Download - Pietro Monti - Ischia : La Rassegnaischialarassegna.com/rassegna/Rassegna2015/rass02-15/rass02-15.pdf · Il cippo onorifico di Seia Spes 18 Rassegna Libri ... terrestre. Segue l'Academos

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Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportiviDir. responsabile Raffaele Castagna

Anno XXXVIN. 2

Aprile / Maggio 2015

Euro 2,00

Chiese minori del territorio di Campagnano

The Buchner BoxesLe cassette di G. Buchner

Don Pietro Monticentenario della nascita

Eventi di Pasqua 2015

Uno strano triangolo Liguria, Sicilia, Ischia

Epigrafe - Lacco AmenoCippo di Seia Spes

Itinerario e descrizionedell'isola d'Ischia (1826)

Fëdor BuslaevRicordi del viaggiatore russo a Ischia nel 1840

Santa RestitutaStoria e leggenda

La Rassegna d’IschiaIn questo numero 3 Isola d'Ischia Eventi di Pasqua

4 Laurea Apollinaris per Pasquale Balestriere

5 Ex libris Guy de Maupassant "La vie errrante..."

8 Lacco Ameno Strutture del porto danneggiate

9 Uno strano triangolo Liguria, Sicilia, ISCHIA

15 Epigrafe da Ischia IlcippoonorificodiSeiaSpes

18 Rassegna Libri - Le cassette di Giorgio Buchner - Rizzoli la storia di una grande famiglia

20 Fonti archivistiche Campagnano : Le cappelle di S. Michele e di S. Sebastiano martire 25 Don Pietro Monti Centenario della nascita Scavi e Museo di S. Restituta Pubblicazioni di P. Monti 35 Notizie

36 Guida 1826 Itinerario e descrizione dell'isola d'Ischia

45 Gaetano Ponzano Poesie

46 Viaggiatori russi "Soltanto sull'isola d'Ischia..." Ricordi inediti di Fëdor Buslaev.. 1840

58 Capitale italiana della cultura

58 Andar per sentieri - Sette giorni di itinerari di trekking

59 Lacco Ameno 17 maggio : S. Restituta Storia e leggenda

Periodico bimestrale di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi

Anno XXXVI - n. 2Aprile / Maggio 2015

Euro 2,00

Editore e Direttore responsabile Raffaele Castagna

La Rassegna d’IschiaVia IV novembre 19

80076 Lacco Ameno (NA)Registrazione Tribunale di Napoli

n. 2907 del 16.02.1980Registro degli Operatori

di Comunicazione n. 8661.

Stampa : Press Up - Ladispoli (Roma)

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Chiuso in redazione il 19 marzo 2015

La Rassegna d’Ischia n. 2/2015 3

Eventi di PasquaActus tragicus - Venerdì 3 Aprile 2015 si svolge a Forio la manifestazione religiosa “Actus Tragicus”, dramma sacro della passione e morte di Gesù, la cui conclusione (crocifissione di Gesù e dei ladroni) av-verrà sul piazzale della chiesa del Soccorso. I figuranti indossano costumi disegnati e realizzati da un artigiano foriano. La processione, partendo dalla contrada di Monterone, attraversa le strade del pa-ese, lungo le quali si rappresentano le varie stazioni con gli eventi che portarono alla condanna e morte di Gesù Cristo.

Corsa dell’Angelo - A Forio, Lacco Ameno e Casa-micciola la domenica di Pasqua si svolge la manife-stazione-processione che va sotto il nome di “Corsa dell’Angelo”. Ecco come viene descritta la festa della Corsa dell’Angelo di Forio da Sybil Fitzgerald nel 1904 in un suo testo1 su Ischia e Capri. Domenica di Pasqua - Tra le ore undici e mezzogior-no una folla numerosa si raccoglie sui due lati della strada principale che inizia dopo la chiesa di Santa Maria di Loreto. Lungo questa strada, portate in spal-la dagli uomini, due statue di legno dipinte avanzano lentamente. Rappresentano le figure di San Giovanni e di Maria Vergine, i cui volti sono coperti da un gran-de velo nero. Davanti a loro procede la Congregazione di S. Maria Visitapoveri in lunghe bianche cotte; e in mezzo a loro è portato un grande Angelo dorato; e per ultima una statua di Cristo, risorto e trionfante. Ad un determinato segnale lo stendardo della Congregazio-ne è fatto ondeggiare; il Cristo rimane fermo; e l’An-gelo, dopo essersi inchinato di fronte a Lui in segno di saluto, gira ed è portato, in piena velocità, attraverso il passaggio lasciato dagli spettatori ad annunciare alla Vergine che suo Figlio è risorto. La Vergine rifiuta di credere, e l’Angelo ritorna dal Cristo a dirGli ma-linconicamente del suo insuccesso. Di nuovo va dalla Vergine, ma di nuovo del tutto invano e ritorna; ma è mandato ancora nella sua urgente missione alla Santa Madre che ora comincia, mezzo titubante, a muoversi lentamente in avanti. Gioiosamente l’Angelo riporta questo al Figlio che ancora una volta lo spedisce per incoraggiare San Giovanni e Sua Madre; ambedue finalmente credono, e accorrono per vedere da sé la grande verità. Durante questa scena curiosa della rappresentazione del miracolo, il popolo continua a cantare sonoramente il Regina Coeli; ed all’incontro della Madre e del Figlio il velo della Vergine è fatto cadere, colombi e piccoli uccelli sono lasciati volare intorno, da ogni finestra e da ogni tetto si gettano co-riandoli, e dai campanili le campane annunciano che la cerimonia è finita. Poi gradualmente la massa di

1 A. & S. Fitzgerald, Naples, 1904. Ischia e Capri – Imagaenaria Edizoni Ischia, 2008

persone umane nel loro brillante vestito di festa sem-bra sciogliersi e svanire come un caleidoscopio che si dissolve, e le strade riprendono il loro tranquillo ca-rattere.

Pellegrinaggio del popolo di Casamicciola al Santuario di S. Restituta – La processione, in partenza dalla Parrocchia di S. Maria Maddalena, at-traverso via Eddomade, si porta a Lacco Ameno, le cui autorità si uniscono al corteo in località Fundera. Preghiere e canti si intrecciano, come ringraziamen-to, presso l’altare di Santa Restituta. Il tradizionale rito si riannoda ad un fatto luttuo-so accaduto sull’isola, ma riesce difficile precisarne una data: forse la peste del 1656, forse il colera del 1837 o quello del 1854. «È certo però – scrive don Pasquale Polito nella sua monografia su Lacco Ame-no2 – che tutta l’isola si obbligò per voto a compiere ogni anno il pellegrinaggio alla Chiesa di S. Resti-tuta. Per l’adempimento i sei Comuni fissarono la settimana dopo Pasqua. Forse perché in quei giorni era scoppiata o cessata la calamità, forse perché la popolazione, allora in gran parte agricola, era più libera dai lavori dei campi, forse per altre ragioni non giunte sino a noi. Con il tempo il ricordo si affievolì, l’adempimento apparve assai difficile, considerate le distanze e la mancanza di mezzi di trasporto; soltanto Casamic-ciola, paese vicino e limitrofo, ha continuato a man-tenere viva la tradizione del pio pellegrinaggio».

2 Pasquale Polito, Lacco Ameno : il paese, la protettrice, il folclore, 1963.

Giardini Ravino - MERISTEMA 2015(27 – 28 marzo 2015)

Abbastanza Eden nella terra dei mortali Progettazione e manutenzione del verde

Il giardinaggio è l'unica arte umana che per soprav-vivere necessiti della stretta collaborazione della na-tura, ed è questa simbiosi a conferirle un carattere effimero e imponderabile di mistero e precarietà, che, da sempre, affascina l’uomo. Nell’immaginario della cultura occidentale, come in quella orientale, il Giardino si pone all’origine di tutto. A cominciare da quell’Eden, sede del paradiso terrestre. Segue l'Academos platonica, poi il giardi-no "privato" di Epicuro dove si coltiva "l'in sé e per sé". Plinio il Giovane, che trascorse gran parte della sua vita nei giardini da lui stesso progettati, riteneva che solo in quei luoghi si potesse assaporare "una vita felice e vera", e che coltivare le piante fosse il miglior modo per coltivare se stessi. Il giardino claustrale dei Monasteri nel medioevo, fonte di cibo e di salute. La clausura salvifica ed edonistica di Boccaccio, che lo considerava un luogo di libertà sessuale e intellettua-le, uno scenario per discussioni filosofiche e una me-dicina per il corpo e per l'anima.

4 La Rassegna d’Ischia n. 2/2015

Università Pontificia Salesiana

Laurea Apollinaris per

Pasquale Balestriere La Giuria della Laurea Apollinaris Poetica e del Certamen Apollinare Poeticum ha assegnato la Laurea 2015 al poeta Pasquale Balestriere con questa motivazione: «Il poeta con le diverse raccolte, edite a se-guito dei numerosi riconoscimenti riportati in vari certamina, non è noto solo ad Ischia ed in Campania, dove vive ed è impegnato nella vita culturale e sociale, ma è conosciuto, ammirato e apprezzato nei più raffi-nati ambienti, nei quali si coltiva la grande poesia di derivazione clas-sica. Tra le numerose raccolte del poeta, per l’impegno, il lirismo, l’in-tensità dell’ispirazione e la validità del messaggio, si sono imposte alla nostra attenzione le brevi e significa-tive raccolte, condensate nei volumi: E il dolore con noi e Il sogno della luce. Il poeta eccelle per la raffina-ta scrittura poetica, la commossa e commovente rievocazione degli affetti più cari e sentiti, per i temi, che affronta e porge con squisita sensibilità e consumata raffinatezza. La consapevole intimità, unita allo scaltrito uso del verso mutuato dagli antichi maestri, dà vita ad un inten-so lirismo, che si piega sulla condi-

Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi (ora Congregazione per l’Educazione Cattolica) con Decreto del 3 maggio 1940 (Prot. N. 265/40) con il titolo «Pontificio Ateneo Salesiano». Del nuovo titolo Pontificia Studiorum Universitas Salesiana» (Università Pontificia Salesiana) l’Ateneo è sta-to decorato da S. S. Paolo VI con il Motu Proprio del 24 maggio 1973.

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PREMIO LETTERARIO “Maria Francesca Iacono”

Raccolte di poesie pubblicate da Pasquale Balestriere

E il dolore con noi, Menna, Avellino, 1979

Effemeridi pitecusane, La Rassegna d'Ischia-Rivista Letteraria Editrici,

Lacco Ameno (NA), 1994

Prove d'amore e di poesia, Gabrieli Editore, Roma,2007

Del padre, del vino, ETS, Pisa, 2009

Quando passaggi di comete, Carta e Penna Editore, Torino, 2010

Il sogno della luce, Edizioni del Calatino Castel di Judica (CT), 2011

Per crinali di luce e cune d'ombra, di prossima pubblicazione

zione dell’uomo e sull’ineluttabile cammino verso la morte, che schiu-de la via a gioie eterne e immortali, perché il poeta attinge a piene mani nel messaggio imperituro, scaturito dai testi sacri. Tutto questo pone il nostro poeta tra le voci più significa-tive della poesia odierna in Italia».L’Università Pontificia Salesiana è stata promossa dalla Società Sale-siana di S. Giovanni Bosco e canoni-camente eretta presso di essa dalla

Rivista Letteraria, quadrime-strale di Critica Letteraria e Cultura varia, edita e diretta da Giuseppe Amalfitano, indice la XXIV edizione (2015) del Premio Letterario “Maria Francesca Iacono” in una sezione unica: Poesia singola. Si concorre inviando n. 1 (una) lirica edita o inedita, in lingua ita-liana, non superiore a 40 (quaranta) versi dattiloscritti spazio 2 (i lavori che superano tali indicazioni non saranno presi in considerazione da parte della giuria) in numero di 4 (quattro) copie dattiloscritte e in uno dei due modi seguenti: a) con plico raccomandato con ricevuta di

na. Eventuali lavori segnalati ver-ranno pubblicati gratuitamente su “Rivista Letteraria”. La redazione del periodico or-ganizzatore del Premio potrà uti-lizzare, a sua discrezione, nel tem-po, anche i lavori non vincitori per eventuale pubblicazione gratuita su “Rivista Letteraria” senza richiedere autorizzazioni ulteriori agli autori. La giuria, il cui lavoro è insinda-cabile, si riunirà, salvo imprevisti, entro dicembre 2015. I membri sa-ranno resi noti a conclusione del Premio. La partecipazione al Con-corso implica l’accettazione di tutte le clausole del regolamento ufficiale (da richiedere).

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ritorno alla Segreteria di Redazione di Rivista Letteraria, Corso Gari-baldi, 19 (ex 15) - 80074 Casamic-ciola Terme (Napoli); b) tramite e-mail al seguente indirizzo: [email protected] Scadenza: 30 giugno 2015; la par-tecipazione al Concorso è completa-mente gratuita. Premi: a) Pubblicazione gratuita, in un numero di “Rivista Letteraria”, del lavoro vincitore. All’Autore pri-mo classificato verrà inviato quanto segue: b) n. 10 (dieci) copie del nu-mero di Rivista Letteraria con la pubblicazione del lavoro vincitore; c) un artistico diploma in pergame-

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EX-LIBRIS

Napoli, 5 Maggio 1885

Napoli si risveglia in pieno sole. Si sve-glia tardi come una bella ragazza del Mezzogiorno addormentata sotto un caldo cielo. Per le sue strade, dove non si vede mai uno spazzino, dove tutta la polvere, fatta da tutti i detriti, dai resti dei cibi consumati all'aperto, diffondono tutti gli odori nell’aria, comincia a scia-mare la popolazione turbolenta, gestico-lante, stridula, sempre eccitata, sempre infervorata, che rende unica questa cit-tà così gaia. Lungo le vie, le donne, le ragazze, vestite in abiti rosa o verde, la gola avvolta in foulard rossi, blu, tutti i colori più vividi, più sgargianti e più inaspettati, chiamano il passante per offrirgli ostriche fresche, ricci di mare, tutti i frutti di mare, come si dice, o be-vande di ogni tipo, ovvero arance, ne-spole, ciliegie, i frutti della terra. Esse strillano, si agitano, alzano le braccia, e le loro facce esprimono in una mimica

divertente e ingenua la qualità delle cose che offrono. Gli uomini, vestiti d’indicibili stracci, cenciosi, chiacchierano furiosamente o dormono al gran caldo del porto. Bam-bini, a piedi nudi, ci seguono ripetendo il grido nazionale: "Macaroni"; e i coc-chieri che vi vedono passare spingono su di voi i loro cavalli, come se voles-sero schiacciarvi, facendo schioccare le fruste con tutta la loro forza. Gridano: "Un bon voiture mousieu" e, dopo die-ci minuti di trattative, acconsentono di fare per dieci soldi una passeggiata per la quale avevano chiesto cinque franchi. Le piccole vetture a due posti vanno come il vento, fanno brillare al sole il civettuolo rame che copre la bardatura; e il cavallo, che non ha freni, ma le cui narici sono strette dai due tratti di una specie di leva, galoppa, batte la terra coi piedi, scalpita, finge di imbizzarrirsi,di infuriarsi, di voler spingervi contro

i muri, in quanto è esuberante, pavone-giante e buon diavolo, come il suo pa-drone. Le bestie che carri, o di ogni specie di servizio, portano sulla schiena un vero e proprio monumento di rame, una conve-niente sella a tre punte, con campanelli, banderuole, ornamenti di ogni genere, che ricordano i baracconi dei giocolieri, le moschee d Oriente, le pompe di chie-saedifiera.Ciòèpiacevole,vanitoso,divertente, sgargiante, un po' moresco, un po’ bizantino, un po’ gotico, e vera-mente napoletano. E lì, dominando la città, il mare, le pianure e le montagne, l'enorme cono del Vesuvio, sul lato opposto della baia, soffialentamenteecontinuamenteilsuofumo di zolfo che sale, come un enorme pennacchio, sulla sua vetta a punta, poi si diffonde attraverso tutto il cielo az-zurro che vela di nebbia perenne. Ma un piccolo orribile vapore dipinge consfumatureaguazzo,fischiauncol-po dopo l'altro per chiamare i passeggeri che vogliono visitare le tristi rovine di Ischia. Si parte lentamente, perché ci vorranno tre ore e mezzo per completa-

Guy de Maupassant (1850-1893)La vie errante - Venise, ISCHIA, Pêcheuses et Guerrières (1890)

Naples, 5 mai 1885

Naples s'éveille sous un éclatant soleil. Elle s'éveille tard, comme unebellefilleduMidiendormiesousuncielchaud.Parsesrues,où jamais on ne voit un balayeur, où toutes les poussières, faites de tous les débris, de tous les restes des nourritures mangées au grand jour, sèment dans l'air toutes les odeurs, commence à grouiller la population remuante, gesticulante, criante, toujours excitée,toujoursenfiévrée,quirenduniquecettevillesigaie.Lelongdesquais,lesfemmes,lesfilles,vêtuesderobesrosesouvertes, la gorge enveloppée de foulards rouges, bleus, de toutes les couleurs les plus vives, les plus criardes et les plus inatten-dues, appellent le passant pour lui offrir des huîtres fraîches, des oursins, tous les fruits de la mer comme on dit (frutti di mare), oudesboissonsdetoutenature,oudesoranges,desnèflesduJapon, des cerises, les fruits de la terre. Elles piaillent, s'agitent, lèvent les bras, et leurs visages aux plis mobiles expriment dans une mimique amusante et naïve les qualités des choses qu'elles vous proposent.Leshommes,enguenilles,vêtusd'innomablesloques,causentavec furie ou bien sommeillent sur le granit chaud du port. Des gamins, pieds nus, nous suivent en poussant le cri national: «Macaroni»; et les cochers qui vous voient passer lancent sur vous leurs chevaux comme s'ils voulaient vous écraser, en fai-sant claquer leurs fouets de toute leur force. Ils hurlent : «Un bon voiture, mousieu», et, après dix minutes de marchandage, ils consentent à faire pour dix sous une promenade pour laquelle ils avaient demandé cinq francs. Les petites voitures à deux places

vont comme le vent, font briller au soleil le cuivre coquet dont le harnais est couvert; et le cheval, qui n'a point de mors, mais dont les naseaux sont étreints par les deux grandes branches d'une sorte de levier, galope, bat la terre du pied, piaffe, fait semblant de s'emporter, de se fâcher, de vouloir vous briser contre les murs, car il est exubérant, paradeur et bon enfant, comme son maître.Lesbêtesquitraînentdescharrettes,outoutevoituredeser-vice, portent sur le dos un vrai monument de cuivre, une selle séante à trois sommets, avec sonnettes, girouettes, ornements de toute espèce qui font penser aux baraques des bateleurs, aux mosquées d'Orient, aux pompes d'église et de foire. Cela est joli, vaniteux, amusant, clinquant, un peu mauresque, un peu byzan-tin, un peu gothique, et tout à fait napolitain. Et là-bas, dominant la ville, la mer, les plaines et les mon-tagnes, le cône immense du Vésuve, de l'autre côté de la baie, souffled'unefaçonlenteetcontinuesalourdefuméedesoufre,quimonte tout droit, commeun panache énorme, sur sa têtepointue, puis se répand par tout le ciel bleu qu'il voile d'une brume éternelle. Mais un affreux petit vapeur dépeint, avec des nuances de tor-chonsale,sifflecoupsurcouppourappelerlesvoyageursquiveulent visiter les tristes ruines d'Ischia. Il part lentement, car il lui faudra trois heures et demie pour accomplir cette courte tra-versée,etsonpont,quinedoitêtrelavéqueparl'eaudespluies,est certainement plus malpropre que le pavé poudreux des rues. On suit la côte de Naples couverte de maisons. On passe devant

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re questa breve traversata, e il suo ponte, che dovrebbe essere lavato con l’acqua delle piogge, è certamente più sporco del polveroso pavé delle strade. Si segue la costa di Napoli coperta di case. Passiamo davanti la tomba di Vir-gilio. Là, di fronte, dall'altra parte del golfo, Capri innalza il suo doppio costo-ne roccioso sull’azzurro mare. Il battel-lo si ferma a Procida. La piccola città è meravigliosa. Si riprende la traversata.Infine,eccoIschia. Uno strano castello, arroccato su una roccia, costituisce l'e-stremità dell'isola e domina la città con cui comunica per mezzo di un lungo molo. Ischia ha sofferto poco; non vediamo nessuna traccia del disastro che ha rovi-nato per sempre, forse, la sua vicina. Il battello parte per quella che fu Casamic-ciola. La costa è affascinante. Essa sale dolcemente, coperta di verde, giardini, vigneti, sino alla sommità di una ripida salita. Un antico cratere, che fu in se-guito un lago, ora forma un porto dove si rifugiano le navi. Il suolo che il mare bagna conserva il marrone scuro delle lave, in quanto l'intera isola è solo una schiuma vulcanica. La montagna s’innalza, diventa enor-me, si dispiega come un enorme mor-

bido tappeto verde. Ai piedi di questa grande montagna si vedono rovine, case crollate, penzolanti, scoperte, casette rosa d'Italia. È qui. L’entrata in questa città morta è spaventosa. Nulla è stato rifatto, niente riparato,niente.Èfinito.Sonostatesolorimosse le macerie per cercare i morti. I muri franati per le strade vi formano ammassididetriti;ciòcherestainpie-di è rotto da tutte le parti; i tetti caduti nelle cantine. Guardiamo con orrore in quei buchi neri, perché laggiù ci sono ancora degli uomini. Non li abbiamo trovati tutti. Camminiamo in queste or-ribili rovine che attanagliano il cuore, andando di casa in casa, inciampiamo in cumuli di muratura sgretolata nei giar-diniinfiore,liberi,tranquilli,splendidi,pienidirose.Unprofumodifiorialeg-gia in questa miseria. Bambini vagano per questa strana moderna Pompei, per questa Pompei che sembra sanguinante, accantoall'altramummificatadalla ce-nere, bambini, orfani mutilati, che mo-strano le orribili cicatrici delle loro gam-bette schiacciate, vi offrono bouquets di fioriraccoltisuquestatomba,inquestocimitero che fu una città, e chiedono l'elemosina nel raccontare la morte dei loro genitori.

Ci guida un ragazzo di vent'anni. Ha perso tutta la sua famiglia e lui stesso è rimasto due giorni sepolto sotto i muri della sua casa. Se i soccorsi fossero ar-rivati prima, ha detto, si sarebbero potu-te salvare duemila persone in più. Ma i soldati arrivarono solo il terzo giorno. Il numero dei morti fu di circa quattromi-lacinquecento. Erano circa le dieci e un quarto di sera, quando si ebbe la prima scossa. La terra sisollevò,dicelagentedelposto,comese stesse per saltare in aria. In meno di cinque minuti la città fu a terra. La stes-sa cosa accadde di nuovo, ci viene assi-curato, due giorni dopo, alla stessa ora, ma non c'era più niente da distruggere. Ecco il grande albergo degli stranie-ri, che mostra solo i muri rossi, sbiaditi e scoloriti, mantenendo ancora il suo nome scritto in lettere nere. Cinquanta-cinque persone furono sepolte nella sala da ballo in piena festa, uomini e donne schiacciate mentre ballavano, abbrac-ciate e unite dalla sorpresa di questa morte improvvisa, in un connubio stra-no e brutale mescolante le loro carni di-laniate. Più lontano, furono trovati quaranta cadaveri, altrove venti, poi solo sei in una cantina. Nel teatro costruito in le-

le tombeau de Virgile. Là-bas, en face, de l'autre côté du golfe, Caprée lève sa double croupe rocheuse au-dessus de la mer bleue.Lebateaus'arrêteàProcida.Lapetitecitéestjolie.Onse remet en route. Enfin, voici Ischia.Un château bizarre, perché sur un roc,forme la pointe de l'île et domine la ville avec qui il commu-nique par une longue digue. Ischia a peu souffert; on ne voit aucune trace de la catastrophe qui ruinapour toujourspeut-êtresavoisine.Lebateaurepartpour ce qui fut Casamicciola. II suit la rive qui est charmante. Elle s'élève doucement, couverte de verdure, de jardins, de vignes, jusqu'au sommet d'une grande côte. Un ancien cratère, qui fut ensuite un lac, forme maintenant un port où les navires se mettent à l'abri. Le sol que la mer baigne a le brun foncé des laves, toute cette île n'étant qu'une écume volcanique. La montagne s'élève, devient énorme, se déroulant comme un immense tapis de verdure douce. Au pied de ce grand mont on aperçoit des ruines, desmaisons écroulées, pendues, entr'ou-vertes, des maisons roses d'Italie. C'est ici. L'entrée dans cette ville morte est effrayante. On n'a rienrefait,rienréparé,rien.C'estfini.Onaseulementchangéde place les décombres pour chercher les morts. Les murs ébou-lés dans les rues y forment des vagues de débris ; ce qui reste debout est crevassé de toutes parts; les toits sont tombés dans les caves. On regarde avec terreur dans ces trous noirs, car il y a encore des hommes là-dessous. On ne les a pas tous retrouvés. On va dans cette horrible ruine qui serre le cœur, on passe de maisonenmaison,onenjambedestasdemaçonnerieémiettée

danslesjardinsquiontrefleuri,libres,tranquilles,admirables,pleinsderoses.Unparfumdefleursflottedanscettemisère.Des enfants qui errent par cette étrange Pompéi moderne, par cettePompéiquisemblesaignante,àcôtédel'autremomifiéepar les cendres, des enfants, des orphelins mutilés, qui montrent les cicatrices affreuses de leurs petites jambes écrasées, vous offrent des bouquets cueillis sur cette tombe, dans ce cimetière qui fut une ville, et demandent l'aumône en racontant la mort de leurs parents.Ungarçondevingtansnousguide.IIaperdutouslessiensetilestdemeurélui-mêmedeuxjoursensevelisouslesmursdeson logis. Si les secours étaient venus plus tôt, dit-il, on aurait pu sauver deux mille personnes de plus. Mais les soldats ne sont arrivés que le troisième jour. Le nombre des morts fut de quatre mille cinq cents environ. II était à peu près dix heures un quart du soir quand la première secousseeutlieu.Lesols'estsoulevé,affirmentleshabitants,comme s'il allait sauter en l'air. En moins de cinq minutes la villefutparterre.Lemêmephénomènesereproduisit,assure-t-on,lesdeuxjourssuivants,àlamêmeheure,maisilnerestaitplus rien à détruire. Voici le grand hôtel des Etrangers, qui ne montre plus que ses murs rouges, déteints et pâlis, gardant encore son nom écrit en lettres noires. Cinquante-cinq personnes furent ensevelies dans lasalledebal,enpleinefête,jeunesfillesetjeuneshommes,écrasés en dansant, enlacés, unis ainsi par la surprise de cette mortfoudroyante,dansunmariageétrangeetbrutalquimêlaleurs chairs broyées. Plus loin, on trouva quarante cadavres, ici

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gno, gli spettatori furono risparmiati. I bagni: tre grandi stabilimenti crollati, dove sempre s’agitano, tra le macchine di sollevamento sfasciate, le sorgenti calde provenienti dal sottosuolo, così vicinochenonsipuòimmergereilditoin quest’acqua bollente. La donna che guarda le rovine ha perduto il marito equattrofiglie sotto imuridella casa.Comesipuòvivereancora? Nel macerie dell'albergo del Vesuvio furono trovati cento cinquanta cadave-ri; sotto le macerie dell'ospedale, dieci fanciulli; dove un vescovo, dove una famiglia molto ricca scomparsa in pochi secondi. Percorriamo e ripercorriamo le strade a dorso d’asino, perché la città è stata costruita su una serie di alture simili a onde di terra. E ogni volta che raggiun-giamo una sommità, scopriamo un pa-esaggio ampio e superbo. Di fronte il mare calmo e azzurro; lì, in una leggera foschia, la costa d'Italia, la costa classi-ca con rocce regolari; Capo Miseno la chiude in lontananza. Poi, a destra tra due monticelli, si vede sempre la vetta fumante del Vesuvio. Sembra essere il padrone minaccioso di tutta questa co-

sta, di tutto questo mare, di tutte queste isole che esso domina. Il suo pennacc-chio va lentamente verso il centro d’I-talia, traversando il cielo con una linea quasi retta che si perde all'orizzonte. Poi, intorno a noi, alle nostre spalle, in cima, vigneti, giardini, vigne di un ver-de così tenero, così dolce! Ci prende il pensiero di Virgilio, ci assale, ci osses-siona.Eccolabella terra,ch’egliamò,ch’egli cantò, la terra dove compose isuoi versi, i fiori del suo genio. Dallasua tomba, che si affaccia su Napoli, si vede Ischia. Infine, lasciamo le rovine ed ecco lacittà nuova dove si son rifugiati gli abi-tanti sopravvissuti. Si tratta di una po-vera città di tavole, una serie di casette di legno, miseri baraccamenti. Questo ricorda le ambulanze o le affrettate in-stallazioni dei primi coloni sbarcati su una nuova terra. In tutti i passaggi che fungono da strade tra queste casette, ve-diamo sciamare tanti bambini. Ma il piccolo vapore ci chiama col suo fischio;partiamopertornareaNapolialcalar della notte. Questa è l’ora in cui le carrozze lasciano l'elegante passeggiata della Chiaia.

Questa sii estende lungo il mare, deli-mitata dall'altro lato dai ricchi alberghi e da un bellissimo giardino pieno di alberi infiore.Quattrofiledivettures’incro-ciano, si mescolano, come al Bois di Boulogne nei suoi bei tempi, con meno lusso, ma con più sfarzo, con maggiore petulanza meridionale. I cavalli sembra-no sempre imbizzarrirsi, i conducenti di vetture e corricoli a due ruote fanno sempre schioccare le fruste. Donne mol-to belle castane si salutano con una gra-zia mondana, cavalieri si pavoneggiano, napoletani zerbinotti, in piedi sul mar-ciapiede, guardano la sfilata e gettanoriconoscimenti alle dame. Poi, improvvisamente tutto si disper-de; le vetture si precipitano verso la città come se una barriera che le bloccasse fosse scomparsa all'improvviso. Tutti i cavalli galoppano, a gara di velocità, eccitati dai cocchieri, sollevando nuvole di polvere, di quella polvere dai mille odori, così particolare a Napoli. Tuttofinito,lapasseggiataèvuota.Lestelle appaiono a poco a poco nell’oscu-rità. Virgilio disse: Majoresque cadunt altis de montibus umbrae. Ma laggiù, un enorme faro s’accende,

vingt, là six seulement, dans une cave. Le théâtre étant construit en bois, les spectateurs furent épargnés. Voici les bains : trois grands établissements écroulés, où s'agitent toujours, au mi-lieu des machines élévatoires disloquées, les sources chaudes venues du foyer souterrain, si proche qu'on ne peut plonger le doigt dans cette eau bouillante. La femme qui garde ces ruines perditsonmarietsesquatrefillessouslesmurs.delamaison.Commentpeut-ellevivreencore? Dans les débris de l'hôtel du Vésuve on retrouva cent cin-quante cadavres; sous les ruines de l'hôpital, dix enfants; ici un évêque, là une famille très riche disparue tout entière enquelques secondes. Nous montons et nous redescendons les rues en dos d'âne, car la ville était bâtie sur une suite de mamelons pareils à des vagues de terre. Et chaque fois que nous atteignons une hauteur, nous découvrons un large et superbe paysage. En face, la mer calme et bleue; là-bas, dans une brume légère, la côte d'Italie, la côte classique aux rochers corrects; le cap Misène la termine au loin, tout au loin. Puis, à droite, entre deux monticules, on aper-çoit toujours la tête fumanteetpointueduVésuve. Il sembleêtrelemaîtremenaçantdetoutecettecôte,detoutecettemer,de toutes ces îles qu'il domine. Son panache s'en va lentement vers le centre de l'Italie, traversant le ciel d'une ligne presque droite qui se perd à l'horizon. Puis, autour de nous, derrière nous, jusqu'au sommet de la côte, des vignes, des jardins, des vignes fraîches d'un vert si tendre, si doux! La pensée de Virgile vous envahit, vous pos-sède, vous obsède. Voilà bien la terre charmante qu'il aima, qu'il chanta,laterreoùontgermésesvers,cesfleursdugénie.Deson tombeau, qui domine Naples, on voit Ischia. Nous sortons enfin des ruines et voici la ville nouvelle où

s'est réfugié ce qui reste des habitants. C'est une pauvre cité de planches, une suite de cabanes en bois, de baraquements misé-rables. Cela rappelle les ambulances ou les installations hâtives des premiers colons débarqués sur une terre neuve. Dans tous les passages qui servent de rues entre ces cases, on voit grouiller beaucoup d'enfants.Maisl'affreuxpetitvapeurnousappelleàcoupsdesifflet;nousrepartons pour rentrer dans Naples à la nuit tombante. C'est l'heure où les équipages vont quitter la promenade élégante de la Chiaia. Elle s'étend, le long de la mer, bordée de l'autre côté par les hôtelsrichesetparunbeaujardinpleind'arbresfleuris.Quatrelignesdevoituress'ycroisent, s'ymêlent,commeauboisdeBoulogne dans ses beaux jours, avec moins de luxe sérieux, mais avec plus de clinquant, de pétulance méridionale. Les che-vauxonttoujoursl'airdes'emporter,lescochersdesfiacresetdes corricoles à deux roues font toujours claquer leurs fouets. De fort jolies femmes brunes se saluent avec une grâce sérieuse de mondaines, des cavaliers caracolent, des gommeux napo-litains,deboutsur le trottoir, regardent ledéfiléet jettentdescoups de chapeau aux dames souriantes des équipages. Puis soudain tout se débande; la foule des voitures s'élance verslavillecommesiunebarrièrequilesarrêtaits'étaitrom-pue tout à coup. Tous les chevaux galopent, luttant de vitesse, excitésparlescochers,soulevantdesflotsdepoussière,decettepoussière aux mille odeurs, si spéciale à Naples.C'estfini,lapromenadeestvide.Lesétoilesparaissentpeuàpeu dans l'espace obscurci. Virgile a dit :Majoresque cadunt altis de montibus umbrae. Mais là-bas, un phare colossal s'allume, au milieu du ciel, un phare étrange qui jette de moment en moment des lueurs san-

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glantes; de grandes gerbes de clarté rouge s'élancent en l'air et retombent comme une écume de feu. C'est le Vésuve. Les orchestres ambulants commencent à jouer sous les fe-nêtresdeshôtels.Lavilles'emplitdemusique.Etdeshommes,qu'on prendrait ailleurs pour d'honnêtes bourgeois, tant leurtenue est correcte, vous poursuivent en vous proposant les plus bizarres divertissements. Et si vous passez avec indifférence, ilsmultiplientàl'infinileursoffresaussisingulièresquerépu-gnantes. Vous vous efforcez de les fuir; alors ils cherchent par quels appas invraisemblables ils éveilleront votre désir. L'arche de Noé contenait moins d'animaux qu'ils n'ont de propositions. Leur imagination s'enflamme par la difficulté de la victoire;et ces Tartarins du vice, ne connaissant plus d'obstacles, vous offriraientlevolcanlui-même,pourpeuqu'onparûtledésirer.

nel cielo, uno strano faro che getta ogni momento bagliori sanguinosi; grandi lampi di luce rossa si librano nell’aria e cadono come una schiuma di fuoco. Questo è il Vesuvio. Leorchestreambulanticomincianoasuonaresottolefi-nestre degli alberghi. La città s’empie di musica. E uomi-ni, che si prenderebbero altrove per cittadini onesti, tanto è corretto il loro comportamento, v’inseguono offrendovi i divertimenti più bizzarri. E se voi mostrate indifferenza, essi moltiplicanoall'infinitolelorooffertesingolarieripugnanti.Vi sforzate di sfuggirli; allora cercano con incredibili allet-tamenti di destare il vostro desiderio. L’arca di Noè aveva un minor numero di animali rispetto alle loro proposte. La loro immaginazioneèaccesadalladifficoltàdellavittoria;e questi Tartarin del vizio, non conoscendo più ostacoli, vi offrirebbero il vulcano stesso, sol che sembrasse che lo de-sideriate.

