Gdottobre13

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Ottobre 2013 G&d Gabiano e dintorni Il periodico dal Nost Munfrà

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Riterritorializziamo? - Le Poesie di Zannol - Le cave di Murisengo - Le proposte di G&d - Biodiversità in Monferrato - La Stamberga del Drago

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Ottobre 2013

G&d G

abia

no e

din

torn

i Il periodico dal Nost Munfrà

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produzione massificata o al contra-

rio, polverizzata il sistema va in

crisi. E’ ormai chiaro a tutti che la

concentrazione della produzione di

beni in aree sempre più circoscritte

unita alla distribuzione su scala

continentale o mondiale, mette

interi compartimenti produttivi fuori

dal mercato, riducendo la ricchezza

complessiva. Così la continua im-

portazione da luoghi lontani a prez-

zi stracciati, e spesso senza con-

trolli di qualità sulle merci prodotte,

specie se alimentari, di fatto impe-

disce ai prodotti locali, realizzati e

coltivati su piccola scala, ma di

grande qualità, di avere un loro

mercato e quindi di sopravvivere.

In assenza di una solida economia

locale si crea inevitabilmente una

dipendenza pericolosa dai mercati

internazionali che, oltre a creare

debito pubblico, mettono tutti in

balia di una finanza in cui i prezzi

sono manovrati sostanzialmente su

basi speculative anziché sui reali

bisogni della gente.

Ne consegue che le attività locali

chiudono, il territorio si impoverisce

e così intere frazioni e paesi vengo-

no abbandonati; quelle che un

tempo erano belle e floride costru-

zioni rurali, o edifici pubblici fruiti

da vitali e numerose comunità co-

me le scuole, le chiese, lentamente

si svuotano per poi diroccare, i

campi coltivati scompaiono per la-

sciare il posto ai boschi di

piante non locali e invasive,

alle frane interrompono le

strade ed i sentieri che, non

più frequentati, negli anni si

perdono definitivamente.

Eppure non stiamo parlando di

territori desertici o glaciali, ma

di terre fertili, ricche che per se-

Negli scritti di G&d è chiara l’im-

pronta territoriale che lo ha da

sempre caratterizzato, vogliamo

ora fare un passo avanti sul tema,

con altre valutazioni di cui però

abbiamo già trattato in passato da

queste stesse pagine. Accennere-

mo alle grandi opportunità che si

presenterebbero se venissero isti-

tuzionalmente riconosciute le pecu-

liarità che accomunano tanti terri-

tori omogenei per storia, cultura,

tradizioni ed economia. Ci riferiamo

agli ambiti territoriali omogenei

come potrebbe essere, ad esempio,

il Monferrato, ma non solo. Certa-

mente qualcuno si chiederà che

senso ha chiedere il riconoscimento

di ambiti territoriali quando il mon-

do si sta sempre più globalizzando

e si parla di abolire le province?

Che senso ha una simile suggestio-

ne quando l’Europa dopo secoli di

guerre si è unita, almeno economi-

camente, tanto da meritarsi il Pre-

mio Nobel per la pace. A nostro

modesto avviso un senso ce l’ha,

un senso che nasce proprio da quel

fenomeno di globalizzazione, inter-

nazionalizzazione, unione continen-

tale destinata a diventare intercon-

tinentale, visto che stanno già lavo-

rando per un mercato comune fra

Europa e Stati Uniti, quest’ultima

ribattezzata da molti economisti

Cinamerica visti

gli stetti intrecci economici che la

legano con la superpotenza asiati-

ca.

Proprio all’interno di questo proces-

so che certamente ha aspetti con-

troversi e contraddittori, positivi da

un lato e negativi dall’altro, la riva-

lutazione delle culture, delle diversi-

tà e soprattutto delle economie

locali diventa un fatto importante

se non addirittura fondamentale

per tanti motivi.

Crediamo infatti necessario trovare

una alternativa al pensiero unico

dell’economia globale strettamente

legata alla finanza internazionale se

vogliamo garantire la vita anche

alle comunità locali.

Oggi purtroppo prevale nettamente

la finanza dei grandi numeri in una

concezione di miope mercantilismo

che trascura le infinite e fondamen-

tali ricadute legate al manteni-

mento delle attività produttive su

scala locale.

A nostro parere la natura è un

bell’esempio di come dovrebbe

esser organizzata una società, ogni

specie deve avere il suo spazio,

volpi e falchi, quaglie e formiche,

arbusti e piante d’alto fusto, vigne

e ortaggi, patate e tartufi.

E’ la diversità che consente anche

in economia una crescita armonica

della società. Se si ecce-

de con la

Riterritorializziamo?

Per le leggi questi territori sono sostanzialmente la stessa cosa

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coli hanno dato da vivere a genera-

zioni di persone. Terre comunque

costellate di centri urbani, di infra-

strutture, magari non al massimo

dell’efficienza, magari in via di de-

grado, come strade, energia elettri-

ca, acqua, gas, collegamenti tele-

matici e tanto altro ancora. Terre

ricche di persone che sanno fare, o

come si dice oggi, hanno notevoli

know-how, ma che trovano sempre

più difficoltà a competere con l’eco-

nomia globalizzata. E’ una tenden-

za in corso da tanti anni e l’attuale

crisi che stiamo vivendo e pagando

ne è la più evidente espressione, e

non ci pare che siano state trovate

grandi ricette per rispondere a que-

sta situazione che non solo rischia

di esser permanente ma di peggio-

rare, anche al di là di illusorie pau-

se. A nostro modestissimo avviso

solo la rivalutazione dell’economia

locale, quella territoriale può argi-

nare questa crisi. Ma cosa significa

rivalutazione del territorio?

Si tratta di adeguare l’organizzazio-

ne delle istituzioni a misura del ter-

ritorio e non viceversa.

