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Sommario __________________________________________________________________________________________________________________________
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UUNNIIVVEERRSSIITTÀÀ DDEEGGLLII SSTTUUDDII DDII BBAARRII
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NNOOSSTTRREE EESSPPEERRIIEENNZZEE
RELATORE: Chiar.mo Prof. Nicola RIGILLO CORRELATORE: Chiar.mo Prof. Lucio ARMENIO
LAUREANDA: Maria Domenica CAZZATO
AANNNNOO AACCCCAADDEEMMIICCOO 22000000 -- 22000011
Sommario __________________________________________________________________________________________________________________________
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SOMMARIO Capitolo 1: Introduzione................................................................1
Capitolo 2: Complicanze polmonari e infezione da cepacia...... 11
Capitolo 3: Studio delle condizioni predisponenti l’infezione... 24
Capitolo 4: Conclusioni.............................................................. 39
Bibliografia................................................................................. 45
Capitolo1° Introduzione __________________________________________________________________________________________________________________________
1
Capitolo 1
INTRODUZIONE
1.1. DEFINIZIONE DELLA MALATTIA
La Fibrosi Cistica è una malattia ereditaria, trasmessa come
tratto autosomico recessivo, cronica ed evolutiva, ad espressività
variabile.
Da questa pur breve definizione è già possibile cogliere diversi
importanti aspetti della malattia:
1) è una malattia ereditaria: questo significa che si nasce già
malati di fibrosi cistica e non è possibile la guarigione, a
meno di modificare l’assetto genetico. Pertanto è cronica
e progressiva negli anni.
2) Autosomica recessiva: il malato è, quindi, o un
omozigote, nato da due soggetti eterozigoti, portatori
entrambi del tutto asintomatici della stessa mutazione
Capitolo1° Introduzione __________________________________________________________________________________________________________________________
2
genetica, o doppio eterozigote, con due differenti
mutazioni sui due cromosomi parentali.
Figura 1 - Schema di trasmissione ereditaria della F.C.1 3) non tutti i soggetti presentano lo stesso quadro clinico: i
tempi e i modi di comparsa dei sintomi e dei segni di
malattia, e la gravità, variano da soggetto a soggetto, e
nello stesso soggetto da organo a organo, con una
evoluzione imprevedibile.
Come altre mutazioni in natura, anche quelle responsabili della
fibrosi cistica si sono selezionate perché rappresentavano un
vantaggio genetico: difatti i portatori resistevano meglio alle
infezioni intestinali, e particolarmente al tifo addominale.
L’incidenza della malattia nella popolazione mondiale è
1 Per gentile concessione del Centro regionale Toscano di Riferimento per la F.C. presso Azienda Ospedaliera Meyer di Firenze.
Capitolo1° Introduzione __________________________________________________________________________________________________________________________
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variabile: rara negli hawaiani e nella razza negra, nei caucasici
è, al contrario, molto frequente (1/3000 nati è colpito dall’
affezione).
Pertanto è doverosa da parte di tutti i medici, e non solo dei
pediatri, la conoscenza della malattia e delle sue complicanze,
nonché della gestione spesso difficile e non gratificante di questi
pazienti.
1.2. ASPETTI BIOCHIMICI
Le mutazioni
coinvolgono tutte il
braccio lungo del
cromosoma 7, dove, in
corrispondenza della
banda q3.1, si trova
espresso un gene di circa
250000 coppie di basi, che
codifica per la proteina
Figura 2 - Cromosoma7 (da “Genetica, P. J. Russell, EdiSES, 1994” modificata).
Capitolo1° Introduzione __________________________________________________________________________________________________________________________
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CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator),
responsabile, come vedremo meglio, del trasporto
transmembrana degli ioni a livello delle cellule epiteliali.
La più frequente, e quella che storicamente è stata individuata
per prima, è la mutazione ∆∆∆∆F508 (delezione di tre nucleotidi in
corrispondenza del codone 508, che impedisce l’inserimento di
una fenilalanina nella proteina nascente).
L’incidenza della ∆F508 fra i soggetti affetti da F.C. è
variabile: nei Paesi del Nord Europa copre all’incirca il 90% di
tutte le mutazioni, in Italia ne rappresenta appena il 40%.
Ma del gene si conoscono già circa 800 mutazioni differenti,
con ripercussioni, sicuramente sul piano biochimico, e
probabilmente anche su quello clinico, diverse.
La proteina CFTR è costituita da una singola catena
polipeptidica di 1480 aminoacidi e funziona sia come canale per
gli ioni Cl-, controllato dall’AMPc, sia come regolatore di altri
canali ionici. Negli epiteli normali la CFTR, sintetizzata nel RER
Capitolo1° Introduzione __________________________________________________________________________________________________________________________
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(Reticolo Endoplasmatico Rugoso) e glicosilata nell'apparato di
Golgi, viene inserita a livello della membrana plasmatica. Studi
biochimici2 hanno dimostrato che la presenza della ∆F508
conduce ad una alterata processazione della proteina e ad una sua
degradazione all’interno della cellula, mentre altre mutazioni
rendono la stessa, pur normalmente espressa, non funzionante,
così come esemplificato in figura.
