Speciale Auschwitz
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Transcript of Speciale Auschwitz
n° SPECIALE Marzo 2013
AuschwitzAuschwitzAuschwitz
anime vive da anime vive da anime vive da non dimenticarenon dimenticarenon dimenticare
… un filo indelebile
Mi ha reso più forte … questa esperienza di vita … Entrando nel più grande “cimitero” del
mondo … Mai percepito niente di simile in tutta la mia vita … e … loro erano lì, lì con noi, ani-
me vive da non dimenticare … Dio è morto ogni volta che non ricorderemo l’Orrore commesso …
Riempie il cuore … e hai voglia di vivere appieno la tua vita … Impegniamoci … perché
noi .“protagonisti” non dimenticheremo, mai … La vita è come un insieme di mattoni che mano a
mano poni l’uno sopra l’altro … e quest’ “Avventura” non può che essere una pietra angolare
… .allora … penna alla mano … perché questa è un’altra storia !!
Pagina 2 IIILLL PERCHE’
Numero speciale
Redazione:
Daniela Fiorentini (direttore)
Silvia Sessa (caporedattore)
Bochicchio Alessandra, Caberlon Giorgia, Caldato Luca, Calisi Luca, Capasso Fabiana, Cappelletto Petra, Carnali Marika, D’Am-brosio Luca, Della Corte Fabio, Di Bella Marika, Di Razza Mirko, Franceschetti Chiara, Guido Giulia, Ianni Noemi, Lusuar-di Andrea, Romani Elisa, Torrao Arianna, (redattori)
Responsabili del Progetto:
Prof.ssa Cristiana Angiello Prof. Claudio Cappelletto (grafica)
Collaboratori:
Stefano Trichei Assistenza tecnica:
Mauro Coppotelli
Siamo su internet!
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I.I.S. “San Benedetto” Via Mario Siciliano, 4
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Numero speciale Pagina 3 IIILLL PERCHE’
La parola al
nostro Preside Quali sono state le
sensazioni più forti
che lei ha provato nel visitare i
campi di Auschwitz e Birkenau?
Quello che ho visto è andato molto
oltre l’idea che mi ero fatto di quei
luoghi. Di conseguenza anche le sen-
sazioni e le emozioni vissute sono
state forti e travolgenti.
Il paesaggio innevato e il freddo mi
hanno fatto realmente immedesima-
re nel dramma delle persone che so-
no passate di lì. Parlare poi con chi
è sopravvissuto a tanto orrore, mi ha
reso ancora più consapevole della
tragedia umana che la Storia ci ha
trasmesso e che è giusto ricordare. A
volte infatti ce ne dimentichiamo,
perché tutto ci sembra lontano nel
tempo e nello spazio. In realtà tro-
varmi lì è stato come essere catapul-
tato nel passato, la storia si è mate-
rializzata in tutta la sua tragicità. È
stato come rivedere lentamente i fo-
togrammi di quei drammatici mo-
menti…sensazione che definirei
inimmaginabile...
Come si è trova-
to nel relazionar-
si con le autorità scolastiche e
politiche che ha incontrato?
C’é stata grande partecipazione e
reciproca cortesia. Ringrazio le
nostre autorità,
in particolare
la Provincia di
Latina, che con
estrema sensi-
bilità ha per-
messo alla no-
stra scuola di
prendere parte
a un momento
così significati-
vo: la celebra-
zione del Gior-
no della Memo-
ria nei luoghi della Shoah. Sono
molto contento di questo, soprat-
tutto perché il San Benedetto è il
primo Istituto superiore ad aver
Il nostro gruppo con il sindaco di latina Di Giorgi e l’Ambasciatore italiano
partecipato all’evento. Inoltre la
nostra scuola è da sempre atten-
ta ad affrontare tematiche di
questo tipo.
A distanza di
circa 70 anni,
ritiene ancora importante
per gli studenti andare a vi-
sitare i luoghi della Shoah?
Sicuramente è utile e necessario
per gli studenti conoscere questa
pagina di storia anche attraver-
so la visita ai luoghi della
Shoah. Ciò serve a far acquisire
loro una maggiore consapevolez-
za, a comprendere meglio la sto-
ria degli uomini, fatta spesso di
errori, e ad acquisire tutti quei
valori positivi necessari al vivere
civile. Primo fra tutti il rispetto
verso l’altro. Capire vuol dire
fare in modo di non commettere
gli stessi sbagli nel futuro…
anche se purtroppo il pericolo
che possa ancora verificarsi
qualcosa di simile c’è…Nel mon-
do ci sono tuttora minoranze re-
ligiose, etniche che lottano per
sopravvivere e non essere spazza-
te via…
Giammarco Corinto
Petra Cappelletto
(4°B Agr.)
Lorenzo Gallo (4°A Chi.)
Stefano Romani (5°C Agr.)
ILILIL PERCHE’
ILILIL PERCHE’
ILILIL PERCHE’
Numero speciale Pagina 4 IIILLL PERCHE’
Il nostro secolo da poco concluso,
oltre che per le straordinarie con-
quiste scientifiche e tecnologiche,
passerà alla storia per gli efferati
crimini che vi si sono commessi.
Dovrà essere ricordato per le
deportazioni politiche per i gu-
lag dell’Unione Sovietica per il
silenzio sulla tragedia delle Foibe
per le innumerevoli stragi com-
piute in molte parti del mondo. Ma
dovrà essere ricordato soprattutto
per la Shoah, lo sterminio degli
ebrei d’Europa che, nella sua tragi-
ca specificità, non è comparabile
agli altri, pur orrendi delitti.
Il nostro Istituto è stato sempre
attento a far sì che queste tragedie
non passassero inosservate alle
giovani generazioni. “Giornata
della Memoria” e “Giornata del
Ricordo” sono stati negli anni mo-
menti in cui attraverso incontri-
testimonianza, visione di docu-
mentari e film, lezioni di storia,
dibattiti, allestimento di mostre
abbiamo voluto mantenere sempre
viva negli studenti la “memoria” di
questi avvenimenti, alimentando in
loro i valori supremi della Persona,
della Pace, dell’Accoglienza. Si è
sempre cercato di trasmettere quel
desiderio di ricercare, riflettere,
approfondire per non essere banali
e superficiali perché la conoscenza
degli avvenimenti di Auschwitz è
tanto più necessaria in quanto è
davvero impossibile poter compren-
dere. Si è sempre cercato di fare in
modo che gli studenti avessero un
piede nel passato e lo sguardo rivol-
to verso il futuro, con “la speran-
za che la storia non rimanga
soltanto una
“storia”, ma un
vivo ricordo
per quelli che
verranno quan-
do non ci sare-
mo più“
(Shlomo Venezia
-sopravvissuto).