Regione e Province vennero defini-

te a suo tempo meramente su base

burocratica in base cioè al bacino

di abitanti che dovevano esser più

o meno analoghi. Una cultura che

ancora permane a vedere i vari

accorpamenti di servizi e territori.

Ma i territori al di là delle estensioni

o del numero di abitanti, hanno

caratteristiche che li accomunano e

che devono esser valorizzate

nell’interesse di tutta la collettività.

Ogni coltura, ogni impresa ha uno

stretto legame col territorio, non a

caso nelle colline si coltivava l’uva e

nelle pianura il riso, non a caso nel

delta del Po la cattura e la lavora-

zione della anguille ha prodotto

ricchezza per chi ci viveva, non a

caso l’allevamento, le castagne e il

legno hanno consentito a intere

generazioni di montanari di cresce-

re per secoli. Tutte ricchezze che

davano il proprio, magari limitato,

contributo all’economia che oggi si

stanno perdendo. La somma di

tutti questi diversi, magari limitati

contributi possono accrescere il

benessere di tutti. Così come tanti

piccoli risparmiatori potevano far

crescere una banca ben la di là dei

pochi grossi capitali. Si tratta di

riconoscere e valorizzare queste

attività che portano con sé tutta

una serie di “effetti collaterali” e

scoprire l’importanza anche econo-

mica di ciò che in apparenza sem-

bra non competitivo sul mero piano

commerciale. Gli economisti usano

un termine cacofonico per definirle:

le chiamano “esternalità” anche se

spesso hanno ricadute persino più

importanti delle attività principali.

Spieghiamoci con un esempio.

Se devo spostare persone o merci

posso farlo con diversi mezzi: stra-

da, ferrovia, aerei o cabotaggio.

Consideriamo i primi due: posso

spedire merci con camion o con

vagoni ferroviari. Se si dovesse

guardare esclusivamente il costo

economico si dovrebbero usare

solo i mezzi stradali. Costa meno

costruire una strada di una ferro-

via, costa meno costruire le varie

tipologie di autocarri che un treno,

ed anche la gestione del traffico

stradale e meno costosa di quello

ferroviario. Perché quindi prevede-

re anche l’uso della ferrovia? Qui

intervengono le esternalità, ossia i

costi esterni; ma esterni a che co-

sa? Esterni allo stretto bilancio eco-

nomico del trasporto. Con la ferro-

via si immettono meno inquinanti

nell’aria (meno malattie da curare,

meno sporcizia da pulire), meno

CO2 e quindi meno effetto serra, ci

sono meno incidenti stradali (meno

ricorso a ospedali, meno costi assi-

curativi, meno assenze dal lavoro,

meno costi di riparazione ecc.), si

fluidifica il traffico stradale degli

altri mezzi di trasporto i cui condut-

tori risparmiano tempo che posso-

no utilizzare per altri scopi produtti-

vi o ludici, migliorando la qualità

della vita, ecc.

Quindi se diamo un valore econo-

mico a ciascuna di questi effetti

collaterali (esternalità) l’ago della

convenienza economica complessi-

va si sposta dalla strada alla ferro-

via. Lo stesso vale per il territorio.

Un territorio vitale, abitato, fre-

quentato, non produce solo vino o

patate o latte, ma costituisce un

intero sistema comunitario in cui il

paesaggio, come gli edifici storici

possono richiamare turismo, svilup-

pare pratiche sportive, salvaguar-

dare storia, natura, ambiente, di-

versità sociale, culturale, economi-

ca, insediamenti, produzione di

beni e servizi. Come la biodiversità

della natura è essenziale alla so-

pravvivenza dell’intero ecosistema

così la diversità economico-

produttiva è essenziale alla soprav-

vivenza dell’intero sistema sociale

civile. In questo contesto il territo-

rio è una comunità che vive e pro-

duce attività pubbliche socialmente

utili e non solo il vino, le patate o il

latte che entrano nella catena com-

merciale. Per contro una produzio-

ne globalizzata ha anch’essa delle

esternalità che spesso sono negati-

ve, ma non sono considerate. L’e-

splosione dei traffici intercontinen-

tali per il trasporto delle merci ha

costi ambientali ed economici pe-

santi. L’effetto serra generato dai

consumi di CO2 dei mezzi per la

distribuzione intercontinentale e

locale delle merci ne sono un

esempio come la gestione dei rifiuti

sia dei cicli produttivi che delle

merci diventate obsolete. Pochi

sanno che nel mezzo dell’Oceano

Pacifico si è creato un continente

di… rifiuti galleggianti che è stato

riconosciuto proprio nel 2013 come

Stato: il Garbage patch ed ha una

estensione di circa 10 milioni di

km2 pari a quella degli USA. Se

computiamo fra i costi della globa-

lizzazione anche questi spetti si

vedrà che l’ago della bilancia si

sposta verso il negativo. Ma vi sono

anche altre motivazioni che sosten-

gono l’idea del riconoscimento dei

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Quando apre una attività nei nostri

paesi è sempre un evento, special-

mente coi tempi che corrono.

E’ un evento sempre più raro e fa

notizia, per questo è importante

fare il possibile per sostenere que-

ste, come ogni altra iniziativa im-

prenditoriale.

Da qui la nostra “intervista” a Elia-

na la titolare del negozio.

Giovane signora ma con 10 anni di

esperienza nel settore della salu-

meria e macelleria presso grandi

magazzini di Casale, città di origi-

territori omogenei. Prendiamo ad

esempio il servizio scuolabus o la

manutenzione delle strade o lo

smaltimento dei rifiuti o la tassa

sulle case: ha gli stessi sistemi di

conteggio per la grande città, per i

piccoli paesi siano essi montani,

collinari o di pianura. Eppure pos-

siamo dire che l’impatto economico

su ciascuna comunità è assai diver-

so. Basta pensare alle vecchie gros-

se case coloniche di campagna

spesso oggi abitate da qualche an-

ziano o utilizzate solo in qualche

vano o del tutto inutilizzate che

devono pagare servizi di cui non

usufruiscono e tasse varie in base

alla superficie o alle dimensioni. E’

evidente quindi la necessità di te-

nere conto di tutti questi aspetti.

