PARLARE -> dire qualcosa a voce per mezzo di parole.

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Principi base di comunicazione. Tecniche di comunicazione verbale e non verbale.

Orientamento della comunicazione ai bisogni del gruppo di riferimento.

La leadership

Qual è la differenza tra

parlare e comunicare?PARLARE -> dire qualcosa a voce per mezzo di parole

COMUNICARE -> dal latino: [communicare],

mettere in comune, derivato di [commune],

propriamente, che compie il suo dovere con gli altri,

composto di [cum] insieme e [munis] ufficio, incarico, dovere,

funzione.

Consapevole delle proprie responsabilità e forte del proprio ruolo, la comunicazione è un'espressione sociale,

un mettere un valore al servizio di qualcuno o qualcosa fuori da sé: per comunicarenon basta

pronunciare, scrivere

o disegnare; la comunicazione avviene quando arriva,

quando l'espressione è compresa e diventa patrimonio comune

per la costruzione di una discussione, di un sapere, di una cultura.

PARLARE NON SIGNIFICA COMUNICARE

Nella comunicazione,qual è il peso delle parole,

dei toni di voce e del «non verbale»?

COMUNICAZIONE

7% VERBALE

38% PARAVERBALE

55% NON VERBALEUno studio condotto nel 1972 dallo psicologo statunitense Albert Mehrabian ("Non-verbal communication") ha mostrato che ciò che viene percepito in un messaggio vocale può essere così suddiviso:

Movimenti del corpo (soprattutto espressioni facciali) 55%Aspetto vocale (Volume, tono, ritmo) 38%Aspetto verbale (parole) 7%

Il linguaggio del corpo e quello verbale

sono interdipendenti.Nella comunicazione interpersonaleun ruolo fondamentale è giocato dal

NON VERBALE

«Il corpo parla una lingua che spesso esprime pensieri

e intenzionilontane da quelle

che la voce afferma;esprime

le emozioni più profondeche le parole non sanno o

non vorrebbero dire»Elio Vigorita in Primi elementi di comunicazione interpersonale, p. 497 ss., in Percorsi, esperienze, idee a cura di Maria Antonella Cocchiara

La comunicazione è condivisione,è interazione, è feed back.

Non è, quindi, solo passaggio unidirezionale

di notizie e di informazioni,Non è neppure divulgazione.

Nel processo comunicativo si trasferiscono significati da una persona ad altre

per influenzarnereciprocamente

il pensiero eil comportamento

Gli assiomi della comunicazione

Scuola di Palo AltoGregory Bateson, Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson:

gli assiomi della comunicazioneNON SI PUO’ NON COMUNICARE. IL SILENZIO!

Qualsiasi comportamento, in situazione di interazione tra persone, è ipso facto una forma di comunicazione.Qualsiasi atteggiamento diventa immediatamente portatore di significato per gli altri: ha dunque valore di messaggio.

Anche i silenzi, l’indifferenza, la passività e l’inattività sono forme di comunicazione al pari delle altre.

METACOMUNICAZIONEOgni comunicazione comporta di fatto un aspetto di metacomunicazione che determina la relazione tra i comunicanti.

Ad esempio, un individuo che proferisce un ordine esprime, oltre al contenuto (la volontà che l'ascoltatore compia una determinata azione), anche la relazione che intercorre tra chi comunica e chi è oggetto della comunicazione, nel caso particolare quella di superiore/subordinato.

Ogni comunicazione, oltre a trasmettere informazione, implica un impegno tra i comunicanti e definisce la natura della loro relazione. Pare che gli scambi comunicativi “patologici” siano caratterizzati da una lotta costante per definire i rispettivi ruoli e la natura della relazione, mentre

l’informazione trasmessa dai comunicanti passi nettamente in secondo piano (anche se questi ultimi sono inconsapevoli di ciò).L’aspetto di relazione di una comunicazione è definito dai termini in cui si presenta la comunicazione stessa, dal non-verbale che ad essa si accompagna e dal

contesto in cui questa si svolge.

LA PUNTEGGIATURALa natura di una relazione dipende anche dalla punteggiatura delle sequenze di scambi comunicativi tra i comunicanti.

Questa tende a differenziare la relazione tra gli individui coinvolti nell’interazione e a definire i loro rispettivi ruoli: essi punteggeranno gli scambi in maniera che questi risultino organizzati entro modelli di interazione più o meno convenzionali.

