ANNO X
numero 1
Gennaio-Febbraio 2015
distribuzione gratuita
DIOCESANAVita consacrata
VOCE DEL VESCOVO Un anno per
evangelizzare la pace
CULTURALE Un Generale per “Exodus”:
dei e re
bimestrale di informazione della Diocesi di Oria
MemOriaCULTURALE
MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
Sommario
MemOria
Memoria
Bimestrale di informazione della Dio-
cesi di Oria - Periodico di informazione
Religiosa
Direttore editoriale:
��Vincenzo Pisanello
Direttore Responsabile:
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Redazione:
Gianni Caliandro
Franco Candita
Alessandro Mayer
Francesco Sternativo
Pierdamiano Mazza
In copertina:
La Basilica Cattedrale di Oria imbianca-
ta dalla neve (30 dicembre 2014)
Sandro Dell’Aquila fotografo - Oria
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Progettipercomunicare
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n° 16 del 7.12.2006
ANNO X numero 1
Gennaio-Febbraio 2015
bimestrale di informazione della Diocesi di Oria
3VOCE del VESCOVOUn anno per evangelizzare la pace
5VOCE del PAPANon più schiavi, ma fratelli
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IN... VERSI... Pier Paolo Pasolini
PROSPETTIVE7Esorcizzare le paure del 2015
MemOria
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CULTURALE Un Generale per “Exodus: dei e re”
DIOCESANA10Dammi un po’ d’acqua da bere (Giovanni 4, 7)
12Svegliate il mondo16 Cronaca di una serata speciale18L’educazione alla fede
11 Tendere la mano per sollevare il fratello che incontriamo
Agenda pastorale del Vescovo,gennaio - febbraio 2015
PRO-MEMORIA24
facebook.com/memoria.diocesidioria
liturgia in pilloleliturgia in pillole15 Il ministero liturgico del lettore
catechesi in pillolecatechesi in pillole20Siamo tutti uguali?
newsnews14Gennaio - Febbraio
3
MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
Il S ignore a pre dina nzi a no i un n uovo a nno nel quale, siamone certi, non ci abbandonerà con la Sua grazia e la Sua misericordia. Cosa ci asp ettiamo da q uesto n uovo a nno? Quali attese a nimano il nostr o c uore? Quale desider io vogliamo esp rimere al S ignore? S embra facile rispondere: salute, lavoro, serenità di vita. Ed è giusto che la nostra p reghiera c hieda ciò c he ci s embra essenziale per la nostra vita. Ma r itengo necess ario c hiedersi, co me p ersone responsabili, cosa si aspetta il Signore da noi. Se Egli è disp osto a s oddisfare i nostr i b isogni p rimari, in cosa noi siamo disposti a im pegnarci per realizzare il Suo progetto di amore e di salvezza dell’umanità? Il Papa ci ha esortato a costruire la pace, riconoscendo la dignità di ogni al tro uomo e relazionandoci ”Non più s chiavi, m a f ratelli”. Egli sostiene che “Essendo l’uomo un essere relazionale, destinato a realizzarsi nel contesto di rapporti interpersonali i spirati a g iustizia e carità, è f ondamentale per il s uo sviluppo che siano riconosciute e r ispettate la s ua d ignità, l ibertà e autonomia” (M essaggio p er la G iornata M ondiale della pace 2015). Come cristiani abbiamo il dovere di denunciare tutte le forme di s chiavitù di c ui veniamo a co noscenza, per non ess ere conniventi e p er dare all ’umanità la speranza di un mondo migliore. Ma no n è suffi ciente la den uncia; b isogna evangelizzare il mo ndo, il nostr o mo ndo. I n
quest’ottica desidero r ichiamare, all ’inizio di q uesto nuovo a nno, i mo di e le f orme di e vangelizzazione che il Nuovo Testamento ci off re. Assumendoli come nostri e p raticandoli, p ossono di ventare la nostra risposta a Dio c he ci c hiede, co l n uovo a nno, di impegnarci per il Suo Regno.“Il tempo è c ompiuto e il r egno di Dio è v icino” (Mc 1, 15): co n q ueste pa role G esù ci o ff re un p rimo modo di e vangelizzare c he p ossiamo defi nire “evangelizzazione per p roclamazione”. Quest a proclamazione può avvenire in o ccasioni pubbliche ed a nche nel dialog o in terpersonale: r icordo il dialogo di G esù con la Sa maritana o co n i dis cepoli di Emmaus.Un s econdo mo do è “ l’evangelizzazione per convocazione”: “Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo fi glio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze” (Mt 22, 2-3a). Possiamo r ealizzare q uesto mo do di e vangelizzare quando chiamiamo le p ersone a v enire in Chies a o le invitiamo a pa rticolari momenti di a nnuncio del vangelo.Vi è, p oi, “ l’evangelizzazione per a ttrazione”: è l’esperienza della p rima comunità di G erusalemme. Non sono inviati dei missionari, ma la gente è attratta dall’annuncio e dalla vita di questa comunità che vive un nuovo stile.Un altro modo è “l’evangelizzazione per irradiazione”: “Perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria
� Vincenzo Pisanello
Un anno perUn anno perevangelizzare la paceevangelizzare la pace
VOCE del VESCOVO
VOCE del VESCOVO
al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5, 16). Ogni opera
buona evangelizza!
Vi è, ancora, “l’evangelizzazione per contagio”: come un
sorriso genera un altro sorriso, così vi è un contagio
senza parole. Gesù ha detto: “Sono
venuto a portare un fuoco sulla terra”
(Lc 12, 49). Ora, il fuoco si accende
con altro fuoco. San Pietro, nella
sua prima Lettera, spiega alle donne
cristiane, i cui mariti si rifi utano
di credere alla Parola, che possono
conquistarli attraverso la loro
condotta “casta e rispettosa” (cfr. 1Pt
3, 1ss). Fuoco accende fuoco.
Vi è, infi ne, “l’evangelizzazione per
lievitazione”: è il lievito messo nella
pasta che la fermenta tutta. “Il regno
dei cieli si può paragonare al lievito,
che una donna ha preso e impastato
con tre misure di farina perché tutta
si fermenti” (Mt 13, 33). Un esempio
di questa forma di evangelizzazione
sono le Confraternite: nei secoli
passati si occupavano soprattutto
di aiuto ai bisognosi. Poi sono
nate le associazioni di volontariato
che hanno affi ancato l’opera delle
Confraternite e, in alcuni casi, le
hanno sostituite. Quelle buone opere
hanno evangelizzato e sono lievitate
in altre opere.
Il mio augurio, per tutti i cristiani
della Santa Chiesa di Oria, è di evangelizzare, cioè
promulgare la buona notizia, con i fatti e con le
parole, cosicché, chiunque abbia buona volontà, possa
accoglierla ed approfondirla.