Figura 3 - Metabolismo cellulare della proteina CFTR. (da “Principi di medicina Interna” Harrison, Vol 2°, Cap. 257, McGraw-Hill, giugno ’99)
2 in “Principi di medicina Interna”, Harrison, Vol 2°, McGraw-Hill, giugno ’99
Capitolo1° Introduzione __________________________________________________________________________________________________________________________
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Gli epiteli colpiti dalla fibrosi cistica presentano, in condizioni
normali, funzioni differenti: alcuni sono deputati
all’assorbimento di liquidi (come nelle vie aeree e intestinali),
altri all’assorbimento di sali (come l’epitelio dei dotti sudoripari),
altri ancora alla secrezione di liquidi (come nei dotti pancreatici).
Non deve pertanto sorprendere che:
1) la fibrosi cistica esplica effetti estremamente diversi sul
riassorbimento di acqua ed elettroliti nei vari epiteli;
2) la fibrosi cistica è una malattia sistemica, perché
sistemica è la presenza di cellule epiteliali, la cui
funzionalità dipende da un corretto controllo del
trasporto ionico transmembrana.
Di seguito sono riportati gli organi e gli apparati coinvolti e le
percentuali del loro coinvolgimento:
Capitolo1° Introduzione __________________________________________________________________________________________________________________________
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ORGANI e/o APPARATI %
Apparato respiratorio ~ 90
Apparato gastroenterico e pancreas ~ 80
Ghiandole salivari ~ 80
Fegato ~ 25
Ghiandole sessuali ~ 80
Ghiandole sudoripare ~ 100
1.3. Diagnosi
Proprio l’alterazione del trasporto ionico indotta dalla malattia,
è sfruttata per fare diagnosi postnatale di fibrosi cistica, mediante
il test del sudore.
Tale test, eseguibile già a partire dal secondo trimestre di vita,
consiste, infatti, nella quantificazione degli ioni Cl- e Na+ emessi
con il sudore, dopo averne stimolato la produzione per 10 minuti
con ionoforesi pilocarpinica, da parte di ghiandole sudoripare
della faccia volare dell’avambraccio.
Capitolo1° Introduzione __________________________________________________________________________________________________________________________
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La [Cl-] normale, dopo 3 gg. di dieta iposodica, deve essere
< 40 mEq/l. Valori superiori a 50 mEq/l sono già patologici, e se
rinvenuti in tre test consecutivi sono suggestivi di malattia3.
Il BM test, invece, basato sul dosaggio dell’albumina nel
meconio attraverso stick reattivi, in passato molto usato, ha perso
oggi gran parte della sua validità, stante l’elevato numero di falsi
positivi e falsi negativi.
In alcuni centri è attivo anche un servizio di screening
neonatale, effettuato in 3a giornata, basato sulla determinazione
della concentrazione di tripsinogeno nel sangue e,
successivamente, della lattasi sul meconio, entrambi presenti a
valori elevati nei neonati con F.C. Quelli che risultano positivi
vengono indirizzati o verso il test del sudore o verso l’indagine
genetica per l’eventuale conferma di malattia.
L’indagine genetica, che permette di identificare
specificamente le mutazioni, è condotta fondamentalmente:
! sui soggetti risultati positivi al test del sudore;
3 Ebbene ricordare che, a livello delle ghiandole sudoripare, la F.C. causa una eccessiva perdita di acqua ed elettroliti, e che l’entità della deplezione idrosalina può essere tale da portare a disidratazione ipotonica.
Capitolo1° Introduzione __________________________________________________________________________________________________________________________
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! su coppie che abbiano già un figlio affetto, o nelle cui
famiglie ci siano già dei casi di malattia, al fine di fare
diagnosi prenatale;
! ai familiari (fratelli, zii, cugini), in età fertile, di una
persona con F.C.
Il primo passo consiste nell’utilizzo di un metodo di
ibridizzazione in situ: si cerca la presenza, in ciascuno dei due
alleli mutati del paziente, di una delle venticinque mutazioni
più frequenti, attraverso un Kit preformato chiamato “Reverse
Dot-Blot”. Tale Kit è costituito da striscette caricate delle
sequenze geniche mutate, con le 25 mutazioni suddette, del
gene CFTR.
Il DNA del paziente, contenente ovviamente la regione
mutata, opportunamente amplificato tramite PCR, viene posto
sulle striscette del KIT: lì dove c’è complementarietà si
realizza una ibridizzazione, evidenziata attraverso metodo
colorimetrico.
Nella ipotesi che la/le mutazioni portate dal paziente non
corrispondano a nessuna delle 25 più frequenti, si procede con
l’analisi diretta del gene, attraverso il metodo DGGE
Capitolo1° Introduzione __________________________________________________________________________________________________________________________
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(Denaturing Gradient Gel Elettroforesis), in quanto partiamo
dal presupposto che il nostro soggetto è malato e, quindi,
necessariamente deve essere portatore di mutazione.
E’ evidente che uno studio così complesso non può essere
eseguito su vasta scala, e quindi al momento non è ipotizzabile
l’identificazione dei soggetti portatori, per la prevenzione
della malattia, così come è avvenuto, per esempio, per la
Talassemia.
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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Capitolo 2
COMPLICANZE POLMONARI E INFEZIONE DA CEPACIA
Abbiamo già detto che il primum movens della malattia è
rappresentato da un’alterazione del meccanismo di trasporto
ionico a livello delle cellule epiteliali, e che ciò può avere effetti
su tutte le ghiandole esocrine e coinvolgere tutti gli apparati.