Watzlawick fa l’esempio della cavia da laboratorio che dice: “Ho addestrato bene il mio sperimentatore.Ogni volta che io premo la leva lui mi dà da mangiare”; quest’ultimo non accetta la punteggiatura che lo sperimentatore cerca di imporgli, secondo la quale è lo

sperimentatore stesso che ha addestrato la cavia e non il contrario.

COMUNICAZIONE NUMERICA E ANALOGICAIl quarto assioma attribuisce agli esseri umani la capacità di comunicare sia tramite un modulo comunicativo digitale (o numerico) sia con un modulo

analogico.L’aspetto di contenuto viene trasmesso essenzialmente con un modulo digitale, quello di relazione attraverso un modulo analogico.

Quando gli esseri umani comunicano per immagini la comunicazione è analogica; questa comprende tutta la comunicazione non-verbale.Quando comunicano usando le parole, la comunicazione segue il modulo digitale.

Questo perché le parole sono segni arbitrari e privi di una correlazione con la cosa che rappresentano, ma permettono una manipolazione secondo le regole della sintassi logica che li organizza.

Nella comunicazione analogica questa correlazione invece esiste: in ciò che si usa per rappresentare la cosa in questione è presente qualcos'altro di simile alla cosa stessa.

La comunicazione numerica possiede un grado di astrazione, di versatilità, nonché di complessità e sintassi logica enormemente superiore rispetto alla comunicazione analogica, ma anche dei grossi limiti per quanto riguarda la trasmissione dei messaggi sulla relazione tra i comunicanti; al contrario,

mentre la comunicazione analogica risulta molto più ricca e significativa quando la relazione è il problema centrale della comunicazione in corso, al tempo stesso può risultare ambigua a causa della mancanza di sintassi, di indicatori logici e spazio-temporali.

L’INTERAZIONE COMPLEMENTARE E SIMMETRICAQuest’ultimo assioma si riferisce ad una classificazione della natura delle relazioni che le suddivide in relazioni basate sull’uguaglianza oppure sulla

differenza.Nel primo caso si parla di relazioni simmetriche, in cui entrambi i partecipanti tendono a rispecchiare il comportamento dell’altro (ad es. nel caso della diade dirigente-dipendente), nel secondo si parla di relazioni complementari, in cui il comportamento di uno dei comunicanti completa quello dell’altro

(ad es. tra due dipendenti o tra due dirigenti).

Scuola di Palo AltoGregory Bateson, Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson:

gli assiomi della comunicazione

La comunicazione efficaceSaper comunicare è un’abilità.

Buoni/e comunicatori/trici

si diventa.Esercitarsi e studiare

migliora la capacità comunicativa,

il feed back (effetto di ritorno del messaggio)e la presa di coscienza delle potenzialità

comunicative.

L’obiettivo di un buon comunicatore è

entrare in relazione con chi ascolta.

Il risultato della comunicazione è il feed back che si riceve.

Elementi della comunicazione interpersonaleMessaggio: contenuto della comunicazione

Fonte del messaggio: emittente

Codifica del messaggio: è l'attività che svolge l'emittente per trasformare idee, concetti e immagini mentali in un messaggio comunicabile attraverso un codice condiviso

Canale di trasmissione: può essere inteso sia come il mezzo tecnico esterno al soggetto con cui il messaggio arriva (telefono, fax, posta ecc.)

sia come il mezzo sensoriale coinvolto nella comunicazione (udito e vista ecc.)

RiceventeDecodifica: è il percorso contrario svolto dal ricevente che trasforma il messaggio da codice in idee,

concetti e immagini mentali

Feed back: è l'interscambio che avviene tra ricevente ed emittente quando l'informazione di ritorno permette all'emittente di percepire se il messaggio è stato ricevuto, capito ecc

Rumore: disturbi della comunicazioneContesto

CONTESTOOgni comunicazione avviene sempre in

un contesto caratterizzatoda quattro dimensioni:

FisicaTemporale

SocialePsicologica

La comunicazione può essere:

Comunicazione verbale: utilizza le parole

Comunicazione non verbale: espressione dei volto, gesti, tono della voce, etc. E' meno facilmente sottoponibile a "censura",

e quindi tradisce gli effettivi sentimenti, stati d'animo, opinioni.

