INFORMAZIONI CULTURALI TARCENTO - AdriaticGreeNet · popolazione troverà rifugio sulla costa, non...

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INFORMAZIONI CULTURALI TARCENTO foto: ge foto: ge foto: ge Tarcento conosciuta come “la Perla del Friuli”, che ne faceva la meta preferita per gli udinesi che qui avevano le loro ville di villeggiatura e di rappresentanza, sia per la sua posizione che per l'interessante patrimonio storico-architettonico arricchito, sul finire dell'800, da alcune ville in stile liberty e veneziano. I terremoti del 1976 hanno particolarmente colpito l'area della pedemontana e gravemente danneggiato il patrimonio edilizio stravolgendone il tessuto urbanistico. La ricostruzione, tranne per una piccola porzione del centro, non ha mantenuto l'impianto originario. I documenti più antichi riportano il nome di Tarcento dal XII sec., ma gli studiosi riconoscono la presenza di popolazioni già in età paleolitica, a cui sono seguiti insediamenti preistorici, celtici, e, infine, romani. Riscontri storici dicono che fin dal 1356 la comunità si autogestiva con l'Assemblea dei capifamiglia (Vicinìa) con regole comunitarie approvate dal giurisdicente Frangipane e da Venezia; nel XVII sec. la Vicinìa venne sostituita da un Consiglio di Credenza. In epoca napoleonica, Tarcento fu incluso nel distretto di Gemona, con il dominio austriaco il paese riebbe il ruolo di capoluogo, divenendo anche sede di Commissariato distrettuale. Nel 1866 la cittadina fu annessa al Regno d'Italia, diventando capoluogo mandamentale. Tra il XIX e il XX sec. il tessuto urbanistico di Tarcento si arricchì di alcuni edifici residenziali, risale a questo periodo anche la costruzione del Cascamificio di Bulfons, buon esempio di falansterio che dava alloggio a operaie provenienti dalle regioni vicine con servizi comuni, un negozio di alimentari e una cappella. (fonte: www.comune.tarcento.ud.it) PALAZZI foto: ge Il palazzo di Cornelio Frangipane, "il Palazàt", oggi villa Pontoni è un'elegante costruzione che fu la dimora principale della famiglia Frangipane, dopo l'abbandono del castello inferiore di Coia. L'edificio cinquecentesco ha subito numerose modifiche, le decorazioni interne sono andate distrutte con i terremoti del 1976. foto: ge Il palazzo Frangipane, detto della Rotonda, è sede di rappresentanza del Comune, fu una delle residenze dei di Castello. L'attuale aspetto risale al XVII sec. dopo una ricostruzione su una preesistenza cinquecentesca; al centro della corte quadrata interna si trova una fontana detta "dell'amore".

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INFORMAZIONI CULTURALI

TARCENTO

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Tarcento conosciuta come “la Perla del Friuli”, che ne faceva la meta preferita per gli udinesi che qui avevano le loro ville di villeggiatura e di rappresentanza, sia per la sua posizione che per l'interessante patrimonio storico-architettonico arricchito, sul finire dell'800, da alcune ville in stile liberty e veneziano.I terremoti del 1976 hanno particolarmente colpito l'area della pedemontana e gravemente danneggiato il patrimonio edilizio stravolgendone il tessuto urbanistico. La ricostruzione, tranne per una piccola porzione del centro, non ha mantenuto l'impianto originario.I documenti più antichi riportano il nome di Tarcento dal XII sec., ma gli studiosi riconoscono la presenza di popolazioni già in età paleolitica, a cui sono seguiti insediamenti preistorici, celtici, e, infine, romani. Riscontri storici dicono che fin dal 1356 la comunità si autogestiva con l'Assemblea dei capifamiglia (Vicinìa) con regole comunitarie approvate dal giurisdicente Frangipane e da Venezia; nel XVII sec. la Vicinìa venne sostituita da un Consiglio di Credenza. In epoca napoleonica, Tarcento fu incluso nel distretto di Gemona, con il dominio austriaco il paese riebbe il ruolo di capoluogo, divenendo anche sede di Commissariato distrettuale. Nel 1866 la cittadina fu annessa al Regno d'Italia, diventando capoluogo mandamentale.

