Speciale Auschwitz

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SPECIALE Marzo 2013 Auschwitz Auschwitz Auschwitz anime vive da anime vive da anime vive da non dimenticare non dimenticare non dimenticare … un filo indelebile Mi ha reso più forte questa esperienza di vita Entrando nel più grande “cimitero” del mondo Mai percepito niente di simile in tutta la mia vita … e … loro erano lì, lì con noi, ani- me vive da non dimenticare Dio è morto ogni volta che non ricorderemo l’ Orrore commesso … Riempie il cuore … e hai voglia di vivere appieno la tua vita Impegniamoci … perché noi .“protagonisti” non dimenticheremo, mai … La vita è come un insieme di mattoni che mano a mano poni l’uno sopra l’altro e quest’ “Avventura” non può che essere una pietra angolare .allora … penna alla mano … perché questa è un’altra storia ! !

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Edizione Speciale Auschwitz

Transcript of Speciale Auschwitz

Page 1: Speciale Auschwitz

n° SPECIALE Marzo 2013

AuschwitzAuschwitzAuschwitz

anime vive da anime vive da anime vive da non dimenticarenon dimenticarenon dimenticare

… un filo indelebile

Mi ha reso più forte … questa esperienza di vita … Entrando nel più grande “cimitero” del

mondo … Mai percepito niente di simile in tutta la mia vita … e … loro erano lì, lì con noi, ani-

me vive da non dimenticare … Dio è morto ogni volta che non ricorderemo l’Orrore commesso …

Riempie il cuore … e hai voglia di vivere appieno la tua vita … Impegniamoci … perché

noi .“protagonisti” non dimenticheremo, mai … La vita è come un insieme di mattoni che mano a

mano poni l’uno sopra l’altro … e quest’ “Avventura” non può che essere una pietra angolare

… .allora … penna alla mano … perché questa è un’altra storia !!

Page 2: Speciale Auschwitz

Pagina 2 IIILLL PERCHE’

Numero speciale

Redazione:

Daniela Fiorentini (direttore)

Silvia Sessa (caporedattore)

Bochicchio Alessandra, Caberlon Giorgia, Caldato Luca, Calisi Luca, Capasso Fabiana, Cappelletto Petra, Carnali Marika, D’Am-brosio Luca, Della Corte Fabio, Di Bella Marika, Di Razza Mirko, Franceschetti Chiara, Guido Giulia, Ianni Noemi, Lusuar-di Andrea, Romani Elisa, Torrao Arianna, (redattori)

Responsabili del Progetto:

Prof.ssa Cristiana Angiello Prof. Claudio Cappelletto (grafica)

Collaboratori:

Stefano Trichei Assistenza tecnica:

Mauro Coppotelli

Siamo su internet!

www.ipasanbenedetto.eu

I.I.S. “San Benedetto” Via Mario Siciliano, 4

04010 B.go Piave - Latina

tel. 077369881-fax 0773662890

E-Mail: [email protected]

Page 3: Speciale Auschwitz

Numero speciale Pagina 3 IIILLL PERCHE’

La parola al

nostro Preside Quali sono state le

sensazioni più forti

che lei ha provato nel visitare i

campi di Auschwitz e Birkenau?

Quello che ho visto è andato molto

oltre l’idea che mi ero fatto di quei

luoghi. Di conseguenza anche le sen-

sazioni e le emozioni vissute sono

state forti e travolgenti.

Il paesaggio innevato e il freddo mi

hanno fatto realmente immedesima-

re nel dramma delle persone che so-

no passate di lì. Parlare poi con chi

è sopravvissuto a tanto orrore, mi ha

reso ancora più consapevole della

tragedia umana che la Storia ci ha

trasmesso e che è giusto ricordare. A

volte infatti ce ne dimentichiamo,

perché tutto ci sembra lontano nel

tempo e nello spazio. In realtà tro-

varmi lì è stato come essere catapul-

tato nel passato, la storia si è mate-

rializzata in tutta la sua tragicità. È

stato come rivedere lentamente i fo-

togrammi di quei drammatici mo-

menti…sensazione che definirei

inimmaginabile...

Come si è trova-

to nel relazionar-

si con le autorità scolastiche e

politiche che ha incontrato?

C’é stata grande partecipazione e

reciproca cortesia. Ringrazio le

nostre autorità,

in particolare

la Provincia di

Latina, che con

estrema sensi-

bilità ha per-

messo alla no-

stra scuola di

prendere parte

a un momento

così significati-

vo: la celebra-

zione del Gior-

no della Memo-

ria nei luoghi della Shoah. Sono

molto contento di questo, soprat-

tutto perché il San Benedetto è il

primo Istituto superiore ad aver

Il nostro gruppo con il sindaco di latina Di Giorgi e l’Ambasciatore italiano

partecipato all’evento. Inoltre la

nostra scuola è da sempre atten-

ta ad affrontare tematiche di

questo tipo.

A distanza di

circa 70 anni,

ritiene ancora importante

per gli studenti andare a vi-

sitare i luoghi della Shoah?

Sicuramente è utile e necessario

per gli studenti conoscere questa

pagina di storia anche attraver-

so la visita ai luoghi della

Shoah. Ciò serve a far acquisire

loro una maggiore consapevolez-

za, a comprendere meglio la sto-

ria degli uomini, fatta spesso di

errori, e ad acquisire tutti quei

valori positivi necessari al vivere

civile. Primo fra tutti il rispetto

verso l’altro. Capire vuol dire

fare in modo di non commettere

gli stessi sbagli nel futuro…

anche se purtroppo il pericolo

che possa ancora verificarsi

qualcosa di simile c’è…Nel mon-

do ci sono tuttora minoranze re-

ligiose, etniche che lottano per

sopravvivere e non essere spazza-

te via…

Giammarco Corinto

Petra Cappelletto

(4°B Agr.)

Lorenzo Gallo (4°A Chi.)

Stefano Romani (5°C Agr.)

ILILIL PERCHE’

ILILIL PERCHE’

ILILIL PERCHE’

Page 4: Speciale Auschwitz

Numero speciale Pagina 4 IIILLL PERCHE’

Il nostro secolo da poco concluso,

oltre che per le straordinarie con-

quiste scientifiche e tecnologiche,

passerà alla storia per gli efferati

crimini che vi si sono commessi.

Dovrà essere ricordato per le

deportazioni politiche per i gu-

lag dell’Unione Sovietica per il

silenzio sulla tragedia delle Foibe

per le innumerevoli stragi com-

piute in molte parti del mondo. Ma

dovrà essere ricordato soprattutto

per la Shoah, lo sterminio degli

ebrei d’Europa che, nella sua tragi-

ca specificità, non è comparabile

agli altri, pur orrendi delitti.

