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FATICA TEORIA E APPLICAZIONI Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine 1

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FATICA

TEORIA E APPLICAZIONI

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

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Definizioni

La fatica è il complesso dei fenomeni per cui un elemento strutturale, soggetto a sollecitazioni cicliche, mostra una resistenza inferiore a quella rilevata nelle prove con sollecitazioni statiche.

Il carico che provoca la rottura dipende da molti parametri:finitura superficiale, forma dimensione, ambiente, tipo di sollecitazio-ne, forma del ciclo e numero di cicli

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Tipi di Fatica

1) Fatica meccanica (dovuta alle fluattuazioni degli sforzi e delle deformazioni applicate)

2) Fatica termo-meccanica (dovuta alle fluattuazioni di temperatura e degli sforzi e delle

deformazioni applicate) 3) Fatica per creep (carichi ciclici ad alte

temperature) 4) Fatica-corrosione (carichi ciclici in ambienti

chimicamente aggressivi o ambienti in grado di indurre infragilimento per basse temperature) 5) Fatica per carichi di contatto tipo

sliding/rolling/fretting (carichi ripetuti in presenza di slittamento, rotolamento, ecc. tra materiali)

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Cronologia

Primi studi sperimentali sulla fatica dei metalli (Albert, 1829)

Studi sperimentali sistematici sulla fatica negli assi di vagoncini ferroviari e introduzione del diagramma S-N(Wöhler, 1852-1869)

Studio dell’influenza dello sforzo medio (Gerber, 1874, Goodman, 1899; Moore, 1915; Kommers, 1926)

Prime interpretazioni del meccanismo di generazione ed evoluzione delle rotture per fatica (Ewing, 1900-1903)

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Cronologia

Studio della frattura nei materiali fragili (Griffith, 1921) Modelli per lo studio del cumulo di fatica (Palmgren, 1924;

Miner, 1945) Effetto di integlio (Neuber, 1946) Studio della fatica in presenza di deformazioni plastiche

(Coffin, 1954; Manson, 1954) Formulazione sistematica della meccanica della frattura

(Irwin, 1957) Relazione tra crescita delle cricche vita a fatica (Paris,

1961; Erdogan, 1963) Studio del problema della crescita delle microcricche di

fatica (Pearson, 1975) Modelli per lo studio sistematico della fatica multiassiale

(oggi)

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Esempio di sollecitazione di fatica

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Cenno storico

Il primo a studiare la fatica fu Wöhler alla metà dell’800 Egli rilevò speri- mentalmente che al crescere del nu- mero di cicli dimi- nuiva il carico di rottura secondo la relazione:

NN c

D

c

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Evoluzione delle rotture

La rottura si origina da difetti dai quali si genera e

si propaga una

cricca finché la

riduzione della

sezione resistente

provoca la rottura

di schianto.

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Meccanismo di formazione

dell’innesco

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La formazione e lo sviluppo delle

rotture per fatica Nucleazione

Propagazione

Rottura di schianto

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La formazione e lo sviluppo delle

rotture per fatica Fase 1-Nucleazione: è la fase più critica della

frattura per fatica ed è la fase attualmente più studiata, in quanto interessa circa l'80% della vita totale del componente.

La nucleazione della cricca avviene per effetto delle variazioni delle tensioni applicate, che applicate a difetti della struttura interna determinano la comparsa di microdiscontinuità che provocano un "danno" locale. L'accumulo di questi micro cambiamenti in seguito ad un più o meno elevato numero di applicazioni di carico, crea un danno cumulativo che genera macro discontinuità le cui dimensioni sono tali da poter dar vita ad una cricca che poi è in condizioni di propagarsi.

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La formazione e lo sviluppo delle

rotture per fatica Fase 2 - Propagazione. La stadio di

propagazione di fatica è la fase in cui la cricca si propaga nel materiale, generalmente lungo una direzione differente rispetto al piano di nucleazione e perpendicolarmente alla direzione della tensione applicata.

E' solitamente la parte meglio leggibile ed identificabile.