Tra il XIX e il XX sec. il tessuto urbanistico di Tarcento si arricchì di alcuni edifici residenziali, risale a questo periodo anche la costruzione del Cascamificio di Bulfons, buon esempio di falansterio che dava alloggio a operaie provenienti dalle regioni vicine con servizi comuni, un negozio di alimentari e una cappella. (fonte: www.comune.tarcento.ud.it)

PALAZZI

foto: ge

Il palazzo di Cornelio Frangipane, "il Palazàt", oggi villa Pontoni è un'elegante costruzione che fu la dimora principale della famiglia Frangipane, dopo l'abbandono del castello inferiore di Coia. L'edificio cinquecentesco ha subito numerose modifiche, le decorazioni interne sono andate distrutte con i terremoti del 1976.

foto: ge

Il palazzo Frangipane, detto della Rotonda, è sede di rappresentanza del Comune, fu una delle residenze dei di Castello. L'attuale aspetto risale al XVII sec. dopo una ricostruzione su una preesistenza cinquecentesca; al centro della corte quadrata interna si trova una fontana detta "dell'amore".

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Ai piedi della collina di Coia si trova il complesso di villa De Rubeis Florit, risalente al XIV sec., è stato ampiamente rimaneggiato nei secoli successivi; le stanze del piano nobile hanno pareti a stucco e porte laccate e decorate del ‘700.

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Parrocchiale di S. Pietro ApostoloLa Pieve tarcentina si sarebbe organizzata già fra il IV e il VI secolo nella zona del borgo Centa, il nucleo abitativo più antico del paese. L'attuale edificio della chiesa risale al XV sec. (la facciata con portale gotico è del 1424) pur con modifiche e ampliamenti successivi, all'interno ci sono pregevoli sculture ed affreschi. La massiccia torre campanaria fu innalzata tra il 1730 ed il 1741. Nota a parte merita il grande organo del duomo, si tratta di un prezioso strumento, costruito dal padovano Malvestito (1906), con oltre 2000 canne è l'unico strumento con tali dimensioni e a funzionamento meccanico del Friuli.

AQUILEIA

Basilica – foto ge

Aquileia fu una delle città più grandi e ricche del primo impero romano, venne distrutta da Attila a metà del V sec. La zona archeologica, di cui la maggior parte non è scavata e come tale costituisce la più grande riserva archeologica del suo genere, è patrimonio mondiale dell'UNESCO dal 1998.Aquileia fu fondata dai Romani come colonia latina nel 181 aC a nord-est della pianura del Po, come avamposto difensivo contro i barbari; ben presto diventa un importante centro commerciale di collegamento fra l'Europa centrale e il Mediterraneo. Nel 90 a.C. alla città è assegnato il rango di municipium, ai suoi cittadini sono concessi pieni diritti di cittadinanza romana; la ricchezza della città ha permesso di costruire splendidi edifici pubblici e residenze private. Dal IV sec. furono costruite delle residenze imperiali e Aquileia fu sede della Zecca imperiale tra il 284 d.C. e il 425 d.C. Nel secondo decennio del IV sec., a seguito dell'editto di Milano del 313, inizia la costruzione di una basilica. Nel 452 Aquileia fu saccheggiata dagli Unni guidati da Attila, perse la funzione di centro mercantile passato a Venezia; conservò comunque il ruolo spirituale, divenendo sede di un patriarcato che sopravvisse fino al 1751 e che ebbe un ruolo fondamentale nell'evangelizzazione di questa regione. Gli scavi hanno portato alla luce parte del foro romano e della basilica, il macellum repubblicano, uno dei gruppi di bagni, e due complessi residenziali di lusso; fuori le mura della città, sono stati rivelati un cimitero, con alcuni monumenti funerari imponenti, l'anfiteatro e il circo. I resti più suggestivi della città romana sono quelli del sistema portuale, comprendente una fila di magazzini e delle banchine che si estendono per un lungo tratto lungo la riva del fiume.La caratteristica dominante di Aquileia è la Basilica fatta costruire dal vescovo Theodorus, si tratta di un complesso di tre sale principali, su pianta a ferro di cavallo. Nel 345, l'edificio fu considerato insufficiente ad ospitare i fedeli ed i pellegrini, quindi il braccio settentrionale fu sostituito da un'ampia struttura.

