Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

30
Quando le Coste Mediterranee Parlavano in una Lingua By Erdin Guma Faculty Advisor: Prof. Lucia Guzzi Harrison OSCAR Fall2001

Transcript of Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

Page 1: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

Quando le Coste Mediterranee Parlavano in una Lingua

By Erdin Guma Faculty Advisor: Prof. Lucia Guzzi Harrison OSCAR Fall2001

Page 2: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

Indice

I. Dei e Dee

II. Cibi e Bevande

III. Il Simbolo del Leone

IV. Miti di Creativita

V. Eroi- Parallelismi

Page 3: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

Dei e dee

Una delle simbiosi piu interesanti dei personagi mitologici si trova nelle storie

mitiche di Demetra e Kore, che si rivelano in Sicilia e in Grecia. La presenza dei

«mysteria» in Sicilia è largamente attestata dalle fonti e dal mito. Il passaggio dalla sfera

mitica al rito si applica in modo esemplare proprio nell’isola, quanda si parla di Demetra

e Kore, le due divinità note per i misteri eleusini. È universalmente riconosciuto che

l’istituzione dei «mysteria» si identifica con il famoso Inno a Demetra attributo ad

Omero.

Chi era Demtera e K

prima generazione d

sorelle Era ed Estia

madre ed anche di G

rappresentava l'elem

divinità della terra c

civiltà, Demetra det

leggi. Nel doppio as

Demetra Figlia di Crono e di Rea e quindi sorella di Zeus, è nella mitologia greca la dea delle piante e dei cereali, patrona della fertilità del suolo e della fecondità femminile. Ebbe due figli: Persefone dal fratello Zeus e Pluto (dio delle ricchezze) dal mortale Iasione. Oltre questi ebbe anche il cavallo Arione dal fratello Poseidone. Nella mitologia latina è identificata con Cerere, dea della vegetazione e delle biade il cui culto veniva festeggiato nelle feste cosiddette "cerialia" dove venivano sacrificate delle scrofe, a lei sacre e si offrivano le primiziedei campi.

ore? Nota presso i Romani col nome di Cerere, apparteneva alla

ivina degli dei Olimpi, come i fratelli Zeus, Ade e Poseidone e le

. Era quindi figlia di Crono, che la inghiottì, e di Rea. Alter-ego della

ea, era, come loro, venerata come Madre Terra; ma mentre Gea

ento primordiale e Rea la potenza generatrice, Demetra era la

oltivata, la dea del grano. Con il dono dell'agricoltura, fondamento di

te agli uomini anche le regole del vivere civile e, di conseguenza, le

petto di Rea/Demetra, le storie orfiche accennano al suo

1 Dii e dee

Page 4: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

congiungimento con Zeus dal quale sarebbe nata Kore o Persefone,

l'unica figlia di Demetra secondo la tradizione classica. Nella

leggenda, come nel culto, Demetra era strettamente legata alla figlia

Persefone che fu rapita da Ade. Nella disperata ricerca della figlia, la

dea abbandonò l'Olimpo e rinunciò alle sue funzioni divine, tanto che

la terra deperì e smise di dare frutti finché la figlia non le venne resa,

almeno per un periodo dell'anno. Gli antichi videro adombrati in

questo mito riferimenti impliciti ai cicli della natura, delle stagioni,

dei raccolti, in particolare ai frutti della terra che trascorrono parte

dell'anno nascosti sotto la superficie per poi sbocciare e fruttificare.

Non mancano richiami (messi in evidenza in più di un testo filosofico e, molto

probabilmente, anche nei misteri) al destino dell'uomo, il cui corpo, sepolto sotto terra

come Persefone, non impedisce all'anima di raggiungere l'immortalità in una continua

dialettica di morte e rinascita. Al nucleo centrale della leggenda di Demetra, il cui

significato era rivelato solo agli iniziati dei Misteri di Eleusi, si aggiunsero in varie

epoche miti secondari, come quello della violenza che subì da Poseidone. Un'altra

leggenda vuole che Demetra si sia innamorata di Iasione dal quale ebbe Pluto, la

ricchezza. Tutti i miti, anche se contraddittori, sono comunque concordi nel non attribuire

un marito a Demetra, che generò i suoi figli al di fuori di ogni vincolo coniugale.