Dallo schema precedente (pag. 7) si evince pure come sia
praticamente costante il coinvolgimento delle vie aeree, sia
superiori (con quadri di sinusite cronica e poliposi nasale), sia
inferiori. E sicuramente la situazione broncopolmonare occupa
un posto di rilievo nella evoluzione della F.C., ed è di per sé
causa di ricoveri frequenti e di ingravescenza del quadro clinico
dei pazienti.
Poiché il trasporto dell’acqua è strettamente correlato con
quello del Na+, la ritenzione anomala dello ione all’interno delle
cellule dell’epitelio bronchiale, indotta dalla mutazione del gene
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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CFTR, comporta anche una ritenzione dell’acqua, e ciò fa sì che
le secrezioni bronchiali siano particolarmente dense e viscose e
facilmente ristagnino all’interno delle vie aeree, rappresentando
un pabulum ideale per la proliferazione di germi, sia Gram + che
Gram -, prevalentemente di tipo nosocomiale.
Un batterio qualunque che arrivi a livello polmonare, in questi
soggetti scatena una risposta immunitaria molto forte, che a
lungo andare finisce per rappresentare uno svantaggio.
L’iniziale produzione di IL-8, chemiotattica per i globuli
bianchi, è qui tre volte superiore a quella di un soggetto non
affetto da F.C., è quindi il numero di tali leucociti richiamati in
sede è molto elevato. Il processo infiammatorio che si innesca è
tale da determinare non solo l’ulteriore produzione di muco
denso e filante come naturale risposta di difesa, ma anche, e ciò è
più grave, la paralisi delle ciglia vibratili. E il quadro si aggrava
progressivamente con l’instaurarsi di un circolo vizioso.
Non solo! Probabilmente in questi pazienti c’è qualcosa in più.
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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Studi recenti4 hanno dimostrato infatti che i microbi albergano
più facilmente in questi soggetti, in quanto proteine importanti,
dette Difensine, che contribuiscono alla “pulizia” delle vie aeree,
in modo particolare impedendo l’adesione batterica, nei pazienti
F.C. non funzionano perché paralizzate dall’eccesso di Na+Cl-
intracellulare.
L’evoluzione è verso la formazione di bronchiectasie da
pulsione, atelettasie ed enfisema, con conseguente alterazione del
rapporto V/Q.
La sofferenza cronica dell’apparato bronco-polmonare non è
priva di gravi conseguenze sul circolo. Sui malati incombe,
proprio per lo stabilizzarsi di un aumento delle resistenze del
piccolo circolo, il destino dei broncopneuomopatici cronici, e
cioè quello del cuore polmonare cronico, fino allo scompenso
cardiaco destro.
I batteri di più frequente riscontro all’esame dell’espettorato
sono lo Staphylococcus aureus e lo Pseudomonas aeruginosa.
4 Da “Les avancées thérapeutiques“, Professeur Philippe REINERT, Chef du service Pédiatrie de l’Hôpital Intercommunnal de Créteil.
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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Ma negli ultimi anni un altro batterio è sfortunatamente emerso
come maggiore patogeno nei pazienti con F.C., ed è la
Burkholderia cepacia (già Pseudomonas cepacia). E’ questo un
batterio Gram- che crea non pochi problemi nella gestione dei
nostri pazienti, vista la sua multiresistenza agli antibiotici.
Il confronto fra due antibiogrammi, di seguito riportati, uno
per S. aureus e l’altro per B. cepacia, dimostra che, mentre per il
primo batterio, pur responsabile di grave infezione polmonare, è
comunque possibile intervenire con adeguata e mirata terapia
antibiotica, nei confronti del secondo non abbiamo ancora un
valido “strumento di lotta”.
L’unica alternativa rimane, in attesa che venga formulato un
efficace vaccino, l’associazione di almeno 3 antibiotici diversi,
servendosi di antibiogrammi con lo studio dei sinergismi fra i
vari antibiotici, fino ad arrivare alla combinazione che, in quel
paziente e in quel momento, riesce a curare la riacutizzazione,
insieme con una quotidiana fisiokinesiterapia che aiuti il paziente
a drenare i muchi abbondanti.
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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Azienda Ospedaliera Ospedale Policlinico Consorziale U.O. Igiene, Epidemiologia e Sanità Pubblica I
Università degli Studi – Bari
Dipartimento di Med. Pubblica e Med. Interna Sezione di Igiene – Direttore: Prof. S. Barbuti
Accettazione 312 del 03/04/2001 – Referto N. 1 Sesso F
Paziente Data Nascita XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Reparto: 310 PEDIATRIA 2
Descrizione Esame/Test
Risultato U.M.