Esistono leggi (Paris) che consentono di calcolare, conoscendo la dimensione iniziale della cricca e le caratteristiche del materiale, il numero di cicli per giungere a rottura

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La formazione e lo sviluppo delle

rotture per fatica Fase 3 - Rottura di Schianto. Quando la

propagazione indebolisce la sezione resistente al punto che la superficie residua non è più sufficiente a sopportare il carico massimo applicato , il componente cede di schianto.

La modalità di frattura può essere sia duttile che fragile, dipendentemente dal materiale, dal livello di stress, l'ambiente circostante ecc.

La dimensione, la forma e la localizzazione della rottura sono elementi fondamentali per l'analisi delle cause che hanno portato al collasso l’elemento. “Leggere” una rottura di fatica è essenziale per evitare il ripetersi del fenomeno.

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CARATTERISTICHE DELLA FRATTURA

PER FATICA

L'aspetto microscopico di una frattura è transgranulare ed è a livello macroscopico piatta e regolare.

Nella porzione di sezione sede della propagazione vi è la presenza di una serie di striature. Infatti, ad ogni ciclo, per effetto della trazione, la cricca si propaga generando al suo apice una zona, di modeste dimensioni, di deformazioni plastiche. Queste sono la causa, sulle superfici di frattura, di piccole rughe o avvallamenti. Il passo tra due striature consecutive è piccolo nella fase iniziale (la cricca si propaga lentamente) e aumenta quando la riduzione dell’area resistente fa aumentare lo sforzo applicato (la cricca si propaga velocemente).

Le striature sono anche dette “linee di arresto” della frattura quando coincidono con una fase di arresto nella propagazione; in tal caso le deformazioni plastiche sono più rilevanti in quanto il materiale per continuare la propagazione ha accumulato più energia.

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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CARATTERISTICHE DELLA FRATTURA

PER FATICA

Mancanza di deformazione plastica nella zona di propagazione.

Dato che l'innesco di una frattura per fatica non richiede uno sforzo elevato, la deformazione plastica è presente solo all’apice della cricca in una zona di estensione modesta.

Le deformazioni plastiche sono quindi presenti solo nella zona di rottura finale di schianto, dove il meccanismo di rottura è analogo a quello che si verifica nella parte finale di una prova statica. In questa zona l’entità delle deformazioni dipende dalla duttilità o fragilità del materiale.

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

Ratchet Marks Sulla superficie di frattura sono presenti anche altri segni, detti "Ratchet Marks" che hanno direzione radiale con centro nell’origine o innesco della rottura. Essi hanno quindi l’andamento della propagazione della cricca.

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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Danneggiamento progressivo

E’ possibile evidenziare il danneggiamento progressivo della struttura interna del materiale rilevando le linee di scorrimento presenti nei grani cristallini all’aumentare dei cicli.

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE

DELLA FRATTURA PER FATICA

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CARATTERISTICHE DELLA FRATTURA

PER FATICA

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CARATTERISTICHE DELLA FRATTURA

PER FATICA

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CARATTERISTICHE DELLA FRATTURA

PER FATICA

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EFFETTI DELLA FRATTURA PER FATICA

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EFFETTI DELLA FRATTURA PER FATICA

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EFFETTI DELLA FRATTURA PER FATICA

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EFFETTI DELLA FRATTURA PER FATICA

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EFFETTI DELLA FRATTURA PER FATICA

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EFFETTI DELLA FRATTURA PER FATICA

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Tipi di cicli di sollecitazione

max, min Valori massimo e minimo dello sforzo durante il ciclo

m = (max + min)/2 Valore medio dello sforzo durante il ciclo

a = (max - min )/2 Semiampiezza del ciclo

D 2· a Ampiezza del ciclo [1]

K = min/max Rapporto di variazione degli sforzi

[1] In alcuni testi il significato attribuito a a e D è invertito rispetto a quello qui definito

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Caratteristiche dei cicli

L’andamento temporale degli sforzi fin qui esaminato, è fondato su alcune ipotesi che raramente sono verificate nella realtà: • la frequenza della

sollecitazione applicata è costante nel tempo;

• l’ampiezza degli sforzi è costante nel tempo;

• lo sforzo medio è costante nel tempo.

