Ugo Volli Uno sviluppo a tre velocità. Tecnologia business e programmazione delle TLC

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“Uno sviluppo a tre velocità: tecnologia, business e programmazione delle TLC nella corsa verso il futuro” Atti del Convegno Prof. Ugo Volli Presidente corso di laurea in Comunicazione di Massa e Multimediale Università di Torino “Trovo abbastanza interessante la possibilità di un dialogo fra chi studia queste cose a livello accademico di Istituti di Ricerca e chi deve praticarle, chi deve innovare, chi deve poi concretamente fare business su queste cose. Io penso che l’utilità di queste nostre tre relazioni, la mia in particolare, sia quella di fornire alcuni indizi, alcune domande, di fronte ad una situazione che a me sembra sostanzialmente di disorientamento, cioè non si sa bene che cosa succede, questo è il grande problema, è un momento un po’ sospeso. Vi è l’impressione di un grande sviluppo tecnologico e che in questo momento non si sappia bene se le cose andranno avanti alla stessa maniera, con la stessa velocità, se rallenteranno, se vi è una specie di vuoto d’aria nel volo della tecnologia. Allora io penso che un minimo di passa indietro, di riflessione, guardare le cose un pochino più da lontano, rispetto al giorno per giorno del business, possa essere utile, anche per tranquillizzare, da un certo punto di vista, e comunque per capire un po’ lo sfondo su cui ci muoviamo tutti, uno sfondo che non abbiamo modo di guardare, tanto meno voi che siete obbligati a lavorare concretamente giorno per giorno e spesso non avete il tempo di guardare. Io parlerò di tre cose e questo mio scenario sarà composto di tre grandi temi. Un tema è storico, uno dei vizi della nostra accademia, della nostra mentalità è quello di guardare un po’ indietro e di capire le cose sul fondo della storia, credo che questo si fondamentale per quanto riguarda la Comunicazioni e le Telecomunicazioni, credo che

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semiotica dela televisione e dei media

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“Uno sviluppo a tre velocità: tecnologia, business e programmazione delle TLC

nella corsa verso il futuro”

Atti del Convegno

Prof. Ugo Volli

Presidente corso di laurea in Comunicazione di Massa e MultimedialeUniversità di Torino

“Trovo abbastanza interessante la possibilità di un dialogo fra chi studia queste cose a

livello accademico di Istituti di Ricerca e chi deve praticarle, chi deve innovare, chi deve

poi concretamente fare business su queste cose. Io penso che l’utilità di queste nostre tre

relazioni, la mia in particolare, sia quella di fornire alcuni indizi, alcune domande, di fronte

ad una situazione che a me sembra sostanzialmente di disorientamento, cioè non si sa

bene che cosa succede, questo è il grande problema, è un momento un po’ sospeso. Vi è

l’impressione di un grande sviluppo tecnologico e che in questo momento non si sappia

bene se le cose andranno avanti alla stessa maniera, con la stessa velocità, se

rallenteranno, se vi è una specie di vuoto d’aria nel volo della tecnologia. Allora io penso

che un minimo di passa indietro, di riflessione, guardare le cose un pochino più da

lontano, rispetto al giorno per giorno del business, possa essere utile, anche per

tranquillizzare, da un certo punto di vista, e comunque per capire un po’ lo sfondo su cui ci

muoviamo tutti, uno sfondo che non abbiamo modo di guardare, tanto meno voi che siete

obbligati a lavorare concretamente giorno per giorno e spesso non avete il tempo di

guardare. Io parlerò di tre cose e questo mio scenario sarà composto di tre grandi temi. Un

tema è storico, uno dei vizi della nostra accademia, della nostra mentalità è quello di

guardare un po’ indietro e di capire le cose sul fondo della storia, credo che questo si

fondamentale per quanto riguarda la Comunicazioni e le Telecomunicazioni, credo che

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guardare le cose sotto il profilo storico sia molto importante e, da un certo punto di vista.

sia molto tranquillizzante. Il secondo tema che vorrei sfiorare, nel tempo che mi è dato, è

quello degli usi della Comunicazione, dell’utilità, del modo in cui il pubblico, per il quale

tutte queste cose poi sono fatte, usa concretamente la Comunicazione, è un argomento su

cui spesso si pensa poco, spesso si fornisce il servizio aspettando di vedere cosa ne

faranno gli utenti, ma non si capisce bene perché e come, in generale, viene usata la

Comunicazione. Un terzo elemento di riflessione che vi propongo specifica questo tema in

quello che ho chiamato bilancio utente e vedremo bene che cosa vuol dire.