Comunicazione simbolica: il nostro modo di vestire, gli oggetti di cui ci circondiamo, etc, costituiscono una parte molto

significativa della nostra comunicazione

In ogni caso occorre fare molta attenzione perché non tutto quello che viene comunicato arriva al ricevente.Anzi, di solito:

Comunicazione verbale

Vuoi

dire

10

0

In realtà

dici 80Il ricevente ne

sente 50 (anche a causa dei

disturbi dell’ambiente

Ne capisce 30Ne ricorda 20

La comunicazione non verbale- È contestuale (avviene sempre in un preciso contesto)

- È comunicativa (non si può non comunicare)- È caratterizzata da più comportamenti e gesti

- È più credibile

Comunicazione non verbale

Il linguaggio del corpo1. Aspetto esteriore

2. Portamento/atteggiamento3. Mimica facciale

4. Gestualità5. Voce (volume e tono) http://www.youtube.com/watch?

v=12DksPBUIes&feature=player_detailpage

6. Distanza e gestione dello spazio

Quali sono i comportamenti

checaratterizzano un

Ascolto Attivo?

L’ENTUSIASMO èl’autentica forza della comunicazione:

“parliamo con la mente ma comunichiamo con il cuore”Una comunicazione efficace,

davvero interattiva e produttiva è una

comunicazione che genera un rapporto e con questo una possibilità di

cambiamento, una nuova prospettiva,

una nuova apertura che può diventarespesso un miglioramento.

Entrare in comunicazione ed in relazione con il nostro interlocutore

vuol direcercare di far combaciare

la mappa del nostro mondo con quella di chi ci sta di

fronte, significa andare al passo con i suoi ragionamenti.

Ascolto attivo significa giungere allaconoscenza del nostro interlocutore,

calibrarci su di lui.E’ chiaro che

una qualsiasi conoscenza dell’altro presuppone una preventiva

conoscenza di noi stessi.

Ma la conoscenza dell’altro non avviene soltanto

tramite l’osservazione ol’ascolto passivo che possiamo attuare.

Perché, affinché la comunicazioneproduca una reale e profonda conoscenza

del nostro interlocutore, è essenziale

entrare in un rapporto di empatia con lui.

è infatti il fattore cruciale di una comunicazioneefficace.

La comunicazione efficace si basa di fatto sull’accoglienza, sul coinvolgimento

personale, sulla responsabilità, sull’empatia, sulla fiducia.

L’ASCOLTO EMPATICO

“Abbiamo due orecchie e una lingua, per ascoltare il doppio e parlare la metà”(detto popolare)

“Un ascolto molto attento è un modo significativo di essere d’aiuto”(C. Roger)

PREVEDE:- la disponibilità a fare spazio dentro di noi- la valorizzazione della persona nostro

interlocutore, sede di potenzialità, talenti e progetti, punti di vista differenti

- l’individuazione dei suoi bisogni- la risposta accurata alle sue eventuali richieste d’aiuto, crescita, autorealizzazione.

L’ASCOLTO ACCOGLIENTE

La domanda fondamentale che deve richiamarci alla responsabilità della

comunicazione e della relazione con l’altro è dunque:

“Il silenzio interno è una strategia importante per ascoltare gli altri facendoli

accomodare nella nostra anima, e per ascoltare noi stessi,

percependo il nostro dialogo interiore. Se la nostra mente è affollata, preoccupata, agitata non

riusciamo ad ascoltare niente e nessuno”

“quanto ascolto l’altro?”

Attuare un ASCOLTO EMPATICO vuol dire :

- “Mettersi nei panni dell’altro”- “Camminare nelle sue scarpe”- “Vedere il mondo con i suoi occhi”- “Entrare in sintonia con l’altro”- “Sentire dentro di sé come sente l’altro”

1) Non aver fretta di arrivare alle conclusioni.2) Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista (per riuscire a vedere il tuopunto di vista, devi cambiare punto di vista!).3) Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva.4) Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio.5) Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili.6) Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione.7) Per essere un buon ascoltatore devi adottare una metodologia umoristica.

LE 7 REGOLE DELL’ARTE DI ASCOLTARE

I maggiore OSTACOLI all’ascolto possono essere attribuiti a :

- mancanza di tempo- egocentrismo- narcisismo- presunzione- pregiudizi- agitazione- disinteresse- assenza di una visione propria- carenza d’empatia

Nella comunicazione e relazione

l’ascolto è fondamentale. Esso è la

metà del dialogo.

Il DIALOGO presuppone:

1) Parità morale dei 2 interlocutori, quindi, reciproco rispetto.2) Tutti possono imparare e tutti possono insegnare qualcosa; in altri termini, non ci sono ruoli unidirezionali.3) La disponibilità ad imparare attraverso la ricerca comune .4) La reciprocità: ognuno può porre domande, fare osservazioni ed ascoltare le risposte.