E' con queste
premesse che
abbiamo parteci-
pato insieme ad
oltre trecentocinquanta tra studenti
ed insegnanti, in rappresentanza di
19 Comuni della nostra provincia,
alle Celebrazioni per la “Giornata
della Memoria 2013” ad Auschwitz-
Birkenau. Un viaggio intenso e pro-
ficuo che è iniziato giovedì 24 e si è
concluso mercoledì 30 gennaio, con
al centro due giornate:
quella di sabato 26, con la celebra-
zione eucaristica per tutte le vittime
nella cattedrale di Wadowice, la cit-
tà natale di Giovanni Paolo II, e la
visita guidata ai campi di sterminio;
quella di domenica 27, con la parte-
cipazione alle celebrazioni ufficiali
sia nella piazza centrale di
Oswięcim che al campo di Ausch-
witz.
Altro momento importante ed inte-
ressante è stato l’incontro presso
l’Università di Oswięcim con il Prof.
Rino Caputo, Ordinario di Lettera-
tura Italiana (Università di Roma
“Tor Vergata”) che ha ripercorso
l’esperienza vissuta da Primo Levi
nel Lager. Egli è riuscito ad espri-
mere tutto quello che aveva sofferto
nel campo grazie alle parole acquisi-
Cerimonia Ufficiale nella piazza di Oswięcim
(Università di Oswięcim: saluto dell’Assessore provinciale Mauro Carturan)
Se comprendere è impossibile,
conoscere è necessario (Primo Levi)
te dai grandi autori della lettera-
tura italiana, in particolare da
Dante Alighieri. Ecco come Primo
Levi descrive il suo arrivo ad Au-
schwitz: “. . si è vista una gran-
de porta, e sopra una scritta
vivamente illuminata (il suo
ricordo ancora mi percuote
nei sogni) : «Il lavoro rende
liberi» ”. Queste parole evocano
in Levi quelle che Dante vede
scritte sulla porta dell’Inferno:
“Lasciate ogni speranza, voi
ch’entrate”. Lo spettacolo che gli
si offre all’interno è descritto con
le parole stesse del poeta: “. . di-
verse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’i-
Numero speciale Pagina 5 IIILLL PERCHE’
ra . .”.
E’ l’annullamento
della dignità dell’uo-
mo, al quale Primo
Levi contrappone le
espressioni usate
dall’Ulisse dantesco,
che ai suoi compagni
si rivolge così: «fatti
non foste a viver
come bruti . . ». Au-
schwitz è stata quin-
di per Levi, chimico per formazione
e professione, la
causa del suo es-
sere scrittore.
Al termine di
questa esperien-
za, resa più sug-
gestiva dalla ne-
ve abbondante
che ci ha accom-
pagnati in tutto il
nostro viaggio,
abbiamo all’uni-
sono fatte nostre,
ancora una volta,
parole di Primo Levi: “visitatore,
osserva le vestigia di questo
campo e medita: da qualunque
Paese tu venga, tu non sei un
estraneo. Fa’ che il tuo viaggio
non sia stato inutile, che non
sia stata inutile la nostra mor-
te. Per te e per i tuoi figli, le ce-
neri di Oswięcim valgano di
ammonimento: fa’ che il frutto
orrendo dell’odio, di cui hai vi-
sto qui le tracce, non dia nuovo
seme, né domani né mai ”.
Sentiamo di dire un grazie a chi
ha ben coordinato e minuziosamen-
te organizzato l’intero viaggio, ge-
stire quel numero di persone non è
cosa facile e allora grazie al sig.
Eligio della “Livingston Viaggiare”
di Colleferro (Rm) anche per il suo
contributo personale alla compren-
sione di ciò che stavamo vivendo. Ma
soprattutto non possiamo non dire il
nostro sentito grazie all’Amministra-
zione Provinciale, in particolare al
dott. Mauro Carturan promotore di
questa iniziativa e all’Amministra-
zione Comunale di Latina, al Sinda-
co avv. Giovanni Di Giorgi per la
sensibilità e disponibilità dimostrata
nell’accogliere, in via del tutto ecce-
zionale, la nostra delegazione forma-
ta dagli studenti :
CAPPELLETTO Petra IV B Agr.
CORINTO Gianmarco IV B Agr.
DELLA CORTE Fabio IV B Agr.
GALLO Lorenzo IV A Chi.
RAIA Tiziana IV C Chi.
ROMANI Stefano V C Agr.
SANSAVINI Sabrina V E Chi.
accompagnata dal Dirigente Scola-
stico, prof.re Nicola Di Battista, e
dal sottoscritto. A loro cedo volentie-
ri la penna . . . . !!
prof. Pietro Ricci
Vagone per trasporto deportati
Università di Oswięcim
La triste storia di
Auschwitz 1 e Birkenau
Nella cittadina polacca di Oswie-
cim le autorità delle SS crearono
tre campi principali: Auschwitz1,
Birkenau e Monowitz. Il complesso
di campi di concentramento fu il
più grande mai realizzato dal regi-
me nazista. Essi erano tutti desti-
nati inizialmente ai prigionieri
selezionati per i lavori forzati, suc-
cessivamente uno di loro funzionò
come campo di sterminio.
Auschwitz 1, il campo principale,
fu il primo ad essere realizzato su
un’area di circa quaranta chilome-
tri quadrati. I primi prigionieri
inclusero sia tedeschi, considerati
criminali recidivi, sia prigionieri
politici polacchi. Auschwitz 1 era
stato costruito con tre obiettivi :
incarcerare nemici veri e pre-
sunti del regime nazista;
avere rifornimento continuo di
manodopera da destinare ai
lavori forzati;
Nel settembre del 1941 il gas
Zyklon B cominciò a essere usato
nei campi di concentramento come
strumento di sterminio. Il
“successo” di questa sostanza portò
alla sua adozione in tutte le camere
a gas.
