Post on 31-Mar-2016
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Ottobre 2013
G&d G
abia
no e
din
torn
i Il periodico dal Nost Munfrà
2
produzione massificata o al contra-
rio, polverizzata il sistema va in
crisi. E’ ormai chiaro a tutti che la
concentrazione della produzione di
beni in aree sempre più circoscritte
unita alla distribuzione su scala
continentale o mondiale, mette
interi compartimenti produttivi fuori
dal mercato, riducendo la ricchezza
complessiva. Così la continua im-
portazione da luoghi lontani a prez-
zi stracciati, e spesso senza con-
trolli di qualità sulle merci prodotte,
specie se alimentari, di fatto impe-
disce ai prodotti locali, realizzati e
coltivati su piccola scala, ma di
grande qualità, di avere un loro
mercato e quindi di sopravvivere.
In assenza di una solida economia
locale si crea inevitabilmente una
dipendenza pericolosa dai mercati
internazionali che, oltre a creare
debito pubblico, mettono tutti in
balia di una finanza in cui i prezzi
sono manovrati sostanzialmente su
basi speculative anziché sui reali
bisogni della gente.
Ne consegue che le attività locali
chiudono, il territorio si impoverisce
e così intere frazioni e paesi vengo-
no abbandonati; quelle che un
tempo erano belle e floride costru-
zioni rurali, o edifici pubblici fruiti
da vitali e numerose comunità co-
me le scuole, le chiese, lentamente
si svuotano per poi diroccare, i
campi coltivati scompaiono per la-
sciare il posto ai boschi di
piante non locali e invasive,
alle frane interrompono le
strade ed i sentieri che, non
più frequentati, negli anni si
perdono definitivamente.
Eppure non stiamo parlando di
territori desertici o glaciali, ma
di terre fertili, ricche che per se-
Negli scritti di G&d è chiara l’im-
pronta territoriale che lo ha da
sempre caratterizzato, vogliamo
ora fare un passo avanti sul tema,
con altre valutazioni di cui però
abbiamo già trattato in passato da
queste stesse pagine. Accennere-
mo alle grandi opportunità che si
presenterebbero se venissero isti-
tuzionalmente riconosciute le pecu-
liarità che accomunano tanti terri-
tori omogenei per storia, cultura,
tradizioni ed economia. Ci riferiamo
agli ambiti territoriali omogenei
come potrebbe essere, ad esempio,
il Monferrato, ma non solo. Certa-
mente qualcuno si chiederà che
senso ha chiedere il riconoscimento
di ambiti territoriali quando il mon-
do si sta sempre più globalizzando
e si parla di abolire le province?
Che senso ha una simile suggestio-
ne quando l’Europa dopo secoli di
guerre si è unita, almeno economi-
camente, tanto da meritarsi il Pre-
mio Nobel per la pace. A nostro
modesto avviso un senso ce l’ha,
un senso che nasce proprio da quel
fenomeno di globalizzazione, inter-
nazionalizzazione, unione continen-
tale destinata a diventare intercon-
tinentale, visto che stanno già lavo-
rando per un mercato comune fra
Europa e Stati Uniti, quest’ultima
ribattezzata da molti economisti
Cinamerica visti
gli stetti intrecci economici che la
legano con la superpotenza asiati-
ca.
Proprio all’interno di questo proces-
so che certamente ha aspetti con-
troversi e contraddittori, positivi da
un lato e negativi dall’altro, la riva-
lutazione delle culture, delle diversi-
tà e soprattutto delle economie
locali diventa un fatto importante
se non addirittura fondamentale
per tanti motivi.
Crediamo infatti necessario trovare
una alternativa al pensiero unico
dell’economia globale strettamente
legata alla finanza internazionale se
vogliamo garantire la vita anche
alle comunità locali.
Oggi purtroppo prevale nettamente
la finanza dei grandi numeri in una
concezione di miope mercantilismo
che trascura le infinite e fondamen-
tali ricadute legate al manteni-
mento delle attività produttive su
scala locale.
A nostro parere la natura è un
bell’esempio di come dovrebbe
esser organizzata una società, ogni
specie deve avere il suo spazio,
volpi e falchi, quaglie e formiche,
arbusti e piante d’alto fusto, vigne
e ortaggi, patate e tartufi.
E’ la diversità che consente anche
in economia una crescita armonica
della società. Se si ecce-
de con la
Riterritorializziamo?
Per le leggi questi territori sono sostanzialmente la stessa cosa
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coli hanno dato da vivere a genera-
zioni di persone. Terre comunque
costellate di centri urbani, di infra-
strutture, magari non al massimo
dell’efficienza, magari in via di de-
grado, come strade, energia elettri-
ca, acqua, gas, collegamenti tele-
matici e tanto altro ancora. Terre
ricche di persone che sanno fare, o
come si dice oggi, hanno notevoli
know-how, ma che trovano sempre
più difficoltà a competere con l’eco-
nomia globalizzata. E’ una tenden-
za in corso da tanti anni e l’attuale
crisi che stiamo vivendo e pagando
ne è la più evidente espressione, e
non ci pare che siano state trovate
grandi ricette per rispondere a que-
sta situazione che non solo rischia
di esser permanente ma di peggio-
rare, anche al di là di illusorie pau-
se. A nostro modestissimo avviso
solo la rivalutazione dell’economia
locale, quella territoriale può argi-
nare questa crisi. Ma cosa significa
rivalutazione del territorio?
Si tratta di adeguare l’organizzazio-
ne delle istituzioni a misura del ter-
ritorio e non viceversa.
Regione e Province vennero defini-
te a suo tempo meramente su base
burocratica in base cioè al bacino
di abitanti che dovevano esser più
o meno analoghi. Una cultura che
ancora permane a vedere i vari
accorpamenti di servizi e territori.