Foto di Giuseppe Silvestri

Lacco Ameno : Il mare e la tempesta invernale dicono "no" al porto

(che non porta benessere, anzi...)

Archaeological Discovery International Award”

La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e Archeo, la prima testata archeologica italiana che nel 2015 celebra l’anniversario dei 30 anni, intendo-no dare il giusto tributo alle scoperte archeologiche attraverso un Premio annuale assegnato in colla-borazione con le testate internazionali, tradizionali media partner della BMTA: Archaeology Magazine (USA), Current Archaeology (Regno Unito), Antike Welt (Germania), Dossiers d’Archéologie (Francia), Archäologie der Schweiz (Svizzera). Inoltre, sarà attribuito uno “Special Award”, alla scoperta archeologica che avrà ricevuto il maggior consenso dal grande pubblico attraverso la pagina Facebook della Borsa nel periodo dal 1° aprile al 31 luglio. I Premi saranno consegnati a Paestum vener-dì 30 ottobre 2015 alla presenza dei Direttori delle testate che intervisteranno i protagonisti. È la prima volta a livello mondiale che si pensa ad un riconoscimento dedicato al mondo dell’archeolo-gia e in particolare ai suoi protagonisti, gli archeologi.

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Una storia che vede legata l'isola d'Ischia con le regioni Liguria e Sicilia

Liguria, Sicilia, ISCHIA: uno strano triangolodi Vincenzo Belli

Se per caso vi è capitato sott’occhi il contenuto della piccola Guida di personaggi isolani pubblicata ne La Rassegna d’Ischia1, avrete visto che, dato il suo mestiere, Andrea Belli, mio padre, foriano, l’Italia l’aveva girata parecchio. Quello che non vi compare è che, ancora brigadiere, fosse al comando della stazione dei Carabinieri di Gratteri (Pa), un piccolo paese arrampicato sulle Madonie, ad una trentina di chilometri da Cefalù e ad una novantina da Palermo2. Allora a quel paesino si arrivava in ferrovia fino a Lascari, e di lì vi si giungeva a dorso di quadrupede. A questo punto vi starete convincendo che voglio raccontarvi la storia della mia famiglia: vi prego credermi, non è così, ma tutti questi riferimenti topografici, e certamente anche quelli familiari, servono ad introdurre una storia che vede legate le regioni e località in epigrafe, molti secoli prima che un giovane graduato dell’Arma dei Carabinieri, di carnagione scura, dal sorriso smagliante3, e con sottili baffetti neri, mettesse piedi a Gratteri. Quello che inoltre non si apprende nel citato riferimento è che il nostro brigadiere, quando era ormai divenuto tenente, poté prendere in moglie la figlia maggiore del medico condotto di quel paese; ragione per la quale io sono stato portato a nascervi; quello che invece vi si legge è che la carriera di mio padre terminò a Genova, dove col grado di tenente colonnello aveva comandato il gruppo esterno dell’Arma.

Qui si chiude la premessa, con la presentazione dei vertici del triangolo della nostra storia, non proprio nell’ordine in cui ora li abbiamo toccati, ma nell’ordine esattamente inverso - Liguria, Sicilia, Ischia -, giungendo all’Ischia maggiore del viaggio che stiamo per intraprendere, passando dalla Sicilia, e proprio dalle Madonie, toccando piccoli paesi,

1 Belli Vincenzo – Andrea Belli, in “Piccola guida di Personaggi Isolani”, La Rassegna d’Ischia, n. 2/2002, pp.47-48.2 In linea d’aria sono circa 15 e 63.3 Quei dintazzi janchi, diceva mia nonna, con quel risentimento istintivo che ogni futura suocera nutre nei confronti del futuro genero.

come Gratteri, Isnello, Lascari, ed altri maggiori come Petralia Soprana e Sottana, Castelbuono, Caltagirone, ed altri ancora, provenendo da Ventimiglia in Liguria.

Uno strano triangolo

Come detto, uno strano triangolo, che mi ha attratto non solo per i personali legami ai suoi vertici, ma principalmente per aver trovato un Ventimiglia, signore a vario titolo dei paesi siciliani ora menzionati, signore di Ischia Maggiore.

I Ventimiglia ed Ischia

Il collegamento fra la famiglia Ventimiglia ed Ischia è presente in tutta la letteratura che si interessi della Sicilia nei secoli XIII e XIV; valgano per tutti i seguenti riferimenti4:

- Un documento storico del 1300 chiama «il Conte Arrigo Ventimiglia, Signor d’Ischia Maggiore, della Contea di Geraci, di Petralia Soprana e Sottana, Caronia e Gratteri5».

- Due diplomi del 28 giugno 1300, pel conte Arrigo Ventimiglia, signor d’Ischia Maggiore, della contea di Geraci, di Petralia soprana e disottana, Caronia e Gratteri. Ibid, fog, 79 a t, ed 80, e duplicati a fog. 47 a t. e 486 (probabilmente l’ibid. si riferisce ad una collocazione presso l’ASNA (r. archivio): reg. 1299-1300, C; cosa che però non mi è ancora riuscito di confermare.

Questo Arrigo è Enrico (*1230 c. + 1308) figlio del conte Filippo, ed il documento citato contiene tutti gli elementi di presente interesse; rilevante è che si distingua l’Ischia maggiore dal Castello.Senza voler mettere insieme la storia di questo casato, è però necessario indicare come venisse

4 I Ventimiglia furono anche interessati allo sfruttamento dell’allume nella nostra isola.5 Cappello P. – Belmonte Mezzagno Cenni Storici, 31 Pp, (S.I.D.), p. 7. File pdf dalla Rete. 6 Amari Michele – La Guerra del Vespro Siciliano o un periodo delle Istorie Siciliane del secolo XIII, Parigi, Baudry. Libreria Europea, II Ed. (1843). File pdf da Google Books - Amari Michele – Un periodo delle Istorie Siciliane del secolo XIII, Palermo, Poligrafia Empedocle, 1842, p. 194. File pdf da Google Books.

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in Sicilia e come venisse insignita della signoria della nostra isola7.Per mettere subito in evidenza la rilevanza della famiglia Ventimiglia, ed avere una conferma di tutti i titolidi cui ancora si fregiava nel XVIII secolo, è bene rileggere un gustoso brano in cui Ceva Grimaldi, autore di una nota raccolta di memorie napoletane8, parla delle ambasce di un erede settecentesco di questo casato:

… Il titolo Altezza s’apparteneva ai Sovrani…. Formata da Carlo di Borbone, la monarchia delle due Sicilie…, si dispose che il titolo d’Altezza si riserbava ai Principi del sangue Reale, e che veruno più nel regno poteva farne uso per qualunque concessione o diritto.Vigendo tali disposizioni avvenne, che in

7 Mi si perdoni se continuo ad indicare Ischia come la nostra isola, senza dire della Sicilia la mia isola, visto che vi son nato, ma la storia personale mi vede più legato alla prima, di dove scrivo, che non alla natale.8 Ceva Grimaldi Francesco – Memorie Storiche della Città di Napoli dalla sua fondazione sino al presente, Napoli, Stamperia e Calcografia Vico Freddo Pignasecca 15, (1857). File pdf da Google Books.

Sicilia fu dedicato un libro al conte Ventimiglia Marchese di Giraci, il di cui autore trattavalo col titolo d’Altezza9, ed il vice Re lo impedì – Offesosene il Conte suddetto dissimulò; ma venuto in Napoli nel 1769 l’Imperatore Giuseppe II, sotto il titolo di Conte Falkestein per visitare sua sorella Maria Carolina regina di Napoli, egli fu sollecito a presentarglisi, e lo pregò, cooperarsi per la conservazione dei suoi antichi titoli e prerogative, esponendogli che dagli antichi Sovrani era stato riconosciuto Giovanni Ventimiglia con dignità di 1° Conte d’Italia, di primo signore dell’una e dell’altra Sicilia, e principe del Sacro Romano Impero col titolo di Altezza, e con la potestà di batter moneta, imprimendovi il suo nome ed effigie, e tante distintissime prerogative….e tutto ciò in considerazione che i progenitori di sua famiglia erano antichi possessori con dominio assoluto della contea di Ventimiglia, Lozano e marchesato della Marca, e delle Alpi in Lombardia: che la sua famiglia si trapiantò in Sicilia per volere di Federico II Imperatore, che dette per moglie al suo antenato Guglielmo Ventimiglia nel 1242 sua sorella Elisabetta, che dotò con la contea di Giraci in Sicilia, composta dei feudi di Geraci, Castelbuono, Pollina, s. Mauro, e d’Ischia in Napoli; e che sette volte s’era apparentato con famiglie sovrane; e che perciò veniva aggiunto sugli indirizzi ai Ventimiglia: Normanno, Svevo, Aragona. Ed infine che la sua famiglia aveva preso nome dallo stato di Ventimiglia d’Italia che possedeva, quando che l’origine di essa l’ha dai Lascaris Imperatori di Costantinopoli, Duchi di Sassonia ec. L’Imperatore l’intese, e freddamente gli disse: ma voi con chi credete di parlare? E quello scaltramente gli soggiunse: col Conte di Falkestein che à tali aderenze in Napoli da farmi ottenere la sospirata grazia; e l’imperatore risposegli che si sarebbe adoperato per contentarlo… Infatti il Re Ferdinando IV condiscese alle generose premure dell’Imperatore, e tollerò che il conte Ventimiglia avesse continuato ad usare del titolo d’Altezza e degli altri della sua famiglia e cioè Conte (per la Dio grazia) di Ventimiglia, Normanno, Svevo, ed Aragona, marchese di Geraci 1° Conte

9 Si tratta con ogni evenienza del tomo quartodecimo di Opuscoli di autori siciliani, tomo terzodecimo e quartodecimo, la cui copertina è visibile in figurs, anche se vi è una differenza fra la data del 1767 per l’episodio narrato dal Ceva Grimaldi e quella della pubblicazione di questo lavoro, il 1773.

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d’Italia e primo Signore dell’una e dell’altra Sicilia, Principe del Sacro Romano Impero, grande di Spagna, principe di Castelbuono, marchese di Malta, Montesarcio, e Lozano, duca di Ventimiglia, Conte d’Ischia maggiore, Procida, Lementini, barone di S. Mauro Pollina, Buonanotte, Rupa, Calabrò, Rovitello, Miano, Tavernola, Piacabiana, Mili ecc. ecc. ecc.

Questi eccetera nascondono certamente anche Gratteri, Isnello, Lascari10… Occorrerebbe anche vedere se altri possano incrementare il nutrito elenco dei titoli dei Ventimiglia nel 1769, ed oltre. Non è mia intenzione districare il groviglio genealogico che emerge dalle tante letture sull’argomento, nelle quali vi sono poche concordanze e tanti distinguo11. Raccolgo di seguito alcuni brani, principalmente per il riferimento a documenti datati.

- … Si stabilirono in questo tempo alcuni dei Conti di Ventimiglia nel regno di Sicilia, dove postisi a servire il Re Manfredo, v’acquistarono

10 Nome tanto vicino a quel Lascaris da meritare una particolare attenzione: il paese ebbe questo nome per iniziativa del barone Gaetano Ventimiglia di Gratteri con atto del 26 febbraio 1693 per notar Giacomo Neglia di Cefalù, a ricordo della sua antenata11 La figura qui riportata è una raccolta di varie tracce genealogiche di questo complesso casato.

signorie principali, trasmesse ai loro posteri, e discendenti. Vi si stabilì tra gli altri il Conte Enrico, figlio…..[del] Conte Filippo …Questo si prova con un obbligo fatto nel regno di Napoli lì 21 novembre dell’anno 1261 da detto Conte Filippo suo padre, per cui confessando di aver ricevuto in prestito dal Conte Enrico di Ventimiglia Conte d’Isola Maggiore12 suo figlio trecento lire genovine, gl’ipoteca il luogo del Conio nella…valle d’Oneglia13.

- … lì 24 gennaio, e l’anno terzo del Re Manfredo, …detto Conte (qualificato altresì Conte d’Isola Maggiore)…aveva fatto acquisto da Oddone ed Uberto….fratelli degli stessi Conti di Ventimiglia, del castello e Castellania del Maro, situato in Marchia Albinganae, in contrata vallis Unliae, per il prezzo di mille cento e dieci lire moneta di Genova. In conformità di che nel mese d’agosto 1263 non essendo ancora tal somma stata pagata, il medesimo Enrico intitolato Vigintimiliorum et Ysclae Maioris Comes, si confessò poi debitore verso Oddone, Oberto e Manfredo di Ventimiglia fratelli, di

12 Così viene spesso tradotto dal latino il nome Yscla, Isla, sempre seguito dall’aggettivo Maggiore13 Baudi di Vesme C. e Al. – Monumenta Historiae Patriae Edita Iussu Regis Caroli Alberti Scriptores, Augustae Taurinorum, E Regio Typographeo, (1839), pp. 641-642 (21/11/1261).

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cinquantasette oncie d’oro, venitre tureni, ed alquanti grani, dovuti per il castello del Maro da essi a se venduto, la qual somma promise pagare per tutto il detto mese14…

- … Quanto al contado d’Isola Maggiore scrive il Marchese di Gerace15… essergli pervenuto per via di donne, ed avere dal Re Manfredo l’anno 1258 avuto in ricompensa de’ suoi buoni servizi altri feudi16…

Come si vede, il legame con Ischia inizia ben prima di quanto sinora visto, e certamente prima del 1258. Quanto segue serve solo a mostrare come nel casato dei Ventimiglia si distribuissero le proprietà fra i numeroso figli illegittimi di un Francesco che si vantava dei titoli17: signore di Gerace, Castelbuono, Iscla maggiore, Pollina, Molisano, Grattero, Monte S. Angelo, Malveyo, Tusa, Caronia, Castelluzzo, S. Mauro, le due Petraglie, Grange, Sperlinga, Pettineo, Raccalivano ed altre terre in Sicilia, oltre quelle che aveva nella diocesi d’Albenga… Il medesimo lasciò a Manuele che era il primogenito… i contadi di Gerace e d’Iscla maggiore con le due Petraglie ed in sue lettere egli si firma: Franciscus Dei gratia Comes Ventimilii, Giracii, et Isclae maioris… titoli che compaiono anche nel suo sigillo in cera rossa ove si legge la stessa scritta18.

Da pubblicazione di Emanuele e Gaetani F. M.19 emerge che il legame con ISCHIA, maggiore e minore, e PROCIDA, passa per il matrimonio di una Elisabetta, - discendente da Aldoino o Alboino, longobardo, e sposo di una Guerrera Craon e Barnavilla: questo Aldoino20 era Conte delle due Ischia, Procida, e Lementini in Calabria – con Arrigo o Enrico Ventimiglia, figlio di Guglielmo, passato in Sicilia nel 1242: questo

14 Baudi di Vesme C. e Al. – op. cit. pp. 641-642 (24/01/1262).15 Titolo acquisito successivamente dalla casata16 Baudi di Vesme C. e Al. – op. cit., pp. 641-641 (1258).17 Baudi di Vesme C. e Al. – op. cit., pp. 753-754 (1333).18 V. Antista G. - Architettura e Arte di Geraci (XI-XVI sec.), dic. 2009. p. 39, nota 41. File pdf dalla rete.19 Emanuele e Gaetani F. M. – Della Sicilia Nobile, Palermo, Pietro Bentivegna, nella Stamperia de’ Santi Apostoli, parte seconda, (1757). File pdf da Google Books. - Emanuele e Gaetani F. M. – Della Sicilia Nobile, compimento della parte seconda, Palermo, Pietro Bentivegna, nella Stamperia de’ Santi Apostoli, parte seconda, (1759). File pdf da Google Books.20 Si conosce il suo testamento steso nel 1232, con molto anticipo sulla sua morte.

spiega il per via di donne di Baudi di Vesme21. La casata dei Ventimiglia, oltre ai titoli ricevuti da Elisabetta, comitissa di Ischia etc., acquista poi quelli siciliani. Come si rileva da quanto precede, Arrigo sarebbe figlio, una volta di Guglielmo, un’altra di Filippo, ma è veramente difficile seguire l’intrecciarsi dei casati e la descrizione che ne viene fatta dai vari autori, spesso in disaccordo fra loro: se si tiene presente il documento fatto nel regno di Napoli il 21 novembre dell’anno 1261, si dovrebbe dar credito alla paternità di Filippo22.

Due Castelli Oggi Gratteri conta poco più di mille abitanti, e niente, a prima vista, fa supporre un passato storicamente rilevante: il legame con i Ventimiglia trova, per chi lo cercasse, una conferma nelle tombe che si trovano nell’abside della Matrice vecchia23, la cui facciata guarda il monte S. Vito, sulla cui cima si ergeva il castello, oggi non più rintracciabile, con le cui rovine venne costruita la Matrice nuova24; altre testimonianze si trovano nella Chiesa del Convento di S. Maria del Gesù. La posizione del castello era particolarmente felice25, poiché il monte presenta una parete quasi verticale nel lato occidentale, un’altezza massima di 666 m, ed è circondato da un modesto corso d’acqua, oggi ricoperto, il Crati, un torrente che scendendo da Pizzo Dipilo attraversa l’abitato, e che passa anche per la vicina Isnello. Vi si giungeva per tre porte e tre ponti, una delle quali è quella di Fantina, ed una galleria sotterranea vi perveniva passando sotto la

21 Baudi di Vesme C. e Al. – op. cit., pp. 641-641 (1258).22 Nella figuea precedene si è presentato un genealogico mediato fra le varie e spesso discordi informazioni che si sono raccolte.23 La vecchia chiesa del paese, accanto a quella che era la casa dei miei nonni, dove sono nato nel lontano 1934. Nell’abside si trovano le tombe di Elisabetta Filangieri, contessa di Gratteri e sposa di Lorenzo Ventimiglia, morta nel 1550, e di Gaetano Ventimiglia, barone di Gratteri, morto nel 1724.24 Non è forse fuor di luogo ricordare che la casa di zie materne, il cui orto di stendeva alla pendice del rilievo di S. Vito era da quel lato separato dall’abitazione da un fossato, con tanto di ponte levatoio in ferro, la cui manovra a mano era oggetto di gare a tempo con i miei fratelli.25 In Emanuele e Gaetani F. M. – op. cit. ,p. 67, parlando della lotta fra Francesco Ventimiglia ed un Centelles, napoletano, nei primi decenni del 1400, si dice: restò il Ventimiglia spogliato di gran parte delle sue ereditarie Terre….fuorché del Castello, e Terra di Gratteri fortissima di sito, dentro la quale erasi egli rinchiuso, e del Castello della Roccella, che soli poté mantenere…

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Matrice vecchia; edificato fra il VII e l’VIII secolo, passò ai Ventimiglia nel 1258; nella storia del paese è protagonista di assedi. I suoi ruderi servirono in gran parte, come detto, come materiale da costruzione della nuova chiesa madre del paese. Lasciando da parte la Liguria e Genova, con i suoi tanti castelli, anche la piccola Gratteri aveva il suo, che con le sue mura abbracciava la parte antica del paese, così come la lontana Ischia minore, un altro legame fra questi lontani paesi, oltre a quello di comuni signori, anche se ben presto questi conservarono solo il titolo sull’Isola maggiore. Conclusioni

Un notevole insieme di signori, con quello dei Ventimiglia in un piano particolare, attraverso titoli conservati e rivendicati fino al secolo XVIII, lega Ischia, Sicilia26 e Liguria: se ne è approfittato per gettare un rapido e meravigliato sguardo al paesello natio, e ad Ischia, di dove giungono queste brevi note, e precisamente da Forio.

Vincenzo Belli

26 Vedi anche Fodale S. - L’appartenenza d’Ischia alla Sicilia durante la guerra del Vespro (1287-1299), in Atti del Primo Colloquio di Studi per il 17° centenario di S. Restituta, a cura del Centro Studi su l’isola d’Ischia, 1989; testo trascritto in La Rassegna d’Ischia pp. 22-26, n.2/2003.

Altre testimonianze

La contea di Ischia (da Wikipedia alla voce “Enrico II di Ventimiglia”)

Nel 1270 è occupata dagli Angioini anche l’isola d’Ischia, con le fortezze di Ischia Maggiore e Girone, e i casali di Forio, Mezzavia, Moropano, Eramo, Fontana e Campagnola. Soltanto al 9 luglio 1287 la contea d’Ischia ritornava in mano degli Aragonesi, alleati di Enrico II di Ventimiglia, che vi nominavano il castellano Galcerando de Monteolyo con la guarnigione di 39 balestrieri e 26 lancieri. L’isola d’Ischia era poi restituita formalmente da re Giacomo IId’AragonaaCarloIId’Angiòallafinedel1293,mal’isola rimase in potere di Federico II d’Aragona e di Enrico II di Ventimiglia sino al settembre del 1299. A quel tempo, Enrico di Ventimiglia espresse il proposito ditornarefedeleallaCasad’Angiò,equindiilcontediIschia e Geraci richiese all’Angioino la conferma dei propri vassallaggi. Il 28 luglio 1300 il re angioino gli confermòtuttiibenipossedutiinSicilia,laconteadiGeraci, le due Petralie, Caronia e Gratteri, ma non la contea d’Ischia. Intendeva infatti rispettare l’impegno assunto con gli Ischitani di mantenere l’isola nel demanio regio. Promise in cambio al Ventimiglia di compensarlo con altre terre per la perdita d’Ischia, se entro Natale gli fosse tornato fedele, ma il conte non acconsentì. Il titolo di conte d’Ischia, che vediamo assunto da Enrico almeno dall’anno 1260, fu molto prestigioso e antico, essendo un titolo di origine bizantina, risalente al VII secolo, tenuto dalla famiglia magnatizia napoletana dei Milluso, tra X e inizio XII secolo, prima di passare ai normanni signori di Geraci1.

1 Regii Neapolitani archivi monumenta, pp. 338-344.

Nondimeno, l’interesse del Ventimiglia per l’isola d’Ischia, oltre che per l’importante ruolo strategico militare, e per la ricca marineria commerciale che ospitava, era dovuto alle miniere di allume che vi si trovavano, e che fornivano un reddito netto di 300 onze d’oro annue, materia prima l’allume indispensabile perlaconciadellepellieallaraffinazionedeipanninell’industria laniera e esportato sino nelle Fiandre: «Le prime testimonianze certe sulla presenza di un’industria dell’allume all’isola d’Ischia risalgono al Duecento, ma non mancano riferimenti a tempi precedenti, come si ricava dagli atti processuali del 1271, riguardanti la rivendicazione fiscale delleminiere di allume e di zolfo sfruttate abusivamente da Guido de Burgundio de Castronovo, castellano di Ischia. Secondo tutti i testimoni, le miniere erano demaniali, o della curia imperiale, sin dal tempo del conte Enrico (II di Ventimiglia, III di Geraci); l’anziano Stefano Calillo, in particolare, dichiara che le miniere erano imperiali dal tempo degli imperatori prima, del conte Enrico poi, come lui stesso aveva veduto circa 80 anni prima. Per cui Cestari le considera attive intorno al 1191, ai tempi di Guglielmo III, di Tancredi e di Arrigo VI2».

Enrico Ventimiglia (da S. Fodale, L’appartenenza d’Ischia alla Sicilia…. op. cit.)

Nell’isola d’Ischia, tornata angioina, si erano concentrate le forze navali. Erano presenti Giacomo II re d’Aragona, alleato di Carlo II d’Angiò, el’ammiraglio Ruggero Loria . Dall’isola fu fatto partire nell’agosto 1300 Pietro d’Alamanno, con l’incarico di recarsi a Palermo, per trattare la liberazione e il

2 Giuseppe Pipino, Oro e Allume nella storia dell’isola d’Ischia, “La Rassegna d’Ischia”, 30 (2009), pp.18-35.

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riscatto degli ischitani che vi erano tenuti prigionieri.Intanto Enrico Ventimiglia aveva manifestato il propositoditornarefedeleallaCasad’Angiò.Chiesea Carlo II la conferma dei propri possedimenti. Il 28 luglio1300ilregliconfermòtuttiibenipossedutiinSicilia, la contea di Geraci, le due Petralie, Caronia e Gratteri, ma non la contea d’Ischia. Intendeva infatti rispettare l’impegno assunto con gli isolani e mantenere quindi Ischia nel demanio regio. Promise in cambio al Ventimiglia di compensarlo adeguatamente per la perdita d’Ischia, se entro Natale gli fosse tornato fedele.

Enrico I (* 1226 + 1266), Conte di Ventimiglia (titolare), 1° Conte di Geraci e di Ischia Maggiore, Signore di Gangi e delle Petralie (1258), Signore di Gratteri ed Isnello (o Asinello), Capitano Generale degli Eserciti di Re Manfredi, Vicario del Regno a Napoli (dalla Rete).

Primo esponente del lignaggio ligure dei conti di Ventimiglia dotato di domini territoriali in Sicilia.L’insediamento nell’isola avviene a metà del XIII secolo attraverso il matrimonio con Isabella Candida, secondogenita di Aldoino, conte di Ischia e signore di Geraci, e di una discendente della famiglia dei Cicala, signori di Polizzi e di Collesano. Le famiglie di entrambi i genitori erano fortemente radicate nel territorio madonita, anche se, all’epoca del matrimonio, i territori di Geraci erano stati revocati al demanioregio.Nel1258Enricovieneperòinvestitodal re Manfredi delle Petralie con il grande feudo di Bilici, di Gratteri e della foresta regia di Caronia, insediandosi stabilmente nel territorio su cui potevano

gravarelerivendicazionidellamoglie.Queste,perònon sono testimoniate se non nel 1271, in epoca angioina, quando Isabella viene designata come “comitissa Geracii”, titolo mai portato da Enrico e dalfiglioAldoino,chesifregiavanoinvecediquellodi “comes Iscle maioris”, derivato dall’eredità dei Candida. Probabilmente, il titolo rivendicato è una contaminazionedellaqualificacomitaledeiCandidarelativa ad Ischia con la denominazione di “contea” attribuita alla circoscrizione pubblica in cui erano stati inclusi i domini geracensi tornati al demanio.

Pietro Monti Ischia, archeologia e storia

Durante la spedizione pisana a favore di Corradino, sostenuta anche da Enrico dei Ventimiglia, primo conte di Geraci, già capitano generale nell'esercito di Manfredi, tre galee pisane s'accostarono all'Isola, e gli uomini dell'armata navale, servendosi dei vascelli, occuparono il borgo di mare; non riuscendo a piegare gli Ischitani ad acclamare Corradino, contro l'invasore re Carlo, per vendetta operarono spaventosi massacri: incendiarono le case, le galee, i vascelli tirati a secco sulla spiaggia, fino a giungere allo stupro di centofanciulle.Ciònonostante,reCarlo,dopolabattagliadi Tagliacozzo (1268), volle spiegazioni dettagliate dei responsabili della resa, ed ordinò una inchiestagenerale: per questo furono chiamati in causa rappresentanti di vari casali dell'Isola e di altri paesi vicini, i quali confermarono pubblicamente la loro fedeltà al nuovo re.

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ЛИПУЧИЕ СНЫ (Sogni moschicidi)

di Alexandre Urussov

Michail Talalay dell’Accademia delle Scienze di Mosca, il 19 marzo 2015 ha presentato a Napo-li, Palazzo Serra di Cassano dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, il libro (un romanzo e tre racconti) “Sogni moschicidi” di Alexandre Urussov, pubblicato dalla casa editrice Aletheia di San Pietroburgo. Presente l’autore che ha parlato sia del roman-zo sia di cinquantesimo anniversario della sua attività di scrittore-dissidente (1965-2015). La manifestazione è stata presieduta da Matteo D’Ambrosio; hanno partecipato l’Associazione culturale Maxim Gorkij e il collettivo Russkij Mir dell’Università Orientale.

Napoli – Nello scavo della metropolitana di Na-poli (Piazza Municipio) sono state trovate altre imbarcazioni che, insieme agli altri relitti portati alla luce nel 2003 e nel 2005, fanno pensare ad una vera e propria flotta di Neapolis. Le imbarcazioni probabilmente affondarono a causa di violenti mareggiate che dovettero colpi-re il porto. Si potrà accertare, appena ultimati gli scavi, con quali legni furono costruite anche se in teoria il tipo di legname dovrebbe avere caratteri-stiche resinose che resistono all’acqua salmastra. La particolarità delle imbarcazioni è quella di ave-re l’estremità “a specchio”. Non si hanno tracce di eventuali carichi e al momento non si conosce il tipo di navigare, a remi o a vele. Secondo l’arche-ologa Daniela Giampaola “si tratta di due relitti che sembrano databili tra la fine del II secolo dopo Cristo e gli inizi del III secolo dopo Cristo”.

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Epigrafe da Ischia - 154 d. C.

Cippo onorifico di Seia Spes(Lacco Ameno - Museo di S. Restituta)

A Seia Spes figlia / di Seio Uomo liberale / che fu questore ed edile / la quale vinse alle corse / le figlie dei magistrati / nella trentanovesi-ma Italide / il marito Lucio Cocceio Prisco / per decreto del magistrato dedicò».

L’epigrafe, che qui si rende nota per la prima volta, è incisa su una base di marmo la quale, da parecchi secoli, si trovava murata nella chiesa di S. Restituta a Lacco Ameno (Isola d’Ischia), in modo che soltanto la faccia laterale era visibi-le. Liberata e rimossa durante i recenti lavori di restauro della chiesa, è ritornata alla luce la sua iscrizione la quale, aggiungendosi alla numerosa serie dei titoli che si riferiscono ai ludi augustali napoletani, fornisce nuovi dati per la conoscenza dei loro regolamenti. Dedicata da un L. Cocceius Priscus in onore di Seia Spes, figlia di Seius Liberalis già lamias e agoranomos, per ricordare la di lei vittoria nel-lo stadion alla 39a Italide, ossia nell’anno 154 d. C, l’epigrafe ci fa sapere, per la prima volta, che ai ludi napoletani partecipavano anche le donne. In genere, come è noto, la partecipazione delle donne agli agoni pubblici maschili era vietata e soltanto in alcune città doriche (Sparta, Elide, Ci-rene) le ragazze erano ammesse a gareggiare nella corsa con gli uomini. Quest’uso fu accolto poi da Domiziano nei regolamenti dei ludi Capitolini da lui istituiti nell’86 d. C, ma venne poco dopo nuo-vamente abolito (Sveton., Domit. 4). S’ impara inoltre, dalla nostra iscrizione, che vi fu una speciale squadra di concorrenti riservata alle figlie dei magistrati e, come si dovrà ammet-tere logicamente, un’altra analoga per i figli di quest. Sebbene il monumento sia stato rinvenuto nell’isola d’Ischia, sarebbe, però, avventato voler-lo considerare anche un documento per le istitu-zioni municipali di Aenaria in età imperiale. In-fatti, per varie ragioni che saranno esposte nella pubblicazione definitiva, appare improbabile che la base sia veramente originaria dell’isola, ed è in-vece molto più probabile che provenga da Napoli e sia stata trasportata a Lacco nel medioevo per essere qui riutilizzata.

Giorgio Buchner

In La Parola del passato, Fascicolo XXV-XXVII - 1952).

Il cippo di marmo è attualmente sistemato nel

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sacrato della Chiesa ed esposto a tutte le intem-perie atmosferiche; in relazione a questo reper-to, don Pietro Monti così scrive nel suo volume Ischia, archeologia e storia:

I Giochi italici a Napoli

(…) I ludi italici, istituiti in onore di Roma e di Augusto e parificati per grado e caratteristiche agli olimpici, si celebravano secondo un rigido program-ma, di cui resta notizia, oltre che nelle fonti lettera-rie ed epigrafiche, in un’iscrizione marmorea - pur troppo frammentaria - rinvenuta ad Olimpia e che probabilmente è copia del manifesto dei giochi dira-mato dal Senato napoletano, verso la fine del I seco-lo d. C, per una delle edizioni dei giochi stessi. Le gare, che duravano quattro giorni e si svolge-vano tra la fine di luglio e il principio di agosto (in seguito furono spostate al 22 settembre per farle coincidere col compleanno di Augusto), si artico-lavano in due parti distinte: la prima comprendeva agoni atletici ed equestri, la seconda gare musicali e drammatiche. «Tra la prima e la seconda parte era una gior-nata dedicata a discussioni della giuria su multe o penalizzazioni, nonché a manifestazioni religiose, quali una processione al Caesareum e sacrifici agli dei e al divo Augusto. La partecipazione ai giochi era aperta ad atleti concorrenti di qualsiasi regione del mondo elleni-co; vi intervenivano infatti cittadini di Asia mino-re, Egitto, Grecia, ed i loro nomi ricorrono assai di frequente in epigrafi agonistiche rinvenute in molte parti di quelle regioni, oltre che naturalmente nel-la stessa città di Napoli. Vi dovevano però essere, almeno in parte particolari circostanze, gare riser-vate specificatamente ai giovani napoletani, come apprendiamo dall’iscrizione commemorativa di F. Flavio Evante, vincitore del diaulon per “fanciulli cittadini” e da quella di Lacco Ameno per Seia Spes, vittoriosa addirittura in una gara per figlie di ma-gistrati. Quanto all’età, erano previste due categorie: i fanciulli (pàides) sino a 17-20 anni, e gli adulti (an-drés); una terza categoria intermedia, quella degli adolescenti (aghenéioi), fu introdotta successiva-mente, alla fine del II secolo d. C. L’iscrizione alle gare doveva avvenire un mese prima dell’inizio dei giochi, pena l’esclusione dalle gare stesse o una severa multa, salvo che il ritardo non fosse giustificato da gravi e documentati moti-vi, come malattia, rapina subita durante la strada o naufragio. Nessun premio in danaro era previsto per i vin-citori delle gare atletiche ed equestri della prima parte dei giochi. L’unica, e perciò più ambita ri-

compensa, consisteva in una corona di grano che veniva poi depositata con pompa solenne nel gin-nasio della città. Per gli agoni scenici, al contrario, erano previsti premi in danaro che talvolta giungevano, come nel caso dei pantomimi, fino alla notevole somma di 4000 dramme. Bisogna tener presente che tali somme dovevano servire anche a far fronte alle spese non indifferenti per la preparazione e l’alle-stimento degli spettacoli e per il pagamento degli attori, presso i quali la forma del professionismo era divenuta normale nell’età ellenistica e roma-na1». L’importanza e la notorietà dei giochi isolimpici napoletani sono documentate, oltre che dal ricordo rimasto nella tradizione letteraria e dal gran nume-ro di epigrafi agonistiche in cui sono citati, anche dalla considerazione in cui li tennero imperatori dal gusto raffinato e sensibile alle manifestazioni di cultura ellenica, come Augusto, che vi assisté pochi giorni prima della sua morte, nel 14 d. C, Claudio che vi presentò un suo dramma nel 42, e Tito che li presiedette per ben tre volte, nel 74, nel 78 e nelle celebrazioni straordinarie dell’80 d. C. Fu in Campania che, fino al cader del IV secolo, gli ultimi giochi olimpici attirarono spettatori da ogni parte e furono decantati dai retori e dai poeti delle scuole greche. Alle spettacolari competizioni l’Isola di Aenaria, oltre ad essere spettatrice, inviava addirittura anche i suoi campioni; un cippo marmoreo al quale man-ca la statua della vincitrice, sistemato nella palestra romana, a Lacco, ricorda il trionfo riportato da SEI A SPES, la quale vinse allo stadio le figlie dei sena-tori, nella trentanovesima Italide. È facile immagi-nare la gioia che pervase la popolazione isolana in quella estate del 154 d. C., e le ovazioni tributate a Seia Spes, che assicurò con la velocità delle gambe alla sua bella Isola un primato sportivo nello stadio napoletano.