Valori di Riferimento Esame microscopico Espettorato
RISULTATO:
Presenza di cocchi Gram Positivi
Esame colturale campioni biologici differenti Espettorato
RISULTATO:
Positivo
Identificazione biochimica per batteri Espettorato
Batterio isolato Staphylococcus aureus
Antibiotici Saggiati Staphylococcus aureus
MIC S/R/I
Acido Fusidico <=1 S Ampicillina/sulbactam >=32 R Betalattamasi POS + Catalasi POS + Cefalotina >=32 R Ciprofloxacina >=4 R Clindamicina <=0,5 S Eritromicina 1 R Fosfomicina <=16 S Gentamicina >=16 R Nitrofurantoina <=32 S
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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Norfloxacina >=16 R Oxacillina >=8 R Rifampieina >=4 R Teicoplanina <=4 S Tetraciclina >=16 R Trimetoprim/Sulfam. <=10 S Vancomicina 1 S
+ = POSITIVO I = INTERMEDIO R = RESISTENTE
L’antibiogramma comprende valori di MIC espressi in mcg/ml
Esame colturale miceti in campioni biologici diversi Espettorato
RISULTATO:
Presenza di C. albicans
Azienda Ospedaliera Ospedale Policlinico Consorziale U.O. Igiene, Epidemiologia e Sanità Pubblica I
Università degli Studi – Bari
Dipartimento di Med. Pubblica e Med. Interna Sezione di Igiene – Direttore: Prof. S. Barbuti
Accettazione 336 del 03/04/2001 – Referto N. 1 Sesso F
Paziente Data Nascita XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Reparto: 310 PEDIATRIA 2
Descrizione Esame/Test
Risultato U.M.
Valori di Riferimento Esame colturale campioni biologici differenti Espettorato
RISULTATO:
Positivo
Identificazione biochimica per batteri Espettorato
Batterio isolato Burkholderia cepacia (Pseudomonas cepacia)
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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Antibiotici Saggiati Burkholderia cepacia
(Pseudomonas cepacia)
MIC S/R/I
Amikacina >=64 R Amoxicillina/A. CLAV. >=32 R Ampicillina >=32 R Aztreonam >=32 R Carbenicillina >=512 R Cefazolina >=32 R Cefepime >=32 R Cefoperazone >=64 R Cefoxitina >=32 R Ceftazidime >=32 R Ceftizoxime >=256 R Ceftriaxone >=64 R Cefuroxime – Acetil >=32 R Cefuroxime – Sodio >=32 R Ciprofloxacina >=4 R Cloramfenicolo >=32 R Gentamicina >=16 R Imipenem >=16 R Levofloxacin >=8 R Lomofloxacina >=8 R Meropenem >=16 R Netilmicina >=32 R Nitrofurantoina >=128 R Norfloxacina >=128 R Ossidasi POS + Piperacillina >=256 R Piperacillina/tazobactam 64 I Tetraciclina >=16 R Ticarcillina 128 R Ticarcillina/A. CLAV. >=256 R Tobramicina >=16 R Trimetoprim/Sulfam. >=320 R
+ = POSITIVO I = INTERMEDIO R = RESISTENTE
L’antibiogramma comprende valori di MIC espressi in mcg/ml
Quanto detto ha non poche conseguenze:
1) l’impossibilità di sterilizzare efficacemente i focolai
broncopneumonici fa sì che le riacutizzazioni in questi
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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pazienti siano più frequenti, e che quindi le loro
condizioni generali diventino progressivamente più
scadenti;
2) le terapie antibiotiche massive a cui tali pazienti sono
costretti, se da un lato sono indispensabili per contenere
l’infezione, dall’altro sono debilitanti e non prive di
effetti collaterali;
3) questi pazienti sono quelli che si ricoverano più spesso,
e le degenze sono sovente molto lunghe: bisogna quindi
considerare anche le spese ospedaliere, oltre a quelle
delle terapie mediche e della fisiokinesiterapia, nonché
il carico sociale derivante dall’assenza dal lavoro delle
madri che assistono i figli sia in ospedale che a
domicilio;
4) infine, ma certamente non per importanza, l’evoluzione
quasi sempre infausta dell’infezione da B. cepacia: nel
giro di due anni sono infatti deceduti 6 giovani pazienti.
La morte sopraggiunge per grave insufficienza
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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respiratoria, quando entrambi i polmoni sono seriamente
compromessi, e quindi per scompenso cardiaco.
Di seguito sono riportate immagini da TAC torace senza mdc
di una nostra paziente con infezione da B. cepacia.
Figura 4: Scansione lobi polmonari superiori Bronchiectasie sede apicale sx
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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Figura 5: Scansione aree medio-polmonari Consolidamento parenchimale sede medio-polmonare dx
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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Figura 6: Scansione lobi polmonari basali Bronchiectasie sede lobare inferiore sx
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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Si possono osservare: numerosi reperti bronchiectasici diffusi,
soprattutto in sede lobare superiore sx, nonché lobare inferiore
sx; si possono osservare altresì aree di consolidamento
parenchimale in sede medio-polmonare dx.
A questo reperto diagnostico corrisponde un reperto
auscultatorio caratterizzato da riduzione diffusa del MV, rantoli a
piccole e medie bolle su tutto l’ambito polmonare, e soffio
bronchiale in sede lobare inferiore sx.
Il trapianto sequenziale dei polmoni, o talvolta, se necessario,
di cuore e polmoni, che resta oggi l’unica strategia di intervento
risolutiva nei casi più disperati, nonostante sia gravata pur essa
da non poche complicanze, in questi pazienti spesso non è
possibile:
a) o per le scadenti condizioni generali, che stentano a
migliorare anche dopo terapia di sostegno attraverso la
nutrizione parenterale, che impediscono di affrontare
l’intervento;
Capitolo 2° Complicanze polmonari e infezione da cepacia __________________________________________________________________________________________________________________________
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b) o per concomitante interessamento di più organi, in
modo particolare il fegato, che richiederebbe un ancor
più pericoloso doppio trapianto;
c) o per la particolare resistenza alle terapie antibiotiche
dei focolai, con conseguente elevato rischio di
complicanze infettive postoperatorie non gestibili.