Appena arrivati ad Auschwitz-
Birkenau, i prigionieri dovevano
subire il processo di selezione: le SS
decidevano immediatamente se le
persone fossero adatte al lavoro
forzato o se fossero destinate subito
alle camere a gas. I beni e gli effetti
personali di coloro che venivano
uccisi erano confiscati e smistati
all’interno di un magazzino e poi
spediti in Germania.
Almeno 960.000 ebrei vennero tru-
cidati ad Auschwitz.
Sabrina Sansavini
(5°E Chi.)
Auschwitz: ricordo vivo che
deve insegnare
Nel corso della mia giovane vita,
più volte ho studiato, come previ-
sto dai programmi scolastici, episo-
di di guerra e tra essi, quelli in cui
vi sono inequivocabilmente stati
eccidi di massa, nonché persecuzio-
ni di innocenti. L’Olocausto però è
il genocidio paradigmatico per ec-
cellenza. Ogni anno nel “Giorno
della Memoria” si ricordano le
vittime di quel dramma, per non
dimenticare l’indicibile e disumana
strage compiuta in nome di un’i-
deologia legata alla pazzia di un
solo uomo, che trascinò nel suo
mondo, assolutamente folle, file di
uomini pronti ad atti inimmagina-
Numero speciale Pagina 6 IIILLL PERCHE’
eliminare fisicamen-
te piccoli gruppi all’interno
della popolazione.
I campi di concentramento
avevano una camera a gas
e un forno crematorio. Nei
campi di concentramento
venivano effettuati esperi-
menti su cavie umane. L’in-
tento era quello di verifica-
re la resistenza umana in condizio-
ni estreme, ma molto più spesso si
trattò di puro sadismo e perversione
da parte dei “medici” nazisti.
Nell’ospedale di Auschwitz 1 i me-
dici delle SS effettuavano esperi-
menti su neonati, su gemelli, su
pazienti “affetti” da nanismo, sotto-
ponendo molti adulti alla steriliz-
zazione, alla castrazione e a prove
di ipotermia. Il medico più famoso
divenne il Capitano delle SS, J.
Mengele.
Tra il crematorio e l’edificio desti-
nato agli esperimenti si trovava il
cosiddetto “MURO NERO” dove
avvenivano esecuzioni di migliaia
di prigionieri.
Il campo di Birkenau era costitui-
to da oltre una dozzina di settori,
separati da recinti di filo spinato
elettrificato.
Il campo includeva un settore fem-
minile, uno maschile, uno per le
famiglie Rom e uno per le famiglie
ebree, trasferite dal ghetto di There-
slenstadt.
Numero speciale Pagina 7 IIILLL PERCHE’
bili. Quest’anno, grazie alla tenacia
e all’impegno impareggiabile del
prof.re Ricci, sostenuto dal nostro
Preside, prof.re Di Battista, un
gruppo di studenti dell’Istituto San
Benedetto si è recato in Polonia per
vivere in prima persona la comme-
morazione delle vittime della Shoà.
Quei luoghi sono tristemente famo-
si, lì vi è un pezzo indelebile della
storia dell’umanità, lì persero la
vita milioni di Ebrei. Tra essi bam-
bini, donne, anziani la cui
unica colpa era l’essere
ebrei... Debbo dire che sen-
tirne parlare o sentirlo rac-
contare dallo storico più
esperto ed appassionato,
non farà mai comprendere
davvero la sensazione di
estremo dolore che si può
provare varcando i cancelli
di Auschwitz. Auschwitz:
sentirlo raccontare, non
consentirà mai di compren-
derne pienamente il signifi-
cato, né di vivere minimamente il
dolore, la sofferenza, l’ingiustizia, la
disumanità di ciò che fu compiuto lì
e mai più dimenticato. Attraversare
i cancelli di Auschwitz è come en-
trare in quel passato, varcando
quella soglia, si ha la sensazione
impressionante di vedere quei volti
smagriti, con gli occhi spenti e privi
di speranza…si può quasi toccare il
dolore da essi provato ed insieme si
sente forte l’incredulità per ciò che è
lì avvenuto e che si fa difficoltà ad
immaginare…. Cammini e ti inoltri
in quel luogo con accanto ombre di
uomini, donne e bambini, che hanno
saputo conservare, pur nella trage-
dia, la propria dignità. Infreddoliti
nei loro pigiami a strisce, si incam-
minano verso la morte. E mentre
anche tu percorri quelle strade ac-
compagnato dalla mesta voce della
guida, tutto sembra tristemente
prendere vita e nel silenzio, se
ascolti bene, puoi udire i loro respi-
ri, il pianto composto di chi ha già
compreso che di lì non sarebbe mai
uscito vivo. Fa paura immaginare
ciò che dovevano ancora incontra-
re…fa freddo, troppo freddo…e ac-
canto a te sembra di sentirli cadere,
stremati dalla fatica del lavoro e dal
gelo pungente. Senti salire dentro
un’inquietudine, hai la netta sensa-
zione di non riuscirti a scaldare,
nonostante tu sia coperto di tutto
punto. Il cuore ferma i battiti e il
dolore d’improvviso vi penetra. Rag-
giunge il suo apice in quelle stanze
che nascondono ciò che non avresti
mai potuto immaginare. Penso di
aver barcollato accanto alla mia
compagna, avremmo voluto sparire,
fuggire alla svelta via di lì. Quando
la porta di quella stanza si è aperta
e dentro erano custodite montagne
di capelli, scarpe, valigie, pentole…
macabro bottino di guerra. L’umilia-
zione di quella povera gente sem-
brava rianimarsi e insieme una
morsa mi stringeva la gola, a stento
ho trattenuto le lacrime. Il pensiero
che tutto venina raccolto per essere
nuovamente utilizzato, come se
niente fosse, come se quella povera
gente non contasse nulla, o per me-
glio dire, fosse il nulla assoluto.
Vivere Auschwitz è un’esperienza
forte e scioccante, ma da vivere!