Ma i territori al di là delle estensioni
o del numero di abitanti, hanno
caratteristiche che li accomunano e
che devono esser valorizzate
nell’interesse di tutta la collettività.
Ogni coltura, ogni impresa ha uno
stretto legame col territorio, non a
caso nelle colline si coltivava l’uva e
nelle pianura il riso, non a caso nel
delta del Po la cattura e la lavora-
zione della anguille ha prodotto
ricchezza per chi ci viveva, non a
caso l’allevamento, le castagne e il
legno hanno consentito a intere
generazioni di montanari di cresce-
re per secoli. Tutte ricchezze che
davano il proprio, magari limitato,
contributo all’economia che oggi si
stanno perdendo. La somma di
tutti questi diversi, magari limitati
contributi possono accrescere il
benessere di tutti. Così come tanti
piccoli risparmiatori potevano far
crescere una banca ben la di là dei
pochi grossi capitali. Si tratta di
riconoscere e valorizzare queste
attività che portano con sé tutta
una serie di “effetti collaterali” e
scoprire l’importanza anche econo-
mica di ciò che in apparenza sem-
bra non competitivo sul mero piano
commerciale. Gli economisti usano
un termine cacofonico per definirle:
le chiamano “esternalità” anche se
spesso hanno ricadute persino più
importanti delle attività principali.
Spieghiamoci con un esempio.
Se devo spostare persone o merci
posso farlo con diversi mezzi: stra-
da, ferrovia, aerei o cabotaggio.
Consideriamo i primi due: posso
spedire merci con camion o con
vagoni ferroviari. Se si dovesse
guardare esclusivamente il costo
economico si dovrebbero usare
solo i mezzi stradali. Costa meno
costruire una strada di una ferro-
via, costa meno costruire le varie
tipologie di autocarri che un treno,
ed anche la gestione del traffico
stradale e meno costosa di quello
ferroviario. Perché quindi prevede-
re anche l’uso della ferrovia? Qui
intervengono le esternalità, ossia i
costi esterni; ma esterni a che co-
sa? Esterni allo stretto bilancio eco-
nomico del trasporto. Con la ferro-
via si immettono meno inquinanti
nell’aria (meno malattie da curare,
meno sporcizia da pulire), meno
CO2 e quindi meno effetto serra, ci
sono meno incidenti stradali (meno
ricorso a ospedali, meno costi assi-
curativi, meno assenze dal lavoro,
meno costi di riparazione ecc.), si
fluidifica il traffico stradale degli
altri mezzi di trasporto i cui condut-
tori risparmiano tempo che posso-
no utilizzare per altri scopi produtti-
vi o ludici, migliorando la qualità
della vita, ecc.
Quindi se diamo un valore econo-
mico a ciascuna di questi effetti
collaterali (esternalità) l’ago della
convenienza economica complessi-
va si sposta dalla strada alla ferro-
via. Lo stesso vale per il territorio.
Un territorio vitale, abitato, fre-
quentato, non produce solo vino o
patate o latte, ma costituisce un
intero sistema comunitario in cui il
paesaggio, come gli edifici storici
possono richiamare turismo, svilup-
pare pratiche sportive, salvaguar-
dare storia, natura, ambiente, di-
versità sociale, culturale, economi-
ca, insediamenti, produzione di
beni e servizi. Come la biodiversità
della natura è essenziale alla so-
pravvivenza dell’intero ecosistema
così la diversità economico-
produttiva è essenziale alla soprav-
vivenza dell’intero sistema sociale
civile. In questo contesto il territo-
rio è una comunità che vive e pro-
duce attività pubbliche socialmente
utili e non solo il vino, le patate o il
latte che entrano nella catena com-
merciale. Per contro una produzio-
ne globalizzata ha anch’essa delle
esternalità che spesso sono negati-
ve, ma non sono considerate. L’e-
splosione dei traffici intercontinen-
tali per il trasporto delle merci ha
costi ambientali ed economici pe-
santi. L’effetto serra generato dai
consumi di CO2 dei mezzi per la
distribuzione intercontinentale e
locale delle merci ne sono un
esempio come la gestione dei rifiuti
sia dei cicli produttivi che delle
merci diventate obsolete. Pochi
sanno che nel mezzo dell’Oceano
Pacifico si è creato un continente
di… rifiuti galleggianti che è stato
riconosciuto proprio nel 2013 come
Stato: il Garbage patch ed ha una
estensione di circa 10 milioni di
km2 pari a quella degli USA. Se
computiamo fra i costi della globa-
lizzazione anche questi spetti si
vedrà che l’ago della bilancia si
sposta verso il negativo. Ma vi sono
anche altre motivazioni che sosten-
gono l’idea del riconoscimento dei
4
Quando apre una attività nei nostri
paesi è sempre un evento, special-
mente coi tempi che corrono.
E’ un evento sempre più raro e fa
notizia, per questo è importante
fare il possibile per sostenere que-
ste, come ogni altra iniziativa im-
prenditoriale.
Da qui la nostra “intervista” a Elia-
na la titolare del negozio.
Giovane signora ma con 10 anni di
esperienza nel settore della salu-
meria e macelleria presso grandi
magazzini di Casale, città di origi-
territori omogenei. Prendiamo ad
esempio il servizio scuolabus o la
manutenzione delle strade o lo
smaltimento dei rifiuti o la tassa
sulle case: ha gli stessi sistemi di
conteggio per la grande città, per i
piccoli paesi siano essi montani,
collinari o di pianura. Eppure pos-
siamo dire che l’impatto economico
su ciascuna comunità è assai diver-
so. Basta pensare alle vecchie gros-
se case coloniche di campagna
spesso oggi abitate da qualche an-
ziano o utilizzate solo in qualche
vano o del tutto inutilizzate che
devono pagare servizi di cui non
usufruiscono e tasse varie in base
alla superficie o alle dimensioni. E’
evidente quindi la necessità di te-
nere conto di tutti questi aspetti.