*** Il ritrovamento del cippo

Don Pasquale Polito2 dice che nel corso dei primi scavi fatti nella Cappella di Santa Restituta «furo-no disincastrati dalle pareti due cippi marmorei che apparivano due lapidine funerarie. E n’è venta fuori una sorprendente scoperta: si è potuto constatare che dei due, solo quello a sinistra era un cippo fu-nerario, sul quale è stato possibile leggere per intero l’epigrafe, un tempo parzialmente coperta; l’altro, a

1 Sport e Impianti Sportivi nella Campania Antica, Mostra Storico-Artistica allestita per i Giochi della XVII Olimpiade, Tip. Artistica A. Nardini, Roma 1960.2 Pasquale Polito, Lacco Ameno, il paese, la protettrice, il folklore,ArtiGraficheAmodio,Napoli,giugno1963.

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destra era un cippo onorifico del 154 d. C. il quale – per un errore d’ignari artigiani che l’avevano mu-rato all’inverso – nascondeva un’iscrizione greca di cui prima nessuno conosceva l’esistenza». In nota il Polito scrive ancora: «Il cippo onorifico, che è privo della statua, misura m. 1,24x0,45x0,50. L’iscrizione greca è stata interpretata e commentata per la prima volta dal dott. Giorgio Buchner nella rivista “La Pa-rola del Passato”, fasc. XXV-XXVII, 1952 pag. 408. Secondo l’interpretazione del Buchner, l’esatta tra-duzione dell’epigrafe è la seguente: A Seia Spes figlia / di Seio Uomo liberale / che fu questore ed edile / la quale vinse alle corse / le figlie dei magistrati / nella trentanovesima Italide / il marito Lucio Cocceio Pri-sco / per decreto del magistrato dedicò».

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Di Nanni Durante, I Sebastà di Neapolis, 2007-2008 - Dalla Rete

(..) Da un’epigrafe, trovata sotto la chiesa di Santa Restituta a Lacco Ameno, a Ischia, e dedicata da L. Cocceius Priscus a sua moglie, Seia Spes, figlia di Seius Liberalis, si ha la notizia della gara di corsa femminile ai Sebastà di Napoli1. Seia fu onorata per aver vinto alla 39a Italide, cioè quella del 154 d.C., nello stadio in una particolare categoria: quella riservata alle figlie dei consiglieri2. In proposito, si è fatto notare66 come Seia nel 154 sia anche l’unica donna sposata a partecipare a delle gare, e si ricorda quanto prescritto da Platone, che cioè «le donne si sposassero tra i sedici e i vent’anni», e che «le fanciulle potessero prendere parte alle manifestazioni sportive fino al matrimonio, ossia all’età di diciotto o al massimo vent’anni». In considerazione di ciò, si è posto il quesito se Seia non abbia vinto come παρθενος3 e poi, dopo il matrimonio, sia stata onorata dallo sposo con l’iscrizione. Altra ipotesi formulata è che Lucius Cocceius Priscus sia stato l’allenatore di Seia.

1 Questa base, portata alla luce durante gli scavi del 1952, si trovava murata in modo che era visibile solo la faccia laterale. Una volta liberata e ripulita, fu possibile leggere l’iscrizione, sistemata ora nel sagrato della chiesa. 2 Luigi Moretti, Iscrizioni agonistiche greche 1953, p. 169; Piero Monti, Ischia preistorica, greca, romana, paleocristiana1968, p. 119; Idem, Ischia archeologia e storia, 1983; Luigi Moretti, La scuola, il ginnasio, l’efebia, in Storia e civiltà dei Greci, vol. III, 1977; Giovanna Arrigoni, Donne e sport nel mondo greco, religione e società, in Le donne in Grecia, 1985, p. 119; Hugh M. Lee, Did Women Compete against Men in Greek Athletic Festivals?, «Nikephoros», 1, pp. 103-118, 1988, p. 114, nota 11; Maria Grazia Caldelli, L’Agon Capitolinus. Storia e protagonisti dall’istituzione domizianea al IV sec., 1993, p. 33; Kostas Mantas Women and Athletics in the Roman East, «Nikephoros», 8, pp. 125-144. 1995.3 Ipotesi raccolta anche da Mark Golden, Sport and Society in Ancient Greece, Cambridge 1998, p. 128.

Nel II secolo d. C. un’altra donna vinse nella corsa del diaulo a Sparta, forse unica testimonianza in questa città di una gara in onore di Livia, moglie di Augusto. Infine in un’epoca più tarda, ma imprecisata, troviamo a Patrasso una donna di nome Nikegora, onorata dal fratello per aver vinto nel δρομος delle fanciulle, probabilmente da intendere come stadio.

Gloria Olcese, in Le anfore greco-italiche di Ischia: archeologia e archeometria / ar-tigianato ed economia nel Golfo di Napoli, Edizioni Quasar di Severino Tognon, Roma; Tipografia La Moderna, Roma, 2010. A proposito di agoni, anche Ischia ha restituito una testimonianza della partecipazione agli ago-ni di una fanciulla di Pithecusa, in epoca impe-riale (Buchner 1952 p. 408; Monti 1980, p. 219 e seguenti, fig. 100). La notizia è restituita da una epigrafe murata anticamente nella chiesa di San-ta Restituta, poi rimossa e ora collocata nel cor-tile della chiesa: in essa si ricorda Seia Spes che nell’anno della 39ª Italide (154 d. C.) aveva ripor-tato la vittoria partecipando alle gare riservate ai figli/figlie dei magistrati. Senza fornire ulteriori spiegazioni e rimandando la pubblicazione successiva dell’epigrafe su Noti-zie degli Scavi, Giorgio Buchner considerava im-probabile che l’epigrafe fosse originaria dell’isola, ritenendo che fosse arrivata invece da Napoli. In realtà è possibile escludere che l’epigrafe prove-nisse da Lacco Ameno, come dimostra il fatto che fosse murata anticamente nella chiesa di Santa Restituta.

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RASSEGNA LIBRI The Buchner Boxesdi Luigi SpinaEdizioni 5 Continents, Milano, 2014. Testi in due lin-gue (italiano e francese) di Luigi Spina, Davide Vargas, Giovanni Fiorentino, Costanza Gialanella; fotografie di LuigiSpina.

colonia greca dell’occidente. Il British Museum di Lon-dra celebra la scoperta: “Pithekoussai, now Ischia: the first greek colony in the western Mediterranean”. Cas-sette di legno 40 x 45 cm, contenitori neutri per scatole di cartone grigio più piccole, di misure diverse, che si incastrano come in una tessitura. Contengono denti, frammenti di ossa, teschi, tracce organiche di esistenze che hanno attraversato l’isola tremila anni fa. E oggetti di ogni tipo che quelle esistenze hanno accompagnato, colorato, alleggerito o addolorato, fibule, vasi, ferma-trecce, armille, anellini, pesi in piombo, ami da pe-sca, lucerne, un poppatoio per lattanti. Infine zolle di terra sezionata e catalogata, che il tempo ha scolorito fino allo stesso grigio, memoria di luoghi spettatori di eventi umani, 0 protagonisti, scosse, modificazioni, di-struzioni e ricostruzioni. Per venti anni hanno taciuto - riposo, sonno, oblio -, impilati in scaffali di metallo, come un archivio di vite quotidiane. Oggi riprendono la narrazione».

Costanza Gialanella, responsabile dell’Ufficio Arche-ologico di Ischia, ha presentato e descritto il perso-naggio Giorgio Buchner, uomo di due nazioni e molti talenti, la cui avventura si concluse il 4 febbraio 2005; «in quest’anno che coincide con il centenario della sua nascita non c’è modo migliore, per ricordarlo, della ri-cerca dell’amico Luigi Spina, attraverso le cui foto si intuiscono il rigore, la precisione, la meticolosità e l’a-cribia di un grandissimo studioso ma anche la tenerez-za di un uomo straordinario».

Filo conduttore di una storia di uomini e donne ini-ziata trenta anni fa sono le cassette di Giorgio Buchner, cassette contenenti i resti raccolti meticolosamente dall’archeologo e appartenenti ai primi colonizzatori greci d’Occidente. Gli Eubei avevano un sogno, viag-giare e andare oltre. Quel sogno, come un testimone, è stato raccolto da Giorgio Buchner e dalla numerosa comunità di archeologi italiani, tedeschi, inglesi e fran-cesi che hanno lavorato con passione nell’indifferenza e nel silenzio. Per cinquant’anni, scavando sull’isola d’Ischia, hanno ritrovato le loro tracce, le loro ossa e i loro oggetti personali. Fotografando queste scatole, Luigi Spina ancora una volta ha rigenerato quell’antico sogno di conoscenza. La stratificazione di dati è incre-dibile. In queste cassette ormai convivono più tempi. I sogni degli uomini e delle donne di tremila anni fa s’intrecciano con i desideri, i progetti, le storie e le vite di quelli del nostro novecento. Le 28 fotografie bianconero, stampate dall’autore, sono state oggetto di una mostra svoltasi a Napoli al Museo Archeologico Nazionale dal 12 dicembre 2014 al 6 gennaio 2015, organizzata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e curata da Claudio Calabritto e Linda Riccio dello studio di architettura, arte e paesaggio “+ASud”, da un’idea di Serenella Ro-mano. Luigi Spina: «Le cassette che Giorgio Buchner ha raccolto e meticolosamente conservato raccontano il sogno tenace dell’archeologo. Scavando sull’isola di Ischia per cinquant’anni scrisse la storia della prima

La Torre Guevara di Ischia. Ischia nel ‘400 e ‘500:storia delle famiglie D’A-valos e Guevaradi Rosario de LaurentiisEditore Doppiavoce, Napoli 2015

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Rizzoli, la vera storia di una grande famigliadi Nicola Carraro e Alberto RizzoliMondadori Editore, Milano, 2015.

Come si legge in sovraccoperta, i due nipoti «ricorda-no il Commenda – come veniva affettuosamente chia-mato il nonno Angelo – da una prospettiva rigorosa-mente privata attraverso uno scambio epistolare». In-fatti ci troviamo a leggere, più che la storia di una gran-de famiglia, la storia dei due nipoti di Angelo Rizzoli e coautori del libro edito dalla Casa Editrice Mondadori, a partire dall’infanzia “dorata e spensierata”. Sono of-ferti ai lettori “ricordi e aneddoti personali non privi di leggerezza e autoironia”, all’ombra sempre del grande personaggio che fu Angelo Rizzoli, fondatore di un co-losso editoriale, produttore cinematografico e all’isola d’Ischia, ma più particolarmente, a Lacco Ameno, in-vestitore immobiliare e turistico. Sì Lacco Ameno «un paesello di poche anime, per lo più pescatori e agri-coltori. Sarà stato il famoso “Fungo”, lo scoglio di tufo alto dieci metri che si staglia poco lontano dalla riva, ad attrarre l’attenzione (di Rizzoli)? o la natura selvaggia, o il colore blu del mare ancora incontaminato?». Certo è che anche Lacco Ameno, e l’isola d’Ischia, divennero “grandi protagoniste” di un turismo allora ovunque in crescita e “pescatori e agricoltori” cominciarono a ve-der affluire nei loro centri figure importanti del mondo

del cinema, della politica, della cultura, dell’arte; e si avviò uno sviluppo generale che allontanò dalle prece-denti occupazioni e prese a modificare quella “natura selvaggia”. Nella prima pagina della sovraccoperta è lui, Angelo Rizzoli, che procede lungo il viale che porta a Villa Ar-busto, la settecentesca Villa che acquistò e ristrutturò, facendone la dimora preferita per sé e per gli ospiti di rilievo. «Nenni era il suo politico preferito» e in villa i due facevano lunghe partite di bocce «che il nonno non amava perdere». Giovanni Gronchi, Einaudi… Gina Lollobrigida… Richard Burton e Elizabeth Taylor… Aberto Sordi… Mina e Domenico Modugno… Chaplin.. tanti personaggi nel “paesello” e i cantanti al Rancio Fellone, al Moresco… E chi non ricorda il grande Milan di Schiaffino e Liedholm al campo “Ischiaterme” rea-lizzato proprio con il contributo di Rizzoli? Un ricordo sbiadisce: quello della 'ndrezzata, quan-do questa viene riportata come la intrazzata: «La do-menica, concerto in piazza, arricchito dall'intrazzata, una danza popolare dell'isola, con un gruppo di giova-ni ischitani in costumi d'epoca». La lettura di questo libro in fondo fa balenare tanti ricordi pure agli isolani e ricordare episodi nuovi, di-versi, mai comunicati, degli anni passati. (Raffaele Ca-stagna).

Versione itaiana (curata da Raffaele Castagna) del libro di GiovanniGussonesullafloradell'isolad'Ischia(1855)

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Prima di lasciare definitivamente il territorio di Cam-pagnano, dobbiamo soffermarci su alcune cappelle che non vengono ricordate dalla «Platea»del vescovo Innico d’Avalos1. Il motivo di tale silenzio è difficile da stabilire. Sono tre queste cappelle: due dedicate a San Michele Arcangelo e una a San Sebastiano Martire. Nel secolo XIX se ne aggiunse un’altra dedicata a San Pie-tro della quale parleremo a suo tempo. La prima delle due dedicate a San Michele ci viene ricordata dall’at-to di un battesimo in essa celebrato nel 1601. Infatti in un libro dei battezzati di un’antica parrocchia del castello, leggiamo: «Adi 26 de Xbre (decembre) 1601 Io D. Giovanni Andrea Ingaldo2 ho battizzato lo figlio che compare Polidoro Albano3 et da comare Aurelia de Rugiero4 alla capella de Santo Michele Arcangelo se chiama Scipione la comare che la tenuto alla fonte Costanza Corbera la mammana portia Mazzella»5. Localizzare con precisione questa cappella di San Mi-chele è piuttosto difficile, mancando di ulteriori indica-zioni. D’altra parte l’isola d’Ischia, esposta fin dai secoli

medioevali a continui assalti e devastazioni da parte di pirati, corsari e avventurieri, doveva necessariamente nutrire particolare devozione verso il santo guerriero per eccellenza, raffigurato sempre mentre brandisce la spada contro tutti i nemici infernali, ma anche contro quelli in carne e ossa. Infatti il suo culto è diffuso in diverse parti dell’Isola, soprattutto nei paesi riviera-schi. Oggi ben due parrocchie sono a Lui dedicate: a Sant’Angelo e Forio, mentre esiste ancora una chiesa a Lui dedicata: quella detta del Purgatorio ubicata in località Scentone, sempre a Forio. Non dimentichiamo neppure che nella cripta del castello vi è un affresco che lo raffigura.Nel territorio dell’attuale comune di Ischia ben tre cappelle sono state dedicate al Santo: due nella zona di Campagnano (ed è indicativo il toponimo «San Mi-chele» che noi oggi conosciamo ubicato nell’attuale Via Giovan Battista Vico e una nell’attuale Via Morgioni nella zona di Ischia Porto, nei pressi delle «Pezze»6. Inoltre un altare esisteva anche nella prima chiesa del convento agostiniano di Santa Maria della Scala7. Nel 1708 il sacerdote Michele Giovine di Napoli pensò di erigere e dotare un beneficio dedicato al santo con sede nella chiesa cattedrale di Ischia. Furono preparati an-che gli atti per tale erezione e dotazione, ma il progetto non andò in porto8. Delle cappelle dedicate a S. Michele esistenti nel ter-ritorio di Ischia, non vi sono riferimenti documenta-ri nel «Notamento dei atti beneficiali» dell’Archivio Diocesano. La relazione ad limina del vescovo Nicola Antonio Schiaffinati del 1° dicembre 1741 ricorda che «in restrictu eiusdem Parochialis (Sancti Dominici) quedam adsunt rurales capelle. Prima sub titulo S. Michaelis Arcangeli de jure patronatus laicorum Fa-

Fonti archivistiche per la storia dell’isola d’IschiaA cura di Agostino Di Lustro

Colligite fragmenta, ne pereant

Chiese minori del territorio di Campagnano Le cappelle di San Michele Arcangelo e

di S. Sebastiano Martire – SS. ma Annunziata

1)Ricordiamo ancora una volta che la «Platea»del vescovo d’Avalos (1590-1637) non è altro che la sua prima relazione «ad limina», presentata nel 1598. È stata pubblicata inte-gralmente da P. Lopez: Ischia e Pozzuoli due diocesi nell’età della controriforma, Napoli, A. Gallina Editore, 1991, pp. 209-219. 2) Dalla Platea d’Avalos del 1598 risulta esercitare l’interim della parrocchia di San Nicola sul castello (P. Lopez, op. cit. p. 202).3) Non si tratta certamente dell’omonimo notaio del quale, dai documenti di nostra conoscenza, sappiamo che avrebbe rogato tra il 1525 (Corporazioni Religiose Soppresse- C.R.S. dell’Archivio di Stato di Napoli –ASN – fascio 87 f. 9) e il 1566 (Ibidem, f. 43). Forse si tratta di un nipote.4) Potrebbe essere una nipote del notar Gaspare de Rug-giero che avrebbe rogato tra il 1524 (Platea Corrente – P. C. – dell’Archivio Diocesano d’Ischia – ADI- f. 891 ) e il 1562 (ADI, Cartella S. Pietro a Pantaniello).5) ADI, Fondo anagrafe parrocchiale, registro frammentario dei battezzati del 1597 ff. nn. manca il titolo della parrocchia di appartenenza perché manca l’intestazione del registro e il margine superiore di tutti i fogli. Dalla lettura dei fogli su-perstiti si evince però che deve trattarsi della parrocchia di S. Nicola. D’altra parte risulta che Giovanni Andrea Ingaldo nel 1598 possiede l’interim della parrocchia di San Nicola sul castello (cfr. Platea d’Avalos; P. Lopez, op. cit. p. 212).

6) Apparteneva alla famiglia de Angelis (cfr. A. Di Lustro, I luoghi sacri de “Li Bagni“ di Ischia, in La Rassegna d’Ischia, anno XXXIV n. 4 agosto-settembre 2013 p. 44). Oggi la strut-tura esiste ancora, ma è adibita a usi profani. 7) Cfr. A Di Lustro, Ecclesia Maior Insulana, la cattedrale d’Ischia dalle origini ai nostri giorni, Forio 2010, p. 158.8) Cfr. in ADI «Notamento degli atti beneficiali……» f. 2 r.: «Ischie 1708= pro Neapoli= Instrumentum erectionis et do-tationis cujusdam beneficij sub titulo Sancti Michaelis intus Cathedralem Ecclesiam erigendum a D. Michaele Giovine de Neapoli postea non confectum. Folia scripta n. 48».

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milie Canetti tam angusta, ut vix quatuor, vel quin-que capiat nomine: sacra supellectile, et quocumque necessario ornatu destituitur. Vix in ea in die Sancto Michaele sacro missa celebratur per Capitulum et fratres Augustinianos alternis annis9. Secunda sub eodem titulo de jure patronatus laicorum familie Cer-vera que nullos habet redditus, verum in festis diebus sacrum fit ex devotione, ac commoditate circumstan-tium incolarum, qui elemosinam sacerdoti prebent». La relazione del vescovo F. Amato del 12 aprile 1747, delle due cappelle di S. Michele di Campagnano cita solo quella «de jure patronatus familie Cervera»11. L’ubicazione di queste due cappelle ci viene data però dall’Onorato il quale afferma: «nel bivio di Campagna-no ci è la cappella de’ Canetti di San Michele dimessa. Nella via che porta alla Villa del Corvone vi è la cap-pella di San Michele spettante alli Siniscalchi, ove il capitolo fa celebrare la messa in ogni domenica»12. A proposito di questa cappella di San Michele le delibere capitolari spesso si interessano ad essa. In quella del 2 novembre 1745, ad esempio, «per cappellano si è confirmato il Reverendo D. Nicolò Agnese con la soli-ta franchizia»13. Già però nel corso del secolo XVIII il Capitolo dovette abbandonare la cappella perché non compare più nelle delibere capitolari14. Negli atti del-la visita pastorale di Pasquale Sansone del 1792 non si registra alcuna visita alle cappelle di San Michele di Campagnano15, mentre in quella del provicario ca-pitolare Bartolomeo Mennella del 1802 vengono visi-tate entrambe e così vi leggiamo: «in eodem predicto die visitavit capellam ruralem sub titulo S. Michaelis Arcangeli sitam in pertinentiis villa Campaniani, et laudavit. Visitavit vasa, et paramenta sacra et lauda-vit»16. Della seconda cappella si dice immediatamente: «successive in eodem praedicto die visitavit aliam Ca-pellam ruralem sub titulo S. Michaelis sitam in perti-nentiis Campaniani, et quia cum esset nimis humida ideo suspensa fuit»17. Questa deve essere certamente

la cappella dei Canetta perché nel 1821 risulta ormai distrutta18 ed essa non viene citata negli atti delle visi-te pastorali effettuate dal vescovo Giuseppe d’Amante negli anni 1820 e 1825. In esse si parla, invece, dell’al-tra cappella di S. Michele «ejusdem Ville Campania-ni» che viene detta di patronato della famiglia Siniscal-chi. Negli atti della visita pastorale del 1820 leggiamo: «visitavit cappellam Sancti Michaelis de jure patro-natus Familie Siniscalchi et mandavit fieri in ea can-delabra, et flores, necnon ut reficiatur mensa lignea spatio unius mensis, alias dicta cappella remaneret suspensa»19. Negli atti della successiva del 1826, il ve-scovo oltre a ribadire il patronato sulla cappella alla famiglia Siniscalchi, aggiunge: «mandavit renovari Imaginem praelaudati Santi Titularis, temporis iniu-ria consumptam; atque madefactum murum a retro dictae Imaginis refici cum nova fabrica; nec non refici planetam varii coloris. Hocque exequatur infra men-sem, alias dicta cappella remaneret suspensa»20. Il vescovo Felice Romano negli atti della sua visita pasto-rale del 185521 non parla di questa cappella, ma quella del successore Francesco di Nicola del 1873, ordina di portare in episcopio, per essere esaminati dal vescovo, alcuni capi di biancheria della chiesa «quoniam inven-tum est nihil in ipsa capella» e nel 1876, nel corso del-la visita di verifica, il vescovo afferma che, essendosi recato in essa, «tum iterum visitatus, cumque nihil in ea animadvertendum invenisset gratias Deo agens discessit»22. Negli atti della visita pastorale di Gennaro Portanova, dopo aver visitato la chiesa di S. Antonio Abate l’8 aprile 1886 , parla brevemente della cappella di S. Michele e aggiunge: «de jure patronatus familia Giglio, et mandavit inaurari patenam calicis necnon adiungi missalibus folia typis impressa Sanctorum novorum. Reliqua vero laudavit»23. Non abbiamo al-tre notizie di rilievo su questa cappella. L’esistenza di una seconda cappella esistente in que-sto territorio, ci viene attestata dallo stesso libro dei battezzati che già conosciamo dove si legge ancora: «Adi 28 de maggio 1603 Io D. Giovanni Andrea In-galdo ho battizzata la figlia di compare pietro agnese et de comare Sabella baldaia alla cappella di San-to Sebastiano se chiama beatrice la mamma portia Mazzella». Altro battesimo amministrato nella stessa

9) Non so se questa cappella debba essere identificata con quella la cui struttura, ancora abbastanza integra, si trova sulla strada per la chiesa di Sant’Antuono adibita a officina di un fabbro. Viene indicata ancora come «San Micaliello». D’altra parte la zona ancora oggi viene indicata con il topo-nimo «San Michele».10) Archivio della Congregazione del Concilio (ACC) - rela-zione ad limina del vescovo Schiaffinati del 1° dicembre 1741.11) ACC, relazione ad limina del vescovo Felice Amato (1747).12) V. Onorato, Ragguaglio istorico topografico dell’isola d’Ischia, in E. Mazzella, L’Anonimo, Vincenzo Onorato, e il Ragguaglio dell’isola d’Ischia, Gutemberg Editrice, Fisciano 2014 p. 251. 13) Archivio Capitolare d’Ischia (ACI) , Libro delle conclusio-ni capitolari 1745-1803 f. 1 v.14) Ibidem, f. 96 r.15) ADI, atti della visita pastorale del vescovo Pasquale San-sone del 1792 f. 4 r.16) Non è detto di quale cappella di S. Michele si tratti. Sup-pongo che sia quella di patronato Siniscalchi.17) ADI atti della visita pastorale del provicario capitolare Bartolomeo Mennella del 1802 f. 4.

18) AC.I., Libro delle conclusioni capitolari dal 1815 al 1877, f. 38.19) ADI., Atti delle visita pastorale di G. d’Amante del 1820, f. 9 v. Dobbiamo ricordare che nel corso del secolo XVIII, la famiglia Siniscalchi di Napoli, per motivi matrimoniali, era subentrata nel patronato della chiesa di Santa Maria di Mon-tevergine allo Schiappone (GG. Cervera-A. Di Lustro, Bara-no d’Ischia, storia, Melito 1988 p. 20.20) ADI., Atti delle seconda visita pastorale del vescovo Giu-seppe d’Amante del 1825-26 f. 9 v.21) ADI., Atti della visita pastorale del vescovo Felice Roma-no del 1855. 22) ADI., Atti della visita pastorale di Francesco di Nicola del 1873 f. 66.23) ADI., Atti della visita pastorale di Gennaro Portanova 1885-88 f. 41.

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cappella lo troviamo registrato nel 160724. Inutile dire che neanche di questa cappella si fa cenno nella «Pla-tea» d’Avalos ma costituisce indice ulteriore della dif-fusione del culto verso questo Santo nelle nostra Isola. Il vescovo ricorda però che nella chiesa cattedrale «vi è altare di Santo Sebastiano è jus patronato delli Cor-beri, si possede per D. Giovanni Antonio Zabatta25, rende l’anno ducati sei»26. Nel «Notamento….»non riscontriamo alcun documento sulla chiesa di San Se-bastiano di Campagnano, mentre il d’Ascia, parlando della chiesa dell’Annunziata, senza fare alcun cenno a S. Sebastiano e ai governatori laici della stessa, scrive che essa «fu edificata nel 1602 a spese dei contadini del Villaggio i quali ne sostengono la manutenzio-ne»27. L’Onorato mette in relazione la fondazione di una chiesa a Campagnano con il trasferimento della sede della parrocchia di San Vito da Salito nella nuo-va chiesa dello Spirito Santo nel borgo di Celsa, dopo il 157028. In tale occasione «li naturali della Villa di Campagnano tra quelli dispersi tra monti e tra li mentovati vichi senza chiesa e senza sacramenti, si determinarono tra la metà del secolo 17° a costruirsi una chiesa, come se la costruirono, e ne tennero tut-te le occorrenze ed opportunità spirituali»29. Bisogna sottolineare ancora che l’Onorato non parla mai della chiesa di Sebastiano. Dalla documentazione da me re-perita nei protocolli dei notai di Ischia, si ricava però che fin dal 1632 nella chiesa, o cappella, di S. Sebastia-no di Campagnano, vi è una cappella o altare intorno al quale già si è costituita una «mastranza» che provvede all’amministrazione materiale di esso come possiamo leggere nel testamento di Vincenzo de meglio…. De Marrazziello che qui viene trascritto nei punti salienti.

Archivio di Stato di Napolifondo Notai secolo XVII Scheda n. 894 del notar

Scipione Calosirto protocollo n. 15

f.54 v.Die tertio mensis februarij 1632 Ischie ad preces nobis factas pro parte Vincentij de Meglio de Casali Cam-pagnani de Marrazziello….. accessimus ad quandam domum dicti Vincentij sitam in dicto Casali et dum es-semus ibidem invenimus dictum Vincentium in lecto jacentem infirmum corpore sanum tamen mente, qui Vincentius agens, et eiusque heredibus et successori-

bus sponte asseruit et declaravit coram Joanne bap-tista …. boccanfuso et dominico Mormile dicti Casalis economis, et magistri f. 55 r.cappelle Sanctissime Annunciate constructe intus Ve-nerabilem ecclesiamn Sancti Sebastiani dicti Casalis Campagnani presentibus intervenientibus pro parte dicte cappelle, et successoribus imperpetuum... Vin-centium habere, tenere et possidere juste tamquam verum dominum, et patronum quoddam territorium nominatum La Torre situm in pertinentiis dicti Casa-lis, quatrarum trium incirca arbustatum, vitatum et sterile juxta bona heredum quondam Octavij Russi, Joannis Mazzelle, Vincentij de meglio, et juxta viam vicinalem, non venditum sed francum excepto ab an-nuis carlenis viginti sex et granarum sex cum dimidio minus cavalli dui, debitis et anno quolibet solvendis dictis heredibus predicti quondam Octavij Russi vi-gore causarum, quibus retro habeat... Predictum Vincentium deliberasse et… mentis ob eius meram devotionem quam dicit gerere erga dictam cappellam Sanctissime Annuntiate dicti Casalis Campagnani dictum territorium cum toto augumento, et beneficio in eo facto cum onere predicto, et cum infrascripta conditione et onere velle donare titulo irrevocabiliter inter vivos cedere et renuntiare dicte cappelle et vo-lens dictus Vincentius dictam tam eius sanctam deli-berationem adimplere, dictam donationem perficere et realiter ad effectum ducere, motus ab amore pre-dicto, et ex aliis justis sanctis et devotis causis ad hoc eius mentem, et animum digne, et juste moventibus, et inducentibus ut dicit, quolibet non ex……haberi tum volenti pro ….. f. 55 v.expressi, et specifice declaratis Itaque qualibet causa tam oniunctim quam divisim siti eque presentibus et potens esse efficax valida, et finalis et quia sic placuit, et placet, sponte predicto die coram nobis non vi, dolo, et omni meliori via ex sua devotione... enunci libere et gratiose verum cum onere infrascripto tamen et cum onere dicti census et debiti dictis de Russo anno quolibet in primo die Novembris cuiusbet anni, et in primo die mensis novembris primi futuri presentis anni 1637 incipere, et facere primam solutionem dit-te annate…... annuorum ducatorum 2-3-6/2 dictis de Russo, et successoribus et pro eis indemnes servare, et extra…..promittunt prefati economi nomine dicte cappelle dictum Vincentium et bona omnia etiam ante damnum passum cum refectione omnium dan-norum … Per alcuni anni, in modo particolare nei protocolli notarili di Scipione Calosirto30, troviamo alternativa-mente atti rogati a favore della chiesa di S. Sebastiano, come nel 163531, e della Annunziata come nel 163832.

24) ADI., cfr. citato libro dei battezzati.25) Come già sappiamo, il suo nome compare tra i canonici della cattedrale nella «Platea» d’Avalos. È stato per diversi anni vicario generale sia del vescovo Fabio Polverino ( 1565-1590), sia dello stesso Innico d’Avalos (cfr. P. Lopez, op. cit. p. 42; A Di Lustro – E. Mazzella, Insulanae Ecclesiae Pasto-pres - I pastori della chiesa di Ischia, Fisciano, Gutemberg Editore, 2014 p. 56-57). 26) P. Lopez, op. cit, p. 214.27) G. d’Ascia, Storia dell’isola d’Ischia, Napoli 1867 p. 52.28) A. Di Lustro, I marinai di Celsa e la loro chiesa dello Spirito Santo a Ischia, Forio 2003 pp. 37 e ss.29) V. Onorato, op. cit. f. 161 v-162 r.

30) La scheda n. 894 del notar Scipione Calosirto conservata nel fondo: Notai sec. XVII dell’ASN si compone di 31 proto-colli dal 1617 al 1660. Nel secolo XVII questi protocolli erano conservati dagli eredi del notar Aniello Attanasio.31) Notai s. XVII scheda 894 prot. 13 atto del 12 ottobre 1635.

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Questi atti notarili attestano chiaramente che l’antica cappella di S. Sebastiano si è trasformata nella chiesa della SS.ma Annunziata cosicchè, scomparso l’antico titolo, ha preso il sopravvento il secondo. Da un altro atto del notaio Scipione Calosirto dell’8 luglio 1642 veniamo a sapere che Carlo Mennella di Campagnano vende a Giacomo Bernardo della Terra di Monteforte un territorio «vitato e ficato» nominato «la Torre» di due moggia, ubicato presso la città di Ischia, con l’ob-bligo di ducati 2 tarì e grana dieci all’anno «debitis Venerabilis cappelle Sanctissime Annunciate posite intus ecclesiam Sancti Sebastiani Campaniani»33. Il culto verso la Santissima Annunziata si svilup-pa sempre maggiormente per cui nel 1652 «Carolus Scotto de Ischia agens ad infrascripta omnia pro se suisque heredibus et successoribus sponte asseruit co-ram nobis et Reverendo Domino francisco Jovene de Ischia ad presens parroco parocchialis ecclesie San-cti Viti Ville Campaniani et burghi Celse presente et interveniente pro eadem parrocchiali ecclesia et pro cappella Santissime Annunciate posite intus dittam ecclesiam parrochialem Ville Campaniani et suc-cessores in ea imperpetuum mensibus preteritis ad nstantiam Carolum novisse Sanctissime Annuciate de Villa Campaniani et eius altaris, seu cappelle positum ut fieri facere eidem altari seu cappelle Sanctissime Annunciationis lampadam argenteam valoris due triginta pro illa tenendo in servitio ditte cappelle». Inoltre viene stabilito che questa lampada deve servire solo ed esclusivamente per questa cappella34. Con il tempo gli atti notarili che ci parlano della cappella dell’Annunziata tacciono sulla presenza di S. Sebastiano per cui «gli economi» di questa cappella sono detti «magistri et gubernatores Venerabilis Ec-clesie et Cappelle Sanctissime Marie Annunciationis dicte Ville Campaniani»35. La stessa cosa leggiamo in altro atto del notar Giovan Tommaso Filisdeo del 9 di-cembre 166636. Così la presenza di San Sebastiano vie-ne messa in secondo ordine fino a quando nel 1707 fu fondato il «Monte di Santa Maria delle Grazie» e nel «Notamento degli atti beneficiali…….» troviamo cita-to questo documento che oggi più non esiste: «1707= Erectio Montis Sancte Marie Gratiarum confratrum et sororum intus ecclesiam Sanctissime Annuntiate Campaniani folia scripta n. 5»37. Tuttavia il ricordo di San Sebastiano in qualche modo rimane e oggi vive nella pala dell’altare maggiore del secolo XIX, attribu-ibile a un mediocre pittore del secolo XIX, dove è raffi-gurato accanto all’Annunciazione alla Vergine.