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MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
[…] Nel racconto delle origini della famiglia umana, il
peccato di allontanamento da Dio, dalla fi gura del padre
e dal fratello diventa un’espressione del rifi uto della
comunione e si traduce nella cultura dell’asservimento
(cfr Gen 9,25-27), con le conseguenze che ciò implica e
che si protraggono di generazione in generazione: rifi uto
dell’altro, maltrattamento delle persone, violazione della
dignità e dei diritti fondamentali, istituzionalizzazione di
diseguaglianze. Di qui, la necessità di una conversione
continua all’Alleanza, compiuta dall’oblazione di Cristo
sulla croce, fi duciosi che «dove abbondò il peccato,
sovrabbondò la grazia … per mezzo di Gesù Cristo»
(Rm 5,20.21). Egli, il Figlio amato (cfr Mt 3,17), è venuto
per rivelare l’amore del Padre per l’umanità. Chiunque
ascolta il Vangelo e risponde all’appello alla conversione
diventa per Gesù «fratello, sorella e madre» (Mt 12,50), e
pertanto fi glio adottivo di suo Padre (cfr Ef 1,5).
[…] Fin da tempi immemorabili, le diverse società
umane conoscono il fenomeno dell’asservimento
dell’uomo da parte dell’uomo. Ci sono state epoche
nella storia dell’umanità in cui l’istituto della schiavitù
era generalmente accettato e regolato dal diritto. Questo
stabiliva chi nasceva libero e chi, invece, nasceva schiavo,
nonché in quali condizioni la persona, nata libera, poteva
perdere la propria libertà, o riacquistarla. In altri termini,
il diritto stesso ammetteva che alcune persone potevano
o dovevano essere considerate proprietà di un’altra
persona, la quale poteva liberamente disporre di esse;
lo schiavo poteva essere venduto e comprato, ceduto e
acquistato come se fosse una merce.
Oggi, a seguito di un’evoluzione positiva della coscienza
dell’umanità, la schiavitù, reato di lesa umanità,4 è stata
formalmente abolita nel mondo. Il diritto di ogni persona
a non essere tenuta in stato di schiavitù o servitù è stato
riconosciuto nel diritto internazionale come norma
inderogabile.
Eppure, malgrado la comunità internazionale abbia
adottato numerosi accordi al fi ne di porre un termine
alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse
strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi
milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni
età – vengono private della libertà e costrette a vivere in
condizioni assimilabili a quelle della schiavitù.
[…] Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova
una concezione della persona umana che ammette la
possibilità di trattarla come un oggetto…Accanto a questa
causa ontologica – rifi uto dell’umanità nell’altro –, altre
cause concorrono a spiegare le forme contemporanee
di schiavitù. Tra queste, penso anzitutto alla povertà, al
sottosviluppo e all’esclusione, specialmente quando essi
si combinano con il mancato accesso all’educazione o
con una realtà caratterizzata da scarse, se non inesistenti,
opportunità di lavoro. Non di rado, le vittime di traffi co
e di asservimento sono persone che hanno cercato un
modo per uscire da una condizione di povertà estrema,
spesso credendo a false promesse di lavoro, e che invece
sono cadute nelle mani delle reti criminali che gestiscono
il traffi co di esseri umani. Queste reti utilizzano abilmente
le moderne tecnologie informatiche per adescare giovani
e giovanissimi in ogni parte del mondo.
Anche la corruzione di coloro che sono disposti a tutto
per arricchirsi va annoverata tra le cause della schiavitù.
Non più schiavi, ma fratelliNon più schiavi, ma fratelli
VOCE del PAPA
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MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
Infatti, l’asservimento ed il traffi co delle persone umane
richiedono una complicità che spesso passa attraverso
la corruzione degli intermediari, di alcuni membri delle
forze dell’ordine o di altri attori statali o di istituzioni
diverse, civili e militari.
[…] Desidero invitare ciascuno, nel proprio ruolo e
nelle proprie responsabilità particolari, a operare gesti
di fraternità nei confronti di coloro che sono tenuti in
stato di asservimento. Chiediamoci come noi, in quanto
comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati
quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a
che fare con persone che potrebbero essere vittime del
traffi co di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere
se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente
essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di
altre persone. Alcuni di noi, per indiff erenza, o perché
distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni
economiche, chiudono un occhio. Altri, invece,
scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle
associazioni della società civile o di compiere piccoli
gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come
rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un
sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare
speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona
che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita
nel confronto con questa realtà.
(dal Messaggio del Santo Padre Francesco per la 48esima
Giornata Mondiale della Pace, celebrata il 1° gennaio
2015)
VOCE del PAPA
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MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
PROSPETTIVE DI
Se le paure ci cambiano, loro
vincono e noi perdiamo; se
ci dividono e ci oppongono
l’uno all’altro, se off uscano
le nostre menti allora
siamo sconfi tti e perdenti
in partenza. Le penne e
le matite dei giornalisti
continuino a sfi dare i
kalashnikov, i negozi
kosher degli ebrei a restare
aperti, le scuole afgane ad
accogliere le ragazze, le
economie e le politiche a
servire il popolo; la società
a funzionare in tutte le
Istituzioni, solo allora il
terrorismo e il sincronismo delle azioni degli assassini,
come al tempo delle brigate rosse, produrranno sì vittime
(l’operaio G. Rossa, l’on. Aldo Moro) ma non vinceranno.
L’Italia ha vinto il terrorismo non la corruzione e
l’illegalità, che oggi s’ampliano sempre più e sgretolano
le Istituzioni. «Fino a quando, Signore, starai a guardare?
Libera la mia vita dalla violenza, dalle zanne dei leoni» (Sl
35,17). Il grido s’eleva dalla bocca di migliaia di profughi,
perseguitati e angosciati, di cristiani e di altre minoranze,
forzati ad emigrare o a convertirsi all’Islam nel califf ato di
Bagdad o nella Nigeria di Boko Haram. «Rachele piange
i suoi fi gli e non vuol essere consolata» (Ger 31,15); è
vero per migliaia di bimbi uccisi, (tra cui 132 ragazzi in
Pakistan; le 200 ragazze sequestrate, le bimbe kamikaze
in Nigeria). Guerre e fame ammutoliscono e paralizzano
governi e parlamenti col sonno della ragione; le paure
da esorcizzare si moltiplicano in questo 2015. Parigi in
corteo antiterrorismo ci sta bene, e dopo? Rabbia e paure
insorgono nei popoli per mille motivi e frustrazioni; e
se non si vuol essere terreno di coltura del terrorismo
bisogna cambiare e auto-obbligarci alla legalità, alla
coesione nazionale, alla solidarietà mondiale.
L’Europa ha deluso per il dibattito politico avvitato
su: Euro sì Euro no, stabilità sì o no, fi scal compact
più morbido, debito pubblico secondo parametri UE.
Alcuni partiti vogliono “cambiare l’Italia per cambiare
l’Europa”; altri vogliono uscire dall’UE e dall’Euro. La
Babele Europa include: defl azione, elezioni in Grecia, le
riforme costituzionali e legge elettorale e fi scale in Italia,
e il pericolo dei tagliagole dello Stato Islamico.
L’Italia è come il traghetto “Norman”: vi s’intreccia la
vigliaccheria di uomini che strattonano donne e bambini
per accaparrarsi le scialuppe con l’eroismo, la competenza
con le inadempienze strutturali e il sistema antincendio
mal funzionante; accoglienza immediata e ritardi
maledetti. Il microcosmo rifl ette il macrocosmo sociale,
economico, politico, religioso preda d’un incendio.
Le riforme rissosamente discusse dalle Camere fanno
gridare alla democrazia decapitata, alla prevaricazione.