Quindi cosa vuol dire riterritorializ-
zare?. Pensiamo ad esempio alle
colline del Monferrato o alle risaie
nelle pianure, pensiamo all’econo-
mia di montagna o a quella lungo
le coste marine o sul delta dei
grandi fiumi o alle aree metropoli-
tane. Ciascuna diversa, ciascuna,
tipica, ciascuno cresciuta il simbiosi
con le comunità che abitavano o
abitano quel territorio. Ciascuno di
questi può, e a nastro parere do-
vrebbe, tornare a vivere di forza
propria. Le Colline del Monferrato
che vanno dal Po all’Appennino
Ligure hanno caratteristiche e sto-
rie simili, esigenze simili per questo
crediamo richiedano politiche simili
e va da sé che questi territori uniti,
potrebbero moltiplicare le sinergie
dei propri talenti comuni. Ecco per-
ché al di là di schieramenti e partiti
vorremmo che a partire dagli am-
ministratori locali si iniziasse a ra-
gionare su come muoversi insieme.
Si parla da tempo di abolire le pro-
vince, si vuole cambiare il sistema
elettorale della rappresentanza, si
ne. Presto si trasferirà con la fami-
glia nelle nostre colline anche co-
me abitazione in quel di Villamiro-
glio, così potrà seguire meglio l’at-
tività che ha aperto a Sessana il 9
agosto u.s.
Oltre alle ordinarie merci di questi
negozi, qui si possono trovare otti-
me dolci: dai Cannoli Siciliani, alle
Zeppole ed alle Sfogliate e il Giove-
dì poi, le torte fresche preparate
da Eliana, dalla torta di castagne
alle crostate. Un’altra peculiarità
sono le Mozzarelle di bufala e le
Burrate che arriva-
no settimanalmente
dai luoghi di produ-
zione.
Eliana ci racconta
che per andare in-
contro alle esigenze
della clientela il
negozio è pratica-
mente sempre
aperto.
E’ l’unico negozio
oggi rimasto a Ses-
sana quando un
tempo, ci racconta-Eliana davanti al bancone del suo negozio
no, se ne potevano contare a deci-
ne, non resta che augurare ai nuo-
vi amici un buon successo nella
loro attività.
Riapre a Sessana il negozio di alimentari e… simpatia.
Gabiano e dintorni
Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino; Direttore Responsabile Enzo GINO - Sede: via S. Carpofo-ro 97 - Fraz. Cantavenna 15020 Gabiano - Stampato presso A4 di Chivasso (TO) - Associazione Piemonte Futuro: P. Iva 02321660066; Distribu-zione gratuita; Per informazio-ni e pubblicità; cell. 335-7782879; e-mail: posta@gabianoedintorni.net www.gabianoedintorni.net www.collinedelmonferrato.eu
vuole superare una crisi economica
che a nostro modesto parere è
strutturale e non contingente; for-
se merita capire quali alternative
sono possibili, e fra queste certa-
mente la riterritorializzazione è una
opzione che merita di essere seria-
mente considerata. Come può es-
ser avviato questo processo? con
quali strumenti? con quali politi-
che? Da parte nostra proveremo a
scriverne su queste pagine e ovvia-
mente chiediamo a chi ha elabora-
to a vario titolo analisi e valutazioni
sul tema, di farcele avere per met-
terle a disposizione di tutti, crean-
do i presupposti per una proposta
in grado di contrapporsi o quanto-
meno limitare la deriva attuale
che, prima che essere economica,
è culturale: infatti non riuscire a
trovare risposte alla crisi è innanzi-
tutto un problema di insufficiente
conoscenza.
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Attimi di vita
L’aria frizzante
Come respiro di madre
Appena sfiora, l’umida erba
Coperta di bruma e…
L’accarezza
La terra arata
Come braccia di madre
La prima bassa lunga
Luce del mattino …
Accoglie
L’albero alto
forte come un padre
ancora nudo e spoglio
del dolce tepore…
Gode
La gemma muschiosa
Come figlia affezionata
Resinosa e gonfia
In un concerto di colori e profumi…
Schiude
Il passero infreddolito
Come figlio sincero
Vola basso in stormi
E nelle siepi magicamente…
Scompare
Il tempo , presente
Come maestro impassibile
Silenzioso nel suo rintocco
Scorre scivola e trasportato dalle brez-
ze…
Passa
Gocce d’acqua fresca
Luminose scorrendo allegre
Come attimi uniti compongono
Il fiume della vita che …
Scorre
Io spettatore attonito
Annuso ascolto e Stupefatto
Godendo di questi attimi
Poesie… di Piero Zannol
Pietre
Pietre che sorgete dalla marna
e colorate il Monferrato
spalmate dalle brezze sorvolate da una starna
d’ogni tempo oltre avete raccontato
e della sera accettate le carezze.
Scheggiate dai vomeri di terre tanto sfruttate
Coese e divise da vene di sali
insaporiti da tartufi mai raccolti
contenete grida lontane di antiche sofferenze
che vivono ancora rinchiuse negli atomi.
Lo so lo sento nel profondo vi ho sempre amate
Perché anche voi vivete e mi parlate
Autunno
Ombre di vigne spintonano muretti di tufo
in quel momento che il sole nascendo
le proietta in quel tempo che è l'alba.
Umidità posata si condensa
bagnando gli stivali
di uomini fortunati che lì
in quel momento camminando
godono dello spettacolo.
