Capitolo: veduta degli scavi presso il braccio settentrionale del quadriportico con gli ambienti dell’epi-scopio (Archivio del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia).

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cocciopesto dell’ambiente a meridione. Ancora più a nord, sempre nella seconda fase, sarebbero staticreati dei nuovi ambienti con pavimentazione musiva, contigui alla sala pilastrata, la cui quota pavi-mentale corrisponderebbe infatti con il piano sopraelevato di quest’ultima (fig. 19).

Alla seconda fase dell’episcopio sono poi stati riferiti alcuni mosaici rinvenuti nel 1956 ancora più anord, per i quali esiste solo una documentazione molto limitata, che non consente di stabilire se davveropotessero far parte di questo complesso o, comunque, a quale situazione architettonica vadano collegati.

Per la quota di affioramento e per le caratteristiche del mosaico è stato riferito alla seconda faseanche il citato pavimento della grande sala mosaicata verso nord-est, in prossimità della ex Stalla Violin,nonché i mosaici presso la Casa Canonica.

Non apparterrebbero a questa fase invece, poiché ormai in rovina e abbandonati, né il quadriporticoné la sala pavimentata in cocciopesto che su questo si affacciava. Il nuovo ingresso al complesso sarebbequindi cambiato spostandosi un poco più verso est, allineato con la prosecuzione del nartece costruitodavanti alle basiliche.

sua fondazione sembra spingersi al di là del limite relativo alla possibile prosecuzione verso nord del perimetrale orien-tale dell’aula con cocciopesto. Non esistono però foto di questo particolare e poiché l’elemento appare proprio in cor-rispondenza del limite di scavo non si può escludere - anche se appare strano - che avesse una particolare fondazioneconnessa proprio con la presenza di un muro con tale orientamento. In tal caso l’ambiente, che rispetterebbe in lun-ghezza l’ampiezza di quello meridionale, secondo una razionale logica costruttiva, avrebbe dimensioni interne di 12,50m (in senso est-ovest) x 8,80 m (in senso nord sud). Considerando però che lo spicato del pilastro appare non centralerispetto alla fondazione ma spostato in corrispondenza del filo occidentale di questa, secondo una modalità che con-traddistingue anche altri pilastri, che risultano eccentrici rispetto alla fondazione là dove sono in appoggio ai muri pe-rimetrali, non si può escludere che anche questo avesse una tale conformazione poiché risultava appoggiato ad unmuro accostato al suo lato occidentale. Ciò presupporrebbe che la stanza fosse più corta rispetto a quella con il pavi-mento in cocciopesto o forse che fosse suddivisa da un tramezzo in due ambiti distinti, entrambi con pilastri. Bisognacomunque sottolineare che non è stata trovata alcuna traccia di questa struttura muraria che potrebbe però essere stataasportata come successo anche per altri muri (per esempio il perimetrale settentrionale dello stesso ambiente). Secondoquesta ricostruzione, molto ipotetica e con pochi riscontri, l’ambiente più occidentale avrebbe una dimensione di 11,70m (in senso est-ovest) x 8,80 m (in senso nord-sud). Impossibile da definire sarebbero invece le dimensioni dell’am-biente più orientale (fig. 17).

Fig. 19. Piazza Capitolo: il mosaico a nord della sala conpilastri.

Fig. 20. Piazza Capitolo: il lampadario bronzeo rinvenutosopra il pavimento del quadriportico; sullo sfondo si notala stratificazione che ricopre il pavimento in cubetti di cotto.

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Per quanto riguarda la cronologia del complesso, la costruzione dell’episcopio viene ricondotta allaseconda metà del IV secolo – in relazione alla datazione della basilica post-teodoriana e, soprattutto,del quadriportico – e in particolare verso gli anni ’60 del secolo o poco dopo, sulla base del nucleo dimonete con una datazione abbastanza omogenea trovate proprio sotto il pavimento in cubetti di cottodel braccio settentrionale29.

