Post on 18-Feb-2019
IL FUNERALE
Parlare del funerale significa parlare di qualcuno che é morto, e questo angoscia. Il
funerale è celebrato secondo gli usi, costumi e le credenze di ogni comunità. Devo
dire che è difficile affrontare l’argomento non potendomi spaziare nelle ricerche in
ambito locale senza tener conto di rinnovare afflizioni nel prossimo. A causa della
scarsa documentazione in mio possesso, posso soltanto offrire un quadro sintetico di
questa tradizione popolare che, tra l’altro, si presenta abbastanza complessa e
condizionante perché legata ai luoghi e al vissuto delle persone. Mi limiterò a
divulgare delle foto e qualche documento d’epoca che evidenzia, certamente non in
modo esaustivo, le trasformazioni avvenute nel tempo riguardo alle consuetudini
legate all’argomento. Divulgo, pertanto, un documento di famiglia evitando di
causare inconvenienti. Ricordo che quando morì mia nonna, il 19 giugno del 1956,
negli ultimi istanti di vita, diverse donne attorniavano il suo letto, tra le quali mia zia
e tutte come una musica di sottofondo, sommessamente, recitavano il Santo Rosario.
A un certo punto un fortissimo urlo disperato interruppe le preghiere e s’iniziò un
fare concitato: persone che aprivano il guardaroba e i cassetti del comò per prendere
ciò che serviva per l’occasione, altre iniziarono un via vai tra il piano di sotto e quello
di sopra, chi portò una bacinella d’acqua, chi coprì i mobili con lenzuola bianche, chi
si apprestò alle pulizie di casa. Un altro gruppo si occupò di lavare e vestire l’estinta.
Gli uomini, in attesa nella stanza contigua, inerti e affranti, accennavano appena a un
pianto, ma con contegno. La porta che separava la parte maschile da quella femminile
all'improvviso fu chiusa e per almeno un’ora nessuno poté accedere nella camera
della scomparsa. Poi, in un silenzio totale, l’uscio fu riaperto e la salma fu trovata
vestita con abiti e scarpe nuovissimi, un rosario fra le mani e una fascia annodata
sulla testa che servì a evitare che la bocca si aprisse, un’altra banda legava i piedi.
Intanto qualcuno badò a spalancare il portone di casa per consentire alla gente di
accedere liberamente nell’abitazione. Di lì a poco si udì suonare il campanone della
Chiesa che diffuse nell’aria lenti e modulati rintocchi. Suonò a morte! Trascorso
poco più di un’ora, già nel cortile era presente una moltitudine di persone. Man mano
che le ore si susseguivano, sia la stanza dove sostavano i maschi, sia quella dove
giaceva la morta, si gremì di amici e parenti che rimasero, chi in piedi, chi seduto in
cerchio su sedie addossate alle pareti. Nella camera ardente iniziò un piagnisteo
accompagnato da altre voci di donne intente a porre in evidenza, con tono cadenzato e
piagnucoloso, le vicende e le scelte di vita compiute dalla deceduta. Di lì a poco,
l’incaricato delle onoranze funebri, allestì la camera ardente con ceri, fiori e un
crocifisso. Verso sera, prima dell’inizio della veglia, per terra, ai piedi del letto, fu
posto un bacile colmo d’acqua con accanto una candela accesa; questo perché
all’epoca si credeva che durante la notte l’anima della morta vagasse per la stanza in
cerca di purificazione. Nella camera della defunta, durante la veglia vi fu un
intercalare tra preghiere, argomentazioni di vario genere e racconti che suscitavano
spavento, soprattutto quando parlavano dei segni premonitori della morte, come il
verso della civetta sul tetto di una casa, o quando rappresentavano la morte
descrivendola come una vecchia scheletrita, tutta vestita di nero e munita di falce. Mi
rimane impressa l’affermazione di Zia Carmela, una vecchierella, nostra vicina di
casa e amica di mia nonna: «Nuie, quanne murette papà ce mettereme assai paura
pecché senterem’ e rusecà u tarle dint’e trave e u lume se steve quase pe stutà». (Noi,
quando morì papà, sentimmo rosicchiare il tarlo nelle travi e il lume si stava quasi
spegnendo). Preciso che le nostre case dell’epoca erano strutturate con solai costruiti
con travi di legno, pavimentazione con mattonelle di creta, scarsa luminosità e in
molti casi obsolete per cui gli ambienti non si presentavano funzionali e confortevoli
come quelli attuali. Lascio all’immaginazione di ciascuno lo scenario creatosi quella
notte durante la veglia. Nell’altra stanza i discorsi degli uomini vertevano su
argomentazioni inerenti al lavoro, la campagna e su altri episodi di vita generici. Di
tanto in tanto arrivavano termos pieni di cappuccini o caffè, alcuni recati direttamente
dalle persone, altri inviati dai bar locali, in questo caso, un bigliettino di condoglianze
era recapitato insieme al “Ristoro”. Come di prassi, il funerale ebbe luogo dopo
ventiquattro ore. Giunta l’ora della dipartita, il parroco, accompagnato da due
chierichetti, di cui, uno reggeva una candela e il secchiello contenente l’acquasanta e
l’altro un crocifisso, eseguì la benedizione. Durante le preghiere, gli addetti delle
onoranze funebri badarono agli adempimenti del caso. Fuori di casa, lungo la strada,
era già tutto pronto: una lunga fila di corone di fiori e cuscini, la confederazione della
Congrega, il gruppo degli orfanelli, le Suore, le donne del Sacro Cuore, una folla di
persone, il carro funebre con cavalli e qualche auto addobbata a lutto con velo nero
sistemato sulla parte anteriore del cofano. Nel momento in cui fu portata fuori la
cassa con l’estinta, si generarono confusione e pianti angoscianti; fu quello l’inizio
tragico del distacco. Raggruppato e avviato il corteo per raggiungere la Chiesa ritornò
il silenzio. Giunti in Chiesa, la bara fu collocata su un catafalco (alto tre metri circa)
preparato per l’occasione, quindi iniziò la celebrazione della Santa Messa esequiale.