Lo si sente dagli odori
lo si percepisce dai rumori
di foglie che cantano sulle note suonate dalla brezza
lo si vede dai colori gialli marroni e tanti ori
è autunno
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Le cave di Murisengo
Abbiamo visitato per i nostri
lettori le cave di gesso attive a
Murisengo. Le cave saranno presto
aperte alle visite del pubblico se-
condo gli indirizzi più recenti nella
gestione delle opere che, in qual-
che modo, incidono sul territorio.
Ma qui si vuole realizzare un pro-
getto denominato Cava sostenibile
(di cui abbiamo riportato il logo),
all’avanguardia in Italia, che preve-
de l’utilizzo dei vuoti lasciati dalle
escavazioni per realizzare aree mu-
seali, mostre e attività di pubblico
interesse.
La storia del Monferrato è stata da
sempre caratterizzata dalle attività
di estrazione non solo di gesso ma
anche delle marne per produrre il
cemento. Spesso, come testimonia-
no tanti paesi di cui abbiamo scritto
in passato su G&d (Coniolo, Brusa-
schetto di Camino) causando disa-
stri e la scomparsa di interi paesi.
Fortunatamente i tempi cambiano,
cambia la sensibilità ambientale,
l’attenzione delle istituzioni, ed an-
che le tecnologie hanno fatto passi
da gigante. Così quello che un tem-
po costituiva principalmente, e
spesso esclusivamente, un impatto
negativo oggi si può trasformare in
una opportunità per il territorio.
Le Cave di Murisengo intendono
proprio percorrere questa strada,
per questo con Regione Piemonte,
Provincia di Alessandria e Comune
hanno realizzato un progetto per
trasformare in museo i volumi crea-
ti durante gli scavi ed oggi non più
utilizzati. E’ una proposta non solo
innovativa, ma prima in campo na-
zionale in materia di cave, che pre-
senta la possibilità di risolvere il
problema del riutilizzo del sito di
cava come opportunità per una
nuova attività di pubblico interesse
e con ricadute favorevoli rilevanti
per le Comunità locali.
Ma quanto sono estesi e quanto
grandi sono questi “vuoti”?
L'accesso al sotterraneo avviene
attraverso una rampa elicoidale a 5
livelli che a partire dall'imbocco
principale "San Pietro" si snoda
sino a raggiungere la profondità
massima di 90 m dal piano campa-
gna ove è attualmente impostato il
livello più basso. Attraverso tale
rampa avviene anche il trasporto
del minerale estratto all'impianto di
lavorazione posto in superficie. Le
estrazioni di gesso avvengo di gal-
lerie ortogonali alla rampa di acces-
Una suggestiva immagine della cave di gesso di Murisengo
Monferrato sotterraneo, le opportunità offerte da una cava sostenibile
Si ringraziano l’ing. Sandro Gennaro e il dott. Mauro Caldera della Estrazione Gesso snc per la collaborazione prestata (www.estrazionegesso.com)
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so, intervallate da pilastri portanti
coassiali sui diversi livelli, pertanto
il risultato è un vuoto sotterraneo
caratterizzato da camere parallele
connesse snodate attorno a pilastri
rocciosi a parete nuda. Sia le ram-
pe che le camere presentano lar-
ghezza e altezza variabili intorno ai
7-8 metri ed una superficie com-
plessiva di oltre 50.000 mq per pia-
no. Gli spazi sono ampi, asciutti
serviti su lati opposti dalle vie di
accesso e di evacuazione. L'area
quindi è servita da tutti gli impianti,
utili per una idonea gestione mu-
seale (impianto elettrico, illumina-
zione, impianto comunicazione,
impianto gestione dati a fibra otti-
ca) ed è prossima alla galleria d'a-
ria che consente un continuo
"lavaggio" dei volumi ipogei con un
regolare flusso d'aria. L'arrivo in
discesa costante della rampa, ad
una zona piana coincidente con la
quota d'imposta del livello, suggeri-
sce al visitatore il senso di profon-
dità raggiunta e gli spazi di mano-
vra sono tali da consentire par-
cheggio di navette e mezzi di servi-
zio. Uno degli obiettivi principali del
progetto Cava Sostenibile è appun-
to quello di dimostrare che con le
attività minerarie è possibile attrar-
re turisti e/o fruitori; la singolarità
dei luoghi con spazi maestosi mo-
strano un diverso Monferrato, sot-
terraneo, altrettanto bello di quello
in superfice.
Questo è possibile grazie sia alle
caratteristiche del materiale, il ges-
so, che alle tecniche estrattive ap-
plicate che non richiedono
(diversamente dalle cave di marna)
strutture di sostegno per evitare
crolli.
Spazi quindi ideali per essere sfrut-
tati per scopi museali, creativi,
espositivi e ludodidattici che, a par-
tire da un primo progetto di museo
del gesso, può poi progressivamen-
te estendersi ad altre zone del sot-
terraneo opportunamente attrezzati
con altri tipi di attività pubbliche.
In prima battuta quindi, verranno
strutturati negli spazi apposite aree
espositive dedicate al minerale ges-
so, abbinate anche ad attività a
cielo aperto, si potrà quindi usufrui-
re anche ed aree libere, da allestire
ogni qualvolta occorre organizzare
uno specifico evento (location),
oltre ai percorsi pedonali lungo le
rampe, con appositi spazi di sosta.
Mentre la prima area potrà garanti-
re un afflusso turistico anche pro-
grammato con scuole ed associa-
zioni, la seconda area potrà garan-
tire un afflusso turistico in occasio-
ne di eventi temporanei specifici.
Spenderemo ora qualche parola
per dare un cenno a come è fatto il
nostro Monferrato.
