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Sistemi bibliotecari

Biblioteche oggi – settembre 2009

Per il dialogo deiservizi culturali

del territorioLe possibili sinergie viste con l’occhio delle biblioteche di ente locale

1. Premessa

Le considerazioni contenute in que-sto articolo nascono a margine diun convegno incentrato sul dialo-go tra i servizi culturali del territo-rio (in particolare biblioteche, ar-chivi e musei), che si è tenuto nel-l’ottobre scorso nell’ambito delle ini-ziative messe in atto per celebrareuna ricorrenza: i trent’anni di costi-tuzione del Sistema bibliotecarioBrescia Est che, inserito a sua voltanella Rete bibliotecaria bresciana,riunisce ventidue biblioteche di co-muni che si trovano nella parteorientale della provincia di Brescia,dall’hinterland cittadino al Lago diGarda.Nato con delibera del 4 dicembre1978 per offrire ai cittadini un mi-gliore servizio in termini di patri-monio librario, accesso all’informa-zione e alla cultura, collaborazionetra enti dislocati su un territorio piùampio, il Sistema Brescia Est si ècon il tempo sempre più ampliato,sia a livello territoriale sia a livellodi servizi offerti, fino a raggiunge-re le dimensioni attuali. L’idea-gui-da è stata, dunque, sempre quelladi ricercare il dialogo nell’ottica diuna migliore offerta di servizi alcittadino.Ora, un anniversario può esserel’occasione per tracciare un bilan-cio di quanto si è fatto, rammen-tando cosa si era all’inizio e qualitrasformazioni sono avvenute suc-

cessivamente. Pertanto, con le bi-blioteche del Sistema che hannoalle spalle trent’anni di dialogo co-struttivo, che ha portato risultaticoncreti e una crescita collettiva, cisi deve chiedere: cosa resta da fa-re? La prima risposta potrebbe es-sere: continuare a dialogare.Riguardo a quali temi e con chi?Probabilmente su questo puntopotrebbero divergere i pareri edessere discordanti le priorità avver-

tite. Di qui alcune considerazioni:1. Riguardo ai temi da privilegiarenel dialogo è parso necessario pre-disporre uno strumento che fon-dasse su basi concrete la discus-sione relativa allo stato delle rac-colte per valutare la rispondenzadel patrimonio e delle nuove ac-cessioni con la reale domanda del-l’utenza. Da questa ricerca è deri-vata la Carta delle collezioni delSistema bibliotecario Brescia Est

Alberto Bettinazzi*

Sistema bibliotecario Brescia Esta.bettinazzi@comune.rezzato.bs.it

Luca Rivali*

Università degli studi di Udinerivali@tiscali.it

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aggregare servizi di tipologia diffe-rente in maniera trasversale e si-nergica.Tale iniziativa ha trovato per altrouna partnership significativa nellasede di Brescia dell’Università Cat-tolica del Sacro Cuore, la cui presen-za non solo ha certificato la qualitàe il rigore scientifico e metodolo-gico della proposta, ma ha apertoanche un’ulteriore prospettiva disviluppo e di utilità di questi temianche a fini didattici e formativi,rivolgendosi agli studenti dei corsidi laurea in lettere e per operatoridei beni culturali.In virtù di queste e di altre consi-derazioni, sulle quali non ci si di-lungherà ora, abbiamo ritenuto didare una direzione ben precisa ailavori, ponendo come momento for-te un Convegno, quale sede di a-pertura di un confronto tra biblio-teche, archivi e musei, in cui pro-porre un’alternanza di interventi diampio respiro, intercalati da espe-rienze relative ad aspetti operativie da buone pratiche concretamen-te avviate. È nato così il convegno“Fare Sistema. Il dialogo dei servi-zi culturali del territorio a trent’an-ni dalla nascita del Sistema Biblio-tecario Brescia Est”, svoltosi il 24ottobre 2008, presso la prestigiosasede di Villa Fenaroli Palace Hotela Rezzato (BS), i cui atti sono statirecentemente pubblicati dalle Edi-zioni CUSL di Milano.2

Beninteso, si tratta di un primo masignificativo e importante passo ver-so una direzione, quella del con-fronto tra gli obiettivi e le modali-tà concrete di erogazione dei ser-vizi, che potrebbe costituire la ci-fra comune dell’impegno futuro.