Allora il primo tema e quello storico. Noi pensiamo di essere nel pieno di una rivoluzione

tecnologica, un luogo comune dice che siamo in un momento di rash tecnologico. Non è

vero. Di fatto noi siamo in una parte avanzata ancora importante, ancora attiva di una

lunghissima evoluzione tecnologica, che dura circa da due secoli. Bisogna tornare all’inizio

dell’Ottocento per vedere l’inizio della svolta che noi viviamo e, se possiamo fare un gesto

di umiltà, i momenti più intensi, i più creativi della grande espansione delle tecnologie, di

cui noi siamo gli eredi, gli amministratori e gli innovatori, non è avvenuta l’altro ieri, non è

avvenuta ieri, non avviene oggi, è avvenuta proprio nell’Ottocento. Nella slide che vedete

vi sono alcune date. Ho diviso questo piccolo momento storico in tre pezzi. Il primo grande

momento di evoluzione tecnologica, il momento veramente cruciale avviene tra il 1825 e il

1837, in quegli anni si inventano i primi strumenti tecnologici di comunicazione fisica,

perché la Comunicazione è prima di tutto comunicazione fisica, trasporto di atomi, non

trasporto di bite, per usare la metafora di Negroponte, si inventa anche il primo sistema

tecnologico di comunicazione relativa alle immagini, quindi il primo sistema di simulazione

tecnologico, che è la fotografia, e si inventano i primi sistemi tecnologici di comunicazione

di eventi, notizie ecc.…, attraverso l’elettricità, che è il telegrafo elettrico. L’invenzione

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della ferrovia e delle navi a vapore, l’invenzione della fotografia, l’invenzione del telegrafo

elettrico danno origine ai grandi filoni della Comunicazione moderna, cioè la

comunicazione fisica, la simulazione, l’ambito della rappresentazione e simulazione, e

l’ambito della trasmissione mediatica. Segue un periodo di 30/40 anni in cui queste cose

vengono lentamente assorbite, in cui lentamente si passa ad elaborare queste cose, a

diffonderle, a renderle popolari, ad esempio la fotografia è del ’27, ma il dagherrotipo è del

’40, quindi lentamente queste cose si stabilizzano, trovano la tecnologia efficace ecc…

Il secondo grande importantissimo impulso, il secondo momento di grande innovazione

tecnologica, cui noi assistiamo, è di circa sessanta anni dopo, è l’ultimo decennio

dell’Ottocento. In quei 12/15 anni nasce il telefono, come vedete, il cinema, la radio e

l’aeroplano e, nel frattempo, si stabilizzano anche i mass-media come noi li intendiamo, ho

indicato i commi sui giornali per parlare di un tipo di contenuti, e anche qui abbiamo uno

sviluppo, un salto tecnologico fondamentale importantissimo della comunicazione

mediatica, della comunicazione fisica e della capacità di trasmissione di informazioni

attraverso strumenti di tipo elettronico. Se ci pensate sono di nuovo 10/15 anni in cui tutto

cambia in maniera radicale. Naturalmente, anche questi mezzi diventano lentamente

operativi e lentamente trovano la loro identità. Pensiamo al caso della radio, che è molto

significativo: nel ’96 Marconi trasmette i primi segnale radio, i primi segnali voce, cioè la

capacità di trasmettere la voce attraverso la radio, arrivano dopo una decina di anni circa e

all’inizio Marconi è molto irritato, combatte duramente contro il fatto di trasmettere un

segnale radio che possono sentire tutti, lui vorrebbe che la radio fosse come il telefono,

cosa che è poi successa perché i cellulari, in realtà, sono radio, e sono radio a due punti, e

lui vorrebbe questo, ma la radio è invece circolare, arriva dappertutto e non sa come

usarla. Si inizia ad usarla 25 anni dopo, verso il 1920, quando in America qualcuno ha

