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“Uno sviluppo a tre velocità: tecnologia, business e programmazione delle TLC
nella corsa verso il futuro”
Atti del Convegno
Prof. Ugo Volli
Presidente corso di laurea in Comunicazione di Massa e MultimedialeUniversità di Torino
“Trovo abbastanza interessante la possibilità di un dialogo fra chi studia queste cose a
livello accademico di Istituti di Ricerca e chi deve praticarle, chi deve innovare, chi deve
poi concretamente fare business su queste cose. Io penso che l’utilità di queste nostre tre
relazioni, la mia in particolare, sia quella di fornire alcuni indizi, alcune domande, di fronte
ad una situazione che a me sembra sostanzialmente di disorientamento, cioè non si sa
bene che cosa succede, questo è il grande problema, è un momento un po’ sospeso. Vi è
l’impressione di un grande sviluppo tecnologico e che in questo momento non si sappia
bene se le cose andranno avanti alla stessa maniera, con la stessa velocità, se
rallenteranno, se vi è una specie di vuoto d’aria nel volo della tecnologia. Allora io penso
che un minimo di passa indietro, di riflessione, guardare le cose un pochino più da
lontano, rispetto al giorno per giorno del business, possa essere utile, anche per
tranquillizzare, da un certo punto di vista, e comunque per capire un po’ lo sfondo su cui ci
muoviamo tutti, uno sfondo che non abbiamo modo di guardare, tanto meno voi che siete
obbligati a lavorare concretamente giorno per giorno e spesso non avete il tempo di
guardare. Io parlerò di tre cose e questo mio scenario sarà composto di tre grandi temi. Un
tema è storico, uno dei vizi della nostra accademia, della nostra mentalità è quello di
guardare un po’ indietro e di capire le cose sul fondo della storia, credo che questo si
fondamentale per quanto riguarda la Comunicazioni e le Telecomunicazioni, credo che
guardare le cose sotto il profilo storico sia molto importante e, da un certo punto di vista.
sia molto tranquillizzante. Il secondo tema che vorrei sfiorare, nel tempo che mi è dato, è
quello degli usi della Comunicazione, dell’utilità, del modo in cui il pubblico, per il quale
tutte queste cose poi sono fatte, usa concretamente la Comunicazione, è un argomento su
cui spesso si pensa poco, spesso si fornisce il servizio aspettando di vedere cosa ne
faranno gli utenti, ma non si capisce bene perché e come, in generale, viene usata la
Comunicazione. Un terzo elemento di riflessione che vi propongo specifica questo tema in
quello che ho chiamato bilancio utente e vedremo bene che cosa vuol dire.
Allora il primo tema e quello storico. Noi pensiamo di essere nel pieno di una rivoluzione
tecnologica, un luogo comune dice che siamo in un momento di rash tecnologico. Non è
vero. Di fatto noi siamo in una parte avanzata ancora importante, ancora attiva di una
lunghissima evoluzione tecnologica, che dura circa da due secoli. Bisogna tornare all’inizio
dell’Ottocento per vedere l’inizio della svolta che noi viviamo e, se possiamo fare un gesto
di umiltà, i momenti più intensi, i più creativi della grande espansione delle tecnologie, di
cui noi siamo gli eredi, gli amministratori e gli innovatori, non è avvenuta l’altro ieri, non è
avvenuta ieri, non avviene oggi, è avvenuta proprio nell’Ottocento. Nella slide che vedete
vi sono alcune date. Ho diviso questo piccolo momento storico in tre pezzi. Il primo grande
momento di evoluzione tecnologica, il momento veramente cruciale avviene tra il 1825 e il
1837, in quegli anni si inventano i primi strumenti tecnologici di comunicazione fisica,
perché la Comunicazione è prima di tutto comunicazione fisica, trasporto di atomi, non
trasporto di bite, per usare la metafora di Negroponte, si inventa anche il primo sistema
tecnologico di comunicazione relativa alle immagini, quindi il primo sistema di simulazione
tecnologico, che è la fotografia, e si inventano i primi sistemi tecnologici di comunicazione
di eventi, notizie ecc.…, attraverso l’elettricità, che è il telegrafo elettrico. L’invenzione
della ferrovia e delle navi a vapore, l’invenzione della fotografia, l’invenzione del telegrafo
elettrico danno origine ai grandi filoni della Comunicazione moderna, cioè la
comunicazione fisica, la simulazione, l’ambito della rappresentazione e simulazione, e
l’ambito della trasmissione mediatica. Segue un periodo di 30/40 anni in cui queste cose
vengono lentamente assorbite, in cui lentamente si passa ad elaborare queste cose, a
diffonderle, a renderle popolari, ad esempio la fotografia è del ’27, ma il dagherrotipo è del
’40, quindi lentamente queste cose si stabilizzano, trovano la tecnologia efficace ecc…
Il secondo grande importantissimo impulso, il secondo momento di grande innovazione