Senza addentrarci ai complessi
fenomeni che nei milioni di anni
hanno portato alla formazione del
gesso, gli addetti ai lavori ci spie-
gherebbero che il Gesso è
una roccia sedimentaria di origine
chimica, appartenente alla classe
delle evaporiti, formata prevalente-
mente dall'omonimo minerale, sot-
to forma di solfato di calcio biidrato
(CaSO4 · 2H2O), con piccole quan-
tità di argilla. Tradotto: un tempo
le nostre terre si trovavano sotto il
mare come tutta la valle Padana, a
seguito di trasformazioni del terri-
torio che videro il sollevamento del
fondale, fra i 60 milioni ed i 2,6
milioni di anni fa (quaternario),
parti di questo mare restarono iso-
lati formando specie di lagune
d’acqua salata, dai quali l’acqua
poco alla volta evaporò (evaporiti),
così i sali quali anidrite, calcite e
aragonite (origine chimica) in essa
contenuti , s i deposi tarono
(sedimentazione) su fondo e costi-
tuirono il sottosuolo dove oggi si
scava il gesso. Questi sedimenti,
affiorano estesamente lungo la
dorsale MurisengoVilladeati/Alfiano
Natta (a Sud-Est della cava).
In realtà le vicende geologiche so-
no ben più complesse in quanto i
continui sommovimenti avvenuti
nei milioni di anni hanno deforma-
to, rotto e mescolato gli strati di
materiali formati o depositati. Dal
punto di vista strutturale, il Mon-
ferrato infatti è caratterizzato dalla
presenza di zone di deformazione
a direzione nord-ovest/sud-est do-
vute a movimenti di compressione
(cinematismo transpressivo) che in
corrispondenza dei diversi sistemi
di frattura (faglie) ha generato un
rimescolamento degli originali stra-
ti di rocce. Oltre alla “Zona di
deformazione di Rio Freddo”, che
separa il Monferrato dalla Collina di
Torino, una delle più importanti
strutture del Monferrato è la citata
zona di deformazione di Villadeati
allungata in direzione nordovest-
sudest, individuabile tra Murisengo
e Villadeati-Alfiano Natta. Pertanto
il gesso è costituito da grandi bloc-
chi di qualche centinaio di metri
immersi e mescolati ad altri depo-
siti. L’avvio della coltivazione di
queste cave risale al 1986-87, il
minerale di gesso che ha un colore
grigiastro, solo con la cottura a
180° e la macinazione diventa
bianco. Attualmente sono 11 le
persone impiegate nella cava.
Ci concediamo quindi una sugge-
stione immaginando che in futuro
le cave vengano progettate e rea-
lizzate non solo e tanto in funzione
della estrazione che, per quanto
lunga sarà temporanea, ma in fun-
zione del successivo perenne riuti-
lizzo a scopi pubblici.
Immaginiamo un universo sotterra-
neo attrezzato anche con cantine,
negozi, uffici e navette che da Mu-
risengo arrivano magari fino a Vil-
ladeati o Alfiano Natta… sarebbe
l’ottava meraviglia del mondo...
Un esempio di allestimento delle cave per fini espositivi
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Le proposte di G&d
Bagna Cauda e Businà
Sul numero di settembre di G&d
abbiamo scritto delle Businà: satire
in poesia sulle nostre sfortune.
Renzo Rampone titolare del risto-
rante La locanda del Borgo a
Mincengo di Gabiano ha colto subi-
to l’occasione al balzo per organiz-
zare una bisboccia a base di ba-
gnacauda e… Businà. Così sabato
9 novembre ore 20:30 interverrà
per la prima volta il Businatore Pie-
ro Raiteri che reciterà qualcuna
delle sue poesie satiriche ed anche
qualche altro poeta “nostrano”. La
serata sarà a base di Bagna cauda
in versione tradizionale (aglio inte-
ro) e soft per gli stomaci più delica-
ti, sarà accompagnata dalle classi-
che verdure crude e cotte e ovvia-
mente da buon vino. Filippo lo
chef figlio di Renzo, aiutato dalla
madre e dalla nonna prepareranno
secondo le regole della più classica
e tradizionale cucina casalinga no-
strana anche qualche antipastino e
dulcis in fundo la tipica Torta nera
Monferrina.
Prezzo tutto compreso, anche
caffè e pusacafè 25 €. Attenzio-
ne però il ristorante contiene al
massimo 40 posti, una parte dei
quali già prenotati, suggeriamo
quindi di non aspettare l’ultimo mo-
mento per prenotarsi allo:
0142.955782 o al 335.6955173
e-mail: ramponefilippo73@virgilio.it
La Locanda del Borgo si trova
in via S. Stefano 17 in Mincen-
go frazione di Gabiano.
Le strade per Mincengo e l’ingresso del ristorante
9
Continua la descrizione degli altri
esseri viventi e non che abitano le
nostre colline e, vista la stagione,
cominciamo da un “signorino” assai
diffuso in questi mesi, un fungo
che però è bene lasciar stare dov’è
perché è tossico.
Per i botanici e l’Agaricus pilatia-
nus Bohus e si trova un po’ dap-
pertutto, boschi, giardini, parchi.
Ha un cappello che varia dal bian-
castro al fuligginoso-brunastro,
cosparsi di squame. Ingiallisce allo
sfregamento e le lamelle all'inizio
quasi bianche poi diventano rosa
ed infine grigio nerastre, con filo
biancastro.
Toccandolo si macchia rapidamen-
te di giallo cromo alla base, ha un
odore sgradevole di fenolo o in-
chiostro fortemente ingiallente alla
base del gambo.