La fase di rinnovamento, che sarebbe avvenuta dopo un evento distruttivo – il solito incendio atti-lano – che avrebbe colpito in particolar modo il lato settentrionale del quadriportico è stata ricondottaalla seconda metà del V secolo, dato che sarebbe confermato dallo stile di alcuni mosaici – in particolarequelli della grande sala di nord-est, presso la ex stalla Violin – e dal rinvenimento di alcune moneted’oro – degli imperatori Teodosio I, Onorio, Teodosio II e Valentiniano III – tra il pavimento in coc-ciopesto della sala meridionale e la soglia di accesso, che sembravano essere state lì nascoste primadella presunta distruzione attilana del quadriportico30 (fig. 20).

In entrambi i casi si tratta comunque di indicazioni molto labili e non incontrovertibili, ma qual-siasi altra proposta – comprese quelle qui avanzate a livello ipotetico – mostrano gli stessi difetti edevono far riferimento a molti aspetti interpretativi più che a dati di fatto. Vale comunque la penadi sollevare le questioni problematiche per tentare di trovare la via per una soluzione soddisfa-cente.

In particolare, va notato, da questo punto di vista, come per la seconda fase del complesso vi sianomolti problemi di inquadramento e non solo dal punto di vista cronologico.

Innanzi tutto, la collocazione ad un momento post-metà V secolo del mosaico – con stelle, definiteda esagoni, alternati ad esagoni e quadrati – a nord della sala pilastrata mostra qualche problema, men-tre potrebbe ben essere inserito in un orizzonte di seconda metà-avanzato IV secolo – o forse anche

29 BERTACCHI 1972. Va però notato che sotto il pavimento del quadriportico oltre a questo nucleo di monete sonostate rinvenute altre monete databili tra fine IV e inizi V secolo che solo ipoteticamente si può pensare vi siano finitein occasioni di interventi di risistemazione, come proposto dalla Bertacchi. In realtà, poiché questi reperti provengonotutti da sotto il pavimento in cubetti di cotto, senza una più precisa distinzione stratigrafica, non si può escludere chela datazione come termine post quem per la pavimentazione del quadriportico sia da ricondurre al termine più recente.

Una ricognizione tra i materiali ceramici provenienti dallo scavo ha permesso di riconoscere nello “strato di terrenotra il 1° piano in battuto (sotto il mosaico a cubetti di cotto - del quadriportico -) e il 1° piano del mosaico inferiore (toroe cervo) – databile quest’ultimo ad età medio imperiale –” due coppe in Terra Sigillata chiara africana D databili trafine IV e inizi V secolo (tipo Hayes 67/Atl. I, 37, nn. 10, 11; tipo Ponisch 1970, fig. 93/ Atl. I, 35, n. 4) che sembrereb-bero confermare un termine di datazione più basso.

Ovviamente ciò implicherebbe, a catena, una rimodulazione dell’intera cronologia del nucleo episcopale post-teo-doriano. È tuttavia un dato di fatto che le cronologie finora proposte per l’evoluzione del complesso non si basino sudati incontrovertibili e siano piuttosto il risultato di interpretazioni che tendono a comporre diverse indicazioni privedi una certezza cronologica. Solitamente si è poi portati a ricondurre una importante fase monumentale all’attività diun importante vescovo, come nel caso di Cromazio per esempio. È però vero che, come appare chiaramente dai caratteridi sviluppo del complesso aquileiese, ma anche di altre cattedrali, come a Concordia, le varie fasi edilizie monumentalisembrano legate ad un processo di crescita continuo anche se lento, probabilmente secondo un progetto generale chepare progredire per moduli, quasi diremmo per lotti, secondo un’ottica quindi che probabilmente trascende, più diquanto sinora non si sia forse considerato, l’opera e l’iniziativa personale di un determinato vescovo o uno specifico eristretto momento storico, per dilatarsi invece nel corso del tempo.