Quindi cosa vuol dire riterritorializ-

zare?. Pensiamo ad esempio alle

colline del Monferrato o alle risaie

nelle pianure, pensiamo all’econo-

mia di montagna o a quella lungo

le coste marine o sul delta dei

grandi fiumi o alle aree metropoli-

tane. Ciascuna diversa, ciascuna,

tipica, ciascuno cresciuta il simbiosi

con le comunità che abitavano o

abitano quel territorio. Ciascuno di

questi può, e a nastro parere do-

vrebbe, tornare a vivere di forza

propria. Le Colline del Monferrato

che vanno dal Po all’Appennino

Ligure hanno caratteristiche e sto-

rie simili, esigenze simili per questo

crediamo richiedano politiche simili

e va da sé che questi territori uniti,

potrebbero moltiplicare le sinergie

dei propri talenti comuni. Ecco per-

ché al di là di schieramenti e partiti

vorremmo che a partire dagli am-

ministratori locali si iniziasse a ra-

gionare su come muoversi insieme.

Si parla da tempo di abolire le pro-

vince, si vuole cambiare il sistema

elettorale della rappresentanza, si

ne. Presto si trasferirà con la fami-

glia nelle nostre colline anche co-

me abitazione in quel di Villamiro-

glio, così potrà seguire meglio l’at-

tività che ha aperto a Sessana il 9

agosto u.s.

Oltre alle ordinarie merci di questi

negozi, qui si possono trovare otti-

me dolci: dai Cannoli Siciliani, alle

Zeppole ed alle Sfogliate e il Giove-

dì poi, le torte fresche preparate

da Eliana, dalla torta di castagne

alle crostate. Un’altra peculiarità

sono le Mozzarelle di bufala e le

Burrate che arriva-

no settimanalmente

dai luoghi di produ-

zione.

Eliana ci racconta

che per andare in-

contro alle esigenze

della clientela il

negozio è pratica-

mente sempre

aperto.

E’ l’unico negozio

oggi rimasto a Ses-

sana quando un

tempo, ci racconta-Eliana davanti al bancone del suo negozio

no, se ne potevano contare a deci-

ne, non resta che augurare ai nuo-

vi amici un buon successo nella

loro attività.

Riapre a Sessana il negozio di alimentari e… simpatia.

Gabiano e dintorni

Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino; Direttore Responsabile Enzo GINO - Sede: via S. Carpofo-ro 97 - Fraz. Cantavenna 15020 Gabiano - Stampato presso A4 di Chivasso (TO) - Associazione Piemonte Futuro: P. Iva 02321660066; Distribu-zione gratuita; Per informazio-ni e pubblicità; cell. 335-7782879; e-mail: [email protected] www.gabianoedintorni.net www.collinedelmonferrato.eu

vuole superare una crisi economica

che a nostro modesto parere è

strutturale e non contingente; for-

se merita capire quali alternative

sono possibili, e fra queste certa-

mente la riterritorializzazione è una

opzione che merita di essere seria-

mente considerata. Come può es-

ser avviato questo processo? con

quali strumenti? con quali politi-

che? Da parte nostra proveremo a

scriverne su queste pagine e ovvia-

mente chiediamo a chi ha elabora-

to a vario titolo analisi e valutazioni

sul tema, di farcele avere per met-

terle a disposizione di tutti, crean-

do i presupposti per una proposta

in grado di contrapporsi o quanto-

meno limitare la deriva attuale

che, prima che essere economica,

è culturale: infatti non riuscire a

trovare risposte alla crisi è innanzi-

tutto un problema di insufficiente

conoscenza.

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Attimi di vita

L’aria frizzante

Come respiro di madre

Appena sfiora, l’umida erba

Coperta di bruma e…

L’accarezza

La terra arata

Come braccia di madre

La prima bassa lunga

Luce del mattino …

Accoglie

L’albero alto

forte come un padre

ancora nudo e spoglio

del dolce tepore…

Gode

La gemma muschiosa

Come figlia affezionata

Resinosa e gonfia

In un concerto di colori e profumi…

Schiude

Il passero infreddolito

Come figlio sincero

Vola basso in stormi

E nelle siepi magicamente…

Scompare

Il tempo , presente

Come maestro impassibile

Silenzioso nel suo rintocco

Scorre scivola e trasportato dalle brez-

ze…

Passa

Gocce d’acqua fresca

Luminose scorrendo allegre

Come attimi uniti compongono

Il fiume della vita che …

Scorre

Io spettatore attonito

Annuso ascolto e Stupefatto

Godendo di questi attimi

Poesie… di Piero Zannol

Pietre

Pietre che sorgete dalla marna

e colorate il Monferrato

spalmate dalle brezze sorvolate da una starna

d’ogni tempo oltre avete raccontato

e della sera accettate le carezze.

Scheggiate dai vomeri di terre tanto sfruttate

Coese e divise da vene di sali

insaporiti da tartufi mai raccolti

contenete grida lontane di antiche sofferenze

che vivono ancora rinchiuse negli atomi.

Lo so lo sento nel profondo vi ho sempre amate

Perché anche voi vivete e mi parlate

Autunno

Ombre di vigne spintonano muretti di tufo

in quel momento che il sole nascendo

le proietta in quel tempo che è l'alba.

Umidità posata si condensa

bagnando gli stivali

di uomini fortunati che lì

in quel momento camminando

godono dello spettacolo.

Lo si sente dagli odori

lo si percepisce dai rumori

di foglie che cantano sulle note suonate dalla brezza

lo si vede dai colori gialli marroni e tanti ori

è autunno

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Le cave di Murisengo

Abbiamo visitato per i nostri

lettori le cave di gesso attive a

Murisengo. Le cave saranno presto

aperte alle visite del pubblico se-

condo gli indirizzi più recenti nella

gestione delle opere che, in qual-

che modo, incidono sul territorio.