Mentre tutto ciò che i miei occhi
hanno visto mi logora dentro nella
ricerca di un perché che non esiste,
non posso fare a meno di pensare
che genocidi ed accidi di massa av-
vengano tutt’ora in altre parti del
mondo, tragedie che noi spesso
ignoriamo. Assurdo pensare di ucci-
dere in nome di Dio, Colui che ci ha
creati e che per amor nostro
è morto. Assurdo è pensare
che un uomo possa sentirsi
superiore o padrone della
vita di un altro al punto da
decidere di privarlo di quel
bene così prezioso. Assurdo
è pensare che la memoria di
una tale tragedia possa ri-
correre un solo giorno l’an-
no, mentre dovrebbe essere
ricordata in ogni momento
della nostra esistenza. Quel
ricordo vivo deve servire a
renderci migliori e consapevoli del-
la nostra fortuna di essere al mon-
do ora e non allora. Io davvero non
so quali possano essere le cause di
una guerra. Quel che so per certo è
che non si tratta di un gioco ma di
una terribile realtà nella quale non
vi è alcuna logica, alcun motivo che
la rende effettivamente necessaria,
forse è solo l’egoismo dell’uomo a
scatenare guerre fratricide…I
“grandi della Terra” dovrebbero
vivere Auschwitz, com’è stato per
noi, col cuore, assaporandone il do-
lore, il dramma umano. Solo così
potranno dar vita a dialoghi positi-
vi, finalizzati al raggiungimento e
al mantenimento della pace. Que-
sta è l’unica vittoria per l’umanità,
ciò per cui valga davvero la pena di
combattere.
Concludo ringraziando infinitamen-
Numero speciale Pagina 8 IIILLL PERCHE’
se, sarebbero
stati di nuovo
liberi. Molte-
plici emozioni
mi hanno tra-
volto da in
maniera se-
quenziale.
Inizialmente
ero molto cu-
rioso e ansio-
so di entrare
nel luogo dove
è stato com-
piuto l’atto di pazzia più assurdo
che l’uomo abbia mai fatto. Una
follia studiata sui libri di scuola e
che fino ad allora era stata solo
carta e date. Poi ho alzato lo
sguardo e ho letto…
Varcata la soglia del campo, ab-
biamo iniziato a visitare i vari
blocchi: oggetti, foto e ricordi, sim-
boli e anima delle tante persone
che prima li hanno posseduti,
amati, abitati. Ho provato senti-
menti contrastanti: una profonda
tristezza e insieme una pungente
rabbia nel ripercorrere tanto dolo-
re. Guardavo i miei passi e rivede-
vo quelli lenti e mesti di tanti pie-
di scalzi, lividi di freddo e segnati
dalla sofferenza. Mi è parso di
scorgere quelle persone sfruttate,
umiliate, torturate e uccise ingiu-
stamente. Ho affondato lo sguardo
nei volti impressi in quelle vecchie
foto, per cercare di catturare la
poca luce dei loro occhi che ormai
non avevano più niente da dire.
Ho osservato, attonito, oggetti,
valigie, capelli che una volta ap-
partenevano a persone come noi,
che avrebbero potuto fare chissà
quante cose nella vita, ma che non
ne hanno avuto la possibilità.
La neve, il cielo bianco e cupo, il
filo spinato e la temperatura sotto
te il mio insegnante per avermi
dato modo di vivere questa espe-
rienza. Mi sento onorata di aver
affiancato altri sei miei compagni
con i quali sento di aver condiviso
una forte intimità e intesa. Inizial-
mente ero titubante, sapevo che
sarebbe stata un’esperienza molto
forte. Ora sono profondamente
consapevole che essa rimarrà sem-
pre viva in me e che costituirà una
tappa fondamentale della mia ma-
turazione personale. La vita è co-
me un insieme di mattoni che ma-
no a mano poni l’uno sopra l’altro
per tirare su un muro portante… e
quest’avventura non potrà che es-
sere ricordata come una delle pie-
tre angolari più significative della
mia vita.
Tiziana Raia
(4° C Chi.)
ARBEIT MACHT FREI
“Il lavoro rende liberi”. Questa
è la frase che campeggia all’entra-
ta di Auschwitz ed era questa la
frase per la quale tanti innocenti
hanno creduto che un giorno, for-
lo zero hanno notevolmente con-
tribuito a farmi vivere in qualche
modo la terribile esperienza di
Auschwitz. Anche la nostra guida,
attraverso racconti e dettagliate
descrizioni, ci ha pienamente tra-
smesso i suoi sentimenti e stati
d’animo ed è stata in grado di far-
ci immedesimare e sprofondare
nella disperazione di quanti han-
no vissuto l’esperienza drammati-
ca di un campo di sterminio.
“Immaginate una madre con ac-
canto suo figlio di pochi mesi, di 4
anni, di 12 o di 16 anni… Imma-
ginate cosa ha potuto provare nel
vedere il proprio figlio in quelle
condizioni… le sue stesse condizio-
ni; immaginate che l’unica cosa
che gli avrebbe potuto dare era un
abbraccio.”
La visita ad Auschwitz e Birke-
nau è riuscita a materializzare
pensieri ed emozioni che prima
erano vaghi nella mia testa. Non
avevo mai dato la giusta impor-
tanza a questa drammatica pagi-
na di storia perché fino ad allora
non avevo mai visto nulla che me
ne trasmettesse tutta la sua reale
e sconvolgente tragicità. Questa
esperienza è anche riuscita a far
nascere dentro di me un grande
dubbio: e se fossi nato in quel pe-
riodo, se fossi stato tedesco, quali
scelte avrei fatto? Quali sarebbero
stati i miei pensieri e i miei atteg-
giamenti nei confronti degli ebrei?
Me lo chiedo...
Molti sopravvissuti definiscono
quella di Auschwitz o di qualun-
que altro campo una “esperienza
di vita” che li ha resi, loro malgra-
do, testimoni di ciò che è avvenu-
to. È comune a molti sopravvissuti
infatti la voglia di raccontare: rac-
contare significa conservare la me-
moria di ciò che è stato affinché
Numero speciale Pagina 9 IIILLL PERCHE’
non vada dimenticato per sempre.
Dopo questa esperienza, anche io,
forse, posso definirmi testimone di
quell’orrore che è giusto far cono-
scere a tutte le nuove generazio-
ni.
Lorenzo Gallo
(4°A Chi.)
LA MORTE INIZIAVA
DALLE SCARPE
Siamo andati a visitare il triste-
mente noto campo di concentra-
mento di Auschwitz. In un pri-
mo momento ci siamo recati ad
Auschwitz 1, successivamente
ad Auschwitz 2 o Birkenau.
