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LE OPERE IN GESSO DELL’ARTISTA TRENTINO A PALAZZO THUN. SUE MOLTE SCULTURE DELLA CITTÀ

La gipsoteca di Andrea Malfatti in mostra a Trento

22 maggio 2016

vita trentina20 CULTURA

Le opere del Gruppo Terrae valorizzano l’estetica della natura con rispetto e umiltà, senza mai smarrirne l’anima

appuntamenti musicali cheregolarmente provano ad annullareattraverso le armonie le distanze trapazienti, famiglie, medici e strutturasanitaria. La musica, così come i libri.Così come il giardino, le piante, il verde. Eadesso la “Land art” di “Terrae” che saràinaugurata il 9 giugno.“Terrae” è dunque la scelta artistica di un“ritorno alla natura”. È tutto meno cheintellettualistica contemplazione. Lanatura è per il Gruppo Terrae la bottegadella materialità. Ma anche quelladell’immaterialità. La terra, l’acqua, irami, le foglie e tutto quanto rende ogniluogo un unicum di cicli ripetitivi ma maiuguali a se stessi, possono essere ancheelementi di un’arte solo apparentementeelementare. La “land art” – il terreno cherende fertili le idee di chi vive la naturacon amore e con rispetto – è l’attitudinead un uso artistico di un ambiente chemuta i colori e gli odori, che confonde i

suoi elementi con regole millenariesenza mai smarrire l’anima.Ecco, l’anima. Gli elementi naturali sonosoprattutto anima. L’anima di una vitache nonostante ferite sempre piùnichilistiche resiste, s’adatta,sopravvive. E continua ad insegnare. Unavita, un’anima – quella della natura –che l’uomo può violentare ma che nonpuò interrompere. E l’arte – la “land art”,l’arte della terra, è un modo per costruireun’estetica, un linguaggio denso dirichiami e di suggestioni. Ma in fondoaltro non è – appunto – che rispetto. Eamore.

Un normalissimo quanto ammirevoleatto di onestà manipola quel che lanatura regala ai sentimenti dell’artistasenza tuttavia porsi nemmeno per unattimo l’obiettivo di trasformare lanatura in “altro”. Sudano le installazionidel Gruppo Terrae. Sudano della faticadel taglio e dell’intreccio, del vangare edell’attorcigliare, delle ginocchia in lottacon l’umido e con il duro dello sconnessoe delle schiene che si piegano al peso deitronchi. Ma è un sudore allegro. L’allegriadella condivisione di un impegno cheaccomuna quattro personalità artistichediverse ma all’unisono nell’aspirazione,

nello scopo, nel “metodo”.Giuseppe Dondi, Alberto Larcher, FabioSeppi e Roberto Rossi: ognuno deiquattro artisti vanta un portfoliorispettabile. Ma quando – all’aperto eaperti ad ogni volonterosacollaborazione – i quattro operanoassieme scatta inesorabile un che diinvidiabile. L’arte del Gruppo Terrae èanche gioco – un gioco istruttivo certo –quando chiama a far la loro parte, se nehanno voglia, gli adulti come i bambini,gli indigeni come i “foresti”. E poiconsiderare l’arte come una chiave perrendere meno ostici i rapporti, significaun imperativo: collaborare. E in questosenso i quattro del Terrae sono semprepronti a mettersi a disposizione: dellebuone cause sociali così come lealtrettanto buone cause di giovani artistidisponibili ad uscire dagli studi e dalleaccademie per dedicarsi ai rovi. L’artedella natura. L’arte nella natura. L’arte

che può cambiare aspetto conl’obiettivo di trasformarel’ambiente stesso nel piùeclettico ed imprevedibileartista sulla scena. Se ilmateriale di un’opera “innatura” è la natura stessa si deveaccettare – e nel caso di Terrae siaccetta con gioia e convinzione– l’ineluttabilità delladeperibilità. Le opere della“Land art” sono e devono esseremomenti, non monumenti.Nascono, trasformano e poi sitrasformano con l’incedere delle

stagioni. È arte? È filosofia? È l’una el’altra? Ma no, è umiltà.L’umiltà di chi prova a mettere l’arte alservizio dell’ambiente. E non viceversa.L’umiltà di chi all’arte – e al processo cheporta all’arte - affida il compito disvegliare attenzioni sopite, riflessioni esentimenti prigionieri delle fretta. L’arte– la “land art” di Alberto, Roberto,Giuseppe e Fabio – è infine una coerenzache può apparire paradosso. Trovi, chi neè capace, altri quattro operai delle formeche godano nel valorizzare più la naturache le custodisce che le opere stesse.