tecnologica, cui noi assistiamo, è di circa sessanta anni dopo, è l’ultimo decennio
dell’Ottocento. In quei 12/15 anni nasce il telefono, come vedete, il cinema, la radio e
l’aeroplano e, nel frattempo, si stabilizzano anche i mass-media come noi li intendiamo, ho
indicato i commi sui giornali per parlare di un tipo di contenuti, e anche qui abbiamo uno
sviluppo, un salto tecnologico fondamentale importantissimo della comunicazione
mediatica, della comunicazione fisica e della capacità di trasmissione di informazioni
attraverso strumenti di tipo elettronico. Se ci pensate sono di nuovo 10/15 anni in cui tutto
cambia in maniera radicale. Naturalmente, anche questi mezzi diventano lentamente
operativi e lentamente trovano la loro identità. Pensiamo al caso della radio, che è molto
significativo: nel ’96 Marconi trasmette i primi segnale radio, i primi segnali voce, cioè la
capacità di trasmettere la voce attraverso la radio, arrivano dopo una decina di anni circa e
all’inizio Marconi è molto irritato, combatte duramente contro il fatto di trasmettere un
segnale radio che possono sentire tutti, lui vorrebbe che la radio fosse come il telefono,
cosa che è poi successa perché i cellulari, in realtà, sono radio, e sono radio a due punti, e
lui vorrebbe questo, ma la radio è invece circolare, arriva dappertutto e non sa come
usarla. Si inizia ad usarla 25 anni dopo, verso il 1920, quando in America qualcuno ha
l’idea di fare la radio diffusione circolare, cioè di trasmettere musica, questa è la “killer
application”, che viene sentita da tutti. Quindi, 25 anni per passare dalla invenzione
tecnologica già operativa all’uso business e al commercio di questa faccenda, per
l’aeroplano le cose vanno un po’ più veloci, poiché già nella prima guerra mondiale gli
aeroplani servono, per il cinema si va molto più veloci, quindi le velocità sono diverse.
L’impulso successivo che noi troviamo è quello degli ‘70/’80 quando arriva il personal
computer, in qualche modo Arpanet diventa Internet, si elaborano i primi browser e si
diffonde la telefonia mobile.
Anche lì abbiamo un impulso, ma nettamente più debole sul piano dell’innovazione
rispetto a quelli di cui abbiamo parlato prima; è comunque un impulso di forte innovazione
è passato da una decina di anni, e oggi siamo in una fase importantissima, che non è per
nulla una fase passiva, di elaborazione, adattamento e utilizzazione delle nuove
tecnologie, non siamo in una fase di creazione, ma in una fase di sviluppo, piuttosto che di
ricerca. La cosa importante da dire è che ogni impulso di innovazione tecnologica si
somma ai precedenti, senza annullarli, senza sostituirli, in realtà oggi noi scriviamo a
mano più di quanto si sia mai scritto probabilmente nella storia dell’umanità, forse anche
gli scalpellini che sono la tecnologia dominante della comunicazione ai tempi di Roma
antica ci sono più oggi che a quei tempi, certamente abbiamo più stampa oggi, e più libri
oggi di quanti ve ne fossero nel 1800. Alcuni fenomeni di conservazione dei mezzi sono
straordinari, tutti pensavano che la radio sarebbe stata uccisa dalla televisione verso gli
anni ’30, in realtà la radio non solo è sopravvissuta alla televisione, ma è prospera per vie
estranee, prospera anche come sappiamo anche per Internet. Quindi, l’innovazione
tecnologica procede cumulativamente e procede secondo la forma caratteristica che è la
curva logistica, che qui vedete nel caso di un’applicazione commerciale, cioè della
diffusione, della vendita di un computer, abbiamo due curve caratteristiche, la logistica
della curva ad S che mostra come si procede alla diffusione, alle vendite di un computer o
di un’applicazione, la curva a campana, che è la curva classica della distribuzione normale
in statistica, che mostra in qualche modo il tasso di innovazione, raddrizzando questa
curva e considerando la percentuale rispetto all’innovazione totale otteniamo una retta, la
cosa interessante è che la diffusione dell’innovazione tecnologica funziona esattamente
come il contagio, funziona secondo logiche virali, in questo caso vi mostro sulla slide la
curva della peste di Londra, qui di seguito avete il numero delle prime stampe della Bibbia
nelle diverse lingue, si vede che il modo in cui si afferma un nuovo prodotto commerciale,
il modo in cui si afferma una nuova tecnologia, il modo in cui si diffonde un’idea o una
malattia ecc… seguono la stessa logica, che è una logica in qualche modo di contatto, una
logica cumulativa che ad un certo punto raggiunge il suo vertice, la differenza è che la
malattia, sia che la gente guarisca o muoia tutta, ad un certo punto finisce, mentre le
tecnologie non finiscono, ma si assestano su un certo livello.