Nella relazione ad limina del 1741 il vescovo Nicola Antonio Schiaffinati, parlando della parrocchia di San Domenico, così scrive di Campagnano che si trovava nella sua ottina: «…..unus locus frequentiony incola-tus adest ab ipsa Parochia per milliare distans qui proprie Villa Campaniani dicitur, et in eo unica sita ecclesia sub titulo Santissime Annuntiationis….. Ec-clesia vero Santissime Annuntiationis que omnibus subditur visitationi Ordinarij, administratur per eco-nomos laicos et quinquaginta circiter ducatos annuos habet redditus sacra supellecite, vasis sacris, et re-fectione in materiali structura indiget que omnia ad exactis normam redigi in proxima preterita visitatio-ne mandavi»38. La vetustà della chiesa diventa sempre più vistosa per cui il vescovo scrive che essa ha bisogno di essere sottoposta ad accurato restauro. Nella successiva visita ad limina del 12 aprile 1747, il vescovo Felice Amato a sua volta scrive: «In dicta Villa ( Campaniani ) est etiam Ecclesia sub titulo San-ctissime Annunciate a Parochiali valde distans sub regimine laicorum gubenatorum supellectilibus bene ornata, particulares redditus pro fabrica non habens, sed cura eorumdem de necessariis adiuta»39.

La ristrutturazione che diede alla chiesa l’aspetto at-tuale, avvenne negli anni successivi, esattamente tra il 1770-71 e il 1781 come ricorda la lapide posta in sacre-stia nella quale leggiamo:

Il primo Signore Canonico D. Valentino Mazzella Ha rifatta questa chiesa

della SS. Annunziata di pianta Per lo spazio di dieci anni

Finiti al 1781Una colla piscina nel cortileColla offerta de Compatroni

Di questa Villa di Campagnano

La chiesa è venuta così a identificarsi «con le vicende dei luoghi. Pur restando di diritto patronato, gelosa-mente difeso dai locali, vi si celebrava il culto dome-nicale e festivo, si conservava il SS.mo Sacramento, e vi si svolgevano le altre pie pratiche e l’insegnamento del catechismo con pieno riconoscimento e benepla-cito sia dell’autorità religiosa che civile a motivo del servizio prestato “a tutto il ceto de’ zappatori e brac-ciali della Villa medesima“». Questa struttura «tende al recupero di una centralità mediante il contenuto sviluppo dell’asse verticale dell’unica navata e l’in-tersezione a quadrato dei bracci, marcata da un re-gistro ad angoli arrotondati su cui s’imposta diretta-mente la cupola»40. Per quanto ne sappia, il Pio Monte di Santa Maria delle Grazie non ha mai presentato alla Regia Camera di Santa Chiara le «Capitolazioni», per cui ha avuto sempre un suo particolare «status» che non era certo

32) Ibidem, prot. n. 16 f. 40 atto dl 28 gennaio. 33) Ibidem, prot. 20 f. 72, atto dell’8 luglio 1642.34) Ibidem, prot. 30 f. 129 v. La data dell’atto è andata per-duta perché il protocollo si presenta rovinato dall’acqua nella parte superiore e inferiore. 35) Cfr. Notai sec. XVII scheda 1207 del not. Giovanni Tom-maso Filisdeo, protocollo 2 f. 168, atto del 29 settembre 1664.36) Ibidem, prot. 4 f. 192. 37) ADI., Notamento degli atti beneficiali della città e diocesi d’Ischia, f. 33.

38) ACC., relazione del vescovo Nicola Antonio Schiaffinati del 1° dicembre 1741.39) Ibidem, relazione del 12/4/1747 del vescovo F. Amato. 40) I. Delizia, Ischia l’identità negata, Napoli editrice ESI, 1987 p. 180.

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quello legale. Sebbene manchino le antiche norme che regolavano l’esercizio del patronato da parte del «ceto degli zappatori», possediamo tuttavia uno statuto ap-provato da Ferdinando II, re delle Due Sicilie, il 7 otto-bre 183542. La sua esistenza, d’altra parte, non sempre viene ricordata dai documenti che noi conosciamo, an-che se ne viene ricordata l’amministrazione. La «Nota di tutti i luoghi pii……» del 177743 su di essa ci fa sapere quanto segue: «La chiesa della Santissima Annunzia-ta di patronato laicale, governata da quattro mastri laici; hoggi sono Francesco Mazzella, Baldassarre Mazzella, Alessandro Buono, ed Erasmo Guarniero ed il cappellano è il canonico D. Valentino Mazzella». Gli atti della visita pastorale del pro vicario capitolare Bartolomeo Mennella del 180244 ci fa sapere che nel-la chiesa vi sono, oltre quello maggiore, altri quattro altari: S. Teresa, Madonna delle Grazie, S. Maria dei sette dolori e del beato Giovan Giuseppe della Croce45. Non vi è alcun cenno al Pio Monte di Santa Maria delle Grazie né al patronato dei laici, mentre in quelli della prima visita di Giuseppe d’Amante del 1820 si ricorda che questi «visitavit Altare Sanctae Mariae Gratia-rum, in quo reperitur eracta Sodalitas virorum, ac feminarum, vulgo Monte di Santa Maria delle Grazie della Villa di Campagnano, cum suis Statutis, et lau-davit». Notiamo ancora che l’altare «Dei sette Dolori »ha ceduto il posto al «Crocifisso»46. Gli atti della visita di Felice Romano del 18 giugno 1855 ricordano che il vescovo «praecepit exhiberi li-bros spectantes ad Pium Montem Virorum, et Mulie-rum sub titulo, et altaris S. Mariae Gratiarum dictae Ecclesiae erectum ut visitarentur»47. Quella poi di Francesco di Nicola riassume in poche battute le vi-cende della chiesa e così scrive: «Anticamente esisteva una cappella dedicata a S. Sebastiano, ma l’epoca si ignora; però nel 1781 da questa cappella fu formata la chiesa ora esistente; la quale è di dritto patronato del ceto dei zappatori del villaggio di Campagnano». Inoltre si dice che gli amministratori sono due sacer-doti: D. Miche d’Arco e D. Vincenzo Di Scala48. 49) A. Di Lustro-E. Mazzella, Insulanae Ecclesiae pastores -

I pastori della chiesa di Ischia, Fisciano Gutemberg editore 2014 p. 181.50) Ibidem, p. 168.

41) Ibidem, p. 203. 42) Una copia si conserva nell’ADI nella cartella della chiesa. Il documento è stato pubblicato da A. Di Lustro in: Le Capi-tolazioni delle confraternite della Città d’Ischia conservate nell’Archivio di Stato di Napoli IV, in La Rassegna d’Ischia, anno XXIX luglio-agosto 2008 pp. 38-39.43) Si conserva nell’ADI. La citazione si trova al foglio 4.44) Si conserva nell’ADI. La citazione al foglio 4.45) Si ricordi che fra Giovan Giuseppe della Croce fu beatifi-cato nel 1789 da papa Pio VI e che subito gli furono innalzati alcuni altari in diverse chiese, oltre quello della chiesa dello Spirito Santo d’Ischia. In seguito sono tutti scomparsi o han-no cambiato titolare. Unico superstite è quello della chiesa di San Gaetano a Forio, il primo in ordine di tempo innalzato in onore del beato, dal sacerdote Agostino Verde ( cfr. A. Di Lustro, I marinai di Celsa e la loro chiesa dello Spirito Santo a Ischia, Forio tipografia Puntostampa 2003 p. 222.46) Atti della citata visita pastorale del 1820 f. 12 v.47) Ibidem, visita pastorale di Felice Romano del 1855 f. 14 v.48) Ibidem, visita del vescovo F. di Nicola del 1873 f. 62-63.

Fin dalla fondazione della parrocchia di San Dome-nico nel 1675, la chiesa di San Sebastiano- Annunziata ha operato nell’ambito della parrocchia di San Dome-nico e la situazione è rimasta tale anche in seguito alla fondazione, il 26 novembre 1962, della parrocchia di Sant’Antonio Abate49 ad opera del vescovo Dino To-massini (1962-70). Nel 1994 poiché la popolazione residente a Campa-gnano era notevolmente aumentata, il vescovo Anto-nio Pagano (1983-1998) dichiarò l’Annunziata «chie-sa curata » per assicurare agli abitanti della zona una più immediata e continua assistenza spirituale. Qualche anno dopo, in seguito alla morte del canoni-co D. Giovanni Buono, al quale era affidata la chiesa dell’Annunziata e l’assistenza spirituale della popola-zione, si procedette ad una ristrutturazione territoriale delle parrocchie di Gesù Buon Pastore, San Domenico e Sant’Antonio Abate. In primo luogo trasferì il titolo parrocchiale di San Domenico nella chiesa dell’Annun-ziata di Campagnano per cui la parrocchia assunse il ti-tolo di «San Domenico nella Santissima Annunziata» e le assegnò il solo territorio di Campagnano. Le zone di Cartaromana, Cilento, San Michele e la stessa chiesa di San Domenico vennero annesse al territorio della parrocchia di Sant’Antonio Abate alla quale fu sottrat-ta la zona di Fondo Bosso e la cappella del Crocifisso che passarono sotto la giurisdizione della parrocchia di Gesù Buon Pastore50. Questa è la situazione odier-na e lo status giuridico e canonico dell’antica chiesa di San Sebastiano e SS.ma Annunziata di Campagnano. A poca distanza dalla chiesa dell’Annunziata si può ancora vedere la struttura di quella che fu l’ultima sede della chiesa di San Pietro a Pantaniello, in origine sul lago di Villa dei Bagni. Ce ne ricorderemo, e diremo qualche piccola cosa su di essa, quando avremo occa-sione di trattare le vicende di questa piccola chiesa, una volta conventuale.

Agostino Di Lustro

Ischia Teatro Festival 27 | 28 | 29 marzo 2015 - ISCHIA TEATRO STA-BILE - V. De Pretore - di Eduardo De Filippo10 | 11 | 12 aprile 2015 ARTÙ PRODUZIONI - Il gran ballo di Cinerello - di Salvatore Ronga17 | 18 | 19 aprile 2015 - PANE AMORE E FAN-TASIA - La fortuna con la F maiuscola di Eduardo De Filippo e Armando Curcio24 | 25 | 26 aprile 2015 - LA COMPAGNIA DEL-LA DANZA Shakespeare on the block di Barbara Castagliuolo e Pietro Di Meglio1 | 2 | 3 maggio 2015 – ARTÙ - Oscar di G. Iacono

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Don Pietro Montia cent’anni dalla sua nascita (1915-2015)

Ricordo del suo impegno di archeologo e di storico

Evitando di accennare alla sua iniziale vocazione di sacerdote e di tracciarne i vari percorsi (circostanza ad altri devoluta), diciamo subi-to che Don Pietro Monti è quasi sinonimo stesso di “Scavi e Museo di Santa Restituta”, simbolo di una realtà fortemente voluta, perseguita sempre con costanza, facendo a volte tutto da sé, a volte con il contri-buto di altri valenti studiosi. Nello stesso tempo egli ha portato avanti il culto per Santa Restituta, con significative iniziative, quali la rap-presentazione di San Montano, la celebrazione del XVII centenario.

Riesce difficile oggi pensare a quanta e quale sarebbe la sua soffe-renza nel constatare che la sua creatura (Scavi e Museo) sono chiu-

A cura di Raffaele Castagna

Riproduzione riservata

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si da un anno, quasi a dirgli non tutto il bene possibile per averci lasciato un patrimonio che è una continuazione della storia di Pi-thecusa, ritrovata e studiata dal prof. Buchner, ma piuttosto il “lamento” di chi ha la necessità di tenere viva una “fiamma” da lui accesa.

Ricordare don Pietro Monti è un obbligo di conoscenza, di gra-titudine e di accrescimento non solo culturale; si è trovato ad un certo momento archeologo, su-perando le diffidenze generali, mai lasciandosi prendere dallo sconforto, e si è poi scoperto an-che storico, per offrire a tutti l’oc-casione di conoscere il frutto delle sue iniziative, della sue scoperte, che di anno in anno sono riuscite a vincere anche le ritrosie degli scettici. E sono così venuti anche i consensi, i riconoscimenti, pri-ma degli studiosi e degli appas-sionati della materia, e forse non ancora (o almeno non appieno) della gente isolana e degli “eletti” locali, quasi a ricordare che già un tempo, ponendosi la discus-sione per la destinazione di Villa Arbusto (museo o albergo), molti

propendessero preferibilmente per la seconda soluzione. Oggi l’isola di Ischia, ma so-prattutto Lacco Ameno, dovreb-be tenere come suo vanto (anche in prospettiva turistica) la realtà di disporre di due importanti Musei… Nella pagina di Commiato di “Ischia, archeologia e storia”, don Pietro così conclude: «Ri-cordate che di quest’isola, così carica di storia e di fascino, sconvolta da fenomeni telluri-ci, devastata da barbari inva-sori, avvolta in scenari estatici, va tutto salvato. Anche i “coc-ci”, ultime reliquie di distrutti monumenti, nella forma più insignificanti, pur essi parla-no, si levano giganti, come l’E-pomeo nel sereno incanto della natura, al pari dell’avvenimen-to storico e restano segni impe-rituri della civiltà a cui appar-teniamo.

Io la lascio a voi, giovani! Amatela, studiatela,

custoditela, difendetela!

Non è tempo di agiografia ma di comprensione di un personaggio che ha onorato e onora veramente il paese; ed è giusto in questa sede

ricordarne alcune testimonianze che ricaviamo da libri e giornali.Don Pietro Monti l’archeologo e lo storico

(Vincenzo Mennella in un articolo pubblicato su La Rassegna d’Ischia (n. 6/1992) in occasione dei festeggiamenti per i 50 anni di sacerdozio di Pietro Monti)

(...) Scopertasi quasi per caso la vocazione per l’archeologia, è diventato negli anni archeologo provetto, ma ha conservato del dilettante tutte le ca-ratteristiche più distintive ed interessanti: entusiasmo, desiderio di parteci-pare con immediatezza agli altri le proprie scoperte, disimpegno da qualsiasi scuola, genuinità nella lettura delle scoperte.

(…) Ha cominciato negli anni cinquanta. Era il giovane rettore che sperava di trovare testimonianze alla tradizione che voleva che una parte delle Spo-glie di S. Restituta fosse custodita sotto la chiesa. Cominciò a scavare. Forse non trovò il tesoro che il contadino della favola aveva promesso al figlio, ma, come il figlio del contadino, col suo lavoro trovò una ricchezza ancora più grande, trovò le vestigia del culto, le radici della storia, ma principalmen-te trovò il germe di una nuova passione: accanto al rettore zelante nasce e cresce nei decenni successivi l’archeologo e lo storico. Tutto quello che si ammira sotto la chiesa di S. Restituta è il frutto tangibile del suo lavoro. Mentre la chiesa si abbellisce, si restaura nella struttura, diventa San-

tuario, prende corpo anche la si-stemazione del Museo, offrendo al visitatore pagine sempre più com-plete di storia locale, arricchita da testimonianze provenienti da tutta l’Isola e non solo dall’Isola. Ispetto-re onorario dei Beni culturali, Don Pietro scandaglia l’Isola palmo a palmo, senza trascurare le coste e i fondali e scoprendo sempre nuove testimonianze che suffragano talune sue teorie. Presto diventa un riferi-mento scientificamente affidabile per chiunque si trovi tra le mani un qualche reperto restituito dal sotto-suolo nel corso di lavori e, sensibi-le alla ipotesi che possa trattarsi di rinvenimento significativo, ne vo-glia capire l’importanza. I ragazzini di Lacco, invogliati da Don Pietro a rendersi utili in questa opera di re-cupero di ciò che il sottosuolo custo-disce, prima di usare come pastore per i propri giochi i cocci che rin-vengono, specie lungo le pendici di Montevico, li portano a Don Pietro e sono orgogliosi quando riescono a reperire oggetti in zone inaccessi-bili al maestro. Ma anche questo è già tanto lontano da noi. Oggi non si gioca più con le cosiddette pastore.

(…) Temerario nella prima fase degli scavi, lo hanno fermato in tem-po, prima di mettere in forse la stes-sa stabilità della chiesa. Chiede aiuto alla tecnica e va avanti con sempre maggiore sistematicità e program-mazione. Poi vengono i lavori di ricostruzione del municipio e Don Pietro diventa un secondo direttore di cantiere, per fare in modo che l’o-pera fosse anche rivolta a facilitare il suo intento di utilizzare al meglio ogni spazio possibile per il suo Mu-seo che si va, così, sempre più am-pliando. Oggi gli Scavi di S. Restitu-ta rappresentano una interessante passeggiata attraverso i secoli, meta di migliaia di visitatori isolani e turi-sti ed in particolare di tutte le scuole dell’Isola e di quelle che vengono in escursione sull’Isola.

(…) Ma Don Pietro non si è fer-mato al rinvenimento, al restauro, all’esposizione. Tutto ciò che egli ha rinvenuto, studiato ed esposto è anche stato da lui pubblicato. E le pubblicazioni di Don Pietro sono

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numerose e talune sono una miniera inesauribile di notizie, interpretate e legate tra loro. Fonte insostituibile di consultazione è il volume Ischia, archeologia e storia. Talvolta è difficile stabilire se la ri-cerca segua un disegno che l’autore ha già in mente o la tesi prenda via via corpo in una lettura scientifica-mente verificata del frutto della ri-cerca. E in ciò sta il pregio e il limite dell’autodidatta. Il fatto che, come si diceva, non c’è stretto legame con alcuna scuola, rende certamente l’interpretazione più libera e talvolta viene facilitata quella intuizione che costringe a riflettere anche l’addetto ai lavori più ortodosso, sempre che quest’ultimo non si lasci condizio-nare da una concezione esclusivisti-ca, che porti a bollare di eresia ogni lettura diversa da quella ufficiale. E Don Pietro ne sa qualcosa. Prima di essere accettato dalla archeologia ufficiale, ha dovuto subire critiche severe, dalle quali ha saputo difen-dersi, sia sul piano culturale, che su quello operativo. E il piano ope-rativo è stato quello che gli ha dato un notevole vantaggio, perché Don Pietro ha la stoffa del manager, nel senso migliore del termine.

(…) Non è facile né è mia inten-zione, ammesso che ne avessi tito-lo, scendere nel merito delle pub-blicazioni di Don Pietro, né appare necessario illustrare il Museo, cosa che è stata magistralmente fatta da competenti. Mi pare, tuttavia, op-portuno cogliere qualche notazione, che inquadri la personalità e l’opera dell’autore, in armonia con quanto già son venuto dicendo. Nella intro-duzione all’ultima ponderosa fatica di Don Pietro, Ischia altomedieva-le, Gerardo Sangermano sottolinea come nella meritoria opera di ri-cercatore e di promotore di cultura, Don Pietro sia mosso dal “sanctus amor patriae”, indagando i tempi ed i toni della vita di Ischia altome-dievale, per capire che cosa accadde nel periodo storico dopo il tramonto definitivo dello splendore della gre-ca Pithecussai e il fiorire di Aenaria romana. Ma qual è la patria cui allu-de il Sangermano? Per il Sacerdote non può essere che l’umanità. Per

il ricercatore è certamente l’Isola, mentre un amore incommensurabi-le per Lacco si può cogliere qua e là nelle opere dell’autore. Un bel cam-panile non guasta mai, se da esso è possibile ammirare orizzonti senza confini. E questo santo amore per il luogo nativo non fa velo al dovere di obiettività dello storico. Ed egli nella premessa allo stesso libro manifesta vivo il desiderio che il lavoro, “che vuole accendere un po’ di luce tra le tenebre del periodo altomedievale dell’Isola d’Ischia, venga bene ac-colto dagli studiosi, cui particolar-mente è rivolto”. Certo resta la diffe-renza cui si accennava prima, tra lo scopritore isolato e il seguace di una scuola. Le sue intuizioni non devono sempre essere prese per verità asso-lute, ma sono pur sempre intuizioni che fanno discutere, e questo è im-portante. La comparazione con altre ipotetiche verità è sempre possibile, anzi auspicabile, perché utile; come quando, ad esempio, egli immagi-na che non una, ma tante erano le Pithecussai sul territorio isolano, localizzate nei punti di più facile ac-cesso dal mare. Punti che, secondo la felice intuizione dell’autore, do-vevano rappresentare come delle tappe anche per una sorta di via del mare per il collegamento tra le varie località dell’Isola, allora non rag-

giungibili facilmente via terra. Don Pietro ricorda nel libro citato come il traffico con barche a remi fosse allo-ra molto più comodo e redditizio di quello fatto a piedi. È anche questa una teoria che, però, nulla toglie alla primogenitura della Pithecussai che tutti gli studiosi, compreso ovvia-mente Don Pietro, localizzano ormai con certezza nel territorio di Lacco Ameno. Altra notazione che colloca l’opera di Don Pietro tra quelle da consultare da chi voglia conoscere, come egli stesso dice, “l’affascinante storia della nostra bella Isola”, sta nell’ottica che l’autore dà alle sue ricerche e che fa dell’archeologo lo storico. Tra le sue pagine, infatti, si ritrovano accurati e chiari riferi-menti alle tipologie delle culture, ai movimenti devozionali, ai loca san-ctorum, alle fondazioni monastiche con l’analisi delle costituzioni patri-moniali. Ma lo studio dello storico di Lacco Ameno, secondo quanto nota l’introduttore citato, si apre poi a più seducenti e intriganti prospettive, quando indaga i problemi del com-mercio, quello della vita domestica nei suoi usi e costumi, ma anche negli arredi e nelle pratiche dell’i-giene quotidiano 0 quelli della pe-sca, spesso unica scelta di vita per le genti dell’Isola esaminata sia come attività economica che negli aspetti relativi al prodotto pescato, agli at-trezzi e alle tecniche. Nel caso di Don Pietro, è sempre il Sangermano che parla, il significato di “storia locale” si muta più correttamente in quello di “storia totale” di un determinato territorio ben definito dalla natura e dalla storia, alla comprensione della quale certo non fanno velo neppu-re alcune “ingenuità” dell’autore, giustificate sia dall’entusiasmo con cui egli, vero “genius loci”, affronta lo studio delle vicende alterne della propria “piccola patria”, sia dalla fatica, anche fisica, che sempre ac-compagna la ricerca e la successiva esposizione della stessa.

E il prof. Mennella concludeva: «E tu l’hai sperimentata questa no-bile fatica, e di ciò noi ti siamo gra-ti.».

Facciata del Santuario di Santa Restituta

Tutto quello che si ammira sotto la Chiesa di Santa Restituta è il frutto tangibile del lavoro di P. Monti

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Un giovane sacerdoteDon Pasquale Polito (Lacco Ameno, il paese, la protettrice, il folclore, 1963)

(…) Da gran tempo gli scavi di S. Restituta erano sentiti dagli studio-si come una vera necessità, ma i più non erano disposti a vederli fare per quel tremore che di fronte alle no-vità rende istintivamente gli animi pavidi e restii. Ci voleva la volontà realizza-trice, non priva di ardimento, di un giovane sacerdote per rompere ogni indugio. Don Pietro Monti, infatti, intrapre-se i lavori, picconando perso-nalmente, coadiuvato da due fidi, improvvisati, sterratori. Era il 12 aprile 1950 quanto gli scavi, motivati dal pavimento ormai consunto che s’intendeva rinnovare e dal riadattamento dell’altare in al-cune parti fatiscente, iniziarono nel più grande riserbo. Continuarono nei mesi successivi in maniera più sistematica, grazie alla direzione tecnica, entusiasta e generosa del geometra Mario Caccioppoli. (…)

L'entusiasmodi un dilettante

Vincenzo Mennella - Saluto alle Auto-rità al Convegno “La tradizione stori-ca e archeologica in età tardo-antica e medievale: i materiali e l’ambiente” /6/8 maggio 1984) riportato negli Atti pubblicati dal Centro di Studi su l’isola d’Ischia, 1989

(…) Innanzitutto un riconosci-mento a Don Pietro Monti e a quan-ti come lui hanno scosso la nostra società «locale» da un’apatia verso le pagine di storia scritte nei secoli passati. È storia «locale», ma tratta-si pur sempre di momenti che lo stu-dioso serio riesce a collocare in un contesto di storia patria e, nel caso di Ischia, nel più ampio scenario della civiltà mediterranea. Ricordo, di passaggio, che Pithecusa - colonia greca dell’ottavo secolo a. C. - fu de-finita «Crocevia del mondo antico». Mi piace qui accennare ai primi tentativi di Don Pietro di portare alla luce documenti che la sua im-maginazione e il suo entusiasmo di dilettante gli facevano collocare

nella zona sottostante la Chiesa di S. Restituta e il municipio. Andava alla ricerca di testimonianze di fede e del culto plurisecolare di S. Restituta e le ha trovate; ma ha, principalmen-te, trovato la molla che nel breve vol-gere di anni gli ha fatto attingere la collocazione tra i più stimati studiosi dell'archeologia della nostra Isola.

Vero genius lociGerardo Sangermano - Conclusioni del convegno citato

Don Pietro Monti, nel solco di una nobile tradizione che vede il clero, in special modo nei piccoli centri, farsi tramite di fede e insieme di cultura, ha, con la sicurezza che deriva da una lunga consuetudine di studio con l’argomento, dapprima traccia-to le linee di sviluppo del territo-rio ischitano sin dal suo formarsi e successivamente, riconducendosi al tema della relazione, ridisegnato la storia di Lacco e del complesso cul-tuale di S. Restituta dalla fase greca sino a quella cristiana, quando sono inseriti nel Patrimonium Sancii Pe-tri, arricchendo il discorso con am-pie notizie sulle vicende archeologi-che anche recenti del sito. Infine, vero genius loci, ci ha, per così dire, condotto per mano in una escursione sul territorio, ad Ischia, Barano, Forio, Casamicciola, ecc., mostrandoci per frammenti un piccolo mondo isolano che aspetta ancora di essere indagato per dare risposte nuove o anche fornire con-ferme attese.

Ricordi museali di Berlino a Ischia

Museums Journal - Berichte aus den Museen, Schlössern und Sammlungen in Berlin - Januar 2001 Die Heilige Restituta und ihr Museum - Berliner museologische Forschungen auf Ischia

Chi conosce l’isola d’Ischia - e a Berlino non sono pochi quelli che da tempo la preferiscono a Maiorca -conosce anche la tranquilla località di Lacco Ameno all’estremità occi-dentale della sua costa settentrio-nale. Essa è situata tra le pendici dell’Epomeo, il monte più alto d’I-

schia, e di Monte Vico, promontorio nord occidentale. E chi conosce Lac-co Ameno ama la sua piazza trian-golare con la facciata della Chiesa di Santa Restituta e la Torre del Palazzo Comunale. Qui una grande cancellata protegge il sagrato del tempio, sotto il quale sono stati ef-fettuati degli scavi, come mostrano le vetrate incastrate nel pavimento. Un grande cartello indica “Museo e Scavi archeologici di S. Restituta”: l’opera di una vita del rettore della chiesa, Don Pietro Monti1. (…) Don Pietro Monti, nato a Lacco Ameno nel 1915, consacrato sacer-dote nel 1942 e nel 1947 insignito del rettorato della chiesa di S. Re-stituta, ha scavato e cercato sotto la sua chiesa fin dal 1950 il primo luo-go di culto della martire. Il motivo fu il ritrovamento di un pavimento barocco a piastrelle, e poi di un ci-mitero paleocristiano al di sotto e di una cinta di mura romane. Monti fu stimolato dai contemporanei scavi

1 Wer Ischia kennt - und das sind in Berlin aus der Zeit vor dem Run auf Mallorca, nicht wenige - der kennt auch den beschaulichen Ort Lacco Ameno am westlichen Ende seiner Nordküste. Er lehnt sich dort an die Hänge zwischen Ischias grötem Berg, dem Epomeo, und dem nordwestlichen Vorgebirge Monte Vico. Und wer Lacco Ameno kennt, der liebt seine dreieckige Piazza rnit der Fassade der Kirche der Heiligen Restituta und dem Turm des Palazzo Communale. Dort schützt ein groes Gitter den Vorplatz vor der Kirche. Er ist unterkellert, wie die in den Boden eingelassenen modernen Glasfenster lehren. Ein großes Schild weist auf »Museum und archäologische Grabungen S. Restituta« hin, das Lebenswerk des Rektors des Heiligtums, Don Pietro Monti

Fornace circolare - VII sec. a. C.

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papali sotto San Pietro a Roma, ma anche dai fortunati scavi del suo au-torevole partner archeologo d’Ischia Giorgio Buchner, che proprio allora portava alla luce il più antico luogo d’insediamento greco e la rispettiva necropoli distante nemmeno 500 metri da S. Restituta. Con una co-struzione temeraria sorretta da pilo-ni di calcestruzzo Don Pietro Monti, dal 1950 al 1974, ha effettuato sot-to e accanto alla sua chiesa quattro campagne di scavi. Il risultato è uno straordinario complesso facilmente percorribile di chiesa, di museo dio-cesano, di museo archeologico con tutti i preziosi oggetti rinvenuti da don Pietro Monti nel corso dei suoi scavi, in cui le ricerche sono state estese all’intera chiesa (fino al suo altare principale), alla chiesetta late-rale e al sagrato. Sotto la chiesa late-rale si trova la probabile più antica tradizione cristiana; sotto la navata centrale della chiesa principale un grande edificio romano con un’o-pera muraria tipicamente romana e una necropoli e negli strati più bassi sono venuti alla luce quattro fornaci a ceramica e una fornace romana (o più antica) di calcina. Un vano, dove durante gli scavi venne fuori trop-po presto l’acqua freatica, è munito di un nuovo pavimento e sistemato come spazio museale2.

2 Don Pietro Monti, der 1915 in Lacco Ameno geboren wurde, 1942 zum Priester geweiht und 1947 mit dem Rektorat der Kirche S. Restituta betraut wurde, hat seit 1950 nach der Urkirche, dem ersten Verehrungsplatz der Märtyrerin unter seiner Kirche gesucht und gegraben. Anlaß war der Fund eines spätmittelalterlichen Fußbodens bei der Erneuerung eines barocken Fliesenbodens und dann darunter eines frühchristlichen Friedhofs und eines römischen Mauerverbandes. Angeregt war Monti von den gleichzeitigen päpstlichen Grabungen unter St. Peter in Rom, aber auch von den erfolgreichen Ausgrabungen seines archäologischen Partners bei der Denkmalpflegebehörde auf Ischia,Giorgio Buchner, der damals den ältesten griechischen Siedlungsplatz und die dazugehörige Nekropole keine 500 Meter von S. Restituta entfernt freilegte. In einer waghalsigen, von Betonstützen getragenen Konstruktion hat Don Pietro Monti von 1950 bis 1974 unter und neben seiner Kirche vier Grabungskampagnen durchgeführt. Dos Ergebnis ist ein museologisch

(…) Ma la peculiarità del luogo sono senza dubbio il collegamento

ganz einmaliges Ensemble von Kirche, Kirchenschatz und Drözesanmuseum, von archäologischem Museum mit all den von D. Pietro Monti ausgegrabenen Objekten und seiner begehbar gelassenen Ausgrabung. Unterkellert wurden die ganze Kirche (bis auf ihren Hauptaltar), die Nebenkirche und der Vorplatz. Unter der Nebenkirche befindet sich die möglicherweise ältestechristliche Raumtradition, unter dem Mittelschiff der Hauptkirche ein großes römisches Gebäude mit typisch römischem Mauerwerk sowie eine Nekropole, und in den untersten Schichten sind vier Keramiköfen und ein römischem (oder älterer?) Kalkbrennofen zu Tage getreten.Ein Raum, in dem beim Ausgraben zu schnell das Grundwasser aufstieg, ist mit einem neuem Boden versehen und ganz als Museumsraum hergerichtet

e il percorso di chiesa, museo e sca-vo. Il luogo è significativo sul piano archeologico per la serie di fornaci di ceramica di diversi tipi che rico-prono un lungo periodo tra VII e II secolo a. C. Un progetto di ricerche finanziato dalla Fondazione FritzThyssen, tra-mite la Libera Università di Berlino, sotto la direzione dell’autore, effet-tuato da Gloria Olcese, serve alla più precisa ricerca e pubblicazione delle sette fornaci rinvenute da Don Pietro Monti e delle ceramiche e dei mattoni prodotti nelle fornaci. Ischia sino a poco tempo fa ha avuto una grande fama per la sua ceramica. Senza dubbio, con gli sca-vi di Santa Restituta ci troviamo nel centro dell’antico quartiere dei vasai di Ischia. La ricerca di officine da parte del programma di raccolta di

Don Pietro Monti con Peppino Simonelli durante i lavori di sistemazione

Sepolture in anfore per i bambini

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antichità del Museo Statale di Berli-no in vigore già da molti anni. Il no-stro interesse al complesso museale di S. Restituta a Lacco Ameno non ha proprio bisogno di essere ulte-riormente motivato. Sentiamo lo stesso don Pietro Monti: «Davvero la devozione alla Santa Patrona, la pietà popolare, il flusso di turisti rappresentano i protagonisti più importanti di que-sto centro storico-culturale, ricco di una storia millenaria che affascina e avvince lo spirito umano3». (Wolf-Dieter Heilmeye).

3v Das Besondere des Orts ist aber zweifellos die Verbindung von Kirche, Museum und begehbarer Ausgrabung. Archäologisch bedeutsam ist der Ort wegen der einen langen Zeitraum vom 7.-2. Jahrhundert v. Chr. abdeckenden Folge von Keramiköfen verschiedener Typen. Ein von der Fritz Thyssen-Stiftung über die Freie Universität Berlin finanziertesForschungsprojekt unter der Leitung des Verfassers, das von PD. Dr. Gloria Olcese durchgeführt wird, dient der genaueren Untersuchung und Publikation der sieben von Don Pietro Monti gefundenen Ofen und der ihnen zuzuordnenden, in den Ofen hergestellten Keramiken und Ziegel. Ischia hat bis vor kurzem einen großen Ruf wegen seiner Töpferwaren gehabt. Zweifellos befinden wir uns mitden Grabungen unter S. Restituta im Zentrum des antiken Töpferviertels von Ischia. Werkstattforschung ist ein schon über viele Jahre laufendes Programm der Antikensammlung der Staatlichen Museen zu Berlin - unser Interesse an dem einmaligen Museumskomplex von S. Restituta in Lacco Ameno braucht weiter nicht begründet zu werden.Hören wir Don Pietro Monti selbst: «Tatsächlich bilden die Verehrung der Heiligen, die im Volk lebendige Frömmigkeit, der Strom der Touristen und die Wissenschaftler die Protagonisten dieses kulturgeschichtlichen Zentrums, das reich ist an einer jahrtausendealten Geschichte, die den menschlichen Geist fasziniert und fesselt! *

Intorno a S. Restituta (Baia di San Montano)

Nel 1969 Don Pietro Monti introdusse nei festeggiamenti di S. Re-stituta la sacra rappresentazione del martirio e dell’arrivo nella baia di San Montano (16 maggio); prima, fino al 1968, la sera della vigilia, si effettuava la processione del SS. Sacramento per il lungomare della cittadina. Nel corso degli anni vari sono stati gli autori e gli interpreti della manifestazione; non potendo e non sapendo ricordare tutti, ci li-mitiamo a dire che negli ultimi anni (10 e forse più) l’organizzazione è curata dall’Assoc.ne “Le Ripe” di Lacco Ameno, presieduta dalla prof.ssa Restituta Irace, coadiuvata dal prof. Giovanni Castagna. Lacco Ameno 16 maggio: nella baia di San Montano, si rinnova in rappre-sentazione il miracoloso arrivo della fragile barchetta recante il corpo di S. Restituta. Correva l’anno 284. Tempo delle persecuzioni contro i Cristiani. La giovane Restituta, per la sua fede in Dio, è flagellata crudelmente in Africa, a Poni-zario (oggi Biserta), su ordine del proconsole cartaginese Proclino, e con-dannata: “Ordiniamo che Restituta sia posta in una barca carica di stoppa, intrisa di resina e di pece, e in essa lasciata bruciare e quindi sprofondare negli abissi del mare". La nave dei carnefici prende il largo, conducendosi appresso una vecchia barca, senza remi né vele, sulla quale giace il corpo di Restituta. Ed ormai lontani dal lido, gli sgherri si affannano ad appiccare il fuoco, secondo quan-to era stato loro ordinato. Ma le fiamme si avventano sul loro vascello, men-tre risparmiano il corpo della Santa sul legno destinato ad essere il suo rogo. “Ora Ti supplico, mio Signore: come salvasti il Tuo popolo dai gorghi del mare, così salva la tua umile ancella, conducendola nel luogo che a Te pia-cerà” – è la tacita preghiera di Restituta. Le appare l’Angelo del Signore e Le reca la corona della vittoria, restan-do accanto a quel corpo santo e divenendo nocchiero: non ha bisogno né di remi, né di vele; sue ali sospingono il fragile e vecchio fasèlo verso la baia di San Montano.

