Dire Dio dopo Auschwitz -...

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Lezione “Dire Dio dopo Auschwitz”

percorsi

• 1. L’estraneità del male

• 2. Si Deus, unde malum?

• 3. La domanda della sofferenza

obiettivi

• Le tragedie del secolo scorso ripropongono la questione della teodicea, ovvero del rapporto tra l’esistenza di Dio e l’esperienza del male, sollecitando la riflessione filosofica a confrontarsi con la drammaticità della questione al di là del dualismo esistenza/inesistenza.

1. L’estraneità del male

dopo Auschwitz

<<Dopo Auschwitz, nessuna poesia, nessuna forma d’arte, nessuna affermazione creatrice è più possibile. Il rapporto delle cose non può stabilirsi che in un terreno vago, in una specie di no man’s land filosofica>>.

Th. W. Adorno

<<C’è Auschwitz

quindi non può esserci Dio>>.

Primo Levi

la storia di Giobbe

• La sua vicenda è tutta raccolta nell’incipit dell’antico testo ebraico, quando si racconta, con la semplice essenzialità di un racconto popolare, che <<c’era nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe; uomo integro e retto, temeva Dio ed era alieno dal male>> (Gb 1,1); questa è la sua identità scolpita come un epitaffio, riassunta nella prosa dell’alleanza, ovvero la sua storia vissuta al cospetto dell’Onnipotente, tanto da farne <<il più grande fra tutti i figli d’oriente>> (Gb 1,3).

tra Dio e Giobbe

• Un giorno, proprio mentre i figli di Dio erano <<davanti al Signore anche satana andò in mezzo a loro>> (Gb 1,6); mentre si è dinanzi all’Onnipotente, una figura avversa (cf 2Sam 9,23; 1Re 5,18; 11,14.23.25) si pone in mezzo, si frappone tra Dio e la famiglia del timoroso Giobbe, e questa frapposizione sembra frammentare la medesima eredità di vita e di gioia del pio ebreo, che viene posta in potere dell’angelo accusatore (cf Gb1,12) con l’ordine, tuttavia, di <<non stendere la mano su di lui>> (Gb 1,12). di vita.

un’oscura presenza

• Poi, <<satana si allontanò dal Signore>>: questo è un dramma intessuto di vicinanze, che, ad un tratto, si mutano in storie interrotte, in balzelli tra sponde di vita divaricate da un’oscura presenza, che non può restare a lungo al cospetto dell’Onnipotente, ma se ne allontana, portando via con sé anche il possesso di Giobbe e la sua promessa

l’estraneità del male

• Probabilmente pochi racconti letterari, meno che mai pochi testi di sapiente riflessione, hanno saputo così riassumere con brevi tratti il movimento burrascoso, con cui l’esperienza alienante del male sconquassa il timoroso cammino di un uomo.

2. Si Deus, unde malum?

• a. le dimostrazioni di Dio ricavate dal mondo;

• b. le dimostrazioni di Dio ricavate dall'esistenza umana;

• c. le dimostrazioni di Dio ricavate da 'Dio'.

Dio e il mondo

• a. La dimostrazione di Dio ricavata dal mondo ha smesso di occupare un posto nella teologia dopo la critica mossale da I. Kant. La domanda su Dio scaturisce dalla domanda sull'origine, sull'unità e sulla totalità della realtà. L'idea di Dio fonda il discorso sulla totalità del reale. Bisogna tuttavia tener presente che quando si parla di unità della realtà non ci si riferisce all'unità del cosmo del monoteismo greco. La comprensione della realtà come storia supera la casualità degli eventi sostenuta dal pensiero greco, per guardare invece alla totalità di continuità e contingenza degli eventi storici, di missione e promessa. Ciò significa che la storia nel suo complesso diviene l'orizzonte ermeneutico di qualsiasi discorso su Dio.

Dio e l’esistenza umana

• b. La dimostrazione di Dio tratta dall'esistenza pone il problema di Dio non più come primum mobile, ma in relazione alla persona umana. Questa alternativa mostra come per 'dimostrazione di Dio' oggi si intenda o le prove cosmologiche della ragione teoretica o quelle tratte dall'esistenza, che sono la continuazione della dimostrazione kantiana basata sulla morale. La comprensione di Dio a partire dall'esistenza umana non viene intesa come <<una verità generale, teoretica ed oggettiva, ma soltanto come una "espressione della nostra esistenza stessa". [...] Perciò Dio può essere capito soltanto quando l'uomo sceglie se stesso come propria possibilità>>. Comprendendo la propria esistenza gli uomini capiscono Dio. La contemporaneità dei due momenti si fonda sulla domanda dell'uomo nella sua esistenza storica.

Dio ed il suo pensiero

• c. La dimostrazione di Dio tratta da 'Dio' è la nota prova ontologica di Anselmo di Canterbury non respinta da Kant, che fu da G.W.F. Hegel riportata ad essere il fondamento del concetto di Dio. Resta singolare la lettura compiuta da Barth di questa celebre dimostrazione di Dio e la relazione stabilita con il suo concetto di auto-rivelazione. Il presupposto di questa prova è di dimostrare Dio non a partire dal mondo o dall'uomo, ma a partire da Dio stesso. Il pensiero di Dio include la necessità della sua esistenza.

le prove di Dio

<<Tutte le prove di Dio, oltre a servire a provare l'esistenza di Dio, servono

anche allo scopo di dimostrare che il mondo è retto e governato dalla ragione divina e che l'essere dell'uomo è un'esistenza chiamata alla responsabilità da un appello divino. Tutte queste prove presuppongono in questo senso un mondo santo e un essere dell'uomo non-perduto. Si deve tener presente questa intenzione e questo impiego delle prove di Dio, per capire la vulnerabilità da parte delle controprove dell'ateismo. L'ateismo in fondo non si muove contro una possibile esistenza di Dio, bensì contro il presupposto delle prove di Dio, e cioè contro l'affermazione di un mondo santo, contro la tesi che il mondo della nostra esperienza e il nostro essere-uomo siano divini, retti e governati da Dio [...] Tutte le prove della non-esistenza di Dio partono dal presupposto che questo mondo è senza-Dio, abbandonato da Dio, non santo, bensì dissestato e dilacerato>>.

Jürgen Moltmann

3. La domanda della sofferenza

• Il problema di Dio non può essere ridotto unicamente alla discussione sulla sua esistenza, ma richiama ciò che da sempre costituisce lo scoglio dell'ateismo, ovvero la domanda sulla sofferenza. Questa domanda resta aperta rispetto a tutti gli abbozzi di soluzione, anche quando si tenta una via d'uscita con la teodicea negativa sostenendo che "non esiste alcun Dio". La forma più attuale di questa domanda coincide con l'interrogativo "che cos'è Auschwitz?".

<<Dopo Auschwitz, possiamo e dobbiamo affermare con

estrema decisione che una Divinità onnipotente o è priva di bontà o è totalmente incomprensibile […]. Ma se Dio può essere compreso in un certo modo e in un certo grado, allora la sua bontà non deve escludere l’esistenza del male; e il male c’è solo in quanto Dio non è onnipotente. Solo a questa condizione possiamo affermare che Dio è comprensibile e buono e nonostante ciò nel mondo c’è il male».

Hans Jonas

<<Così nella croce si muta l'antica immagine di Dio, l'immagine della potenza sovrana paterna o fredda contro cui si ribella il problema della teodicea. "Dio è diverso">>.

Jürgen Moltmann