Ma qui si vuole realizzare un pro-

getto denominato Cava sostenibile

(di cui abbiamo riportato il logo),

all’avanguardia in Italia, che preve-

de l’utilizzo dei vuoti lasciati dalle

escavazioni per realizzare aree mu-

seali, mostre e attività di pubblico

interesse.

La storia del Monferrato è stata da

sempre caratterizzata dalle attività

di estrazione non solo di gesso ma

anche delle marne per produrre il

cemento. Spesso, come testimonia-

no tanti paesi di cui abbiamo scritto

in passato su G&d (Coniolo, Brusa-

schetto di Camino) causando disa-

stri e la scomparsa di interi paesi.

Fortunatamente i tempi cambiano,

cambia la sensibilità ambientale,

l’attenzione delle istituzioni, ed an-

che le tecnologie hanno fatto passi

da gigante. Così quello che un tem-

po costituiva principalmente, e

spesso esclusivamente, un impatto

negativo oggi si può trasformare in

una opportunità per il territorio.

Le Cave di Murisengo intendono

proprio percorrere questa strada,

per questo con Regione Piemonte,

Provincia di Alessandria e Comune

hanno realizzato un progetto per

trasformare in museo i volumi crea-

ti durante gli scavi ed oggi non più

utilizzati. E’ una proposta non solo

innovativa, ma prima in campo na-

zionale in materia di cave, che pre-

senta la possibilità di risolvere il

problema del riutilizzo del sito di

cava come opportunità per una

nuova attività di pubblico interesse

e con ricadute favorevoli rilevanti

per le Comunità locali.

Ma quanto sono estesi e quanto

grandi sono questi “vuoti”?

L'accesso al sotterraneo avviene

attraverso una rampa elicoidale a 5

livelli che a partire dall'imbocco

principale "San Pietro" si snoda

sino a raggiungere la profondità

massima di 90 m dal piano campa-

gna ove è attualmente impostato il

livello più basso. Attraverso tale

rampa avviene anche il trasporto

del minerale estratto all'impianto di

lavorazione posto in superficie. Le

estrazioni di gesso avvengo di gal-

lerie ortogonali alla rampa di acces-

Una suggestiva immagine della cave di gesso di Murisengo

Monferrato sotterraneo, le opportunità offerte da una cava sostenibile

Si ringraziano l’ing. Sandro Gennaro e il dott. Mauro Caldera della Estrazione Gesso snc per la collaborazione prestata (www.estrazionegesso.com)

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so, intervallate da pilastri portanti

coassiali sui diversi livelli, pertanto

il risultato è un vuoto sotterraneo

caratterizzato da camere parallele

connesse snodate attorno a pilastri

rocciosi a parete nuda. Sia le ram-

pe che le camere presentano lar-

ghezza e altezza variabili intorno ai

7-8 metri ed una superficie com-

plessiva di oltre 50.000 mq per pia-

no. Gli spazi sono ampi, asciutti

serviti su lati opposti dalle vie di

accesso e di evacuazione. L'area

quindi è servita da tutti gli impianti,

utili per una idonea gestione mu-

seale (impianto elettrico, illumina-

zione, impianto comunicazione,

impianto gestione dati a fibra otti-

ca) ed è prossima alla galleria d'a-

ria che consente un continuo

"lavaggio" dei volumi ipogei con un

regolare flusso d'aria. L'arrivo in

discesa costante della rampa, ad

una zona piana coincidente con la

quota d'imposta del livello, suggeri-

sce al visitatore il senso di profon-

dità raggiunta e gli spazi di mano-

vra sono tali da consentire par-

cheggio di navette e mezzi di servi-

zio. Uno degli obiettivi principali del

progetto Cava Sostenibile è appun-

to quello di dimostrare che con le

attività minerarie è possibile attrar-

re turisti e/o fruitori; la singolarità

dei luoghi con spazi maestosi mo-

strano un diverso Monferrato, sot-

terraneo, altrettanto bello di quello

in superfice.

Questo è possibile grazie sia alle

caratteristiche del materiale, il ges-

so, che alle tecniche estrattive ap-

plicate che non richiedono

(diversamente dalle cave di marna)

strutture di sostegno per evitare

crolli.

Spazi quindi ideali per essere sfrut-

tati per scopi museali, creativi,

espositivi e ludodidattici che, a par-

tire da un primo progetto di museo

del gesso, può poi progressivamen-

te estendersi ad altre zone del sot-

terraneo opportunamente attrezzati

con altri tipi di attività pubbliche.

In prima battuta quindi, verranno

strutturati negli spazi apposite aree

espositive dedicate al minerale ges-

so, abbinate anche ad attività a

cielo aperto, si potrà quindi usufrui-

re anche ed aree libere, da allestire

ogni qualvolta occorre organizzare

uno specifico evento (location),

oltre ai percorsi pedonali lungo le

rampe, con appositi spazi di sosta.

Mentre la prima area potrà garanti-

re un afflusso turistico anche pro-

grammato con scuole ed associa-

zioni, la seconda area potrà garan-

tire un afflusso turistico in occasio-

ne di eventi temporanei specifici.

Spenderemo ora qualche parola

per dare un cenno a come è fatto il

nostro Monferrato.