2. Qualche riferimentonormativo

Gli “istituti della cultura” (cioè gliarchivi, le biblioteche e i musei)sono considerati come una catego-ria unitaria, almeno nella lettera del-

che ha consentito di aprire un mo-mento di confronto all’interno deltavolo tecnico che riunisce i bi-bliotecari delle biblioteche del Si-stema.1

2. Il dialogo, finalizzato al miglio-ramento dei servizi, deve però perforza aprirsi ad altri interlocutorioltre le biblioteche. In questo sen-so dobbiamo ritenere interlocutoritutti coloro che operano nel campodell’informazione, della formazio-ne e della diffusione della cono-scenza. Che poi perseguano i pro-pri obiettivi non solo attraverso illibro, ma anche ricorrendo ad altrisupporti su cui sono riprodotte in-formazioni è un problema secon-dario. Non si sta forse tutti andan-do alla ricerca di supporti diversidalla carta? Non si sta ormai sosti-tuendo al tema del possesso il te-ma dell’accesso alle risorse?In un quadro così connotato si è ri-cevuto un significativo input dallaPrima conferenza biblioteche, ar-chivi e musei, organizzata dalla Re-gione Lombardia il 15 novembre2007 con l’intento di valutare se fos-se il caso di far sedere attorno a unostesso tavolo i tre interlocutori isti-tuzionali più prossimi tra loro: lebiblioteche, gli archivi e i musei. Elo-quente in questo senso era anche iltitolo dell’iniziativa: “Integrare i ser-vizi: una sfida per le nuove profes-sioni della cultura”.Il dialogo dei servizi culturali è untema certo non nuovo ma proba-bilmente da riscoprire in quantonegli ultimi anni, complice un’ideadi distinzione e differenziazione deisaperi forse un po’ troppo rigida-mente intesa, non è stato affronta-to scandagliando criticamente tuttele sue potenzialità. Il trentennale di fondazione del Si-stema poteva essere un’occasionepropizia per gettare un ponte traquesta storia di biblioteche che han-no già fatto rete e gli altri serviziculturali che si stanno muovendonell’ottica della cooperazione, manon sempre con progetti capaci di

la norma, dal Codice dei beni cul-turali e del paesaggio (art. 101, D.Lgs.42/2004). Tuttavia la loro storia e laloro evoluzione sono contrassegna-ti da una sorta di allontanamentoreciproco, quasi di una separazio-ne volutamente progettata.3 Le ra-gioni derivanti da un metodo di la-voro specifico per ciascuno dei treservizi, le differenti caratteristichedei profili professionali degli ope-ratori, l’interazione con documentidi tipologia distinta e particolare(da un lato la documentazione pre-valentemente amministrativa, dal-l’altro i supporti dell’informazionee della lettura, dall’altro ancora i te-stimoni della cultura materiale) so-no certamente fattori che spieganole ragioni di una evoluzione per per-corsi separati, ma non ne giustifi-cano fino in fondo i presupposti.Peraltro i percorsi di allontanamen-to sono piuttosto recenti, se pen-siamo per esempio che la scelta didistinguere il materiale d’archivioda quello di biblioteca, in nomedella connotazione (presuntivamen-te) più scientifica e giuridica delprimo e letteraria del secondo, fuoperata nel 1867 nel corso del Con-gresso internazionale di statisticache ebbe luogo a Firenze.4

Infatti, se riportiamo le origini deiservizi culturali alla loro storia piùantica, molte delle distinzioni chea noi oggi paiono così chiare losono in realtà molto meno: bastivalutare il fatto che numerosi do-cumenti dell’antichità, scritti su va-ri supporti e oggi custoditi nei mu-sei in qualità di reperti archeologi-ci, sono in realtà afferenti, per lo-gica e per materia, alla sfera deidocumenti d’archivio, dato che sisono formati in contesti contabilied amministrativi, o addirittura al-la sfera dei documenti di bibliote-ca, qualora riportino testi non con-notati dalla mera strumentalità.A maggior ragione, dalla prospetti-va di un potenziale fruitore, si co-glie con facilità il paradosso delmoderno spirito catalografico e si-