Arrivati al primo campo di con-
centramento, l’euforia e la curio-
sità erano a dir poco alle stelle.
Una volta entrati, tutte le emo-
zioni si sono all’improvviso annul-
late, sciolte inspiegabilmente.
Guardavo queste strutture che
stranamente avevano un aspetto
accogliente. Mi sembrava surrea-
le che quel luogo rappresentasse
tanta atrocità. Le sensazioni più
diverse e contrastanti prendeva-
no lentamente il posto di milioni
e milioni di pensieri. A un tratto
ho sentito un terribile odore di
bruciato e giuro, che non è stata
un’impressione. In quell’istante
mi si è letteralmente gelato il
sangue. La sensazione che ho pro-
vato: INDESCRIVIBILE. Mai
percepito niente di simile in tutta
la mia vita.
Abbiamo visitato i vari edifici do-
ve erano posti i dormitori dei pri-
gionieri, le stanze di punizione,
gli oggetti personali…le loro sto-
rie. Mi affacciavo in ogni stanza,
quasi sbirciando da quelle fine-
stre. Non lo so neanche io di pre-
ciso cosa volessi fare o vedere…
forse cercavo solo di guardare
con i loro occhi. Occhi di de-
portati che settanta anni pri-
ma hanno guardato attraver-
so quei vetri con poca speran-
za e tanta paura. Una stanza
dopo l’altra, l’orrore cresceva
sempre di più: la foto di alcu-
ni bambini, palesemente sot-
topeso, mi ha lasciato allibi-
ta. Non ho avuto il coraggio di
fotografare quell’immagine, mi
sembrava di violarne ancora una
volta la dignità. Lo sconcerto è
aumentato poi nell’ascoltare, dal-
la voce della guida, che i tedeschi
utilizzavano i capelli degli ebrei
per farne bottoni e cappelli. Si è
arrivati veramente al limite della
pazzia e della disumanità. All’u-
scita da ogni edificio, mi aspettava
la rassicurante voce del vento: era
come se parlasse, riportando con
sé voci lontane. Non ho provato
odio, dolore o tristezza ma solo
tanta pace.
Nel momento del silenzio, davanti
al muro della morte, il vento si è
intensificato come a farci sapere
che loro erano lì. Sono certa che in
quell’esatto momento non erava-
mo soli ma con noi vi erano tutte
quelle persone a ringraziarci di
esserci e di non aver dimenticato.
Una delle foto, fatta dai tedeschi,
era a dir poco agghiacciante: un
generale aspettava gli ebrei che
scendevano dal treno, egli inclina-
va il dito e decideva la loro sorte.
Destra, le persone erano destinate
a morire, andando direttamente
nelle camere a gas. Sinistra, subi-
vano una morte più lenta e doloro-
sa, lavorando nel campo di concen-
tramento. In entrambi i casi, la
sorte era segnata, l’unica differen-
za era il tempo da dover attendere
prima di morire.
Tutto questo è accaduto. C’è stato
chi ha potuto decidere la vita di
tante persone innocenti.
Una frase di Primo Levi mi ha
colpito particolarmente:
IIILLL PERCHE’
Numero speciale Pagina 10
LA MORTE INIZIA-
VA DALLE SCARPE.
Quanto potesse esse-
re doloroso lavorare
in condizioni climati-
che così terribili è
inimmaginabile per
noi. Le scarpe erano
talmente rovinate
che forse propri i pie-
di erano i primi a
morire.
27/01/13 Birkenau
E poi Birkeneau.
Una distesa di neve
che accentuava l’enorme dimensio-
ne di quel luogo. Desolazione, l’uni-
ca parola possibile per descriverlo
è proprio questa.
Il Giorno della Commemorazio-
ne, la tristezza - che affiorava da
quel luogo - ha lasciato il posto
alla gioia della festa. Questo per-
ché, nonostante tutto e dopo tanto
tempo da quegli eventi drammati-
ci, noi eravamo lì, nuove genera-
zioni pronte a raccoglierne la tra-
gica memoria, prezioso tesoro per
il futuro.
Una sensazione forte che ho avu-
to? Che non fossimo solo quelle
poche centinaia di persone quel
giorno. No, eravamo molte di più…
milioni.
“LORO” erano lì, lì con noi, anime
vive da non dimenticare.
Sabrina Sansavini
(5°E Chi.)
STORIE…
26-01-2013
È assurdo pensare al fatto che il
più orrendo sterminio umano sia
opera dell’uomo stesso.
Entrando nel più grande cimitero
del mondo, infatti, la mia domanda
è stata: come può un uomo fare
questo a se stesso? E allora Primo
Levi aveva ragione a non conside-
rare uomini quei poveri ebrei e
altri prigionieri, tutto gli era stato
tolto, trasformati in animali…ma
di una cosa sono sicuro, i veri ani-
mali sono gli
uomini che han-
no permesso
questo, che non
si sono opposti,
che hanno igno-
rato, ma ancor di
più chi ha aderi-
to. L’aria in quel
luogo è ancora
pesante delle
ingiustizie tiran-
niche avvenute,
l’aria è ancora
ammalata dal
“bastardo virus” che
ha permesso l
‘Olocausto…e oggi
stando li, è come se
avessi vissuto un se-
condo delle loro soffe-
renze, è come se per
un attimo avessi capi-
to…e sono sincero nel
dire che volevo ripu-
diare me stesso. Un’a-
stratta sensazione di
cupa ira ha avvolto la
mia testa, ero arrab-
biato, come ora, per-
ché non mi capacito del fatto che
sia realmente accaduto, che sei
milioni di ebrei siano morti in quel
modo. Un insulto alla ragione e
all’intelligenza umana, ma soprat-
tutto alla coscienza…
Anche se la sensazione più strana
mi è arrivata da una semplice sce-
na di natura e sporco artificiale,
tra la speranza e la morte. Una
rosa rossa, infatti, era incastrata
sul filo spinato che delimitava quel
posto orribile. Ho sentito come uno
scintillio tra le idee che pulsava
l’immagine nella mia testa di un
mondo dove non ci dovrebbe essere
bisogno di mettere rose dove sono
morti ingiustamente degli uomini,
un mondo dove nessuna bella
giornata dovrebbe essere usata
per “non dimenticare” la più deco-
rosa vergogna dell’homo sapiens,
un mondo dove nessuna lacrima
dovrebbe specchiare ombra e odio,
rabbia e vergogna.