Il nostro Istituto è stato sempre

attento a far sì che queste tragedie

non passassero inosservate alle

giovani generazioni. “Giornata

della Memoria” e “Giornata del

Ricordo” sono stati negli anni mo-

menti in cui attraverso incontri-

testimonianza, visione di docu-

mentari e film, lezioni di storia,

dibattiti, allestimento di mostre

abbiamo voluto mantenere sempre

viva negli studenti la “memoria” di

questi avvenimenti, alimentando in

loro i valori supremi della Persona,

della Pace, dell’Accoglienza. Si è

sempre cercato di trasmettere quel

desiderio di ricercare, riflettere,

approfondire per non essere banali

e superficiali perché la conoscenza

degli avvenimenti di Auschwitz è

tanto più necessaria in quanto è

davvero impossibile poter compren-

dere. Si è sempre cercato di fare in

modo che gli studenti avessero un

piede nel passato e lo sguardo rivol-

to verso il futuro, con “la speran-

za che la storia non rimanga

soltanto una

“storia”, ma un

vivo ricordo

per quelli che

verranno quan-

do non ci sare-

mo più“

(Shlomo Venezia

-sopravvissuto).

E' con queste

premesse che

abbiamo parteci-

pato insieme ad

oltre trecentocinquanta tra studenti

ed insegnanti, in rappresentanza di

19 Comuni della nostra provincia,

alle Celebrazioni per la “Giornata

della Memoria 2013” ad Auschwitz-

Birkenau. Un viaggio intenso e pro-

ficuo che è iniziato giovedì 24 e si è

concluso mercoledì 30 gennaio, con

al centro due giornate:

quella di sabato 26, con la celebra-

zione eucaristica per tutte le vittime

nella cattedrale di Wadowice, la cit-

tà natale di Giovanni Paolo II, e la

visita guidata ai campi di sterminio;

quella di domenica 27, con la parte-

cipazione alle celebrazioni ufficiali

sia nella piazza centrale di

Oswięcim che al campo di Ausch-

witz.

Altro momento importante ed inte-

ressante è stato l’incontro presso

l’Università di Oswięcim con il Prof.

Rino Caputo, Ordinario di Lettera-

tura Italiana (Università di Roma

“Tor Vergata”) che ha ripercorso

l’esperienza vissuta da Primo Levi

nel Lager. Egli è riuscito ad espri-

mere tutto quello che aveva sofferto

nel campo grazie alle parole acquisi-

Cerimonia Ufficiale nella piazza di Oswięcim

(Università di Oswięcim: saluto dell’Assessore provinciale Mauro Carturan)

Se comprendere è impossibile,

conoscere è necessario (Primo Levi)

Page 5: Speciale Auschwitz

te dai grandi autori della lettera-

tura italiana, in particolare da

Dante Alighieri. Ecco come Primo

Levi descrive il suo arrivo ad Au-

schwitz: “. . si è vista una gran-

de porta, e sopra una scritta

vivamente illuminata (il suo

ricordo ancora mi percuote

nei sogni) : «Il lavoro rende

liberi» ”. Queste parole evocano

in Levi quelle che Dante vede

scritte sulla porta dell’Inferno:

“Lasciate ogni speranza, voi

ch’entrate”. Lo spettacolo che gli

si offre all’interno è descritto con

le parole stesse del poeta: “. . di-

verse lingue, orribili favelle,

parole di dolore, accenti d’i-

Numero speciale Pagina 5 IIILLL PERCHE’

ra . .”.

E’ l’annullamento

della dignità dell’uo-

mo, al quale Primo

Levi contrappone le

espressioni usate

dall’Ulisse dantesco,

che ai suoi compagni

si rivolge così: «fatti

non foste a viver

come bruti . . ». Au-

schwitz è stata quin-

di per Levi, chimico per formazione

e professione, la

causa del suo es-

sere scrittore.

Al termine di

questa esperien-

za, resa più sug-

gestiva dalla ne-

ve abbondante

che ci ha accom-

pagnati in tutto il

nostro viaggio,

abbiamo all’uni-

sono fatte nostre,

ancora una volta,

parole di Primo Levi: “visitatore,

osserva le vestigia di questo

campo e medita: da qualunque

Paese tu venga, tu non sei un

estraneo. Fa’ che il tuo viaggio

non sia stato inutile, che non

sia stata inutile la nostra mor-

te. Per te e per i tuoi figli, le ce-

neri di Oswięcim valgano di

ammonimento: fa’ che il frutto

orrendo dell’odio, di cui hai vi-

sto qui le tracce, non dia nuovo

seme, né domani né mai ”.

Sentiamo di dire un grazie a chi

ha ben coordinato e minuziosamen-

te organizzato l’intero viaggio, ge-

stire quel numero di persone non è

cosa facile e allora grazie al sig.

Eligio della “Livingston Viaggiare”

di Colleferro (Rm) anche per il suo

contributo personale alla compren-

sione di ciò che stavamo vivendo. Ma

soprattutto non possiamo non dire il

nostro sentito grazie all’Amministra-

zione Provinciale, in particolare al

dott. Mauro Carturan promotore di

questa iniziativa e all’Amministra-

zione Comunale di Latina, al Sinda-

co avv. Giovanni Di Giorgi per la

sensibilità e disponibilità dimostrata

nell’accogliere, in via del tutto ecce-

zionale, la nostra delegazione forma-

ta dagli studenti :

CAPPELLETTO Petra IV B Agr.

CORINTO Gianmarco IV B Agr.

DELLA CORTE Fabio IV B Agr.

GALLO Lorenzo IV A Chi.

RAIA Tiziana IV C Chi.

ROMANI Stefano V C Agr.

SANSAVINI Sabrina V E Chi.

accompagnata dal Dirigente Scola-

stico, prof.re Nicola Di Battista, e

dal sottoscritto. A loro cedo volentie-

ri la penna . . . . !!

prof. Pietro Ricci

Vagone per trasporto deportati

Università di Oswięcim

Page 6: Speciale Auschwitz

La triste storia di

Auschwitz 1 e Birkenau

Nella cittadina polacca di Oswie-

cim le autorità delle SS crearono

tre campi principali: Auschwitz1,

Birkenau e Monowitz. Il complesso

di campi di concentramento fu il

più grande mai realizzato dal regi-

me nazista. Essi erano tutti desti-

nati inizialmente ai prigionieri

selezionati per i lavori forzati, suc-

cessivamente uno di loro funzionò

come campo di sterminio.