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stematizzatore: può essere il fatto-re “pubblicazione” a determinare seun carteggio sia da collocare in ar-chivio o in biblioteca? E che diredel materiale di interesse locale?È lapalissiano che le culture chehanno prodotto i testimoni oggicustoditi, tutelati, promossi, valo-rizzati da questi istituti non lo han-no fatto con la finalità di una tri-partizione stagna o della settoriali-tà. La scelta di istruire percorsi dif-ferenti si pone come una questio-ne di libera volontà, soggetta dun-que a poter essere modificata e in-vertita (certo non stralciata!), a cer-te condizioni.Il compito che ci si pone di fronteoggi è primariamente quello di pen-sare ai punti di contatto tra gli isti-tuti della cultura, nello spirito delservizio pubblico, e di comprende-re quale minimo comune denomi-natore possa collegare gli archivi, lebiblioteche e i musei. In secondoluogo, occorre valutare quale per-corso, anche da un punto di vistaeconomico e amministrativo, sia piùvantaggioso per arrivare a un’offer-ta integrata di servizi. Infine, è ne-cessario delineare il quadro delleprofessionalità oggi disponibili neiservizi culturali del territorio percomprendere quali siano i settorida potenziare, anche con l’introdu-zione di figure di alta specializza-zione, in modo che la nostra offer-ta sia qualitativamente elevata, con-correnziale rispetto a un panoramache, come si avrà modo di vedere,si sta sempre più connotando comedinamico ed espansivo.Il D.P.R. 1409/63 promuoveva lacreazione di consorzi archivistici dicarattere territoriale con l’obiettivodi fronteggiare le innegabili diffi-coltà logistiche ed economiche con-nesse alla gestione degli archivi sto-rici mediante forme associate am-pie, finalizzate alla produzione dieconomie di scala.5 Tuttavia, comedimostra un’indagine effettuata inLombardia, “l’esperienza consorti-le […] è apparsa, sul medio perio-

do, di difficile attuazione per ra-gioni diverse: conflitti di campani-le, difficoltà di ordine burocraticoinsite nella figura giuridica del con-sorzio, scarso interesse da parte de-gli amministratori ecc.”.6

In effetti, è sotto gli occhi di tuttil’evidenza che “in aree caratterizza-te dalla presenza di comunità pic-cole e medio piccole, cioè nellamaggior parte del territorio nazio-nale, le amministrazioni locali nonsono in grado di affrontare in pro-prio gli interventi di ordinamento einventariazione, né di gestire diret-tamente il servizio archivistico conun minimo di continuità”.7

Forse per queste ragioni, che sonoprimariamente di ordine economi-co, molti Comuni, all’indomani del-l’approvazione del DPR 1409/63,hanno preferito depositare il pro-prio archivio storico presso il loca-le Archivio di Stato.8

È significativo citare un dato pro-dotto dall’Ufficio centrale per i be-ni archivistici, secondo il quale “neltrentennio 1963-1992 sono stati ben215 gli archivi di enti locali depo-sitati presso gli Archivi di Stato,mentre quelli restituiti sono statiappena 16 (pari a meno del 10 percento di quelli depositati)”.9

Con una battuta si potrebbe sinte-tizzare che per gli enti locali gli ar-chivi storici sono un problema enon una risorsa. Eppure è di tuttaevidenza che nell’archivio storicosono contenuti i documenti che so-li consentono una qualche fedede-gna ricostruzione della storia e del-l’identità di una comunità, ne com-provano diritti e privilegi assunti inantico, permettono di dirimere que-stioni di lungo corso e foriere digravi implicazioni fra cittadini, co-stituendo un fattore produttivo euna fonte del diritto.Un aspetto da non sottovalutare èdeterminato dal fatto che l’affida-mento dell’archivio alla bibliotecaè considerato troppo spesso un me-ro deposito e non un’occasioneper realizzare un’offerta integrata

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di servizi. In questa visione preva-le la primigenia idea, statica e pas-satista, di archivio quale edificio,quale deposito, non certo una vi-sione dinamica legata alla possibi-lità di investire nella valorizzazio-ne della documentazione di cuil’archivio è custode. Non sono man-cate e tuttora non mancano le po-lemiche riguardo al deposito dellecarte d’autore: è preferibile depo-sitarle presso la biblioteca che ma-gari già accoglie la biblioteca pri-vata (facilitando la ricerca agli stu-diosi!), oppure depositarle in ar-chivio come la tipologia del mate-riale documentario consiglierebbe?Su questo punto si aprono impli-cazioni riguardo ad alcune que-stioni logistiche ed organizzative,ma anche per quanto attiene le ca-ratteristiche professionali del per-sonale chiamato a gestire i servizi.Prendendo a esempio il caso dellaRegione Lombardia, si può consta-tare che da quasi un quarto di se-colo esiste una legge che reca “Nor-me in materia di biblioteche e ar-chivi storici di enti locali o di inte-resse locale”. Ci si riferisce natural-mente alla LR n. 81 del 14 dicem-bre 1985, che dedica però di fattoagli archivi solo l’articolo 20,10 cheprevede:

1. Gli enti locali provvedono, in con-formità alla normativa vigente, allaistituzione, all’ordinamento ed al fun-zionamento degli archivi storici adessi affidati, ai fini della loro con-servazione, conoscenza e pubblicouso.2. Gli enti locali provvedono a isti-tuire sezioni separate d’archivio e atrasferirvi i documenti prodotti unavolta che siano scaduti i termini perla loro conservazione negli uffici.3. Gli archivi storici possono trova-re collocazione nei locali della bi-blioteca per assicurare la conserva-zione e la consultazione degli stessi.4. Presso la biblioteca del Comunesono comunque depositati, per laconsultazione, gli inventari dell’ar-chivio storico del Comune mentrenella biblioteca centro sistema so-

no depositati per la consultazionegli inventari di tutti gli archivi stori-ci dei Comuni aderenti al sistemabibliotecario locale.5. La responsabilità degli archivi sto-rici è affidata ad archivisti in pos-sesso del titolo di studio specifico.

Non esiste, quindi, una reale pro-spettiva di sinergia. Esiste piuttostouna opzione prevista dalla leggeche è quella di depositare l’archi-vio in biblioteca, affidandone peròla responsabilità a chi abbia un ti-tolo di studio specifico che, stantela forma apodittica del testo di leg-ge, diventa una autentica condiciosine qua non.Ma allora: quali sono le possibiliforme di integrazione tra i serviziculturali che si possono prospetta-re nel nostro territorio? Quali le dif-ficoltà da superare? Quali le strate-gie e le sinergie da porre in cam-po per intraprendere un percorsoverso l’integrazione?Innanzitutto conviene sottolineareche per costruire una logica di dia-logo è indispensabile focalizzarel’attenzione non tanto sul possessodei documenti, quanto sull’accessoa essi. Infatti, le tipologie di docu-mentazione che gli istituti dellacultura conservano e tutelano so-no troppo differenti per costituireil presupposto alla cooperazione.Se però si imposta il problema intermini di accesso, allora la pro-spettiva assume connotazioni nuo-ve. Con riferimento anche alla pos-sibilità di ricorrere alle tecnologieinformatiche, l’accesso ai documen-ti, la loro promozione, la loro di-vulgazione sono tutte questioni chepossono essere affrontate in co-operazione anche tra servizi diffe-renti. Certamente questo presup-pone che archivi, biblioteche e mu-sei ospitino patrimoni inventariati,catalogati, collocati e che vi sianorisorse umane sufficienti, per nu-mero e per professionalità peculia-ri, per ragionare sullo sviluppo diservizi che comunque sono già co-

stituiti in tutti i loro aspetti fonda-mentali e già avviati al funziona-mento.Bisogna infatti dire che non si puòparlare di cooperazione tra istitutiche presentano carenze organizza-tive e gestionali o inefficienze gra-vi. Pertanto, è fondamentale che gliarchivi siano a posto esattamentecome lo debbono essere le biblio-teche e i musei, se si vuole che ildialogo possa incominciare ed es-sere portato avanti con buone pro-babilità di successo.Alla luce delle premesse sin qui de-lineate si è ritenuto di far sedereattorno allo stesso tavolo alcuni rap-presentanti dei tre servizi culturali,con una domanda lasciata sullo sfon-do, ma da non dimenticare: non haqualcosa di paradossale il fatto che,oggi, vi siano le condizioni (lingui-stiche, tecnologiche, logistiche) perunire ciò che fino a ora è stato di-viso, mentre non si riesce a riuni-re (in un dialogo comune) ciò chenella specializzazione dei saperi èstato considerato unitario?

3. Il Convegno

Il convegno, a cui si è fatto riferi-mento all’inizio, si è tenuto il 24ottobre 2008 ed è stato fondamen-talmente diviso in due parti. Nellamattinata si sono susseguiti unaserie di interventi di carattere teo-rico volti a inquadrare il problema;nel pomeriggio sono state presen-tate alcune esperienze, bresciane enon, in cui è stata sperimentata inconcreto una qualche integrazionetra i servizi culturali del territorio.Dopo una breve introduzione diLuigi Bonometti, responsabile delSettore cultura del Comune di Rez-zato, Paolo Traniello, dell’Univer-sità degli studi Roma Tre, ha pro-posto una sintetica ma efficace pa-noramica della parabola individua-bile nell’esercizio dell’autonomialocale in campo bibliotecario dal det-tato costituzionale del 1948 a oggi,