Persefone

La Sicilia appare l’isola dedicata alle due dee ed addirittura donata dallo stesso

Zeus e Persefone in occasione delle sue nozze con Plutone: si parte quindi dal

presupposto che il culto era molto noto in Sicilia e diffusissimo, comunque strettamente

2 Dii e dee

Page 5: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

legato all’elemento agrario, alla scoperta del grano e all’insegnamento della tecnica

agricola, quindi a un assestamento politico-economico che crea le basi per un

radicamento dei rituali. Erodoto (VII, 153), scrive:

«Un antenato di Gelone, uno dei primi coloni di Gela, era oriundo

dell’isola di Telo (l’isola di Sicilia)… costui, quando Gela fu fondata dagli

abitanti di Lindo, che venivano da Rodi al comando di Antifemo, non se

ne stesse a casa sua. Poi con il passare del tempo, i suoi discendenti erano

diventati ierofanti delle dee sotterranee, incarico che conservavano sempre

dopo che uno degli antenati, un certo Teline l’aveva ottenuto nella maniera

seguente: una parte degli abitanti di Gela, sopraffatta dagli avversari in

una contesa politica s’era rifugiata nella città di Mactorio… orbene Teline

riuscì a ricondurli a Gela, senza appoggio di forze armate, ma solo con le

insegne di queste dee. Dove egli le avesse ricevute o se le fosse procurate,

non saprei dire».

Dal brano quotato sì può sospettare che le coste Siciliane possono aver contribuito

ad aggiungere dei importanti miti alla mitologia mediterranea, e specificamente quella

greca, considerata la madre della mitologia mediterranea. Questa affermazione è

fondamentale per chiarire un elemento per tutte le problematiche: i culti demetrii nascono

in Sicilia o provengono dalla Grecia? Diodoro Siculo (v. 4) così scrive:

«Dopo il ratto di Kore, Demetra (così racconta il mito), poiché non

riusciva a trovare la figlia, accese le fiaccole dai crateri dell’Etna, si recò

in molti luoghi della terra abitata e beneficò gli uomini che le offrirono la

3 Dii e dee

Page 6: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

migliore ospitalità, dando loro in cambio il frutto del grano. Gli Ateniesi

accolsero la dea con grandissima cortesia, e a loro per primi, dopo i

Sicelioti, Demetra donò il frutto del grano, in cambio di ciò il popolo di

Atene onorò la dea molto più degli altri, la onorò con famosissimi sacrifici

e con i misteri eleusini, i quali, superiori per antichità e sacralità,

divennero famosi presso tutti gli uomini… Gli abitanti della Sicilia,

avendo ricevuto per primi la scoperta del grano per la loro vicinanza con

Demetra e Kore, istituirono in onore di ciascuna delle dee, sacrifici e feste

cui dettero il nome di quelle e la cui data di celebrazione indicava

chiaramente i doni ricevuti. Fissarono, infatti, il ritorno di Kore sulla terra

nel momento in cui il frutto del grano si trova ad essere perfettamente

maturo. Scelsero per il sacrificio in onore di Demetra il periodo in cui si

incomincia a seminare il grano.

Celebrano per dieci giorni la festa che prende il nome della dea, una festa

splendidissima per la magnificenza dell’allestimento, durante la cui

celebrazione si attengono all’antico modo di vita. In questi giorni hanno

l’abitudine di rivolgersi frasi oscene durante i colloqui, poiché la dea,

addolorata per il ratto di Kore, scoppiò a ridere a causa di una frase

oscena».

Il fatto che Diodoro affermi che la Sicilia sia stata la prima in assoluto a

conoscere il grano e che solo dopo Demetra, vagando alla ricerca della figlia, lo abbia

donato agli Ateniesi, deve fare riflettere: se esistono fattori campanilistici per cui

Diodoro, nativo di Agira, è propenso ad attribuire alla Sicilia il primato della scoperta del

4 Dii e dee

Page 7: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

grano, tuttavia l’antichità del culto sembra un fatto acclamato. Si veda anche Cicerone (In

Verrem. IV, 49, 50) 49:

«Per l’antichità di questa credenza, cioè che in quei luoghi si trovano le

tracce e la culla di queste divinità (Demetra e Kore), vi è in tutta la Sicilia,

uno straordinario culto in privato e in pubblico per la Cerere ennese…

Infatti sono ricercati con forte desiderio i misteri degli Ateniesi, dai quali

si dice Cerere sia giunta in quella peregrinazione e abbia apportato le

messi, quanto grande convenne che fosse allora la venerazione di quelli

presso i quali si attesta sia nata ed abbia scoperto le messi? Pertanto presso

i nostri Padri, in un momento molto difficile dello Stato quando, ucciso T.

Gracco, dai prodigi erano presagiti timori di grandi libri sibillini, e da

questi si ricavò che bisognava placare l’antichissima Cerere. Allora da un

grandissimo collegio dei decemviri, i sacerdoti del popolo romano, pur

essendovi nella nostra città un bellissimo e splendido tempio di Cerere,

tuttavia partirono fino alla volta di Enna. Così grande era l’antichità e

l’autorità di quel culto, che, andando in quel luogo, non al tempio di

Cerere, ma sembrava che si recassero da Cerere in persona».