Battistero – foto ge

Porto – foto ge

L'intero complesso fu distrutto dall'invasione del 452; quando i sopravvissuti rientrarono in città restaurarono la sola sala meridionale; dopo un periodo di abbandono, i lavori ripresero nel IX sec. con il vescovo Massenzio e il sostegno finanziario da Carlo Magno. Nonostante i gravi danni causati dalle invasioni magiare e da un terremoto nel 988, l'opera fu completata nel 1031. La Basilica è essenzialmente in stile romanico, anche se ci sono alcuni riferimenti gotici inseriti con la ricostruzione dopo il terremoto del 1348; la caratteristica più evidente degli interni è il grande mosaico nella sala meridionale del IV sec., visibile dal 1909 dopo la rimozione del sovrastante pavimento in argilla. Vi sono raffigurati soggetti simbolici, ritratti di donatori, scene del Vangelo e iscrizioni dedicatorie, all'estremità orientale

è raffigurata una scena con dodici pescatori, gli Apostoli, e la storia del profeta Giona. All'estremità orientale la cripta, con affreschi del VI o VII sec., custodisce le reliquie di alcuni martiri.Una porta all'estremità orientale della Basilica dà accesso alla Cripta degli Scavi, rivelata durante i primi decenni del XX sec. conserva mosaici del I sec. di una villa suburbana e altri del IV sec. provenienti dal stesso sito, le fondazioni dei corridoi trasversali e di parti del complesso non ricostruito dopo la distruzione di Attila. Di particolare interesse i mosaici con riferimenti a culti esoterici. L'ingresso alla basilica ovest è protetto da un portico costruito nel IX sec. e dà accesso anche al Battistero, a pianta ottagonale con piscina battesimale esagonale che riproduce il Chi-Rho monogramma di Cristo, è circondato da un colonnato a sostegno di un deambulatorio. L'ultima componente del complesso è il campanile, una struttura massiccia che è sopravvissuta indenne dal 1031. Vi è un secondo complesso basilicale a monastero, che oggi ospita il Museo paleocristiano, con un notevole pavimento a mosaico del IV sec.(fonte: UNESCO)

GRADO

"Figio, recordete, che Gravo xé figia de Quileia e mare de Venessia", “Figlio ricordati, che Grado è figlia di Aquileia e madre di Venezia”, dicevano i "veci de l'isola", i vecchi, quando raccontavano le loro storie. Ma storicamente questa frase è ineccepibile. La storia di Grado è strettamente legata a quella di Aquileia e del suo porto fluviale, sorto lungo le rive del fiume Akilis-Natisone, con lo scalo, gradus, sul mare. Il fiume verrà deviato nel 361 con la guerra di Giuliano l'apostata e l'attività portuale trasferita in quel del gradus, che comincia a costruire un Castrum, fortificando il nucleo urbano. Anzi, abbiamo notizie di tre cinte murarie. A seguito delle invasioni barbariche (401-408 Alarico, Attila 452), parte della popolazione troverà rifugio sulla costa, non si sa quanti abitanti avesse Grado in età romana, sede vescovile inclusa. Nel 476 viene deposto Romolo Augusto, ultimo imperatore romano d'occidente: la costa resta nell'orbita bizantina, legata a Ravenna. L'impero romano continua con Costantinopoli, fino alla sua caduta sotto i turchi nel 1453. É con Giustiniano che viene riconosciuto il titolo patriarcale al vescovo di Grado, la Nuova Aquileia. Tre anni dopo la sua morte (568) arrivano i Longobardi in Friuli, che stabiliranno a Cividale la loro prima capitale, ma divideranno le due località dal punto di vista religioso. A Grado viene eletto Probino di Benevento, il cui monogramma è nell'altare del battistero. Risulta chiaro il tentativo di occupare anche la costa attraverso il vescovo. Benevento è, infatti, il ducato gemello di Cividale. Alla sua morte, viene eletto Elia, greco, che restaura le basiliche, consacrando il duomo a Sant'Eufemia, martire di Calcedonia, località dove si tenne il famoso concilio dei tre capitoli nel 451, ribadendo così l'ortodossia.Nell'840 viene riconosciuto il ducato di Venezia con il Patto di Lotario, comprendendo anche Grado, già verso il Mille, i Gradenigo, famiglia citata anche dal Caprin come aquileiese, cominciano a prendere posto a Venezia, dove verrà trasferita definitivamente il patriarcato nel 1451, dopo 61 patriarchi di Grado, che è ancora oggi sede vescovile. Alcuni di essi sono degni di nota: il primo ufficiale è Donatus piacentinus nel 717, Fortunato Tergestino 803-826, lascia un famoso testamento, dove descrive Grado al suo tempo, Andrea Dotto di Padova, che commissiona la pala d'altare, che oggi si può ammirare nell'abside del duomo. Probabilmente, il nucleo più antico del castrum è quello attorno alla Basilica di Santa Maria, sembra la prima con questo titolo, di modello orientale, avendo l'abside interna, con il passaggio tra i due muri (Abside e basilica). Il centro poi si allunga con il duomo e, molto distaccata, la basilica forse dedicata a Giovanni, come a Ravenna. E poiché anche questa basilica aveva il battistero, è probabile la presenza della doppia liturgia, ariana ed ortodossa.Il trasferimento della sede patriarcale impoverisce ulteriormente l'economia dell'antico castrum, dove si sopravvive solo con la pesca, in un doppio microcosmo, quello della laguna e quello di città vecchia. Tant'è, che parlata, e tradizioni religiose sono spesso diverse. Anche il dialetto gradese-lagunare risulta molto più duro di quello parlato nelle calli. Di origini paleovenete, potrebbe essere il ceppo madre di tutti i dialetti veneti della costa. Anche alcuni cognomi sono antichissimi. In laguna, si viveva nel "cason", nato come rifugio e trasformato nel tempo in abitazione, che rappresenta l'adattamento dell'uomo all'ambiente, ultimo retaggio delle capanne del neolitico. Fatto con un'intelaiatura di legno, ricoperta di canna, che doveva essere "de fìumera", tagliata a mano, seccata ed annodata. Non aveva aperture verso nord, per difendersi dal freddo, una piccola finestra, una porta a sud. (fonte: www.comunegrado.it)