Senza addentrarci ai complessi

fenomeni che nei milioni di anni

hanno portato alla formazione del

gesso, gli addetti ai lavori ci spie-

gherebbero che il Gesso è

una roccia sedimentaria di origine

chimica, appartenente alla classe

delle evaporiti, formata prevalente-

mente dall'omonimo minerale, sot-

to forma di solfato di calcio biidrato

(CaSO4 · 2H2O), con piccole quan-

tità di argilla. Tradotto: un tempo

le nostre terre si trovavano sotto il

mare come tutta la valle Padana, a

seguito di trasformazioni del terri-

torio che videro il sollevamento del

fondale, fra i 60 milioni ed i 2,6

milioni di anni fa (quaternario),

parti di questo mare restarono iso-

lati formando specie di lagune

d’acqua salata, dai quali l’acqua

poco alla volta evaporò (evaporiti),

così i sali quali anidrite, calcite e

aragonite (origine chimica) in essa

contenuti , s i deposi tarono

(sedimentazione) su fondo e costi-

tuirono il sottosuolo dove oggi si

scava il gesso. Questi sedimenti,

affiorano estesamente lungo la

dorsale MurisengoVilladeati/Alfiano

Natta (a Sud-Est della cava).

In realtà le vicende geologiche so-

no ben più complesse in quanto i

continui sommovimenti avvenuti

nei milioni di anni hanno deforma-

to, rotto e mescolato gli strati di

materiali formati o depositati. Dal

punto di vista strutturale, il Mon-

ferrato infatti è caratterizzato dalla

presenza di zone di deformazione

a direzione nord-ovest/sud-est do-

vute a movimenti di compressione

(cinematismo transpressivo) che in

corrispondenza dei diversi sistemi

di frattura (faglie) ha generato un

rimescolamento degli originali stra-

ti di rocce. Oltre alla “Zona di

deformazione di Rio Freddo”, che

separa il Monferrato dalla Collina di

Torino, una delle più importanti

strutture del Monferrato è la citata

zona di deformazione di Villadeati

allungata in direzione nordovest-

sudest, individuabile tra Murisengo

e Villadeati-Alfiano Natta. Pertanto

il gesso è costituito da grandi bloc-

chi di qualche centinaio di metri

immersi e mescolati ad altri depo-

siti. L’avvio della coltivazione di

queste cave risale al 1986-87, il

minerale di gesso che ha un colore

grigiastro, solo con la cottura a

180° e la macinazione diventa

bianco. Attualmente sono 11 le

persone impiegate nella cava.

Ci concediamo quindi una sugge-

stione immaginando che in futuro

le cave vengano progettate e rea-

lizzate non solo e tanto in funzione

della estrazione che, per quanto

lunga sarà temporanea, ma in fun-

zione del successivo perenne riuti-

lizzo a scopi pubblici.

Immaginiamo un universo sotterra-

neo attrezzato anche con cantine,

negozi, uffici e navette che da Mu-

risengo arrivano magari fino a Vil-

ladeati o Alfiano Natta… sarebbe

l’ottava meraviglia del mondo...

Un esempio di allestimento delle cave per fini espositivi

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Vogliamo fare un esperimento,

creare una rete di amici che ci invii-

no articoli e notizie dal loro Comu-

ne o da quelli limitrofi. Si tratta di

predisporre

scritti o rac-

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su iniziative,

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contributo spese di 10€ per ogni

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proprio tempo a scrivere, imparare,

scoprire il proprio territorio e per-

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re, quello del giornalista e guada-

gnare qualcosa. E poi non dimenti-

care che la pubblicità è l’anima del

commercio: farsi conoscere può

tornare utile. Non è difficile e natu-

ralmente G&d è sempre disponibile

a darvi aiuto e suggerimenti. Per

chi fosse interessato e volesse ulte-

riori informazioni, basta contattarci

alla mail o al telefono di G&d.

A presto dunque.

Le proposte di G&d

Bagna Cauda e Businà

Sul numero di settembre di G&d

abbiamo scritto delle Businà: satire

in poesia sulle nostre sfortune.

Renzo Rampone titolare del risto-

rante La locanda del Borgo a

Mincengo di Gabiano ha colto subi-

to l’occasione al balzo per organiz-

zare una bisboccia a base di ba-

gnacauda e… Businà. Così sabato

9 novembre ore 20:30 interverrà

per la prima volta il Businatore Pie-

ro Raiteri che reciterà qualcuna

delle sue poesie satiriche ed anche

qualche altro poeta “nostrano”. La

serata sarà a base di Bagna cauda

in versione tradizionale (aglio inte-

ro) e soft per gli stomaci più delica-

ti, sarà accompagnata dalle classi-

che verdure crude e cotte e ovvia-

mente da buon vino. Filippo lo

chef figlio di Renzo, aiutato dalla

madre e dalla nonna prepareranno

secondo le regole della più classica

e tradizionale cucina casalinga no-

strana anche qualche antipastino e

dulcis in fundo la tipica Torta nera

Monferrina.

Prezzo tutto compreso, anche

caffè e pusacafè 25 €. Attenzio-

ne però il ristorante contiene al

massimo 40 posti, una parte dei

quali già prenotati, suggeriamo

quindi di non aspettare l’ultimo mo-

mento per prenotarsi allo:

0142.955782 o al 335.6955173

e-mail: [email protected]

La Locanda del Borgo si trova

in via S. Stefano 17 in Mincen-

go frazione di Gabiano.

Le strade per Mincengo e l’ingresso del ristorante

Page 9: Gdottobre13

9

Continua la descrizione degli altri

esseri viventi e non che abitano le

nostre colline e, vista la stagione,

cominciamo da un “signorino” assai

diffuso in questi mesi, un fungo

che però è bene lasciar stare dov’è

perché è tossico.

Per i botanici e l’Agaricus pilatia-

nus Bohus e si trova un po’ dap-

pertutto, boschi, giardini, parchi.

Ha un cappello che varia dal bian-

castro al fuligginoso-brunastro,

cosparsi di squame. Ingiallisce allo

sfregamento e le lamelle all'inizio

quasi bianche poi diventano rosa

ed infine grigio nerastre, con filo

biancastro.

Toccandolo si macchia rapidamen-

te di giallo cromo alla base, ha un

odore sgradevole di fenolo o in-

chiostro fortemente ingiallente alla

base del gambo.