Auschwitz 1, il campo principale,

fu il primo ad essere realizzato su

un’area di circa quaranta chilome-

tri quadrati. I primi prigionieri

inclusero sia tedeschi, considerati

criminali recidivi, sia prigionieri

politici polacchi. Auschwitz 1 era

stato costruito con tre obiettivi :

incarcerare nemici veri e pre-

sunti del regime nazista;

avere rifornimento continuo di

manodopera da destinare ai

lavori forzati;

Nel settembre del 1941 il gas

Zyklon B cominciò a essere usato

nei campi di concentramento come

strumento di sterminio. Il

“successo” di questa sostanza portò

alla sua adozione in tutte le camere

a gas.

Appena arrivati ad Auschwitz-

Birkenau, i prigionieri dovevano

subire il processo di selezione: le SS

decidevano immediatamente se le

persone fossero adatte al lavoro

forzato o se fossero destinate subito

alle camere a gas. I beni e gli effetti

personali di coloro che venivano

uccisi erano confiscati e smistati

all’interno di un magazzino e poi

spediti in Germania.

Almeno 960.000 ebrei vennero tru-

cidati ad Auschwitz.

Sabrina Sansavini

(5°E Chi.)

Auschwitz: ricordo vivo che

deve insegnare

Nel corso della mia giovane vita,

più volte ho studiato, come previ-

sto dai programmi scolastici, episo-

di di guerra e tra essi, quelli in cui

vi sono inequivocabilmente stati

eccidi di massa, nonché persecuzio-

ni di innocenti. L’Olocausto però è

il genocidio paradigmatico per ec-

cellenza. Ogni anno nel “Giorno

della Memoria” si ricordano le

vittime di quel dramma, per non

dimenticare l’indicibile e disumana

strage compiuta in nome di un’i-

deologia legata alla pazzia di un

solo uomo, che trascinò nel suo

mondo, assolutamente folle, file di

uomini pronti ad atti inimmagina-

Numero speciale Pagina 6 IIILLL PERCHE’

eliminare fisicamen-

te piccoli gruppi all’interno

della popolazione.

I campi di concentramento

avevano una camera a gas

e un forno crematorio. Nei

campi di concentramento

venivano effettuati esperi-

menti su cavie umane. L’in-

tento era quello di verifica-

re la resistenza umana in condizio-

ni estreme, ma molto più spesso si

trattò di puro sadismo e perversione

da parte dei “medici” nazisti.

Nell’ospedale di Auschwitz 1 i me-

dici delle SS effettuavano esperi-

menti su neonati, su gemelli, su

pazienti “affetti” da nanismo, sotto-

ponendo molti adulti alla steriliz-

zazione, alla castrazione e a prove

di ipotermia. Il medico più famoso

divenne il Capitano delle SS, J.

Mengele.

Tra il crematorio e l’edificio desti-

nato agli esperimenti si trovava il

cosiddetto “MURO NERO” dove

avvenivano esecuzioni di migliaia

di prigionieri.

Il campo di Birkenau era costitui-

to da oltre una dozzina di settori,

separati da recinti di filo spinato

elettrificato.

Il campo includeva un settore fem-

minile, uno maschile, uno per le

famiglie Rom e uno per le famiglie

ebree, trasferite dal ghetto di There-

slenstadt.

Page 7: Speciale Auschwitz

Numero speciale Pagina 7 IIILLL PERCHE’

bili. Quest’anno, grazie alla tenacia

e all’impegno impareggiabile del

prof.re Ricci, sostenuto dal nostro

Preside, prof.re Di Battista, un

gruppo di studenti dell’Istituto San

Benedetto si è recato in Polonia per

vivere in prima persona la comme-

morazione delle vittime della Shoà.

Quei luoghi sono tristemente famo-

si, lì vi è un pezzo indelebile della

storia dell’umanità, lì persero la

vita milioni di Ebrei. Tra essi bam-

bini, donne, anziani la cui

unica colpa era l’essere

ebrei... Debbo dire che sen-

tirne parlare o sentirlo rac-

contare dallo storico più

esperto ed appassionato,

non farà mai comprendere

davvero la sensazione di

estremo dolore che si può

provare varcando i cancelli

di Auschwitz. Auschwitz:

sentirlo raccontare, non

consentirà mai di compren-

derne pienamente il signifi-

cato, né di vivere minimamente il

dolore, la sofferenza, l’ingiustizia, la

disumanità di ciò che fu compiuto lì

e mai più dimenticato. Attraversare

i cancelli di Auschwitz è come en-

trare in quel passato, varcando

quella soglia, si ha la sensazione

impressionante di vedere quei volti

smagriti, con gli occhi spenti e privi

di speranza…si può quasi toccare il

dolore da essi provato ed insieme si

sente forte l’incredulità per ciò che è

lì avvenuto e che si fa difficoltà ad

immaginare…. Cammini e ti inoltri

in quel luogo con accanto ombre di

uomini, donne e bambini, che hanno

saputo conservare, pur nella trage-

dia, la propria dignità. Infreddoliti

nei loro pigiami a strisce, si incam-

minano verso la morte. E mentre

anche tu percorri quelle strade ac-

compagnato dalla mesta voce della

guida, tutto sembra tristemente

prendere vita e nel silenzio, se

ascolti bene, puoi udire i loro respi-

ri, il pianto composto di chi ha già

compreso che di lì non sarebbe mai

uscito vivo. Fa paura immaginare

ciò che dovevano ancora incontra-

re…fa freddo, troppo freddo…e ac-

canto a te sembra di sentirli cadere,

stremati dalla fatica del lavoro e dal

gelo pungente. Senti salire dentro

un’inquietudine, hai la netta sensa-

zione di non riuscirti a scaldare,

nonostante tu sia coperto di tutto

punto. Il cuore ferma i battiti e il

dolore d’improvviso vi penetra. Rag-

giunge il suo apice in quelle stanze

che nascondono ciò che non avresti

mai potuto immaginare. Penso di

aver barcollato accanto alla mia

compagna, avremmo voluto sparire,

fuggire alla svelta via di lì. Quando

la porta di quella stanza si è aperta

e dentro erano custodite montagne

di capelli, scarpe, valigie, pentole…

macabro bottino di guerra. L’umilia-

zione di quella povera gente sem-

brava rianimarsi e insieme una

morsa mi stringeva la gola, a stento

ho trattenuto le lacrime. Il pensiero

che tutto venina raccolto per essere

nuovamente utilizzato, come se

niente fosse, come se quella povera

gente non contasse nulla, o per me-

glio dire, fosse il nulla assoluto.