Capitolo 3° Studio delle condizioni predisponesti l’infezione __________________________________________________________________________________________________________________________
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Capitolo 3
STUDIO DELLE CONDIZIONI PREDISPONENTI L’INFEZIONE
Proprio perché la prognosi quoad valetudinem e quoad vitam
risulta, nella maggior parte dei casi, pessima, ci si è posti il
problema di capire se è possibile prevedere, nell’eterogeneo
gruppo dei pazienti affetti da F.C., quali sono coloro che
svilupperanno una infezione da B. cepacia, in modo tale da
intervenire ab initio, o cercando di prevenirla, o eliminando gli
eventuali fattori di rischio.
Lo studio da me condotto ha preso in considerazione diversi
aspetti:
1) assetto genetico;
2) stato nutrizionale, valutato attraverso le curve di
crescita;
3) concomitante presenza di altri quadri clinici complicanti
le condizioni globali dei pazienti.
Capitolo 3° Studio delle condizioni predisponesti l’infezione __________________________________________________________________________________________________________________________
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Il primo passo è stato quello di selezionare 2 campioni: uno
costituito dai 16 pazienti in cura che risultano portatori di
infezione da cepacia, l’altro gruppo di controllo formato da 16
pazienti, scelti in modo random, che non hanno sviluppato al
momento tale infezione.
La presenza della cepacia viene, presso il nostro centro,
dimostrata sia attraverso l’esame PCR condotto sull’espettorato e
volto alla ricerca del DNA batterico, sia mediante esame
colturale dell’espettorato stesso, su terreni selettivi, previa
colorazione di Gram (esame questo che richiede tempo e fortuna,
stante la difficoltà e la lentezza con cui il batterio cresce, e il
problema dell’isolamento, dai media selettivi, di una varietà di
organismi fenotipicamente simili).
3.1. STUDIO DELL’ASSETTO GENETICO
In base all’assetto genetico, in ciascuno dei due gruppi sono
stati identificati tre sottogruppi:
a) omozigoti ∆F508;
Capitolo 3° Studio delle condizioni predisponesti l’infezione __________________________________________________________________________________________________________________________
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b) eterozigoti ∆F508;
c) omozigoti o doppi eterozigoti per altre mutazioni.
I risultati ottenuti sono i seguenti:
Pz Fc con cepacia N° %
Omo ∆F508 2 12,50 Etero ∆F508 11 68,75 Altro 3 12,75
Totale
16
100
Pz Fc no cepacia N° %
Omo ∆F508 1 6,25 Etero ∆F508 9 56,25 Altro 6 37,50
Totale
16
100 0
2
4
6
8
10
12
Omo Etero Altro
Cepacia
No cepacia
Capitolo 3° Studio delle condizioni predisponesti l’infezione __________________________________________________________________________________________________________________________
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Per poter comprendere se le percentuali così ottenute nei due
gruppi siano o meno significativamente diverse dal punto di vista
statistico, applichiamo il test di confronto fra proporzioni per tutti
i 3 sottogruppi.
1° TEST
Sottogruppo degli Omozigoti
n1 = 16 x1 = 2 p1 = 0,125 p = 0,09
n2 = 16 x2 = 1 p2 = 0,0625 q = 0,91
Dove n1 n2 = numerosità campionarie x1 x2 = numero pazienti omozigoti p1 = x1/ n1; p2 = x2/ n2
p = (x1 + x2)/(n1 + n2) q = 1 – p L’ipotesi H0 è che p1 = p2 L’ipotesi contraria H1 è che p1 ≠ p2
La statistica test è Z =
+
−
21
21
11nn
pq
pp
Per α = 0.05, l’intervallo di riferimento L, in base al quale accettiamo o rifiutiamo H0, è ± 1,96.
Capitolo 3° Studio delle condizioni predisponesti l’infezione __________________________________________________________________________________________________________________________
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Facendo gli opportuni calcoli → Z = + 0.62 Poiché – 1.96 ≤ + 0.62 ≤ + 1.96, accettiamo H0 : p1 = p2
2° TEST
Sottogruppo degli Eterozigoti
n1 = 16 x1 = 11 p1 = 0,6875 p = 0,625
n2 = 16 x2 = 9 p2 = 0,5625 q = 0,375
Dove x1 x2 = numero pazienti eterozigoti Facendo gli opportuni calcoli → Z = + 0.73 Poiché – 1.96 ≤ + 0.73 ≤ + 1.96, accettiamo H0 : p1 = p2
3° TEST
Sottogruppo dei Pz con altre mutazioni
n1 = 16 x1 = 3 p1 = 0,1875 p = 0,2812
n2 = 16 x2 = 6 p2 = 0,375 q = 0,7188
Dove x1 x2 = numero pazienti con altre mutazioni Facendo gli opportuni calcoli → Z = - 1.18 Poiché – 1.96 ≤ + 1.18 ≤ + 1.96, accettiamo H0 : p1 = p2
Capitolo 3° Studio delle condizioni predisponesti l’infezione __________________________________________________________________________________________________________________________
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I 3 test dimostrano che non esistono differenze statisticamente
significative fra le % nei due gruppi.