Un silenzio di bocchi sull’onda crespa della baia sembra un canto e il giglio là, quasi sul mare, stende un manto bianco; si diffonde per i clivi della verde Pythecusa un acuto, nuovo profumo mai prima avvertito dagli abitanti delle misere abitazioni. Lucina, la pia matrona svegliata dall’angelico messaggio: “Su, vai alla spiaggia e troverai tra i gigli un corpo santo”, accorre e stupisce dinanzi allo spettacolo, dinanzi a quel corpo, lì condotto per trovar sepoltura, in que-sta terra già toccata dal messaggio cristiano. E torna in paese per chiamare a raccolta la gente; silenzioso e assorto il corteo discende nella valletta per dirupi e scoscesi sentieri e giunge alla spiaggia fiorita. Tutti vedono, si commuovono, intrecciano i sussurri! Con bianco lenzuolo sono avvolte quelle membra. I più candidi gigli e le giunchiglie sono le sue corone; e giovinette e madri le cantano l’addio con cocenti lacrime di duolo. Colgono quei gigli a fasci i bambini e ne cospargono le strade per dove il corpo della Santa viene portato fino al paese.

Quell’arrivo si rinnova ogni anno il 16 maggio. Nel cielo si inseguono fiam-melle. Si impetrano benedizioni per le vigne dei dintorni (purtroppo scom-parse per lo più!). Monte Vico è adorno di fiaccole ed i contorni del colle risaltano per quelle fiamme, nell’oscurità sempre più incombente.Lungo si snoda il corteo: il popolo, il clero, le confraternite che hanno assi-stito alla sacra rappresentazione; file di bianche fanciulle e di ragazzi dai ceri accesi. Tutto un trionfo! E la Santa sorride alla rinnovellataa fede del suo popolo! (Raffaele Castagna)

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Ischia. Archeologia e storia Napoli, Tip. F.lli Porzio, pp. 832, 1980

Recensione pubblicata sulla Rivista "La Civiltà Cattolica",

Anno 132 v. IV /3 ottobre 1981 Pietro Monti è un sacerdote dell'isola di Ischia, rettore del-la chiesa del santuario di Santa Restituta nella natia Lacco Ameno. Durante i lavori di restauro nel 1952 scoprì sotto la sua chiesa le prime tracce di un tempio paleocristiano; con successivi scavi ha pazientemente rimesso in luce una chie-sa del IV secolo impiantata solidamente sopra i resti di un tempio pagano e tutto un cimitero paleocristiano, che ora si possono visitare comodamente sotto le strutture della chie-sa moderna. Archeologo e scavatore, non di professione, ma per necessità, e più per genio innato e straordinaria passione, ha esteso le sue perlustrazioni ed il suo studio all'intera iso-la e pubblicò nel 1968 il volume: Ischia preistorica, gre-ca, romana, paleocristiana. Ora riprende tutta la storia dell'isola, dandoci un grosso volume che aggiorna, completa e corregge quello classico del d'Ascia (Napoli 1867). Ischia, nota a tutti per i suoi fenomeni vulcanici e le sue ac-que termali, a torto e per equivoco si disse già nominata da Omero; in realtà entra nella storia agli albori della coloniz-zazione greca con i corciresi, che di essa fecero il loro scalo nel secolo VIII a. C, prima ancora di sbarcare a Cuma, e la chiamarono Pitecusa o «isola delle scimmie». Fu dominio dei siracusani nel secolo V a. C. e poi passò ai napoletani, che la tennero finché la tolsero loro i romani, che la chiamarono Ae-naria. Nell'età bizantina e medioevale è detta semplicemente Insula per antonomasia, donde il nome moderno di Ischia. Di essa il Monti ci dà quattro egregie carte geografiche (solo che le diciture non fossero così minuscole!) alla scala

di circa 1:63.000: una vulcanologica a p. 16, una della Pitecusa greca a p. 84, una dell'Aenaria roma-na a p. 155 ed una dell'isola medioevale a p. 338. Non sarebbe certo stata inutile anche una buona carta dell'Ischia moderna, perché il Monti si serve continuamente della terminologia contemporanea (e non scrive solo per i suoi isolani) ed arriva con le sue informazioni di ogni genere fino al nostro se-colo. Questo si verifica soprattutto nell'ultima par-te del volume (pp. 436-804), nella quale egli passa in rassegna la storia ed anche la cronaca locale dei singoli centri odierni dell'isola, fino ai nostri giorni. È però vero che il suo interesse maggiore è sempre rivolto alle antichità, e di queste soprattutto ci tiene a darci una notizia dettagliata, senza lasciarsi nulla sfuggire. Anche le 194 figure che adornano il testo e lo illustrano sono quasi tutte di pezzi archeologici. E qui è nostro dovere ringraziare l'Autore per tutte le volte che si è compiaciuto di menzionare gli aiuti che ogni tanto abbiamo potuto dargli a questo sco-po. Il titolo stesso indica chiaramente la materia e le partizioni del libro. Ma è sicuro che la parte che è più originale e di cui ha maggior ragione di compiacersi don Monti è quella dedicata all'età paleocristiana ed alla sua Lacco Ameno. Il Convegno Internazionale di Studi sopra le antichità cristiane della Campania dell'aprile 1970 poté rendersi appieno conto dell'o-pera importantissima svolta sotto la chiesa di Santa Restituta ed adiacenze dal rev. don Pietro Monti, opera di scavi lunghi e pertinaci, coronati da bril-lanti risultati ed opera magistrale e scrupolosa di conservazione e sistemazione in loco dei molteplici ed importanti reperti. (A. Ferrua).

Ischia preistorica, greca, romana, paleo-cristiana - Ottobre 1968

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Ischia nel XVII centenario dell’arrivo di S. RestitutaLacco Ameno 1983 – 1984

Ischia altomedievaleRicerche storico-archeologicheIschia 1981 Il volume è complemento del precedente “Ischia, archeologia e storia”. Tra le novità di maggiore rilievo spiccano i villaggi scomparsi, ai quali è stata riconosciuta una stretta connessio-ne con i fenomeni vulcanici, con l’identità delle medesime ceramiche. I “villaggi abbandonati” sono esaminati con grande scrupolo documenta-rio, grazie soprattutto all’apporto dei dati arche-ologici, di cui è testimonianza il ricco apparato illustrativo in bianco e nero e a colori che cor-reda il testo, ai fini di una migliore e piacevole comprensione.

Tra il maggio 1983 e il maggio 1984, nel filone dei padri, si volle celebrare il XVII centenario dell’arrivo di Santa Restituta, un evento che si era svolto precedentemente nel 1884, malgrado l’isola fosse stata sconvolta, l’anno precedente (1883) da un terribile terremoto. Il 6-8 maggio 1984 si tiene il primo colloquio di studi su “La tradizione storica e archeologica

Ischia, Führer durch die antike Geschichte der InselAuszug und Übersetzung aus dem Werk “Ischia preistorica, gre-

ca, romana, paleocristana”, - Don Pietro Monti, Bearbeitung von C. H. Günther.

Ischia, Guida della storia antica dell'isolaEstratto dal libro "Ischia Preistorica, Greca, Romana, Paleocri-

stana", di Don Pietro Monti, traduzione di C. H. Günther

La Rassegna d’Ischia n. 2/2015 33

in età tardo-antica e medievale: i materiali e l’ambiente”. Le celebrazioni permisero di approfondire la figura della San-ta, le origini del Cristianesimo all’isola d’Ischia. In questo libro don Pietro Monti pubblica, con testi e foto, i momenti più significativi dell’e-vento centenario, concludendo con l’auspicio che si voglia in futuro dimezzare il tempo tra l’uno e l’altro: «Il grande fervo-re che si è sviluppato nei fedeli e l’accentuato folklore che inte-ressa turisti italiani e stranieri consiglia di dimezzare il lungo arco di tempo e riportare la fe-stosa celebrazione alla ricorren-za cinquantenaria che dovrebbe cadere nel 2034».

Tradizioni omeriche nella navigazione me-diterranea dei Pithe-cusani Numero-supplemento-speciale (1/1-1996) de La Rassegna d’I-schia, poi anche in larga parte tradotto in inglese e pubblicato nei volumi di Talanta, Procee-dings of the Dutch Archaeologi-cal and Historical Society, volu-mes XXX-XXXI (1998-1999). Un estratto è stato riportato anche nel volume III di Ricerche, Con-tributi e memorie, atti relativi al periodo 1984-1999 del Cen-tro Studi Isola d’Ischia, ottobre 2012.

Gli ex voto di Santa RestitutaTipografia la Laurenziana, Na-poli 1984

Questo lavoro rappresenta una piccola rassegna culturale-storico-artistica di testimonian-ze votive conservate presso il Santuario di S. Restituta. Nello scorrere queste pagine, i lettori troveranno una informazione rapida intorno al culto secolare

Pithekoussai, segna-lazione di siti archeo-logici

Numero-supplemento-specciale /1/1- 1997) de La Rassegna d’I-schia (Sant’Angelo, Rufano, Co-laamarina…. (testo e immagini).

di S. Restituta, martire cartagi-nese. «Un affresco ampio, viva-ce, realistico, con una folla di umili personaggi percossa dalle sventure, ma sorretta dalla fede, elementi di diverso e non mino-re interesse, che l’autore affron-ta e individua con chiarezza; le esigenze dei devoti committenti,

le elaborazioni delle botteghe, le personalità degli artigiani-arti-sti, il variare dei gusti e i segni del vivere quotidiano. Ne sono ricche in specie le tavole dipinte relative al predominante tema del naufragio» (Mario Mello in Presentazione).

34 La Rassegna d’Ischia n. 2/2015

Principali Opere pubblicate da Don Pietro Monti

1953 - Ischia nella luce radiosa di S. Restituta d’Afri-ca. Tipomeccaanica, Napoli, 1953.

1968 - Ischia preistorica, greca, romana, paleocri-stiana, E.P.S., Napoli, 1968

1975 – Il banchetto funebre ed i riti praticati nel ci-mitero cristiano d’Ischia, in Atti del IX Congres-so Internazionale di Archeologia cristiana, vol. II, Roma 1975,

1975 - Ischia führer durch die Antike Geschichte der Insel (traduzione di C. H. Günther), Tip. Econ, Sa-lerno, 1975

1979 – Poseidon- Gärten, Descrizione storico-geogra-fica (in italiano), Napoli 1979

1979 – Isole di Ischia e Procida, cenni storici e turisti-ci, 1979

1980 - Ischia archeologia e storia, Lino-Tipografia F.lli Porzio, Napoli 1980

1981 – Cenni di tradizione e di storia su Santa Restitu-ta, Tip. Epomeo, Forio, 1981

1984 - Gli ex voto di Santa Restituta, Tip. Laurenziana, Napoli 1984.

1986 - Ischia nel XVII centenario dell’arrivo di S. Re-stituta, Tipografia Epomeo, Forio, 1986.

1991 - Ischia altomedievale, ricerche storico-archeo-logiche, Grafitalia di Cercola (Napoli), 1991.

1996 - Lacco Ameno e gli scavi : itinerario storico-archeologico alla scoperta della Basilica paleocri-stiana di S. Restituta e del quartiere industriale dei vasai di Pitheussai, la più antica colonia greca in Occidente, 1996.

1996 - Tradizioni omeriche nella navigazione medi-terranea di Pithekoussai, Speciale de La Rassegna d’Ischia, gennaio 1996.

1997 - Pithekoussai: segnalazione di siti archeologici, Speciale de La Rassegna d’Ischia, gennaio 1997.

2001 - Santa Restituta d’Africa, a cura del Santuario di S. Restituta V. e M., Lacco Ameno 2001.

A don Pietro Monti è dedicato il voluminoso libro di Gloria Olcese: Le anfore greco-itaiche di Ischia – Archeologia e archeometria, Tip. La Moderna, Roma, 2010.

Comunicazioni1969 - Presentazione del libro "Ischia Preistorica,

Greca, Romana, Paleocristiana», Bibliotca Anto-niana, Ischia, adunanza del 13 gennaio 1969.

1977 - Forse nello specchio d'acqua tra il Castello e gli Scogli di Sant'Anna giace la città di Aenaria. Bi-

blioteca Antoniana, Ischia, adunanza del 29 gen-naio 1977.

1980 - La Collina dell'Arbusto e la Villa del Duca d'A-tri, Biblioteca Antoniana, Ischia, adunanza del 19 settembre 1980.

1991 - Le vie delle acque, le tavolette delle Ninfe Ntro-di, Biblioteca Antonia, Ischia, adunanza del 2 mar-zo 1991.

1984 - Gli scavi di Santa Restituta e la prospezione ar-cheologica dell'isola, comunicazione al Convegno i studi per il 17° cent. di S Restituta, maggio 1984.

1984 - Testimonianze bizantine sull'isola d'Ischia, co-municazione al Convegno già citato del 1984.

Scritti in giornali e riviste1975 - Il banchetto funebre ed i riti praticati nel cimi-

tero cristiano dell’isola, come pure le tombe ed il sistema di sepoltura di origine pagana, in Atti del IX Congresso internazionale di Arch. Cristiana, Roma, 1975, Città del Vaticano 1978 pp. 804-911.

1976 - A Ischia si parlava dall’VIII al VI secolo a. C. la lingua della Calcide, in L’Osservatore Romano del 28 luglio 1976

1957 - Antichità romane e paleocristiane nell'isola d'I-schia, L'Osservatore Romano, 20 settembre 1957-

1970 - Ischia non ha bisogno di mito, La Tribuna Sportiva dell'isola d'Ischia, n. 8 del 31 luglio 1970.

Collaborazioni ai giornali isolani: Il Settimanale d'I-schia - Il Golfo - La Tribuna Sportiva dell'isola d'I-schia - Ischia Mondo - Ischia Oggi.

La Rassegna d’Ischia n. 2/2015 35

La Commissione Europea ha adottato (decisione 925 del 12 febbraio 2015) il Programma Operativo Nazionale “Cultura e Sviluppo” 2014 – 2020 cofi-nanziato dai fondi comunitari (FESR) e nazionali, per un ammontare com-plessivo di circa 490,9 milioni di euro, che vede il MiBACT nel ruolo di am-ministrazione proponente e Autorità di gestione.

"Cultura e sviluppo" per il Mezzogiorno

Il programma è destinato a 5 re-gioni del Sud Italia - Basilicata, Ca-labria, Campania, Puglia e Sicilia - ed ha come principale obiettivo la valorizzazione del territorio attra-verso interventi di conservazione del patrimonio culturale, di potenzia-mento del sistema dei servizi turisti-ci e di sostegno alla filiera imprendi-toriale collegata al settore. Il Ministro Franceschini ha così

commentato: «È la prima volta che la politica di coesione comunitaria sostiene un programma nazionale dedicato al settore culturale, con-fermando il ruolo fondamentale della cultura nelle politiche di svi-luppo territoriale. Il Mezzogiorno ha così una straordinaria occasio-ne di rafforzare ed implementare il rilancio del proprio territorio attraverso politiche che integrino

turismo sostenibile e cultura, secon-do una visione e una strategia che vogliamo estendere a tutto il Paese perché fanno leva sui punti di forza dell’Italia. Si tratta di un traguardo veramente importante che confer-ma le capacità programmatiche e progettuali del MiBACT e l’eccel-lente collaborazione con il Diparti-mento Politiche per lo Sviluppo e la Coesione Economica, senza la quale nulla si sarebbe ottenuto. Ringra-zio la Commissione Europea per l’attenzione e il sostegno durante tutto il negoziato e le Regioni per aver condiviso la nostra strategia e per la collaborazione futura».

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Exposizione universale con il tema Nutrire il pianeta

Dal 1° maggio al 31 ottobre 2015 Milano ospiterà l’Esposizione Uni-versale con il tema Nutrire il pia-neta, energia per la vita: la sfida è quella di assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, suffi-ciente e sostenibile. Questo significa aprire un dialo-go e una cooperazione tra nazioni, organizzazioni e aziende per arri-vare a strategie comuni per miglio-rare la qualità della vita e sostenere l’ambiente. Si tratta di un evento di dimensioni planetarie che torna in Italia per la prima volta dopo l’edi-zione di Milano del 1906 . L’alimentazione è l’energia vitale del Pianeta necessaria per uno svi-luppo sostenibile basato su un cor-retto e costante nutrimento del cor-po, sul rispetto delle pratiche fonda-mentali di vita di ogni essere umano, sulla salute, ed è per questo che il tema centrale dell’evento è il diritto

ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutto il pianeta. L’Esposizione Universale, de-dicata alla sicurezza e alla qualità alimentare, darà visibilità alla tra-dizione, alla creatività e all’innova-zione nel settore dell’alimentazione e potrà rappresentare un volano per l’economia del territorio e presenta-re al meglio le eccellenze nel settore dell’alimentazione italiana. Con la finalità di informare e sen-sibilizzare i cittadini sull’Expo 2015 e sulle opportunità che da esso deri-veranno per il Paese, la Presiden-za del Consiglio dei Ministri ha promosso una prima campagna di comunicazione come inizio di un percorso articolato che dovrà progressivamente avvicinare gli ita-

liani a questo evento così importan-te per l’Italia. Per raggiungere tale obiettivo, la comunicazione si svol-gerà lungo tre assi:• - la creatività: la capacità di rac-conto (attraverso le arti, la cultura e le nuove tecnologie) degli infiniti significati del cibo in tutti gli angoli della Terra;• - il dialogo: l’apertura ad acco-gliere le esperienze, i costumi e le ambizioni dei diversi popoli del pia-neta in un clima di confronto e di dialogo a nutrire un nuovo clima di pace e di concordia;• - l’innovazione: la ricerca di nuove sintesi e nuove formule di vita che riguardano l’equa riparti-zione del benessere tra gli uomini nel terzo millennio.

Mostra collettiva "Donna"

Dal 7 al 22 marzo 2015 si è svolta una mostra collettiva “Donna” a cura di Angela Impagliazzo e della Fidapa. Nell’occasione la Biblioteca Comunale Antoniana ha offer-to una “proposta bibliografica” ideata con l’intenzione di far emergere i più svariati aspetti dell’universo femminile attraverso la letteratura.

Giornata internazionsle della Donna

Nella Giornata Internazionale della Don-na (8 marzo), domenica 8 marzo 2015, presso la sede del Centro di Ricerche Stori-che d’Ambra in Forio, si è svolto un incon-tro di riflessione sul tema: Femminicidio, la parola alle donne. Intermezzo musicale e comunicazioni storico-culturali

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Itinerario e descrizione dell'isola d'Ischia (1826)

Il viaggiatore che in una sola gita voglia visitare te isole di Procida, Ischia e Capri, dovrebbe a tal fine noleggiare una barca nel porto di Napoli, donde partendo la mattina per tempo, potrà arrivare a Procida due o tre ore dopo, la distanza es-sendo di sole 12 miglia. In quel gior-no potrà egli vedere l’isola stessa e trasferirsi la sera ad Ischia non più lontana da Procida di due miglia. Quivi riposa la notte, e fa l’indomani il giro dell’Isola secondo l’itinerario che segneremo nel descriverla. La mattina poi del terzo giorno s’im-barcherà per Capri, nella quale na-vigazione dovrà percorrere uno spa-zio di 3o miglia. Il ritorno da Capri a Napoli si può fare in poche ore, la distanza essendo di 17 miglia. Dobbiamo per altro avvertire chiunque vuol viaggiare economi-camente, che dal porto di Napo-li partono quasi ogni giorno delle barche, e per Capri, e per Procida, e per Ischia. Quelle di Capri sogliono

partire verso mezzo giorno, ed arri-vare alle 4 o 5 ore pomeridiane. Le altre invece partono sull’imbrunir della notte ed arrivano a Procida od Ischia più o meno tardi nella notte medesima. Finalmente, lasciando Capri da ban-da, può il viaggiatore, per andare a Procida ed Ischia, recarsi prima per terra fino a Miniscola, marina abita-ta da pescatori , che giace 4 miglia in circa al di là di Baja. A Minisco-la si trovano barche che conducono a Procida, ed il tragitto è di sole tre miglia.

ISCHIA Quest’Isola ha una circonferenza di circa 18 miglia, è lunga 5 da Levan-te a Ponente, e ne ha 3 di larghez-za da Tramontana a Mezzogiorno. Bassa verso il mare , fuorché dal lato orientale, sorge gradatamente ver-so il centro, ove forma un altissimo monte. L’acuta e bianca sommità di esso comparisce anche da assai lun-

Itinerary and description of the Island of Ischia

The traveller who wishes in one journey to visit to Islands of Procida, Ischia, and Capri, should hire a boat in the harbour of Naples, whence sailing early in the morning, he will reach Procida two, or three hours later, the distance being only 12 miles. The same day he may see the Island, and proceed in the evening to Ischia, which is only two miles distant from Procida. There he may rest the night, and make the following day the tour of the island according to the itinerary we shall give in describing it. On the morning of the third day he will embark again for Capri, a voyage of 3o miles. The return from Capri to Naples may be

effected in a few hours, the distance being 17 miles. We must however apprize those people who wish to economize, that several boats sail almost daily from Naples , some for Capri, and others for Procida or Ischia. The former start towards noon, and arrive at 4 or 5 o’ clock. The latter leave Naples in the evening and reach Procida, or Ischia more or less late in the night.At length, leaving Capri aside, the traveller going to Procida, and Ischia, may pro-ceedbyandasfarasMiniscola,aseashoreinhabitedbyfishermen,lyingabout4miles beyond Baja. At Miniscola passage-boats are found for Procida a distance of 3 miles.

Ischia This island is about 18 miles in circumference, about 5 in length from east to west, and three in breadth from north to south. Low towards the tea, except on the eastern side, it gradually rises towards the centre, where it forms a very lofty mountain. The sharp and white summit of the latter is seen even at a great distance, and seems inaccessible, but in fact it is not so. The traveller may go to the top from whence he will enjoy the amplest, and in point of historical remembrances, the most interesting prospect in the whole globe. This mountain is known under the names of Epomeo, and St. Nicola; the former was its ancient name; and is even now used by intelligent persons; the latter is that by which it is commonly called, and the appellation of St.

gi, e sembra inaccessibile, ma infatti non lo è; il Viaggiatore potrà salir fin colassù, e da quel sommo acume godrà la più ampia, e in punto di ri-membranze istoriche, la più interes-sante prospettiva del mondo. Que-sta montagna è nota sotto i nomi di Epomeo, e S. Nicola. Epomeo la chiamavano gli antichi, e la denomi-

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nano anche adesso le persone intel-ligenti. Coll’altro nome vien distinta dal volgo, cioè di S. Nicola, che le fu apposto dopo che sulla sua sommità venne eretta una chiesetta dedicata a questo Santo. In quanto all’Isola, è stata con vari nomi in vari tempi chiamata; cioè di Aenaria, Arimi, Inarimi, Pithecusa, Pithecusae, e finalmente Iscla, da cui si è fatto Ischia.

I primi abitatori dell’Isola furono Eretriesi e Calcidiesi. Questi ultimi s’impadronirono poi di Cuma, e ne fecero lor soggiorno. Gli Eretriesi pure, quantunque più tardi obbli-gati furono di sloggiare dall’Isola a motivo di una o più eruzioni vulca-niche, le di cui tracce sono tuttora visibili. Una colonia di Siracusani occupò quindi Ischia 470 anni pri-ma dell’Era Cristiana, e furono essi pure espulsi dalla tremenda azione dei vulcani. Svanito poi il timore di nuove eruzioni, vennero ad abitare nell’Isola de’ Napoletani, e pare che costoro vi rimanessero quieti e pro-speri fino a che cacciati ne fossero dai Romani. Nei tempi di Augusto

Nicolas has been given to the hill from a small church, being erected on its too, which was dedicated to this Saint. At to the island,ithatbeenvariouslynamed,vieAenaria,Arimi,Inarimi,Pithecusa,Pitbecusae,andfinallyIscla,fromwhichitspresentname is derived.

ThefirstinhabitantsofIschiawereamixtureofEretrian,andChalcidian.Thelatter,afterwardspossessedthemselveswithCumae, and set there. The Eretrian also, though at a latter period, were obliged to leave the Island on account of one , or more volcanic eruptions , the traces of which are still appearent. A colony of Siracusans occupied Ischia 470 years before the Christian Era; they were likewise repulsed by the tremendous action of the volcanoes, but the fear of new eruptions subsiding, the Island was occupied again by the Neapolitans, and it seems that this new colony grew there both prosperous and quiet till they were chased by the Romans. The latter possessed’ Ischia to the time of Augustus when he restored it to the Neapolitans as an equiva-lent for Capri. Under the Greek emperors Ischia followed the fate of the Duchy of Naples, and in September Of the year 8i3 ft was suddenly attacked and pillaged during three days by the Saracens. Another sack fell upon Ischia in n35 from the Pisans, who were then at war against king Roger.DuringthewarsbetweentheAnjovineandArragonesekings,theinhabitantsofIschia,whoatfirstfoundthemselvesunderthegovernment of Charles I, revolted like the Sicilians, and became subject to king Peter, and then to Frederic II the Arragonese Monarch; but in the year 1299 Charles II, the successor of Charles I, retook this Island, and to punish the rebels he sent thither 400 soldiers, who laid it waste, unrooting even the trees. This great calamity was two years after followed by another even more terrible; the volcano of the Island, after keeping during two months die whole Island in a continual alarm burned out at length with a tremendous eruption. The part of the Island, which was washed out by the lava, lies on the western side, a short distance from the town. It was a most fertile country; the lava covered it and has never more left this space of laud upon which it may stillbeseenasblackasonitsoriginalcooling.Manyinhabitantsperishedinconsequenceofthiscatastrophe;therestflewtotheneighbouring places, nor could they repair to Ischia till the year 13o5. In the year 1423 this Island was given by Queen Jane II to Alphonse I of Arragon. This prince expelling his former inhabitants; introduced there a colony of his Catalane soldiers. Ischia was the asylum of Ferdinand II in the year 1495 when the French led by Charles VIII entered the kingdom of Naples. A new invasion of the French obliged afterwards Don Frederic the uncle of Ferdinand to take likewise refuge in this Island, which on that occasion was admirably defended against the French by a lady called Costanza de Avalos. Owing to her glorious defense, the descendants of this lady possessed for a long time the Island with an almost absolute authority. In 1544 or 45 Ischia was the unfortunate object of an invasion from the famous Corsair Barbarossa who landing, there took and

fu restituita Ischia ai Napoletani, in iscambio di Capri. Sotto gl’Impera-tori di Oriente, seguì essa la sorte del Ducato di Napoli, e in Settembre dell’anno 813 venne improvvisa-mente assalita, e devastata per tre giorni dai Saraceni. Un altro sac-cheggio provò essa nel 1135 per par-te dei Pisani, i quali erano allora in guerra col Re Ruggiero.

Nelle guerre fra i Re Angiovini, e gli Aragonesi, gli abitanti d’Ischia, che dapprima trovavansi sotto il gover-no di Carlo I, si ribellarono come i Siciliani, e divennero sudditi di Pie-tro, quindi di Federico II d’Aragona; ma nell’anno 1299 fu ripresa Ischia da Carlo II successore di. Carlo I, il quale per punire i ribelli, mandò fra loro quattrocento soldati che la de-vastarono, sradicando, dicesi, anche gli alberi. A questa gran calamità ne successe due anni dopo un’altra anche più terribile. Il volcano dell’I-sola, dopo di averla per due mesi tenuta in continuo spavento, fece ad un tratto una tremenda eruzione. Quella parte dell'Isola, sovra di cui si stese la lava, giace a ponente, in

poca distanza dalla Città. Era fertile campagna; la lava la coprì per non partirne mai più, e vi si vede tuttora nera nera, come allorché cominciò a raffreddarsi. Molti abitanti peri-rono in seguito di tal catastrofe; gli altri fuggirono nei luoghi vicini, né ad Ischia poterono ritornare prima dell’ anno 13o5. Nel 1453 quest’Isola fu data dalla Regina Giovanna II ad Alfonso I di Aragona, il qual Prin-cipe, cacciati i primi abitatori, v’in-trodusse una colonia de ‘suoi soldati Catalani. Fu Ischia l’asilo di Ferdi-nando II allorché nel 1495 i Francesi guidati da Carlo VIII entrarono nel Regno di Napoli. Una nuova inva-sione pur de’ Francesi obbligò poi Federico zio di Ferdinando a rifug-giarsi egualmente in quest’Isola, che in tal occasione venne mirabilmente difesa contro i Francesi da una don-na, di nome Costanza De Avolos. Per effetto di questa sua gloriosa di-fesa, i discendenti di lei tennero lun-gamente l’Isola in loro possesso con autorità quasi assoluta.

Nel 1544, o 45, Ischia fu lo sven-turato scopo di un’invasione fattavi

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dal famoso corsale Barbarossa, che ivi sbarcato, prese , e portossi via da 4ooo abitanti. Da quell’epoca in poi nulla si legge nella Storia di quest’I-sola, che degno sia di essere notato. Aggiungeremo soltanto che nell’an-no 1815, Gioacchino Murat, ritira-tosi allora di Napoli, colà recossi, e s’imbarcò, dirigendo la sua naviga-zione verso le coste di Francia. Avvicinandosi all’Isola, vedrà il viaggiatore un’alta rupe congiun-ta alla spiaggia per via di un ponte piano. Chiamasi il Negrone, e vi sono sull’alto delle fortificazioni e delle case. Le prime costituiscono il Castello d’Ischia, che è armato d’ar-tiglierie, e guarnito di truppa; le al-tre poi formavano una volta la Città Capitale dell’Isola. Pare che in quei tempi gl’Ischiotti avessero scelta quella inespugnabile altura per loro abitazione, onde evitare gli assalti impreveduti, specialmente allorché infierivano le scorrerie marittime dei Saraceni. È anzi da credersi che ogni qualvol-ta l’Isola era minacciata d’invasione nemica, allo scoglio fuggissero tutti quanti abitavano anche nella cam-pagna. Per avvertirli in tempo del

pericolo, erasi stabilita una campa-na alla punta della terra, più vicina al Negrone, e questo luogo conserva tuttora il nome di Porta del Martel-lo. Si sta ora costruendo sullo scoglio una carcere pei prigionieri di stato. Il passaggio degli abitanti dall’anti-ca alla presente Città non si è effet-tuato che ai giorni nostri. Quest’ul-tima chiamasi Celso, contiene da 4ooo anime, e giace sul punto più basso di tutta l’Isola , ove forma una doppia fila di case, le quali fiancheg-giano la sua unica strada. È per altro la Sede di un Vescovo suffraganeo dell’Arcivescovo di Napoli. Dopo di aver preso riposo, il viag-giatore potrà disporsi ad intrapren-dere il giro dell’ Isola; si può far sola-mente a schiena d’asino, a piedi, o in portantina a motivo delle strade che ivi sono assai strette. Prima di lasciar Celso, sia il viag-giatore avvertito che in niun punto della strada che dovrà percorrere si trova carne da macello; volendone mangiare si provveda a Celso, ma a Foria e in altri luoghi troverà coni-gli, pollame, pesce. In quanto al tempo necessario per l’intiero giro, dieci ore basteranno

per quelle persone che vogliano far-lo con tutta la diligenza possibile; cosicché partendo da Celso la matti-na di buon ora, potranno ritornarvi la sera; i viaggiatori invece che non hanno premura, faranno bene d’im-piegarvi un paio di giorni, il primo, cioè, per andar fino a Foria ove si trovano locande per passarvi la not-te, ed il secondo per salire all’Epo-meo, e quindi riscendere per la parte opposta della montagna, e restituirsi a Celso.

Città e villaggi che il viaggiatore incontrerà Traversati appena alcuni giardi-ni adiacenti alla città, il viaggiatore vede la terra coperta da ambe le par-ti della strada, di uno strato di lava che gli si affaccia, come l’arena di un vasto anfiteatro. La parte alta dì questo è formato da due o tre mon-tagne sorgenti a sinistra della via, e concatenate fra loro per diverse col-line. Il verde aspetto di tutte queste eminenze fa mirabil contrasto alla negrizie della lava soggiacente, ed all’azzurro del mare, cui essa confi-na. Tutta questa veduta riesce pia-

brought away about 4ooo inhabitants. From this period nothing appears in the History of this Island, worthy to be remembered}’ we shall only add that in the year 1815, Joachin Murat, on leaving Naples, repaired and embarked there directing his course to the shores of France. OnapproachingtheIsland,thetravellerwillseeanelevatedrockconnectedwiththeshorebythemeansofaflatbridge.Itis called Negrone,andcontainsbothfortificationsandbuildings;theformerconstitutethecastleofIschia,whichisfurnishedwith guns and garrisoned; the latter formed once the town or capital city of the island. It seems that in those times the inhabitants bad chosen that imprenable summit for their abode, to avoid unforeseen attacks, especially during the maritime incursions of the Saracens.

It seems even that whenever the Island was threatened with an hostile invasion, all such people as lived in the country hastened toflytotherock;towarnthemintimeofthedangerabellwasestablishedonthepointofthelandnearesttotherock.Thisplacepreserves still the name of Porta del Martello (the gate of the alarm bell). A state prison is now building upon the rock. The transition of the inhabitants from the ancient city to the present one has been effected in our days. The latter is called Celso ,itcontainsabout4000people,andliesinthelowestpartoftheIsland,consistingofadoublerankofhouseswhichflankitsonly street. It is however the seat of a Bishop suffraga to the Archbishop of Naples. The traveller, after taking rest, may dispose himself to undertake the tour of the Island. This can only be done by riding on a donkey, walking or going in a sedan chair on account of its roads being very narrow. Before starting from Celso , the traveller must be apprised that no meat is to be found along the whole road. lie may provide himself at Celso,buthewillfindatForiaandinotherplacesrabbits,fowls,andfish.Astothetimerequisitetoperformthewholetour,tenhourswillsufficeforpeoplewishingtomakeitwithallthepossiblediligence. Hence, by starting early in the morning, you may return in the evening; but if there be time, it is better to employ a coupleofdays,thefirsttoseetheIslandasfarasForia , where inns may be found for the night, and the second to ascend the Epomeo and to walk down on the other side of the mountain to Celso.

After traversing some gardens joining the town, the traveller sees the land covered on both sides of the way with a stratum of lava, which presents itself to him as the arena of a spacious amphitheatre. The higher part of the latter is formed By two or three mountains on the left side of the road’, joined together by several hills. The green, appearance of these eminences’ admirably contrasts with-the- blackness of the lava beneath , as weir as with the marine blue of the sea by which it is bounded.. The whole

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cevole, per essere straordinaria, non facendosi caso delle melanconiche idee di sterilità e di solitudine che necessariamente congiungonsi ad un gran campo di lava; quella che si vede, discesa ivi nel 1301 durante l’eruzione che abbiamo rammenta-ta nel breve nostro cenno istorico dell’Isola; e più di 5oo anni non sono bastati a far sì che la sua apparenza cambiasse. Il cratere del volcano, ora estinto, da cui sgorgò questo bitume usurpatore, si può vedere a breve istanza dalla strada.