Il “saccheggio a Roma” rivela l’evanescente legalità e le
complicità mafi ose. La politica sbandiera ripresa e stabilità
dietro l’angolo; pronta giustizia: i ladri pagheranno
(l’impunità off erta a chi froda sotto il 3% dell’imponibile
dove la mettiamo?). Schizofrenie psichiatriche: più
guadagni, più puoi impunemente frodare! Il sondaggio
Demos di dicembre evidenzia che i cittadini si sentono
soli, «si va radicando in loro l’assuefazione alla sfi ducia!
Nelle Istituzioni, negli altri, nel futuro. E in noi stessi.
Spinti a “dare per scontato” che le cose non possono
cambiare. L’incertezza appare una condanna» (I.
Diamanti). Lo Stato e la democrazia rappresentativa
ricevono fi ducia solo dal 15% degli Italiani, l’UE dal 27%!
Lavoro, Giustizia, Welfare sono ormai variabili sociali a
tutela molto discrezionali.
Il Pa pa nel discorso di purifi cazione e cambiamento
strutturale della Curia diagnostica 15 malattie, quali:
«l’accumulare, il divinizzare i capi (corteggiare i superiori,
sperando di ottenere la loro benevolenza; vittime del
carrierismo e dell’opportunismo), alzheimer dello spirito,
il sentirsi immortale (di chi non si autocritica, non si
aggiorna, non cerca di migliorarsi), la malattia della
rivalità e della vanagloria (se l’apparenza, i colori delle
Franco Candita
Esorcizzare le paure del 2015Esorcizzare le paure del 2015
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PROSPETTIVE DI
vesti e le insegne di onorifi cenza sono l’obiettivo primario
della vita); il profi tto degli esibizionisti: quando l’apostolo
trasforma il servizio in potere, il potere in merce per
ottenere profi tti mondani o più poteri. È la malattia delle
persone capaci di calunniare e di screditare gli altri,
naturalmente per dimostrarsi più capaci degli altri».
È urgente una svolta radicale nello Stato e nella Chiesa. Se
non ora, quando?
1) Se non ora, quando una PASTORALE essenziale?
«Quant’è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso»,
disse ai vescovi italiani (CEI) papa Francesco; e li esortò
ad «accompagnare con larghezza la crescita di una
corresponsabilità laicale; riconoscete spazi di pensiero, di
progettazione, di azione alle donne e ai giovani e riuscirete
a non attardarvi su una generica, dispersiva, ininfl uente
pastorale di conservazione, per assumere una pastorale
che faccia perno sull’essenziale; l’emergenza interpella la
responsabilità sociale di tutti. Nessuno volga altrove lo
sguardo».
2) Se non ora, quando le riforme in Italia e in Europa?
Viviamo «non tanto un’epoca di cambiamenti, ma un
cambio d’epoca, di cultura che alimenta la decadenza
morale, non solo in politica, ma nella vita fi nanziaria
e sociale» (papa Francesco). «Il diffi cile momento
economico sta sbaragliando l’unità europea a vantaggio
dell’orgogliosa prospettiva della nazione; i nemici dei
valori etici, morali sono giunti a istituzionalizzare la
propria ostilità e a istillare odio xenofobo, razzista o
antisemita e valori antiumanistici che accompagnano
progetti di società chiuse e nazioni omogenee» (M.
Wieviorka). Gli assassini dei giornalisti a Parigi vogliono
incarognire la società in una crociata tra civiltà o religioni.
Riteniamo inconfutabile la tesi che il mondo islamico
abbisogna delle grandi conquiste dell’Illuminismo. Ma
se il club delle democrazie deboli in Italia e in Europa
riduce sempre più il cittadino al rango di consumatore,
vittima dei depredatori fi nanziari, merce nel mercato dei
furbastri, allora dobbiamo gridare: NO a queste derive!
a) NO all’Italia e all’Europa dello scarto e delle
disuguaglianze; dopo due guerre mondiali esse poggiano
ancora «sul possesso di beni e ricchezze che si moltiplicano
attraverso il credito; chi non ha accesso a questo benessere
è costretto per poter vivere a indebitarsi. Il mercato, non
la società, decide chi vince e chi perde» (L. Napoleoni).
È questa la vera guerra mondiale scatenata da gruppi
economici che praticano una fi nanza selettiva, di stile
neonazista. Nella UE «le politiche restrittive accrescono
distanze e disuguaglianze e si rivelano l’ostacolo vero alla
creazione di un popolo europeo» (P. Pellizzetti). A questa
fi nanza, dice papa Bergoglio, «al centro della quale non ci
sono l’uomo e la donna, ma l’idolo denaro, diciamo NO!
Si scartano i bambini, gli anziani; non servono e quello
che non serve si scarta. Si scartano i giovani: pensiamo
ai giovani dai 25 anni in giù che sono “né-né”: né lavoro,
né studio»; (in Italia sono il 43,9%!).
b) NO all’Italia e all’Europa della “comoda indiff erenza”.
«La dignità d’ogni persona umana, il bene comune sono
questioni che dovrebbero strutturare tutta la politica
economica, ma a volte sembrano appendici aggiunte
dall’esterno a un discorso politico senza prospettive né
programmi di vero sviluppo integrale. Quante parole
sono diventate scomode per questo sistema! Dà fastidio
che si parli di etica, di solidarietà mondiale, che si parli di
distribuzione dei beni, di difendere i posti di lavoro, che
si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di
un Dio che esige un impegno per la giustizia. Di fronte a
queste questioni la comoda indiff erenza svuota la nostra
vita e le nostre parole di signifi cato» (Evangelii Gaudium
n. 203). E con audacia: «dai poveri si inizia a cambiare la
società. Essi sono (come Cristo) in qualche modo “pietra
d’angolo” per la costruzione della società. Oggi l’economia
speculativa li rende sempre più poveri, privandoli
dell’essenziale: la casa e il lavoro. È inaccettabile! Chi
vive la solidarietà non lo accetta e agisce. Questa parola –
solidarietà – tanti vogliono toglierla dal dizionario, a una
certa cultura sembra una parolaccia. No! È una parola
cristiana!».
c) NO all’Italia e all’Europa senza una strategia della
pace. A Betlemme, fu rivolto l’invito dal papa a M. Abbas
e a S. Peres ad elevare insieme «un’intensa preghiera
invocando da Dio il dono della pace. Off ro la mia casa per
ospitare questo incontro di preghiera». «Il valore politico
della preghiera è tutto qui: lasciare a Dio lo spazio per
agire, ed essere davvero coinvolti con quanto si domanda.
La preghiera permette di avere occhi per bucare la storia,
e leggere la storia con modalità diverse dagli altri, causa
prima dell’impegno politico» (G. La Pira). Considerare
la pace come dono e impegno è una strategia che porta a
gustare il buon pane della legalità, al vivere semplice, alla
pace liberata da tradizioni confl ittuali, da giustifi cazioni
nazionaliste, non compressa tra sospensioni e tregue. Una
pace vera include cittadini e stranieri, abbassa le difese
psicologiche erette per le ingiustizie e i torti ricevuti
da secoli; lenisce le soff erenze, si adopera a ché diritto
e giustizia s’alleino. Uno Stato giusto «fa di tutto perché
tutti gli uomini (siano) non più schiavi, ma fratelli»
(messaggio del Papa sulla pace).