50: «Mi vengono in mente i templi, i luoghi di quel culto… quel famoso

giorno in cui essendo venuto a Enna, tosto mi vennero incontro i sacerdoti

di Cerere… desideravano che fosse espiata… l’antichità delle cerimonie, il

culto del tempio… Gli Ennesi credono che Cerere abiti presso di loro, così

che mi sembravano non cittadini di quella città, ma tutti sacerdoti, tutti

abitanti e ministri di Cerere». 5 Dii e dee

Page 8: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

È chiaro dunque che dalla voce autorevole di Cicerone, sebbene i passi siano

enfatizzati dall’arringa contro Verre, che i riferimenti sono inconfutabili, sia per

l’antichità dei culti che per l’importanza che essi conservarono fino all’epoca romana ed

oltre. Gli stessi misteri che i Greci avevano promosso a Eleusi, e che si diffusero in tutto

il mondo ellenico anche della Magna Grecia e della Sicilia, non è escluso che fossero

presenti nell’isola ancora prima dell’arrivo dei

colonizzatori greci e che poi si siano fusi con la

tradizione misterica eleusina senza pertanto togliere la

presenza di culti pre-greci in Sicilia legati a divinità

femminili della sfera agraria assimilate poi con

Demetra e Kore. Per quanto riguarda i luoghi dove

avviene il ratto si veda Pseudo-Aristotele (De

mirabiliubus auscultationibus, 82):

Testa femminile con copricapo ,VI sec, A.C. Prova della prezenca della divinita femminile

«In Sicilia nei dintorni della città chiamata Enna, si dice ci sia una spelonca

attorno alla quale dappertutto dicono che cresca un’enorme quantità di diversi

fiori per tutto l’anno, e tale luogo sia pieno di una moltitudine di viole che

riempiono di soave odore la terra intorno, così che durante la caccia, pur

6 Dii e dee

Page 9: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

possedendo i cani un forte senso dell’odorato, divengono impotenti ad inseguire le

orme delle lepri. In questo luogo esiste una galleria sotterranea, con l’apertura

invisibile, per la quale dicono che Plutone abbia compiuto il ratto di Kore».

Diodoro Siculo (v. 2): «Favoleggiano che il ratto di Kore sia avvenuto nei

prati vicino ad Enna. È questo un luogo vicino alla città, bello per le viole e altri

fiori… si dice che per il profumo dei fiori presenti,i cani che sono soliti cacciare,

non possono seguire le tracce, impediti nella facoltà percettiva del senso

dell’odorato… nelle vicinanze vi sono prati e boschi… e una spelonca che ha

un’apertura sotterranea… dalla quale dicono che sia uscito Plutone per rapire

Kore».

Diodoro Siculo (v. 4): «Secondo il mito Plutone, compiuto il ratto,

trasportò Kore sul suo carro vicino Siracusa: squarciò la terra, sprofondò con la

rapita nell’Ade e fece sgorgare una fonte chiamata Ciane, presso la quale i

Siracusani celebrano ogni anno una famosa festa; i privati sacrificano vittime di

piccolo taglio, la cerimonia pubblica prevede l’immersione di tori nello specchio

d’acqua; questo sacrificio fu introdotto da Eracle al tempo in cui percorse tutta la

Sicilia…».

7 Dii e dee

Page 10: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

12

Cibi e Bevande

l vino è come l'uomo.. perché come l'uomo soffre, gioisce ed invecchia....

Si, questa volta parliamo di vino, ma prima di tutto credo sia opportuno parlare un po’

della vite e dell’uva. Risaliamo alle origini fin dai tempi dei tempi e vediamo come le

varie civiltà hanno introdotto attraverso il loro cammino nuove tecniche e nuove abitudini

di consumo. La prima pianta apparsa sulla terra è stata senz’altro la vite. Gli uomini

cominciarono a conoscere i grappoli, si accorsero che l’uva spremuta dava un succo

molto gustoso, che dopo una misteriosa fermentazione il tutto si trasformava in una

bevanda inebriante. Così si ottennero i primi vini. Un fenomeno evolutivo che ha

coinvolto l’uomo, la pianta e la bevanda fino ai giorni nostri.

proprio il caso di dire: "La civiltà del Vino".

La fedeltà al vino la possiamo trovare nel Nuovo e nell’Antico Testamento. In questo

ultimo troviamo continuamente vite e vino, simboli di prosperità e libertà, forza e amore.

Nella Genesi, riguardo a Noè coltivatore della terra, fece la vigna, ottenne il vino, lo

bevve e si inebriò. Nel Cantico dei Cantici, si legge: "Il mio diletto è per me un grappolo

di Cipro nelle vigne di Engaddi". Ma nel Nuovo Testamento, il vino tocca la più alta

celebrazione e diventa elemento religioso: "Bevetene tutti perché questo è il mio

sangue….. Io ve lo dico: non berrò più di questo succo della vite fino al giorno in cui lo

berrò con voi, nuovo, nel Regno di mio Padre". (Matteo, 26, 26 – 29)

8 Cibi e Bevande

Page 11: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

2

2

Anche i Sumeri hanno conosciuto il vino, gli Egiziani poi, lo offrivano agli Dei e lo

distribuivano soltanto in occasioni religiose. Addirittura, lo importavano dalla Siria, dalla

Palestina ed anche da Creta.