Qual è la conclusione di questo discorso? Io credo sia una conclusione abbastanza
tranquillizzante, da un certo punto di vista, non siamo di fronte ad un fenomeno effimero,
l’esplosione tecnologica, il cambiamento, la rivoluzione cui crediamo di assistere non è
una bolla, al contrario dell’economia, non è una cosa che è scoppiata, si è espansa e che
rischia di implodere in seguito, è un grande movimento sociale, tutto sommato è il grande
movimento sociale, nel senso che anche l’espansione politica e sociale delle nostre
società dipende da questa.
L’espansione delle comunicazioni in senso largo è stata tutto sommato la tecnologia
dominante nella nostra Società, perché dobbiamo considerare anche le ferrovie, le auto,
gli aerei, si tratta sempre di comunicazione, di mettere in movimento le cose, ed è stata
quella che ha retto l’economia fino ad oggi e, molto probabilmente, continuerà a farlo, non
ci sono ragioni per vedere la fine di questo processo.
Credo sia anche consolante la questione degli impulsi e delle pause, che vi ho fatto
notare, nel senso che vi è bisogno di tempi fisiologici per assimilare le diverse innovazioni,
questi impulsi fisiologici lentamente o meno lentamente si radicano; è appurato che il
periodo di latenza tra l’invenzione pura e la sua generalizzazione grosso modo si sta
restringendo, però sono periodi estremamente variabili, non si può pensare che
immediatamente si affermi l’innovazione, né si può pensare che immediatamente la
Società trovi il modo usare una tecnologia, ricordiamo che i computer erano stati pensati
come calcolatori e noi li usiamo poco per calcolare, mentre li usiamo per fare un sacco di
altre cose; vi ho detto che la radio era stata pensata per essere una specie di telefono, a
sua volta il telefono ebbe all’inizio una certa ostinazione perché si voleva cercare di farne
una specie di radio; vi fu un periodo in cui si pensava che il servizio dominante del telefono
fosse quello di sentire la musica da casa, di collegarsi ai concerti, di essere così una
specie di radio. Una delle cose divertenti è vedere il documento in cui Edison propose gli
usi possibili del fonografo, che poi è un’altra grande tecnologia che arriva fina ad oggi, fino
all’MP3, lui pensava che fosse una cosa buona, che poteva servire per i testamenti, per
sentire la voce dei defunti, pensate a tutte queste cose molto divertenti che piano piano
hanno portato a capire che poteva essere interessante sentire musica nelle case di tutti. Ci
si mette un po’, e questa è la cosa importante, non solo ad elaborare la tecnologia e a
renderla sufficientemente affidabile e anche sufficientemente economica per essere
diffusa, ma anche per capire che cosa si farà con le nuove tecnologie. L’altro aspetto
interessante è che i mezzi, le tecnologie si richiamano l’un l’altro, una volta che la
tecnologia diviene mezzo di comunicazione, lo fa di solito prendendo i vecchi mezzi di
comunicazione come proprio oggetto, la televisione in qualche modo prende il cinema da
un lato, il teatro dall’altro come proprio oggetto, fa un po’ il mestiere del cinema e del
teatro, in questa maniera diventa comprensibile, per esempio, il varietà ripreso dal teatro,
ed è uno degli strumenti fondamentali della televisione, anche il cinema viene trasmesso
in televisione, i due mezzi interagiscono tra di loro e, in questa maniera, il nuovo mezzo
diviene più facilmente comprensibile. Un esempio del tutto ovvio è il cellulare che simula il
telefono inizialmente, che poi può trasformarsi, ma questa simulazione, o questa metafora
di un mezzo passato, è uno degli strumenti forti che consente ad una nuova tecnologia di
affermarsi. Perché una tecnologia diventi mezzo di comunicazione di massa deve
riprendere in qualche modo delle cose già note al pubblico. La ragione è questa: in realtà,
una nuova tecnologia ha di fronte due possibili strategie di presentazione. Può cercare di
cancellarsi, può cercare di essere trasparente, può cercare di non apparire, oppure può
cercare di apparire molto. La fotografia, ad esempio, quando è stata inventata, era un
mezzo che si presentava trasparente non aveva bisogno di essere utilizzato in nessun
modo, al lato opposto il computer, in particolare Internet, nel momento in cui si è