Comunello chiamato il Borgo e Lago d’Ischia Avanzandosi il viaggiatore arriva ad un piccolo villaggio chiamato il Borgo, oltrepassato il quale, e non molto lungi vi è a destra della via un piccolo lago. Da un’iscrizione tutto-ra visibile all’ingresso pare che que-sto luogo fosse nel 1760 offerto dal Comune d’Ischia al Re Ferdinando per pescarvi; è ora affittato ad un particolare che paga per esso al co-mune medesimo. Il viaggiatore che già ha veduto mare morto vicino a Miniscola, osserverà una certa so-

miglianza fra quello, ed il presente lago, nascente dall’esser ambedue separati dal mare per una semplice striscia di terra, ma questo è assai più piccolo dell’altro.

Casamiccia Questo villaggio è composto di due parti, una delle quali giace alla marina, mentre l’altra è formata di case sparse, qua e là sul pendio di un colle, e piacevolmente frammezzate di giardini e di poderi. Quest’ulti-ma parte, verso di cui conviene che il viaggiatore diriga primieramente i suoi passi, esibisce una veduta di quelle chiamate romantiche, il che avviene principalmente a motivo dell’alta e scoscesa sembianza di due montagne che le sorgono al di sopra. Di queste una è boschiva dipenden-za dell’Epomeo, la di cui cima bian-chiccia riappare al viaggiatore nel suo avvicinarsi a Casamiccia. L’oggetto che più interessa vedere in questo luogo è la casa de’ bagni, situata sulla pubblica strada: fu eret-ta nell’ anno 1783 a spese del pio sta-bilimento tuttora esistente a Napoli sotto il nome di Monte della Miseri-

cordia, e pei disegni dell’Ingegnere Giuseppe Pollio. Una lata, e lunghis-sima stanza contiene i bagni, che sono in numero di 80, disposti in doppia fila lungo i due muri laterali. L’acqua, che rinnuovasi all’entrare di ciascuna persona nel bagno, vi è introdotta per mezzo di due chiavi, una delle quali getta la termale, e l’altra l’acqua dolce per temperare la prima. Quest’acqua termale procede da una sorgente detta di Gurgitello, che è alle falde del colle vicino, e vien condotta alla casa dei bagni per un acquedotto sotterraneo: è natural-mente calda, e serve a guarire un gran numero di malattie; quindi i forestieri e i Napoletani si valgono premurosamente di questi bagni nell’estate che è la sola stagione in cui producono i loro salutari effetti. Quegl’infermi poi che non possono far le spese dell’andare e del fer-marsi colà, vengono con gran carità provveduti dal Monte della Miseri-cordia; al quale oggetto gli ammala-ti poveri che domandano la cura dei bagni, sogliono essere esaminati in quello stabilimento o negli ospedali di Napoli al principiare della stagio-ne estiva; e quelli che ne hanno re-

view .is pleasing because it is uncommon , independent of the melancholy ideas of sterility and solitude which are necessar-ilyconnectedwithalargefieldoflava.The.presentoneWasdepositedthereini3o’iduringtheeruptionwehavedescribedinsketchingthehistoryoftheIsland;normorethan5ooyearshavebeensufficienttochangeitsappearance.Thecraterofthevolcan,nowextinguished,outofwhichthisravagingbitumenflowed,maybeseenatashortdistancefromtheroad.

Hamlet called il Borgo and the Lake Oof Ischia Proceeding on , the traveller, arrives, at a small hamlet called il Borgo, a short distance beyond which there is on the tight side of the road, a small lake. From an inscription which is still apparent on the entrance to it, it seems that this spot was in 1760 of-feredbytheCommonofIschiatokingFerdinandforfishing;itisnowlettoaprivatepersonwhopaysarentforittothesameCommon. The traveller who has already seen Mare Morto near Miniscola will perceive some resemblance between that and the present lake, both being separated from the sea by a mere neck of land v but this one is far smaller than the other.

CASAM1CCIA This is a village consisting of two parts , one of which lies in one mass on the sea shore, whale the other is formed by houses scattered at the foot of a hill 1 and handsomely interspersed with gardens and cultivated grounds. The latter part, whereto the travellershouldfirstdirecthisway,offersthemostromanticsight,owingchieflytotheheightandsteepappearanceoftwomountains rising over it. One of them is a woody side of the Epomeo , the whitish top of which shows itself again to the traveller on his approaching to Casamiccia. The most interesting object to be seen in this place, is the bathing house which is situated on the public way. It was erected in the year 1788 at the expense of a pious establishment still existing at Naples, called Monte delta Misericordia, on the plan of the Engineer Joseph Pollio. A broad and very long room contains the baths, 80 in number, which are disposed in a double row along the two lateral walls; the water which is renewed on each person, entering the bath is introduced there by the means of two cocks one of which gives the, thermal one and the other fresh water, intended to temper the former. The thermal water proceeds from a spring called di Gurgitello , lying at the foot of the adjacent hill and is brought to the bathing house through a subterranean acqueduct; it is naturally warm, and heals a great number of diseases Hence both foreigners and Neapolitans eagerly avail them-selvesofthesebathsinsummer,theonlyseasonduringwhichtheyproducetheirsalutaryeffects.Astothoseinfirmpeoplewho

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almente bisogno, ricevono una car-tella che gli autorizza a valersi di tal benefizio. Partono tutti ad un tempo dalla darsena di Napoli, vengono trasportati ad Ischia, disposti nell’o-spedale annesso alla casa dei bagni e nutriti e curati per venti giorni, dopo dei quali si rimandano alla Capita-le, sempre a spese del Monte. In tal guisa la Carità Cristiana tratta ogni anno da 3 in 4oo ammalati. A questa spedizione ne succede tosto un’altra composta di militari pure infermi, che sono spesati dai loro reggimenti o dal ministero della guerra. Prima dì terminare questo capi-tolo , crediamo cosa ben fatta il co-municare ai forestieri un parere del Dottor D. Francesco de Siano, da lui espresso in un’operetta che pubblicò intorno all’Isola d’Ischia. Questo li-bro non ha data di stampa, ma pare che sia venuto in luce dopo l’anno 1798. «Uopo è, dice il Dottore, avvisa-re gli Esteri che vengono a curarsi nell’Isola d’Ischia per l’uso dei rime-di naturali della medesima, ch’es-

cannot defray the expense of going and living there, they are most charitably provided for by the Monte della Misericordia. For this purpose the poor sick who sollicit the cure of the baths are examined in that establishment or in the hospitals of Naples at the beginning of the warm season, and those who are found really to want it, receive a warrant by which they are entitled to enjoy thisbenefit.TheystartallatonceononeappointeddayfromtheNaplesdock;aretransportedtoIschia,disposedinthehospitaladjoining the bathing house, fed and cured during, twenty days, after, which they are sent again to the Capital, always at the ex-pense of the Monte della Misericordia. From 3 to 4oo sick are thus cured by Christian Charity every year. This expedition is soon after followed by another . consisting of sick soldiers who are defrayed by their respective Regiments or by the war department. Before ending this chapter, we think it proper to camunicate to foreigners an opinion of Doctor Francesco de Siano consigned in a book published by him upon the Island of Ischia; it bears no date of publication, but seems to have appeared after the year 1798. »It is necessary, says the Doctor, to warn foreigners who go to Ischia to be cured by the use of the natural remedies it furnishes, that all instantaneous changes being dangerous, they should not as soon as arrived, undertake the baths or the use of other mineral remedies which out having previously prepared and breathed during some time the air; for this might occasion a fever arising from the change of residence, which has been some times the case, and though they arrive already prepared, they ought neverthe-lesstotryatfirsttheeffectoftheairunderaskyquitedifferentfromthatwhencetheyhavestarted,inordertograduallydisposethemselves to receive the impression of the mineral. Finally they are to be apprised that those remedies will avail nothing if they do not retire home early in the evening instead of going to society. The unadvised strangers who doing so repair to their homes too late in the night, greatly expose themselves to catch colds. The hospital of the bathing - house and the stufe (stoves) di Gurg1tello The hospital is in’ the same building which, contains the baths, but the entrance to it is a little higher up. It consists of several corridors and rooms which enjoy a very airy situation. The stoves are contained in the small house opposite the hospital; for the use of which they were constructed. They are furnished with steam arising from the above said water of Gurgitello at a tempera-ture of 25 degrees of Reamur. They serve for healing the falling sickness, and the cronic ones

The ditches of clay and the lumiere, or allumiere The territory of Casamiccia contains in several places subterranean strata of a kind of day with which they make the most common pottery, used its that, and in the neighbouring countries. One of the ditches out of which this earth is take, lies a short distance from the bathing house in a cultivated ground. The clay is found at a depth of more than eighty feet; it is black, compact, glutinous and heavy. They work it in the lower part of the village within some buildings which are called the lumiere, though they should be named allumiereastheywere,whenfirsterected,onaccountoftheallume (alum) which was fabricated there. This

sendo le mutazioni istantanee tutte pericolose, conviene che non subito arrivati mettansi al bagno, o all’uso di altri rimedi minerali senza pre-parazione, e senza restar un poco a respirar l’aria; perché darebbe oc-casione ad una febbre di mutazione, come alcune volte è accaduto; ed an-corché vengan preparati, pure sulle prime devono sperimentare l’effetto dell’aria di un cielo tutto diverso di quello, donde sono partiti, per as-suefarsi a poco a poco a ricever l’im-pressione del minerale. Finalmente debbono i medesimi restare avvisati che niente gioveranno tali rimedi, se la sera non si ritirino a casa di buon’ora, senza andar girando per le conversazioni, come sogliono fare alcuni mal consigliati, ritirandosi ad ore troppo avanzate di notte, e con ciò soggettandosi a costipazioni». Ospedale dei bagni e stu-fe di Gurgitello

L’ospedale è nel locale medesimo dei bagni, o per dir meglio, nello

stesso edifizio, ma vi si entra per un portone che sta alquanto più sopra: consiste in diversi corridoi ed in ca-mere ove si gode di un bellissimo ambiente scoperto. Le stufe poi si trovano in una casetta dirimpetto all’ospedale, per uso del quale fu-rono costrutte. Son provvedute di vapore sorgente dalla mentovata acqua di Gurgitello alla temperatura di gradi 25 di Reamur; servono alla cura del mal caduco e dei cronici.

Fossi di creta, e le lumie-re o allumiereIl territorio di Casamiccia contiene in diversi punti degli strati sotter-ranei di una certa creta della quale si fa il vasellame più comune che si usi nell’Isola, e nei vicini paesi. Fra i fossi, dai quali questa terra si estrae, uno è in un podere a poca distanza dai bagni. La creta trovasi ad una profondità di cento palmi, è nera, compatta, glutinosa, e pesante; vien lavorata nella parte inferiore del villaggio alla marina dentro a certi

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locali che chiamano le lumiere, ma che dir si dovrebbero le allumiere, che così furon dette quando si stabi-lirono perché vi si fabbricava dell’al-lume. Questa fabbrica che era stata eretta verso là fine del15.mo secolo, venne poi abbandona-ta per motivi che noi ignoriamo. Da Casamiccia a Lacco la via diret-ta prosiegue lungo la montagna, e a’ piedi di essa, ma ve n’è un’altra ver-so il mare, che mena primieramen-te ad un villaggio intermedio detto Castiglione, e questa è da preferir-si, giacché in tal caso il viaggiatore potrà vedere diversi avanzi di edifizj antichi, e stufe, e sorgenti termali, che sono in quei contorni.

LACCO È questo un villaggio piacevolissi-mo per la sua situazione alla mari-na, ed alle falde dell’Epomeo, che lo protegge dai malsani venti di levan-te. Era una volta il luogo di villeg-giatura di non pochi signori Napole-tani le di cui ville sono ora deserte. Probabilmente solevano essi recarsi colà nella stagione calda prima che

fabric which had been established towards the end of the i5.th century has been since given up on some motive which vie are quite ignorant of.The direct way from Casamiccia to Lacco proceeds along the hill, very close to it, bat there is another towards thesea,leadingfirsttoanintermediaryvillagecalledCastiglione , and this is to be prefered, as the traveller may then visit several ruinsofancientedifices,stoves,andthermalsprings,whichareinthatneighbourhood.

LACCO This is a most pleasant village owing to its situation on the sea shore and at the foot of the Epomeo which protects it against the scorching, eastern winds. It was once the country seat of several neapolitan noblemen, whose villas are now deserted. It is prob-able that they were accustomed to repair there in the bet season, before the erection of the bathing house at Casamiccia. Lacco in fact offers on its territory several thermal water, and stoves; one of the latter may be seen at a short distance beyond the village bydeviating:alittleontherightsidefromthepublicway.Theefficacyofthesteamarisingfromitforhealingpainsinthelimbs,is very much recommended by the owner. At the beginning of the village, on arriving from Casamiccia, the traveller may see in a church the trunk of an ancient statue which is thought to have represented Hercules; it was found amongst some ruins in the Island, and serves now as pillar to a baptistry.

FORIA The next place after LaccoisForia,onapproachingwhichthetravellerwillbestruckwiththemagnificentprospectdisplayingitself before his eyes. The most distant object in this panorama is a promontory called Capo Imperatore which indeed from its majesticappearanceandformseemstoenjoyakindofpreeminenceabovetherest.TheCitywhenfirstseenappearsasaverylarge one, and its semicircular harbour adds very much to the beauty of the scene which near the spectator is most imposingly increased by a projecting side of the Epomeo hanging over the plain.Foriacontainsabout7000souls;itwasonceaflourishingcityowingtotheextensivesaleofwine,whichwascarriedoninthisplace. This chief produce of the island found then an advantageous market in the Genoese states who wanted it for their own use; but from the epoch (18o5) when Genoa was submitted to France, and then to Piedmont, this trade ceased, and the loss seems to havechieflyfallenuponthecityofForia.ThereisinthiscityachurchdedicatedtoSanta Maria di Loreto, the pillars of which are covered with yellow and other ancient marbles.

THE EPOMEO AND RETURN TO CELSO On leaving Foria the traveller begins to ascend this mountain, and will observe its western point

si fabbricasse la casa dei bagni a Ca-samiccia. A Lacco infatti si trovano diverse sorgenti di acqua termale, e delle stufe; una di queste si vede oltrepassato il villaggio, deviando alquanto dalla pubblica strada, a man destra. L’efficacia del vapore che ne esala, per guarire i dolori del-le membra, viene assai commendata dal proprietario. Al principio del villaggio , venendo da Castiglione , il viaggiatore vedrà in una chiesa il tronco di una statua antica che credesi d’Ercole: fu trova-ta fra alcuni ruderi dell’isola, e serve ora di pilastro ad un fonte battesi-male. FORIA La più vicina terra dopo il Lacco è Foria, nell’avvicinarsi alla quale sarà il viaggiatore maravigliato del-la grandiosa prospettiva che gli si para innanzi. Il più distante oggetto di questo panorama è un promonto-rio chiamato Capo Imperataore, il quale veramente per la sua maesto-sa apparenza e forma, par che goda una certa preminenza sul resto. La

Città a prima vista comparisce assai grande, ed il suo porto che ha la for-ma di un semicerchio aggiunge non poco alla vaghezza di questa veduta che, più dappresso all’osservatore, è in modo imponente rilevata da una falda dell’Epomeo che sta a picco sulla pianura. Foria contiene da 7000 anime: era una volta Città florida perché vi si faceva un ragguardevole smercio di vino. Questo prodotto dell’Isola trovava allora un vantaggioso esito negli stati di Genova che ne abbi-sognavano pel loro consumo, ma dall’epoca (1805) in cui Genova ven-ne aggregata alla Francia, e poi al Piemonte, questo traffico è cessato, e pare che la perdita sia principal-mente caduta sulla Città di Foria. Vi è in questa città una Chiesa dedi-cata a Santa Maria di Loreto, i di cui pilastri sono intonacati di giallo e di altri marmi antichi.

L’Epomeo e ritorno a Celso Lasciata Foria, il viaggiatore co-mincia a salire per questa monta-

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gna, e ne vedrà la punta occidentale piantata di vigne. La coltivazione, portata a tanta altura, dimostra l’in-dustrioso ardimento degl’Ischiotti in fatto di agricoltura, e veramente l’Isola tutta par che meriti di essere annoverata fra le terre meglio colti-vate del mondo. Inoltrandosi poi verso Panza osser-verà il viaggiatore al di sotto della via una spiaggia che va a congiungersi al Capo Imperatore: ivi sono delle stu-fe, la di cui efficacia viene anteposta dagli abitanti di Foria a quella delle stufe di Casamiccia, e si chiamano le stufe di Cetara. Panza è un comunello quasi tut-to composto di case contadinesche sparse sopra di un alta piattaforma che sporge dall’Epomeo. L’aria quivi dee essere straordinariamente salu-bre: passandovi noi nell’estate del 1824, ci venne assicurato che degli 800 abitanti del villaggio niuno era ammalato. Oltrepassata Panza la strada diventa sempre più alpestre e stretta, ma il fastidio che vi si può provare per tal motivo vien gran-demente compensato dalle delizio-se prospettive che al viaggiatore si

affacciano da vari punti della stra-da medesima; la parte occidentale dell’Isola è quella donde si godono le vedute più graziose; una magni-fica poi se ne presenta al viaggiato-re quand’egli più si avvicina a Ser-raro; è quella della baia di Napoli, combinata colla porzione tuttora visibile, e più di ogn’altra piacevole d’Ischia. Serraro contiene da 25oo anime. Fontana che dopo questo è il più prossimo villaggio, ne ha sola-mente 600, ma ha l’onore di essere il più alto borgo dell’Isola. Per una salita agevole si va da questo luogo alla cima della montagna, ch’è alta 1800 piedi sul livello del mare. Qui-vi è un convento incavato nella viva rupe ed una chiesetta dedicata a S. Nicola. Sotterrata in una cappella di questa chiesa giace la spoglia di Giuseppe d’Arguth, tedesco, la di cui storia vien riferita come segue in un libro anonimo stampato tre anni fa (Tableau topographique et histori-que des isles d’Ischia, de Ponza, de Vendutena, de Procida et de Nisida, du Cap de Misene et du Mont Pausi-lipe - Par un Ultramontain - Naples 1822).

» Il Sig. Giuseppe d’Arguth tedesco di nascita, e comandante del Castel-lo d’Ischia volle personalmente in-seguire due disertori della sua guar-nigione, che erano andati a nascon-dersi in una foresta verso la cima del Monte Epomeo. Li sorprese in un luogo dei più solitari ma in quel pun-to in cui questo valoroso militare era per piombare su d1 essi, il suo caval-lo sdrucciolò, e cadde egli supino. Tosto que1 scelerati armati de’ loro fucili, gli presero la mira. Il Castel-lano, in tal frangente, invocò il suo protettore S. Nicola, facendo voto di dedicarsi al servigio di lui, se si de-gnasse salvarlo da così imminente pericolo. La sua preghiera fu esaudi-ta: forato gli fu dalle palle il cappel-lo ed il mantello, ma nella persona non ebbe alcuna ferita; salvato cosi miracolosamente , si divestì egli del-la sua carica, e si ritirò all’Ermitag-gio di S. Nicola, situato sulla cresta dell’Epomeo. Vi fece ingrandire la cappella, e scavare nella rupe stessa una quantità di cellette ed altre stan-ze. Congregò una dozzina di cenobiti coi quali menò poi vita monastica provvedendo con ricche dotazioni

planted with vine-yards. Cultivation brought to such a height shews the bold industrious spirit of the Ischiots in fact of hus-bandry; indeed the whole land seems to be one of the best cultivated in the world. On bis way to Panza r the traveller will see underneath the road a beach adjoining Cape Imperatore; there are stoves called stufe diCitaratheefficacyofwhichisextolledbytheinhabitantsofForiaabovethatofCasamicciaStoves.

Panza is a hamlet almost entirely consisting of poor cottages scattered upon an elevated platform rising out of the Epomeo; the air here seems to be uncommonly salubrious as on our passage through this village in the summer of 1824, we were assured that none of its inhabitants, (800 m number) was sick. On the other side of Panza the road becomes more and more steepy, and narrow, but the pain which may arise from this circumstance is greatly alleviated by the charming prospects that the traveller enjoysfromseveralpointsoftheway;thewesternsideoftheIslandoffersthefinestviews;thenamajesticonepresentsitselfagain to the eyes of the traveller, on his approaching Serraro; it is that of the bay of Naples, combined with the still visible and most enchanting portion of Ischia. Serraro contains about 25oo souls; Fontana which is the nest village after it, has but 600, and enjoys the honour of being the highest borough in the island. An easy ascent leads from this place to the top of the mountain, which is 1800 feet above the level of the sea. There is a monas-tery entirely cut out in the rock with a small church dedicated to St. Nicolas. This church contains in a chapel the body of Joseph d’Arguth a German, whose history is related as follows in an anonimous hook published three years ago (Tableau topographique et historique des Isles d’Ischia , de Ponza, de Vandotena, de Procida et de Nisida, du Cap de Misene, et du Mont Pausilipe. Par un Ultramontain - Naples 1822). »M.r Joseph D’Arguth a German by birtb, and Commander of the Castle of Ischia, went himself in pursuit of two deserters of his garrison who had taken refuge in a forest near the top of Mount Epomeo; he surprised them in one of the most solitary places, but on the moment when this gallant Chief was going to precipitate himself upon them, his horse stumbled and he fell on his back. Immediately the villains armed with their guns, aimed at him; in his distress, he invoked his patron St. Nicolas, making a vow of dedicating himself to his service, if he daigned to save him from so imminent a danger; his prayer was heard; he had but his hat and cloak pierced by the balls while his person did not receive the smallest wound; thus be miraculously escaped; soon af-ter he gave up his commission and retired to the hermitage of St. Nicolas situated on the summit of the Epomeo; he enlarged the chapel and caused a quantity of small cells and other rooms to be cut out in the rock where he collected a dozen of cenobites with whom he live a monastic life, providing with large funds for their subsistance as well as for the maintenance of the chapel, which heornamentedwithaltars,relicks,sacredvases,andanexteriorfrontsurmontedbyasmallsteeple.Hebenefitedalsoverymuch

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alla loro sussistenza non meno che al mantenimento della cappella, che adornò di altari , di reliquie, di vasi sacri, e di una facciata esterna cui sovrasta un piccolo campanile. Fece pure molto bene a’ poveri, e la sua vita fu una serie non interrotta di buoni esempi. Fra gli ornamenti scolpiti in legno, che veggonsi tut-tora nel Santuario di S. Nicola, molti son opera delle sue proprie mani. Morì in odore di santità dopo di aver passati in questo luogo sedici anni: una tavola di pietra indica il luogo della sua sepoltura nella cappella. Per umiltà cristiana egli aveva proi-bito che si facesse cosa alcuna onde conservare la sua memoria, cosicché quanto si sa di lui, è tradizione ver-bale».

Oltre a questo venerando penitente, che visse sotto il regno di Carlo III, altri Eremiti hanno un dopo l’altro abitato la punta dell’Epomeo; uno di essi (il Padre Michele) è tuttora vivo nella memoria degli Isolani; era egli pure tedesco, nato nel Palatinato: la-sciò a bella posta le sponde del Reno per venire ad abitare sulla rupe del S. Nicola, e dopo esser ivi rimasto fino all’età di cento cinque anni, si

trasferì al piccolo eremitaggio di S. Francesco di Paola nel piano di Fo-ria: ivi mori nell’anno 1811, e vi si vede il suo ritratto non che la tomba che ne contiene le ceneri. I presenti abitatori dell’Eremo sono un anacoreta ed un laico, i quali cor-tesissimamente sogliono accogliere il forestiere, dargli tutte le informa-zioni che desidera , e far quanto da loro dipende per rendere la sua vi-sita soddisfacente: per le loro cure è mantenuta la cappella, che una volta godeva bastanti redditi proceden-ti dai pii legati del Padre Giuseppe, ma ora sono ridotti a così poco, che il povero Eremita non potrebbe de-centemente tenere la Chiesa e le sue dipendenze se non fossero le elemo-sine degl’Isolani, e dei forestieri che vanno a visitarla.

Per quanto alto sia il convento, non è il più alto punto della montagna; sovra di esso evvi un terrazzo sul quale il viaggiatore è invitato a salire se voglia godere la più ampia pro-spettiva del mondo. Verso Ponente vedrà egli in mezzo all’acque Santo Stefano, Ventotene, Ponza, e altre Isolette, appartenenti tutte al Regno di Napoli. Santo Stefano, che è la più

piccola, contiene un ergastolo. Ven-totene ha due miglia di lunghezza, ed un miglio di larghezza; nei tempi moderni ì suoi primi abitanti furo-no coloni ivi mandati dal Re Ferdi-nando nel 1769: vi sono adesso da 700 anime. Ponza che ne contiene all’incirca 1000, è la più grand’Isola di quel gruppo, avendo 13 miglia di circonferenza: è assai stretta, ed ha tre miglia e mezzo di lunghezza: ivi si veggono alcune antichità, e fra le altre non poche grotte e nicchie anti-che chiamate i bagni di Pilato. I due isolotti intorno a Ponza sono nomi-nati Palmeruola, e Zannone: non hanno abitanti né importanza alcu-na fuorché nella storia naturale del globo, sotto il quale aspetto hanno, come Ponza, attratta l’attenione ed esercitata la penna di molti celebri naturalisti, come Dolomieu, Spal-lanzani ecc. Ritorniamo al terrazzo dell’Epo-meo, ove Virgilio, Enea, e la sua nu-trice (Cajeta), Omero, e Circe , Ca-pua ed Annibale, i campi Elisi ed il Tartaro, la prima eruzione del Vesu-vio, Pompei e Plinio, Capri e Tiberio si riaffacciano in parte allo sguardo, e tutti alla rimembranza dell’osser-vatore di quel grandioso panorama.

the poor, and his life was an uninterrupted series of good examples. Several of the ornaments sculptured on wood which may be seen in the Sanctuary of St. Nicolas, are the work of his own hands. He died under the public persuasion that he was a saint, after passing sixteen years in this place: a stone tablet shews the place of his burrial in the chapel. By Christian humility, he had forbidden that any thing should be done for the preservation of his memory, so that all that we know of him, is verbal tradition». Besides this venerable penitent who lived under the reign of Charles III, other hermits have in succession inhabited the top of the Epomeo. One of them (the father Michael) is still alive in the remembrance of the Islanders; he was likewise a German born in the Palatinate. He left on purpose his country to come and dwell on the rock of St. Nicolas where he lived to the age of a hundredandfiveyears;thenhepassedtoasmallerhermitagecalleddiS.FrancescodiPaolaintheplainofForiawherehediedin the year 1815; his portrait, and tomb containing his ashes may be seen in the same place.The present inhabitants of the hermitage are an anachorite and a lay brother who most courteously welcome the foreigner, give him all the information he may wish, and do every thing in their power to render his visit satisfactory. The Chapel is maintained bytheircares.ThisSanctuarylongenjoyedasufficientrevenue,whichproceededfromthepiousbequestsoffatherJoseph,butnowitisreducedtosuchatrifle,thatthepoorhermitwouldbeunabletokeeptheChapelanditsdependancesinaproperman-ner, were he not assisted by the alms of the Islanders and of the strangers who visit it. However high the monastery may be, it is not the highest point of the Epomeo; there is above it a little platform where the trav-eller is invited to ascend if he wishes to enjoy the amplest prospect which can be seen on the globe. Westward he will perceive in the middle of the waters Santo Stefano, Ventotene, Ponza and other small islands, all belonging to the kingdom of Naples. Santo Stefano,whichisthesmallest,containsastateprison;Ventoteneistwomileslongandonebroad;itwasfirstinhabitedinmod-ern times by a colony which king Ferdinand sent there in the year 1769; there are at present about 700 people. Ponza contains about 1000 souls, and is the largest island in the group, having a circumference of 13 miles; it is very narrow , and three miles and a half long. Some antiquities may be seen there, amongst which several ancient grottoes and niches called Pilate baths. The two islets round Ponza are called Palmeruola and Zannone ; they have no inhabitants and no importance except in the natural history of the globe, in which respect they have like Ponza attracted the attention and occupied the pen of many celebrated naturalists, such as Dolomieu, Spallanzani etc.

We revert to the platform of the Epomeo, where Virgil, Aenea and his nurse (Cajeta), Homer and Circe, Capua and Hannibal, theElisiaufieldsandtheTartarus,thefirsteruptionofVesuvius,PompeiandPline,CapriandTiberius,willpartlyrepresent

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Lasciata poi l’altura, bisogna che il viaggiatore riscenda a Fontana, e quindi s’inoltri per inclinati e stret-ti sentieri, a Monopane e Barano. Un altro borgo si osserva dalla stra-da che mena a quest’ultimo luogo: chiamasi Testaccio, e non contiene più di 15oo anime; a Barano ve ne sono all’ incirca 4000 e qui ha caro il viaggiatore di rincontrare quel moto di attività ch’erasi dileguato d’intor-no a lui da Foria in poi. È Barano il luogo ove più che in ogni altro si fabbricano quei cappelli di paglia da uomo così comuni a Napoli e nei contorni durante l’estate. Oltrepassato Barano, la via riesce tuttavia anzi che no incomoda fin-tanto che il viaggiatore sia disceso in una valle che è a livello della Città di Celso. Quivi l’agricoltura è condotta in quel modo stesso che osservasi fra Capua e Napoli, la vigna essen-dovi graziosamente maritata all’alto pioppo fino alla di cui sommità si solleva, mentre che nelle altre parti dell’Isola, è lasciata sciolta e bassa. Questa valle decorre fra l’Epomeo e Monte Vergine, sulla di cui cima esiste una chiesa dedicata alla Ver-

gine Santissima. Colassù pure abita un eremita, e sul fianco di questa montagna medesima giace un vil-laggio, il solo dell’isola che sfugga alla vista del viaggiatore che ne fa il giro: si chiama Campagnano, e per vederlo, bisogna scostarsi alquanto dalla strada maestra. Vicino a Celso s’incontra gran porzione di un ac-quedotto notabile assai per l’eleva-tezza de’ suoi archi: scorrono questi al di sopra del terreno per lo spazio di un miglio e mezzo, e comunicano a condotti sotterranei, per mezzo dei quali l’acqua vien portata dalla mon-tagna a Celso in una lunghezza di sei miglia.

Osservazioni generali in-torno all’isola ed agli abi-tanti Dopo di aver veduti i punti più in-teressanti dell’Isola, il viaggiatore è per avventura bramoso di trovare nel nostro libro qualche cenno che riguardi in generale il paese, nonché gli abitanti, la qual sua curiosità noi siamo per appagare in quanto cel permettono i limiti dell’opera.

Il suolo d’Ischia è quasi tutto vol-canico; e fuorché in quelle parti, come il Campo dell’Arso, ove non è stato possibile il coltivarlo, la mano industre degli abitanti ha saputo ovunque introdurre la vite, cosicché l’Isola tutta è propriamente un gran vigneto, quindi per quantità non meno che per isquisitezza, fra i pro-dotti suoi primeggia il vino. Il ben essere del paese vorrebbe di questa derrata uno smercio maggiore: per ora riducesi a quello che vien man-dato al mercato di Napoli, ove tanti altri buoni vini concorrono. Produce eziandio una quantità ragguardevole di fichi, che, disseccati, nella fredda stagione, formano l’alimento princi-pale dei poveri: vi si semina grano, e granone, ma non in dose che basti al consumo dell’ Isola. Gli abitanti sono generalmente ben fatti, di bella statura, briosi, e più inclinati al vivere attivo di quel che sogliano essere gli uomini dei pae-si meridionali; la qual disposizione vien loro probabilmente comunicata dall’ambiente scoperto, continua-mente scosso dai venti, e pregno altronde di atomi nitrosi, e solfurei;

themselves to the sight, and all together to the remembrance of the beholder. On leaving the height, be must descend again to Fontana , and thence proceed through Monopane to Barano; another borough is seen from the way leading to the latter place; it is Testaccio and contains no more than 15oo souls. Barano has about 4000 and here the foreigner is glad to meet again with that motion of activity which had disappeared from around him on his leaving Foria. Barano is the place where those straw hats are chieflymanufactured,commonlyusedatNaplesandtheneighbouringplacesduringthewarmseason. The way on the other side of Barano continues rather incommodious till the traveller reaches a valley which is on a level with the city of Celso. Here cultivation is conducted on the same plan as between Capua and Naples, vineyards being graciously tied, and raised to the summit of the high poplars, white in the other parts of the island they are left loose and low. The valley runs between the Epomeo and Mount Vergine, on the top of which a church is seen, dedicated to the Holy Virgin. Here likewise an hermitlives.Ontheflankofthissamemountainavillagelies,theonlyoneintheisland,whichescapesthesightofthetravel-ler in making its tour. It is called Campagnano and may be seen by deviating a short space from the high road. Near Celso large portion is met with of an acqueduct remarkable enough for the elevation of its arcades; they run over the ground the space of one mile and a half and are connected with subterranean conduits by which water is brought from the mountain to Celso, a length of six miles.

General observations on the island and its inhabitantsAfterseeingthemostinterestingpartsoftheIsland,thetravellermaybedesiroustofindinourbooksomestatisticalhintsrelat-ing in general to it and its inhabitants; we are going to indulge his curiosity as far as the limits of our guide will permit. The soil of Ischia is almost entirely volcanic; and except in those parts such as the Campo dell’Arso , where cultivation was impossible, the industrious hand of the inhabitants has every where introduced vine, so that the whole island is properly speaking alargevineyard:thusbothforthequalityandquantitywinemaybeconsideredthefirstofitsproductions5thewelfareofthecountry might require a larger sale of this article; for the present it is restrained to that which the Ischiots send to the market of Naplesinconcurrencewithsomany,othergoodwines.Ischiaproducesalsoaconsiderablequantityoffigs,which,whendried,make in the winter the principal food of the poor. Wheat, and Indian corn are sewn there, but in a less quantity than is required for the Island.Theinhabitantsingeneralarewellmade,ofafinestature,lively,andmoredisposedforanactivelifethanmostmeninsouthern countries; this disposition is very likely comunicated to them by the ambient air which they breath, being exposed , continually agitated by winds, and impregnated with nitrous and sulfuric atoms. Their number, in the whole island amounts to

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il loro numero in tutta l’Isola è di 24000 dei quali quattromila, come abbiamo già detto, occupano la Città. Buon numero di costoro e di Foria-ni, e di quei di Casamiccia son mari-nari, o pescatori; gli altri si possono dividere in tre classi, cioè proprieta-ri, manifatturieri, e campagnuoli, i quali ultimi sogliono sempre porta-re appesa al fianco una falciuola: noi abbiamo inteso persone rispettabili cui dispiaceva un tal costume, per-ché quello strumento, ogni qualvolta insorgono dispute fra loro, diviene

un’arma pericolosa. Non è piccolo il numero dei forestieri, e dei Signori Napolitani che concorrono ad Ischia per prendere i bagni, o le stufe e altri vi si recano per la semplice curiosi-tà di osservare i luoghi dell’Isola più notabili, e la spesa degli uni e degli altri contribuisce alquanto alla pro-sperità degl’Isolani, singolarmente a Casamiccia ove sono i bagni e le stufe più frequentate. Del rimanente e stufe e bagni s’incontrano in quasi ogni angolo dell’Isola, e la loro di-versa temperatura ed efficacia offre

24000, four thousand of which, as we have said before occupy the town, a great number of whom , as well as of those belonging toForiaandCasamiccia,aresailorsorfishermen;therestmaybedividedintothreeclasses,namelyfreeholders,manufacturersand labourers who constantly wear their books hanging on their side; we have heard respectable persons lamenting such a habit, as this instrument becomes a dangerous weapon whenever quarrels arise among them. The number of foreigners and Neapolitan gentlemen who go to Ischia, to take baths or stoves, is very considerable. Others repair there merely to see the interesting parts of the Island, and the expense of all greatly contributes to the prosperity of the inhabitants, especially at Casamiccia which contains the most frequented baths and stoves. For the rest natural remedies of this kind may be found in almost every corner of the island , and their different temperatures and effects offer as many meant of curinganequalnumberofinfirmities. The government of the Island with respect to ecclesiastical affairs is trusted to a Bishop residing at Celso; the judicial power is exercised by two Justices one of whom seats likewise at Celso, and the other at Foria; at length the administrative authority ends in the respective mayors (Sindaci) who depend on the Sous prefecture (Sottintendenza ) of Pozzuoli.

altrettanti mezzi dì cura per un nu-mero eguale d’infermità. Il governo dell’ Isola, per ciò che spetta all’Ecclesiastico, è affidato ad un Vescovo che risiede a Celso; il giudiziario vi si esercita da due Giu-dici, uno de’ quali soggiorna al Cel-so, e l’altro a Foria; l’amministrativo finalmente è nei rispettivi Sindaci delle Comuni, i quali dipendono dal-la Sott’intendenza di Pozzuoli.