30 Dalle immagini dello scavo non si è notata una così evidente presenza di stratificazioni di incendio in posto.Anche le immagini che ritraggono il famoso lampadario bronzeo - immediatamente dopo la sua scoperta - che sarebbestato immerso in un livello di bruciato, sembrano far emergere come sul piano del pavimento a cubetti di cotto delquadriportico vi siano riporti che non fanno pensare ad un livello di incendio (fig. 20). Le tracce di focatura sui pianipavimentali sono evidentemente tracce lasciate dal contatto con il fuoco ma non sono tout court o necessariamente re-lazionabili ad un evento distruttivo che ha provocato un repentino abbandono. È questa una considerazione generaleche vale per molte interpretazioni sugli “incendi aquileiesi”. Per il caso specifico si noti come i recenti scavi in altrezone del quadriportico non abbiano testimoniato alcuna stratificazione da evento distruttivo bensì siano varie le testi-monianze di una risistemazione e rifunzionalizzazione architettonica di alcuni spazi dello stesso quadriportico, segnaliche esistono, come vedremo, anche nell’ambito del braccio nord.

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poco dopo – come dimostrerebbe ora anche un tessellato molto simile emerso nello scavo della cosid-detta “Domus dei Putti danzanti” in corso di scavo da un’equipe dell’Università degli Studi di Triestenei quartieri settentrionali della città ed inquadrabile nella fase di rinnovamento della casa di secondametà IV secolo31.

Se questa attribuzione cronologica venisse confermata potremmo allora rivedere parte dell’inqua-dramento architettonico della prima fase del complesso, ricollegando alla fase originaria non solo questipavimenti musivi ma anche l’impianto dei pilastri della sala a meridione di questi. Infatti, se osserviamole quote dei piani pavimentali di questo settore del complesso – uno degli elementi forti usato per di-stinguere una fase dall’altra, con tutte le problematiche che un simile dato porta con sé – sulla basedella valutazione della sezione realizzata in quest’area durante lo scavo (fig. 21) notiamo che in una se-quenza da sud a nord i piani pavimentali del quadriportico, dell’ambiente con cocciopesto, del pianocon pilastri dell’aula a settentrione di questo e dei mosaici più a nord mostrano un andamento coerente,con minimi scarti di quota che fanno pensare ad un orizzonte in lieve declivio, con un profilo che tendegradualmente ad alzarsi andando verso nord.

Più anomalo apparirebbe invece in questa sequenza il collocamento del supposto mosaico di primafase della sala pilastrata che avrebbe dovuto prevedere un significativo salto di quota nel caso di unsuo utilizzo contestuale al quadriportico e all’ambiente con cocciopesto.

Non si può quindi escludere che questo mosaico appartenga invece ad una fase edilizia precedentealla erezione delle altre strutture dell’episcopio qui considerate. Fase edilizia che troverebbe riscontroin altre evidenze dello steso scavo e soprattutto da quanto emerso nei recenti ritrovamenti presso l’exstalla Violin dove, al di sotto del pavimento della grande sala mosaicata, è emerso un ambiente absidatocon mosaici di IV secolo che sembrerebbe appartenere ad un momento precedente il rinnovamentopost-teodoriano in questo settore e potrebbe essere collegato ad una fase (residenziale?) precedentel’erezione dell’episcopio32.

Si tratta per ora di elementi indiziari che comunque sembrano sottolineare come anche nel casodel palazzo episcopale post-teodoriano di Aquiliea probabilmente sia utile pensare ad una evoluzioneprogressiva e dilatata nel tempo, senza necessariamente dover ricorrere al riconoscimento di cesure opassaggi collegati con eventi traumatici o precisi momenti storici.

Quello che più ci interessa qui sottolineare è comunque il fatto che dalle osservazioni condotteemerge la possibilità di notare come, forse fin dalla fase originaria o magari poco dopo, in un periodo

31 Si veda il contributo di Federica Fontana in questo volume. Alcune monete sembrerebbero datare il rinnovamentodella domus agli anni ’60-’70 del IV secolo, un dato che sembrerebbe collimare con la presunta origine del complessoepiscopale nella seconda metà del IV secolo.

32 Il contesto è attualmente in corso di studio da C. Tiussi e M. Novello in collaborazione con chi scrive e con altristudiosi. La pubblicazione delle ricerche è prevista a breve e sicuramente potrà portare a nuovi elementi per l’inqua-dramento dello sviluppo monumentale di questa zona così importante della città tardoantica e post-classica.