La comunicazione efficace deve combattere alcune BARRIERE

OSTACOLI ALLA BUONA COMUNICAZIONE

ESEMPI PRATICI MESSAGGI IMPLICITI (significati relazionali)

Non sintonizzarsi.Non tenere conto dei feedback .

Mi tengo a distanza. Non mi fido. Non provo stima.I tuoi bisogni non sono importanti.

Interrompere. Sovrapporsi. Sono io che comando.

Seguire il proprio pensiero. Parlare a fiume. Invadere lo spazio. Fare un monologo.

Non mi interessa dialogare con te. Le mie idee sono più importanti. Non meriti attenzione.

Fare pressing. Vieni al punto. Taglia corto!

Sbrigati!

Non sei importante. Non ho tempo per te. I tuoi bisogni non mi interessano.

Mettere in dubbio. Si, ma… Come fai a dirlo?

Però… Non so…

Non ti credo. Non mi fido. Hai torto. La tua parola non conta.

Contraddire. No. Non è così! Ne so più di te. Ti sbagli!

Correggere. Non hai capito. Ora ti spiego… Ne so più di te. Non sei capace.

Criticare. Sei Sempre lo stesso. Non vai bene come persona

Colpevolizzare. Rimproverare. È colpa tua.Guarda che hai combinato.

Sei cattivo.Sei tu il responsabile.

Lettura della mente. Reagisci così perché sei geloso!!! Io so che cosa tu pensi e provi meglio di te. (Dominio sull’altro).

Etichettare. Dici così perché sei di sinistra.Non puoi capire sei un uomo!

Impoverire. Sminuire.Spersonalizzare.

OSTACOLI ALLA BUONA COMUNICAZIONE

ESEMPI PRATICI MESSAGGI IMPLICITI (significati relazionali)

Spiegare.Interpretare.

Ora ti spiego.Ti faccio capire.

Ti succede così perché…

Sei stupido, incapace, infantile

Dare consigli (non chiesti). Devi fare così. Predominio.

Svalutare.Sminuire.Squalificare.

Va beh, non è così grave!Ma come, non lo sapevi?Lo hai scoperto adesso?A proposito…(cambio diargomento, senza nessunnesso logico).

I tuoi sentimenti non contano.I tuoi valori non mi interessano.Sei meno di quello che credi.Tu non esisti!

Inibizione (bugia bianca).Non esprimere i proprisentimenti.Non dire cosa si pensa.

Distanza e sfiducia.Non sei in grado di capire.Non mi interessa comunicarecon te.La nostra relazione non èimportante.

Chi riceve messaggi barriera come quelli sopra illustrati riceve in ogni caso dei

racket. I racket hanno lo scopo di togliere energia,

indebolire l’altro erafforzare il sé

e non sono certo tra i presupposti di un colloquio che vuole

essere una comunicazione efficace ed autentica.La conversazione dunque è tanto più produttiva quanto più è

fluida e bidirezionale. È tanto più costruttiva quanto più le persone si aprono tra loro e

sono pronte ad assumere temporaneamente il punto di vista

e l’emozionedell’altro.

I fattori che sostengono una BUONA COMUNICAZIONE EFFICACE sono invece:

FACILITATORI DI BUONACOMUNICAZIONE O DIALOGO

MESSAGGI IMPLICITI(significati relazionali)

Segnali di sintonizzazione.Risonanza.Matching (combaciare con la mappa delmondo dell’atro).Pacing (andare al passo).Calibrazione.Attenzione ai feedback.

Simpatia ed amicizia.Fiducia e accettazione.I tuoi bisogni e sentimenti sono importanti.La nostra relazione è importante.

Segnali di invito. Disponibilità ed apertura.Sono pronto ad ascoltarti.

Segnali di ricezione del messaggio. Attenzione.Mi interessa quello che dici.

Comprensione empatica. Accettazione incondizionata.I tuoi valori e sentimenti sono importanti

Sottolineare gli aspetti positivie i punti di accordo.

Vicinanza e amicizia.Stima e valore.

Messaggi di genuinità e trasparenza. Autocoinvolgimento.Apertura all’altro.Impegno nella relazione.

Contributing: offrire nuove prospettiveda una posizione di parità.

Dedizione e cura.Interesse all’altro.

Generalmente più che ascoltare aspettiamo con impazienza

che l’interlocutore finisca di parlareper controbattere.