Vivere Auschwitz è un’esperienza

forte e scioccante, ma da vivere!

Mentre tutto ciò che i miei occhi

hanno visto mi logora dentro nella

ricerca di un perché che non esiste,

non posso fare a meno di pensare

che genocidi ed accidi di massa av-

vengano tutt’ora in altre parti del

mondo, tragedie che noi spesso

ignoriamo. Assurdo pensare di ucci-

dere in nome di Dio, Colui che ci ha

creati e che per amor nostro

è morto. Assurdo è pensare

che un uomo possa sentirsi

superiore o padrone della

vita di un altro al punto da

decidere di privarlo di quel

bene così prezioso. Assurdo

è pensare che la memoria di

una tale tragedia possa ri-

correre un solo giorno l’an-

no, mentre dovrebbe essere

ricordata in ogni momento

della nostra esistenza. Quel

ricordo vivo deve servire a

renderci migliori e consapevoli del-

la nostra fortuna di essere al mon-

do ora e non allora. Io davvero non

so quali possano essere le cause di

una guerra. Quel che so per certo è

che non si tratta di un gioco ma di

una terribile realtà nella quale non

vi è alcuna logica, alcun motivo che

la rende effettivamente necessaria,

forse è solo l’egoismo dell’uomo a

scatenare guerre fratricide…I

“grandi della Terra” dovrebbero

vivere Auschwitz, com’è stato per

noi, col cuore, assaporandone il do-

lore, il dramma umano. Solo così

potranno dar vita a dialoghi positi-

vi, finalizzati al raggiungimento e

al mantenimento della pace. Que-

sta è l’unica vittoria per l’umanità,

ciò per cui valga davvero la pena di

combattere.

Concludo ringraziando infinitamen-

Page 8: Speciale Auschwitz

Numero speciale Pagina 8 IIILLL PERCHE’

se, sarebbero

stati di nuovo

liberi. Molte-

plici emozioni

mi hanno tra-

volto da in

maniera se-

quenziale.

Inizialmente

ero molto cu-

rioso e ansio-

so di entrare

nel luogo dove

è stato com-

piuto l’atto di pazzia più assurdo

che l’uomo abbia mai fatto. Una

follia studiata sui libri di scuola e

che fino ad allora era stata solo

carta e date. Poi ho alzato lo

sguardo e ho letto…

Varcata la soglia del campo, ab-

biamo iniziato a visitare i vari

blocchi: oggetti, foto e ricordi, sim-

boli e anima delle tante persone

che prima li hanno posseduti,

amati, abitati. Ho provato senti-

menti contrastanti: una profonda

tristezza e insieme una pungente

rabbia nel ripercorrere tanto dolo-

re. Guardavo i miei passi e rivede-

vo quelli lenti e mesti di tanti pie-

di scalzi, lividi di freddo e segnati

dalla sofferenza. Mi è parso di

scorgere quelle persone sfruttate,

umiliate, torturate e uccise ingiu-

stamente. Ho affondato lo sguardo

nei volti impressi in quelle vecchie

foto, per cercare di catturare la

poca luce dei loro occhi che ormai

non avevano più niente da dire.

Ho osservato, attonito, oggetti,

valigie, capelli che una volta ap-

partenevano a persone come noi,

che avrebbero potuto fare chissà

quante cose nella vita, ma che non

ne hanno avuto la possibilità.

La neve, il cielo bianco e cupo, il

filo spinato e la temperatura sotto

te il mio insegnante per avermi

dato modo di vivere questa espe-

rienza. Mi sento onorata di aver

affiancato altri sei miei compagni

con i quali sento di aver condiviso

una forte intimità e intesa. Inizial-

mente ero titubante, sapevo che

sarebbe stata un’esperienza molto

forte. Ora sono profondamente

consapevole che essa rimarrà sem-

pre viva in me e che costituirà una

tappa fondamentale della mia ma-

turazione personale. La vita è co-

me un insieme di mattoni che ma-

no a mano poni l’uno sopra l’altro

per tirare su un muro portante… e

quest’avventura non potrà che es-

sere ricordata come una delle pie-

tre angolari più significative della

mia vita.

Tiziana Raia

(4° C Chi.)

ARBEIT MACHT FREI

“Il lavoro rende liberi”. Questa

è la frase che campeggia all’entra-

ta di Auschwitz ed era questa la

frase per la quale tanti innocenti

hanno creduto che un giorno, for-

lo zero hanno notevolmente con-

tribuito a farmi vivere in qualche

modo la terribile esperienza di

Auschwitz. Anche la nostra guida,

attraverso racconti e dettagliate

descrizioni, ci ha pienamente tra-

smesso i suoi sentimenti e stati

d’animo ed è stata in grado di far-

ci immedesimare e sprofondare

nella disperazione di quanti han-

no vissuto l’esperienza drammati-

ca di un campo di sterminio.

“Immaginate una madre con ac-

canto suo figlio di pochi mesi, di 4

anni, di 12 o di 16 anni… Imma-

ginate cosa ha potuto provare nel

vedere il proprio figlio in quelle

condizioni… le sue stesse condizio-

ni; immaginate che l’unica cosa

che gli avrebbe potuto dare era un

abbraccio.”

La visita ad Auschwitz e Birke-

nau è riuscita a materializzare

pensieri ed emozioni che prima

erano vaghi nella mia testa. Non

avevo mai dato la giusta impor-

tanza a questa drammatica pagi-

na di storia perché fino ad allora

non avevo mai visto nulla che me

ne trasmettesse tutta la sua reale

e sconvolgente tragicità. Questa

esperienza è anche riuscita a far

nascere dentro di me un grande

dubbio: e se fossi nato in quel pe-

riodo, se fossi stato tedesco, quali

scelte avrei fatto? Quali sarebbero

stati i miei pensieri e i miei atteg-

giamenti nei confronti degli ebrei?

Me lo chiedo...

Molti sopravvissuti definiscono

quella di Auschwitz o di qualun-

que altro campo una “esperienza

di vita” che li ha resi, loro malgra-

do, testimoni di ciò che è avvenu-

to. È comune a molti sopravvissuti

infatti la voglia di raccontare: rac-

contare significa conservare la me-

moria di ciò che è stato affinché

Page 9: Speciale Auschwitz

Numero speciale Pagina 9 IIILLL PERCHE’

non vada dimenticato per sempre.