Nella realtà, intervengono tutta una serie di variazioni, anche assai piccole, che portano i cicli di sollecitazione ad avere un andamento assai tormentato

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Regola del serbatoio Isolato un gruppo

completo di sollecitazioni compreso tra 2 valori massimi si immagina che esso sia un bacino idrico colmo di acqua Lo svuotamento di tale bacino si ottiene praticando 3 fori (in B, D ed F). in tal modo risultano definiti i seguenti cicli: • ciclo 1: da A a B • ciclo 2: da C a D • ciclo 3: da E a F

Questa regola verrà applicata una volta definita la legge di accumulo del danno di fatica

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PROVE DI FATICA

La resistenza a fatica deve essere determinata mediante prove.

Per quanto riguarda le macchine di prova esse possono essere classificate in base alla sollecitazione, che può essere, di solito:

a) Flessione

b) Forza Normale

c) Torsione

d) Sollecitazione multiassiale

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PROVE DI FATICA

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Macchine per prove di fatica

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PROVE DI FATICA

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PROVE DI FATICA a) si compiono alcune prove orientative su un modesto numero di provini per determinare, per un certo numero di valori dello sforzo agente, l’ordine di grandezza del numero di cicli a rottura; b) si suddividono, i provini in gruppi di consistenza tale da avere significatività statistica, un gruppo per ciascun valore dello sforzo agente; c) ciascun gruppo viene sollecitato al livello di sforzo stabilito considerando i dati ricavati al p.to a); si registrano quindi i cicli di rottura per ciascun provino.

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Resistenza a fatica Materiale R (Mpa) LA (Mpa) K*

C 16 700 270 0.38

C 20 450 230 0.51

C 40 710 280 0.39

C 60 850 320 0.38

40 NiCrMo7 1000 550 0.55

X 12 CrNi 188 550 200 0.36

Fe 360 360 180 0.50

Fe 430 420 210 0.50

T1 – A 830 480 0.58

G 15 150 70 0.47

G 25 250 120 0.48

Ottone 90/10 520 160 0.310

Bronzo (95/5) 330 180 0.54

Cuproberillio 140 380 0.27

Avional 420 130 0.31

Silumin 220 75 0.34

Ti Al 6 V4 1000 590 0.59

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DIAGRAMMI DI FATICA

WÖHLER a

m·N = cost

= R N = 8·103 cicli

= LA N = 2·106 cicli

1

36

loglog

108log102log

DRm

m = 7.97 se R/D-1 = 2

m’ = m + (m²+1)

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DIAGRAMMI DI FATICA

GOODMAN SMITH

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DIAGRAMMI DI FATICA

SODERBERG

S

mLA

1

R

mLA

1

2

1R

mLA

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DIAGRAMMI DI FATICA

MOORE – KOMMER - JASPERS

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CUMULO DI FATICA

Il ciclo di sollecitazione fin qui impiegato è quello sinusoidale caratterizzato da un unico valore di m e a . Le sollecitazioni reali sono di natura più complessa. Con la regola del serbatoio si è definita una metodologia semplificata per associare ad una certa storia temporale del carico un certo numero di cicli elementari.

E’ necessario ora sviluppare una teoria che consenta di valutare il processo di accumulazione del danneggiamento conseguente a cicli di sollecitazione diversi ovvero un criterio di sommabilità.

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CUMULO DI FATICA

La teoria di Palmgren-Miner si basa sull’ipotesi dell’accumulazione lineare degli effetti della fatica.