Ciò induce a concludere che la presenza di una mutazione
piuttosto che un’altra non influenza la possibilità di contrarre
l’infezione da B. cepacia, e che pertanto non può essere l’assetto
genetico un criterio di discriminazione in tal senso.
Si potrebbe obiettare che la numerosità dei campioni a
disposizione è piuttosto esigua per poter considerare il risultato
estendibile a tutta la popolazione dei soggetti affetti da F.C.; ma
la nostra esperienza, come Centro di Riferimento Pugliese, ci ha
permesso di notare come effettivamente, nell’ambito di fratelli
malati, che hanno quindi le stesse mutazioni, l’infezione da
cepacia segue la medesima distribuzione del resto dei pazienti.
3.2. STUDIO DELLO STATO NUTRIZIONALE
Lo stato nutrizionale dei pazienti affetti da F.C. difficilmente
risulta buono. E ciò sia perché, nonostante la somministrazione di
enzimi sostitutivi, vi è comunque una riduzione nella quantità di
nutrienti assorbiti; sia perché con le abbondanti secrezioni essi
Capitolo 3° Studio delle condizioni predisponesti l’infezione __________________________________________________________________________________________________________________________
perdono anche notevoli quantità di proteine; sia perché le
infezioni recidivanti da un lato e le massive terapie antibiotiche
dall’altro, li debilitano non poco.
La valutazione dello stato dei pazienti è stata condotta
attraverso l’analisi delle curve di crescita, e particolarmente della
curva ponderale che, risentendo meno del gentilizio rispetto a
quella staturale, è un indice più fedele della situazione
nutrizionale.
A titolo puramente esemplificativo, si riportano qui di seguito
le tavole dei centili per maschi e femmine5.
5 da “Pediatria essenziale”, Burgio, Pernotto, Ugazio, UTET, 19
Figura 8
Figura 7
- Tavola dei centili del peso nella popolazione femminile
- Tavola dei centili del peso nella popolazione maschile
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97, pagg. 354 - 355
Capitolo 3° Studio delle condizioni predisponesti l’infezione __________________________________________________________________________________________________________________________
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Nell’ambito di ciascuno dei due campioni, i pazienti sono stati
divisi in:
1) pazienti che hanno una curva di crescita normale, con valori di peso compresi fra 50° (o anche più) e 20° percentile;
2) pazienti in sottopeso lieve-medio, con valori compresi fra il 20° e il 3° percentile;
3) pazienti in grave sottopeso con valori < 3° percentile
I risultati ottenuti sono riportati in tabella.
PESO CEPACIA NO CEPACIA TOTALE
Normale 3 7 10
Lieve sottopeso 3 8 11
Grave sottopeso 10 1 11
Totale 16 16 32
Per verificare se esiste o meno una correlazione fra il peso e
l’infezione da cepacia, applichiamo il test χ2.
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A partire dalla tabella precedente dei valori osservati (Oij),
costruiamo la tabella dei valori attesi (Eij).
PESO CEPACIA NO CEPACIA TOTALE
Normale 5 5 10
Lieve sottopeso 5,5 5,5 11
Grave sottopeso 5,5 5,5 11
Totale 16 16 32
La statistica test χ2 è uguale ( )
∑−
ijij
ijij
EEO 2
Facendo gli opportuni calcoli, χ2 è uguale a 11,24.
Il valore critico per la distribuzione χ2 tabulato, per 2 gradi di
libertà e per α = 0.05, è 5.9.
Poiché il χ2 calcolato è > del χ2 tabulato, affermiamo che non
esiste una relazione tra le due variabili e rigettiamo l’ipotesi H0.
Pur tuttavia, se andiamo a confrontare, nei due gruppi, le
proporzioni di pazienti con grave ritardo di crescita, applicando
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la statistica test Z, osserviamo che esse sono statisticamente
diverse:
n1 = 16 x1 = 10 p1 = 0,625 p = 0,34375
n2 = 16 x2 = 1 p2 = 0,0625 q = 0,65625
x1 x2 = numero pazienti con grave ritardo di crescita
Facendo gli opportuni calcoli → Z = + 3.5 Poiché + 3.5 > + 1.96 (valore tabulato per α = 0,05), rifiutiamo H0 : p1 ≠ p2.
In termini più semplici, questo ci dice che, se pure non
possiamo concludere che esista un legame di causalità tra lo stato
nutrizionale e la infezione da B. cepacia, resta comunque vero
che è fra i pazienti con cepacia che sono raggruppati il maggior
numero di quelli con grave sottopeso, e quindi con riduzione più
severa delle difese immunitarie.
L’analisi del rapporto temporale tra peggioramento dello stato
nutrizionale e diagnosi di infezione da B. cepacia, ha messo in
evidenza che in alcuni casi tale infezione è sopraggiunta dopo
che il paziente ha cominciato, per un motivo qualunque, a
dimagrire; in altri invece l’infezione è intervenuta in una
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situazione di relativa normalità, peggiorando essa il quadro
clinico; in altri casi ancora, rari, la cepacia non ha modificato per
nulla la situazione preesistente del paziente.
Pertanto, i rapporti tra paziente e batterio sono molto più
complessi di quello che può sembrare apparentemente, e
coinvolgono aspetti ancora poco esplorati, come eventuali
polimorfismi allelici, o vere e proprie mutazioni geniche
coesistenti; il ceppo più o meno aggressivo di B. cepacia.