Dopo questa esperienza, anche io,

forse, posso definirmi testimone di

quell’orrore che è giusto far cono-

scere a tutte le nuove generazio-

ni.

Lorenzo Gallo

(4°A Chi.)

LA MORTE INIZIAVA

DALLE SCARPE

Siamo andati a visitare il triste-

mente noto campo di concentra-

mento di Auschwitz. In un pri-

mo momento ci siamo recati ad

Auschwitz 1, successivamente

ad Auschwitz 2 o Birkenau.

Arrivati al primo campo di con-

centramento, l’euforia e la curio-

sità erano a dir poco alle stelle.

Una volta entrati, tutte le emo-

zioni si sono all’improvviso annul-

late, sciolte inspiegabilmente.

Guardavo queste strutture che

stranamente avevano un aspetto

accogliente. Mi sembrava surrea-

le che quel luogo rappresentasse

tanta atrocità. Le sensazioni più

diverse e contrastanti prendeva-

no lentamente il posto di milioni

e milioni di pensieri. A un tratto

ho sentito un terribile odore di

bruciato e giuro, che non è stata

un’impressione. In quell’istante

mi si è letteralmente gelato il

sangue. La sensazione che ho pro-

vato: INDESCRIVIBILE. Mai

percepito niente di simile in tutta

la mia vita.

Abbiamo visitato i vari edifici do-

ve erano posti i dormitori dei pri-

gionieri, le stanze di punizione,

gli oggetti personali…le loro sto-

rie. Mi affacciavo in ogni stanza,

quasi sbirciando da quelle fine-

stre. Non lo so neanche io di pre-

ciso cosa volessi fare o vedere…

forse cercavo solo di guardare

con i loro occhi. Occhi di de-

portati che settanta anni pri-

ma hanno guardato attraver-

so quei vetri con poca speran-

za e tanta paura. Una stanza

dopo l’altra, l’orrore cresceva

sempre di più: la foto di alcu-

ni bambini, palesemente sot-

topeso, mi ha lasciato allibi-

ta. Non ho avuto il coraggio di

fotografare quell’immagine, mi

sembrava di violarne ancora una

volta la dignità. Lo sconcerto è

aumentato poi nell’ascoltare, dal-

la voce della guida, che i tedeschi

utilizzavano i capelli degli ebrei

per farne bottoni e cappelli. Si è

arrivati veramente al limite della

pazzia e della disumanità. All’u-

scita da ogni edificio, mi aspettava

la rassicurante voce del vento: era

come se parlasse, riportando con

sé voci lontane. Non ho provato

odio, dolore o tristezza ma solo

tanta pace.

Nel momento del silenzio, davanti

al muro della morte, il vento si è

intensificato come a farci sapere

che loro erano lì. Sono certa che in

quell’esatto momento non erava-

mo soli ma con noi vi erano tutte

quelle persone a ringraziarci di

esserci e di non aver dimenticato.

Una delle foto, fatta dai tedeschi,

era a dir poco agghiacciante: un

generale aspettava gli ebrei che

scendevano dal treno, egli inclina-

va il dito e decideva la loro sorte.

Destra, le persone erano destinate

a morire, andando direttamente

nelle camere a gas. Sinistra, subi-

vano una morte più lenta e doloro-

sa, lavorando nel campo di concen-

tramento. In entrambi i casi, la

sorte era segnata, l’unica differen-

za era il tempo da dover attendere

prima di morire.

Tutto questo è accaduto. C’è stato

chi ha potuto decidere la vita di

tante persone innocenti.

Una frase di Primo Levi mi ha

colpito particolarmente:

Page 10: Speciale Auschwitz

IIILLL PERCHE’

Numero speciale Pagina 10

LA MORTE INIZIA-

VA DALLE SCARPE.

Quanto potesse esse-

re doloroso lavorare

in condizioni climati-

che così terribili è

inimmaginabile per

noi. Le scarpe erano

talmente rovinate

che forse propri i pie-

di erano i primi a

morire.

27/01/13 Birkenau

E poi Birkeneau.

Una distesa di neve

che accentuava l’enorme dimensio-

ne di quel luogo. Desolazione, l’uni-

ca parola possibile per descriverlo

è proprio questa.

Il Giorno della Commemorazio-

ne, la tristezza - che affiorava da

quel luogo - ha lasciato il posto

alla gioia della festa. Questo per-

ché, nonostante tutto e dopo tanto

tempo da quegli eventi drammati-

ci, noi eravamo lì, nuove genera-

zioni pronte a raccoglierne la tra-

gica memoria, prezioso tesoro per

il futuro.

Una sensazione forte che ho avu-

to? Che non fossimo solo quelle

poche centinaia di persone quel

giorno. No, eravamo molte di più…

milioni.

“LORO” erano lì, lì con noi, anime

vive da non dimenticare.

Sabrina Sansavini

(5°E Chi.)

STORIE…

26-01-2013

È assurdo pensare al fatto che il

più orrendo sterminio umano sia

opera dell’uomo stesso.

Entrando nel più grande cimitero

del mondo, infatti, la mia domanda

è stata: come può un uomo fare

questo a se stesso? E allora Primo

Levi aveva ragione a non conside-

rare uomini quei poveri ebrei e

altri prigionieri, tutto gli era stato

tolto, trasformati in animali…ma

di una cosa sono sicuro, i veri ani-

mali sono gli

uomini che han-

no permesso

questo, che non

si sono opposti,

che hanno igno-

rato, ma ancor di

più chi ha aderi-

to. L’aria in quel

luogo è ancora

pesante delle

ingiustizie tiran-

niche avvenute,

l’aria è ancora

ammalata dal

“bastardo virus” che

ha permesso l

‘Olocausto…e oggi

stando li, è come se

avessi vissuto un se-

condo delle loro soffe-

renze, è come se per

un attimo avessi capi-

to…e sono sincero nel

dire che volevo ripu-

diare me stesso. Un’a-

stratta sensazione di

cupa ira ha avvolto la

mia testa, ero arrab-

biato, come ora, per-

ché non mi capacito del fatto che

sia realmente accaduto, che sei

milioni di ebrei siano morti in quel

modo. Un insulto alla ragione e

all’intelligenza umana, ma soprat-

tutto alla coscienza…

Anche se la sensazione più strana

mi è arrivata da una semplice sce-

na di natura e sporco artificiale,

tra la speranza e la morte. Una

rosa rossa, infatti, era incastrata

sul filo spinato che delimitava quel

posto orribile. Ho sentito come uno

scintillio tra le idee che pulsava

l’immagine nella mia testa di un

mondo dove non ci dovrebbe essere

bisogno di mettere rose dove sono

morti ingiustamente degli uomini,

Page 11: Speciale Auschwitz

un mondo dove nessuna bella

giornata dovrebbe essere usata

per “non dimenticare” la più deco-

rosa vergogna dell’homo sapiens,

un mondo dove nessuna lacrima

dovrebbe specchiare ombra e odio,

rabbia e vergogna.