RISERVA NATURALE DELLA FOCE DELL'ISONZO

foto: ge

All'estremità settentrionale del mare Adriatico, dove sfocia il fiume Timavo, inizia una fascia litoranea caratterizzata dai bassi fondali e da una complessa struttura lagunare che, comprendendo Venezia, termina con il delta del fiume Po. In prossimità della foce del Timavo, si trova la foce dell'Isonzo, che nasce sulle Alpi Giulie, in Slovenia e termina il suo corso nel golfo di Trieste, fra Monfalcone e Grado. La Riserva Naturale della foce dell'Isonzo comprende un'area di circa 2400 ettari, situata lungo gli ultimi 15 km del corso del fiume. Il territorio della Riserva è incluso nei comuni di Staranzano, San Canzian d'Isonzo, Grado e Fiumicello.L'area protetta ha il suo nucleo principale terrestre in località Cona, nel Comune di Staranzano, la cosiddetta "Isola della Cona", che è dotata di strutture al servizio dei visitatori, è circondata dal mare, dallo stesso fiume Isonzo e dal canale Quarantia (che ha rappresentato la foce principale del fiume nel periodo tra il 1895 ed il 1935) è oggi collegata alla terraferma attraverso una diga che consente un agevole accesso.Nel recente passato l'isola è stata sottoposta, come molte aree circostanti, a parziali opere di prosciugamento e "bonifica" ed è stata adibita dapprima a pascolo, quindi alla coltivazione.Solo la parte marina, periodicamente sommersa dalle maree e molto paludosa è stata risparmiata dalle trasformazioni e questa circostanza ha consentito di avviare una serie di iniziative di tutela e restauro ambientale.A seguito di un progetto di massima che risale al 1983, è stata ricreata su un'area bonificata e in parte a suo tempo predisposta per le coltivazioni di una trentina di ettari, oggi denominata "Il Ripristino", una zona palustre, che in parte si prosciuga nei periodi siccitosi. Analoghi interventi sono in corso di attuazione in una porzione di territorio adiacente di circa 20 ettari, dove è anche in corso di allestimento un ampio centro di informazione.(fonte: www.parks.it)