Definiamo: 1 N1 2 N2

N numero di cicli limite

n numero di cicli applicati

Si definisce il danneggiamento come il rapporto n/N

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CUMULO DI FATICA

(N1-n1)/N1 = n2/N2

n1/N1 + n2/N2 = 1

ni/Ni = 1

Sperimentalmente si ha

ni/Ni = 0.72.2

Resistenza residua Danneggiamento del secondo ciclo

Regola di Miner per 2 cicli

Regola di Miner generalizzata

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CUMULO DI FATICA

Detti quindi i, ni, Ni le caratteristiche dell’-iesimo ciclo e pi la sua percentuale di applicazione rispetto al totale è possibile definire un ciclo di sollecitazione equivalente tale che sia e, ne, Ne e pe=1 (cioè applicazione per il 100% della vita.

Utilizzando l’ipotesi di Miner e l’espressione della curva di Wöhler è possibile scrivere, qualora il rapporto K= min/max sia lo stesso per tutti i cicli,

m·N = C ni· i

m /C = ne· em /C

dove C è la costante della curva di Wöhler.

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CUMULO DI FATICA Assumendo che ni = ne e ricordando che pi = ni / ni = ni/ ne

si ottiene in definitiva e = [ pi· i

m]1/m

che consente di calcolare lo sforzo equivalente al sistema di carichi complesso effettivamente agente. L’ espressione trovata non può essere utilizzata qualora il rapporto K= min/max sia diverso per i vari i cicli, in quanto, in tal caso, l’ esponente della curva di Wöhler non è lo stesso per tutti i cicli.

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Parametri che influenzano la fatica

I parametri di cui è necessario tener conto sono: • finitura superficiale • dimensioni • corrosione • forma • tipo di sollecitazione agente • ciclo di sollecitazione • frequenza del carico • temperatura • effetto delle tensioni residue • presenza di saldature • stati di sollecitazione multiassiali

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Finitura superficiale KI = Resistenza del provino lucidato/ Resistenza del provino con Ra

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Effetto scala Kd = Resistenza del provino con d= 10 mm/Resistenza del pezzo reale

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Corrosione Kc = Resistenza in ambiente neutro/Resistenza nell’ ambiente reale

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Forma Kt = max/nom

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Forma

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Forma e Fatica

Il meccanismo di ridistribuzione delle tensioni, efficace nelle sollecitazioni statiche, non avviene completamente per la sollecitazione di fatica su materiali duttili; ciò porta ad un apparente “infragilimento” del materiale, tanto che per molto tempo si è parlato di rottura fragile per quanto riguarda la fatica.

b) La vita a fatica è influenzata dalla velocità di crescita della cricca iniziale; quest’ultima è sicuramente governata anche dal gradiente delle tensioni presenti; tale fatto fornisce, almeno dal punto di vista qualitativo, una spiegazione al risultato per cui Kf < Kt

In altri termini è sempre verificato che 1 < Kf < Kt

Kf = Resistenza senza intaglio/Resistenza con intaglio.

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Forma e Fatica

La metodologia più diffusa per il calcolo di Kf è fondata sulla definizione di un ulteriore parametro, detto “fattore di sensibilità all’intaglio”, pari a

q = (Kf - 1)/( Kt –1)

Per le considerazioni prima svolte tale parametro risulta compreso tra 0 e 1

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Forma e Fatica

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Forma e Fatica

Un’espressione per il calcolo di q è fornita dalla norma UNI 7670:

q = 1/(1+a/r)

dove r è il raggio caratteristico dell’intaglio e a assume i valori diversi in funzione del carico di rottura del materiale.

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Forma e Fatica

La formulazione riportata è stata introdotta da Neuber ed è adatta per gli acciai.

Per ogni tipo di materiale si può utilizzare q = 1 + p/(p-a)·(rn/r) dove è a è l’angolo dell’intaglio al fondo

gola e rn = 0.2·(1-R/S)³·(1-0.05/d) essendo d la dimensione minima del

provino e R, S rispettivamente il carico di rottura e di snervamento del materiale.

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Forma e Fatica

Esistono molte altre formule analoghe; una particolare menzione merita quella di Petersen che introduce, nella formulazione del Kf, il gradiente della tensione. In questo

modo si evidenzia che il problema è un problema di campo e non di punto.