*

Gaetano Ponzano - Accademico dei Micenei

Rimembrare

Il cuore improvvisosi schiude eappaiono scoloritii ricordi d’un temporemoto che fu....La turchese distesadi quel mare infinitodove inizia una vita:la mia, colma di sensazioniche formano l’essere.Leggere e soavis’infrangon le ondesulla scura e verdastra scoglierache immota si lascialentamente inondare,accarezzare, baciare, mentre osservaammaliata l’imponente splendoredella mitica, storica e sacrachiesetta della Madonna del Soccorsodi tutte le genti del mare.Il mio cuore trafelatoda queste grandi emozionis’adagia sul sagrato candido eampio della mia mitica e sacra [chiesetta.Ora miro, distesa su dolci verdeggiantiameni pendii, la mia divina Forioche fu la culla della mia vita.

Imponente, rassicurante s’elevail mitico monte Epomeo checinge abbracciando tutti e tutto:artisti, letterati ma anchela gente comune che silenziosilo venerano naturalmente estasiati.Io tutto rimembro...tutto e tutti e assortoimprovvise cocenti, due lacrimesolcano calde il mio volto...mi lascio inondare dalmio mare turchese e pensosorichiudo nel cuore i ricordi.

Pasqua

La Pasqua è immensa gioia di fedeper tutte le genti del mondo.La Pasqua è vivere insieme in [armonialodando e amando il tuo simile.La Pasqua è cancellare tutti i [soprusisenza rancori verso nessuno.

La Pasqua è vivere uniti

abolendo ogni confine,ossequiando e rispettando [chiunque,come il Sommo ci insegnò.La Pasqua è cercareè affermare l’Amore universale.

La Pasqua è rispecchiarsi nel [Sommo,e donare a tutti la Paceper poter coabitare, tutti unitiall’unisono, senza più veti e tema [di nullaed alfine cingerci uniti, in [girotondorispettando i valori di Dio.

La Pasqua.... la gioia sacraledi tutto l’intero creato,dove prolifichi solola Pace, la Fratellanza, l’Amoredi tutti, di tutto il creatoche palpita e vive, in armonia con [il Sommo.

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A cura di Michail TalalayTraduzione dal russo di Marina Moretti

Fёdor Ivanovič Buslaev (1818-1897) è stato uno dei più importanti filologi del Novecento russo, membro dell’Accademia Russa delle Scienze. Dopo i primi anni della carriera umanistica come tutore della ricchissima famiglia Stroganov (Stroganоff) fu nominato nel 1847 professore dell’Università di Mosca, indirizzando i suoi studi nel campo del-la civiltà linguistica slava, della letteratura russa antica, della creazione orale popolare, dell’antica arte figurativa russa. Le sue innovative e brillanti ricerche hanno conservato il valore scientifico fino ad oggi, come un fondamento della russistica. Con la vecchiaia l’accademico perse la vista e si ritirò dall’attività scientifica. Un suo amico dopo aver vi-sto una profonda frustrazione di Buslaev gli propo-

ФедорИвановичБуслаевТолько на острове Искии…(1840)

Изкниги«Моивоспоминания»(Мockва,1897)

Fёdor BuslaevSOLTANTO SULL’ISOLA DI ISCHIA… Ricordi inediti del viaggiatore russo nel 1840

Fëdor Buslaev

Публикация М.Г. Талалая

Академик Ф. И. Буслаев (1818-1897), один из первопроходцев в области славянской филоло-гии, чьи труды не утратили свой свежести и научного блеска, приехал в Италию юношей, в 21 год – как наставник в семье графа Сергея Григорьевича Строганова. Важнейшим эта-пом его становления как личности, да и как ученого, стало пребывание на Искии – здесь он открыл для себя природу, которую прежде не замечал (на Искии ее трудно не заметить), а также – главную книгу своей жизни, «Боже-ственную комедию» Данте. Узнав об этом, я посчитал важным, чтобы и искитанцы раз-делили со мною знание о той роли, которую сыграл их остров в становлении великого русского филолога. Марина Моретти пре-красно перевела фрагмент мемуаров Буслае-

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se di dettare i suoi ricordi. Così nacque il libro Moi vospominanija [I miei ricordi] (Mosca 1897) pubblicati nell’anno della morte dell’autore.

I suoi scritti sono rimasti inediti in Italia ad esclusione del suo resoconto del viaggio in Costie-ra Amalfitana, cfr. M. Talalay,Viaggiatori russi ad Amalfi e Ravello // Rassegna del Centro di cultura e storia Amalfitana, № 25, 2003, pp. 157-168. Ora proponiamo ai lettori un frammento dei suoi ri-cordi dedicati ad Ischia.

(...) Ero ormai in grado di cogliere l’eleganza nell’arte, ma la bellezza del paesaggio mi lasciava completamente indifferente. Il mio atteggiamento nei suoi confronti era quello egoistico e interessato del popolano che vede la natura soltanto in funzio-ne della comodità e dell’utilità, oppure del fastidio e del danno che procura all’uomo. In questo senso ero quasi al livello del nostro buon servitore Pašorin, che non poteva soffrire tutte quelle montagne che si rizzavano in alto sen-za necessità e, seduto a cassetta del nostro calesse, guardava di pessimo umore la profondità dei bur-roni costeggiati dalla nostra strada e scuoteva con disprezzo la testa borbottando qualcosa tra sé. Io e lui eravamo ancora in una fase simile a quella del famoso viaggiatore omerico Odisseo, che apprez-zava le qualità paesaggistiche di un luogo selvaggio e incolto soltanto da un punto di vista pratico: le coltivazioni che si sarebbero potute fare, i campi di grano o le vigne, i pascoli per le greggi. In quel-lo stato d’animo omerico, incapace del godimen-to estetico delle bellezze della natura, io trascorsi quasi un anno in Italia; persino l’incomparabile golfo di Napoli con le sue incantevoli rive, sulle quali trascorsi tutto l’inverno sino alla fine di apri-le, non riuscì a conquistare il mio cuore con il suo incanto. Soltanto sull’isola di Ischia, dove ci trasfe-rimmo per l’estate, per la prima volta nel mio cuo-re si destò il senso estetico per le manifestazioni della natura. Lo risvegliò nella mia anima il più grande dei pittori di tutti i tempi e di tutto il mon-do: il sole. La nostra villa1 si trovava sulla più alta terrazza

1 Panela (Pannella). Zona alta di Lacco Ameno e nome della via che conduce ad essa. Qui sorgeva la Villa di don Tommaso De Si-ano (1766-1852). Per l’aria pura, per la mitezza del clima, per il dolce soggiorno, fu il luogo prescelto di re e principi, di illustri personaggi italiani ed esteri, che arrivavano sull’isola per cure o per diporto.L’edificioerastatocostruitoversoil1616daunFrancesco

ва, который теперь опубликован в искитан-ском альманахе «La Rassegna d’Ischia». Сами мемуары Буслаев писал на старости лет, точнее – диктовал: академик стал слепнуть и отошел от научной деятельности, впав в депрессию; один его приятель предложил ему для поднятия духа заняться воспоминани-ями, под диктовку. При подготовке текста орфография приведена к современной, также как и написание ряда итальянских имен (Ми-хаил Талалай, кандидат исторических наук, представитель Института всеобщей исто-рии РАН в Италии).

(…) Изящное в искусстве стало для меня уже вполне доступно, но к живописной ландшаф-тности природы я был еще вовсе безучастен. Как всякий простолюдин, я относился к ней, так сказать, себялюбиво и корыстно, с точки зрения удобства и пользы, или помехи и вреда, какие доставляет она человеку. В этом отноше-нии я стоял почти на одной ступени с нашим добродушным слугою Пашориным: он терпеть не мог всех этих гор, которые без всякой нуж-ды топорщатся вверх, и, сидя на козлах нашей коляски, пребывал в самом угрюмом распо-ложении духа, искоса поглядывая в глубину пропастей, по окраине которых тянулась наша дорога, и презрительно покачивал головою, что-то бормоча про себя. Мы с ним пережи-вали еще гомерический период знаменитого странствователя Одиссея, который оценивал достоинство живописных ландшафтов дикой, невозделанной местности только с практиче-ской точки зрения, как на прибыльные угодья, которые хорошо было бы засеять пшеницею, засадить виноградными лозами и населить стадами овец. В таком гомерическом настроении духа, не способном к эстетическому наслаждению кра-сотами природы, я прожил почти целый год в Италии; даже бесподобный Неаполитанский залив со своими восхитительными берегами, на которых в Неаполе я провел всю зиму до конца апреля месяца, не мог увлечь и пленить моего сердца своими прелестями. Только на острове Искии, куда перееха-ли мы на лето, в первый раз проснулось в душе моей эстетическое чутье к явлениям природы. Его разбудил во мне величайший из живопис-цев всех веков и всего мира – само солнце. Наша вилла1 стояла на самом верхнем уступе

1 Молодой Буслаев и семья графов Строгановых (см. след. прим.) жили на вилле Панелла, иначе Паннелла, которая находилась над городком Лакко-Амено, в его предместье Паннелла (отсюда и название) и

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dell’alta montagna che, ergendosi dalle profondi-tà marine con il suo cratere vulcanico e con roc-ce, valli, gole, strapiombi, forma quest’isola, che si chiama Ischia. Dalla villa scendono ripidi pendii per almeno due verste2, in qualche punto interrotti da sporgenze abbastanza larghe, dove si annidano bianche casette, ora sparse, ora raggruppate; e poi giù fino all’orizzonte si estende il mare Mediterra-neo, davanti a noi verso ovest e a sinistra verso sud; soltanto verso destra lo cingono le pittoresche co-ste dell’Italia, con le loro ininterrotte catene mon-tuose a perdita d’occhio. A circa cento passi dalla nostra villa su un prato verde si innalza una roccia compatta a forma di tetto, come se ne vedono sulle izbe3 di legno russe. Non è molto ripida e in cima ha una cresta, e dal-la parte opposta scende con un dolce pendio verso una gola oscura. Dopo pranzo alle sei, prima del-la passeggiata serale, andavo spesso fino a questa roccia, salivo sulla sommità e mi sedevo là, con la gambe abbassate sul lungo declivio rivolto verso il mare a occidente, e leggevo il mio libro, senza rivolgere mai la minima attenzione al magnifico panorama che si dispiegava davanti a me. Una vol-ta, distogliendo gli occhi dal libro, fui sorpreso da una visione straordinaria e improvvisa: era come se mi avesse colpito una striscia fiammeggiante, che si protendeva per tutto il mare verso di me dal globo scarlatto e fiammeggiante, che si era fermato sul limite del lontano orizzonte. Più questa striscia diventava rossa, più la superficie del mare sembra-va nera e cupa. Quel giorno, quando tornai a casa, rimasi a lungo sotto quell’impressione straordina-ria che mi aveva assalito e scrissi nei miei appunti di viaggio che quel giorno avevo visto un tramonto color del sangue. Risvegliatomi così dall’impassi-bile indifferenza verso la natura, mi misi d’impe-gno ad osservare e ad ammirare dalla mia roccia

De Siano, anche lui sacerdote, che l’utilizzava per residenza estiva. Alla morte di don Tommaso, la villa fu divisa fra i coeredi. Poi il terremoto del 1883 fece crollare tutto. Su una lapide si leggeva: «Villa Pannella. Qui si sana per la salubrità del clima e la giocon-dità del sito, nella cui amena campagna sorse del cavalier canonico don Tommaso de Siano il casino, il quale ha avuto l’alto onore di alloggiare sette augusti monarchi: S. M. il re Francesco I, S. M. il re Ferdinando II, S. M. il re Leopoldo del Belgio, S. M. il re di Sarde-gna Carlo Felice di Savoia, S. M. il re Guglielmo Würtemberg, S. M. il re Massimiliano, l’attuale re di Baviera S. M. il re Lodovico I, padre augusto di Massimiliano, il quale con molto giovamento ha respirato per ben tre volte in diverse stagioni l’aria salubre di sì bello e lieto soggiorno»2 Versta – misura russa per la distanza, corrispondente a 1066 m. 3 Izba – tipica casa rurale russa.

высокой горы, которая, поднявшись из мор-ской глубины со своим вулканическим крате-ром с утесами, долинами, ущельями, пропастя-ми, и образует весь этот остров, называемый Искиею. Тотчас же от виллы идут вниз крутые спуски по малой мере версты на две, кое-где перемкнутые довольно широкими выступами, на которых гнездятся белые домики, то врас-сыпную, то кучками, а далеко внизу разлилось до самого горизонта Средиземное море, прямо от нас – к западу, а налево – к югу, и только с правой стороны пригородили его живописные берега Италии, тянущиеся непрерывною це-пью гор в непроглядную даль. Шагах во ста от нашей виллы на зеленом лугу поднялся сплошной каменистый утес в виде кровли, какие бывают на русских деревенских избах, не особенно крутой и наверху с гребнем, а с другой стороны довольно отлогим спуском ниспадал он далеко в темное ущелье. После обеда до вечерней прогулки часов в шесть я часто уходил к этому утесу, взлезал на его вершину, усаживался на ней, спустив ноги на длинный откос, обращенный к морю на запад, и читал свою книгу, ни разу не обращая ни ма-лейшего внимания на простирающуюся пере-до мной великолепную панораму. Однажды, отведя глаза от книги, я поражен был необычайной внезапностью: точно удари-ло всего меня огненною полосою, которая про-тянулась прямо на меня по всему морю от пла-менного багрового шара, который остановился на краю далекого небосклона, и чем ярче рде-лась эта полоса, тем чернее и мрачнее казалась морская поверхность. Когда в этот день я во-ротился домой, я долго не мог успокоиться от обуявшего меня, поразительного впечатления и записал в своих путевых заметках, что сегод-ня я видел кровавый закат солнца. Очнувшись таким образом от безучастного равнодушия к природе, усердно принялся я наблюдать и лю-боваться с своего утеса, как вечернее солнышко каждый день закатывается по-новому, на иной лад, и до бесконечности разнообразит одни и те же общие очерки панорамы причудливыми переливами своих радужных лучей. (…) В последних числах апреля 1840 г. мы оста-вили Неаполь, чтобы переселиться на остров Искию. Но сначала граф со своим семейством отправился через живописную долину Кавы –

принадлежала в то время местному священнику Томмазо Де Сиано, обратившему ее в популярный и престижный пансионат; на вилле Панелла в разное время отдыхали самые высокие особы: короли Обеих Сицилий (т.е. Неаполитанские), Бельгии, Баварии и т.д.

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come ogni giorno il sole tramontava in un modo diverso, nuovo, riversando nei modi più bizzarri i suoi raggi iridescenti sul profilo del panorama e facendolo così variare all’infinito. (…) Negli ultimi giorni di aprile 1840 lasciammo Na-poli per trasferirci sull’isola di Ischia. Ma prima il conte e la sua famiglia si diressero a Salerno, at-traversando la pittoresca valle di Cava, per visitare il famoso tempio di Paestum, e mi lasciarono an-dare per due settimane a Roma, affinché potessi, anche se frettolosamente, conoscere i suoi famosi monumenti, che mi erano passati davanti come un fantastico sogno quando ci eravamo fermati breve-mente là durante il viaggio verso Napoli, dove vo-levamo trovare riposo e tranquillità dopo un lungo peregrinare. A questo viaggio tenevo molto: mi era particolarmente necessario perché l’inverno suc-cessivo avevamo progettato di andare non a Roma, ma in qualche posto vicino a Nizza o nel sud della Francia. Il figlio maggiore del conte, Aleksandr Sergeevič4, alla fine di aprile partì direttamente da Napoli per tornare in Russia ed entrare nel servizio militare. Alla metà di maggio prendemmo alloggio a Ischia, in una villa modesta e isolata, che si chia-mava Panella e somigliava a una fattoria con un frutteto e una vigna. Elizaveta Sergeevna e Pavel Sergeevič dovevano fare i bagni curativi con la fa-mose acque termali di Casamicciola, la cittadina che fu poi completamente distrutta dal terremoto del 1883. Chissà se la nostra cara Panella si è sal-vata. Essa distava soltanto a venti minuti a piedi da Casamicciola. Tutte e due si trovavano sul più alto ripiano, largo e pianeggiante, della montagna che aveva dato origine all’isola di Ischia. Più in alto della spianata dove noi avevamo trovato asilo non vi era più nessuna abitazione. A circa una versta da Panella si elevava alto verso il cielo un cono roc-cioso o, più esattamente, soltanto la metà di esso: la sommità del monte Epomeo, vomitante fuoco. In tempi immemorabili, durante l’ultima eruzione di questo vulcano, per la pressione del materiale infuocato nel suo cratere il cono scoppiò e l’altra metà si disintegrò e si ridusse in schegge, che si ri-versarono giù da quella parte sulla base del pendio della montagna. Alla Panella facevamo una vita di campagna:

4IlfigliodelconteSergejGrigor’evičStroganov(1794-1882),governatore di Mosca e mecenate, capo della famiglia, presso la quale il futuro accademico lavoravo come un tutore. Più giù sono nominatiglialtrifiglidelconte,ElizavetaePavel.

до Салерно, чтобы осмотреть знаменитый пес-тумский храм, а меня отпустил на две недели в Рим, чтобы я, хотя и наскоро, мог ознакомить-ся с его знаменитыми примечательностями, которые промелькнули передо мною вскользь, как фантастическое сновидение, когда мы останавливались в нем на короткое время, по-спешая отдохнуть и успокоиться в Неаполе от продолжительного странствования. Эта по-ездка особенно дорога и необходима была для меня потому, что следующую зиму предпола-галось провести нам не в Риме, а где-нибудь около Ниццы или в южной Франции. Старший сын графа, Александр Сергеевич2, в конце апреля прямо из Неаполя уехал в Рос-сию для поступления в военную службу. В половине мая поселились мы на Искии, в уединенной и скромной вилле, называвшейся Панеллою и более похожей на хозяйственный хутор с фруктовым садом и виноградником. Елизавета Сергеевна и Павел Сергеевич долж-ны были пользоваться целительными ванна-ми из знаменитых минеральных источников Казамиччолы, того самого городка, который был до тла разрушен землетрясением 1883 г. Уцелела ли наша милая Панелла?3 Она отсто-яла от Казамиччолы всего минут на двадцать ходьбы. Обе они находились на широком и самом верхнем ровном уступе горы, которая образовала некогда весь остров Искию. Выше этой равнины, где мы приютились, жилья уже не было. Около версты от Панеллы поднял-ся далеко в небо утесистый конус или, точнее сказать, одна только половина его. То была вершина огнедышащей горы Эпомея. В неза-памятные времена при последнем извержении этого вулкана от напора кипучих веществ в его жерле конус лопнул и другая половина его рас-палась и раздробилась на осколки, которыми завалило по ту сторону далеко внизу отлогие

2 Буслаев работал наставником в семье графа Сергея Григорьевича Строганова (1794-1882), московского генерал-губернатора, археолога, мецената. Старший сын, Александр (1818-1864), позднее выпускник Московского университета, участник Крымской войны, егермейстер Императорского двора. Ниже упоминаются Елизавета (1826-1895), с 1848 г. замужем за шталмейстером князем А. В. Мещерским и Павел (1823-1911), позднее обер-шенк Императорского двора, известный коллекционер.3 Ужасный катаклизм 28 июля 1883 г., с массовыми человеческими жертвами (2.313 человек), настолько поразил жителей Неаполитанского залива, что до сих пор словом «казамиччола» тут называют отчаянную хаотическую ситуацию. Во время землетрясения погибли и строения виллы Панеллы, где жил Буслаев в 1840 г.

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pranzavamo alle due e cenavamo alle dieci. Ecco come si svolgeva la mia giornata. Mi alzavo prima delle sei e bevevo l’acqua minerale di Castiglione, che mi aveva prescritto il nostro medico francese (i medici italiani allora erano poco raccomandabili). Questa acqua si doveva prendere non a Casamic-ciola, ma molto più giù, vicino al mare, da una sor-gente che si gettava nelle sue onde e sgorgava da una fessura in una roccia scoscesa. Ogni mattina presto una ragazza isolana di circa quindici anni andava a prendere laggiù la mia provvista di ac-qua minerale e me la portava in un’anfora di ar-gilla, tenendola sulla testa. Dalla villa scendeva a zig zag una strada sassosa tracciata lungo il ripido pendio della montagna, coperto di vigneti. Quan-do io uscivo di buon’ora a bere l’acqua minerale, il sole mattutino non era ancora sorto dalla som-mità del monte Epomeo; perciò io passeggiavo per i sentieri ancora in ombra, e laggiù davanti a me, sotto il cielo blu si stendeva, calmo e delicato, un mare altrettanto blu nello splendore dei raggi del sole; a destra, come nuvole opalescenti al limita-re dell’orizzonte, si estendevano in lontananza a perdita d’occhio le coste montuose dell’Italia. Fa-ceva fresco nel mio rifugio ombroso. Le stradine erano sdrucciolevoli, come se qualcuno le avesse bagnate intenzionalmente; dalle larghe foglie delle viti cadevano su di me grosse gocce d’acqua fresca. Dapprima pensavo che di regola a Ischia ogni not-

спуски горы. В Панелле мы жили по-деревенс-ки: обедали в два часа и ужинали в десять. Мой день располагался в таком порядке. Я вставал в шестом часу и пил минеральную воду под названием acqua di Castiglione, которую про-писал мне наш врач-француз (итальянские медики были тогда из рук вон плохи). Эту воду надобно было доставать не из Казамиччолы, а далеко внизу у самого моря, из впадающего в его волны источника, который бил ключом из расселины крутой скалы. Рано утром, каждый день мое минеральное снадобье добывала отту-да молоденькая островитянка лет пятнадцати и приносила мне в глиняном кувшине, держа его рукою на голове. От самой виллы вниз шла зигзагами каменистая дорожка, проложенная по крутому спуску горы, на котором был раски-нут виноградник. Когда я выходил сюда спозаранку пить мине-ральную воду, утреннее солнце еще не успева-ло подняться из-за вершины Эпомея; потому я гулял по дорожкам в тени, а передо мною под синим небом далеко внизу покоилось и нежи-лось такое же синее море в сиянии солнечных лучей; направо, будто светлые опаловые об-лака на окраине горизонта, тянулись в непро-глядную даль гористые берега Италии. Было прохладно в моем тенистом приюте. По дорож-кам было скользко, будто кто нарочно поливал их; с широких листьев виноградных лоз падали на меня крупные капли свежей воды. Сначала я думал, что по заведенному на Искии порядку

Immagini del luogo e di quella che fu la Villa di Don Tommaso De Si-ano, la Pannella di Lacco Amrno, ancora visibili nel libro "Ischia, i luo-ghi, le epoche, le trasformazioni - Paul Buchner e l'isola d'Ischia: no-stalgie di un'epoca", edito da Planning data & communications, 1998.

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te prima dell’alba piovesse, ma poi capii che si trat-tava di una rugiada particolarmente abbondante, grazie alla quale d’estate si mantiene la primaveri-le freschezza dell’erba, dei fiori e del fogliame. Verso le otto tornavo dalla vigna, bevevo il caffè e dalle nove alle dodici, come a Napoli, facevo lezio-ne ai miei alunni e alle mie alunne. Prima di pran-zo Elizaveta Sergeevna e Pavel Sergeevič andavano a Casamicciola a fare i bagni termali e io per tutto il resto della giornata, fino a notte, ero libero dai miei obblighi di insegnante. A mezzogiorno uscivo sempre dalla mia stanza con un libro e andavo nel giardino che si trovava tra la villa e il ripido pen-dio di quel vigneto. Qui rimanevo fino all’ora di pranzo, seduto su una panchina sotto l’ombra del denso fogliame di un noce, e leggevo il mio libro nella frescura della brezza che ogni giorno si levava a quell’ora e cessava verso le due, quando andavo a casa per il pranzo. Poi, fino alle cinque, cominciava una calura insopportabile, soffocante: fuori l’aria era ardente come in un forno; nelle stanze c’era afa come in un bagno turco. In queste ore io rimanevo in camera mia, con la porta della terrazza chiusa, perché non entrasse l’aria calda. Per quanto noi uomini a Ischia portassimo vestiti leggeri, in que-ste ore non riuscivo a sopportarli. Indossavo dei pantaloni bianchi di tela e una camicia azzurra di lino, senza bretelle e panciotto, perché mi avrebbe-ro dato fastidio; ai piedi avevo delle scarpe leggere, in testa un cappello di paglia a tese larghe, e non intrecciata, ma naturale e leggermente rigonfia, perché così era più leggera, faceva passare l’aria e riparava meglio dai raggi del sole meridionale. La corrente d’aria tra le finestre non serviva; non si poteva stare seduti qualche minuto nello stesso po-sto, e nemmeno sdraiarsi sul divano; si era sopraf-fatti dalla fiacchezza. Per rinfrescare almeno un po’ la mia camera ogni tanto bagnavo il pavimento con l’acqua del lavamano, ma anche questo non servi-va, perché il pavimento subito si asciugava, come nel bagno turco la pietra su cui viene versata l’ac-qua. Molto meglio mi difendeva dal caldo un mez-zo, che si rivelò il più efficace: la lettura, e soprat-tutto quella che non richiedeva un intenso sforzo intellettuale, ma era sufficientemente interessante da distrarmi dall’atmosfera soffocante che mi cir-condava e mi distoglieva da essa portandomi con i ricordi in un felice passato o attirandomi nel futu-ro con complicati sogni. Una lettura del genere era

каждую ночь перед рассветом бывают дожди, но потом догадался, что то были неиссякаемо обильные росы, которыми здесь в течение все-го лета поддерживается весенняя свежесть тра-вы, цветов и древесной листвы. К восьми часам я возвращался из виноград-ника и, напившись кофею, от девяти до две-надцати, как и в Неаполе, давал уроки своим ученикам и ученицам. Перед обедом Елизаве-та Сергеевна и Павел Сергеевич отправлялись в Казамиччолу брать минеральные ванны, а я освобождался от своих учительских обязан-ностей на целую половину дня до самой ночи. В полдень я всегда уходил из своей комнаты с книгою в сад, расположенный между виллою и крутым спуском того виноградника. Здесь оставался я до самого обеда, усевшись на ска-мейке под тенью густой листвы развесистого орехового дерева, и читал свою книгу в осве-жительной прохладе легкого ветерка, который ежедневно об эту пору начинал повевать и сти-хал к двум часам, когда я возвращался к обеду. Затем часов до пяти наступала нестерпимая, удушливая жара: наружу палит, как из печки; в комнатах духота, как в бане. На это время я оставался в своей комнате и наглухо затворял выходившую на террасу дверь, из которой пы-шало, как из отдушника. Как ни легка была одежда, которую мы, все мужчины, носили в Искии, она в эту пору дня была мне невтерпёж. Она состояла из белых полотняных панталон и голубой холстинковой блузы, без помочей и жилетки, потому что то и другое было бы в тя-гость; на ногах башмаки, на голове соломенная шляпа с широкими полями – и из соломы не из сплющенной, а из цельной, одутлой, пото-му что такая легче, провевательнее от скважин между соломинками и устойчивее против жгу-чих лучей южного солнца. Вентиляция из окна в окно не помогала; ни сидеть несколько ми-нут на одном месте, ни прилечь на диване не было никакой возможности: удушающая исто-ма одолевала. Чтобы хоть немножко освежать свою комнату, я время от времени поливал ее каменный пол водою из рукомойника, но и это ни к чему не вело, потому что пол тотчас же высыхал, как в бане каменка, в которую подда-ют пару. Гораздо удачнее предохраняло меня от жары одно средство, которое оказалось самым дей-ствительным. Я нашел его в чтении, и именно в таком, которое не требовало напряженных усилий ума, и было настолько интересно, что отвлекало мое внимание от окружающей меня душной атмосферы, уносило из нее воспоми-наниями в радостное прошедшее и затейливы-

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per me la storia della pittura di Kugler5. In essa io osservavo e riproducevo con minuziosa nitidezza nella mia immaginazione le descrizioni delle opere pittoriche che avevo visto a Dresda, Norimberga, Monaco, Verona, Mantova, Bologna, Venezia, Fi-renze, Roma, Napoli, e di quelle che avrei visto nel viaggio di ritorno nelle stesse città o in altre. Avevo letto da qualche parte che Kant si curava dalla tos-se e dal mal di denti immergendosi intensamente nei pensieri filosofici. Io utilizzavo la sua ricetta per rinfrescarmi in quella insopportabile calura. Verso le cinque, quando il caldo cominciava a diminuire, uscivo a passeggiare. La meta preferita delle mie passeggiate era un folto bosco, che era cresciuto dalla nostra parte del monte Epomeo e ne aveva coperto le ripide pendici più basse. Da lontano questo bosco sembrava fatto di bassi ar-busti, ma addentrandosi ci si trovava sotto vecchi alberi alti, con i rami pendenti intrecciati l’uno all’altro; il muschio e altre piante rampicanti ri-vestivano di una abbondante e spessa copertura i grossi tronchi e i rami secchi, ricadendo verso ter-ra con sottili e lunghi rami a formare come delle ghirlande. Non era facile penetrare in quel folto, specialmente dove il bosco era cresciuto sul ripi-do. Io prendevo sempre quella direzione con l’in-tenzione di superare gli ostacoli e raggiungere il punto in cui, alla base del cono roccioso, cessa ogni vegetazione. Vagando ai margini del bosco notavo qua e là gli avvallamenti delle radure attraverso le quali si apriva la strada verso i crepacci. A giudica-re dai massi e dalle selci disseminati sul suo corso indovinavo che d’inverno, quando piove forte, si riversano dall’alto torrenti impetuosi. Proprio qui trovai la desiderata libertà per le mie passeggiate e insieme il cammino diretto verso quei luoghi re-conditi che tanto mi attiravano. Più salivo dal pia-noro lungo la gola, più essa si stringeva e più alte diventavano le sue pareti, da cui pendevano i rami degli arbusti intrecciati strettamente con le piante rampicanti; poi il mio cammino era interrotto da ripidi burroni, su cui bisognava arrampicarsi; per-ciò io, stanco di lottare contro gli ostacoli, tornavo sui miei passi. A quel tempo amavo vagare in luo-ghi impervi e arrampicarmi sulle pareti rocciose, superando ogni difficoltà, e se in seguito rinunciai a raggiungere il mio scopo fu per un motivo com-pletamente diverso.

5 Franz Theodor Kugler (1808-1858), storico dell’arte tedesco. Buslaev leggeva il suo Handbuch der Geschichte der Malerei von Constantin dem Grossen bis auf die neuere Zeit (1837).

ми мечтами манило в будущее. Таким чтением была для меня история живописи Куглера4. В ней я просматривал и с мелочной отчетли-востью воспроизводил в своем воображении описания тех художественных произведений, которые видел в Дрездене, Нюрнберге, Мюн-хене, Вероне, Мантуе, Болонье, Венеции, Фло-ренции, Риме, Неаполе, и те, с которыми могу ознакомиться на возвратном пути как в этих же городах, так и в разных других. Где-то читал я, что Кант излечивал себя от кашля и зубной боли усиленным углублением в философские думы. Я воспользовался его рецептом для ос-вежения себя в несносной духоте. Около пяти часов, когда начинала спадать жара, я выходил наружу и отправлялся гулять. Любимым местом этих прогулок был густой лес, который разросся с нашей стороны по все-му подножию оголенной вершины Эпомея, и всползал на его нижние крутые спуски. Издали этот лес казался мелким кустарником, а когда войдешь в него, очутишься под высокими ста-рыми деревьями, которые сплетаются друг с другом своими развесистыми ветвями; плющ и другие ползучие растения в великом изоби-лии густо и плотно одевали толстые стволы и сучья и своими тонкими и длинными побега-ми в виде гирлянд падали книзу. Пробираться в такой чаще было затруднительно и особенно там, где лес взбирался на крутизны. Я направ-лял сюда свои прогулки всегда с одним и тем же намерением, чтобы преодолеть препятст-вия и добраться до тех мест, где у самого под-ножия скалистого конуса прекращается всякая растительность. Блуждая по окраинам леса, я замечал там и сям выемки прогалин, которы-ми открывался путь к расщелинам. Судя по валунам и булыгам, застилавшим их русло, я догадывался, что в зимнюю пору от проливных дождей тут мчатся с высот бурные потоки. Именно здесь-то и нашел я желанное при-волье для своих прогулок, а вместе и прямой путь к тем заповедным местам, которые меня так манили к себе. Чем дальше от равнины поднимался я по ущелью, тем больше оно су-живалось и тем выше становились его берега, с которых свешивались ветви кустарника с густо перепутанными плетями ползучих растений; затем мой путь преграждали крутые обрывы, на которые надобно было вскарабкиваться и, наконец, я изнемогал в борьбе с препятст-

4 Franz Theodor Kugler (1808-1858), немецкий искусствовед. На Искии Буслаев читал его ставшую классической книгу Handbuch der Geschichte der Ma-lerei von Constantin dem Grossen bis auf die neuere Zeit (1837).