PALMANOVA

foto: www.magicoveneto.it

La città fortezza, classificato come "Monumento Nazionale" nel 1960 con decreto del Presidente della Repubblica, è inserita nella Tentative list dell'UNESCO per il riconoscimento di patrimonio mondiale.La città fortezza di Palmanova, tra gli esempi più importanti e meglio conservati di architettura tardo-militare del Rinascimento, è stata costruita per ordine della Serenissima Repubblica di Venezia nel 1593; scelta dettata sia dalla diplomazia e dalle scelte di strategia militare che dalla situazione conseguente il Concilio di Trento.Infatti fra il 1470 e il 1499 il Friuli, sotto il dominio veneziano dal 1420, aveva subito non meno di sette incursioni turche dai Balcani. Oltre alla fortezza di Gradisca, la roccaforte più importante del Friuli a partire dal 1479, le opere di difesa veneziane erano obsolete e insufficienti; in caso di un attacco, soltanto la città murata di Udine costituiva un rifugio per la popolazione e un riparo per le forze militari.Nel 1500, al fine di affrontare la minaccia sempre presente di incursioni saracene, Venezia coinvolge Leonardo da Vinci con la richiesta di studiare le opere di difesa sul fiume Isonzo e a Gradisca.In seguito, avuto sentore dell'esistenza di un piano di invasione da parte dei turchi fu decisa la costruzione di una fortezza sufficientemente ampia per essere rifugio di un numero consistente di persone e dei loro averi.Inoltre, la riapertura del conflitto tra Venezia e l'Austria nel 1500, con la presa di Gradisca, espone i confini orientali veneziani anche alle mire espansionistiche austriache.Venezia, quindi, decise di costruire una fortezza ex novo, in una posizione particolarmente strategica della pianura friulana: all'incrocio tra via Julia Augusta e la strada Ungaresca (Stradalta). La fortezza è stato chiamato Palma per celebrare il ventiduesimo anniversario della vittoria di Venezia contro i Turchi a Lepanto.Il progetto fu elaborato da ingegneri e architetti militari del reparto fortificazioni di Venezia, tra i quali l'architetto Giulio Savorgnan. I lavori iniziarono il 7 ottobre 1593, il Senato nomina Marc'Antonio Barbaro, primo soprintendente, o Provveditore Generale, della fortezza.Palma rimane sotto il dominio veneziano per oltre 200 anni (1593-1797), fino a quando venne conquistata da Napoleone, dopo il trattato di Campoformio, passa sotto l'influenza austriaca. Fa parte dell'Impero Asburgico fino al 1866, con la sola

breve parentesi di una rivolta nel 1848, quando la fortezza fu assediata dalle truppe austriache; con il plebiscito nel 1866 viene definitivamente unita al Regno d'Italia.Palmanova, con le sue nove punte struttura a stella, è un sistema di difesa inespugnabile dotato di tre linee di difesa, le prime due erette in epoca veneziana, la terza in epoca napoleonica. Le fortificazioni si sono progressivamente modificate per far fronte alle esigenze derivanti dalla evoluzione degli armamenti, verso la fine del XVI secolo, infatti l'uso di artiglieria ha determinato la necessità di ampi bastioni a protezione della città all'interno delle mura. I progettisti hanno ideato un primo cerchio di difesa, circondato da un fossato, con nove bastioni a forma di freccia (baluardi), collegati tra loro da nove bastioni rettilinei (cortine), dando così la caratteristica forma stellata alla fortezza. A metà 1600, la Serenissima ha ulteriormente migliorato le fortificazioni con la costruzione di altri 9 bastioni o Rivellini, sulla parte esterna del fossato, di fronte ai bastioni rettilinei del primo cerchio che racchiude la città. Infine, nel 1806, Napoleone decise di modernizzare questa "macchina da guerra", e una delle prime misure adottate per "portare Palmanova fino ad oggi" è stato quello di radere al suolo i tre villaggi vicini e sotto la supervisione di Chasseloup, vengono iniziati i lavori per il terzo cerchio di difesa. La città circondata da questi tre cerchi di difesa, presenta una struttura perfettamente geometrica attorno ad una grande piazza esagonale; tutti gli edifici principali della città si affacciano sulla piazza, in particolare il Palazzo del Provveditore Generale, costruito nel 1598 per il delegato della Serenissima. Sei strade si diramano dalla piazza, tre dei quali (Borgo Udine, Cividale e Aquileia), portano a una porta della città. (fonte: UNESCO)