E chi non conosce i “pansè” (vedi

foto in ultima pagina) che fra gli

addetti ai lavori è nota come Viola

tricolor arvensis Murray. A que-

sta specie appartengono ben 400

varietà di fogge e colori diversi,

erbacee annuali o perenni e anche

alte da 10 a 20 cm, con fioriture

primaverili, in svariati colori e corol-

le dalla forma caratteristica, gene-

ralmente con l'inizio della stagione

calda, le piante interrompono la

fioritura, stimolando la produzione

dei semi, concludendo il ciclo vege-

tativo. Si riproducono facilmente in

molti modi diversi, per questo le

possiamo trovare anche spontanee

negli anfratti dei muri o delle stra-

de, e per questo è diffusa un po’ in

tutti continenti. Le specie di Viola si

riproducono sia sessualmente (con

ricombinazione dei caratteri) che

vegetativamente (senza ricombina-

zione). I fiori più grandi portati in

alto vengono impollinati dagli inset-

ti, mentre i fiori più piccoli, localiz-

zati in basso, non si aprono mai

(cleistogamia) e attuano l'autoim-

pollinazione. I semi, che in questo

caso hanno corredo genetico simile

a quello della pianta che li origina

cadono e germinano vicino alla

pianta madre. Inoltre possono es-

sere presenti degli stoloni, modifi-

cazioni di fusti,

che attuano la

molt iplicaz ione

vegetativa e dan-

no origine a nuo-

ve piante geneti-

camente identi-

che alla pianta

madre. Gradisco-

no posizioni om-

breggiate, terre-

no soffice, ricco,

di medio impa-

sto, fresco, adat-

tandosi però a

qualunque tipo di suolo, le specie

perenni possono fiorire per tutto

l'inverno nelle zone a clima mite

mentre nei climi più gelidi vanno

riparate sotto vetro. Si moltiplicano

con la semina a fine estate per ave-

re la fioritura dalla fine dell'inverno

successivo, o per divisione dei cespi

alla fine della fioritura. Le viole ven-

gono utilizzate come piante orna-

mentali nei giardini per aiuole, bor-

dure, o per la coltura in vaso su

terrazzi. Le specie con cultivar a

fiore grande come la Viola cornu-

ta vengono coltivate industrialmen-

te per la produzione del fiore reci-

so. Le viole odorose si utilizzano

nell'industria confettiera per pro-

durre fiori freschi cristallizzati nello

zucchero. I bonbons “à la violette”

sono una specialità della città

di Tolosa in Francia.

Le viole vengono anche utilizzate in

Biodiversità nel Monferrato

Sempre in ultima pagina potrete

vedere un piccolo uccellino: il Mar-

tin pescatore. Lungo fra i 17 ed i

25 cm, con un'apertura alare che

raggiunge i 26 cm ed un peso che

va dai 26 ai 46 g. Presente un po’

dappertutto nei continente eurasia-

tico e anche in Australia, le sue

dimensioni diminuiscono passando

da nord-ovest/sud-est, con le po-

polazioni diffuse nel Sud-est asiati-

co più piccole rispetto alle sotto-

specie eurasiatiche anche del 10%.

E’ residente nelle aree in cui il cli-

ma è mite durante la stagione fred-

da, mentre migra verso le aree

costiere oppure verso sud nelle

aree in cui durante l'inverno la su-

perficie dell'acqua rimane ghiaccia-

ta per lunghi periodi. Le migrazioni

hanno solitamente modesta entità,

sebbene i Martin pescatore siberia-

ni percorrano oltre 3000 km per

raggiungere i siti dove svernare:

alcuni esemplari europei possono

inoltre attraversare il Mediterraneo

e svernare in Nordafrica o Medio

Oriente. La migrazione avviene

principalmente durante la notte,

mentre durante il giorno questi

animali si rifocillano e si riposano

nascosti fra la vegetazione. Il Mar-

tin pescatore è un uccello diurno e

solitario, che passa la maggior par-

te del proprio tempo alla ricerca di

cibo: esso necessita infatti quoti-

dianamente di una quantità di nu-

trimento pari al 60% circa del pro-

prio peso corporeo. Per procurarsi

il cibo si posiziona su rami o canne

sporgenti sui corsi d'acqua dove

vive, che elegge a punti d'osserva-

zione e dai quali si tuffa per cattu-

rare le sue prede. L'animale duran-

te la notte si rifugia nella fitta ve-

getazione nei pressi di uno dei

punti d'osservazione preferiti. Il

profumeria per estrarne l'essenza e

nella produzione di pecorini dolci, e

se volete dar un tocco di grazia alla

vostra insalata potete aggiungevi

qualche fiorellino di viola

Continua in ultima pagina

Page 10: Gdottobre13

10

Domenica 20 ottobre abbiamo fatto

una cenetta alla Stamberga del

Drago. Per i non avvezzi stiamo

parlando del ristorante di Varengo

che sorge a due passi dalla nota e

bellissima Chiesa del Magnocavalli.

Il ristorante in passato era gestito

dal compianto e noto Paolino la cui

attività è proseguita oggi dal figlio

Sandro. Una eredità non facile da

mantenere, ma dopo la cena del 20

u.s. possiamo affermare che “buon

sangue non mente” e certamente il

figliolo sta confermando l’originalità

e la creatività paterna. Ogni qual-

volta che ci rechiamo in un risto-

rante la prima cosa che cerchiamo

di capire è lo stile che risalta dai

menù e dalla sua traduzione prati-

ca oltre che dall’ambiente. Ovvia-

mente nei nostri ristoranti Monferri-

ni la fanno da padrona i piatti tipici

della tradizione, gli antipasti con

l’immancabile Bagna cauda, gli

agnolotti, i bolliti e gli arrosti vari.

Si tratta di ricette che tutti cono-

sciamo e che tutti abbiamo prepa-

rato qualche volta a casa nostra e

che, pertanto tutti sanno valutare.