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A Ischia, dovunque si vada, si incontra un ser-pente, a volte due o tre, uno dopo l’altro, special-mente quando fa molto caldo, quando escono a riscaldarsi sui bassi muretti di pietra che separano le strade dai campi e dai vigneti. Perciò mi abituai a passare accanto ai serpenti senza nessun timore, stando attento a non calpestarne la coda. Anche nelle gole del monte Epomeo vidi dei serpenti, che apparivano sempre e soltanto sui pendii roccio-si, e non lungo la strada nel fondo della gola, e di solito uno alla volta. Per distrarmi a volte tenevo il conto di quanti ne incontravo. Una volta mi ad-dentrai in una gola dove in un minuto ne contai una decina, e più camminavo più il loro numero aumentava, cosicché alla fine intorno a me ambe-due i pendii formicolavano di teste di serpente con le code attorcigliate; mi sembrava di vederle anche sui sassi sui quali stavo camminando. Non riuscii a dominare lo spavento e tornai indietro di corsa. Da quella volta smisi di addentrarmi negli anfratti e nel folto del bosco Epomeo. Io ero coraggioso e ardito nell’immaginare imprese audaci, ma come vedete mi intimidivo e mi impaurivo quando si trattava di realizzarle. Prima del tramonto tornavo alla nostra villa e con un libro in mano mi sedevo sulla cresta del-la roccia ad ammirare le bellezze della natura e ad osservare la varietà infinita delle sue meraviglie, come ho avuto già occasione di dirvi. Nel 1833 il professore dell’università di Firenze (Istituto di Studi Superiori) e redattore della Rivista Euro-pea Angelo De Gubernatis6 decise di pubblicare un Album Internazionale, composto di fotografie con gli autografi di scrittori e di scienziati, a favore delle famiglie povere di Casamicciola colpite dal terremoto. Egli si rivolse anche a me pregandomi di dare il mio contributo all’edizione. Ecco il testo del mio autografo: “Ischia mi ha lasciato per tutta la vita i più cari e luminosi ricordi perché da giovane ho trascorso l’estate del 1840 a Panella, ai piedi dell’Epomeo, e là ho capito per la prima volta la bellezza del-la natura, e da allora l’ho amata”. Nei giorni festivi programmavo passeggiate in luoghi lontani e, dopo aver preso il caffè, usci-vo di casa prima di pranzo, sempre con un libro in mano. Mi ricordo specialmente le passeggiate sulla riva del mare dalle parti di Forio, tra rocce e

6 Angelo De Gubernatis (1840-1913), scrittore, linguista, orien-talista,sposatoconlacuginadiMichailBakunin,SofiaBezobra-zov (Besobrasoff).

виями и возвращался вспять. Впрочем, я лю-бил тогда блуждать по трущобам и взлезать на утесистые высоты, преодолевая всякие за-труднения, и если после отказался от достиже-ния своей цели, то совсем по другой причине. На Искии, куда ни пойдешь, везде встретишь змею, а то и две-три, одну за другой, особенно во время палящей жары, когда они выползают, как я думал, погреться на низеньких каменных стенках, которыми отгораживаются дороги от полей и виноградников. Потому я привык проходить мимо змеи без всякого опасения, только бы не наступить ей на хвост. Разумеется, и в ущельях Эпомея мне по-падались змеи, которые мелькали всегда толь-ко по обеим сторонам каменистых спусков, а не по руслу, где лежал мой путь, и большею ча-стью являлись поодиночке. От нечего делать я иногда вел счет, сколько их встречу. Раз случи-лось мне зайти в такое ущелье, где не более как в минуту насчитывал до десятка змей, и чем дальше шел, тем все больше и больше умножа-лось число их, так что, наконец, кругом меня по обоим спускам закишели змеиные головы с извивающимися хвостами; мне чудилось, что вижу их и на булыжнике, по которому я проби-рался. Впрочем, у страха глаза велики, и я в пе-реполохе бросился назад. С тех я пор перестал далеко забираться в трущобы и дебри эпомей-ского леса. Я был храбр и отважен в замышле-нии смелых предприятий, но, как видите, ро-бел и трусил, когда приходилось их приводить в исполнение.Пред закатом солнца я возвращался в нашу виллу и с книгою в руках усаживался на гребне утеса любоваться красотами природы и пости-гать бесконечное разнообразие их прелестей, как я уже имел случай говорить вам об этом. В 1883 г. профессор флорентийского института (Istituto di Studi Superiori) и редактор «Евро-пейского Обозрения» (Rivista Europea) Андже-ло де Губернатис5 предпринял издать «Между-народный Альбом», составленный из снимков с автографов писателей и ученых, в пользу неимущих семейств Казамиччолы, пострадав-ших от землетрясения. Он обратился и ко мне с просьбою быть вкладчиком этого издания. Вот

5 Анджело де Губернатис (1840-1913), известный фло-рентийский филолог, первоначально последователь М.А. Бакунина, который свел его со своей двоюродной сестрой Софией Павловной Безобразовой (1830-1907) в надежде покрепче привязать итальянца к анархическо-му движению; венчание состоялось в русской церкви в Неаполе в 1865 г., однако русская жена, напротив, спо-собствовала научным занятиям де Губернатиса и сама стала ученой слависткой.

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declivi sabbiosi. Per riposarmi al fresco mi sedevo su un grosso scoglio bagnato a tratti dalle onde del mare, all’ombra di una ripida roccia. Era bello sta-re lì a leggere e ogni tanto guardare le lontane rive montuose dell’Italia, che si stendevano a destra di Ischia, vedere come i loro contorni sfumavano e svanivano nel vapore trasparente dei raggi ardenti del sole alto di mezzogiorno, dal quale ancora mi riparava un’alta roccia. A volte si alzava una fresca brezza e si infrangeva sul mio scoglio un’onda che mi bagnava con i suoi spruzzi salati. Nei luoghi più lontani andavo in groppa un asino e in compagnia del suo conduttore. Voglio raccon-tarvi una di queste gite, che mi ricordo con parti-colare chiarezza. A sinistra di Panella si protende verso sud ovest un promontorio, formato da enor-mi rocce a strapiombo sul mare. Da questa riva alta e scoscesa si distacca uno scoglio, che si congiunge ad essa con una specie di ponticello, una striscia di pietra lunga circa dieci sažen7 e larga non più di due aršin8. Su questa roccia vi è, allo stesso livello della riva, un piccolo spiazzo coperto di erba e di radi arbusti. Arrivare fin là percorrendo quel passaggio viene considerato a Ischia un’impresa da capogiro. Si narra che un imperatore lo avesse percorso a ca-vallo, perciò il promontorio viene chiamato dagli isolani Punta Imperatore. Anche a me venne il de-siderio di mettere alla prova il mio coraggio, ma non a cavallo, bensì a piedi. Scesi dall’asino e arri-vai felicemente sullo spiazzo; passeggiai per alcu-ni minuti, raccolsi due o tre fiorellini per ricordo e sedetti un po’ su una pietra, con il viso rivolto verso l’Africa, ammirando l’infinita distesa del mare, che sotto di me si infrangeva sulla roccia. Ma bisogna-va ritornare. Soltanto il pensiero mi metteva in ansia e quando mi avvicinai al passaggio, che ora mi sembrava due volte più lungo e molto più stretto, fui preso dal timore e poi dal terrore e dall’angoscia: e se mi fos-se venuto un capogiro, se le ginocchia mi fossero mancate? Se fossi inciampato? O se un’improvvisa raffica di vento mi avesse sbilanciato, o se l’asino si fosse messo a ragliare forte e mi avesse spaven-tato? Chiamare in aiuto il conduttore non sarebbe servito a nulla: il passaggio era troppo stretto per due persone e andare uno davanti e l’altro dietro

7 Sažen – misura russa per la lunghezza, corrispondente a 2,1336 m.8 Aršin – misura russa per la lunghezza, corrispondente a 0,7112 m.

вам текст моего автографа: «На всю мою жизнь Иския оставила по себе самые дорогие и светлые вос-поминания, потому что, будучи юно-шею, я провел лето 1840 года в Панелле при подошве Эпомея, и там в первый раз узнал я, что такое красоты приро-ды, – и с тех пор полюбил их». В праздничные дни я замышлял дальние прогулки и, напившись кофею, выходил из дому до самого обеда, всегда с книгою в руках. Особенно памятны мне прогулки на морском прибрежье около местечка Форио по скалам и песчаным откосам. Чтобы отдохнуть в холодке, я усаживался на один большущий камень, под-мываемый морскими волнами, в тени крутого утеса. Хорошо мне было тут читать свою книгу и время от времени поглядывать на тянущиеся вправо от Искии в необозримую даль гористые берега Италии, как они млеют и тают в про-зрачном пару жгучих лучей поднимающегося к полудню солнца, которое еще скрывается от меня за высоким утесом. Иной раз повеет ос-вежительный ветерок и хлеснет о мой камень волною, которая обдаст меня солеными брыз-гами. В места отдаленные я отправлялся верхом на осле в сообществе с его, погонщиком. Расска-жу вам об одном из этих похождений, которое особенно ярко выступает в моих воспоминани-ях. Налево от Панеллы, к юго-западу, есть мыс, образуемый громадными скалами, которые от-весно спускаются далеко вниз к самому морю. От этого высокого, утесистого берега отскочи-ла одна скала, но так что соединяется с ним, будто мостками через реку, каменистой поло-сою в длину по глазомеру около десяти сажен, а в ширину, на самой ее средине, не больше как в два аршина. На этой скале в уровень с бере-гом небольшая площадка, покрытая травою и изредка мелким кустарником. Попасть туда по узенькой полоске считается на Искии голово-кружительным подвигом. Есть предание, что какой-то император переехал с берега на скалу верхом на коне; потому и называют ее остро-витяне Punta Imperatore, т.е. Императорский мыс. И мне захотелось испробовать свою храбрость, только не верхом, а пешеходным путем. Я слез с своего осла и благополучно перебрался с бе-рега на площадку, несколько минут погулял по ней, сорвал цветочка два-три себе на память и посидел на камешке, обратившись лицом на юг к Африке, чтобы любоваться беспредель-ностью необъятного моря, которое там далеко

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non sarebbe servito a niente. Lui non avrebbe po-tuto tenermi abbastanza forte con le mani e tutti e due saremmo volati giù nel precipizio. Tutto que-sto subbuglio di paure e agitazione, che ora analiz-zo dettagliatamente, balenò in un istante nella mia mente, e nello stesso istante l’istinto di sopravvi-venza prese il sopravvento, con l’incrollabile deci-sione di vincere quell’incubo, di sfuggire al perico-lo che incombeva su di me. Benché le gambe mi tremassero e l’agitazione si diffondesse in tutto il corpo, mi inoltrai sulla striscia che tanto mi aveva spaventato e camminai piano, tenendomi nel mez-zo, finché da ambedue le parti non ci fu abbastanza spazio da impedirmi di cadere giù, se per caso mi fossi inclinato a destra o a sinistra; e quando arri-vai al punto più stretto, che si estendeva per circa tre sažen, per mettermi al riparo da imprevisti fa-tali non trovai di meglio che sdraiarmi e strisciare per lo stretto passaggio, e così, lentamente e fer-mandomi ogni tanto, arrivai felicemente dall’altra parte. Il conduttore rise molto della mia trovata e disse che avrebbe suggerito di seguire il mio esem-pio anche ad altri timorosi cercatori di avventure. Durante i due mesi del nostro soggiorno a Ischia io provai un senso di completa solitudine in un va-sto spazio, vagando per i ripidi pendii e i declivi della costa. Raramente incontravo qualcuno degli abitanti del luogo nei loro costumi campagnoli, ma in quei due mesi non mi capitò mai di vedere un solo straniero o qualcuno che, come me, passeg-giasse per passare il tempo, e non per necessità. A quel tempo Ischia era un luogo deserto e non mi sarebbe mai potuto venire in mente che la misera e sciatta Casamicciola si sarebbe un giorno tra-sformata in un luogo di cura tra i più eleganti, con splendidi alberghi al posto delle vecchie caserme, con lussuose e comode strutture al posto dei ba-gni commerciali di prima, con fresche gallerie di marmo, persino con un teatro, nel quale si sareb-bero ritrovati centinaia di spettatori dell’alta socie-tà provenienti da tutte le parti del mondo. Non so come sia diventata Casamicciola ora, dopo la di-struzione che l’ha ridotta in macerie nel terremoto del 1883. La solitudine, la quiete e il silenzio nei miei vaga-bondaggi per le montagne e le valli di Ischia non mi annoiavano; anzi, sentivo dentro di me una calma rivitalizzante e benefica, che favoriva la con-centrazione, dopo l’insopportabile trambusto, fra-casso e vocio da cui ero sopraffatto nelle vie e nelle piazze della popolosa Napoli. Nel mio romitaggio

внизу подмывало эту скалу. Но надобно было воротиться назад. При одной мысли об этом я почувствовал какую-то томительную трево-гу, а когда подходил к соединительной полосе, которая показалась мне теперь и вдвое длиннее и гораздо уже, все больше и больше одолевала меня робость и, наконец, обуял страх и ужас: а ну, как у меня закружится голова и подкосят-ся коленки? Ну, как спотыкнусь о камень? А то вдруг, откуда ни возьмись, пронесется ветер и пошатнет меня, или невзначай заверещит осел благим матом и испугает. Позвать на помощь погонщика – опять беда: двоим идти рядом тесно, ему идти впереди или назади меня – какая польза? Держать меня своими руками крепко, как следует, он не мог бы, и мы оба стремглав полетели бы в бездну. Вся эта сумятица страхов и треволнений, кото-рую теперь анализирую вам в подробностях, мгновенным вихрем промчалась тогда в моей голове, и так же мгновенно инстинктивное чувство самосохранения осенило меня твер-дою решимостью преодолеть нахлынувший на меня кошмар, который грозил мне неминуе-мой опасностью. Хотя ноги у меня дрожали и трепет пробегал по всему телу, но я смело во-шел в страшившую меня полосу и медленно ступал по самой ее средине до тех пор, пока с обеих сторон было настолько просторно, что, в случае падения направо или налево, я не мог бы скатиться вниз; когда же доплелся я до уз-кой средины, тянущейся около трех сажен, я в охранение себя от гибельных случайностей просто-напросто прилег и растянулся ничком по каменистой тропинке, и не спеша и с пере-дышкою благополучно переместился на ту сто-рону. Погонщик много смеялся моей выдум-ке и говорил, что и другим робким искателям приключений будет советовать, чтобы следо-вали моему примеру. В течение двухмесячного пребывания нашего на Искии, я чувствовал себя в полнейшем уеди-нении на широком раздолье, блуждая по кру-тизнам и по отлогостям прибрежья. Редко кого встречу из местных обывателей в деревенских костюмах, но ни разу не случилось мне в эти два месяца видеть ни одного иностранца или вообще кого-нибудь, кто бы, как я, прогули-вался для препровождения времени, а не шел по нужде. Иския была тогда пустырь-пустырем, и могло ли прийти мне в голову, что убогая и неопрят-ная Казамиччола преобразится когда-нибудь в одно из самых изящных санитарных убежищ, с великолепными отелями вместо прежних

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non mi sentivo solo: con me c’era sempre come compagno di viaggio Dante in persona, con la sua Divina Commedia. Già a Napoli avevo cominciato a leggere questo dottissimo poema e da allora esso divenne per molti anni il mio livre de chevet preferito. A Napoli avevo letto l’Inferno; ora a Ischia salii con Dante i gradini della grande montagna del Purgatorio fino alla sua sommità, con il Paradiso Terrestre, che a volte, nei momenti felici delle fantasie passeggere, mi appariva sulla cima dell’Epomeo. Il punto di partenza delle mia occupazioni let-terarie a Panella e il centro a cui portavano era Dante e la sua Divina Commedia; ma intanto io mettevo insieme i vari particolari che avevo raccol-to su questo argomento in tutte le città italiane in cui ci eravamo fermati lungo il viaggio. A Verona era vissuto Dante, scacciato da Firenze, presso il suo protettore Cangrande; a Padova, nella cappel-la degli Scrovegni (nell’Arena), Avevo osservato attentamente i famosi affreschi del contempora-neo e amico di Dante, Giotto, che dipinse il Giu-dizio Universale e le figure simboliche delle virtù e dei vizi riferendosi a vari particolari della Divina Commedia. A Firenze avevo visitato il battistero in cui Dante fu battezzato e la casa in cui aveva come vicina Beatrice, che rese eterna cantandola in ver-si e in prosa; ovviamente, non avevo mancato di sedermi sulla pietra preferita dal poeta e avevo ammirato instancabilmente la magnifica chiesa di Santa Maria del Fiore, con il grandioso campanile, costruito e decorato con bassorilievi dallo stesso Giotto. Le visioni della vita ultraterrena, con il fa-scino misterioso dei simboli mistici ispirati dalla Divina Commedia mi avevano alitato su di me dal-le pareti nella chiesa di Santa Maria Novella e nel monastero domenicano adiacente, affrescate dagli alunni di Giotto. Questa è la stessa chiesa in cui, al tempo della terribile peste che imperversò in Ita-lia nel XIV secolo, si riunirono gli allegri cavalieri e dame del Decamerone di Boccaccio e decisero di allontanarsi insieme dalla città contagiata e di trasferirsi in una villa isolata. Michelangelo amava particolarmente questa chiesa e la chiamava la sua fidanzata. A Bologna rimasi più di una volta sotto le due torri pendenti l’una verso l’altra, chiamate torre degli Asinelli e Garisenda, a cui Dante para-gona il gigante che nell’inferno si china su di lui per sollevarlo in alto. Dante e Giotto mi aprirono la strada per cono-scere l’originario stile ingenuo dei maestri italiani

казарм, с роскошными и вполне удобными курзалами вместо прежних торговых бань, с прохладными мраморными галереями, даже с театром, в который будут собираться сотни великосветских зрителей со всех концов мира? Не знаю, что сталось с Казамиччолой теперь, после опустошительного разгрома, который сокрушил ее дотла в пагубном землетрясении 1883 г. Уединение, тишина и безмолвие в ски-таниях по горам и долинам Искии не докучали мне; напротив, я ощущал в себе какое-то ожи-вительное успокоение, которое теперь благот-ворно сосредоточивало меня после нестерпи-мой сутолоки, грохотни и гама, которые оглу-шительно одолевали меня на улицах и площа-дях многолюдного Неаполя. В моем пустыно-жительстве я не чувствовал себя одиноким: при мне всегда был неизменным спутником сам Дант со своей «Божественной Комедией». Еще в Неаполе я начал читать эту премудрую поэму, и с тех пор, на многие года, стала она самою любимою, настольного моею книгою6. В Неаполе я прочел «Ад», теперь на Искии вместе с Дантом восходил по уступам великой горы «Чистилища» к ее вершине с «Земным Раем», который иной раз, в счастливые мину-ты залетных мечтаний, грезился мне на маков-ке Эпомея. Точкою отправления моих ученых занятий в Панелле и центром, к которому они сводились, был Дант и его «Божественная Комедия»; вме-сте с тем я слагал в общую сумму отдельные подробности, касающиеся этих предметов, из всего того, что случалось мне встречать по го-родам Италии, в которых мы останавливались проездом. В Вероне проживал Дант, изгнан-ный из Флоренции, у своего покровителя Кан-гранде; в Падуе я внимательно рассматривал в капелле Скровеньи (nell’Arena) знаменитые фрески Дантова современника и друга – жи-вописца Джотто, по сюжету соответствующие разным подробностям «Божественной Коме-дии» в изображении Страшного Суда и симво-лических фигур, означающих добродетели и пороки. Во Флоренции я посетил баптистерий, в котором был крещен Дант, а также и дом, где он жил в соседстве с Беатрисою, которую прославил навеки в стихах и прозе; разумеет-ся, не преминул я присесть и на том камне, на котором сиживал великий поэт и всегда любо-вался на прекрасный собор S. Maria dell’Fiore, с грациозной колокольней, которую построил

6 Буслаев читал в Московском университете курс лекций о Данте; кроме того, он курировал работу переводчика Данте Н.Н. Голованова.

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и украсил барельефами тот же его товарищ и друг Джотто. Видениями загробной жизни, в таинственном обаянии мистических символов, внушенными «Божественною Комедиею», вея-ло на меня отовсюду со стен, расписанных уче-никами и последователями Джотто, в флорен-тийской церкви S. Maria Novella и в прилежа-щем к ней доминиканском монастыре. Это есть та самая церковь, в которой во время страшной чумы, постигшей Италию в XIV столетии, со-брались веселые собеседники Боккаччиева «Декамерона», кавалеры и дамы, и услови-лись удалиться вместе из зараженного города в уединенную виллу. Микеланджело особен-но любил эту церковь и называл ее своею не-вестою. В Болонье подолгу стоял я не раз под наклоненными друг к дружке башнями, назы-ваемыми Азинеллою и Гаризендою, под теми самыми, из которых с одною Дант сравнивает колоссального великана, когда он в аду стал нагибаться к поэту, чтобы поднять его вверх. Дант и Джотто открыли мне путь к изучению раннего наивного стиля итальянских мастеров XIV и XV столетий. Это и было главным пред-метом моих специальных занятий на острове Искии. Лучшим и единственным руковод-ством служила мне уже известная вам книга Куглера, не раз упоминаемая в моих воспоми-наниях. Этот ученый, сколько мне известно, в своей истории живописи, первый отнесся с надлежащим вниманием и живейшим инте-ресом к ранним итальянским мастерам, пред-шествовавшим цветущей эпохе Леонарда да Винчи, Микеланджело и Рафаэля. Сверх того, граф Сергей Григорьевич указал и дал мне две старинные иллюстрированные монографии, которые как нельзя больше соответствовали моим желаниям и целям. Это были подробные описания, во-первых, монастырской церкви св. Франциска в Асси-зи и, во-вторых, собора в Орвието. В первой книге я хорошо ознакомился с триумфами Це-ломудрия, Смирения и Нищеты, которые по сводам церкви над гробницею св. Франциска Ассизского изобразил Джотто, согласно Дан-товым стихам об этом святом в «Божественной Комедии», а в другой – с фресками, которыми Лука Синьорелли, живописец XV в., расписал одну из капелл орвиетского собора, заимствуя мелкие сюжеты из разных эпизодов Дантовой поэмы, а в крупных размерах представив вос-кресение из мертвых, на Страшном Суде, с та-ким религиозным воодушевлением и с таким простосердечным сочувствием к радостям и страданиям человека, к его восторгам и к от-упелому отчаянию, что в искренности и в глу-

del XIV e XV secolo. Questa fu il tema principale e peculiare di cui mi occupai sull’isola di Ischia. Il libro di Kugler, di cui ho parlato spesso nelle mie memorie, fu la mia migliore e unica guida. Questo studioso, da quello che so, fu il primo che nella sua storia della pittura rivolse la dovuta attenzione e il più vivo interesse ai primi maestri italiani, che precedettero la fioritura di Leonardo da Vinci, di Michelangelo e di Raffaello. Inoltre il conte Sergej Grigor’evič mi indicò e mi diede due antiche monografie illustrate che corri-spondevano pienamente ai miei desideri e scopi. Erano descrizioni particolareggiate della chiesa conventuale di San Francesco ad Assisi e del duo-mo di Orvieto. Nel primo libro io potei conosce-re i trionfi della Castità, dell’Obbedienza e della Povertà, dipinti da Giotto sulle volte della chiesa sulla tomba di San Francesco, conformemente ai versi che Dante scrisse su questo santo nella Divi-na Commedia. Nel secondo conobbi gli affreschi che Luca Signorelli, pittore del XV secolo, dipinse in una delle cappelle del duomo di Orvieto, pren-dendo a prestito piccoli soggetti da vari episodi del poema di Dante e rappresentando in grandi dimensioni la resurrezione dei morti nel Giudi-zio Universale, con tanta ispirazione religiosa e con una partecipazione così sentita alle gioie e alle sofferenze degli uomini, ai loro trionfi e alla loro disperazione, da superare in profondità e sincerità lo stesso Michelangelo nel suo Giudizio Universale della Cappella Sistina. Con questo termino le mie memorie del soggior-no a Ischia. Da qui dovemmo trasferirci sulle rive sorrentine, ma senza il conte Sergej Grigor’evič, che da Ischia partì per Mosca, lasciandoci all’este-ro per tutto l’anno seguente. Prima della sua par-tenza si decise che avremmo trascorso l’inverno seguente a Roma e questa fu per me una grande gioia.

*бине наивного чувства превзошел самого Ми-келанджело в его знаменитом Страшном Суде на задней стене Сикстинской капеллы. Этим оканчиваю свои воспоминания о пре-бывании на Искии. Мы должны были пересе-литься на соррентские берега, но уже без графа Сергея Григорьевича, который оставлял нас за границею на весь следующий год, уезжая с Искии в Москву. Перед его отъездом было ре-шено, что будущую зиму мы проведем в Риме. То-то была для меня великая радость.

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Capitale italiana della culturaIniziativa per valorizzare i Comuni

Il Governo ha proposto di selezio-nare la Capitale italiana della cul-tura per il 2016 e il 2017, iniziativa nata sull’onda dello straordinario successo del processo di selezione della Capitale europea della cultura 2019 (ricordiamo che la scelta è ca-duta su Matera). Entro il 31 marzo 2015 le città candidabili hanno do-vuto inviare una domanda corredata

da un primo dossier contenente il programma delle attività culturali. Entro il 30 aprile una giuria sele-zionerà un massimo di 10 progetti finalisti, che verranno chiamati a presentare un secondo, dettagliato e approfondito dossier di candidatu-ra entro il 30 giugno. Tra questi la giuria proporrà al Ministro dei beni e delle attività culturali due città

Capitali italiane della cultura rispet-tivamente per il 2016 e il 2017, che godranno ciascuna di un finanzia-mento fino a un milione di euro per la realizzazione delle attività. Nel 2015, in prima applicazione del provvedimento, il titolo è stato conferito ex aequo alle cinque finali-ste del bando per la capitale europea della cultura 2019 – Lecce, Siena, Cagliari, Perugia-Assisi e Ravenna – per non disperdere l’impegno profu-so nella candidatura.

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Una settimana tra sentieri, natura e pa-norami mozzafiato a picco sul mare. Sco-prire l’isola a piedi, secondo i ritmi lenti del viaggiare slow

Sette giorni di itinerari di trekking Il 18 maggio prenderanno il via sette giorni di itinerari di trekking alla scoperta dell’anima più auten-tica ed affascinante dell’isola d'I-schia, toccando pinete, eremi, bo-schi, baie e giardini, percorsi spes-so sconosciuti anche agli ischitani. Un prodotto per viaggiatori appas-sionati di ecoturismo che Ischia ha presentato alla Fiera Internazio-nale del Turismo ITB di Berlino, mostrando la sua offerta green al pubblico europeo e mondiale. Il tufo, vigneti, castagneti, fuma-role, specie rare di fiori e ancora sentieri a picco sul mare immersi nel verde: è un vero e proprio viag-gio emozionale quello di “Andar per sentieri”, la manifestazione turistico-ambientale che si terrà la prossima primavera a Ischia. A farsi promotrici della terza edizione della manifestazione sono 8 associazioni dell’isola: Pro Loco Panza, Cai Isola d’Ischia, Strade del vino e dei prodotti tipici, Asso-ciazione Nemo, Associazione amici di Piazza Maio, Epomeo in sella, Federalberghi Ischia e Associazio-ne PIDA-Premio Internazionale Ischia di Architettura insieme per sostenere una vera operazione di sistema, al fine di proporre nuovi prodotti per i viaggiatori, nel segno del turismo verde. “Andar per sentieri si propone di divenire un appuntamento fis-so della primavera ischitana – ha sottolineato il presidente della Pro

Loco Panza, portavoce delle as-sociazioni Leonardo Polito – con escursioni attraverso alcuni dei sentieri più interessanti e sugge-stivi dell’isola, alla riscoperta di paesaggi meno noti. Un appunta-mento all’insegna di natura, am-biente e convivialità”. Gli itinerari seguono percorsi che si snodano dai 4 ai 7 km, vere e proprie passeggiate tra storia, natura, cultura e curiosità, possi-bili grazie all’impegno del CAI, il Club Alpino Italiano, che metterà a disposizione le proprie guide per la “settimana verde” dell’isola che si concluderà con una grande festa tra i vigneti di Crateca il 24 mag-gio.“Il nostro impegno è quello di avvicinare le persone al territo-rio – spiega il reggente della sot-tosezione Cai di Ischia e Procida Francesco Mattera - conoscere il territorio per amarlo e, di conse-guenza, tutelarlo al meglio. Gli iti-nerari che realizzeremo, in colla-borazione con le altre associazio-

ni – prosegue Mattera - vogliono promuovere una visita e scoperta “sistemica” del territorio, valoriz-zando le relazioni che esistono tra elementi naturali, geologici, stori-ci e culturali”. Dello stesso avviso anche il pre-sidente di Federalberghi Ischia, Ermando Mennella. “Variegare e ampliare la nostra offerta turisti-ca è determinante per accrescere l’appeal dell’isola d’Ischia agli oc-chi del mondo. Questa manifesta-zione – sottolinea ancora Mennella – è cresciuta negli anni, divenendo anche attrattiva nei confronti del turista europeo, appassionato di natura e dei ritmi lenti del viag-giare slow. Sappiamo bene anche quanto stia maturando l’interesse per i viaggi legati all’enogastro-nomia e “Andar per sentieri” co-niuga perfettamente l’aspetto na-turalistico a quello del food, un bi-nomio che sosterremo insieme alle altre associazioni” (Ufficio stampa Pro Loco Panza). Bisogna ancora segnalare l’ini-ziativa Pulizia dei Sentieri : una vera e propria operazione di rete, nata con l’intento di rendere fru-ibili, puliti e decorosi alcuni dei percorsi più interessanti dell’isola, un’occasione non solo per pulire i sentieri dell’isola verde ma anche per conoscere e apprezzare gli an-goli più nascosti del territorio e go-dere di scorci mozzafiato tra natu-ra, terra e mare.

Il 17 maggio : Lacco Ameno in festa (Santa Restituta)

Storia e leggenda Rievocazione (1902) del Sac. Leonardo Piro (1871-1963), maestro

ed educatore di Lacco Ameno, medaglia d’oro della P. Istruzione

La storia di Santa Restituta ha tutte le seduzioni di una leggenda orientale. Nata verso il 260 a Ponizario, piccola città dell’Algeria (la Biserta Vecchia dei nostri giorni), sortì da natura un inge-gno pronto e vivace e un’indole soave e delicata che facilmente s’accendeva di entusiasmo innanzi alla visione delle cose nobili e grandi. Suo padre, che di-scendeva da ricca e patrizia famiglia ro-mana, stabilitasi in Africa ai primi tempi dell’impero, era un acerrimo nemico del nome cristiano, e non è a dire la rabbia cheloinvase,quandoseppechelafigliaaveva celatamente ricevuto il battesimo da S. Cipriano, vescovo di Cartagine. Benprestoperòimutaticostumidilei, divenuti più severi, ma anche più gentili e dignitosi, lo convinsero della nobiltà e della purezza di quella nuova religione ch’ei chiamava la religione de-glischiavi,e,senonapprovò,permisealmeno che ella frequentasse le occulte adunanze dove si celebravano i misteri della nuova credenza, che raccoglieva intorno a sé le giovinette del paese per iniziarle alla dottrina della Croce. Ascese ella così le soglie della gio-vinezza e a vent’anni la tradizione ce la dipinge alta e slanciata di persona, colvisodiunafinezzaaristocraticadalcontorno ovale, gli occhi vivaci, mobi-li, scintillanti, e una nube di malinconia sull’aperta fronte pensosa. La fama del-le sue virtù e della sua bellezza volava diboccainbocca,sorpassavaiconfinidella piccola città, giungeva sino alla lontana Cartagine, capoluogo della pro-vincia africana; e Proclino, il giovane proconsole venuto da Roma con ordini severissimi dell’imperatore Diocleziano d’estirpar da quelle terre la pianta del Cristianesimo, volle vederla. Ed ecco la fanciulla strappata dalle braccia materne e condotta innanzi ai tribunali. L’ora attesa con tante ansie era scoc-cata finalmente: la lotta invocata coipiù vivi gemiti del cuore, la lotta che le avrebbe messa sul capo verginale una corona di gloria imperitura incomincia-va; e la fronte dell’eroina, abitualmente

per elevarsi gigantesche sul corpo di Restituta, un’improvvisa folata di vento soffiònell’ariaall’intorno,equelfuocosi spense e un altro se ne accese terribi-le, divoratore, sulla barca dei manigoldi. Pochi momenti dopo, la navicella della martire gloriosa ondulava sulle acque libera e sola. Era il maggio del 284: sull’onde incre-spate da una leggiera brezzolina palpita-vano i primi bagliori dell’alba.

Così finiva laVergine di Ponizario,non vista da nessuno, perduta in mezzo allasconfinatasolitudinedelmare.Malontano lontano c’era stata una donna che aveva assistito in ispirito a quella scena. Nella sua casetta di Lacco Ame-no Lucina sognava. Sognava una grossa barca incendiata sprofondarsi nei gorghi del mare fra le grida strazianti di quei che perivano mentre, nella piccola nave per cui quel fuoco era stato inutilmente acceso, una vergine cristiana languiva d’amore e moriva sotto l’estuante ca-rezza del suo sposo celeste: ne vedeva l’anima bella pigliare il volo verso le sponde dell’eternità beata fra le armo-niose teorie degli angeli, e la navicella col sacro corpo che custodiva sfilareagileesnellasullasuperficiedelmare,come desiosa di giungere presto ad una riva stabilita. E quella riva già si dise-gnava nitida sull’orizzonte, già era vici-na che si vedeva biancheggiare al sole fra l’insenatura di due monti; ma era la riva della patria sua quella dove il sacro deposito si dirigeva. Oh! ella non s’in-gannava di certo: era appunto il breve seno di San Montano che si internava nella terra fra Monte Vico e Monte Zara. E nell’intensa contentezza dell’animo si desta di soprassalto. Corre al lido, si guarda intorno... la navicella era lì im-pigliata fra gli scogli, e la spiaggia are-nosa,finlàdovel’ondabacialariva,eratuttaunacandidafiorituradigigli.Allanuova di tanto prodigio, in poco d’ora il popolo del paesello si riversa sulla riva benedetta; e mentre, a quel sensi-bile alito di vita soprannaturale, nei radi cristiani si rinfocolava la fede e se ne ac-cendevano le prime faville nei numerosi pagani ancora ritrosi alla grazia, il santo corpodellaVergineafricana,infioratodigigli, veniva trasportato fra inni e cantici di gioia nella casa di Lucina e lì onorata-mente sepolto.

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pensosa, era diventata, serena, poiché una voce interna le diceva che il segreto voto dell’anima sua, così a lungo acca-rezzato, oramai cessava di essere sogno e diveniva realtà. Proclino che aveva pensato di vincere la fede della fanciulla con le lusinghe e con le minacce, quando se la vide innan-zisfolgorantedibellezza,siturbò.Sottole raffiche di una passione tumultuosache gli s’era accesa improvvisamente nel sangue alla vista di Restituta e gli sferzava con violenza indomabile anima e corpo, che gl’importava ora più di tut-ti gli dei dell’impero, nel cui nome era venutoadebellare ilDiodeicristiani?Più che giudice, egli si sentì uomo; e ve-dendosi incapace, dopo le ripulse della vergine, di giungere con la persuasione dove l’assillo di Venere lo sospingeva, cercò d’intimorirla con le minacce econchiuse: «Restituta, la scelta a te; o il mio amore e una vita felice, o il mio odio e una morte infame». E Restituta scelse la morte: a 12 anni s’era già vota-ta sposa a Gesù.Ladenudarono,laflagellarono,laso-spesero in alto pei capelli, le trapassaro-no i piedi con chiodi roventi, la distesero sull’eculeo,lascarnificaronoconuncinidi ferro. Ma le piaghe appena aperte im-mantinente si rinsaldavano, e la vittima non cedeva. Allora Proclino scrisse la sentenza di morte. Icarneficicorseroallariva,empiromouna navicella di stoppa, pece, bitume e altre materie resinose, vi legarono sopra la vergine invitta, salirono su altra nave e presero il largo, tirandosela dietro a rimorchio. In alto mare si fermarono; e, urlando e schiamazzando di gioia fe-roce,confiaccoleacceseinmanosalta-rono nella barchetta di Restituta, vi die-dero fuoco e fuggirono sulla loro nave, ripromettendosi il gradito spettacolo di una morte orribile e spasimante. La san-ta martire pregava tacitamente in attesa dell’ora suprema. Ma Gesù non permise che la mano dell’uomo riuscisse a colpi-re il santo corpo della sua sposa diletta. Mentrepareachelefiammestesserolì