3) La Pace necessita di un duplice ideale: a) Assumere la
scelta di Cristo; egli «ha fatto dei due (ebrei e pagani)
un popolo solo abbattendo il muro di separazione che
era frammezzo, l’inimicizia, per mezzo della sua carne»
(Ef. 2,14). L’incipit è a Betlemme, perché Natale è Cristo
che fronteggia l’angosciosa violenza Erodiana; è Logos
(Parola) che si libra sul caos sociale; è Zelo/Amore che
nega agli Ebrei il privilegio di credersi “l’unico popolo
di Dio”. E sul Calvario, Egli toglie ai pagani l’infamia
della lontananza da Dio, dichiarando: “Quando sarò
elevato da terra, attirerò Tutti a me” (Gv 12,32), perché
sono stati annullati i privilegi che distanziano il giudeo
dal greco, l’uomo dalla donna, il libero dallo schiavo
(Gal 3,28). Perciò una lettura “altra” della pace cozza con
l’ipocrita geopolitica di tanti Stati aderenti all’ONU, con
la debolezza culturale e politica europea.
b) L’appassionarsi e il compatire. «Si pensi all’attrattiva
del bello e del buono: sport e musica, arte e lavoro, amore
verso la polis che si esprime nella politica. Possiamo
collocare in questo ambito le diverse scelte di volontariato,
i gesti di solidarietà, l’impegno per la giustizia, la lotta
per i diritti umani, per la salvaguardia del creato, la
scelta di stili di vita sobri e solidali. Questo è il terreno
dell’amore vissuto non più come reciprocità aff ettiva, ma
come cura per la vita. Passioni e compassioni sono un
potenziale luogo di rivelazione e di svelamento di un
Dio che si è fatto uomo. In Gesù, Dio si è rivelato il Dio
del Bello e del Buono; con il suo Spirito continua nella
storia a impegnarsi per rendere bello e buono il mondo»
(Incontriamo Gesù - Orientamenti per l’annuncio e la
catechesi in Italia, doc. CEI 2014, n. 40).
Tutto ciò bisogna saperlo tradurre in chiare e popolari
proposte e strategie politiche, in sistemi economici,
in processi culturali per dare spessore e sicurezza alla
Vita. Infatti, salvezza (dimensione religiosa) e felicità
(dimensione politica e individuale) riguardano tutti
nell’anno del Signore 2015!
PROSPETTIVE DI
10
MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
La proposta di preghiera e di rifl essione che in questa Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ci arriva dal Brasile e ci porta quest’anno a sederci tutti attorno al pozzo di Giacobbe: forse aff aticati per il viaggio, come Gesù, forse incuriositi, turbati, ma anche aperti alla conoscenza di quell’uomo capace di un discorso chiaro e profondo, così come succede alla donna di Samaria. Gesù, seduto presso il pozzo, aff aticato per il viaggio. Quanto spesso anche noi sediamo aff aticati, nei nostri circoli, nelle nostre accademie, nelle chiese o nelle piazze dove si sviluppa la nostra quotidianità; quanto spesso anche a noi sembra di non avere più quella forza necessaria per il cammino, forse nemmeno il desiderio di camminare, la spinta propulsiva capace di rimettere in moto. Il cammino della fede e in particolare il cammino verso l’unità dei credenti in Cristo a volte dà l’impressione di essere quasi bloccato, o quanto meno aff aticato per un viaggio che certamente gli ha fatto conoscere delle tappe importanti, ma che ora sembra rallentato, assopito. Al punto che quella richiesta del Signore, “dammi da bere”, può diventare l’espressione della sete di ciascuno di noi: sete di senso, sete di novità, di gesti signifi cativi, di incoraggiamento, sete di vedere ostacoli che si allontanano e traguardi che si avvicinano. È una sete profonda, capace di interrogare quotidianamente quanti si appassionano per l’ecumenismo; quella stessa sete poi che sono costretti a condividere tanti fratelli che, loro malgrado, vivono sulla propria pelle il dramma del contrasto, della discriminazione razziale o religiosa, della divisione, della guerra…“Dammi da bere”: a chiedere dell’acqua è il Signore stesso; è il Figlio di Dio fatto Uomo; è Colui che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere, Colui per mezzo del quale tutte le cose sono state create, Colui che non ha né inizio né fi ne, Egli chiede da bere alla donna di Samaria, a me, a te, a ciascuno di noi! È Dio che si fa Uomo fi no in fondo, al punto da far sua la nostra sete, al punto da condividere quella sete di certezze che è tipica dell’esistenza di ognuno di noi. Cosa signifi ca questo? Signifi ca che sul cammino dell’unità non siamo soli; signifi ca che il desiderio di
intravvedere il traguardo di una comunione sempre più piena non è un desiderio solo nostro o di chi si spende per l’ecumenismo e il dialogo tra i discepoli del Maestro; no, è il Maestro stesso che condivide questo cammino, è Egli stesso che lavora, spinge, incoraggia, prega affi nché questo traguardo si avvicini. E l’acqua che Gesù chiede a noi è l’acqua della nostra fi ducia.Ecco il grande valore allora di una Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: quello di unire le voci per chiedere insieme il “dono di Dio”. Ed è quanto mai signifi cativo e bello, appunto, il farlo insieme. Lo sappiamo e lo crediamo: la forza di una preghiera fatta insieme è analoga a quella delle molte pietre che costituiscono un unico muro: si tengono insieme l’una con l’altra, si consolidano, non lasciano spazio a fratture e mantengono salda tutta la costruzione. Così è la preghiera che unisce tradizioni, abitudini, lingue diverse: molte “pietre” che costruiscono un unico “muro”, molte voci che condividono un unico ritmo di preghiera.E così, forse senza nemmeno accorgercene, pregare insieme ci permette di anticipare quella stessa unità che insieme chiediamo. Ecco il “dono di Dio” che Gesù vorrebbe off rire alla Samaritana e, attraverso di lei, a ciascuno di noi: il dono di essere una cosa sola, realisticamente anticipato nei molti toni di voce di una preghiera unica. Unità non ancora realizzata e allo stesso tempo già sperimentabile: non con l’illusione di un traguardo raggiunto, ma con la spinta propulsiva di una partenza sempre nuova, per un cammino sempre possibile. Possa allora il Signore benedire tutti i gesti di comunione di cui si fanno costruttori i nostri pastori in via uffi ciale e tanti nostri fedeli nella ferialità dell’esistenza. L’unico nostro Maestro ci conceda di confermare il cammino comune verso la pienezza dell’unità; il Figlio unigenito dell’Onnipotente ci doni di dissetarci dell’acqua che lui stesso ci dà: acqua di verità, che possa purifi care gli occhi del nostro cuore e renderli più capaci di intravvedere i segni di comunione che abbelliscono il nostro cammino, lo raff orzano e lo guidano verso una unità sempre più concreta.