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vero, in quanto le biblioteche vo-lentieri servono tutte le fasce dipubblico e cercano di soddisfare levariegate richieste provenienti dalterritorio. Tuttavia le biblioteche nondebbono dimenticare, e quindi nondebbono far dimenticare, di essereanche, se non prima di tutto, illuogo dell’informazione e della co-noscenza. Diversamente esse nondifferirebbero da una qualsiasi ban-carella del libro o da un esposito-re di novità di un centro commer-ciale o dallo scaffale virtuale di unqualsiasi motore di ricerca (comenon pensare all’attualissimo feno-meno di Google Book Search?).Il dialogo dei servizi culturali po-trebbe accreditare, tra le mille sfac-cettature che il servizio di bibliote-ca pubblica può e deve assumere,quella della biblioteca che fa ricer-ca e che si apre senza paura allacollaborazione con un altro servi-zio culturale del territorio. Già, per-ché se la biblioteca è il luogo del-la conoscenza, essa lo è in parti-colar modo per la conoscenza le-gata alla realtà locale, visto che inastratto il concetto di “conoscen-za” riuscirebbe troppo ampio per-ché qualcuno possa anche solo so-gnare di poterlo avvicinare o peg-gio possedere. Quindi la bibliote-ca comunale, luogo della pubblicalettura per eccellenza, dimostra disaper dialogare con i luoghi dellaconservazione, della tutela ma an-che della valorizzazione e della frui-zione aperta a tutti di quanto si co-nosce e si possiede delle vicendeoccorse al nostro territorio e più ingenerale del patrimonio umano diconoscenze e di abilità celato dallaespressione “cultura materiale”. È certamente ancora utile richia-mare i dati dell’indagine I cittadinie il tempo libero svolta dall’ISTATnel 2006 che, rispetto alla prece-dente del 2000, mostra come “il60,5% della popolazione italiana di6 anni e più dichiara di aver lettoalmeno un libro negli ultimi 12mesi, una percentuale in crescita

costante dal 1993. Una quota con-sistente di essi – 12,8% – legge e-sclusivamente alcuni generi di li-bri, come, ad esempio, guide turi-stiche, libri per la casa, libri di cu-cina: se si prescinde da questa ca-tegoria di “lettori morbidi”, i tassidi lettura calano al 47,7%”.15 Nelcommentare i dati ISTAT, StefanoParise inserisce una interessante pre-cisazione relativa alle biblioteche:

Per quanto riguarda l’utilizzo dellebiblioteche, pur con una serie di li-miti di impostazione dovuti all’as-senza di una distinzione fra tipolo-gie bibliotecarie, l’indagine ha evi-denziato:– una diminuzione dei frequentan-

ti: l’11,7 [%] della popolazione di11 anni e più è stata in bibliotecaalmeno una volta negli ultimi 12mesi (nel 2000 era il 13%);

– una diminuzione della percentua-le di lettori che sono venuti inpossesso dell’ultimo libro letto at-traverso il prestito bibliotecario(5,4%, era il 6% nel 2000);

– una forte fidelizzazione dell’uten-za;

– il permanere di una fortissima di-somogeneità fra le varie zone delPaese […].

Le biblioteche si confermano inol-tre luogo dell’apprendimento: oltrela metà dei frequentanti (51,7%) lofa per motivi di studio e lavoro (erail 52,3% nel 2000), il 36,4% solo peril tempo libero (era il 43,6% nel2000), il 10,5% per entrambi i moti-vi (era l’1,5% nel 2000).16

Se confrontiamo questi dati con l’in-dice di impatto delle bibliotechedel Sistema o meglio ancora con lapercentuale di utenti attivi emergeche l’attrattività è ancora troppobassa anche rispetto a quel nume-ro di persone che si dichiarano let-tori abituali. Questi dati, inoltre, con-fermano che c’è una netta propen-sione nel pubblico a servirsi dellabiblioteca per motivi di studio e la-voro prima ancora che per il tem-po libero. Naturalmente questo do-vrebbe interrogarci molto sia ri-spetto alle scelte negli acquisti sia