27-01-2013

Forse questa volta ho capito ve-

ramente che la mia, è una vita

stupenda; posso ridere, piangere,

pregare come e quanto voglio. Ma

riesco a sentirlo solo ora che ho

visto l’uomo diventare oggetto, se

non qualcosa di ancora meno, ho

visto una rosa sulla neve, sulla

neve che ricopriva i binari del tre-

no guidato da Caronte, del treno

pieno di uomini ormai vuoti, di-

strutti dall’interno, tanto da non

avere nemmeno la forza di ribel-

larsi. Mai come in questi giorni

un immagine mi aveva tolto la

fantasia… ho visto i loro capelli,

cioè…quei pochi rimasti, hanno

detto…erano tantissimi. Ho perso

la voglia di sognare, di pensare

alle sofferenze che quelle persone

hanno patito. Ho avuto i brividi,

le mani mi tremavano e nel cra-

nio una parola che rimbalzava a

destra e a sinistra… perché? Pos-

sibile che sia solo per il volere di

un piccolo e ridicolo uomo con i

baffetti e i capelli unti? Possibile

che migliaia di persone abbiano

ucciso altre milioni di persone

perché così gli era stato ordinato?

E in quel modo poi?...

E allora è inutile tutto, Dio è mor-

to dietro quel cancello che diceva

”il lavoro rende liberi”. Dio è mor-

to ogni volta che non ricorderemo

“l’orrore” madornale commesso, e

morirà ancora per mano nostra se

non impareremo nulla dal passa-

to!

Marcia di silenzio e passo tonan-

te per chi cammina sulla morte

piena di neve…là, tra quei relitti

di inaudito orrore è questo che re-

gna sovrano…IL SILENZIO!

E pur ti parla…e se sei capace di

ascoltarlo ti racconterà una storia,

la storia che come protagonisti non

vede né me né nessun altro, ma

tutti indistintamente. Perché ogni

uomo che respira su questo mondo

è complice della storia. Quello che

è stato qui è per tutti maestro di

vita, e perché non riaccada più,

infatti, dobbiamo

imparare. Dob-

biamo sapere che

l’estremismo non

porta benefici,

che precludere lo

sguardo e ingab-

biare la libertà

non è per l’uomo.

Dobbiamo sapere

che tutte quelle

vittime non sono

morte invano,

perché noi

“protagonisti” non dimentichere-

mo, mai… perché ogni uomo che

solo lontanamente immagina quel-

lo che nei campi di sterminio han-

no patito quegli uomini farà si che

non si ripetano.

Dopo Aushwitz, dopo la seconda

guerra mondiale il mondo è cam-

biato…in meglio? Non lo so…ma

ricordando ciò che è stato, forse,

l’umanità sarà considerata tale.

Che oggi il mondo, allora, respiri

aria nuova, che è eredità per tutti.

Davanti a noi infatti, la neve è

candida, soffice e lineare, ma vol-

tandoci possiamo vedere i nostri

passi, le cadute… il sangue versa-

to, e risentendone il dolore, il calo-

re noi…non cadremo più per quel

motivo.

La storia continuerà il suo corso, il

tempo non si può fermare, quello

che è stato, è stato… compito no-

stro è voltare pagina e scrivere il

nuovo capitolo…beh allora penne

alla mano… perché questa è un’al-

tra storia!

Stefano Romani

(5° C Agr.)

Due giornate veramente speciali,

indimenticabili, resteranno scolpite

nella mia testa per sempre. Cono-

scere e vedere i campi di concentra-

mento e di sterminio più grandi

della storia. Circa un milione e

mezzo di persone tra socialisti,

ebrei, zingari, politici, persero la

vita inutilmente. Rimane per me

difficile esprimere le emozioni pro-

vate in quei momenti, così sensibil-

mente reali e concreti, perché visti

non con i miei occhi, ma con gli

occhi di quella povera gente che ha

sofferto, che fin dall’inizio non ha

avuto alcuna speranza di salvezza.

Arrivare, leggere quella scritta: “Il

lavoro rende liberi”, che dire…

quante persone ci saranno passate

sotto, convinte che quella fosse la

IIILLL PERCHE’

Numero speciale Pagina 11

Page 12: Speciale Auschwitz

Numero speciale Pagina 12 IIILLL PERCHE’

verità, e forse per alcuni avrà rap-

presentato un briciolo di speran-

za, che quel lungo viaggio potesse

avere uno scopo diverso da quello

che la storia ci ha tristemente

trasmesso.

Quanti pensieri e quante riflessio-

ni, quante domande alle quali non

si può dare una risposta, niente

sembra avere un senso!

Ho toccato con mano la tristezza,

la sofferenza di quelle persone...

quanta brutalità e odio...ma poi

perché?.. Ho visto con i miei occhi

quei forni che hanno ingoiato e

bruciato vite ormai perdute Stan-

ze fredde, gelide, panche di legno

sulle quali con poca paglia si alle-

stiva pagliericci per dormire sen-

za riposo... Povere mamme e

poveri figli, succubi di atro-

cità e violenze, di sfrutta-

mento, di lavori forzati, po-

vere famiglie, separate e in

un attimo divise per sempre.

Camere a gas… stanze spa-

ventose che hanno fagocita-

to vite inermi e prive di spe-

ranza. Quanta gente può

aver perso la propria esi-

stenza lì dentro, senza op-

porre nessuna resistenza.

Stanze che hanno provocato

l’uccisione in massa di centinai e

centinaia di persone, tratte in

inganno... Vedere quella monta-

gna di capelli, di valige, di pento-

le, pettini, protesi.. ha suscitato

in me tristezza e un senso di com-

pleto annullamento di valori,

completamente persi. Mi sono

sentito quasi immedesimato, cer-

to, in una millesima parte, in

quelle persone. L’impatto indiret-

to con ognuna di queste persone è

stato davvero forte e io le sentivo

li, presenti ancora, con i volti av-

volti dal terrore; proprio come

rappresentavano le centinaia di

foto, scattate ad ognuno dei de-

portati per segnalarli nel registro.