VAL RESIAPARCO NATURALE PREALPI GIULIE

foto: Marco Di Lenardo

Il Parco naturale regionale delle Prealpi Giulie è stato istituito nel 1996, si estende su poco meno di 100 km2 compresi nel territorio dei comuni di Chiusaforte, Lusevera, Moggio Udinese, Resia, Resiutta e Venzone in provincia di Udine. Include le parti più elevate delle catene del Monte Plauris (m 1958), dei Monti Musi (m 1869) e del Monte Canin (m 2587), scendendo di quota solo in corrispondenza della frazione di Povici a Resiutta e nella Valle del Torrente Mea a Lusevera. La specificità della zona è determinata dal contatto di tre aree biogeografiche diverse, mediterranea, illirica ed alpina, che concorrono a determinare una straordinaria biodiversità. (fonte: www.parcoprealpigiulie.org)

La vallata ha testimonianze di insediamenti romani e pre-romani risalenti al VII sec. di popolazioni di ceppo linguistico slavofono giunte in Italia al seguito degli Avari e dei Longobardi. Resia fu soggetta alla giurisdizione dell'Abbazia di Moggio e ne seguì le vicende nel corso dei secoli; ebbe importanza sotto il dominio veneziano per la difesa delle selle di Carnizza e di Guarda di collegamento con la valle dell'Isonzo e quindi la Slovenia. Nella vallata ci fu la presenza di una guarnigione militare con fortificazioni a Stolvizza e a San Giorgio.Da un punto di vista geografico la valle è chiusa fra i Monti Musi e il massiccio del Canin, all'inizio stretta fra ripidi pendii si apre poi in un suggestivo paesaggio.La Val Resia è un'isola linguistica e di tradizioni molto importante; la lingua resiana, ancora oggi oggetto di studio, è un insieme di diverse declinazioni, le tradizioni locali raccolgono canti e balli, cerimonie conservate dall'isolamento della valle e tramandate da una comunità che in esse ha conservato la sua identità fortemente territoriale.Va ricordato che i resiani non si riconoscono nella minoranza slovena alla quale li fa appartenere la legge nazionale 38/2001 sulle minoranze linguistiche e da sempre difendono strenuamente la loro lingua e la propria identità anche grazie all'attività di circoli culturali, gruppi e comitati che, nei vari settori, propongono molte iniziative e progetti.

Sella Carnizza – foto: Marco Di Lenardo

Arrotino – foto: Marco Di Lenardo

Ecomuseo Val Resia

L'Ecomuseo Val Resia è principalmente un insieme di sentieri fisici e culturali da percorrere con il corpo e con la mente per "esplorare" la valle, raggiungere i suoi luoghi più caratteristici e comprendere sia l'essenza di ognuno di essi che la storia naturale e umana di Resia e delle genti che qui hanno vissuto e ancora vivono. Lungo ogni via la segnaletica, con le sue forme ben individuabili e i suoi testi, guida l'escursionista nel suo camminare "dentro" la valle, non solo con il corpo ma anche con il cuore.E poi c'è la musica: poche note tramandate dalla memoria ma suonate con maestria e semplicità con la zitira e la bunkula e un batter di piede. Bella musica che ti trascina in un ballo che fa vibrare e sciogliere il tuo essere in una forma di gioia reale. (fonte: Turismo FVG)

Balli resiani – foto: Marco Di Lenardo

foto: Pamela Pielich

L'aglio di ResiaSlow Food FVG, con il Comune di Resia e il Parco Naturale delle Prealpi Giulie,hanno avviato un progetto di valorizzazione dell’aglio locale che è di grande qualità, molto aromatico, con bulbi piccolini a tunica rossastra, ognuno dei quali ha 6/8 spicchi, ed è privo di spicchi centrali. Lo strok è particolarmente adatto alla produzione di salumi perché è dolce, privo dell’aroma a volte acre delle varietà più comuni. Le coltivazioni della vallata sono naturali, la concimazione avviene con letame bovino e solo raramente servono trattamenti antiparassitari. Il Presidio è nato per valorizzare questo piccolo patrimonio di biodiversità: l’unica strada possibile per dare un futuro alla comunità resiana, per evitare l’emigrazione dei suoi abitanti alla ricerca di un lavoro. (fonte: Slow Food FVG)