La difficoltà in questi casi sta pro-

prio nel saper confortare l’esperien-

za dei clienti. Ma che accade se

l’estro, la fantasia, l’inventiva si

impossessano del cuoco che crea di

sana pianta nuove ricette o reinter-

preta quelle tradizionali anche in

maniera rivoluzionaria?. Tutto di-

venta più difficile: si propongono

sapori diversi, a cui gli avventori

non sono abituati e in qualche caso

non hanno mai conosciuto. E’ un

rischio per chi li propone, come

sempre avviene per le novità. Un

cuoco deve avere grandi qualità

per tentare questa strada, soprat-

tutto deve credere e dedicarsi con

passione a vere e proprie ricerche

compiute in campi poco o nulla

esplorati perché, si sa: “chi lascia la

vecchia strada per la nuova, sa ciò

che lascia ma non sa quel che tro-

va”. Sandro è uno di questi esplo-

ratori. Un’arte, l’esplorazione, ere-

ditata evidentemente dal padre

Paolino che gli deve aver ben spie-

gato come percorrere gli stretti

sentirei del buon cucinare senza

perdersi nei labirinti della banalità,

dell’imitazione, se non peggio. Oc-

corre quindi un pizzico di follia che,

come noto, è più vicina alla geniali-

tà della saggezza, per cimentarsi in

certe novità. I nomi delle portate

anticipano già l’originalità delle

composizioni: “Sussurro caldo”,

“Uova in galera”, “Agnolotti al lime”

o “Agnello in liquirizia” e facilmen-

te i puristi del palato arricceranno il

naso pensando ad accostamenti

improbabili o folli. Errore! Così co-

me originale è stata anche la loro

presentazione, spesso in… bicchie-

ri, anziché nei piatti. Al di là della

forma ciò che importa e che tutti i

componimenti sono risultati, non

solo azzeccati, ma esaltanti, e la

conferma ci è venuta anche dal

gestore di un altro ristorante sedu-

to al tavolo vicino al nostro in con-

sistente compagnia. Ma entriamo

nel merito. Il Sussurro caldo ser-

vito in un bicchierino per vini da

meditazione, si presenta come una

stratigrafia con i colori del Foie Gras, della zucca, dei Porcini e so-

pra, bianca fonduta su cui sono

adagiate scaglie di Tuber Magna-

tum Pico, al secolo Tartufo bianco

di Alba e del Monferrato, raccolto

nelle nostre colline dal compaesano

trifulau Alex Bossetto. Ogni bocco-

ne della tiepida composizione pro-

pone quindi un gusto diverso, in

una successione studiata, non ca-

suale, verrebbe da dire dinamica,

che partendo dalla fonduta al tartu-

fo in cima arriva al Fois gras dell’ultimo strato in fondo al bic-

chiere. Sapori sempre delicati come

appunto un sussurro, mai urlati o

invadenti. Ma siamo solo all’inizio,

passiamo all’Uovo in Galera che

fa dire ad uno dei giovani estrover-

si commensali seduti nel tavolo

accanto rivolgendosi alla non più

giovane cameriera “l’è tant bun cha

t’sautaria doss” (è tanto buono che

ti salterei addosso). Scopriamo così

che anche la galera di una banale

pastella può esser piacevole... se la

La Stamberga del Drago

Sandro figlio d’un Drago, ovvero: la fantasia al potere… in cucina

Il cuoco Sandro

LA STAMBERGA DEL DRAGO

Piazza Garibaldi, 25 -

Varengo di Gabiano (AL)

tel. 0142 943346

Page 11: Gdottobre13

11

si sa riempire di gusto. L’aspetto, al

servito infatti, è quello di un bianco

sacchettino di una pasta derivata

da quella sfoglia… ma che non sfo-

glia; andrebbe tagliato e gustato

nel melange dei suoi contenuti, ma

preferiamo aprirlo per guardarci

dentro. Ci troviamo un uovo: albu-

me ben cotto e tuorlo tiepido ma

crudo, coriandoli di prosciutto e

scaglie dell’immancabile tartufo.

Tutto qui? Sì, tutto qui, ma la diffi-

coltà sta nella cottura (che ci pare

trattarsi di leggera friggitura) che è

il vero legante dell’insieme; troppo

o troppo poca trasformerebbe la

Galera in un inferno abbrustolito o

lo lascerebbe un crudo immangiabi-

le miscuglio. Sembra incredibile

quanto, un po’ di giusto calore,

possa esaltare certi rapporti

(...questa è filosofia nel piatto!)

Ma al di là dell’apparenza, ciò che

guida il giudizio è il gusto, e su

questo comprendiamo la colorita

espressione del vicino commensale

su descritta. La portata successiva

è di nuovo una chicca: Topinam-

bur su crosta di patate e tartu-

fo con fonduta (a base di Ra-

schera e Bettelmatt). Di nuovo una

azzeccata stratigrafia che se non

subisse la concorrenza delle altre

portate risulterebbe eccezionale ma

che riesce a tenera alto il livello

della qualità del gusto. Segue quel-

le che per molti sarebbe una be-

stemmia culinaria: Agnolotti al

Lime con tartufo. In verità nes-

suna bestemmia, anzi bell’accosta-

mento, in cui è il Lime a farla da

padrone con il suo aroma e profu-

mo. Riesce a competere con il po-

tente tartufo che, vista la stagione

non ancora nel pieno del suo tem-

po, non raggiunge la perfetta ma-

turità a scapito dell’intensità del

suo profumo. Un’apparente limite

che per l’occasione consente di

mantenere equilibrati i sapori e i

profumi che altrimenti verrebbero

sopraffatti dalla prevalenza di uno

sull’altro. Arriviamo ora al secondo:

l’Agnello in liquirizia con profu-

mi di erbe. Già la presentazione è

accattivante: una coppa in cui è

predisposto un letto di foglie di

alloro e di rosmarino su di esso due

“bracioline” di agnello cotto impa-

nato in una amalgama aromatizza-

ta con gusti vari. Tenero, gustoso e

cotto al punto giusto; anche qui un

arcobaleno di profumi e gusti ingo-

losiscono e impreziosiscono il carat-

teristico intenso sapore della carne

di agnello gustata come mai in pre-

cedenza, quando l’Abbacchio alla

romana e lo Scottadito costituivano

il meglio a noi noto nella sua pre-

parazione. Infine il dolce di Ca-

stagne con una bucce d’arancio

julienne caramellate; sempre all'al-

tezza della situazione.