presentato era molto opaco, pensate al DOS, ai comandi di stringa, e anche ora, dopo
trenta anni circa di elaborazione che si sforza di rendere le cose facili, è fortemente
presente perché rispetto ad un’immagine, a ogni partecipazione ecc.…, noi abbiamo barre
di comando, allora se la prima strategia, che è quella della trasparenza, la possiamo
chiamare “immediatezza” giocando sulla parola media, la seconda strategia, che è quella
di farsi presente, la possiamo chiamare “ipermediazione”. Le tecnologie sono sempre in
equilibrio tra ipermediazione e immediatezza nella loro presenza sociale, vi è una spinta
naturale verso l’immediatezza, cioè verso la facilità, spesso però la facilità produce ad un
certo punto noia e stanchezza e i mezzi si iper-mediano, non se qualcuno di voi ha sentito
parlare di quel grande fenomeno che ha dominato la televisione negli ultimi anni che si
chiama neo-televisione, secondo un concetto di Eco. La neo-televisione è una televisione
che parla di se stessa, che si parla addosso, che si fotografa, che si mostra, che invece di
essere una finestra sul mondo, come si presentava prima, mostra un mondo dentro se
stessa, invece di essere un pezzo del mondo che raffigura, diventa un contenitore del
mondo, pensate ai talk-show, pensate in qualche modo al Grande Fratello. La televisione
è passata, in questi ultimi 10/15 anni, da una sensazione di immediatezza, in cui
sostanzialmente non voleva essere vista se non come finestra, ad una sensazione di
ipermediazione in cui continuamente sottolinea la propria presenza. Questa dialettica tra
immediatezza e ipermediazione è una dialettica importante, perché è quella che consente
al consumatore, all’utente della comunicazione di usare i mezzi.
Arriviamo a questo punto al mio secondo tema che è quello degli usi della comunicazione.
Normalmente, gli ingegneri pensano spesso così, si dice che la Comunicazione serve a
trasmettere informazione e si tratta di trovare i fatidici contenuti, che sarebbero
l’informazione che deve essere trasmessa dalla comunicazione. A costo di dire qui un’altra
eresia, vorrei sostenere che l’informazione non è importante, che in realtà le tecnologie
della comunicazione non servono a trasmettere l’informazione, o servono solo in parte a
trasmettere l’informazione, anche se naturalmente l’informazione è la condizione perché la
comunicazione avvenga, questo è del tutto ovvio e diciamo è il motore del mezzo di
comunicazione, ma noi non andiamo in macchina per il divertimento di avere un motore
che gira, noi usiamo il motore che gira per andare in macchina, allora noi non usiamo i
mezzi di comunicazione per il divertimento di avere dell’informazione, noi usiamo
l’informazione per il piacere della comunicazione. Qual è il piacere principale della
comunicazione? E’ essenzialmente lo stare assieme, il mettersi in relazione, l’identificarsi
in un gruppo, quella che io ho chiamato qui comunità facendo un piccolo gioca
etimologico, pensate al momento in cui siamo, pensate ai mondiali, è vero che ci
interessano i risultati, ma molto di più ci interessa sentirci insieme a fare il tifo per la
Nazionale, pensate alla gente che si raduna in piazza a guardare il maxi schermo con la
partita, il piacere, il desiderio, l’uso di questa cosa non è quello di avere il risultato, se si
trasmettesse il risultato e basta si otterrebbe una comunicazione molto meno efficace. Vi
ricordo che quando si trasmettevano le partite del campionato di calcio sulla Rai, la Rai
dava tutti i risultati salvo quello della partita che avrebbe trasmesso, perché in questa
maniera toglieva il gusto, pensate al cinema, certo non andiamo al cinema a vedere un
giallo per sapere chi è l’assassino, se qualcuno ci dice chi è l’assassino all’inizio ci rovina il
piacere. La cosa che ci interessa, molto più che sapere delle cose, è l’essere assieme a
condividere delle cose. Questa tendenza è largamente presente nella tecnologia della
comunicazione contemporanea, pensate al modo in cui si usa Internet, le chat, le
comunità, il gioco, pensate ai messaggini, pensate anche al modo in cui si usa la telefonia
normale, fino a 6/7 anni fa, quando la telefonia cellulare era nuova, tutti prendevano il giro
il povero signore che telefonava alla moglie dicendo: “Come stai?” oppure “Butta la pasta!”