E chi non conosce i “pansè” (vedi
foto in ultima pagina) che fra gli
addetti ai lavori è nota come Viola
tricolor arvensis Murray. A que-
sta specie appartengono ben 400
varietà di fogge e colori diversi,
erbacee annuali o perenni e anche
alte da 10 a 20 cm, con fioriture
primaverili, in svariati colori e corol-
le dalla forma caratteristica, gene-
ralmente con l'inizio della stagione
calda, le piante interrompono la
fioritura, stimolando la produzione
dei semi, concludendo il ciclo vege-
tativo. Si riproducono facilmente in
molti modi diversi, per questo le
possiamo trovare anche spontanee
negli anfratti dei muri o delle stra-
de, e per questo è diffusa un po’ in
tutti continenti. Le specie di Viola si
riproducono sia sessualmente (con
ricombinazione dei caratteri) che
vegetativamente (senza ricombina-
zione). I fiori più grandi portati in
alto vengono impollinati dagli inset-
ti, mentre i fiori più piccoli, localiz-
zati in basso, non si aprono mai
(cleistogamia) e attuano l'autoim-
pollinazione. I semi, che in questo
caso hanno corredo genetico simile
a quello della pianta che li origina
cadono e germinano vicino alla
pianta madre. Inoltre possono es-
sere presenti degli stoloni, modifi-
cazioni di fusti,
che attuano la
molt iplicaz ione
vegetativa e dan-
no origine a nuo-
ve piante geneti-
camente identi-
che alla pianta
madre. Gradisco-
no posizioni om-
breggiate, terre-
no soffice, ricco,
di medio impa-
sto, fresco, adat-
tandosi però a
qualunque tipo di suolo, le specie
perenni possono fiorire per tutto
l'inverno nelle zone a clima mite
mentre nei climi più gelidi vanno
riparate sotto vetro. Si moltiplicano
con la semina a fine estate per ave-
re la fioritura dalla fine dell'inverno
successivo, o per divisione dei cespi
alla fine della fioritura. Le viole ven-
gono utilizzate come piante orna-
mentali nei giardini per aiuole, bor-
dure, o per la coltura in vaso su
terrazzi. Le specie con cultivar a
fiore grande come la Viola cornu-
ta vengono coltivate industrialmen-
te per la produzione del fiore reci-
so. Le viole odorose si utilizzano
nell'industria confettiera per pro-
durre fiori freschi cristallizzati nello
zucchero. I bonbons “à la violette”
sono una specialità della città
di Tolosa in Francia.
Le viole vengono anche utilizzate in
Biodiversità nel Monferrato
Sempre in ultima pagina potrete
vedere un piccolo uccellino: il Mar-
tin pescatore. Lungo fra i 17 ed i
25 cm, con un'apertura alare che
raggiunge i 26 cm ed un peso che
va dai 26 ai 46 g. Presente un po’
dappertutto nei continente eurasia-
tico e anche in Australia, le sue
dimensioni diminuiscono passando
da nord-ovest/sud-est, con le po-
polazioni diffuse nel Sud-est asiati-
co più piccole rispetto alle sotto-
specie eurasiatiche anche del 10%.
E’ residente nelle aree in cui il cli-
ma è mite durante la stagione fred-
da, mentre migra verso le aree
costiere oppure verso sud nelle
aree in cui durante l'inverno la su-
perficie dell'acqua rimane ghiaccia-
ta per lunghi periodi. Le migrazioni
hanno solitamente modesta entità,
sebbene i Martin pescatore siberia-
ni percorrano oltre 3000 km per
raggiungere i siti dove svernare:
alcuni esemplari europei possono
inoltre attraversare il Mediterraneo
e svernare in Nordafrica o Medio
Oriente. La migrazione avviene
principalmente durante la notte,
mentre durante il giorno questi
animali si rifocillano e si riposano
nascosti fra la vegetazione. Il Mar-
tin pescatore è un uccello diurno e
solitario, che passa la maggior par-
te del proprio tempo alla ricerca di
cibo: esso necessita infatti quoti-
dianamente di una quantità di nu-
trimento pari al 60% circa del pro-
prio peso corporeo. Per procurarsi
il cibo si posiziona su rami o canne
sporgenti sui corsi d'acqua dove
vive, che elegge a punti d'osserva-
zione e dai quali si tuffa per cattu-
rare le sue prede. L'animale duran-
te la notte si rifugia nella fitta ve-
getazione nei pressi di uno dei
punti d'osservazione preferiti. Il
profumeria per estrarne l'essenza e
nella produzione di pecorini dolci, e
se volete dar un tocco di grazia alla
vostra insalata potete aggiungevi
qualche fiorellino di viola
Continua in ultima pagina
10
Domenica 20 ottobre abbiamo fatto
una cenetta alla Stamberga del
Drago. Per i non avvezzi stiamo
parlando del ristorante di Varengo
che sorge a due passi dalla nota e
bellissima Chiesa del Magnocavalli.
Il ristorante in passato era gestito
dal compianto e noto Paolino la cui
attività è proseguita oggi dal figlio
Sandro. Una eredità non facile da
mantenere, ma dopo la cena del 20
u.s. possiamo affermare che “buon
sangue non mente” e certamente il
figliolo sta confermando l’originalità
e la creatività paterna. Ogni qual-
volta che ci rechiamo in un risto-
rante la prima cosa che cerchiamo
di capire è lo stile che risalta dai
menù e dalla sua traduzione prati-
ca oltre che dall’ambiente. Ovvia-
mente nei nostri ristoranti Monferri-
ni la fanno da padrona i piatti tipici
della tradizione, gli antipasti con
l’immancabile Bagna cauda, gli
agnolotti, i bolliti e gli arrosti vari.
Si tratta di ricette che tutti cono-
sciamo e che tutti abbiamo prepa-
rato qualche volta a casa nostra e
che, pertanto tutti sanno valutare.