Personalmente non mi sarei mai

aspettato un’esperienza del genere,

quanto meno mai immaginavo di

viverla in quel modo e nella sua

drammaticità sono fermamente con-

vinto che ha lasciato in me un segno

indelebile.

Questo viaggio ha rappresentato per

noi, il venire a conoscenza di fatti

estremamente importanti , che la

storia ha fatto giungere a noi, in

modo che non vengano dimenticati

ne ora né mai, e che, in qualche mo-

do aiutano a formarci, a riscoprire i

valori della vita, a dargli un senso,

accompagnandoci nella crescita.

Esperienze come questa, fanno sen-

tire parte del mondo.

Giammarco Corinto

(4°B Agr.)

La libertà: un bene collettivo

da difendere sempre

Quando mi è stato proposto, dal

prof. Ricci, di andare a visitare i

campi di sterminio in Polonia, ho

subito pensato che sarebbe stata

un’occasione unica e forse irripetibi-

le. Quindi, senza troppi dubbi, ho

immediatamente accettato. L’idea di

vedere con i miei occhi come fossero

quei luoghi nella realtà, luoghi che

avevo osservato solo at-

traverso le pagine dei li-

bri o le immagini di qual-

che vecchio documentario,

mi ha entusiasmato fino

al giorno del nostro arrivo

ad Auschwitz.

Giunti in loco, il 26 gen-

naio 2013, ho provato una

strana sensazione, si re-

spirava un clima diver-

so… un clima particola-

re…

Page 13: Speciale Auschwitz

Numero speciale Pagina 13 IIILLL PERCHE’

Il freddo pungente ha reso

tutto più suggestivo, resti-

tuendo la cruda dimensio-

ne del dramma, di una

realtà inaccettabile. Il

bianco della neve, che ri-

copriva ogni cosa, ha am-

plificato l’immagine dell’o-

rizzonte infinito…. Come

infinite sono state le atro-

cità subite dai poveri de-

portati. Ed ecco materia-

lizzarsi davanti ai miei

occhi cose viste solo sui libri: bloc-

chi per i deportati, tavole di legno

impilate, adibite a ‘’letti’’, divise a

righe bianche e blu, montagne di

scarpe, di valigie che un tempo

erano piene delle loro cose più ca-

re, e poi i capelli, tanti… così come

gli oggetti personali, occhiali, pet-

tini…simboli di una quotidianità

spezzata. L’entusiasmo, la curiosi-

tà che aveva rapito tutti noi all’i-

nizio del viaggio si è presto tramu-

tata in tristezza. Le parole hanno

lasciato lentamente il posto al si-

lenzio che ci ha accompagnato un

passo dopo l’altro. La voce della

nostra giovane guida a volte sem-

brava lasciare trasparire un senso

di forte rabbia, di grande dolore…

Questo ha fatto percepire a tutti

noi, più di ogni altra parola, l’im-

mensità della cattiveria e della

stupidità umana che si sono con-

sumate in quel luogo. Auschwitz

è l’infelice simbolo di come i pre-

giudizi, la presunzione e l’ignoran-

za possano provocare tragedie

umane inenarrabili e rimanere

tristemente nella storia.

Beh, sicuramente aver visto una

realtà come questa ed essere stati

presenti alla Celebrazione del

giorno della Memoria, è stato

un modo per commemorare tutte

quelle tante, troppe persone inno-

centi morte ingiustamente. Penso

che visitare posti simili, tragico

emblema della follia umana e di

spregio del grande dono della vita,

sia un modo per combattere e con-

fermare il nostro ripudio alla guer-

ra, un modo per riflettere sul pas-

sato per proiettarci al meglio nel

futuro! Non bisogna infatti dare

per scontata la nostra condizione di

libertà, perché essa è frutto dei

sacrifici, delle lotte e del coraggio

di chi ci ha preceduto. La libertà è

un bene collettivo da difendere

sempre! Penso che questa espe-

rienza di vita mi abbia reso più

consapevole della realtà che mi

circonda, rendendomi più saldo nel

respingere ciò che sono le credenze

sbagliate, che tendono a creare una

società omologata, non rispettosa

dell’altro e delle sue idee…una so-

cietà di schiavi! Ora più che mai so

di essere una persona

fortunata, per non

aver vissuto quell’or-

rore. Ma so anche che

purtroppo l’uomo può

essere crudele, freddo

e spietato…

Fabio Della Corte

(4°B Agr.)

Quest’esperienza, è stata

toccante per tutti noi, in par-

ticolare la visita al campo di

concentramento di Aushwitz

I e Auschwitz II (Birkenau).

Il 26 Gennaio, primo giorno

di visita, arriviamo davanti

a quel famoso cancello co n

la scritta “Il lavoro rende

liberi” anche se una volta entrati,

ci si rende conto che non è così. Il

campo era completamente circon-

dato da filo spinato (a quel tempo,

passava anche la corrente a circa

300 volt) e le uniche strutture

presenti erano i blocchi di cemento

armato; tutto ciò lascia immagi-

nare quello che è potuto succedere

in quel posto, anche se l’immagi-

nazione dell’uomo non può arriva-

re a concepire una cosa del genere,

una vera e propria carneficina di

persone innocenti.

Noi abbiamo visitato in particolare

i blocchi 4, 5 e 11 e abbiamo notato

i letti dove erano costretti a dormi-

re i deportati, a volte anche su

tappeti o su paglia. Inoltre, nelle

altre innumerevoli stanze di que-

sti blocchi, vi erano gli oggetti di

queste persone come valige, spaz-

zole, scarpe, vestiti, occhiali e ca-

Forni crematori

Page 14: Speciale Auschwitz

IIILLL PERCHE’

Pagina 14 Numero speciale

pelli. Quest’ultimi hanno avuto un

impatto talmente forte ai nostri

occhi, che non siamo riusciti a dire

una parola in merito. I nostri

sguardi si concentravano al di fuori

delle finestre di quell’orrendo po-

sto, cercando di vedere con gli occhi

di quelle persone che prima di noi

erano state li, pieni di paura, soffe-

renza e terrore, consapevoli di do-

ver morire da un momento all’al-

tro.