e cose del genere, ma il telefono serve esattamente a questo, non serve a dire: ”C’è stata
la battaglia di Waterloo e Napoleone ha vinto”, grande notizia ovviamente falsa; il telefono
serve molto di più, e credo sia facile trovare dei dati su questo punto di vista, a regolare
reciprocamente e collettivamente il proprio comportamento. Pensate anche al vostro
comportamento non lavorativo, ovviamente qui siamo un pubblico un po’ speciale, che ha
dei comportamenti un po’ speciali, ma la massa del pubblico gioca essenzialmente con i
mezzi per coordinare il proprio comportamento, per identificarsi in una collettività, come
quella dei lettori di un certo giornale ecc.…, e per sostenere amicizie, gruppi, famiglie e
cose di questo tipo. Quindi il tema che io vorrei sottoporvi qui riguarda la funzione
principale delle tecnologie, che è la comunicazione e non l’informazione, e la
comunicazione è essenzialmente questa attività di ponte, di rete che noi tutti pratichiamo
continuamente, compresa la rete rappresentata dagli uffici e il lavoro, oltre alla famiglia. A
questo punto, vorrei introdurre brevemente un terzo concetto che forse serve a spiegare
meglio quello che è accaduto con i mezzi, i successi, i fallimenti, le cose che sono andate
bene, le cose che sono andate male, e può servire anche a farci capire meglio come
andranno le cose in futuro. Si tende a dire che non sappiamo cosa fa l’utente, non
sappiamo cosa fa il consumatore, il comportamento del consumatore è imprevedibile, io
sostengo che il comportamento del consumatore è abbastanza prevedibile, perché
abbastanza razionale, purché si tenga presente con chiarezza il suo punto di vista. Uno
dei modi per capire il suo punto di vista è quello di pensarlo come il titolare di una specie
di bilancio, che però è un bilancio complesso, non è un bilancio semplice. In questo
bilancio vi sono delle poste attive, delle cose che in qualche modo l’utente prende dalla
comunicazione, dai mezzi di comunicazione, che chiede ai mezzi di comunicazione, e vi è,
senza dubbio, una quota di informazione, che però va misurata con le altre possibili fonti di
informazione disponibile. Faccio un esempio molto concreto: sarà difficile che chi non è
collegato ad Internet, lo usi per trovare un numero di telefono, perché l’elenco del telefono
è più comodo e continuerà ad essere più comodo per sempre, e così per mille altre cose,
allora è chiaro che il consumatore, l’utente confronta le fonti di informazione e sceglie
quella più comoda, quella più semplice e quella più economica. L’altro aspetto che va
fortemente sottolineato sulla posta attiva del bilancio dell’utente è la capacità di essere in
rete, di essere in comunicazione, di essere in comunità, di essere socializzato, da questo
punto di vista, anche questa è un posta che si confronta con altre possibili relazioni, in
particolare con altre possibili fonti di comunicazione che possono essere quelle più
tradizionali, se si tratta di fare una telefonata da casa naturalmente l'utente farà più
facilmente una telefonata sul telefono fisso piuttosto che sul cellulare, sempre che i costi
restino quelli che sono. Sul piano della posta passiva di questo bilancio dell’utente,
abbiamo da un lato, ovviamente, la questione economica, è chiaro per chiunque abbia,
come me, dei figli adolescenti, che questi, avendo un budget piccolo, calcolino la loro
possibilità di fare telefonate, di mandare messaggini o di fare quella cosa gratuita e un po’
buffa, che magari dà fastidio a chi vende queste cose, che sono gli squilli, e che però
servono fortemente a dire che io sono qui tu sei lì, siamo assieme, siamo amici e cose di
questo tipo. Ed è del tutto evidente, osservando il comportamento di questo gruppo che è
un gruppo importante che la scelta è una scelta economica, cioè volendo stare assieme,
volendo fare comunità si sceglie il modo che sia il più economico possibile, questo perché
loro hanno un bilancio molto piccolo, però in realtà una considerazione di questo tipo