Carmine Ragozzino

“D ai diamanti nonnasce niente, dalletame nascono ifior”. Benedetto De

Andrè. Benedetta la poesia socialeche si fa musica universale perinsegnarci il miracoloso e salvificovocabolario della semplicità. Chissàse i quattro artisti “dei calli e dellemani sporche di terra” - GiuseppeDondi, Alberto Larcher, Fabio Seppi eRoberto Rossi - hanno pensato anchea Faber quando – ormai tre lustri fa –hanno deciso di impastare le lorocompetenze tecniche, la loro amiciziae la reciproca stima, dando vitaall’esperienza - prima umana cheartistica - di “Gruppo Terrae” in AltaValle di Non. Lavorano insieme perdimostrare più che le rispettiveabilità, le singole sensibilità, uncollettivo sentire: dare forma ad unmessaggio, sagomare una speranza.Una speranza che adesso ha presoforma anche all’Ospedale di Bolzano.In un bel giardino pensile – il giardinocollegato al reparto di oncologia – iquattro “artigianartisti” di Terrae –aiutati da Annalisa Covi e da SabineBortolotti - hanno realizzato quattroopere “in natura” per portarebellezza e serenità in un luogo dipreoccupazione e inquietudine. Unluogo – l’oncologico di Bolzano –dove l’arte è anche rodata terapiagrazie alla lungimiranza del primarioClaudio Graiff. È il fautore dei“Donatori di musica”, vale a dire degli

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Il collettivo Terrae:Giuseppe Dondi, FabioSeppi, Roberto Rossi e Alberto Larcher

foto Emma Ragozzino

N ello spazio della Cappella Vantini, aTrento, una raccolta di gessi ci rac-

conta dello scultore trentino AndreaMalfatti che, nell’intento di un continuoperfezionamento, dedicò particolare at-tenzione agli studi preliminari volti allacreazione dell’opera definitiva.Andrea Malfatti (Mori 1832 - Trento1917) dopo aver studiato a Milano al-l’Accademia di Belle Arti di Brera aprì unlaboratorio di scultura del marmo aTrento ove intensamente lavorò realiz-zando decine di statue in marmo e in

bronzo per committenze pubbliche eprivate, partecipando a rinomate espo-sizioni quali quella universale di Parigidel 1878. Sue opere, in città, sono diver-si cenotafi nel Cimitero Monumetale, lefontane del Bacchino, in Piazza Pasi,“dei do castradi” in piazza delle Erbe e ilradicale restauro in quella del Nettunoin Piazza Duomo. Sue sono pure le sta-tue dei Santi Pietro e Paolo ai lati dell’at-tico della facciata della Chiesa di S. Ma-ria Maggiore o il Busto di Dante Alighie-ri, stabilmente collocato al pian terreno

della Biblioteca comunale. Nel 1874 sitrasferì a Milano ove restò influenzatodall’eredità neoclassica lasciata da Ca-nova e dalle più moderne tendenze rea-liste di quegli anni. La vicinanza allaScuola di Milano; ormai anziano tornò aTrento ove morì nel 1917, peraltro dopoaver offerto al Municipio quanto eraospitato nel suo studio in cambio di unvitalizio. È per questo motivo che la suaricca serie di marmi, gessi, libri, disegnie schizzi sono ancora oggi di proprietàcomunale. Il ricco fondo venne una pri-

ma volta valorizzato solo nel 2004,a Palazzo delle Albere, nell’ambitodella mostra “Il Secolo dell’Impe-ro”. A distanza di dodici anni, conl’intento di valorizzare ulterior-mente questo artista locale dallacarriera di primo piano ma la cuiattività risulta immotivatamente ancorapoco nota, alcune decine di opere ingesso e marmo sono suggestivamenteesposte a Trento in Cappella Vantini (pa-lazzo Thun, via Orne 1, fino al 3 luglio,tutti i giorni ad esclusione del lunedì,

dalle 10 alle 18). L’esposizione, acura dell’architetto Michelangelo

Lupo con la collaborazione delMart, è stata organizzata dal Servi-zio Cultura, turismo e politiche gio-vanili. Sono in programma visiteguidate gratuite tutti i giovedì dalle

ore 15. Il visitatore apprezzerà l’abilitàscultorea del Malfatti nel trattare i mate-riali, in particolare nell’accostamentotra la levigatezza delle carni e la resamovimentata e tattile delle altre super-fici. Pietro Marsilli