Nell’antichità il vino era considerato una rarità, pertanto l’uomo lo commerciava a prezzi

molto alti. Nell’antica Grecia, la più rinomata per i vini fu senza dubbio la Tracia, ed

Omero sottolinea quello di Maronea, che Ulisse adoperò per ubriacare Polifemo. Poi,

ancora narra dell’infanzia di Dioniso, il quale per ricambiare l’aiuto avuto dagli uomini,

insegna loro l’arte del vino.

In Grecia, 2500 anni fa, per diventare cuoco bisognava frequentare due anni di scuola.

Temachides di Rodi scrisse ben undici volumi su "diverse sorte di banchetti" e solo i

Greci arrivarono a consacrare la gastronomia, dedicandole una dea: Adefagía. Quando i

Romani occuparono la Grecia ne scoprirono anche le meraviglie gastronomiche e ne

furono conquistati tanto che Catone il Censore protestò invano, affermando che i Greci

corrompevano i puri (primitivi) costumi romani. Così la cucina greca si trasfuse a Roma,

la cui cucina, nella realtà, è cucina greca. E cucina greca è tutta la cucina dell'Impero

bizantino che si ramificò in Italia ed in Europa, attraverso le repubbliche marinare prima,

attraverso la diretta presenza poi d'Italiani e Francesi.

Dioniso è il Dio della vegetazione e della fertilità, è figlio di Zeus e di Semele. Il suo

nome, secondo l'etimologia più accreditata, significherebbe "figlio di Zeus". Nato infatti

miracolosamente da una doppia gestazione, sia materna che paterna, era ritenuto il

protettore della vita nella fase embrionale. A lui si attribuiscono l'invenzione del vino e

9 Cibi e Bevande

Page 12: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

3

3

quell’entusiasmo misterioso che diede origine alle feste dionisiache che, solitamente in

primavera poiché legate al tema della fertilità, si diffusero in tutto il mondo greco. Nella

mitologia latina fu venerato con il nome greco Bacco fino a tutto il primo secolo

dell'Impero. Le feste in suo onore, chiamate Baccanali, erano prettamente orgiastiche.

Bacco, in greco Bákchos, nome recenziore (compare la prima volta in Sofocle, Edipo Re,

211), e prevalente nel mondo romano, del dio greco Dioniso, identificato con l'antico dio

italico Liber Pater. In epoca classica, è essenzialmente il dio del vino e del delirio

mistico. Il culto di Bacco Dioniso, d’origine greco-orientale, in Italia ebbe larga

diffusione, prima nelle regioni meridionali, poi in quelle centrali, penetrando a poco a

poco anche in Roma (III, II sec. a.C.). Le sue feste presero il nome di baccanali, e la loro

proibizione per motivi politico-morali (186 a.C.) non impedì che il dio continuasse a

essere oggetto di culto, nella suggestiva forma del mistero dionisiaco, fino a tutto il primo

secolo dell'Impero, come testimoniano gli affreschi della villa dei Misteri a Pompei.

Dionisio, dipinto su un vaso Greco

10 Cibi e Bevande

Page 13: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

4

4

Dalla vite si ottiene il vino, la bevanda preferita da Dioniso. A lui si attribuisce

l'invenzione della famosa bevanda alcolica. Si pensa che il vino fosse necessario

all'interno dei rituali dionisiaci per provare l'estasi (che significa, etimologicamente,

"uscire da se stessi") che permetteva di entrare in contatto con la divinità. Inoltre con i

tralci di vite si decorava la punta del tirso, scettro sacro di Dioniso usato anche dalle

Baccanti nei loro rituali dionisiaci.

11 Cibi e Bevande

Page 14: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

Il Simbolo del Leone

“Il forte ragazzo che voi vedete in tutte le gallerie d’arte, strangolando il leone avrà un

nome ed una storia” —Michael B. Poliakoff, Ph.D.

Uno si meraviglia con il profondo tema, quando vede il simbolo del leone nella

mitologia. Questo elemento fa la mitologia sembrare cosi reale quando si prova

universale e considerata con lo stesso senso e caratterizzata con le stesse storie, al meno,

alle coste del mediterraneo.

Il fatto piu interesante e che le storie non servono e non sono creati solo per divertire il

lettore. Il simbolo del leone significa particolarmente nel campo della psicoterapia, ma le

origini sono nella mitologia. Sembra che in questo campo la psicoterapia abbia preso

molto dalla mitologia (particolarmente quella mediterranea). Certe storie mitologiche

spiegano il leone, come simbolo negativo, è da sempre il simbolo degli istinti non domati

che ci rendono preda della concupiscenza sfrenata (desiderio sfrenato di possedere tutto

ciò che cade sotto i sensi), istinti che dobbiamo cercare di domare per non diventarne

preda, il che porterebbe a comportamenti sociali scorretti, dannosi per noi e per gli altri.