A questo proposito, va ricordato che le Burkholderie cepacia
isolate sono attualmente classificate in 5 differenti genomovars o
specie. I genomovars compresi fra I e V sono designati come
“cepacia-complex”, anche se due di questi sono stati proposti
come nuove specie batteriche (Burkholderia multivorans –
formalmente genomovar II, e Burkholderia vietnamiensis –
costituente il genomovar V).
La strategia di identificazione di queste si basa sulla ricerca di
specifiche variazioni nella sequenza nucleotidica del gene recA,
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che è posseduto da tutte le specie appartenenti al cepacia
complex.
Il genomovar III appare associato a trasmissione tra paziente e
paziente e ad una prognosi sfavorevole.
Il gene per il flagello ha una sequenza altamente conservata, e
quindi l’antigene sulla sua superficie potrebbe essere l’ideale
candidato per un nuovo vaccino6.
3.3. STUDIO ALTRI QUADRI CLINICI COMPLICANTI LE CONDIZIONI GLOBALI DEI PAZIENTI
I quadri clinici analizzati sono stati:
a) presenza di insufficienza pancreatica;
b) epatopatia.
Innanzitutto cerchiamo di capire perché, nei pazienti affetti da
F.C., si può arrivare alla compromissione del fegato e del
pancreas.
Analogamente a quanto avviene nell’albero respiratorio, anche
a livello pancreatico le secrezioni, pur essendo, almeno nelle fasi
6 In “A novel vaccine and diagnostic for Burkholderia cepacia complex”, Pharmalicensing, agosto 2001, su www.pharmalicensing.com/licensing/displicopp/418.
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iniziali, quantitativamente normali, sono qualitativamente
alterate, nel senso di una loro maggiore densità e viscosità, e
facilmente precipitano all’interno dei dotti, provocando una
dilatazione cistica degli stessi e innescando una reazione
infiammatoria circostante che porta alla reazione fibrotica e
quindi alla sostituzione del tessuto ghiandolare pancreatico con
tessuto fibroso (proprio dal quadro anatomo-patologico del
pancreas si dà alla malattia il nome di Fibrosi Cistica).
Stesso discorso vale per il fegato, dove si realizza una
“Sindrome da bile spessa”: i sali biliari o non raggiungono il
duodeno per esplicare la loro funzione digestiva, o pur
giungendovi precipitano, tant’è che è possibile dosarli nelle feci
in quantità doppia rispetto al normale. Ciò comporta l’evenienza
meno grave di colelitiasi e colostasi, per formazione di
concrezioni di colesterolo e pigmenti biliari, e quella, ben più
temibile, anche se fortunatamente più rara, della epatopatia
cronica fino alla cirrosi biliare.
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L’insufficienza pancreatica secondaria, associata o meno al
deficit di funzionalità epatica e all’alterazione della captazione e
del trasporto degli acidi grassi a catena lunga a livello della
mucosa intestinale, il cui meccanismo di trasporto è strettamente
correlato a quello degli ioni, conduce al maldigestione dei
nutrienti. Tale maldigestione si traduce clinicamente
nell’emissione di feci untuose, ricche di grassi e fibre non
digerite, di proteine ed enzimi, tant’è che proprio attraverso
l’esame delle feci può essere indirettamente sondato lo stato
nutrizionale del paziente.
Dei pazienti esaminati, 14 su 16 in ciascuno dei due gruppi
presentano insufficienza pancreatica, mentre l’interessamento
epatico riguarda 4 pazienti affetti da cepacia e 5 non affetti.
Tali valori, come si può osservare, sono praticamente
sovrapponibili, e questo a testimonianza del fatto che il
coinvolgimento di fegato e pancreas si inscrive nel percorso così
variabile della malattia, e può essere del tutto indipendente da un
eventuale concomitante interessamento dell’apparato
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broncopolmonare. Resta comunque sempre valido il discorso
fatto nel paragrafo precedente.
Ovvero: non è detto che i pazienti che hanno un
coinvolgimento pancreatico o epatico abbiano anche un
interessamento broncopolmonare, essendo la malattia
dall’espressività quanto mai varia, e quindi non si può
assolutamente affermare che esista una correlazione con
l’infezione da B. cepacia, o da qualunque altro batterio; però se
dovesse esserci la contemporanea compromissione di più organi,
allora sarebbe opportuno valutare ancora più attentamente i
pazienti e la loro capacità di assorbimento dei cibi, per evitare un
dimagrimento che in questo caso sarebbe più pericoloso.
Capitolo 4° Conclusioni __________________________________________________________________________________________________________________________
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Capitolo 4
CONCLUSIONI
Lo studio condotto ha dimostrato ciò che intuitivamente,
attraverso l’esperienza quotidiana a contatto con questi pazienti,
avevamo purtroppo già compreso: non è in realtà possibile, con
gli strumenti a nostra disposizione, cioè la valutazione clinica e
l’analisi delle mutazione del gene della CFTR, prevedere in
anticipo quali saranno i pazienti che andranno incontro a
infezione da B. cepacia, per prevenirla, né è possibile prevedere
quale sarà il loro destino in seguito all’infezione.
D’altra parte, il confronto fra fratelli ammalati lo dimostra:
essi hanno le stesse mutazioni e vivono negli stessi ambienti
(escludendo la possibilità di una contaminazione ambientale),
eppure non è raro che uno si infetti e l’altro no.