La difficoltà in questi casi sta pro-
prio nel saper confortare l’esperien-
za dei clienti. Ma che accade se
l’estro, la fantasia, l’inventiva si
impossessano del cuoco che crea di
sana pianta nuove ricette o reinter-
preta quelle tradizionali anche in
maniera rivoluzionaria?. Tutto di-
venta più difficile: si propongono
sapori diversi, a cui gli avventori
non sono abituati e in qualche caso
non hanno mai conosciuto. E’ un
rischio per chi li propone, come
sempre avviene per le novità. Un
cuoco deve avere grandi qualità
per tentare questa strada, soprat-
tutto deve credere e dedicarsi con
passione a vere e proprie ricerche
compiute in campi poco o nulla
esplorati perché, si sa: “chi lascia la
vecchia strada per la nuova, sa ciò
che lascia ma non sa quel che tro-
va”. Sandro è uno di questi esplo-
ratori. Un’arte, l’esplorazione, ere-
ditata evidentemente dal padre
Paolino che gli deve aver ben spie-
gato come percorrere gli stretti
sentirei del buon cucinare senza
perdersi nei labirinti della banalità,
dell’imitazione, se non peggio. Oc-
corre quindi un pizzico di follia che,
come noto, è più vicina alla geniali-
tà della saggezza, per cimentarsi in
certe novità. I nomi delle portate
anticipano già l’originalità delle
composizioni: “Sussurro caldo”,
“Uova in galera”, “Agnolotti al lime”
o “Agnello in liquirizia” e facilmen-
te i puristi del palato arricceranno il
naso pensando ad accostamenti
improbabili o folli. Errore! Così co-
me originale è stata anche la loro
presentazione, spesso in… bicchie-
ri, anziché nei piatti. Al di là della
forma ciò che importa e che tutti i
componimenti sono risultati, non
solo azzeccati, ma esaltanti, e la
conferma ci è venuta anche dal
gestore di un altro ristorante sedu-
to al tavolo vicino al nostro in con-
sistente compagnia. Ma entriamo
nel merito. Il Sussurro caldo ser-
vito in un bicchierino per vini da
meditazione, si presenta come una
stratigrafia con i colori del Foie Gras, della zucca, dei Porcini e so-
pra, bianca fonduta su cui sono
adagiate scaglie di Tuber Magna-
tum Pico, al secolo Tartufo bianco
di Alba e del Monferrato, raccolto
nelle nostre colline dal compaesano
trifulau Alex Bossetto. Ogni bocco-
ne della tiepida composizione pro-
pone quindi un gusto diverso, in
una successione studiata, non ca-
suale, verrebbe da dire dinamica,
che partendo dalla fonduta al tartu-
fo in cima arriva al Fois gras dell’ultimo strato in fondo al bic-
chiere. Sapori sempre delicati come
appunto un sussurro, mai urlati o
invadenti. Ma siamo solo all’inizio,
passiamo all’Uovo in Galera che
fa dire ad uno dei giovani estrover-
si commensali seduti nel tavolo
accanto rivolgendosi alla non più
giovane cameriera “l’è tant bun cha
t’sautaria doss” (è tanto buono che
ti salterei addosso). Scopriamo così
che anche la galera di una banale
pastella può esser piacevole... se la
La Stamberga del Drago
Sandro figlio d’un Drago, ovvero: la fantasia al potere… in cucina
Il cuoco Sandro
LA STAMBERGA DEL DRAGO
Piazza Garibaldi, 25 -
Varengo di Gabiano (AL)
tel. 0142 943346
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si sa riempire di gusto. L’aspetto, al
servito infatti, è quello di un bianco
sacchettino di una pasta derivata
da quella sfoglia… ma che non sfo-
glia; andrebbe tagliato e gustato
nel melange dei suoi contenuti, ma
preferiamo aprirlo per guardarci
dentro. Ci troviamo un uovo: albu-
me ben cotto e tuorlo tiepido ma
crudo, coriandoli di prosciutto e
scaglie dell’immancabile tartufo.
Tutto qui? Sì, tutto qui, ma la diffi-
coltà sta nella cottura (che ci pare
trattarsi di leggera friggitura) che è
il vero legante dell’insieme; troppo
o troppo poca trasformerebbe la
Galera in un inferno abbrustolito o
lo lascerebbe un crudo immangiabi-
le miscuglio. Sembra incredibile
quanto, un po’ di giusto calore,
possa esaltare certi rapporti
(...questa è filosofia nel piatto!)
Ma al di là dell’apparenza, ciò che
guida il giudizio è il gusto, e su
questo comprendiamo la colorita
espressione del vicino commensale
su descritta. La portata successiva
è di nuovo una chicca: Topinam-
bur su crosta di patate e tartu-
fo con fonduta (a base di Ra-
schera e Bettelmatt). Di nuovo una
azzeccata stratigrafia che se non
subisse la concorrenza delle altre
portate risulterebbe eccezionale ma
che riesce a tenera alto il livello
della qualità del gusto. Segue quel-
le che per molti sarebbe una be-
stemmia culinaria: Agnolotti al
Lime con tartufo. In verità nes-
suna bestemmia, anzi bell’accosta-
mento, in cui è il Lime a farla da
padrone con il suo aroma e profu-
mo. Riesce a competere con il po-
tente tartufo che, vista la stagione
non ancora nel pieno del suo tem-
po, non raggiunge la perfetta ma-
turità a scapito dell’intensità del
suo profumo. Un’apparente limite
che per l’occasione consente di
mantenere equilibrati i sapori e i
profumi che altrimenti verrebbero
sopraffatti dalla prevalenza di uno
sull’altro. Arriviamo ora al secondo:
l’Agnello in liquirizia con profu-
mi di erbe. Già la presentazione è
accattivante: una coppa in cui è
predisposto un letto di foglie di
alloro e di rosmarino su di esso due
“bracioline” di agnello cotto impa-
nato in una amalgama aromatizza-
ta con gusti vari. Tenero, gustoso e
cotto al punto giusto; anche qui un
arcobaleno di profumi e gusti ingo-
losiscono e impreziosiscono il carat-
teristico intenso sapore della carne
di agnello gustata come mai in pre-
cedenza, quando l’Abbacchio alla
romana e lo Scottadito costituivano
il meglio a noi noto nella sua pre-
parazione. Infine il dolce di Ca-
stagne con una bucce d’arancio
julienne caramellate; sempre all'al-
tezza della situazione.