Devo dire che anche in quest’occasione, lo scenario creatosi all’interno della Chiesa
(l’addobbo, il fumo e l’odore dell’incenso emanato durante la benedizione della bara)
m’incussero paura. Eseguita la Santa Messa, fu letto un elogio da parte di un amico di
famiglia. Terminata la funzione, si ricompose il corteo che percorse via tre Grazie,
via Annunziata, via Cesare Battisti e una volta giunto al ponte di “Zi Paolo” cioè il
punto d’incrocio tra la via Cesare Battisti e Via San Leucio, dopo che la bara fu
caricata sul carro funebre per essere condotta al cimitero, il seguito si smembrò e le
auto addobbate a lutto che avevano seguito la sfilata ricondussero i parenti a casa
perché potessero ricevere le condoglianze. Le visite di condoglianze si prolungarono
per otto giorni, durante i quali, nessuno della famiglia uscì da casa fino al dì della
Messa in Suffragio alla quale parteciparono persone di famiglia e amici. Al termine
della Messa, un’anziana donna distribuì a tutti i presenti una prece. In tutti questi
giorni, i congiunti più stretti, a turno, prepararono “U Cuonsolo” che consisteva in un
vero e proprio pranzo. Per un lungo periodo, almeno sei mesi, non si ascoltò la radio
in casa, né si poté partecipare a festeggiamenti di qualsiasi natura. Riguardo al lutto,
mia zia Gaetanina, figlia della defunta nonna, indossò abito, calze e scarpe nere che
poi avrebbe portato per dieci anni. I suoi fratelli di nero indossarono: cravatta, calze
e scarpe, un nastrino al bavero della giacca e una fascia al braccio che avrebbero
portato per sei mesi. Per noi piccolini solo un bottone nero.
Le foto e documenti che seguono, descrivono l’allestimento e lo svolgersi di
alcuni funerali susseguitisi nel tempo.
DOCUMENTI D’EPOCA
Un documento del 22 giugno 1892 (Partecipazione lutto)
Manifesto pubblico
ACCOMPAGNAVANO IL CORTEO:
Oltre al Parroco con i chierichetti, le Suore, la
Congrega, il Gruppo dei piccoli orfanelli, Le
donne del Sacro Cuore.
Le corone e i cuscini erano portati a mano
Il catafalco è sostituito da un piccolo palchetto.
*
Gli addobbi non si presentano più con il pesante colore nero funereo.
La bara poggiata solo su due cavalletti
Dalla Chiesa al cimitero non più a spalle
Per ovvie ragioni i volti sono stati oscurati
DALLA META’ DEGLI ANNI 80 IN POI
LE TRASFORMAZIONI
*
IL CATAFALCO - ELIMINATO
GHIRLANDE E CUSCINI - SULLE AUTO FIORIERE
IL CARRO FUNEBRE - UN’AUTO
IL CARRO A CAVALLI - RARAMENTE UTILIZZATO
LA BANDA - ABOLITA O RARAMENTE PRESENTE
IL LUTTO - CAMBIATO
MOLTE CREDENZE POPOLARI - SUPERATE
I PIANTI - CONTENUTI
LE CONDOGLIANZE - UN GIORNO
I “CUONSOLI” - LIMITATI E/O DEL TUTTO ABOLITI
Concludo questo breve trattato sottolineando che la ricerca ha voluto riportare alla
memoria una tradizione significativa della nostra comunità alla quale i nostri avi
hanno fortemente creduto.
Ricerca Prof. Francesco Parente