La guida ci ha spiegato passo per

passo tutta la storia di queste per-

sone, soffermandosi sulle foto, che

non avevano bisogno di parole… Ci

ha parlato anche di Shlomo Vene-

zia, il quale era un ex deportato

che successivamente aveva il ruolo

di controllare i forni crematori. Lui

è stato un sopravvissuto a questo

grande sterminio, ed è stato anche

ospite al comune di Aprilia, prima

della sua morte avvenuta qualche

mese fa. Dopo un lungo cammino,

tornando sul pullman, ognuno di

noi ha fatto una riflessione sul sen-

so della vita, sull’importanza del

sapere cosa c’è stato prima di noi in

modo tale da impegnarci, ognuno

nel suo piccolo, a non far capitare

mai più una tale brutalità contro

l’intera umanità. Davanti ad un

posto simile, ci siamo sentiti davve-

ro insignificanti, impotenti e consa-

pevoli di essere fortunati ad avere

ciò che abbiamo…. Quelle persone

costrette a 10-12 ore di

lavoro al giorno, lascia-

ti morire per le strade

o nei dormitori dove

tornavano la sera e

molte volte non man-

giavano e non si lava-

vano. Costretti dalle

SS ad andare in questi

posti facendo un viag-

gio di 10 giorni in piedi

nelle locomotive, tutti ammassati,

senza acqua, cibo, e luce.

Il 27 Gennaio, il secondo giorno di

visita, ci siamo recati al campo II di

Auschwitz, meglio noto come Birke-

nau, in memoria di tutti gli Ebrei

sterminati. Solo a vederlo appare

completamente di-

verso dal primo, ha

un’estensione di

circa 160 ettari di

terreno, con mi-

gliaia di blocchi co-

struiti dai deportati

stessi (quelli rima-

sti però sono solo

28).

Entriamo attraver-

so il cancello princi-

pale, di colore nero, nero come la

morte. Si respira proprio nell’aria la

tristezza di quel posto, la paura, e

sembra quasi che le anime di quelle

persone siano vicino a te… Non a

caso il campo Birkenau è “ il più

grande cimitero, senza tombe, ne

corpi”. I blocchi presenti dentro que-

sto campo hanno il solo scopo di dor-

mitori, infatti entrando, vediamo ai

due lati del blocco, delle panche di

legno, sistemate a letto a castello,

dove riposavano e al centro della

stanza una struttura in cemento

con dei buchi di diametro molto pic-

colo che fungevano da toilette.

L’immensa distesa di neve, sui tetti

di quelle strutture, suscitava una

Sopravvissuta campo di sterminio

malinconia nei nostri cuori che

quasi non avevamo più la forza di

andare avanti, di camminare, e ci

chiedevamo “come hanno fatto a

resistere tutto questo tempo? Io

mi sarei suicidato prima”…. Dopo

una lunga camminata fino ai con-

fini del campo, arriviamo nel po-

sto in cui c’era il monumento de-

dicato a tutte le vittime. Anche se

siamo stati “costretti” a stare in

piedi per un bel po’ di tempo, sa-

pevamo che ne valeva la pena e

abbiamo colto l’occasione, come

momento di riflessione e di pre-

ghiera non solo per noi stessi, ma

anche per il mondo intero.

Quando pensi a queste a cose, a

ciò che la storia racconta, ti rendi

conto che non sono le 30 ore di

pullman a fermarti, non è il fred-

do, perché dopo aver visto con gli

occhi tuoi tutto questo, la vita ti

sembra improvvisamente più leg-

gera, ti sembra che tutti i proble-

mi che hai spariscono all’istante,

ti si riempie il cuore e hai voglia

di vivere appieno la tua vita, va-

lorizzi di più te stesso, insomma è

un’esperienza che ti cambia la

vita e noi come ragazzi di 17-18

anni siamo stati fortunati ad an-

dare in questo posto e lo auguria-

mo a chiunque perché ne vale

davvero la pena.

Petra Cappelletto

(4° B Agr.)

Sopravvissuto di Auschwitz con Fabio Della Corte

Page 15: Speciale Auschwitz

IIILLL PERCHE’

Numero speciale Pagina 15

Memoria fotograficaMemoria fotograficaMemoria fotografica

Foto realizzate dai

studenti del nostro

Istituto partecipan-

ti all’evento.

Page 16: Speciale Auschwitz

IIILLL PERCHE’

Pagina 16 Numero speciale

La canzone del bambino La canzone del bambino La canzone del bambino nel ventonel ventonel vento (Auschwitz)(Auschwitz)(Auschwitz)

Son morto con altri cento,

son morto ch'ero bambino,

passato per il camino

e adesso sono nel vento.

Ad Auschwitz c'era la neve,

il fumo saliva lento

nel freddo giorno d' inverno

e adesso sono nel vento.

Ad Auschwitz tante persone,

ma un solo grande silenzio:

è strano non riesco ancora

a sorridere qui nel vento.

Io chiedo come può un uomo

uccidere un suo fratello

eppure siamo a milioni

in polvere qui nel vento.

Ancora tuona il cannone,

ancora non è contento

di sangue la belva umana

e ancora ci porta il vento.

Io chiedo quando sarà

che l'uomo potrà imparare

a vivere senza ammazzare

e il vento si poserà.

Francesco Guccini

Auschwitz, incisa col titolo “La

canzone del bambino nel ven-

to”, è stata scritta dal cantautore

Francesco Guccini nel 1964.

Essa è ispirata a un libro di me-

morie che racconta la storia di

un bambino morto nel campo di

sterminio nazista. La voce nar-

rante è quella appunto di un

bambino morto nei forni crema-

tori le cui ceneri ora sono disper-

se nel vento. Il fumo, il freddo

invernale, il grande silenzio sono

mesti evocatori di morte e di gelo

nell’anima. Il bambino si chiede

ancora come tutto sia potuto ac-

cadere e si fa portavoce dell’auto-

re: forte è condanna della guerra

e dello sterminio di massa. La

canzone contiene però anche

un messaggio di speranza:

che l’uomo possa imparare a

vivere senza ammazzare, solo

allora il vento di morte si plache-

rà…

ILILIL PERCHE’

Non è impresa facile descrivere in breve, ricostruire e raccontare la poesia, le parole e la musi-

ca di Francesco Guccini. Non è impresa facile perché farlo vuol dire confrontarsi con quasi

quarant'anni della nostra storia. Non è impresa facile perché di fronte a personaggi così in-

fluenti è difficile escludere, tagliare, omettere episodi, incontri, avvenimenti. Non è impresa

facile perché Guccini è un cantautore vero, e come tutti i cantautori veri, ha avuto e ha molto

da dire. Forse, allora, la cosa migliore da fare è raccontare Guccini attraverso le sue parole,

seguendo il filo invisibile del suo discorso nei piccoli racconti che compongono i suoi dischi,

assecondando la sua anima di cantastorie moderno, di raffinato creatore di versi.