Accade, quindi, che mentrel’altro/a parla, noi pensiamo a ciò

chevogliamo dire, mentre credevamo di

Ascoltare ‘con attenzione’.

Ascoltare è una delle qualità

più importanti e difficili da affinare.

L’ascolto richiede tempo.

L’ascolto attivoè a due vie e richiede:

attenzione a partecipazione e comprensione dell’altro/a.

Nell’ascolto attivo si distinguono 5 tappe fondamentali:1 Ascoltare il contenuto e fare domande di chiarimento2 Capire le finalità della comunicazione (non interpretare) 3 Valutare la comunicazione non verbale dell’interlocutore 4 Controllare la propria c.n.v e i propri filtri5 Ascoltare con partecipazione e senza giudicare

L’ascolto attivo richiede:1. Un uso congruo e efficace della comunicazione verbale e non verbale 2. Uso di domande (chiuse/aperte) 3. Uso di tecniche specifiche: parafrasare, rispecchiare, chiarire, riassumere 4. Messaggio in prima persona 5. Uso dell’empatia (mettersi nei panni degli altri, capirne le emozioni, comunicare un atteggiamento aperto e dare messaggi di condivisione)

ParafrasareRiassumere con parole vostre quanto vi è

appena stato detto, crea empatia e favorisce la relazione

con l’altro, in quanto dimostra che avete ascoltato e compreso.

Aiuta a chiarire il contenuto di quanto comunicato

RispecchiareRipetere in forma interrogativa l’ultima parola

o frase del soggetto, fornisce un feedback. Sollecita ulteriori informazioni senza

influenzarne la direzione.

Le espressioni del volto

Concludendo

POSTURA E MOVIMENTI: esprimere sicurezza e padronanza d’aula attraverso una posizione eretta e con movimenti disinvolti. Evitare le posizioni insicure di appoggio e i

movimenti nervosi.

VOLUME E TONO DI VOCE: abilità di usare un volume adeguato e tonalitàvariabili. Evitare di parlare sottovoce e con tono monocorde.

LINGUAGGIO - NON PAROLE - PAUSE: usare un linguaggio semplice, naturale, incisivo e sintetico. Ricorrere ad aneddoti, esempi, analogie. Evitare le non parole”. Dare forza “al discorso con le pause.

GESTIONE STRESS: abilità nel gestire la propria emozione utilizzandola produttivamente.

Nel rapporto con il tuo interlocutore:1) NON PRE-GIUDICARE, NON GIUDICARE2) NON PRE-CLASSIFICARE3) NON AGGREDIRE4) METTITI AL SUO PARI, IMMEDESIMATI5) ASCOLA, ASCOLTA, ASCOLTA E POI ASCOLTA TOTALMENTE6) COGLI ED ESALTA I PUNTI POSITIVI7) SII TOLLERANTE ED APERTO AL CAMBIAMENTO E ALL’ACCETTAZIONE DELL’ALTRO E DELLA SUA OPINIONE8) CONCEDI TEMPO ALL’INTERLOCUTORE 9) NON DARE NIENTE PER SCONTATO10) INVESTI ENERGIA NELL’ASCOLTO.

È IMPEGNATIVO MA MOLTOAPPAGANTE.

RACCOMANDAZIONI finali per una COMUNICAZIONE EFFICACE:

State facendo un lavoro di gruppo e ci tenete a fare un ottimo lavoro. Uno dei partecipanti non è puntuale, non si impegna e ciò

crea difficoltà alle dinamiche interne. A causa di ciò Voi siete costretti a subire le lamentele degli altri componenti. Dopo diverse

settimane nelle quali avete cercato di stabilire un equilibrio decidete di affrontare il vs. collega, e dopo avergli riferito quanto

accaduto gli dite: “Sono stufo di beccarmi reclami da parte dei colleghi per i tuoi

ritardi, datti una mossa perché questa non è serietà nel lavoro! Se continua così

dovrò parlarne con i responsabili”. Secondo voi avete parlato o comunicato?

Come impostereste una comunicazione più efficace ?

Caso 1

TECNICHE DI PROBLEM SOLVING

Generalmente il Problem Solving può essere definito

come l’arte di risolvere i problemi, siano essi di natura personale, interpersonale o

delle organizzazioni(aziende, enti, comunità, ecc.),

mediante l’utilizzo di tattiche e tecniche perottenere la massima efficacia ed efficienza

(tempo e sforzi impiegati) erisolvere così il problema.