Fig. 21. Piazza Capitolo: sezione nord sud attraverso il braccio settentrionale del quadriportico (Archivio del MuseoArcheologico Nazionale di Aquileia). A) Pavimento del quadriportico; B) Pavimento in cocciopesto dell’ambiente del-l’episcopio; C) Livello di spicato dei pilastri; D) Pavimento in mosaico a nord della sala pilastrata; E) Pavimento musivodi IV secolo al di sotto dei pilastri; F) Strutture tarde che si sovrappongono al quadriportico.

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ancora da precisare tra la seconda metà - avanzato IV secolo e i decenni successivi, si sia andato defi-nendo un complesso architettonico, con funzione residenziale e di rappresentanza, che mostra un’im-portante e precoce evoluzione delle concezioni costruttive, le quali avranno poi seguito anche nei secolisuccessivi. In queste scelte comincia ad affermarsi un significativo sviluppo in elevato con l’individua-zione di alcune funzioni di servizio al piano terreno (l’ambiente con pilastri) e la probabile monumen-

Fig. 22. Piazza Capitolo: veduta del settore nord-occidentale degli scavi con alcune strutture appartenenti alla fasepaleocristiana sovrapposte ai resti delle domus.

Fig. 23. Pianta con evidenziate le strutture che si sovrappongono agli elementi appartenenti alla fase post teodoriana.

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talizzazione dei piani superiori. Una situazione che se può essere dovuta alle necessità contingenti dellospazio urbano in cui è stato realizzato, mostra di trovare seguito anche altrove come si evince dal con-fronto – ampiamente sfruttato – con il più tardo complesso episcopale di Parenzo33.

Tanti sono dunque gli aspetti problematici che ancora attendono una risposta dalla prosecuzionedelle ricerche e tra questi va anche annoverato il reale limite del palazzo episcopale che potrebbe com-prendere anche una serie di altri ambienti e strutture verso occidente, disposti in prossimità del settorenord-occidentale del quadriportico, come emerge dalle osservazioni fin qui condotto sulla documen-tazione di scavo (fig. 22).

Di grande interesse appaiono poi quelle tracce che sembrano testimoniare una continuità d’usodegli spazi del complesso episcopale e dell’episcopio, con probabili rifunzionalizzazioni e trasforma-zioni architettoniche che ben però si possono integrare con il mantenimento dell’organizzazione strut-turale di questo settore urbano connesso con le basiliche (fig. 23).

Sovrapposizione di muretti e di piani d’uso sono stati evidenziati sia in prossimità dell’angolo dinord-ovest del quadriportico, in contiguità con l’episcopio (fig. 24), sia in un’area un poco più lontanada questo, verso l’angolo sud-ovest dove recenti scavi (del 2008) hanno portato alla luce l’impianto distrutture e nuovi piani pavimentali, inseriti direttamente al di sopra del tessellato originario e in ap-poggio alle precedenti strutture che furono quindi riutilizzate e rimasero ancora in uso34 (fig. 25). Il ri-trovamento di una moneta di Teodosio II nel nuovo preparato pavimentale contestuale a questa fase

Fig. 24. Piazza Capitolo: particolare della struttura mu-raria che si sovrappone al pavimento in cubetti di cottopresso l’angolo nord-occidentale del quadriportico (Ar-chivio del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia).

Fig. 25. Piazza Capitolo: le strutture create sopra il pa-vimento del quadriportico nell’angolo sud-occidentale(scavi 2008) (Archivio del Museo Archeologico Nazio-nale di Aquileia).

33 BERTACCHI 1985.34 MASELLI SCOTTI, TIUSSI, VILLA 2011.

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di rinnovamento strutturale fornisce un interessante termine post quem per immaginare un fenomenodi riutilizzo e nuova destinazione d’uso, magari non distante o in conflitto con la funzione originariadel quadriportico. Interventi di ristrutturazione di un simile impianto che non stravolse la sua funzionesembrano essere intervenuti anche nel caso concordiese. Potrebbe essere significativo che anche quile principali tracce siano da collegarsi all’ambito – quello del braccio meridionale – sul quale si affac-ciavano degli ambienti che anche se a livello ipotetico sono stati collegati alla dimora episcopale, mada alcuni collegati anche a strutture per l’ospitalità dei pellegrini35.