rispetto ai programmi e ai progettidi promozione.Possiamo e forse dobbiamo usciredall’ambito della biblioteca che siaccredita forse eccessivamente co-me luogo di evasione e di intratte-nimento, per entrare invece nel-l’ambito della biblioteca che richia-ma tutti a una riflessione: l’impor-tanza della lettura, forse più in ge-nerale dell’informazione e della co-noscenza, quale forma di respon-sabilità sociale.D’altronde è di comune intuizioneche all’aumento del livello cultura-le di un popolo, che si misura disolito tramite l’assiduità della lettu-ra oltre che tramite il livello dei ti-toli di studio mediamente conse-guiti dai cittadini, corrisponde unaumento della ricchezza disponibi-le.17 Banalizzando si potrebbe direche un popolo che legge è un po-polo più ricco (vale però anche ilcontrario). A livello di singoli, unapersona che legge ha più possibi-lità di incrementare e migliorare lapropria condizione non solo cultu-rale in senso lato, ma anche eco-nomica. La biblioteca pubblica og-gi più che mai desidera sottolinea-re la sua vocazione a essere il luo-go della conoscenza e della infor-mazione e quindi il luogo di rea-lizzazione della cittadinanza attivae democratica, del benessere so-ciale ed economico della popola-zione. Con possibilità di successo,probabilmente, direttamente pro-porzionali alla capacità di aprirsi aun dialogo franco, sereno e senzapreclusioni con gli altri servizi cul-turali del territorio.Nella storia delle biblioteche, nonsolo in Italia, il capitolo del dialo-go con gli altri servizi culturali haun ruolo molto importante per quan-to riguarda lo sviluppo e il miglio-ramento del servizio all’utente.Questo lungo, quasi secolare, svi-luppo non può che rappresentareuno stimolo a ulteriori e più utilicollaborazioni, facendo assumerealle biblioteche e ai sistemi biblio-

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tecari, allo stesso tempo, un ruologuida in questo processo. Non per-ché le biblioteche siano migliori ri-spetto ad altri servizi, ma proprioin virtù di questa più lunga espe-rienza nel campo della coopera-zione.18 A questo si aggiunga poiche la biblioteca è, come ha giu-stamente osservato Giovanni Soli-mine, tra le istituzioni culturali delterritorio probabilmente la più ra-dicata.19

Proprio di questa lunga storia dicooperazione, che ha costruito si-stemi, reti, contatti e collaborazio-ni anche a livello internazionale, èpossibile far tesoro nella costruzio-ne di reti territoriali di servizi cul-turali.

5. Per concludere (ma non troppo)

Essendo di fronte a scenari che siaprono, non è possibile ovviamen-te trarre conclusioni definitive. Sivuole nondimeno porre due inter-rogativi, che rilanciano quanto e-merso nel Convegno e possono,anche alla luce della pubblicazio-ne degli atti, stimolare il dibattito.

Un’integrazione impossibile?

Il convegno, corredato da una ri-flessione pregressa, concomitantee successiva, ha fatto anche emer-gere alcune critiche a questa op-zione di sviluppo che si potrebbe-ro sintetizzare, semplificando mol-to, in due tipologie:1. il pericolo che questo processoporti a uno svilimento complessi-vo delle singole realtà coinvolte,senza che ci sia un effettivo mi-glioramento di servizio;2. il rischio che aumentino le in-combenze (e le competenze) per ilbibliotecario che già faticosamentesegue i servizi di biblioteca e che sitroverebbe così costretto a gestireanche altre realtà che non gli com-petono.

In un periodo di evidente contra-zione economica, e lo si vede a li-vello internazionale, è facile cede-re alla tentazione dell’arroccamen-to, che presenta indubbiamente pro-spettive a prima vista più stabili. Inquesto settore, invece, non è forsepiù opportuno cercare di ottimiz-zare le risorse a disposizione? Intale ottica, unire gli sforzi puntan-do al servizio può essere una so-luzione da tenere bene in conside-razione.

Perché l’integrazione?

Parlare di dialogo o integrazionedei servizi culturali del territoriosarebbe evidentemente inutile sequesto processo non presentassealcuni vantaggi. Alcuni di questi,in particolar modo quelli relativi auna maggiore e migliore articola-zione del servizio al cittadino, so-no già stati evidenziati, o comun-que traspaiono da quanto detto fi-nora. In primo luogo, dunque, sipuò dire che il primo a guada-gnarci è proprio il cittadino e giàquesto, per una pubblica ammini-strazione di qualunque livello, do-vrebbe essere un motivo sufficien-te per muoversi in tale direzione.C’è, però, un’ulteriore questioneche si può prendere in considera-zione. Ci si riferisce al fatto che giàil titolo del convegno milanese del2007 parlava di “nuove professionidella cultura”. Non si tratta cioèsolo o tanto di individuare dellediverse strategie per la gestionedei beni culturali, ma di pensarealla creazione e alla formazione dinuove figure di operatori dei beniculturali (che, oltre che conservati,vanno anche gestiti, incrementati,valorizzati ecc.). Occorrono cioè fi-gure professionali capaci di inte-grare in sé competenze relative almondo del libro, del documento,del bene museale o ambientale nel-le sue diverse sfaccettature. Per que-sto si è cercato, per questa iniziati-va, di coinvolgere anche studenti