27-01-2013
Forse questa volta ho capito ve-
ramente che la mia, è una vita
stupenda; posso ridere, piangere,
pregare come e quanto voglio. Ma
riesco a sentirlo solo ora che ho
visto l’uomo diventare oggetto, se
non qualcosa di ancora meno, ho
visto una rosa sulla neve, sulla
neve che ricopriva i binari del tre-
no guidato da Caronte, del treno
pieno di uomini ormai vuoti, di-
strutti dall’interno, tanto da non
avere nemmeno la forza di ribel-
larsi. Mai come in questi giorni
un immagine mi aveva tolto la
fantasia… ho visto i loro capelli,
cioè…quei pochi rimasti, hanno
detto…erano tantissimi. Ho perso
la voglia di sognare, di pensare
alle sofferenze che quelle persone
hanno patito. Ho avuto i brividi,
le mani mi tremavano e nel cra-
nio una parola che rimbalzava a
destra e a sinistra… perché? Pos-
sibile che sia solo per il volere di
un piccolo e ridicolo uomo con i
baffetti e i capelli unti? Possibile
che migliaia di persone abbiano
ucciso altre milioni di persone
perché così gli era stato ordinato?
E in quel modo poi?...
E allora è inutile tutto, Dio è mor-
to dietro quel cancello che diceva
”il lavoro rende liberi”. Dio è mor-
to ogni volta che non ricorderemo
“l’orrore” madornale commesso, e
morirà ancora per mano nostra se
non impareremo nulla dal passa-
to!
Marcia di silenzio e passo tonan-
te per chi cammina sulla morte
piena di neve…là, tra quei relitti
di inaudito orrore è questo che re-
gna sovrano…IL SILENZIO!
E pur ti parla…e se sei capace di
ascoltarlo ti racconterà una storia,
la storia che come protagonisti non
vede né me né nessun altro, ma
tutti indistintamente. Perché ogni
uomo che respira su questo mondo
è complice della storia. Quello che
è stato qui è per tutti maestro di
vita, e perché non riaccada più,
infatti, dobbiamo
imparare. Dob-
biamo sapere che
l’estremismo non
porta benefici,
che precludere lo
sguardo e ingab-
biare la libertà
non è per l’uomo.
Dobbiamo sapere
che tutte quelle
vittime non sono
morte invano,
perché noi
“protagonisti” non dimentichere-
mo, mai… perché ogni uomo che
solo lontanamente immagina quel-
lo che nei campi di sterminio han-
no patito quegli uomini farà si che
non si ripetano.
Dopo Aushwitz, dopo la seconda
guerra mondiale il mondo è cam-
biato…in meglio? Non lo so…ma
ricordando ciò che è stato, forse,
l’umanità sarà considerata tale.
Che oggi il mondo, allora, respiri
aria nuova, che è eredità per tutti.
Davanti a noi infatti, la neve è
candida, soffice e lineare, ma vol-
tandoci possiamo vedere i nostri
passi, le cadute… il sangue versa-
to, e risentendone il dolore, il calo-
re noi…non cadremo più per quel
motivo.
La storia continuerà il suo corso, il
tempo non si può fermare, quello
che è stato, è stato… compito no-
stro è voltare pagina e scrivere il
nuovo capitolo…beh allora penne
alla mano… perché questa è un’al-
tra storia!
Stefano Romani
(5° C Agr.)
Due giornate veramente speciali,
indimenticabili, resteranno scolpite
nella mia testa per sempre. Cono-
scere e vedere i campi di concentra-
mento e di sterminio più grandi
della storia. Circa un milione e
mezzo di persone tra socialisti,
ebrei, zingari, politici, persero la
vita inutilmente. Rimane per me
difficile esprimere le emozioni pro-
vate in quei momenti, così sensibil-
mente reali e concreti, perché visti
non con i miei occhi, ma con gli
occhi di quella povera gente che ha
sofferto, che fin dall’inizio non ha
avuto alcuna speranza di salvezza.
Arrivare, leggere quella scritta: “Il
lavoro rende liberi”, che dire…
quante persone ci saranno passate
sotto, convinte che quella fosse la
IIILLL PERCHE’
Numero speciale Pagina 11
Numero speciale Pagina 12 IIILLL PERCHE’
verità, e forse per alcuni avrà rap-
presentato un briciolo di speran-
za, che quel lungo viaggio potesse
avere uno scopo diverso da quello
che la storia ci ha tristemente
trasmesso.
Quanti pensieri e quante riflessio-
ni, quante domande alle quali non
si può dare una risposta, niente
sembra avere un senso!
Ho toccato con mano la tristezza,
la sofferenza di quelle persone...
quanta brutalità e odio...ma poi
perché?.. Ho visto con i miei occhi
quei forni che hanno ingoiato e
bruciato vite ormai perdute Stan-
ze fredde, gelide, panche di legno
sulle quali con poca paglia si alle-
stiva pagliericci per dormire sen-
za riposo... Povere mamme e
poveri figli, succubi di atro-
cità e violenze, di sfrutta-
mento, di lavori forzati, po-
vere famiglie, separate e in
un attimo divise per sempre.
Camere a gas… stanze spa-
ventose che hanno fagocita-
to vite inermi e prive di spe-
ranza. Quanta gente può
aver perso la propria esi-
stenza lì dentro, senza op-
porre nessuna resistenza.
Stanze che hanno provocato
l’uccisione in massa di centinai e
centinaia di persone, tratte in
inganno... Vedere quella monta-
gna di capelli, di valige, di pento-
le, pettini, protesi.. ha suscitato
in me tristezza e un senso di com-
pleto annullamento di valori,
completamente persi. Mi sono
sentito quasi immedesimato, cer-
to, in una millesima parte, in
quelle persone. L’impatto indiret-
to con ognuna di queste persone è
stato davvero forte e io le sentivo
li, presenti ancora, con i volti av-
volti dal terrore; proprio come
rappresentavano le centinaia di
foto, scattate ad ognuno dei de-
portati per segnalarli nel registro.