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l’idea di fare la radio diffusione circolare, cioè di trasmettere musica, questa è la “killer

application”, che viene sentita da tutti. Quindi, 25 anni per passare dalla invenzione

tecnologica già operativa all’uso business e al commercio di questa faccenda, per

l’aeroplano le cose vanno un po’ più veloci, poiché già nella prima guerra mondiale gli

aeroplani servono, per il cinema si va molto più veloci, quindi le velocità sono diverse.

L’impulso successivo che noi troviamo è quello degli ‘70/’80 quando arriva il personal

computer, in qualche modo Arpanet diventa Internet, si elaborano i primi browser e si

diffonde la telefonia mobile.

Anche lì abbiamo un impulso, ma nettamente più debole sul piano dell’innovazione

rispetto a quelli di cui abbiamo parlato prima; è comunque un impulso di forte innovazione

è passato da una decina di anni, e oggi siamo in una fase importantissima, che non è per

nulla una fase passiva, di elaborazione, adattamento e utilizzazione delle nuove

tecnologie, non siamo in una fase di creazione, ma in una fase di sviluppo, piuttosto che di

ricerca. La cosa importante da dire è che ogni impulso di innovazione tecnologica si

somma ai precedenti, senza annullarli, senza sostituirli, in realtà oggi noi scriviamo a

mano più di quanto si sia mai scritto probabilmente nella storia dell’umanità, forse anche

gli scalpellini che sono la tecnologia dominante della comunicazione ai tempi di Roma

antica ci sono più oggi che a quei tempi, certamente abbiamo più stampa oggi, e più libri

oggi di quanti ve ne fossero nel 1800. Alcuni fenomeni di conservazione dei mezzi sono

straordinari, tutti pensavano che la radio sarebbe stata uccisa dalla televisione verso gli

anni ’30, in realtà la radio non solo è sopravvissuta alla televisione, ma è prospera per vie

estranee, prospera anche come sappiamo anche per Internet. Quindi, l’innovazione

tecnologica procede cumulativamente e procede secondo la forma caratteristica che è la

curva logistica, che qui vedete nel caso di un’applicazione commerciale, cioè della

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diffusione, della vendita di un computer, abbiamo due curve caratteristiche, la logistica

della curva ad S che mostra come si procede alla diffusione, alle vendite di un computer o

di un’applicazione, la curva a campana, che è la curva classica della distribuzione normale

in statistica, che mostra in qualche modo il tasso di innovazione, raddrizzando questa

curva e considerando la percentuale rispetto all’innovazione totale otteniamo una retta, la

cosa interessante è che la diffusione dell’innovazione tecnologica funziona esattamente

come il contagio, funziona secondo logiche virali, in questo caso vi mostro sulla slide la

curva della peste di Londra, qui di seguito avete il numero delle prime stampe della Bibbia

nelle diverse lingue, si vede che il modo in cui si afferma un nuovo prodotto commerciale,

il modo in cui si afferma una nuova tecnologia, il modo in cui si diffonde un’idea o una

malattia ecc… seguono la stessa logica, che è una logica in qualche modo di contatto, una

logica cumulativa che ad un certo punto raggiunge il suo vertice, la differenza è che la

malattia, sia che la gente guarisca o muoia tutta, ad un certo punto finisce, mentre le

tecnologie non finiscono, ma si assestano su un certo livello.

Qual è la conclusione di questo discorso? Io credo sia una conclusione abbastanza

tranquillizzante, da un certo punto di vista, non siamo di fronte ad un fenomeno effimero,

l’esplosione tecnologica, il cambiamento, la rivoluzione cui crediamo di assistere non è

una bolla, al contrario dell’economia, non è una cosa che è scoppiata, si è espansa e che

rischia di implodere in seguito, è un grande movimento sociale, tutto sommato è il grande

movimento sociale, nel senso che anche l’espansione politica e sociale delle nostre

società dipende da questa.