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Basti per ora cercare di spiegaremeglio cosa si vuole intendere condialogo dei servizi culturali del ter-ritorio. Si vorrebbe fosse chiaro chenon si intende operare in modo damescolare le varie realtà ignoran-do le specificità di ognuna, ma pro-cedere sulla linea del completa-mento reciproco e del compimen-to della missione che i servizi cul-turali oggi sono chiamati ad assol-vere (quella di rivolgersi a tutti).L’obiettivo non è ragionare attornoa un “super-servizio” in cui sta den-tro tutto, ma piuttosto a un “meta-servizio”, che andando oltre le sin-gole peculiarità fornisca all’utenteun quadro complessivo del mate-riale documentario (archivistico, li-brario, museale) a sua disposizione.Ciò porterebbe all’apertura di piùampi orizzonti non solo nella di-sponibilità delle informazioni e delconseguente accesso, ma anche nel-la promozione della lettura e deiservizi (magari capace di coinvol-gere gli adulti, categoria che tradi-zionalmente diserta le biblioteche)e nel supporto alla didattica. Doveè stato avviato un dialogo tra i ser-vizi, si è visto che l’operazione dàalcuni risultati in termini non solodi servizio, ma anche di immaginee visibilità che sono la base per ar-rivare a essere capillarmente pre-senti all’interno della collettività. Èil caso, per rimanere nel brescia-no, della Valle Trompia, dove la Co-munità montana ha avviato da tem-po un apposito Servizio biblioteche,archivi e musei, che avendo ancheun’unica sede operativa, riesce agestire tutti i servizi (che rimango-no comunque realtà connotate insenso ben specifico e autonomo) ele attività culturali del territoriovaltriumplino. Pur nella specificità,anche di tipo economico, di unacomunità montana, non si può ne-gare l’interesse di questo esperi-mento, che ha anche ricevuto, pro-prio per la sua peculiarità, un co-spicuo finanziamento da parte del-lo Stato.

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universitari dei corsi di beni cultu-rali: si tratta di una sfida che riguar-da tanto chi insegna, quanto chi de-ve programmare il futuro delle no-stre istituzioni della memoria. Nonmancano, infatti, corsi universitariche mirano alla preparazione dioperatori nel settore dei beni cul-turali che poi, per una ragione oper l’altra, non riescono a trovareun naturale sbocco lavorativo ailoro corsi di studi. Si tratta di unapreoccupazione che le universitàdevono porsi e che il mercato dellavoro deve tenere in considera-zione. Non è infrequente, infatti,che sia più facile entrare nel mon-do delle biblioteche, soprattuttoquelle di pubblica lettura, attraver-so le cooperative che non attraver-so il mondo della formazione uni-versitaria. È evidente in questo sen-so la disparità, almeno sulla carta,di preparazione culturale che puòforse rappresentare un limite allosviluppo delle biblioteche. Il bi-bliotecario, infatti (ma lo stesso va-le in qualche modo anche per ilconservatore o l’archivista), non èun “normale” impiegato comuna-le, è molto di più.Ora, l’integrazione offre forse del-le possibilità anche a livello pro-fessionale.20 Avere figure che, an-che con piglio manageriale, sap-piano progettare e gestire il lavorosinergico di biblioteche, archivi emusei, a livello più o meno locale,può essere un elemento di qualitàper la promozione della cultura edel servizio al cittadino. Senza con-tare poi che, in tempi di ristrettez-za economica, l’affermazione dellapiena professionalità di chi dimo-stra di saper interpretare le neces-sità e le potenzialità di una offertaampia e completa potrebbe costi-tuire un buon argomento per farpropendere l’amministrazione a pro-cedere con assunzioni di ruolo, piut-tosto che investire risorse per si-stemi di automazione che possanoassorbire alcune standardizzate pro-cedure un tempo manuali.