Dammi un po’ d’acquaDammi un po’ d’acquada bere da bere (Giovanni 4, 7)(Giovanni 4, 7)
DIOCESANA
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
11
MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
DIOCESANA
Carissimi ammalati tutti, associazioni, movimenti, gruppi che operate nel servizio di chi ha diffi coltà nel poter donare amore, e noi che dovremmo essere le loro gambe, le loro mani, i loro occhi, i piedi per lo zoppo, come dice papa Francesco nel messaggio per la giornata mondiale del malato 2015; tutto questo è incentrato sulla sapientia cordis, questa sapienza che non e una conoscenza teorica,
astratta, frutto di ragionamenti. Sapienza del cuore è servire il fratello, è stare con il fratello, è uscire da sé verso il fratello, ed essere solidali col fratello senza giudicarlo.Dopo quello che papa Francesco ci indica come strada evangelica da seguire, possiamo solo aggiungere la nostra fatica di amare, di donare, di ascoltare, di tendere la mano per sollevare il fratello che incontriamo e che Dio pone
sulla nostra strada. Si racconta che nei paesi arabi un inglese andando in guerra in quelle zone, si smarrì in un deserto e dopo giorni si svegliò, stanco, assetato e aff amato. Vicino a lui trovò un uomo che lo aiutò, lo dissetò, e lo adagiò sul suo cammello. Dopo varie peripezie, nelle quali l’amico era sempre presente, l’inglese gli chiese: «Perché sei sempre con me?», gli rispose l’Arabo: «Perché Allah ti ha messo sulla mia strada».E noi cristiani stiamo perdendo il senso della vita, il sale della Parola che dà sapore, la comunione che ci unisce senza nulla chiedere o pretendere, ma solo amare senza misura.Ogni anno la Chiesa ci propone una pista che vuole essere un aiuto pratico, semplice, esplicito, che passa nell’Eucarestia, nella Parola, nelle opere di carità.Tutti dobbiamo impegnarci ad essere immagine e somiglianza di Dio, portando agli altri quello che abbiamo ricevuto, cioè l’Amore.“Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,9-17).
*Direttore Uffi cio della Pastorale della Salute
Michele Elia*
Tendere la mano per Tendere la mano per sollevare il fratello che sollevare il fratello che incontriamoincontriamo
AVVI
SO SA
CRO
Conferenza Episcopale ItalianaUfficio Nazionale per la pastorale della salute
Duomo di Monreale, mosaico
“Gesù dona la vista ad un cieco”
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MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
È già in corso la celebrazione dell’Anno della Vita
consacrata, evento voluto espressamente da papa
Francesco; ha avuto inizio il 30 novembre 2014 e
terminerà il 2 febbraio 2016.
Nella Chiesa cattolica, per vita consacrata si intende
quella forma di vita con la quale i fedeli, chierici o laici,
uomini o donne, si consacrano in modo speciale a Dio
attraverso la professione – mediante voto pubblico –
dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza.
Lo stato di vita consacrata è costituito, quindi,
essenzialmente dalla pubblica professione dei consigli
evangelici, non dall’azione apostolica né dalla vita
comune.
Per cui all’interno della vita consacrata trovano posto
gli Istituti dediti totalmente alla contemplazione, la
vita religiosa apostolica, gli Istituti secolari, l’Ordine
delle vergini.
L’anno della Vita consacrata vuol celebrare i 50
anni dal Concilio Vaticano II e in particolare dalla
promulgazione della costituzione dogmatica sulla
Chiesa Lumen gentium (21 novembre 1964) e del
decreto Perfectae caritatis sul rinnovamento della vita
consacrata (28 ottobre 1965).
La vita consacrata deve molto al Vaticano II perché si è
vista inserita a pieno titolo all’interno dell’ordinamento
della Chiesa nella costituzione dogmatica Lumen
gentium. Nel cap. VI della Lumen gentium, trattando
appunto dei religiosi, si sottolinea che la Chiesa si
regge non solo con i ministeri ma anche con i carismi.
Il decreto Perfectae caritatis, poi, è una pietra miliare
nell’auspicato rinnovamento della vita religiosa già in
atto per interessamento dei papi precedenti.
Gli obiettivi che si propone l’Anno della Vita consacrata
sono stati esplicitati dal cardinale Joao Braz de Aviz,
prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita attiva:
-fare memoria del Concilio;
- abbracciare il futuro con speranza per essere“uomini
e donne di speranza; una speranza che non si basa sui
nostri carri e cavalli, cioè sulle nostre forze, sui nostri
numeri, ma su Colui nel quale abbiamo riposto la nostra
fi ducia”;
- vivere il presente con passione, perché questo “dà
bellezza alla vita di tanti uomini e donne che professano
i consigli evangelici e seguono più da vicino Cristo in
questo stato di vita”.
Ma anche il Papa ha delle aspettative: “La Chiesa deve
essere attrattiva. Svegliate il mondo! Siate testimoni di
un modo diverso di fare, di agire, di vivere! È possibile
vivere diversamente in questo mondo”. E poi, “I religiosi
devono essere uomini e donne capaci di svegliare il
mondo” .
Si tratta di una sollecitazione e di un mandato autorevole
e stimolante. Non c’è da cullarsi sugli allori di un
glorioso passato come lo è quello della vita consacrata
nella Chiesa. La vita e la testimonianza di tanti santi
e sante, fondatori e non, di tanti uomini e donne
comuni che nella fedeltà alla propria vocazione e nel
servizio operoso e generoso alla comunità ecclesiale
hanno lasciato un nobile esempio e una lezione di vita
Cosimo Pro*
Svegliate il mondoSvegliate il mondoIl senso di un anno dedicato alla Vita consacrata
DIOCESANA
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MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
costituisce un patrimonio per la vita consacrata e per
tutta la Chiesa. E questo patrimonio deve scuotere noi,
consacrati e consacrate di oggi, a continuare lo stesso
percorso nella Chiesa e nel mondo, fedeli a Dio e fedeli
all’uomo contemporaneo.
Altra aspettativa del Papa è la relazione degli istituti
di vita consacrata tra di loro e con la Chiesa locale.
“I carismi dei vari Istituti vanno rispettati e promossi
perché c’è bisogno di essi nelle diocesi”. Chiara nel
merito l’aff ermazione contenuta in Lumen gentium:
“Lo stato di vita costituito dalla professione dei consigli
evangelici, pur non concernendo la struttura gerarchia
della Chiesa, appartiene tuttavia inseparabilmente alla
sua vita e alla sua santità” (n. 44).
Papa Francesco, riferendosi alla sua esperienza di
religioso (gesuita) e di vescovo, sottolinea i limiti
presenti nel comportamento dei vescovi e dei religiosi;
poi aggiunge: “Noi vescovi dobbiamo capire che le
persone consacrate non sono materiale di aiuto, ma sono
carismi che arricchiscono le diocesi”, come a dire che la
vita consacrata, come del resto ogni carisma, vale non
per quello che opera ma per come è vissuto e proposto.
L’Anno della Vita consacrata può essere un’occasione
propizia, un kairòs per tutti, consacrati e Popolo di
Dio presenti in diocesi. I consacrati riscoprano la loro
identità e ruolo nella Chiesa locale; il Popolo di Dio
accolga la ricchezza di questa presenza che contribuisce
a rendere bella la Sposa di Cristo che è la Chiesa.
Per rinsaldare la presenza della vita consacrata nella
nostra Chiesa locale di Oria vivremo insieme due
momenti di rifl essione che saranno richiamati a tempo
debito. Intanto fi n da ora si rivolge l’invito a celebrare
tutti insieme l’annuale Giornata della vita consacrata,
il 2 febbraio, con la presenza del Vescovo nella Basilica
Cattedrale di Oria.