Nell’antichità il simbolismo del Leone ebbe un ampio impiego. Ciò dipese dalla sua

natura forte e dalle sue sembianze.Quando sogniamo un "leone ruggente", quindi un

leone che ci fa paura, l'inconscio cerca solo di avvertirci che stiamo facendo un cattivo

uso della funzione di sensazione che ci fa comportare, nella vita cosciente, come

12 Il Simbolo del Leone

Page 15: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

quell'animale quando è affamato, la qual cosa si ripercuote a nostro danno oltre che a

danno degli altri. Il sogno con questa immagine ci fa vedere come ci comportiamo e nello

stesso tempo come ci vedono e ci vivono gli altri, ossia cerca di renderci coscienti

dell'effetto pratico e psicologico che fanno i nostri comportamenti sugli altri: li

aggrediamo come leoni affamati inducendo la paura e suscitando reazioni adeguate.

Il leone, dal lato positivo rappresenta l'Eroe, la regalità e la saggezza. Nella mitologia

l'Eroe deve sempre compiere delle "fatiche", durante il suo viaggio iniziatico, per

migliorare se stesso, tra le quali, alla fine, c'è un combattimento con una bestia feroce,

leone o drago, come appunto fanno Ercole o San Giorgio o i cavalieri delle saghe

germaniche. La figura simbolica del Re, che rappresenta l'uomo perfetto, cioè l'Eroe che

ha compiùto le sue fatiche iniziatiche ed è diventato guida ed esempio per gli altri

uomini, è da sempre rappresentato con un leone domato ai suoi piedi cosa che sta a

significare che l'Eroe è riuscito ad addomesticare e quindi ad asservire alla sua volontà gli

istinti vitali che erano diventati (non per colpa sua ripeto) selvaggi. Anche Ermete

incoronato ha dietro di sé un Leone ammansito e accovacciato. Quando cominciamo a

porre un freno alle pulsioni dei nostri istinti selvaggi presieduti dalla funzione di

Sensazione, oppure quando gli educatori non hanno "demonizzato" troppo l'uso dei nostri

sensi con i divieti dettati dalle loro paure inconsce, se sogniamo o vediamo in realtà un

leone e questo non ci fa paura, ciò vuol dire che l'inconscio ci sta comunicando il nostro

stato psicologico del momento, dovuto al fatto che la funzione di sensazione si comporta

correttamente in tutte le manifestazioni di relazione rispetto alla concupiscenza.( Fig.1 )

13 Il Simbolo del Leone

Page 16: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

.

Fig.1 “Uomo selvaggio” Un dipinto trovato in Vaticano, XV secolo

Il leone lo ritroviamo nella nostra simbologia cristiana in quanto è anche simbolo di Gesù

(Fig 2, 3). Le immagini dei leoni, presenti nell’arte romanica sia in pittura che in

scultura, erano prevalentemente utilizzate come simbolo del Bene. Erano simbolo della

resurrezione in quanto si pensava che i cuccioli di leone appena nati giacessero come

morti finché il leone padre alitava sui loro corpi; rappresentavano anche la forza con cui

Cristo difendeva la sua Chiesa e le sue cattedrali. Per questo motivo si affermò sempre di

più l’uso di due leoni di pietra, posizionati a lato del portone d’ingresso di molte chiese

romaniche. La più moderna figura dell'Eroe o di Mercurio - Ermete, ma esso è anche

14 Il Simbolo del Leone

Page 17: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

simbolo del Diavolo, cosa di cui non ci dobbiamo stupire se ci ricordiamo della doppia

natura simbolica di tutte le immagini. Tutto ciò non è blasfemo in quanto Gesù si serve di

questa parabola per indicare solo due stati psicologici della stessa Natura umana uno dei

quali è quello corretto mentre l'altro è deformato dalle cattive informazioni.

Fig. 2 Una sclutura che suggerische il leone simbolo del Cristo

15 Il Simbolo del Leone

Page 18: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

Il dualismo dei leoni

Il simbolo del leone lo ritroviamo anche nelle favole moderne di scrittori moderni come

C.S. Lewis con “Il leone, la strega, l'armadio”, uno degli episodi delle celebri Cronache

di Narnia. Tre fratelli scoprono una porta di comunicazione tra la propria realtà e il

mondo parallelo di Narnia, in cui si volge un'epica lotta tra il bene (Aslan, il leone) ed il

male (la strega bianca che copre Narnia sotto una coltre permanente di neve e di

16 Il Simbolo del Leone

Page 19: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

ghiaccio). Secondo antiche profezie questa lotta per concludersi attende che vengano

occupati i tre troni vuoti del castello di Caer Paravel. L'appoggio di Peter, Lucy ed

Edmund si rivelerà così determinante per la vittoria di Aslan, alla fine di un percorso che

li vedrà incontrare personaggi come il fauno Tumnus, Roddy il castoro, Babbo Natale, o

scontrarsi con il Lupo Maugrin e il Nano.

