La fine dei VECCHI scatoloni grigi

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Intervista per "La nuova provincia di Biella" Pagina TR3 - Sabato 5 Novembre 2011 La “banda larga” non basta: bisogna adottare un diverso approccio culturale E le istituzioni devono aprirsi alla partecipazione per tornare in mezzo alla gente.

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La Nuova Provincia di BiellaSabato 5 novembre 201126

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BIELLA (ces) Tommaso Sor-chiotti è un sociologo di 31anni e gli piace definirsi“social media activist”. Ap-passionato attivista della so-cializzazione attraverso glistrumenti della rete. Si oc-cupa del mondo digitale, dicomunicazione online e disocial network. In Italia èprofeta del microblogging(quella modalità di espres-sione attraverso pubblica-zioni a caratteri ridotti), por-tavoce del personal bran-ding (ovvero l’autopromo-zione attraverso Internet) euno dei più geolocalizzati(l’utilizzo di applicazioni so-ciali per dire agli amici “so-no qui e sto facendo que-sto”). Molti lo definiscono ilprimo “tumblero” italiano, ilprimo utente della piatta-forma Tumblr, utile per ge-stire la propria presenzaonline. Ed è tra le sue prin-cipali occupazioni la diffu-sione della cultura digitale edel web 2.0 come docente,consulente e blogger. Con-nesso a Internet per soli trequarti della sua giornata,spesso riesce ad arrivare pri-ma degli altri a scoprire lenuove tendenze della rete.Qual è lo stato dei socialmedia, oggi, nel nostroPaese?«Dopo un periodo di dif-

fidenza e scetticismo, orasocial network e social me-dia sono guardati nel nostroPaese con curiosità. Ci sonoesempi italiani eccellentiche dimostrano come l'u-tilizzo strategico e l'integra-zione di questi strumenti

rappresentino un'op-portunità di raggiun-gere le persone in ma-niera diversa, nuova epiù efficace. Aspettiche indirettamenteservono anche a con-solidare e aumentare ifatturati».E a che punto sta ildigital divide?«A livello tecnolo-

gico negli ultimi annisono stati fatti note-voli passi avanti. Ma alivello culturale siamoindietro, molto indie-tro. Non basta avere lacosiddetta banda lar-ga se poi le personenon sono preparatead affrontare i nuoviservizi e soprattutto icambiamenti di com-portamento e approccio chela rete richiede. Le classicheistituzioni formative sonoincapaci di affrontare coe-rentemente le novità di In-ternet e le persone si trovanonecessariamente ad avvici-narsi in maniera autodidat-ta».Qual è la percezione del-le istituzioni, di scuole eamm in istraz ion i peresempio, rispetto ai so-cial network?«La mia sensazione è che

la percezione dei social net-work sia intesa come unaperdita di tempo. C'è moltaignoranza e spesso le po-sizioni dei vertici non aiu-tano. Con questo non voglionegare che esista una fortecomponente di "cazzeggio",tuttavia ci sono grandissime

opportunità nascoste chevanno capite e affrontate.Pensiamo all'ultima voltache una notizia importante,di interesse generale omoltopersonale, ci è arrivata tra-mite Facebook o un altrosocial network. Pensiamo al-la discussione che ha ge-nerato, alla facilità con laquale ha raggiunto i nostricontatti, al differente modocon cui ci siamo confrontaticon la notizia. Essere in retevuol dire anche capire comepossono svilupparsi le ondedel contenuto che, al pari diun sasso lanciato nello sta-gno, hanno conseguenze vi-sibili e concrete. Che pos-sono essere sia negative chepositive. Credo che di basesia una questione genera-zionale, non ci sarà mai il

definitivo passo in avantifintanto che non si completiil ricambio ai vertici tra im-migrati e nativi digitali».In Italia l'oggetto tecno-logico rappresenta senzadubbio uno status sym-bol: sono folte e nume-rose le code davanti ainegozi per acquistarel 'u l t imo mode l lo d ismartphone e simili. Daquesto contesto nonsembra però derivareuna maggiore compren-sione dei fenomeni sulweb e integrati.«No, purtroppo no. Si trat-

ta di un fenomeno di co-stume al pari delle Tim-berland tra i paninari divent’anni fa. Si acquista l'i-Phone come status utiliz-zandone il 15% delle po-

tenzialità. Mentre inrealtà è uno strumen-to sociale, un appa-recchio che permettedi farsi media di sestessi, di diventareuna sorta di emittente:magari limitata al pro-prio gruppo di amici oalla propria nicchia diriferimento,ma si trat-ta sempre di un’op-portunità unica».Qualche tempo fa,in occasione delFestival della Co-municazione 2.0 aBiella, hai sostenu-to che «il futurodella comunicazio-ne online è inte-gratoweb emobile,ma soprattutto lon-tano dai computer

per come li abbiamosempre conosciuti». Seiancora convinto di que-sto?«Sì, assolutamente. Basta

guardare l'iPad in mano aibambini o le nuove inter-facce di controllo come Ki-nect diMicrosoft. Ci sarà piùfisicità, più espressione e piùpersonalizzazione. Lontanodai vecchi scatoloni grigi acui siamo abituati».Se il web 2.0 ha con-tribuito a creare unapiazza, un'agorà virtua-le, cosa permette e per-metterà il mobile, in me-rito all'interazione?«Credo che il mobile per-

metterà di riappropriarci de-gli spazi fisici come spazi divita e discussione. A livellolocale è facile capire come la