CIVIDALE

Cividale del Friuli fa parte del sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)”, patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 2011, che comprende le più importanti testimonianze monumentali Longobarde esistenti sul territorio italiano.I siti individuati sono testimonianza dell'alto livello cui giunsero i Longobardi, popolo che arrivò dal Nord Europa e sviluppò la propria cultura specifica in Italia, dove hanno governato vasti territori fra il VI sec e VIII sec. La sintesi di stili architettonici, attuata dai Longobardi, ha segnato il passaggio dall'antichità al Medioevo europeo, attingendo al patrimonio di Roma antica, alla spiritualità cristiana, all'influenza bizantina e germanica del nord Europa. Viene confermato l'importante ruolo dei Longobardi nello sviluppo spirituale e culturale del cristianesimo nel Medioevo europeo, in particolare con il rafforzamento del movimento monastico.A Cividale troviamo il Tempietto Longobardo, uno degli edifici più originali e più noti della tarda età longobarda, i resti del Complesso Episcopale ed il Museo Archeologico Nazionale, dove sono esposti i preziosi corredi delle necropoli longobarde cividalesi.

Forum Iulii (Cividale del Friuli) è stata una delle città minori fondate dai Romani ai margini della colonia di Aquileia nell'espansione verso le regioni alpine ad est delle Alpi verso i Balcani.La città sorge su una terrazza naturale del fiume Natisone, tra la pianura e la zona pre-alpina, lungo quello che già in età protostorica era un percorso che collegava il bacino del Danubio al mare. Situata in una posizione strategica molto importante fu probabilmente fortificata dai Romani, nel periodo tardo-repubblicano, con una poderosa cinta muraria, in parte conservata. Le prove documentali dimostrano che la città, fondata da Cesar (56-50 a.C.), gode di autonomia amministrativa a partire dal 49 a.C. ed è riconosciuta come municipium, iscritto nel X Regio e assegnato alla tribù Scaptia.Allo stesso periodo delle mura risale la costruzione di un ponte sopra l'abisso, o forra, del Natisone secondo un allineamento con l'asse nord-sud della città verso Aquileia, il cardo maximus, oggi via Paolino d'Aquileia e Corso Mazzini.

La città si sviluppò rapidamente durante il periodo tardo-antico, grazie al suo ruolo strategico nella difesa di frontiera. Durante la seconda metà del IV sec. Cividale sostituisce Aquileia come sede del Corrector, governatore della provincia nord-orientale. Durante questo periodo, la zona abitata rimane nel perimetro del vecchio municipio, chiuso dalle mura tardo-repubblicana rafforzate e migliorate nel corso del V e VI sec.Nel 568 i Longobardi scesero in Italia e conquistarono Forum Iulii.Re Alboino lascia la città a suo nipote Gisulfo, che governa su un ducato comprendente anche i quattro municipi romani (Aquileia, Concordia, Iulium Carnicum e Forum Iulii) che corrispondo, più o meno, al moderno Friuli.Cividale deve essere apparsa ai Longobardi come un castello ben fortificato, le antiche mura infatti hanno permesso alla città di resistere subendo la sola conquista longobarda e in seguito il sacco degli Avari del 610, anche se frutto di di uno stratagemma.Durante il regno del duca Pemmon e di suo figlio Ratchis, nel VIII sec., Cividale conobbe un periodo di notevole sviluppo architettonico e artistico, inoltre, Callisto, il patriarca di Aquileia, trasferì la sua sede in un imponente palazzo a nord-est della Basilica di Santa Maria Assunta.(fonte: UNESCO)

GROTTE DI VILLANOVA

Cripta indiana – foto: S-Team

Il sistema di grotte di Villanova, è caratterizzato dalla Grotta Nuova, scoperta nel 1925, il cui tratto iniziale fu aperto al pubblico con lo scavo di una galleria artificiale; l'ingresso turistico fu inaugurato nel 1984 e permette un accesso più agevole ai tratti più suggestivi. E' la più estesa "grotta di contatto" (formata tra due diversi tipi di roccia) finora conosciuta in Europa, unica nel suo genere ad essere attrezzata per il turismo ipogeo. (fonte: www.grottedivillanova.it )