Se una critica si può fare riguarda i

vini disponibili, erano solo due sfu-

si, peraltro ottimi: Barbera e Gri-

gnolino: poco. Un minimo di varietà

e qualità magari in bottiglia sareb-

be opportuna anche se in passato

l’oste nelle stamberghe serviva il

vino così. E’ una questione di stile

come prima accennato: se si vuol

viaggiare in Ferrari non si possono

avere le gomme lisce o, come dice-

va Totò “è la somma che fa il tota-

le”. E’ un problema facilmente ri-

solvibile, l’importante è che il Fer-

rari della cucina c’è, occorre solo

perfezionare l’organizzazione della

scuderia e le stelle arriveranno, ne

siam certi.

Il prezzo: 40€, tartufi a parte, ma

si consiglia di prenotare almeno 1-2

giorni prima. Ultima notazione ri-

spetto ai canoni tradizionali di ser-

vizio e arredo.

Alla Stamberga del Drago tutto o

quasi è rimasto come un tempo,

persino la gente che guarda la tele-

visione nella sala accanto, gli arre-

di, l’accoglienza e il servizio. E’ tut-

to originale e autentico, sobrio e

antico e per chi lo sa apprezzare è

un piacevole viaggio nel passato

che si integra, incredibilmente, con

le delizie del presente.

Sussurro caldo

Topinambur su crosta di patate e tartufo con fonduta

Agnolotti al Lime con tartufo

Uovo in Galera Dolce di Castagne Agnello in liquirizia con profumi di erbe

Page 12: Gdottobre13

volo è in genere basso, rasente l'ac-qua, molto veloce e breve: special-mente quando il cibo scarseggia, esso può essere osservato fare lo spirito santo sugli specchi d'ac-qua, al fine di osservare e valutare la presenza di eventuali prede sul fon-do. Lo "Spirito santo" è una partico-lare tecnica di volo tipica degli uccelli rapaci di piccola taglia come il Martin pescatore, che cacciano attivamente. L'animale con piccoli movimenti d'ali riesce a mantenere una posizione di stallo in un punto dello spazio an-che per molti minuti; questo permet-te all'uccello di stare immobile nell'a-ria, formando una figura che ricorda la tipica rappresentazione del-lo Spirito Santo nell'iconografia clas-sica di colomba immobile ad ali aper-te. In virtù delle alte esigenze nutriti-ve, i Martin pescatore sono uccelli solitari ed estremamente territoriali, che occupano aree la cui estensione varia a seconda della disponibilità di cibo, ma che generalmente è com-presa fra 1 e 3,5 chilometri quadrati: il proprietario difende strenuamente il proprio territorio da qualunque intruso, conspecifico o anche di spe-cie affini, sia esso anche il pro-prio partner, all'infuori del periodo riproduttivo, o la propria progenie. Generalmente, per scacciare gli in-trusi è sufficiente che il legittimo occupante del territorio si mostri oppure spicchi un breve volo posizio-nandosi a fianco ad esso ed esiben-do un atteggiamento territoriale (che consiste generalmente nel mostrarsi di profilo per evidenziare il forte bec-co e nell'arruffare le piume del ca-

Ed ecco a voi una farfalla diffusa nei nostri giardini Monferrini, è la Va-nessa dell’Ortica. L’habitat di que-sta farfalla è costituito da tutti gli amb i en t i na tu ra l i e s emi -naturali: giardini, parchi urbani, mac-chie boschive - esclusi i boschi fitti - in tutta l'Europa e l'Asia temperate, dall'Europa occidentale al Giappone, dal livello del mare sino ai 3000 m di altitudine. Un tempo annoverata fra le farfalle più comuni, la Vanessa delle ortiche risulta ora in forte e rapido declino, almeno in Europa occidentale. Tale regresso non può essere spiega-to con la diminuzione della sua pian-ta ospite, poiché l'ortica è, al contra-rio, stabilmente presente e beneficia anche dell'eutrofizzazione generale dell'ambiente. La crisalide è divorata qualche volta dalle vespe, ma anche queste ultime sono in forte diminu-

zione. Anche l'influenza di altri feno-meni non è ancora ben compresa: degrado ambientale, inquinamen-to dell'aria, piogge contaminate da pesticidi, che avrebbero potuto ge-nerare un impoverimento immunita-rio negli individui di questa specie). Le Vanesse, sono divenute ancora più rare in corrispondenza delle esta-ti umide del 2007 e del 2008. Dal 1976 al 1995 la riproduzione ha avuto più successo nelle estati fre-sche e umide, che non quando il clima è stato caldo e secco. Questa farfalla potrebbe dunque essere sen-sibile al riscaldamento climatico. Uno o più parassiti della Vanessa potreb-bero essere fra le cause della forte diminuzione di questa specie. Per cause non ancora ben chiarite, negli anni 2000 la Vanessa è scomparsa da quasi tutto il suo areale in Europa occidentale.

po), tuttavia se ciò non bastasse i Martin pescatore non esitano ad ingaggiare furiosi combattimenti ae-rei, nei quali ciascun con-tendente cerca di spingere l'avversario sott'acqua chiudendogli il becco col proprio. Si tratta di un uc-cello molto silenzioso, ma non muto: il Martin pesca-tore può emettere in volo un fischio corto ed acuto (spesso ripetuto due o tre volte), così come esempla-ri eccitati o nervosi posso-no emettere suoni grac-chianti.

Biodiversità da pagina 9