Kf = Kt /[ik + (K1·c) dove c è il gradiente delle tensioni Il parametro ik è funzione della duttilità del materiale K1 dipende dalla durezza superficiale secondo la relazione K1 = (40/HV)²

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Tipo di sollecitazione

La resistenza a fatica dipende fortemente dal tipo di sollecitazione agente sul pezzo e che provoca una determinata distribuzione di sforzi nel materiale.

Si definisce di solito il parametro

KT = Resistenza alla sollecitazione agente/resistenza alla flessione rotante

Esso assume i seguenti valori

KT = 0.8 per trazione/compressione

KT = 0.577 per sforzo tangenziale

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Influenza della tensione media

Sulla base dei risultati sperimentali a parità di sforzo alternato, una tensione media di compressione ostacola la propagazione delle fessure.

Una tensione media di trazione, invece, facilita la propagazione delle fratture e abbrevia, quindi, la vita utile del pezzo, diminuendone la resistenza.

Se le stesse considerazioni vengono svolte a parità di tensione massima (max = m + A) è evidente che una variazione della tensione media deve essere accompagnata da una variazione uguale e contraria della componente alternata.

I risultati sperimentali mettono in evidenza che il caso peggiore, dal punto di vista della resistenza, è quello con tensione media nulla e sforzo puramente alternato. Infatti partendo da questa condizione e aumentando la tensione media, sia nel verso della compressione e sia nel verso della trazione, la resistenza aumenta.

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Influenza della tensione media

La norma UNI 7670 suggerisce di utilizzare il fattore Kk definito come

Kk = Resistenza al ciclo reale/Resistenza al ciclo alterno simmetrico

Kk = 5/(3-2·k) per -1 k <0 Kk = 5/3/[1-(1-5/3·sf/R)·k] per 0 k 1 k = min/ max f = D-1/(Kf· Kd· KI· KC) Tensione limite del pezzo reale al

ciclo alterno, tenendo conto di forma, dimensioni, finitura superficiale e corrosione.

E’ da notare che la tensione corretta mediante il fattore Kk è quella che deve essere impiegata per il calcolo dell’ esponente m della curva di fatica sul diagramma di Wohler.

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Influenza della frequenza del carico

La frequenza del ciclo di carico agente influenza la resistenza a fatica.

Si passa infatti dal caso quasi statico che evidenzia risultati simili a quelli ottenibili per le prove statiche, ad una prima forte riduzione della resistenza per frequenze basse.

Poi la resistenza si stabilizza rimanendo costante nel campo 1-80 Hz.

Successivamente si ha il manifestarsi progressivo del fenomeno dell’isteresi del materiale(omportamento viscoelastico), che provoca un riscaldamento con la riduzione della resistenza del materiale nel campo di frequenze superiore a 80 Hz.

Nel campo di frequenze superiore a 150 Hz si ha viceversa il manifestarsi del fenomeno per cui le tensioni interne del materiale seguono con un certo ritardo la sollecitazione esterna causando un apparente aumento della resistenza a fatica.

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Influenza della temperatura

La temperatura influenza in modo variabile la resistenza a fatica a seconda del materiale e del campo di temperatura.

Per un materiale duttile la diminuzione della temperatura al di sotto di quella ambiente provoca un aumento della resistenza finché non si giunge alla temperatura di transizione tra comportamento duttile e fragile, al di sotto della quale la resistenza a fatica diminuisce.

L’aumento della temperatura al di sopra di quella ambiente provoca invece una diminuzione della resistenza a fatica.

E’ da notare che al di sopra della temperatura pari a circa 0,4 della temperatura di fusione, diventano significativi i fenomeni di scorrimento viscoso e quindi si deve parlare non solo di fatica ma di sovrapposizione dei due fenomeni.

Per conoscere la resistenza a fatica si deve fare riferimento a risultati sperimentali. Si è soliti, inoltre, assumere che nel campo 0-200°C, per gli acciai, non vi siano effetti importanti della temperatura sulla resistenza a fatica.