Se una critica si può fare riguarda i
vini disponibili, erano solo due sfu-
si, peraltro ottimi: Barbera e Gri-
gnolino: poco. Un minimo di varietà
e qualità magari in bottiglia sareb-
be opportuna anche se in passato
l’oste nelle stamberghe serviva il
vino così. E’ una questione di stile
come prima accennato: se si vuol
viaggiare in Ferrari non si possono
avere le gomme lisce o, come dice-
va Totò “è la somma che fa il tota-
le”. E’ un problema facilmente ri-
solvibile, l’importante è che il Fer-
rari della cucina c’è, occorre solo
perfezionare l’organizzazione della
scuderia e le stelle arriveranno, ne
siam certi.
Il prezzo: 40€, tartufi a parte, ma
si consiglia di prenotare almeno 1-2
giorni prima. Ultima notazione ri-
spetto ai canoni tradizionali di ser-
vizio e arredo.
Alla Stamberga del Drago tutto o
quasi è rimasto come un tempo,
persino la gente che guarda la tele-
visione nella sala accanto, gli arre-
di, l’accoglienza e il servizio. E’ tut-
to originale e autentico, sobrio e
antico e per chi lo sa apprezzare è
un piacevole viaggio nel passato
che si integra, incredibilmente, con
le delizie del presente.
Sussurro caldo
Topinambur su crosta di patate e tartufo con fonduta
Agnolotti al Lime con tartufo
Uovo in Galera Dolce di Castagne Agnello in liquirizia con profumi di erbe
volo è in genere basso, rasente l'ac-qua, molto veloce e breve: special-mente quando il cibo scarseggia, esso può essere osservato fare lo spirito santo sugli specchi d'ac-qua, al fine di osservare e valutare la presenza di eventuali prede sul fon-do. Lo "Spirito santo" è una partico-lare tecnica di volo tipica degli uccelli rapaci di piccola taglia come il Martin pescatore, che cacciano attivamente. L'animale con piccoli movimenti d'ali riesce a mantenere una posizione di stallo in un punto dello spazio an-che per molti minuti; questo permet-te all'uccello di stare immobile nell'a-ria, formando una figura che ricorda la tipica rappresentazione del-lo Spirito Santo nell'iconografia clas-sica di colomba immobile ad ali aper-te. In virtù delle alte esigenze nutriti-ve, i Martin pescatore sono uccelli solitari ed estremamente territoriali, che occupano aree la cui estensione varia a seconda della disponibilità di cibo, ma che generalmente è com-presa fra 1 e 3,5 chilometri quadrati: il proprietario difende strenuamente il proprio territorio da qualunque intruso, conspecifico o anche di spe-cie affini, sia esso anche il pro-prio partner, all'infuori del periodo riproduttivo, o la propria progenie. Generalmente, per scacciare gli in-trusi è sufficiente che il legittimo occupante del territorio si mostri oppure spicchi un breve volo posizio-nandosi a fianco ad esso ed esiben-do un atteggiamento territoriale (che consiste generalmente nel mostrarsi di profilo per evidenziare il forte bec-co e nell'arruffare le piume del ca-
Ed ecco a voi una farfalla diffusa nei nostri giardini Monferrini, è la Va-nessa dell’Ortica. L’habitat di que-sta farfalla è costituito da tutti gli amb i en t i na tu ra l i e s emi -naturali: giardini, parchi urbani, mac-chie boschive - esclusi i boschi fitti - in tutta l'Europa e l'Asia temperate, dall'Europa occidentale al Giappone, dal livello del mare sino ai 3000 m di altitudine. Un tempo annoverata fra le farfalle più comuni, la Vanessa delle ortiche risulta ora in forte e rapido declino, almeno in Europa occidentale. Tale regresso non può essere spiega-to con la diminuzione della sua pian-ta ospite, poiché l'ortica è, al contra-rio, stabilmente presente e beneficia anche dell'eutrofizzazione generale dell'ambiente. La crisalide è divorata qualche volta dalle vespe, ma anche queste ultime sono in forte diminu-
zione. Anche l'influenza di altri feno-meni non è ancora ben compresa: degrado ambientale, inquinamen-to dell'aria, piogge contaminate da pesticidi, che avrebbero potuto ge-nerare un impoverimento immunita-rio negli individui di questa specie). Le Vanesse, sono divenute ancora più rare in corrispondenza delle esta-ti umide del 2007 e del 2008. Dal 1976 al 1995 la riproduzione ha avuto più successo nelle estati fre-sche e umide, che non quando il clima è stato caldo e secco. Questa farfalla potrebbe dunque essere sen-sibile al riscaldamento climatico. Uno o più parassiti della Vanessa potreb-bero essere fra le cause della forte diminuzione di questa specie. Per cause non ancora ben chiarite, negli anni 2000 la Vanessa è scomparsa da quasi tutto il suo areale in Europa occidentale.
po), tuttavia se ciò non bastasse i Martin pescatore non esitano ad ingaggiare furiosi combattimenti ae-rei, nei quali ciascun con-tendente cerca di spingere l'avversario sott'acqua chiudendogli il becco col proprio. Si tratta di un uc-cello molto silenzioso, ma non muto: il Martin pesca-tore può emettere in volo un fischio corto ed acuto (spesso ripetuto due o tre volte), così come esempla-ri eccitati o nervosi posso-no emettere suoni grac-chianti.
Biodiversità da pagina 9