*Direttore dell’Uffi cio diocesano per la Vita consacrata
DIOCESANA
IIº Cammino diocesanoIIº Cammino diocesano
delle Confraternitedelle Confraternite
OrdinazioniOrdinazioni
giugno/agosto 2014
sabato 29 novembre 2014
settembre/dicembre 2014
Le confraternite del-la Diocesi di Oria hanno vissuto nello scorso anno 2014 il loro II cammino. Il 9 giugno nella chiesa di Santa Chiara a Fran-cavilla Fontana si è tenuto il convegno sul
tema “Le confraternite nel tessuto socioculturale”, alla presenza del vescovo Vincenzo Pisanello. Il 30 agosto, festa di San Barsanofi o, le confraternite della diocesi hanno partecipato ai festeggiamenti che si tengono a Oria, prendendo parte alla santa Messa pontifi cale e alla processione.
L’Uffi cio diocesa-no per la pastorale scolastica e per gli insegnanti di religio-ne cattolica, nell’am-bito delle attività di aggiornamento del corpo docente, ha organizzato lo scorso
29 novembre un incontro di formazione che ha visto quale relatore il prof. Toni Fidalgo (Pontifi -cia Accademia Alfonsiana). Fidalgo è intervenuto sul tema “L’educazione alla fede, nella prospettiva teologica dello sviluppo della coscienza e della crescita culturale nel periodo della formazione scolastica”.
La nostra Chiesa di Oria nei mesi scorsi ha vissuto la gioia di ben cinque ordinazio-ni: il 6 settembre nella Cattedrale il vescovo Pisanello ha conferito l’Ordine sacro del presbiterato a don Fe-
derico Vincenti di Francavilla Fontana; nello stes-so giorno è stato ordinato diacono don Pasquale Dellomonaco di Oria. Il 18 dicembre, sempre nella Cattedrale, il nostro Vescovo ha ordinato diaconi don Giuseppe Prisciano di Avetrana, Ivan Cavalie-re di Latiano e Leonardo Dadamo di Manduria.
Formazione IRCFormazione IRC
lunedì 22 dicembre 2014
Latiano: nuova chiesaLatiano: nuova chiesa
di San Giuseppe Lavoratoredi San Giuseppe Lavoratore
Il 22 dicembre il Ve-scovo ha dedicato la nuova chiesa di San Giuseppe Lavora-tore in Latiano, alla presenza del parroco don Antonio Carroz-zo, della comunità parrocchiale e citta-
dina. La prima pietra della nuova chiesa era stata posata nel giugno 2012. Nell’omelia il Vescovo ha aff ermato: «Questa casa di Dio tra le nostre case diventa la casa di tutti e di ciascuno, dove nessuno si sente estraneo o forestiero. Dove chi ha impara a condividere e chi non ha impara ad accogliere».
VI seminario di VI seminario di
pastorale familiarepastorale familiare
Festa dei fidanzatiFesta dei fidanzati
gennaio/maggio 2015
anno pastorale 2014-2015
giovedì 29 gennaio 2015
venerdì 30 e sabato 31 gennaio 2015
Anche quest’anno l’Uffi cio per la Pasto-rale della Famiglia off re appuntamenti di formazione. Il pri-mo incontro si terrà il 21 gennaio alle 19.00 nel Santuario di San Cosimo alla
Macchia: Giuseppe e Lucia Petracca Ciaravella interverranno in merito al III Sinodo straordina-rio dei Vescovi sulla famiglia. Il 31 gennaio alle ore 19.30 nella Chiesa Madre di Erchie il biologo Domenico Colapinto e l’oncologo Giuseppe Surace interverranno sul tema “Solidali per la vita” in oc-casione della Giornata per la Vita.
Dallo scorso novem-bre sono ripresi gli appuntamenti della scuola di preghiera promossa dall’Uffi -cio per la Pastorale giovanile. Gli appun-tamenti di preghiera, guidati dal Vescovo,
si tengono il secondo venerdì di ogni mese nel Santuario di San Cosimo alla Macchia in Oria, con inizio alle ore 20.00. Ciascun incontro ha per pro-tagonista personaggi chiave della fede: i prossimi saranno Andrea e Giovanni, Maria e Tommaso, Pietro. Prossime tappe: 13 febbraio, 10 aprile e 8 maggio.
L’Uffi cio per la Pa-storale della Famiglia organizza la Festa dei Fidanzati, per coloro che si preparano al sacramento del ma-trimonio, giovedì 29 gennaio alle ore 19.30 nel Santuario di San
Cosimo alla Macchia a Oria. Il Vescovo ha così invitato i fi danzati: «Desideriamo unirci anche noi per essere partecipi della vostra gioia e lo facciamo off rendovi un’occasione di ulteriore rifl essione per la crescita del vostro amore e per fare festa con un momento di condivisione fraterna».
newsnews
Convegno Caritas Convegno Caritas
parrocchialiparrocchiali
Scuola di preghiera per i Scuola di preghiera per i
giovanigiovani
La Caritas diocesana di Oria promuove il Convegno delle Cari-tas parrocchiali che si terrà il 30 e il 31 gen-naio, dalle 16.00 alle 19.00, nel Seminario vescovile “San Carlo Borromeo” di Oria.
Nel primo giorno, alla presenza del Vescovo, sono previste attività formative sulla missione Caritas con focus su particolari progetti mentre il secondo giorno sarà dedicato a laboratori e condivisione di esperienze in vista della riqualifi cazione della pro-posta formativa.
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MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
Che emozione e quanta trepidazione! Questi sono i sen-
timenti che mi pervadono quando alle ore 17,00 dello
scorso 7 dicembre mi accingo a salire con i miei amici di
AC parrocchiale sul pullman che ci porterà al Santuario
della Madonna di Cotrino a Latiano. È la Festa del tes-
seramento 2014/15 diocesana, ci sarà il Vescovo e tutti
gli assistenti, insomma un momento importante, anche
per testare la capacità organizzativa di AC diocesana. È
per me neofi ta presidente una scommessa che ho voluto
fortemente, insieme a tutto il Consiglio. Mi batte forte
il cuore, quando entriamo nel piazzale del Santuario…
avranno risposto le socie e i soci al nostro appello? Tutti
mi dicevano: “la vigilia dell’Immacolata, tutti sono im-
pegnati nelle proprie parrocchie e con le proprie fami-
glie…” insomma si annunciava un fl op!!!
Vedo qualche persona sull’ingresso della chiesa… il ti-
more aumenta; poi entro e… tutta l’aula liturgica e già
gremita di tantissime amiche e tantissimi amici, molti si
avvicinano, mi salutano, vedo volti felici, sereni, gioio-
si. Arriva il Vescovo come al solito senza clamori, con la
sua Panda, fratello tra i fratelli, corro ad abbracciarlo, mi
sorride!
