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In linea di principio si può affermare che globalmente la scarsità di iodio nella dieta è la più comune causa di ipotiroidismo.

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Il Ministero della Salute italiano ha iniziato dal 1997 una campagna per la diffusione dell'uso del sale arricchito con iodio e ha promulgato la legge n. 55 del 21 marzo 2005 indicante le: "Disposizioni finalizzate alla prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica".

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In realtà non esiste prevenzione per l’ipotiroidismo: per evitare quindi le conseguenze sulla salute derivanti da uno stadio grave della malattia, occorre una diagnosi precoce, soprattutto nei soggetti che presentano fattori di rischio e/o sintomi e nelle donne in gravidanza. Tutti i neonati, poi, sono sottoposti per legge a screening per l’ipotiroidismo congenito.

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Anche in condizioni di normale introito di iodio, l’ipotiroidismo è molto diffuso (soprattutto in forma subclinica). Oltre a una serie di patologie in parte accennate, si può cercare di prevenirne l’insorgenza conoscendo i principali fattori di rischio. Tra questi: una familiarità positiva per malattie della tiroide, l’età avanzata, il sesso femminile (specie in corso di gravidanza, dopo il parto e in menopausa), la presenza di malattie autoimmuni (come il diabete di tipo 1). Occorre sottolineare che conoscere i fattori di rischio dell’ipotiroidismo permette di porre diagnosi precoce ma non consente di fare una vera e propria prevenzione, in quanto non esistono farmaci o pratiche per far regredire le malattie tiroidee responsabili della disfunzione.

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Una dermopatia come la vitiligine, l’anemia perniciosa, la celiachia e la sindrome di Down sono tutte condizioni che devono rappresentare una spia per la possibilità di insorgenza di ipotiroidismo.

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Esiste un’altra forma meno frequente di ipotiroidismo denominata «da consumo», di solito associata ad alcune forme tumorali. I tumori stromali gastrointestinali (GIST), per esempio, evidenziano ipotiroidismo «da consumo».Una forma ancora più rara è rappresentata da una sindrome che si può riscontrare in età neonatale: l’emangiomatosi epatica infantile (HHE).

In entrambe le condizioni cliniche, la causa dell’ipotiroidismo «da consumo» è una marcata sovraespressione di un enzima: la iodotironina deiodinasi di tipo 3 (D3), responsabile di una totale degradazione degli ormoni tiroidei.Occorre ricordare che, fisiologicamente, che l’omone prodotto in maggiore quantità dalla tiroide è la tiroxina (T4) mentre quello biologicamente più attivo è la triiodotironina (T3) che deriva dalla conversione periferica del T4. Le deiodinasi di tipo 1 e di tipo 2 (D1 e D2) convertono T4 in T3 mentre D3 degrada T4 e T3 in metaboliti inattivi nei tessuti, specie tumorali. Si ritiene inoltre che D3 sia coinvolto nella proliferazione primaria di alcune cellule neoplastiche.

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La scarsa adesione (o compliance) al trattamento prescritto dal medico rappresenta un problema per molte patologie, e in modo in particolare nell’ipotiroidismo dove le conseguenze di una incostanza di uno stato eutiroideo può avere serie ripercussioni sulla salute.

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Spesso i clinici notano delle discrepanze rispetto a quanto indicato nelle Linee Guida dell’American Thyroid Association e della European ThyroidAssociation. Si è riscontrato che il problema che mina più frequentemente l’aderenza alla terapia da parte del paziente è l’errata assunzione della terapia: negli orari sbagliati, non aspettando i consueti 30 minuti prima della colazione o in concomitanza con la colazione o assumendo altri farmaci che potrebbero alterarne l’assorbimento e quindi l’efficacia.

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Spesso la terapia sostitutiva con levotiroxina non è efficiente per una serie di motivi indipendenti dalla scarsa compliance e che quindi non sono imputabili al comportamento del paziente.In particolare esiste una serie di patologie o condizioni che determinano una riduzione dell’assorbimento e/o della circolazione del farmaco. In primo luogo le sindromi da malassorbimento, poi il complesso della poliendocrinopatia autoimmune di tipo III che include a sua volta patologie che implicano il malassorbimento intestinale.Inoltre, varie condizioni che alterano la concentrazione ematiche della TBG possono ovviamente incidere sulla disponibilità dell’ormone in circolo.

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Nonostante l’apparente semplicità del trattamento sostitutivo con levotiroxina, una quota di pazienti compresa fra il 30% e il 70% nelle differenti casistiche non mantiene livelli di TSH stabilmente entro il range terapeutico.

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Va specificato che un grande numero di fattori può interferire con l’assorbimento delle compresse di levotiroxina, portando a un incremento dei valori di TSH e, di conseguenza, a una richiesta di un maggiore dosaggio di levotiroxina.

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Per ovviare a questi problemi sono state messe a punto formulazioni di LT4 in soluzione liquida caratterizzate da un assorbimento più rapido, stabile e riproducibile e che, di conseguenza, possono migliorare l’efficacia della terapia.

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Questa ipotesi è stata verificata in uno studio retrospettivo italiano che ha esaminato gli effetti dello switch da levotiroxina in compresse al medesimo dosaggio di levotiroxina in soluzione liquida in 53 pazienti (età media: 45 anni) che non riuscivano a rispettare l’intervallo richiesto di un’ora tra l’assunzione delle compresse e la colazione (intervallo medio rilevato: 30-35 minuti).

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Queste caratteristiche rendono levotiroxina in soluzione liquida vantaggiosa soprattutto nei pazienti che non riescono a mantenere un’adeguata compliance alla terapia in compresse e presentano difficoltà di assorbimento.

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Le capsule molli sono costituite da una matrice di glicerolo e gelatina che “intrappola” una soluzione acquosa di levotiroxina, in una capsula protettiva di gelatina. Questa capsule molli assicurano l’assunzione da parte dei pazienti di dosaggi costanti e affidabili anche in caso di malassorbimento (dovuto per esempio a gastrite causata da H. pylori, gastrite atrofica del corpo dello stomaco, impiego di inibitori della pompa protonica).

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Le capsule molli, mantenendo le caratteristiche positive di assorbimento stabile della soluzione liquida, offrono ulteriori vantaggi rispetto alla terapia convenzionale, tra cui: una più facile deglutizione e l’assenza di retrogusto,

proteggendo il principio attivo incapsulato da ossigeno e luce; sono prive di glutine, lattosio, coloranti, zucchero e alcol, rendendo questa formulazione ottimale per i pazienti celiaci o intolleranti al lattosio; hanno una vasta gamma di dosaggi permettendo di personalizzare il trattamento.

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In pazienti con patologie gastriche l’uso delle capsule molli può facilitare il raggiungimento degli obiettivi terapeutici senza incrementare la dose di L-T4.

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