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Influenza delle tensioni residue

In generale gli stati residui di tensione di trazione peggiorano la resistenza in quanto provocano l’apertura delle fessure e ne accelerano la propagazione. Quelli di compressione, provocano la chiusura delle fratture e migliorano la resistenza a fatica.

Quest’ultimo fatto può essere vantaggiosamente utilizzato per migliorare la resistenza specie, ad esempio, in corrispondenza di concentrazioni di tensioni. Si usano a tale scopo i trattamenti di pallinatura o di rullatura

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Influenza delle tensioni residue

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Influenza delle saldature

La presenza di un giunto saldato, come per le sollecitazioni statiche, provoca in generale alcuni effetti non trascurabili sulla resistenza a fatica di un elemento:

a) il giunto saldato è una discontinuità nelle proprietà metallurgiche del materiale;

b) il giunto è, senza dubbio, una discontinuità di forma che genera concentrazioni di tensione nel campo tensionale presente;

c) il giunto può essere, per la presenza di difetti strutturali, l’innesco per la generazione e propagazione di una fessura di fatica.

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Influenza delle saldature

La discontinuità delle proprietà metallurgiche deriva dal fatto che queste variano passando dalla zona non perturbata dal processo di saldatura alla zona termicamente alterata (ZTA) e alla zona saldata.

Il riscaldamento differenziale del giunto, durante la fase di deposito del materiale d’apporto o di generazione della zona fusa, provoca un campo di tensione residue che si somma a quello proveniente dai carichi esterni.

In certi casi un trattamento termico, opportunamente eseguito, può ridurre la differenziazione.

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Influenza delle saldature

Il giunto è comunque una singolarità di forma che provoca concentrazioni di tensione.

Si possono definire due contributi fondamentali uno locale ed uno globale.

Il primo deriva dalla forma effettiva del cordone di saldatura e corrisponde, di solito, ad un intaglio acuto con raggio di fondo gola molto piccolo e angolo di apertura dell’intaglio generalmente ampio.

Il secondo contributo deriva dalla posizione del giunto saldato nella struttura nel suo insieme e corrisponde alla variazione nelle linee di forza conseguenti al fatto che il collegamento non è esteso a tutti gli elementi ma è circoscritto ad una piccola zona di essi. (si pensi al caso di un giunto a semplice sovrapposizione o quello di un giunto saldato a tratti).

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Influenza delle saldature

I difetti interni sono particolarmente pericolosi perché si verificano in una zona di concentrazione delle tensioni e costituiscono dei veri e propri inneschi a rottura, là dove l’arresto della propagazione della fessura di fatica è assai improbabile.

La presenza di difetti quali soffiature, inclusioni, cavità, zone di mancata fusione, costituisce quindi un possibile innesco per la rottura per fatica e va quindi accuratamente evitata utilizzando la maggior cura possibile riguardo all’uso di procedimenti di saldatura controllati e qualificati, l’impiego di saldatori qualificati e l’uso di sistemi di controllo precisi ed estensivi.

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Influenza delle saldature

La resistenza a fatica dipende essenzialmente dalla forma del giunto, definendo in tal modo una riduzione di resistenza rispetto al materiale base distinta per ogni tipo di giunto. Essa dipende, inoltre, fortemente dalle dimensioni del giunto.

Il primo effetto può essere spiegato in termini di diversa concentrazione delle tensioni di tipo globale. Infatti se la concentrazione delle tensioni locale altera il campo tensionale e quindi il valore massimo della tensione presente, la concentrazione globale esprime il “modo di lavorare” dell’elemento strutturale e perciò influenza il calcolo della tensione nominale.

Il primo effetto è praticamente costante per tutti i tipi di giunto saldato mentre il secondo permette di distinguere la resistenza dei diversi tipi di giunto.

La prova che questa interpretazione è corretta risiede nella constatazione sperimentale che, sul diagramma di Wöhler, le curve relative a diversi tipi di giunto sono tutte parallele senza convergere in un unico punto, come deve essere per elementi soggetti a diverso valore della tensione nominale e affetti dalla stessa concentrazione di tensione.