Ancora non mi rendo conto bene di quello che sta suc-
cedendo, fi nche la segretaria diocesana, la cara Mimma,
non si avvicina e mi dice: “siamo in tantissimi!”. È vero,
AC della nostra Diocesi ha ancora una volta risposto con
generosità e gioia alla chiamata del Signore, ne contiamo
a centinaia e quando inizia la celebrazione, l’emozione è
palpabile in tutti, anche in chi come me per tanti anni ha
vissuto manifestazioni pubbliche di massa, perché qui è
diverso. A muovere tutta questa gente non è la rivendi-
cazione di diritti, la soff erenza, la rabbia; a muovere tutti
costoro di domenica sera, vigilia dell’Immacolata, è un
solo sentimento: l’amore! L’amore di Dio e per Gesù, l’a-
more per Azione Cattolica e l’amore per i fratelli e le so-
relle, la gioia di trascorre insieme alcune ore e prendersi
cura gli uni degli altri!
Tanti sono i momenti felici di questa serata, ma due ri-
marranno indelebili nei miei ricordi. Il momento della
consegna delle tessere ai presidenti parrocchiali, tutti
insieme intorno all’altare uno vicino all’altro, commos-
si e fi eri di rappresentare tante persone, giovani, ragaz-
zi, accomunati dall’amore per Dio! E ancora quando tre
rappresentanti dei settori hanno reso testimonianza della
loro Azione Cattolica, che era un po’ quella di tutti. Tutta-
via il momento più toccante è stato sicuramente quando
il nostro Vescovo, il buon pastore che Gesù ci ha donato,
con semplicità, gioia e amore, ha indossato la felpa dei
giovani di AC e ha voluto ricevere la tessera di Acierri-
no! Grazie Vincenzo, vescovo di Oria, Azione Cattolica ti
vuole bene e sta cercando con ogni sua modesta risorsa
di crescere e di formarsi secondo il Tuo magistero, per
servire il Signore con tutti i limiti e le fragilità che fanno
parte della nostra esistenza.
La manifestazione si sta concludendo, tutti sciamano fe-
lici e sereni, verso i gazebo che i nostri volontari hanno
allestito per distribuire pettole e castagne. Io fi nalmente
posso sedermi, solo, in Chiesa. Guardo il Tabernacolo e
ripenso ai miei dubbi, le preoccupazioni, le insicurezze.
Mi ronza una frase in mente “se aveste fede quanto un
granello di senape, potreste dire a questo gelso: sradicati e
vai a piantarti nel mare!” (Luca 17,5-10).
Grazie Signore e grazie Maria Immacolata, per l’ennesi-
ma lezione che mi avete impartito!
*Presidente diocesano dell’Azione Cattolica
Corradino De Pascalis*
Cronaca di una Cronaca di unaserata specialeserata specialeFesta del Tesseramento 2014/15 - 7 dicembre 2014
DIOCESANA
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MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
A cinquant’anni dalla riforma liturgica si è percorso un lungo cammino, ma occorre continuare ad attingere a quella grande ricchezza che il Concilio consegnato nelle nostre mani.I ministranti, i lettori, i commentatori, i membri della schola cantorum svolgono un ministero liturgico importante che deve essere compiuto con “sincera pietà” e con il “buon ordine” che il popolo di Dio esige. È, dunque, importante che le persone coinvolte in questi ministeri siano formate allo spirito liturgico e ad adempiere con ordine e secondo le norme stabilite il loro servizio2..
Qu ello del Lettorato è uno dei ministeri laicali istituiti ed è un ministero di fatto, che molti laici esercitano pur non avendo avuto il mandato uffi ciale da parte del Vescovo.Alcuni svolgono questo ministero ordinariamente, altri in modo occasionale o di rado; è il caso, ad esempio, di chi è invitato a leggere le letture nella circostanza della celebrazione del matrimonio di amici o in altri momenti celebrativi. Cosa deve sapere il lettore?
“Quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo.Per questo tutti devono ascoltare con venerazione le letture della parola di Dio, che costituiscono un elemento importantissimo della Liturgia” (cf. OGMR, 29). Il lettore, dunque, svolgendo il suo servizio (= ministero), presta la propria voce a Dio stesso che parla al suo popolo. Basterebbe prendere coscienza di questo per accostarsi al ministero con “sincera pietà”. Ogni assemblea, che partecipa in maniera attiva alla celebrazione, sa che deve aprire l’orecchio, l’intelligenza, il cuore all’ascolto di Dio che parla alla sua vita. La Parola eterna entra nella storia concreta di quella Assemblea e di ogni suo membro. Il lettore deve
essere il “facilitatore” di questo incontro tra Dio e l’uomo. Come deve essere proclamata la Parola di Dio?
Nella celebrazione della Messa con il popolo, le letture si proclamano sempre dall’ambone (cf. OGMR, 58).È importante che il lettore assuma una posizione ritta, in atteggiamento di annuncio nei confronti dell’assemblea; non può essere ripiegato sul testo e dare l’impressione che stia leggendo per se stesso.I testi devono essere proclamati a voce alta e chiara e il modo di proclamare deve corrispondere al genere del testo. Le letture possono essere racconti storici, brani poetici, esortazioni; ad ogni genere deve corrispondere la giusta intonazione delle voce (cf OGMR, 38).Dopo le singole letture il lettore pronuncia l’acclamazione e il popolo riunito con la sua risposta rende onore alla parola di Dio, accolta con fede e con animo grato (cf. OGMR, 59). La giusta preparazione
Non si può improvvisare questo ministero! È opportuno che in ogni Parrocchia o chiesa dove si celebra la S. Messa ci siano uno o più incaricati per affi dare le letture.Le letture devono essere affi date – per quanto possibile – qualche giorno prima e devono essere indicati i testi in modo che il lettore comprenda il senso e il genere del testo che proclamerà.Si faccia sempre molta attenzione agli accenti delle parole. In questo possono essere un valido aiuto gli ormai noti foglietti settimanali.Il lettore conosca lo “strumento” principale del suo ministero: il lezionario.Il lettore, giunto in chiesa, controllerà che il lezionario sia stato preparato e aperto alla pagina giusta.Le letture devono sempre essere proclamate dal lezionario.
Questa breve esortazione vuol essere un invito alla formazione personale e comunitaria dei fedeli che sono chiamati a svolgere questo prezioso ministero. Si possono trovare nelle nostre librerie numerosi testi utili per approfondire l’argomento.
*Direttore Uffi cio Liturgici diocesano
Salvatore Rubino*
Il ministero liturgico Il ministero liturgicodel lettoredel lettore
1 SC 29 “Anche i ministranti, i lettori, i commentatori e i membri della «schola cantorum» svolgono un vero ministero liturgico. Essi perciò esercitino il proprio uffi cio con quella sincera pietà e con quel buon ordine che conviene a un così grande ministero e che il popolo di Dio esige giustamente da essi. Bisogna dunque che tali persone siano educate con cura, ognuna secondo la propria condizione, allo spirito liturgico, e siano formate a svolgere la propria parte secondo le norme stabilite e con ordine”.
IN PILLOLE
liturgialiturgia
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MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
L’educazione alla fede, nella prospettiva teologica dello
sviluppo della coscienza e della crescita culturale nel
periodo della formazione scolastica (conferenza del
prof. T.Fidalgo della Pontifi cia Accademia Alfonsiana
per i Docenti di Religione )
1) Dalla prospettiva ‘di papa Francesco’
2) Nella prospettiva della crescita interculturale nel pe-
riodo della formazione scolastica
3) Attraverso la prospettiva teologica dello sviluppo
della coscienza
4) Verso un’educazione integrale alla e nella fede
1) Dalla prospettiva ‘di papa Francesco’
1.1 Quali sono le sfi de e attese del nostro presente?
1.2 Prospettiva ‘di papa Francesco’
Per una questione di sintesi prediamo un suo Discorso
ai Catechisti [Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al
Congresso Internazionale sulla catechesi, Aula
Paolo VI, Venerdì 27 settembre 2013], nel quale ci sembra
di trovare in sintesi una bella proposta da seguire come
chiave di vita e di lettura all’ora di educare alla e nella fede.