Personalmente non mi sarei mai
aspettato un’esperienza del genere,
quanto meno mai immaginavo di
viverla in quel modo e nella sua
drammaticità sono fermamente con-
vinto che ha lasciato in me un segno
indelebile.
Questo viaggio ha rappresentato per
noi, il venire a conoscenza di fatti
estremamente importanti , che la
storia ha fatto giungere a noi, in
modo che non vengano dimenticati
ne ora né mai, e che, in qualche mo-
do aiutano a formarci, a riscoprire i
valori della vita, a dargli un senso,
accompagnandoci nella crescita.
Esperienze come questa, fanno sen-
tire parte del mondo.
Giammarco Corinto
(4°B Agr.)
La libertà: un bene collettivo
da difendere sempre
Quando mi è stato proposto, dal
prof. Ricci, di andare a visitare i
campi di sterminio in Polonia, ho
subito pensato che sarebbe stata
un’occasione unica e forse irripetibi-
le. Quindi, senza troppi dubbi, ho
immediatamente accettato. L’idea di
vedere con i miei occhi come fossero
quei luoghi nella realtà, luoghi che
avevo osservato solo at-
traverso le pagine dei li-
bri o le immagini di qual-
che vecchio documentario,
mi ha entusiasmato fino
al giorno del nostro arrivo
ad Auschwitz.
Giunti in loco, il 26 gen-
naio 2013, ho provato una
strana sensazione, si re-
spirava un clima diver-
so… un clima particola-
re…
Numero speciale Pagina 13 IIILLL PERCHE’
Il freddo pungente ha reso
tutto più suggestivo, resti-
tuendo la cruda dimensio-
ne del dramma, di una
realtà inaccettabile. Il
bianco della neve, che ri-
copriva ogni cosa, ha am-
plificato l’immagine dell’o-
rizzonte infinito…. Come
infinite sono state le atro-
cità subite dai poveri de-
portati. Ed ecco materia-
lizzarsi davanti ai miei
occhi cose viste solo sui libri: bloc-
chi per i deportati, tavole di legno
impilate, adibite a ‘’letti’’, divise a
righe bianche e blu, montagne di
scarpe, di valigie che un tempo
erano piene delle loro cose più ca-
re, e poi i capelli, tanti… così come
gli oggetti personali, occhiali, pet-
tini…simboli di una quotidianità
spezzata. L’entusiasmo, la curiosi-
tà che aveva rapito tutti noi all’i-
nizio del viaggio si è presto tramu-
tata in tristezza. Le parole hanno
lasciato lentamente il posto al si-
lenzio che ci ha accompagnato un
passo dopo l’altro. La voce della
nostra giovane guida a volte sem-
brava lasciare trasparire un senso
di forte rabbia, di grande dolore…
Questo ha fatto percepire a tutti
noi, più di ogni altra parola, l’im-
mensità della cattiveria e della
stupidità umana che si sono con-
sumate in quel luogo. Auschwitz
è l’infelice simbolo di come i pre-
giudizi, la presunzione e l’ignoran-
za possano provocare tragedie
umane inenarrabili e rimanere
tristemente nella storia.
Beh, sicuramente aver visto una
realtà come questa ed essere stati
presenti alla Celebrazione del
giorno della Memoria, è stato
un modo per commemorare tutte
quelle tante, troppe persone inno-
centi morte ingiustamente. Penso
che visitare posti simili, tragico
emblema della follia umana e di
spregio del grande dono della vita,
sia un modo per combattere e con-
fermare il nostro ripudio alla guer-
ra, un modo per riflettere sul pas-
sato per proiettarci al meglio nel
futuro! Non bisogna infatti dare
per scontata la nostra condizione di
libertà, perché essa è frutto dei
sacrifici, delle lotte e del coraggio
di chi ci ha preceduto. La libertà è
un bene collettivo da difendere
sempre! Penso che questa espe-
rienza di vita mi abbia reso più
consapevole della realtà che mi
circonda, rendendomi più saldo nel
respingere ciò che sono le credenze
sbagliate, che tendono a creare una
società omologata, non rispettosa
dell’altro e delle sue idee…una so-
cietà di schiavi! Ora più che mai so
di essere una persona
fortunata, per non
aver vissuto quell’or-
rore. Ma so anche che
purtroppo l’uomo può
essere crudele, freddo
e spietato…
Fabio Della Corte
(4°B Agr.)
Quest’esperienza, è stata
toccante per tutti noi, in par-
ticolare la visita al campo di
concentramento di Aushwitz
I e Auschwitz II (Birkenau).
Il 26 Gennaio, primo giorno
di visita, arriviamo davanti
a quel famoso cancello co n
la scritta “Il lavoro rende
liberi” anche se una volta entrati,
ci si rende conto che non è così. Il
campo era completamente circon-
dato da filo spinato (a quel tempo,
passava anche la corrente a circa
300 volt) e le uniche strutture
presenti erano i blocchi di cemento
armato; tutto ciò lascia immagi-
nare quello che è potuto succedere
in quel posto, anche se l’immagi-
nazione dell’uomo non può arriva-
re a concepire una cosa del genere,
una vera e propria carneficina di
persone innocenti.
Noi abbiamo visitato in particolare
i blocchi 4, 5 e 11 e abbiamo notato
i letti dove erano costretti a dormi-
re i deportati, a volte anche su
tappeti o su paglia. Inoltre, nelle
altre innumerevoli stanze di que-
sti blocchi, vi erano gli oggetti di
queste persone come valige, spaz-
zole, scarpe, vestiti, occhiali e ca-
Forni crematori
IIILLL PERCHE’
Pagina 14 Numero speciale
pelli. Quest’ultimi hanno avuto un
impatto talmente forte ai nostri
occhi, che non siamo riusciti a dire
una parola in merito. I nostri
sguardi si concentravano al di fuori
delle finestre di quell’orrendo po-
sto, cercando di vedere con gli occhi
di quelle persone che prima di noi
erano state li, pieni di paura, soffe-
renza e terrore, consapevoli di do-
ver morire da un momento all’al-
tro.