Delle altre storie interessanti ci rilevano le similarità della mitologia greca e romana.

Ercole è ordinato dal re Eurystheus in Tiryns di sconfiggere il leone di Nemea, perché il

reame era in grave rischio dal quello leone. Dopo avventure interessanti, Ercole ha

sconfitto il leone ed e tornato vittorioso. Quando il re lo visse si e intimido dalla

triumfalita e dalla apparenza di Ercole perché costui aveva indossato la pelliccia del leone

sconfitto ed alla testa indossava come casca la testa del leone.

Il mito come appare e stato molto popolare nelle regioni mediterranee. Uno dei più

divertenti esempi è la statua commissionata dal re Commodus, che ha regnato a Roma tra

le 180 e 192. L’enorme statua e una scultura di Commodus che indossa una pelliccia di

leone, una esatta copia di Hercules. Cosi, Commodus ha elevato se stesso ai livelli di un

dio. I romani di quel tempo consideravano tali statue come veri rappresentanti di dei.

(Fig.4)

17 Il Simbolo del Leone

Page 20: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

Fig.4 Commodus con la pelliccia di leone.

18 Il Simbolo del Leone

Page 21: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

Miti di creatività (Greci e Romani)

Non esisteva la terra, il mare o qualunque altra cosa del creato. Era solo il Caos, senza

forma al di là del tempo e dello spazio.

All'improvviso dal Caos apparve Gea, la terra principio di vita e madre della stirpe

divina, prima realtà materiale della creazione. Dopo di lei apparvero Eros (l'amore), il

Tartaro (luogo di punizione delle anime malvagie) e l'Erebo (la notte).

I Titani

I miti della Creazione possono essere suddivisi grossolanamente in 5 categorie:

Il mondo ha avuto origine......

1. dal caos o non esistenza (ex nihilo)

2. da un uovo cosmico o da un originale materno "qualcosa"

3. da genitori che si sono separati

4. da un processo di immersione della terra

19 Miti di creativita

Page 22: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

5. da periodi di manifestazione da altri mondi

Un grande numero di miti della creazione combina due o più di questi forme.

Un numero sorprendente di miti della creazione ha annesso il mito collaterale del

"diluvio". Nella mitologia di molto civiltà antiche esiste una leggenda del diluvio, con

un'inondazione di proporzioni così enormi da aver ricoperto la Terra intera. Tale era la

forza distruttiva di questa inondazione che pochi animali e piante sarebbero

sopravvissuti.

Nella civiltà Occidentale la versione più famosa è la storia di Noé e dell'Arca come

narrata nella Genesi. Sebbene sia forse fra i più conosciuti, il racconto dell'avventura di

Noé non è né l'unico né il più antico.

Ma la leggenda dell'inondazione su cui si basa la storia di Noé ha avuto origine fra le

popolazioni dell'antica Mesopotamia, nel poema epico "Gilgamesh" (fu durante l'era

sumera che una grande inondazione sommerse la Mesopotamia). Questa inondazione è

stata così imponente che il suo ricordo si può trovare in molte antiche letterature. La

controparte sumera di Noè era Ziusudra, e da lui è stata sviluppata la figura babilonese

Utnapishtim, la cui storia è riferita nel "Epopea di Gilgamesh").

Nella versione greca di questa leggenda Zeus decide di distruggere la Terra, ma

permette al buon Re Deucalione e alla sua famiglia di salvarsi, rifugiandosi in un'arca ben

rifornita di provviste. “Altro castigo gli piacque: sommergere il genere umano, pioggia

dirotta versando da tutte le parti del cielo. Tosto serrò l’Aquilone negli antri dell’isola

Eolia con tutti i venti che mettono in fuga le nubi nembose, Noto sciogliendo che vola per

l’aria su l’umide penne, con la terribile faccia di negra caligine avvolta... Come

compresse col pugno le nuvole pendule e larghe, si rovesciò con fragore dal cielo

20 Miti di creativita

Page 23: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

scrosciando la pioggia… Giove vedendo stagnare la terra per tutto allagata e rimanere un

sol uomo di tante migliaia e una donna, ambo innocenti e devoti, disperse le nubi e,

cacciate lungi le piogge nembose col vento Aquilone, la terra scoprì alla vòlta celeste e la

vòlta celeste alla terra.”

Persefone, nota anche come Proserpina nella mitologia romana, era la dea della fertilità e

regina degli inferi.

La sua duplice natura di dea della rinascita e del regno dei morti era dovuta ad un poetico

mito riportato anche da Ovidio nel quinto libro delle Metamorfosi.

Persefone, figlia di Zeus e Demetra, fu rapita da Plutone, che la sorprese mentre

raccoglieva dei fiori vicino alle porte dell'Ade.

Demetra venuta a conoscenza del fatto implorò il Re degli Inferi affinché le restituisse la

figlia, alla fine implorò lo stesso Zeus, che tra l'altro era il padre di Persefone, la sua

supplica non restò inascoltata, gli dei concessero alla fanciulla di ritornare sulla terra per

otto mesi l'anno...