La fine dei VECCHI scatoloni grigiLa “banda larga” non basta: bisogna adottare un diverso approccio culturaleE le istituzioni devono aprirsi alla partecipazione per tornare in mezzo alla gente

collettività impatta sulla vitapolitica, economica, cultu-rale. La rete permette dinavigare, telefonare e chat-tare con una persona dal-l'altra parte del mondo, male persone hanno semprebisogno di un momento diincontro. Gli strumenti diInternet e i servizi che uti-lizzano realmente le parti-colarità del mobile permet-tono un nuovo tipo di so-cialità. Mi piace conside-rarla una “società aumen-tata” (con riferimento alla“realtà aumentata”, ndr). Ele istituzioni politiche si de-vono adattare a questa rin-novata esigenza di parte-cipazione, aprirsi e accettaredi dover necessariamenteperdere parte del loro potereper essere di nuovo in mez-zo alla gente».È possibile secondo tepensare già al 3.0? Comesarà l'uomo 3.0?A mio avviso smetteremo

di parlare di web 2, 3, 4, ecc..Parleremo di web e di ciòche ci permetterà di fare.Web 2.0 è stata una ne-cessaria etichetta per evi-denziare il salto evolutivo ele rinnovate opportunitàdella rete. Ma tra gli addettiai lavori ne abbiamo tuttipiene le scatole».

Matteo Buranello

TOMMASO SORCHIOTTITommaso direbbe di cercarlosemplicemente su Google persapere cos’ha fatto e di cosa sioccupa, ma qui si va sul sicuro:twitter.com/tommasotommaso.tumblr.com

BIELLA (ces) Quante volte cisiamo trovati bloccati in Po-sta, con una fila lunga comeai casting di un reality ca-noro da prima serata?La bolletta che stringiamo

in mano prevede come dataultima di pagamento lagiornata odierna e non am-mette scappatoie.Tentiamo di ingannare il

tempo scorrendo la bachecadel nostro profilo Twitter,spe rando inqualche battutad i v e r t e n t e .L’occhio si sof-ferma su un“ c in gu e t t io”che catalizzasubito l’atten-zione: «Dire dinon avere unprofilo su Face-book è l’equi-valente di chinegli anni ’70diceva di nonavere la Tv incasa». La mag-gior parte delle persone ri-tiene, in maniera un po’superficiale, che esistanosolo i grandi social network:Facebook, ormai utilizzatocome fonte di informazioneanche da tg e quotidiani;Twitter, recentemente salitoalla ribalta grazie ai nu-merosi vip che lo utilizzano;Youtube, una vera e propriaalternativa alla tv tradizio-nale e il praticamente de-funto Myspace.Tuttavia, le possibilità di

interazione e confronto tra-mite la rete sono aimassimilivelli. C’è da chiedersi

quanti utilizzino dei socialnetwork diversi da questiper condividere le propriepassioni e interessi.La ragazza che abbiamo a

fianco, barricata dietro allacopertina dell’ennesimogiallo scandinavo, avrà unprofilo su Anobii dove poterconsigliare il tomo che hatra le mani? L’anziano si-gnore appoggiato alla co-lonna, sarà a conoscenza di

E o n s , u n ap ia t ta fo rmaespressamen-te dedicata al-la terza età? Eil ragazzo checerca di fareuna foto arti-stica al canecon il cappot-tino scozzeselegato con ung u i n z a g l i oq u a f u o r i ,condividerà lafoto su Flickro attraverso

Instagram?Il mondo del web si è

plasmato alla perfezionesulle richieste degli utenti:la condivisione è diventatala principale attività onli-ne.Per agevolare questa pra-

tica sono nate migliaia dipiattaforme “social” diffe-renti, ognuna legata a unambito specifico, dalle piùfrivole alle più serie: per gliamanti del karaoke (red-karaoke.com), per i camio-nisti (truckerpassions.com),per mettere in piedi unasquadra di calcetto in pochi

minuti (fubles.com), per gliunder 12 (shidonni.com),per cercare e offrire lavoro(linkedin.com o xing.com),per gli amanti della cucina(2spaghi.it) o dei viaggi (tri-pit.com) fino al “primo sitodi incontri extraconiugalipensa to da l le donne”(it.gleeden.com).Il display elettronico ci

riporta alla dura realtà: lafila è ancora lunga e nes-suno sembra voler cedere ilproprio posto.Ci ritroviamo così a fan-

tasticare sulla possibilità,forse neanche troppo re-mota, che in quel precisoistante, dall’altra parte del-l’oceano, un giovane gurudei social media stia pro-gettando una piattaformadedicata alle persone chepassano ore in coda aglisportelli pubblici.A pensarci, ne sentiamo

già la mancanza.Vieri Brini

Social per camionisti virtualiE incontri per donne sposate

IMPRESCINDIBILINKwww.facebook.comwww.twitter.comwww.youtube.comwww.myspace.comwww.anobii.comwww.eons.comwww.flickr.comwww.istagr.amwww.redkaraoke.comwww.truckerpassions.comwww.fubles.comwww.shidonni.comwww.linkedin.comwww.xing.comwww.2spaghi.itwww.tripit.comwww.it.gleeden.com

«Chi oggi non haun profilosu Facebookè come chinon avevala televisionenegli anni ‘70»

Il “social media activist”, Tommaso Sorchiotti