Ritornando ad Aquileia e ai destini del quadriportico e del palazzo episcopale si deve notare comel’ipotesi di una distruzione ed abbandono precoce di una sua parte sia probabilmente da mettere indubbio, mentre andrebbero approfonditi gli indizi che parlano a favore di una ristrutturazione di alcuniambiti. In particolar modo si può notare che l’ambiente con pavimento in cocciopesto che si affacciavasul quadriportico ha tracce di risistemazione e di un probabile adeguamento funzionale legati al col-locamento di una piccola strutturina presso il suo perimetrale sud, in prossimità dell’ingresso, che nonsi esclude possa essere legata al collocamento di un corpo scala. Forse per raggiungere proprio il pianosuperiore retto dal sistema a pilastri nel momento in cui questo venne realizzato o, se questo già esistevafin dall’origine, come nell’ipotesi sopra proposta, in un cambio di organizzazione dei percorsi internial complesso.

Inoltre, proprio di fronte al colonnato del braccio nord del quadriportico vi sono tracce di una im-portante trasformazione strutturale che deve aver completamente cambiato l’assetto di questo settore,con l’inserimento di una struttura nell’angolo nord-ovest del cortile interno, che pare appoggiarsi allacanaletta di scolo nei pressi della colonna angolare e, soprattutto, con la creazione di un sistema di pi-lastri leggermente arretrati verso sud rispetto al colonnato ma sullo stesso allineamento che paiono de-finire un nuovo fronte aperto proprio dinnanzi all’episcopio (fig. 23).

Fig. 26. Piazza Capitolo: veduta del braccio settentrionale del quadriportico con evidenziate le strutture tarde che glisi sovrappongono, prima della creazione dell’area cimiteriale (Archivio del Museo Archeologico Nazionale di Aqui-leia).

35 In ogni caso, la funzione di rappresentanza, legata alla presenza di una grande sala, e di residenza, collegata allapresenza di locali di servizio con focolare che hanno avuto più fasi di ristrutturazione, segnalano la contiguità agli spaziliturgici di ambiti di accoglienza e dimora anche in questo caso.

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Purtroppo questi elementi si possono notare sulle foto di scavo e, in parte, sui rilievi ma non esistealcun altro dato per precisare il loro inquadramento e il rapporto con gli altri elementi del complesso,tanto meno la loro cronologia (fig. 26). Osservando però le quote di affioramento queste nuove strut-ture sembrerebbero precedere la fase di necropoli che ha occupato da un certo momento in poi que-st’area. È presumibile, ma non vi sono elementi a riguardo, che il cimitero si sia sviluppato tra l’etàaltomedievale e quella medievale, forse quando l’episcopio venne abbandonato – dopo la fuga del ve-scovo da Aquileia in età longobarda? – per poi venire collocato in un nuovo ambito monumentale,nella zona del Patriarcato a sud della basilica, entro le strutture degli antichi horrea, dopo la rinascitadelle sede vescovile aquileiese che parte dall’età carolingia per consolidarsi nei primi secoli dopo ilprimo millennio.

Per concludere questo breve excursus sui modi di vita e le modalità abitative riscontrabili in Aquileiadopo il IV secolo, si può notare come il nuovo paesaggio urbano che emerge dai pur frammentari datiqui considerati trova ampi riscontri con la situazione che vivono molte città romane nello stesso pe-riodo. Queste situazioni invece di essere considerate il sintomo di un inarrestabile declino sono forsepiù propriamente da considerare il segno di un mondo che sta cambiando.

In meglio o in peggio? Non è questa la domanda che deve guidare la nostra curiosità (scientifica)che potrebbe essere meglio riposta nel tentativo di comprensione degli altri significati (insediativi, po-litici, sociali, economici) di queste trasformazioni.

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