Si può pensare al problem solving, quindi, riferendosi all’abilità in genere di

trovare soluzioni in qualsiasi ambito

e non tanto alla capacità di una persona dirisolvere situazioni in una materia specifica.

Il problem solver insomma è colui che, indipendentemente dalle risorse

e dallasituazione

trova il modo di uscire dal problema.

Se vogliamo uscire da un problemadobbiamo spostare il nostro punto di vista ad un livello di

pensiero piùalto, come se quel problema non fosse il nostro o come lo vediamo.

Il suggerimento fondamentale è quello di spostare il focus, cambiare ilpunto di vista.

Gli strumenti migliori che ci permettono di farlo sono le domande.Le domande devono però essere domande produttive poiché devono

aiutaread uscire dal problema.

Una buona domanda da porsi è sempre:

“come posso risolvere questa situazione?”

Tutte le domande che iniziano con “COME POSSO…?”

sono molto positive.Assolutamente da evitare

invece sono frasi del genere “Perché capitano tutte a me?”

visto che hanno lo straordinario potere

di ributtarci subito al centro delproblema.

Un secondo aspetto molto importante è quello del linguaggio.

In italiano laparola

problema ha una connotazione fortemente negativa.

È probabilmentemolto più produttivo

e motivante parlare più che altro di una situazione da

risolvere o di una sfida.

Un terzo aspetto essenziale per mettere in pratica il problem solving

è laFLESSIBILITÀ.

È importante sapersi adattare alle risorse che si hanno a disposizione

(risorse materiali, risorse umane, tempo, ecc…).

È utile essere abili nel cambiare strategia

al mutare della situazione esterna.

Dire Problem Solving non significa tanto avere

un metodo standardper risolvere i problemi,

quanto essere in grado di creare ogni volta una

soluzione diversa ed adatta alla situazione.

Un ulteriore aspetto importante è quello che riguarda l’Identità.

È importante avere coscienza di se stessi, avere percezione delle proprie

caratteristiche, sapersi descrivere.

Tutto questo va poi messo in relazione conun modellamento,

va sviluppata cioè la capacità di replicare o riprodurrestrategie,

convinzioni ed atteggiamenti di persone che consideriamo unmodello da seguire riguardo uno specifico argomento.

Sentirsi e percepirsi come un buon problem solver ci permetterà di affrontare

con un atteggiamento produttivo ogni sfida, così come pensare a come si

comporterebbe in quella circostanza una persona che riteniamo un eccezionale

risolutore di problemi.

AZIONI APPLICATIVEIl primo fondamentale passo nel

processo di problem solvingè quello del porsi le domande adeguate

e cioè costruttive. Si è chiamati in questa prima fase alla

DIAGNOSI DELLA SITUAZIONE, alladefinizione del problema di lavoro o di

diversa natura: tecnico-operativa,relazionale, organizzativa.

In questa fase sarà importante :- diagnosticare le caratteristiche fondamentali di un contesto

organizzativo o di lavoro,- diagnosticare eventuali errori nelle procedure e strategie,

- identificare e consultare fonti informative dirette, letteratura e norme, osservazioni scritte, orali…,

- raccogliere, classificare ed interpretare le informazioni per costruire una

rappresentazione definita ed efficace del problema,- leggere ricerche e studi,

- monitorare, individuare le inferenze, controllare le distorsioni,- individuare gli errori,

- riconoscere e ricostruire le proprie strategie di diagnosi valutandone l’efficacia.

Il problem solver agirà attraverso il :- Decidere di affrontare una situazione problematica, di coinvolgersi in una strategia d’azione e di assumersi le responsabilità.- Predisporre un piano d’azione con relativi obiettivi, vincoli e risorse, nonché un piano alternativo d’azione.- Monitorare il piano d’azione e valutarne l’efficacia.

Il problem solver dovrà quindi essere in grado di :- Gestire il rapporto tra le richieste del contesto problematico e gli scopi e le capacità del soggetto stesso.- Valutare ed espletare i fattori motivanti e di coinvolgimento.- Valutare il proprio grado di investimento, di implicazione diretta e di responsabilità.- Attuare un processo di decisione.- Conoscere ed applicare i processi di delega di responsabilità ed azione ad altri.- Definire strategie d’azione ed obbiettivi.- Proporre e proporsi processi di mediazione per gestire i conflitti e processi di trasmissione di motivazione.- Applicare monitoraggio e valutazione dei progetti d’azione strategici.- Prevedere possibili esiti, valutare le conseguenze, contemplare le alternative.