L’espansione delle comunicazioni in senso largo è stata tutto sommato la tecnologia

dominante nella nostra Società, perché dobbiamo considerare anche le ferrovie, le auto,

gli aerei, si tratta sempre di comunicazione, di mettere in movimento le cose, ed è stata

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quella che ha retto l’economia fino ad oggi e, molto probabilmente, continuerà a farlo, non

ci sono ragioni per vedere la fine di questo processo.

Credo sia anche consolante la questione degli impulsi e delle pause, che vi ho fatto

notare, nel senso che vi è bisogno di tempi fisiologici per assimilare le diverse innovazioni,

questi impulsi fisiologici lentamente o meno lentamente si radicano; è appurato che il

periodo di latenza tra l’invenzione pura e la sua generalizzazione grosso modo si sta

restringendo, però sono periodi estremamente variabili, non si può pensare che

immediatamente si affermi l’innovazione, né si può pensare che immediatamente la

Società trovi il modo usare una tecnologia, ricordiamo che i computer erano stati pensati

come calcolatori e noi li usiamo poco per calcolare, mentre li usiamo per fare un sacco di

altre cose; vi ho detto che la radio era stata pensata per essere una specie di telefono, a

sua volta il telefono ebbe all’inizio una certa ostinazione perché si voleva cercare di farne

una specie di radio; vi fu un periodo in cui si pensava che il servizio dominante del telefono

fosse quello di sentire la musica da casa, di collegarsi ai concerti, di essere così una

specie di radio. Una delle cose divertenti è vedere il documento in cui Edison propose gli

usi possibili del fonografo, che poi è un’altra grande tecnologia che arriva fina ad oggi, fino

all’MP3, lui pensava che fosse una cosa buona, che poteva servire per i testamenti, per

sentire la voce dei defunti, pensate a tutte queste cose molto divertenti che piano piano

hanno portato a capire che poteva essere interessante sentire musica nelle case di tutti. Ci

si mette un po’, e questa è la cosa importante, non solo ad elaborare la tecnologia e a

renderla sufficientemente affidabile e anche sufficientemente economica per essere

diffusa, ma anche per capire che cosa si farà con le nuove tecnologie. L’altro aspetto

interessante è che i mezzi, le tecnologie si richiamano l’un l’altro, una volta che la

tecnologia diviene mezzo di comunicazione, lo fa di solito prendendo i vecchi mezzi di

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comunicazione come proprio oggetto, la televisione in qualche modo prende il cinema da

un lato, il teatro dall’altro come proprio oggetto, fa un po’ il mestiere del cinema e del

teatro, in questa maniera diventa comprensibile, per esempio, il varietà ripreso dal teatro,

ed è uno degli strumenti fondamentali della televisione, anche il cinema viene trasmesso

in televisione, i due mezzi interagiscono tra di loro e, in questa maniera, il nuovo mezzo

diviene più facilmente comprensibile. Un esempio del tutto ovvio è il cellulare che simula il

telefono inizialmente, che poi può trasformarsi, ma questa simulazione, o questa metafora

di un mezzo passato, è uno degli strumenti forti che consente ad una nuova tecnologia di

affermarsi. Perché una tecnologia diventi mezzo di comunicazione di massa deve

riprendere in qualche modo delle cose già note al pubblico. La ragione è questa: in realtà,

una nuova tecnologia ha di fronte due possibili strategie di presentazione. Può cercare di

cancellarsi, può cercare di essere trasparente, può cercare di non apparire, oppure può

cercare di apparire molto. La fotografia, ad esempio, quando è stata inventata, era un

mezzo che si presentava trasparente non aveva bisogno di essere utilizzato in nessun

modo, al lato opposto il computer, in particolare Internet, nel momento in cui si è

presentato era molto opaco, pensate al DOS, ai comandi di stringa, e anche ora, dopo

trenta anni circa di elaborazione che si sforza di rendere le cose facili, è fortemente

presente perché rispetto ad un’immagine, a ogni partecipazione ecc.…, noi abbiamo barre

di comando, allora se la prima strategia, che è quella della trasparenza, la possiamo

chiamare “immediatezza” giocando sulla parola media, la seconda strategia, che è quella

di farsi presente, la possiamo chiamare “ipermediazione”. Le tecnologie sono sempre in

equilibrio tra ipermediazione e immediatezza nella loro presenza sociale, vi è una spinta

naturale verso l’immediatezza, cioè verso la facilità, spesso però la facilità produce ad un

certo punto noia e stanchezza e i mezzi si iper-mediano, non se qualcuno di voi ha sentito