Il suo mito è veniva celebrato e ricordato nel corso dei Misteri Eleusini, come simbolo

del ciclo di rinascita della natura: quando lei lascia la terra la vita sfiorisce, le foglie

cadono dai rami, il gelo invernale trionfa... ma quando lei ritorna i fiori sbocciano di

nuovo nei campi, gli alberi si coprono di nuovi germogli e l'aria tiepida si riempie del

profumo della primavera...

Il mistero del ciclo delle stagioni trovava in questo mito una straordinaria veste poetica e

la stessa Persefone compariva anche in altri miti sotto un aspetto benigno e gentile, a lei

21 Miti di creativita

Page 24: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

infatti si rivolge Orfeo per strappare dal Regno dei Morti l'amata Euridice...

LA NASCITA DEL PRIMO UOMO

Nelle antiche leggende tramandateci ora in forma orale, ora il forma scritta da persone

tanto lontane da noi da essersene perso persino il ricordo, si racconta del più saggio tra i

giganti, Prometeo il cui nome significa "Colui che è capace di prevedere".

Zeus, per la stima che riponeva in Prometeo, gli diede l'incarico di forgiare l'uomo che

modellò dal fango e che animò con il fuoco divino.

L

Z

a

s

A

Prometeo crea l'uomo assistito dagli altri dei

A NASCITA DELLA PRIMA DONNA

eus diede incarico ad Efesto di modellare un’immagine umana servendosi di acqua e di

rgilla. Efesto fu tanto bravo nel modellarla che la donna che ne ebbe origine era

uperiore ad ogni elogio. Tutti gli dei furono incaricati da Zeus di riporre in lei dei doni:

tena le donò morbide vesti a significare il candore, fiori ed una splendida corona d’oro

22 Miti di creativita

Page 25: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

mentre Ermes pose nel suo cuore pensieri malvagi e sulle curve sinuose delle sue labbra,

discorsi affascinanti ma ingannevoli. A questa creatura fu dato nome Pandora (dal greco

"pan doron = tutto dono") perché tutti gli dei le avevano donato qualcosa. Mancava solo

il regalo di Zeus che fu superiore a tutti gli altri doni. Egli infatti, donò alla fanciulla un

vaso, con il divieto di aprirlo, contenente tutti i mali che l’umanità non conosceva: la

vecchiaia, la gelosia, la malattia, la pazzia, il vizio, la passione, il sospetto, la fame e così

via.

Pandora

23 Miti di creativita

Page 26: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

Eroi- Parallelismi Il materiale studiato dà prova che il Mediterraneo è un regione che ha coltivato immagini

mitologiche assai spettacolari. Questo, forse, si spiega dal fatto che le coste mediterranee

sono le coste dei tre continenti (Europa, Asia e Africa). Gli eroi mitologici del

Mediterraneo antico si rivelano altrettanto gloriosi, potenti e protagonisti di storie piene

di intrighi come le divinità (che in fondo le hanno create). Le coste d’Egitto hanno

contribuito con figure interessanti alla mitologia mediterranea. Lo stesso possiamo dire

anche per le coste Persiane (oggi una regione complessa di varie nazionalita).

In Egitto, la figura di Anubi o Anup o Anupev, (lo abbiamo visto ultimamente nel film

holliwoodiano “The Mummy Returns”) è figlio di Osiride, raffigurato con testa di

sciacallo. Anubi aveva aiutato la dea Iside a seppellire Osiride e per tale motivo divenne

dio dei morti e guida delle anime. I Greci e i Romani lo identificarono con Ermete,

perché anch'egli conduceva nell'oltretomba le anime dei morti.

In Egito, Horus, Dio Solare, immaginato come un falco che sollevato

in cielo illuminava la terra con i suoi raggi. È raffigurato anche come

un bambino sul dorso di un coccodrillo, recante in mano per la coda

animali dannosi. Dai Greci fu assimilato ad Apollo (Horoapollo), e

d

r

f

Horus

venerato anche come Arpocrate, dio del silenzio. Nel periodo della

ecadenza Horus è raffigurato come uomo con testa di falco indossante una divisa

omana, una corona doppia e a volte seduto a cavallo. Il più famoso tempio a lui dedicato

u quello tolemaico di Edfu.

24 Eroi- Prallelismi

Page 27: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

ISIDE (Egito)

Sposa di Osiride e madre di Horus, coi quali forma una triade suprema. Il suo mito è

complesso e ha numerosissime versioni. Iside è principalmente, nella mitologia egiziana,

la massima divinità della natura e della fecondità la madre di tutte le cose, la dea

universale, adorata sotto forme svariatissime, ma per lo più con corna o testa di vacca,

animale a lei sacro. I Greci identificarono Iside con varie loro divinità (Era, Demetra,

Afrodite, Selene, Io, ecc.); il culto della dea egizia venne trapiantato in Grecia e più tardi

in Roma, e nel periodo ellenistico si diffuse in tutto il bacino mediterraneo, in forma

misterica. Faceva parte del tribunale dell'aldilà.