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Influenza delle saldature

L’effetto della dimensione è spiegabile invece, oltre che con le usuali motivazioni già evidenziate nello studio generale della fatica, anche con il fatto che essendo il raggio di fondo gola dell’intaglio costituito dal giunto, praticamente costante, il rapporto dimensionale caratteristico, raggio/spessore, diminuisce e quindi peggiora all’aumentare dello spessore.

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Influenza delle saldature

Si può quindi proporre, in stretta analogia con quanto fatto per gli altri parametri fin qui esaminati, l’ introduzione di un fattore riduttivo definito come

Kw = Resistenza della saldatura/Resistenza del materiale base

Da un punto di vista teorico si dovrebbero introdurre due fattori: uno per la diminuzione di resistenza dovuto alla variazione di proprietà metallurgiche e uno dovuto alla concentrazione di tensione. In realtà non è possibile dividere agevolmente i due effetti e quindi si preferisce usare un solo fattore che ingloba entrambi gli effetti.

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DESCRIZIONE Kw Valido per acciai da costruzione

Giunto a piena penetrazione, eseguito automaticamente, esente da difetti e senza riprese; sollecitato secondo l’ asse del giunto 0.88

Stesso giunto con saldatura manuale o automatica di normale fattura, sollecitato secondo l’ asse del giunto 0.70

Stesso giunto con saldatura manuale, sollecitato secondo l’ asse del giunto 0.63

Saldatura a penetrazione parziale da una sola parte con o senza piatto di sostegno, sollecitato secondo l’ asse del giunto 0.63

Saldatura a piena penetrazione, eventuale variazione di spessore con pendenza <1:4, sovraspessore asportato, esente da difetti,

sollecitata perpendicolarmente all’ asse del giunto

0.78

Saldatura a piena penetrazione, eventuale variazione di spessore graduale, sovraspessore non superiore al 10% della larghezza,

sollecitata perpendicolarmente all’ asse del giunto

0.56

Saldatura a piena penetrazione, sovraspessore superiore al 10% della larghezza, sollecitata perpendicolarmente all’ asse del giunto 0.50

Saldatura eseguita da un solo lato su piatto di sostegno, sollecitata perpendicolarmente all’ asse del giunto 0.44

Estremità di irrigidimenti longitudinali, sollecitato secondo l’ asse del giunto 0.50 per l< 50 mm

0.44 per l< 100 mm

0.35 per l> 100 mm

Irrigidimenti trasversali, disallineamento < 15%, sollecitati perpendicolarmente all’ asse del giunto 0.50 per t< 12 mm

0.44 per > 12 mm

Giunto a croce a piena penetrazione, disallineamento < 15%, sollecitato perpendicolarmente all’ asse del giunto 0.44

Giunto a croce con cordoni d’ angolo, con gola con resistenza superiore alla lamiera, disallineamento < 15%, sollecitato

perpendicolarmente all’ asse del giunto

0.39

Giunto a croce con cordoni d’ angolo, disallineamento < 15%, con gola con resistenza inferiore alla lamiera, sollecitato

perpendicolarmente all’ asse del giunto

0.25

Estremità di elementi saldati a sovrapposizione, saldatura con resistenza tale da provocare la rottura negli elementi a sovrapposizione,

sollecitato secondo l’ asse del giunto

0.31

Estremità di elementi saldati a sovrapposizione, saldatura con resistenza tale da provocare la rottura nella lamiera intermedia,

sollecitato secondo l’ asse del giunto

0.5

Giunzioni a T saldate sollecitate a taglio 0.5

Tubo con saldatura longitudinale, eseguito automaticamente, esente da difetti e senza riprese; sollecitato secondo l’ asse del giunto 0.88

Saldatura di testa trasversale, sollecitato lungo l’ asse del tubo 0.44 sez.circolare

0.35 sez.rettang.