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parlare di quel grande fenomeno che ha dominato la televisione negli ultimi anni che si

chiama neo-televisione, secondo un concetto di Eco. La neo-televisione è una televisione

che parla di se stessa, che si parla addosso, che si fotografa, che si mostra, che invece di

essere una finestra sul mondo, come si presentava prima, mostra un mondo dentro se

stessa, invece di essere un pezzo del mondo che raffigura, diventa un contenitore del

mondo, pensate ai talk-show, pensate in qualche modo al Grande Fratello. La televisione

è passata, in questi ultimi 10/15 anni, da una sensazione di immediatezza, in cui

sostanzialmente non voleva essere vista se non come finestra, ad una sensazione di

ipermediazione in cui continuamente sottolinea la propria presenza. Questa dialettica tra

immediatezza e ipermediazione è una dialettica importante, perché è quella che consente

al consumatore, all’utente della comunicazione di usare i mezzi.

Arriviamo a questo punto al mio secondo tema che è quello degli usi della comunicazione.

Normalmente, gli ingegneri pensano spesso così, si dice che la Comunicazione serve a

trasmettere informazione e si tratta di trovare i fatidici contenuti, che sarebbero

l’informazione che deve essere trasmessa dalla comunicazione. A costo di dire qui un’altra

eresia, vorrei sostenere che l’informazione non è importante, che in realtà le tecnologie

della comunicazione non servono a trasmettere l’informazione, o servono solo in parte a

trasmettere l’informazione, anche se naturalmente l’informazione è la condizione perché la

comunicazione avvenga, questo è del tutto ovvio e diciamo è il motore del mezzo di

comunicazione, ma noi non andiamo in macchina per il divertimento di avere un motore

che gira, noi usiamo il motore che gira per andare in macchina, allora noi non usiamo i

mezzi di comunicazione per il divertimento di avere dell’informazione, noi usiamo

l’informazione per il piacere della comunicazione. Qual è il piacere principale della

comunicazione? E’ essenzialmente lo stare assieme, il mettersi in relazione, l’identificarsi

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in un gruppo, quella che io ho chiamato qui comunità facendo un piccolo gioca

etimologico, pensate al momento in cui siamo, pensate ai mondiali, è vero che ci

interessano i risultati, ma molto di più ci interessa sentirci insieme a fare il tifo per la

Nazionale, pensate alla gente che si raduna in piazza a guardare il maxi schermo con la

partita, il piacere, il desiderio, l’uso di questa cosa non è quello di avere il risultato, se si

trasmettesse il risultato e basta si otterrebbe una comunicazione molto meno efficace. Vi

ricordo che quando si trasmettevano le partite del campionato di calcio sulla Rai, la Rai

dava tutti i risultati salvo quello della partita che avrebbe trasmesso, perché in questa

maniera toglieva il gusto, pensate al cinema, certo non andiamo al cinema a vedere un

giallo per sapere chi è l’assassino, se qualcuno ci dice chi è l’assassino all’inizio ci rovina il

piacere. La cosa che ci interessa, molto più che sapere delle cose, è l’essere assieme a

condividere delle cose. Questa tendenza è largamente presente nella tecnologia della

comunicazione contemporanea, pensate al modo in cui si usa Internet, le chat, le

comunità, il gioco, pensate ai messaggini, pensate anche al modo in cui si usa la telefonia

normale, fino a 6/7 anni fa, quando la telefonia cellulare era nuova, tutti prendevano il giro

il povero signore che telefonava alla moglie dicendo: “Come stai?” oppure “Butta la pasta!”