Note

* Pur nascendo da un lavoro comunesi intende che i paragrafi 1, 2 e 4 sonodi Alberto Bettinazzi, 3 e 5 di LucaRivali.1 Si veda ora il volume LUCA RIVALI – AL-BERTO BETTINAZZI, Carta delle collezionidel Sistema bibliotecario Brescia Est,Milano, CUSL, 2008.2 Fare Sistema. Il dialogo dei serviziculturali del territorio a trent’anni dal-la nascita del Sistema Bibliotecario Bre-scia Est. Atti del Convegno Rezzato (BS),Villa Fenaroli Palace Hotel, 24 ottobre2008, a cura di Luca Rivali, Milano,CUSL, 2009.3 Per una trattazione delle norme rela-tive al servizio di biblioteca è sempreutilissimo DARIO D’ALESSANDRO, Il codi-ce delle biblioteche, Milano, Editrice Bi-bliografica, 20072.4 Per una panoramica su alcune que-stioni legate a questo evento si riman-da a ELIO LODOLINI, Storia dell’archivi-stica italiana. Dal mondo antico allametà del secolo XX, Milano, Franco An-geli, 2001, p. 185-188. Per quanto ri-guarda il tema che qui interessa si ve-da anche ID., Archivistica. Principi eproblemi, Milano, Franco Angeli, 2000,p. 285-298.5 Art. 30, c. 2 del D.P.R. 1409/63, suc-cessivamente abrogato dall’articolo 166,D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.6 ROBERTO GRASSI, Archivi storici e la-voro per progetti, San Miniato, Archi-lab, 2000, p. 16.7 Ivi, p. 14.8 In virtù del prescritto normativo del-l’art. 34, c. 1 del D.P.R. 1409/63, oraabrogato dall’articolo 166 del D.Lgs. 29ottobre 1999, n. 490.9 I dati sono presi da ROBERTO CERRI,L’archivio storico dell’ente locale comeservizio pubblico, San Miniato, Archi-lab, 1999, p. 17, nota 10.10 A stretto rigore di termini è dovero-so menzionare anche l’articolo 17 ru-bricato “Formazione del personale perle biblioteche, gli archivi storici e i re-lativi servizi”, che è però meno perti-nente al tema che si sta trattando.11 Qualche notizia alla pagina webhttp://www.valletrompia.it/or4/or?uid=esy.main.index&oid=17982 (ultimaconsultazione 13 febbraio 2009).12 Si veda la pagina web del progettoall’indirizzo http://www.archividelcre-

masco.it (ultima consultazione 13 feb-braio 2009).13 Se ne veda la pagina web <http://www.museiarcheologici.net/index.php> (ultima consultazione 13 febbraio2009).14 Si veda, per esempio, GIOVANNI SO-LIMINE, Leggere dentro i dati sulla lettu-ra in Italia, “Bollettino AIB”, 48 (set-tembre 2008), n. 2/3, p. 233-248.15 STEFANO PARISE, La formazione delleraccolte nelle biblioteche pubbliche, Mi-lano, Editrice Bibliografica, 2008, p. 65.16 Ibidem, nota 21.17 Questa considerazione vale un po’per tutte le epoche storiche: si vedaper esempio il bel libro di ARMANDO

PETRUCCI, Prima lezione di paleografia,Roma-Bari, Laterza, 20074.18 Si veda per approfondire l’interven-to di Giorgio Lotto, della Biblioteca Ci-vica Bertoliana di Vicenza al convegno,organizzato dalla sezione Veneto del-l’AIB, Musei, biblioteche, archivi: unaconvergenza possibile (Padova, 18 gen-naio 2007), disponibile online all’indi-rizzo <http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/s070118/lotto.htm> (ultima con-sultazione 11 febbraio 2009).19 GIOVANNI SOLIMINE, La biblioteca. Sce-nari, culture, pratiche di servizio, Ro-ma-Bari, Laterza, 20052.20 A tal proposito si veda anche la ri-flessione proposta all’interno del pro-getto “Professioni e mestieri per il pa-trimonio culturale” promosso dalla Re-gione Lombardia al sito web <http://www.mestiericultura.it/> (ultima con-sultazione 22 febbraio 2009).

Sistemi bibliotecari

Biblioteche oggi – settembre 2009

Some theoretical and practical con-siderations about how to establishstrict relations between public libra-ries, archives and museums (a “dia-logue of cultural services”, in au-thors’ words), in order to offer a bet-ter service to citizens. In the authors’ vision, it is the waynot only to supply a larger amountof information, but even to streng-then culture and public knowledgein modern societies.

Abstract

29-36Sist.biblio-Bettinazzi.qxd 17-09-2009 14:19 Pagina 36