L’unico fattore che abbiamo trovato essere semplicemente più
ricorrente fra i pazienti affetti da B. cepacia è il sottopeso grave,
senza però poter affermare con sicurezza se esso sia la causa o la
Capitolo 4° Conclusioni __________________________________________________________________________________________________________________________
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conseguenza dell’infezione, essendo anche qui la variabilità ad
essere determinante. E in effetti, pazienti che sembrerebbero
essere candidati a contrarre l’infezione, perché debilitati da una
compromissione multiorgano e da frequenti reinfezioni, in realtà
riescono a sfuggirvi, e pazienti che, al contrario, sembrerebbero
più forti, inaspettatamente diventano positivi alla cepacia.
Questo dimostra ancora una volta che i fattori esaminati
rappresentano “condizioni necessarie ma non sufficienti”, e che il
quid in più va cercato altrove, probabilmente, così come già
detto, in mutazioni geniche o polimorfismi coesistenti con la F.C.
e indipendenti da essa.
Diversi geni7 sono stati candidati come potenziali modulatori
della situazione polmonare; fra questi, i più importanti sono
quelli codificanti per: MBL, TNF-α, HLA II, NO sintetasi di tipo
I, TGFβ e proteine A e D associate al surfattante.
7 Da “Genetic Modifiers of Cystic Fibrosis – the Emerging Picture”, 24th European Cystic Fibrosis Conference, June 2001, Vienna, Hofburg Conference Centre, ZIELENSKI J.
Capitolo 4° Conclusioni __________________________________________________________________________________________________________________________
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Al momento il gene più studiato, situato sul cromosoma 10, è
quello che codifica per la Mannose-binding lectin (MBL),
proteina chiave nella risposta immunitaria innata.
Essa infatti, sintetizzata dagli epatociti, è una proteina Ca2+ -
dipendente della fase acuta, con ruolo determinante sia nei
processi di opsonizzazione batterica che di attivazione del
Complemento (via lectinica)8.
Il deficit di MBL, associato a varianti polimorfiche o a vere e
proprie mutazioni del gene, non è di per sé un elemento causativo
di patologia, ma un fattore di predisposizione a contrarre
infezioni di particolare gravità (polmonari, asma, sinusite, otite
media, stomatite, diarrea cronica, …), ove preesistano una o più
condizioni cliniche favorevoli, come, appunto, la presenza di
F.C. E infatti, soggetti F.C. con mutanti alleliche della MBL, che
ne riducono i livelli sierici, presentano più frequentemente una
colonizzazione polmonare da B. cepacia, alterazioni più severe
8 Da “La mannose-binding lectin (MBL): un componete dell’immunità innata implicato in molte patologie”, CARDINALE e AA., Riv. Ital. Pediatria, 2001, in press.
Capitolo 4° Conclusioni __________________________________________________________________________________________________________________________
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della funzionalità respiratoria e sopravvivenza ridotta di circa 8
anni.
Gli studi, ai quali partecipa anche questa Clinica Universitaria,
sono ancora chiaramente in fase iniziale e bisognerà aspettare
qualche anno per avere dei risultati che possano confermare tale
interessante ipotesi, che, tra l’altro, potrebbe anche spiegare
perché due fratelli possano avere un destino diverso rispetto
all’infezione di cui trattiamo.
L’unica cosa certa da fare attualmente rimane quella di
controllare la malattia:
a) dal punto di vista broncopolmonare, per evitare che si
instauri il circolo vizioso di cui si è detto al cap. 2, con
manovre capaci di stimolare la tosse e rimuovere le
secrezioni; con gli antibiotici per curare le infezioni
respiratorie e con l’aerosolterapia per fluidificare il
muco;
b) dal punto di vista clinico globale, per sostenere al
meglio i pazienti, con somministrazione di enzimi
Capitolo 4° Conclusioni __________________________________________________________________________________________________________________________
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pancreatici che favoriscano la digestione e
l’assorbimento dei cibi; con una dieta ipercalorica e, se
necessario, anche con terapia parenterale.
Solo contenendo la malattia, infatti, si può sperare che essi
siano in grado, se non di sfuggire all’infezione, per lo meno di
combatterla più efficacemente.
Sicuramente è però intuitivo che comunque nuove terapie sono
urgentemente richieste per controllare l’infezione da B. cepacia,
dal momento che i convenzionali trattamenti antibiotici risultano
spesso fallimentari.
E’ indiscutibile che negli ultimi anni, con i mezzi a
disposizione, con la diagnosi precoce e con l’esperienza
assistenziale acquisita, la situazione dei pazienti F.C. è
migliorata, e il 50% di essi raggiunge oggi l’età adulta
conducendo una vita pressoché normale, mentre in passato le
forme più gravi portavano precocemente a morte; ma i risultati
sono lontani dall’essere considerati soddisfacenti: il tributo in
vite umane pagato alla malattia, anche per colpa dell’infezione da
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B. cepacia, resta ancora troppo alto. Soprattutto considerando
l’elevata incidenza della F.C. nella popolazione.
Ecco perché è necessario che la ricerca vada avanti e che
sviluppi nuove strategie di intervento, come la messa a punto di
un vaccino, verso cui essa sembra essere orientata oggi in modo
deciso, che protegga questi pazienti così vulnerabili.
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