L’essereIl sapere

Il saper fare

Il far sapere

I PRESUPPOSTI DELLE SCELTE PROFESSIONALI

RAGIONE ISTINTO

…in medio stat virtus

Per scegliere beneoccorre

unire razionalità e istinto.Istinto

inteso come propensione a seguirele «passioni»,

mettere in pratica le abilità e competenze acquisite,

in funzione di un obiettivo.

Il GRUPPO SOCIALE è l’insieme di più soggetti che: a) interagiscono tra di loro in modo interdipendente

per un dato periodo; b) si percepiscono come membri di un dato gruppo;

c) sono percepiti come tali da individui di altri gruppi. d) compiono azioni sulla base di decisioni assunte.

Gruppo formale• È un’unità definita dalla struttura di un’organizzazione

ed ha una specifica funzione e scopi determinati.

Gruppo informale• Si formano in modo spontaneo (‘Se non ora quando’)

e al suo interno si instaurano dinamiche e regole implicite, fino all’emergere di leader informali.

All’interno del gruppo in modoformale o informale si

assumonoruoli.

Il ruolo è la collocazione dei

membri all’interno del gruppo. Ciò determina uno

status, cioè il modo di apparire di fronte

agli altri.

Schemi, ruoli e categorie possono

dare vita a stereotipi (intesi come schemi semplificati rispetto alla complessità dei fatti) e pregiudizi.

Le attribuzioni sono l’insieme di

ragionamenti che si fanno su un altro

soggetto e costituiscono il fulcro

delle relazioni

Le attribuzioniEsiste una differenza tra le attribuzioni che rivolgiamo ad altri

e quelle che riserviamo a noi stessi: il cd. Errore fondamentale di attribuzione.

Esempio: il «capo» rimprovera un membro del gruppoCosa si fa di solito?

A. SE RIMPROVERA NOI1. Si tende a dare la colpa dei colleghi

2. Si accusa il capo di essere troppo rigido3. Si richiamano fatti personali o fattori esterni

4. Si pensa a imprevisti o alla sfortunaB. SE RIMPROVERA UN COLLEGA5. Gli attribuiamo colpe e limiti

6. Lo accusiamo di incompetenza

Darsi un’organizzazione è necessarioper raggiungere gli obiettivi.

Occorre prima superare alcuni ostacoli:1. Sovrastima di sé

2. Chiusura mentale3. Stereotipi

4. Eccesso di ottimismo sui risultati5. Scarsa considerazione di programmi alternativi

in caso di imprevisti6. Presenza di soggetti nel gruppo che fungono

da «guardiani mentali»

Le dinamiche tra gli individui sono caratterizzate dalla percezione reciproca dei ruoli e

da fenomeni di stereotipizzazione e attribuzione.

Esse possono essere PROPOSITIVE per l’organizzazionequando:

1. Sostengono ogni membro del gruppo2. Lo motivano

3. Permettono una risoluzione più efficace di compiti e problemi.

Sono negative quando sorgono conflitti non gestiti, tra i componenti.

All’interno del gruppo si può verificare il

fenomeno del disimpegno dovutoalla mancanza di responsabilità

individualeche genera

La demotivazione «se lui non fa nulla,non faccio nulla neppure io…»

I gruppi più grandisi rivelano migliori nella ricerca di soluzioni,

in quanto hanno più punti di vista,ma rischiano il fenomeno di disincentivazione

e l’estraneazione di alcuni componenti. Inoltre il singolo non si sente

valorizzato e premiato.Si consiglia:

- il metodo di brainstormingBasato sulla produzione a ruota libera

Di idee

- il lavoro in rete- Un leader che sappia neutralizzare gli stereotipi,

comunicare con tutti, far assumereresponsabilità al singolo, e valorizzare ogni componente.

La leadership è fondamentaleper il raggiungimento

degli obiettivi del gruppo

Il/la leader è colui o colei che informalmente o per ruolo, ha la funzione

di guida, coordinamento e direzione di un gruppo.

Non è chi comanda, ma chi con autorevolezza sa indicare

la giusta direzione e far conseguire il miglio risultato,valorizzando le risorse.

