Riflessi dall’infanzia - Vito Finocchiaro

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“Nelle sfumature piegate dagli alberi, la vista ondeggiava tra i riverberi delle ombre, estendendo la sua sottile percezione verso lo specchio dell'altra me. Mi aspettava al varco: un rewind nei meandri della memoria a risanare antiche ferite riapparse nei luoghi e negli spazi dove la luce trascendente si rifrange nell'immanente”. Riflessi dall'infanzia è il titolo della mostra realizzata dal fotografo italiano Vito Finocchiaro, visitabile sino al 30 marzo, nell'ambito della rassegna Orvieto Fotografia 2015, organizzata dal Fiof. Gli scatti sono accompagnati dalla narrazione scritta da Caterina M. Licciardello, addetto stampa di PLS, puntolineasuperficie visual art management.

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Vito Finocchiaro Riflessi dall’infanzia Rewind introspettivo in tempi e spazi ritrovati

Vito Finocchiaro

Quel giorno mi svegliai in mezzo alla radura. Una distesa di aghi di pino odorava di resina e linfa mentre i rami vagheggiavano sotto l'esile soffio di vento. Il silenzio, tutt'intorno, mi guidava al di là della porta dei sogni. C'ero e ci sono ancora: la naturale conseguenza di colei che già è. Lì, ero riflessa in me, nelle mie inquietudini, introspezioni scavate dentro le imperfezioni dell'anima. Lo spirito risuonava nel petto aprendo la strada all'altra parte di me, quella che dorme, di tanto in tanto, per riposare da battaglie non volute né cercate. E' il corpo a bramare ogni cosa: la guerra quotidiana tra l'essere e l'avere. Una via di fuga non serve per continuare il cammino. E' un percorso obbligato per chi sale sullo sgabello della coscienza, linfa grezza che scorre, dal tronco alle foglie, fino alla mente a portare il nutrimento essenziale, seppur imperfetto, di liquidi e vapori invisibili, evanescenti ma necessari ad oltrepassare la soglia della conoscenza. Nelle sfumature piegate dagli alberi, la vista ondeggiava tra i riverberi delle ombre, estendendo la sua sottile percezione verso lo specchio dell'altra me. Mi aspettava al varco: un rewind nei meandri della memoria a risanare antiche ferite riapparse nei luoghi e negli spazi dove la luce trascendente si rifrange nell'immanente.

L'esigenza interiore incarna la realtà metafisica: Lei, quella che esiste senza pensare e non ha bisogno di nulla. Vive! Alza gli occhi al Cielo dopo aver incontrato la Terra. Non combatte la dicotomia: l'attraversa. Esteriorizza la sostanza e la forma: si manifesta. L'altra, invece, si perde, si cerca e si trova, si odia e si ama, si maledice e si benedice, si crea e si distrugge, si illumina e si spegne. Vuole prepotentemente sapere, conoscere, scoprire. Arde di vorticoso desiderio e corrode la sua pelle nell'invano tentativo di possedere tutto ad ogni costo. Muta la sua essenza in uno spettro, in cerca della propria anima sperduta nella selva della vita, e non si accorge ancora di quanto sia indispensabile il posto in cui si trova. I grovigli di rami e foglie sono passioni soffocate, gli odori penetranti delle resine sono emozioni ingabbiate nei ricordi, il sentiero tra gli alberi è il destino segnato dai guardiani del tempo.

Caterina M. Licciardello

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