La guida ci ha spiegato passo per
passo tutta la storia di queste per-
sone, soffermandosi sulle foto, che
non avevano bisogno di parole… Ci
ha parlato anche di Shlomo Vene-
zia, il quale era un ex deportato
che successivamente aveva il ruolo
di controllare i forni crematori. Lui
è stato un sopravvissuto a questo
grande sterminio, ed è stato anche
ospite al comune di Aprilia, prima
della sua morte avvenuta qualche
mese fa. Dopo un lungo cammino,
tornando sul pullman, ognuno di
noi ha fatto una riflessione sul sen-
so della vita, sull’importanza del
sapere cosa c’è stato prima di noi in
modo tale da impegnarci, ognuno
nel suo piccolo, a non far capitare
mai più una tale brutalità contro
l’intera umanità. Davanti ad un
posto simile, ci siamo sentiti davve-
ro insignificanti, impotenti e consa-
pevoli di essere fortunati ad avere
ciò che abbiamo…. Quelle persone
costrette a 10-12 ore di
lavoro al giorno, lascia-
ti morire per le strade
o nei dormitori dove
tornavano la sera e
molte volte non man-
giavano e non si lava-
vano. Costretti dalle
SS ad andare in questi
posti facendo un viag-
gio di 10 giorni in piedi
nelle locomotive, tutti ammassati,
senza acqua, cibo, e luce.
Il 27 Gennaio, il secondo giorno di
visita, ci siamo recati al campo II di
Auschwitz, meglio noto come Birke-
nau, in memoria di tutti gli Ebrei
sterminati. Solo a vederlo appare
completamente di-
verso dal primo, ha
un’estensione di
circa 160 ettari di
terreno, con mi-
gliaia di blocchi co-
struiti dai deportati
stessi (quelli rima-
sti però sono solo
28).
Entriamo attraver-
so il cancello princi-
pale, di colore nero, nero come la
morte. Si respira proprio nell’aria la
tristezza di quel posto, la paura, e
sembra quasi che le anime di quelle
persone siano vicino a te… Non a
caso il campo Birkenau è “ il più
grande cimitero, senza tombe, ne
corpi”. I blocchi presenti dentro que-
sto campo hanno il solo scopo di dor-
mitori, infatti entrando, vediamo ai
due lati del blocco, delle panche di
legno, sistemate a letto a castello,
dove riposavano e al centro della
stanza una struttura in cemento
con dei buchi di diametro molto pic-
colo che fungevano da toilette.
L’immensa distesa di neve, sui tetti
di quelle strutture, suscitava una
Sopravvissuta campo di sterminio
malinconia nei nostri cuori che
quasi non avevamo più la forza di
andare avanti, di camminare, e ci
chiedevamo “come hanno fatto a
resistere tutto questo tempo? Io
mi sarei suicidato prima”…. Dopo
una lunga camminata fino ai con-
fini del campo, arriviamo nel po-
sto in cui c’era il monumento de-
dicato a tutte le vittime. Anche se
siamo stati “costretti” a stare in
piedi per un bel po’ di tempo, sa-
pevamo che ne valeva la pena e
abbiamo colto l’occasione, come
momento di riflessione e di pre-
ghiera non solo per noi stessi, ma
anche per il mondo intero.
Quando pensi a queste a cose, a
ciò che la storia racconta, ti rendi
conto che non sono le 30 ore di
pullman a fermarti, non è il fred-
do, perché dopo aver visto con gli
occhi tuoi tutto questo, la vita ti
sembra improvvisamente più leg-
gera, ti sembra che tutti i proble-
mi che hai spariscono all’istante,
ti si riempie il cuore e hai voglia
di vivere appieno la tua vita, va-
lorizzi di più te stesso, insomma è
un’esperienza che ti cambia la
vita e noi come ragazzi di 17-18
anni siamo stati fortunati ad an-
dare in questo posto e lo auguria-
mo a chiunque perché ne vale
davvero la pena.
Petra Cappelletto
(4° B Agr.)
Sopravvissuto di Auschwitz con Fabio Della Corte
IIILLL PERCHE’
Numero speciale Pagina 15
Memoria fotograficaMemoria fotograficaMemoria fotografica
Foto realizzate dai
studenti del nostro
Istituto partecipan-
ti all’evento.
IIILLL PERCHE’
Pagina 16 Numero speciale
La canzone del bambino La canzone del bambino La canzone del bambino nel ventonel ventonel vento (Auschwitz)(Auschwitz)(Auschwitz)
Son morto con altri cento,
son morto ch'ero bambino,
passato per il camino
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz c'era la neve,
il fumo saliva lento
nel freddo giorno d' inverno
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz tante persone,
ma un solo grande silenzio:
è strano non riesco ancora
a sorridere qui nel vento.
Io chiedo come può un uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.
Ancora tuona il cannone,
ancora non è contento
di sangue la belva umana
e ancora ci porta il vento.
Io chiedo quando sarà
che l'uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento si poserà.
Francesco Guccini
Auschwitz, incisa col titolo “La
canzone del bambino nel ven-
to”, è stata scritta dal cantautore
Francesco Guccini nel 1964.
Essa è ispirata a un libro di me-
morie che racconta la storia di
un bambino morto nel campo di
sterminio nazista. La voce nar-
rante è quella appunto di un
bambino morto nei forni crema-
tori le cui ceneri ora sono disper-
se nel vento. Il fumo, il freddo
invernale, il grande silenzio sono
mesti evocatori di morte e di gelo
nell’anima. Il bambino si chiede
ancora come tutto sia potuto ac-
cadere e si fa portavoce dell’auto-
re: forte è condanna della guerra
e dello sterminio di massa. La
canzone contiene però anche
un messaggio di speranza:
che l’uomo possa imparare a
vivere senza ammazzare, solo
allora il vento di morte si plache-
rà…
ILILIL PERCHE’
Non è impresa facile descrivere in breve, ricostruire e raccontare la poesia, le parole e la musi-
ca di Francesco Guccini. Non è impresa facile perché farlo vuol dire confrontarsi con quasi
quarant'anni della nostra storia. Non è impresa facile perché di fronte a personaggi così in-
fluenti è difficile escludere, tagliare, omettere episodi, incontri, avvenimenti. Non è impresa
facile perché Guccini è un cantautore vero, e come tutti i cantautori veri, ha avuto e ha molto
da dire. Forse, allora, la cosa migliore da fare è raccontare Guccini attraverso le sue parole,
seguendo il filo invisibile del suo discorso nei piccoli racconti che compongono i suoi dischi,
assecondando la sua anima di cantastorie moderno, di raffinato creatore di versi.