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

84

Stati multiassiali di sollecitazione

Nella realtà gli stati di sollecitazione applicati ai vari pezzi sono complessi ed è pertanto necessario usare un criterio di sovrapposizione per poter valutare il grado di pericolosità dello stato effettivamente agente.

Il problema è del tutto analogo a quello già visto per le sollecitazioni statiche.

Nel caso della fatica si deve però notare che le diverse componenti di tensione possono avere comportamenti diversi rispetto alla resistenza. Per esempio gli alberi sono sollecitati da un carico affaticante, la flessione rotante, e da un momento torcente, derivante dalla trasmissione di potenza, che è spesso costante.

Anche per la fatica le ipotesi di rottura maggiormente impiegate sono quelle della massima tensione normale, per i materiali fragili, e quelle della massima tensione tangenziale e di Von Mises per i materiali duttili.

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

85

Stati multiassiali di sollecitazione

1

piano stato uno ad andogeneralizz e 1

pongo se

generica Ip.

Distors. di EnergiaMax o MisesVon Ip. 3

le tangenziaTensioneMax Ip. 4

2

,,

2

,

2

,

22

2

222

22

22

LimLimyLimx

yx

Limy

y

Limx

x

LimLim

Limid

Lim

Lim

id

id

id

a

a

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

86

Fatica superficiale

La maggior parte degli elementi meccanici si trasmette forze per mutuo contatto.

Quando il valore del carico è variabile nel tempo si genera un fenomeno di fatica che può portare rapidamente alla rottura superficiale dell’elemento.

Questo evento è assai pericoloso perché per la maggior parte delle volte gli elementi in contatto (ruote dentate, cammes, cuscinetti) funzionano finché la superficie rimane intatta, in quanto essa assicura il corretto accoppiamento cinematico tra gli elementi.

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

87

Fatica superficiale

Il danneggiamento da fatica superficiale si manifesta essenzialmente in due maniere diverse: la vaiolatura (ingl. “pitting”) e la sfogliatura (ingl. “spalling”).

Nel primo caso si formano una serie di crateri superficiali mentre nel secondo si ha una vera e propria sfogliatura a scaglie della superficie.

La vaiolatura ha origine da piccole fessure originate sulla superficie di contatto mentre la sfogliatura è innescata da fessure poste sotto la superficie.

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

88

Fatica superficiale

Esempi di pitting

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

89

Fatica superficiale

Esempi di spalling

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

90

Fatica superficiale

Il fenomeno è profondamente influenzato da numerosi parametri quali la pressione di contatto, le caratteristiche del materiale, la velocità di strisciamento, la finitura delle superficie, la lubrificazione e le temperatura.

In generale la resistenza alla fatica superficiale dipende dalla durezza superficiale.

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

91

Calcolo dello sforzo ammissibile

Per calcolare lo sforzo ammissibile rispetto ad una sollecitazione di fatica applicheremo quanto fin qui studiato.

In particolare è necessario adeguare i valori sperimentali ottenuti in condizioni di riferimento alle effettive condizioni di lavoro

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

92

Calcolo dello sforzo ammissibile

K

Ifdc

Dd K

KKKK

1

DRc

loglog

108log102log 36

max

min

10

3

5

11

3

5

0k1- 23

5

k

k

kR

K

kK

f

K

K

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

93

Effetto della finitura

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

94

Effetto della corrosione

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

95

Effetto delle dimensioni

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

96

Effetto della concentrazione di

tensione

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

97

Effetto della concentrazione di

tensione

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

98

Effetto della concentrazione di

tensione

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

99

Calcolo della tensione ammissibile

k

nTK

Ifdc

Daf KKK

KKKK

11

11'

102N 102

102N 102

2

6

'/16

6

/16

cc

NK

NK

c

n

c

n

Fatica Elementi Costruttivi delle Macchine

100

Stati multiassiali

2

2

,,,

2

,

2

,

1,1

kLxy

xy

LyLx

yx

Ly

y

Lx

x

nTK

Ifdc

DL KKK

KKKK

1