e cose del genere, ma il telefono serve esattamente a questo, non serve a dire: ”C’è stata

la battaglia di Waterloo e Napoleone ha vinto”, grande notizia ovviamente falsa; il telefono

serve molto di più, e credo sia facile trovare dei dati su questo punto di vista, a regolare

reciprocamente e collettivamente il proprio comportamento. Pensate anche al vostro

comportamento non lavorativo, ovviamente qui siamo un pubblico un po’ speciale, che ha

dei comportamenti un po’ speciali, ma la massa del pubblico gioca essenzialmente con i

mezzi per coordinare il proprio comportamento, per identificarsi in una collettività, come

quella dei lettori di un certo giornale ecc.…, e per sostenere amicizie, gruppi, famiglie e

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cose di questo tipo. Quindi il tema che io vorrei sottoporvi qui riguarda la funzione

principale delle tecnologie, che è la comunicazione e non l’informazione, e la

comunicazione è essenzialmente questa attività di ponte, di rete che noi tutti pratichiamo

continuamente, compresa la rete rappresentata dagli uffici e il lavoro, oltre alla famiglia. A

questo punto, vorrei introdurre brevemente un terzo concetto che forse serve a spiegare

meglio quello che è accaduto con i mezzi, i successi, i fallimenti, le cose che sono andate

bene, le cose che sono andate male, e può servire anche a farci capire meglio come

andranno le cose in futuro. Si tende a dire che non sappiamo cosa fa l’utente, non

sappiamo cosa fa il consumatore, il comportamento del consumatore è imprevedibile, io

sostengo che il comportamento del consumatore è abbastanza prevedibile, perché

abbastanza razionale, purché si tenga presente con chiarezza il suo punto di vista. Uno

dei modi per capire il suo punto di vista è quello di pensarlo come il titolare di una specie

di bilancio, che però è un bilancio complesso, non è un bilancio semplice. In questo

bilancio vi sono delle poste attive, delle cose che in qualche modo l’utente prende dalla

comunicazione, dai mezzi di comunicazione, che chiede ai mezzi di comunicazione, e vi è,

senza dubbio, una quota di informazione, che però va misurata con le altre possibili fonti di

informazione disponibile. Faccio un esempio molto concreto: sarà difficile che chi non è

collegato ad Internet, lo usi per trovare un numero di telefono, perché l’elenco del telefono

è più comodo e continuerà ad essere più comodo per sempre, e così per mille altre cose,

allora è chiaro che il consumatore, l’utente confronta le fonti di informazione e sceglie

quella più comoda, quella più semplice e quella più economica. L’altro aspetto che va

fortemente sottolineato sulla posta attiva del bilancio dell’utente è la capacità di essere in

rete, di essere in comunicazione, di essere in comunità, di essere socializzato, da questo

punto di vista, anche questa è un posta che si confronta con altre possibili relazioni, in

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particolare con altre possibili fonti di comunicazione che possono essere quelle più

tradizionali, se si tratta di fare una telefonata da casa naturalmente l'utente farà più

facilmente una telefonata sul telefono fisso piuttosto che sul cellulare, sempre che i costi

restino quelli che sono. Sul piano della posta passiva di questo bilancio dell’utente,

abbiamo da un lato, ovviamente, la questione economica, è chiaro per chiunque abbia,

come me, dei figli adolescenti, che questi, avendo un budget piccolo, calcolino la loro

possibilità di fare telefonate, di mandare messaggini o di fare quella cosa gratuita e un po’

buffa, che magari dà fastidio a chi vende queste cose, che sono gli squilli, e che però

servono fortemente a dire che io sono qui tu sei lì, siamo assieme, siamo amici e cose di

questo tipo. Ed è del tutto evidente, osservando il comportamento di questo gruppo che è

un gruppo importante che la scelta è una scelta economica, cioè volendo stare assieme,

volendo fare comunità si sceglie il modo che sia il più economico possibile, questo perché

loro hanno un bilancio molto piccolo, però in realtà una considerazione di questo tipo