Comportamento centrato sulla

RELAZIONE

• È QUELLO CHE SI NUTRE DELLA FIDUCIA DEL LEADER, DEL RISPETTO DELLE IDEE DI TUTTI I COMPONENTI, CONSIDERANDO LE LORO MOTIVAZIONI

Comportamento centrato

sull’OBIETTIVO

• È ORIENTATO ALLA REALIZZAZIONE DEI COMPITI. IL LEADER DEFINISCE E STRUTTURA IL SUO RUOLO E QUELLO DEGLI ALTRI MEMBRI DEL GRUPPO IN FUNZIONE DEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI.

IL LEADER AUTORITARIO ‘MINACCIOSO’, FA LEVA SU SANZIONI, COMUNICA GLI

ORDINI IN MODO UNIDIREZIONALE, E MANTIENE

DISTANZA CON GLI ALTRI

IL LEADER AUTORITARIO ‘BENEVOLO’, USA INCENTIVI

POSITIVI, RICOMPENSE E PREMI PER MOTIVARE I COLLABORATORI, I

QUALI TUTTAVIA NON PARTECIPANO AL PROCESSO DECISIONALE

IL LEADER CONSULTIVO PERMETTE AI

COLLABORATORI DI COMUNICARE LE

OPINIONI

IL LEADER PARTECIPATIVO COINVOLGE I

COLLABORATORI NEL PROCESSO DECISIONALE, LI

ASCOLTA E LI VALORIZZA

TIPOLOGIE DI LEADERSHIP

Il leader può decidere che stile adottare in base alla

natura dei suoi collaboratori,ricercando il giusto equilibrio

traRelazione e Compito.

LO STILE DI LEADERSHIP BASATO SUL ‘PRESCRIVERE’ (orientato

solo al compito e non alla relazione) è adatto nel caso in cui i collaboratori siano poco maturi.

Il leader impartisce istruzioni.

LO STILE BASATO SUL ‘VENDERE’ (orientato sia al compito che alla

relazione) è valido con collaboratori che possiedono competenza limitate ma sono

motivati. Il leader deve dare indicazioni specifiche, ma anche motivare

‘vendendo’ i vantaggi del risultato.

LO STILE DI LEADERSHIP BASATO SUL ‘COINVOLGERE’ (orientato alla relazione, meno al compito) è adatto nel caso in cui i collaboratori siano mediamente maturi,

ma insicuri. Il leader impartisce indicazioni generali, e deve motivarli e

coinvolgerli nei processi decisionali.

LO STILE DI LEADERSHIP BASATO SUL ‘DELEGARE’ è adatto nel

caso in cui i collaboratori siano evoluti e maturi. Il leader si può fidare , affida compiti e fornisce

chiarimenti.

L’importanza dei collaboratori…

Un buon leader deve dare potere (empowerment) e investire di responsabilità

i collaboratori:-potenziando il flusso informativo-facilitando i movimenti orizzontali

-stimolando un senso di urgenza all’azione-valorizzando vittorie e sforzi e riconoscendo gli errori

Non so se cambiando,le cose miglioreranno,

ma per miglioraredovranno

necessariMENTE CAMBIARE!!!

Vi comunicano un cambiamento…La vostra percezione è?

-positiva-negativa

Barriere al cambiamento:- Strutture gerarchiche che si autoconservano

- Conservatorismo- Mancanza di informazioni

- Abitudini

Sfidare il cambiamentosignifica

non accettare lo status quoe la mediocrità.

Vuol diremettere in discussione se stessi

e ciò che facciamo.Significa non accettare un ruolo

passivo dei collaboratori, ma impegnarsi nella metamorforsi

e proporre nuovi metodi e soluzioni.

La strada del successo

richiede un atteggiamento

innovativo e dinamico.

Un buon leader deve:- Comunicare la ‘vision’, in quanto gli permette didefinire con chiarezza le regole del gioco e le aspettative.- Dimostrare nei fatti la propria attitudine al cambiamento- Stimolare i collaboratori attraverso il coinvolgimento nelle decisioni e nel risultato- Introdurre spazi dedicati a proposte innovative- Liberare i collaboratori dal rischio delle proprie decisioni- Saper gestire con abilità comunicativa i cambiamenti

In caso di errore, dobbiamo cercare la causa e non il colpevole.

Dobbiamo imparare ad ammettere che si può sbagliare, e si sbaglia se si vuole innovare.

Dobbiamo imparare a riconoscere ed ammettere l’errore.

COSAIndividuare il progetto

CHI Assunzione di responsabilità

COME Allocazione risorse e modalità operative

QUANDOIndividuare tempi delle fasi e conclusione

La pianificazione del vostro lavoro