Ka- Gli Egizi distinguevano l'uomo in tre elementi: il corpo, l'anima e il Ka, che faceva

intima parte della persona e svolgeva compiti spirituali. Si può affermare che era

qualcosa di simile al Genio dei Romani e al Daimon dei Greci. Secondo I Romani Genio

e il simbolo della creatività dell'uomo, divenne in seguito l'essenza dell'individuo, che lo

accompagnava dalla nascita fino alla fine come protettore. Il Genio però non muore con

l'individuo ma gli sopravvive.

Neith

Dea egiziana antropomorfa dal carattere guerriero, ma anche marino. Identificata dai

Greci con Atena, viene ritenuta di origine libica derivata, probabilmente, da una

antichissima divinità cacciatrice del mediterraneo. Atena era figlia di Zeus e di Metis.

Così come aveva fatto Crono anche Zeus divorò la moglie incinta in modo di avere

sempre con sè la consigliera. Finita la gestazione Zeus avrebbe partorito la figlia dalla

25 Eroi- Prallelismi

Page 28: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

testa. Efesto funse da ostetrico spaccandogli la testa con un colpo di scure. Atena nacque

già adulta ed armata di tutto punto. Atena era una dea dalle molteplici attività; ella

rappresenta l'invito alla ponderazione e alla misura. Da lei impararono l'arte i fabbri, i

carpentieri navali, gli orafi, i fonditori e da lei le donne impararono l'arte di filare e

tessere. Atena è pure patrona di tante altre arti e scienze, fra le quali la medicina,

l'agricoltura, la pedagogia e tante altre scienze. Era raffigurata vestita di peplo con l'elmo

in testa e armata di lancia e scudo. Dai Romani venne identificata con la dea Minerva. Lei

era Dea delle arti e dei mestieri, protettrice dei musici e degli scritturali nonché dei

medici e della città di Roma.

Sfinge -Esistono due Sfingi: quella egizia e quella greca. La prima rappresenta la potenza

regale del faraone ed è un monumento funerario formato da un corpo leonino e dal volto

del Faraone. La Sfinge greca invece è un mostro alato col corpo mezzo di donna e mezzo

di leonessa nato dalla unione incestuosa del cane Ortro con la madre Echidna.

Thot o Thóth o Thouth, la versione egiziana inizialmente era un dio lunare, col tempo

divenne prima dio contatore del tempo, poi dio delle scienze e per chiudere in bellezza la

sua carriera diviene dio della Giustizia e della Verità e con questo compito egli giudica

sia gli dèi che i mortali. Era raffigurato come un uomo con testa d'ibis o di sciacallo. I

Greci lo identificarono col loro Hermes, il dio della cultura e della musica. Era

considerato un antichissimo sacerdote-Re dell'Egitto, fonte di ogni pensiero e sapere e gli

si attribuivano l'invenzione dell'alfabeto e della scrittura, le prime leggi e istituzioni civili

e un gran numero di sacri scritti, gelosamente custoditi dai sacerdoti egizi, dal significato

oggi difficile da comprendere, detti libri ermetici. I Romani lo consideravano come il Dio

26 Eroi- Prallelismi

Page 29: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

del commercio e protettore dei guadagni. Suoi attributi sono: il cappello alato, il caduceo,

il gallo, lo scorpione e la sfinge.

ANAHITA

Dea iraniana simile a Mitra, era vestita di un manto d'oro e una pelliccia di ermellino

coperta da gioielli e reggeva in mano un ramo sacrificale. Il suo culto si diffuse anche

fuori dall'Iran, difatti la

dea aveva molti templi in Armenia, famoso quello di Erez per la statua d'oro. I greci la

identificavano a seconda che consideravano le qualità fecondatrici o quelle guerriere con

Afrodite o con Artemide.

RUSTAM

Eroe iraniano simile al greco Eracle.

27 Eroi- Prallelismi

Page 30: Quando le coste mediterranee parlavano in una lingua

Bibliografia

Miti, Prof.ssa Laura Bortolani, 2001

Bianchi Ugo, La religione greca, Torino, 1966.

Bianchi Ugo, The greek Mysteries (Iconography of religions XVII, 3), Leiden, 1976.

Ciaceri E., Culti e miti nella storia dell’antica Sicilia, Catania, 1911.

Corradini A. M., Enna storia e mitologia attraverso le fonti classiche, Enna, 1991.

Gabrici E., Il santuario della Malophoros a Selinunte in Mal 32 (1927), coll. 1-44, Tavv. i-

XCVII.

Manni E., Sicilia pagana, Palermo, 1963;

Ross Holloway R., Archeologia della Sicilia antica, Torino, 1995.

Sfameni Gasparro G., Misteri e culti mistici di Demetra, Roma, 1986