andrebbe fatta anche su bilanci di tipo familiare, su bilanci utenti un po’ più grossi. E’

chiaro che vi è un forte limite economico alla possibilità di uso delle tecnologie, che limita

questo problema della comunità dell’informazione. Pensate a come è esploso Internet

quando è diventato gratuito, pensate a come sono esplosi i cellulari quando sono arrivate

le schede pre-pagate, pensate anche a come è esplosa la comunicazione interurbana,

quando è calato il costo e così via. Un’altra posta di questo passivo di bilancio sono i costi

di attenzione, è chiaro che a parità di altri fattori è molto importante la richiesta che ci

viene fatta di attenzione e competenza. I nuovi mezzi non possono funzionare se non

sono in grado di chiedere poca attenzione o di basarsi su una competenza che è già data,

questa è la ragione per cui vi sono quelle metafore di cui vi parlavo prima, che in

particolare ricapitolano i mezzi precedenti e questa è la regione per cui una strategia di

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trasparenza e di semplicità è sempre premiata all’inizio di un nuovo mezzo. Questa è la

ragione per cui per esempio si sono affermati così facilmente i cellulari, che non

necessitavano affatto che si imparasse qualche cosa per il loro uso fondamentale, se si

andasse a guardare il rapporto tra l’uso dei cellulari sulle funzioni fondamentali, cioè sulla

telefonata, e sulle funzioni più complesse, si scoprirebbe che i costi di attenzione spesso

impediscono di usare funzioni più complesse, semplicemente perché la gente non ha

voglia di passare delle ore sul libretto delle istruzioni, questo è il classico caso dei video

registratori o dei DVD ricchissimi e complicatissimi, che noi non usiamo perché non

abbiamo voglia di studiare queste cose. Vi sono dei costi e dei vantaggi di tempo, una

delle distinzioni nella storia della tecnologia è fra le tecnologie time-saving e tecnologie

time-wasting, non è vero che noi scegliamo solo tecnologie time-saving, vi sono tante cose

che ci fanno risparmiare del tempo e che noi usiamo per poi usare delle tecnologie che

invece servono per occupare il tempo, la televisione è una tecnologia essenzialmente

time-wasting, però questo spreco di tempo è uno spreco strutturato, organizzato che gli dà

forma. Un ultimo punto che vi voglio dire è quello dei costi percettivi, non è detto che a

parità di informazione, a parità di comunità, a parità di costo, di attenzione, due mezzi

siano uguali se usano canali percettivi diversi. I canali percettivi sono preziosi, hanno

caratteristiche particolari, è una cosa di cui ha già parlato McLuhann, il fondatore di questi

studi 50 anni fa, non è possibile sempre usare in maniera indifferente l’immagine ed i

suoni, per esempio. Esiste una tecnologia affermatissima, che tutti quanti conosciamo ed

usiamo, di trasporto i suoni, si tratta di radioline, di walkman e cose del genere, mentre la

tecnologia del trasporto delle immagini, anche se c’è perché esistono le televisioni portatili,

in realtà ha avuto molto meno successo perché i costi percettivi, il bisogno di concentrare

l’attenzione in un canale ad esclusione degli altri è molto più forte nel caso delle immagini,

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che nella comunicazione di tipo sonora. In conclusione, è chiaro che le tecnologie

andranno avanti perché questa è la grande onda, è chiaro che vi saranno delle

applicazioni che andranno bene, delle applicazioni che andranno male, non bisogna

pensare che le applicazioni che andranno bene saranno quelle tecnologicamente migliori

semplicemente con buoni contenuti, ma saranno quelle che risponderanno a dei bisogni o

a dei desideri da parte degli utenti; questi bisogni, questi desideri in definitiva, pur essendo

variamente strutturati, vanno considerati come razionali e vanno considerati come il

risultato di un calcolo in qualche modo di bilancio da parte dei consumatori. Quindi, chi

saprà fare questi conti in maniera più attenta, chi saprà tenere conto di queste esigenze in

maniera più precisa probabilmente nella competizione fra coloro che producono e

diffondono tecnologie sarà colui che vincerà. ”