andrebbe fatta anche su bilanci di tipo familiare, su bilanci utenti un po’ più grossi. E’
chiaro che vi è un forte limite economico alla possibilità di uso delle tecnologie, che limita
questo problema della comunità dell’informazione. Pensate a come è esploso Internet
quando è diventato gratuito, pensate a come sono esplosi i cellulari quando sono arrivate
le schede pre-pagate, pensate anche a come è esplosa la comunicazione interurbana,
quando è calato il costo e così via. Un’altra posta di questo passivo di bilancio sono i costi
di attenzione, è chiaro che a parità di altri fattori è molto importante la richiesta che ci
viene fatta di attenzione e competenza. I nuovi mezzi non possono funzionare se non
sono in grado di chiedere poca attenzione o di basarsi su una competenza che è già data,
questa è la ragione per cui vi sono quelle metafore di cui vi parlavo prima, che in
particolare ricapitolano i mezzi precedenti e questa è la regione per cui una strategia di
trasparenza e di semplicità è sempre premiata all’inizio di un nuovo mezzo. Questa è la
ragione per cui per esempio si sono affermati così facilmente i cellulari, che non
necessitavano affatto che si imparasse qualche cosa per il loro uso fondamentale, se si
andasse a guardare il rapporto tra l’uso dei cellulari sulle funzioni fondamentali, cioè sulla
telefonata, e sulle funzioni più complesse, si scoprirebbe che i costi di attenzione spesso
impediscono di usare funzioni più complesse, semplicemente perché la gente non ha
voglia di passare delle ore sul libretto delle istruzioni, questo è il classico caso dei video
registratori o dei DVD ricchissimi e complicatissimi, che noi non usiamo perché non
abbiamo voglia di studiare queste cose. Vi sono dei costi e dei vantaggi di tempo, una
delle distinzioni nella storia della tecnologia è fra le tecnologie time-saving e tecnologie
time-wasting, non è vero che noi scegliamo solo tecnologie time-saving, vi sono tante cose
che ci fanno risparmiare del tempo e che noi usiamo per poi usare delle tecnologie che
invece servono per occupare il tempo, la televisione è una tecnologia essenzialmente
time-wasting, però questo spreco di tempo è uno spreco strutturato, organizzato che gli dà
forma. Un ultimo punto che vi voglio dire è quello dei costi percettivi, non è detto che a
parità di informazione, a parità di comunità, a parità di costo, di attenzione, due mezzi
siano uguali se usano canali percettivi diversi. I canali percettivi sono preziosi, hanno
caratteristiche particolari, è una cosa di cui ha già parlato McLuhann, il fondatore di questi
studi 50 anni fa, non è possibile sempre usare in maniera indifferente l’immagine ed i
suoni, per esempio. Esiste una tecnologia affermatissima, che tutti quanti conosciamo ed
usiamo, di trasporto i suoni, si tratta di radioline, di walkman e cose del genere, mentre la
tecnologia del trasporto delle immagini, anche se c’è perché esistono le televisioni portatili,
in realtà ha avuto molto meno successo perché i costi percettivi, il bisogno di concentrare
l’attenzione in un canale ad esclusione degli altri è molto più forte nel caso delle immagini,
che nella comunicazione di tipo sonora. In conclusione, è chiaro che le tecnologie
andranno avanti perché questa è la grande onda, è chiaro che vi saranno delle
applicazioni che andranno bene, delle applicazioni che andranno male, non bisogna
pensare che le applicazioni che andranno bene saranno quelle tecnologicamente migliori
semplicemente con buoni contenuti, ma saranno quelle che risponderanno a dei bisogni o
a dei desideri da parte degli utenti; questi bisogni, questi desideri in definitiva, pur essendo
variamente strutturati, vanno considerati come razionali e vanno considerati come il
risultato di un calcolo in qualche modo di bilancio da parte dei consumatori. Quindi, chi
saprà fare questi conti in maniera più attenta, chi saprà tenere conto di queste esigenze in
maniera più precisa probabilmente nella competizione fra coloro che producono e
diffondono tecnologie sarà colui che vincerà. ”