- Ripartire da Cristo
- Proseguire Cristo nell’uscire da sé e andare incontro
all’altro
- Andare con Cristo alle periferie
2) Nella prospettiva della crescita interculturale nel pe-
riodo della formazione scolastica
Il nostro Titolo parla di «crescita culturale» ma noi ab-
biamo preferito di parlare di «inter-culturale» (…)Si può
dire che educare è coltivare, cioè, seminare, far crescere
e raccogliere i frutti, in forma di un’esistenza concreta,
un intreccio socio-culturale [Congregazione per l’E-
ducazione Cattolica(degli Istituti di Studi), Educare
al Dialogo Interculturale nella Scuola Cattolica, Vivere in-
sieme per una civiltà dell’amore, Roma 2013].
- Rapporto cultura e religione
- Rapporto religione cattolica altre religioni
Il fondamento teologico lo dà l’antropologia cristiana che
assume la persona non come individuo isolato ma come
essere relazionale, il cui origine sta nel mistero dell’essere
a immagine somiglianza del Dio Trinitario, comunione
di persone. Così le cose, questo tipo di approccio ci porta
ad aff ermare la necessità di dare «voce e concretezza a
un’educazione veramente personalistica sulla scia della
cultura e tradizione umanistico - cristiana: nuovo slancio
e nuova cittadinanza alla persona come ‘persona-comu-
nione’».Questo tipo di educazione fa appello a «rimettere
al centro quella ‘priorità di valore’ che è prima di tutto
testimonianza e coerenza, dono di sé, capacità di chiede-
re e di dare perdono, non per esibizionismo o falso mo-
ralismo, ma ‘per amore’, per contribuire allo sviluppo del
mondo» (n. 54; grassetto nostro).Dentro di questa visio-
ne il ruolo degli insegnati, con la loro funzione educativa,
non è meno importante, così il Documento aff erma che:
«La funzione educativa si manifesta nell’accompagnare i
giovani a capire il loro tempo e a fornire una convincente
ipotesi per il loro progetto di vita. Poiché la dimensio-
ne della multiculturalità e del pluralismo è tratto carat-
terizzante del nostro tempo, si richiede all’insegnante la
capacità di fornire agli studenti gli strumenti culturali
necessari per orientarsi e, ancora di più, di far loro spe-
rimentare nella quotidianità della vita dell’aula la pratica
dell’ascolto, del rispetto, del dialogo, del valore della di-
versità» (n. 83).
3) Attraverso la prospettiva teologica dello sviluppo
della coscienza
3.1 Realtà della coscienza e il suo sviluppo
Concilio Vaticano II, nella sua Costituzione pastorale
L’educazione alla fedeL’educazione alla fede
DIOCESANA
Estratto dalla conferenza tenuta da Tony Fidalgo, 29 novembre 2014
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MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
Gaudium et Spes (n. 16):
«La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’es-
sere umano, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuo-
na nell’intimità. Tramite la coscienza si fa conoscere in
modo mirabile quella legge che trova il suo compimento
nell’amore di Dio e del prossimo. Nella fedeltà alla co-
scienza i cristiani si uniscono agli altri esseri umani per
cercare la verità e per risolvere secondo verità numero-
si problemi morali, che sorgono tanto nella vita privata
quanto in quella sociale».
Lo sviluppo della coscienza ha da vedere con un proces-
so di formazione, su questo ne parleremo nel prossimo
punto. Adesso dobbiamo aggiungere che ciò è possibi-
le perché si tratta di una realtà dinamica, di un luogo di
discernimento costante, dove esperienza, conoscenza,
criteri, dialogo, e altri elementi fondamentali per la vita
umana s’incontrano e compongono l’essere umano nel
suo divenire ogni volta più umano, oppure no. Tutto ciò
dipenderà della profondità e del buono o cattivo sviluppo
della coscienza, personale e comune.
3.2 Alcune vie per l’educazione della coscienza
L’educazione, la formazione, della coscienza è indirizzata
ad accompagnare lo sviluppo nella crescita di ogni per-
sona umana nella reciprocità dei rapporti con gli altri e
con tute le realtà situazionali che appartengono a loro
contesti. Il processo dunque sarà segnato dal movimento
di liberazione da e per e di. La coscienza deve imparare a
discernere da quali condizionamenti, schiavitù, si deve li-
berare per essere più liberi, più maturi e così essere liberi
di crescere secondo la propria persona attraverso rappor-
ti maturi, liberi e umanizzanti, ecc. Cinque passi per una
formazione alla e della coscienza morale:
1. Partire sempre dall’esperienza della persona concreta,
sempre in quanto soggetto autonomo.
2. Avere come fondamento,comune non negoziabile, del-
la moralitàla regola d’oro.
3. Insegnare il camino del discernimento per mezzo della
reciprocità delle coscienze.
4. Avere come orizzonte normativo la vita di Cristo per
mezzo dello Spirito, come «misura» dell’agire morale del
credente e modello di una nuova umanità.
5. Puntare a un esercizio morale degli atteggiamenti re-
sponsabili a partire di svolgere la capacità di prendere
decisioni morale personale e comunitarie, portatrice di
vita e di senso.
Questo percorso, si fa poco a poco, in modo graduale
e ne ha bisogno di un ambiente adatto a tale scopo. Da
questo si deve cominciare, perché non sarà possibile un
buono svolgimento della coscienza dentro di un ambien-
te ostile oppure contrario; «il vino nuovo ha bisogni di
otri nuovi», al dire di Gesù (Cfr. Mt 9,17).
Poi si dovrà considerare un cammino con i seguenti ele-
menti costitutivi:
1. Facilitare la consapevolezza dell’identità e della
dignità di ogni persona.
2. Favorire l’adozione e maturazione di una scelta/
opzione fondamentale.
3. Educare a leggere e interpretare le situazioni con-
crete.
4. Imparare a utilizzare le mediazioni e gli strumenti
di ogni tipo.
4) Verso un’educazione integrale alla e nella fede
Educare prima di essere un dovere esprime il desiderio
spontaneo di condividere con gli altri il dono prezioso
della nostra vita di fede. È così che l’impegno educativo,
sarà informativo, formativo e conformativo, illuminato
dalla fede, guardando a far crescere la persona umana in
tutte le sue dimensioni e potenzialità, avendo sempre lo
scopo di educare anzitutto la coscienza di ognuno a deci-
dere secondo la logica del Regno di Dio, corrispondente
al cuore Vangelo, eseguendo la prassi di vita di Gesù e le
grandi tracce della Tradizione della Chiesa.La vita di fede
nasce e matura nel e attraverso l’incontro con Gesù il Cri-
sto e attraverso una conoscenza dei contenuti della fede.
Pertanto, dobbiamo cercare di approfondire nella “fede
vera” attraverso un vero incontro con Gesù Cristo e an-
che approfondire nella“vera fede” attraverso una migliore
comprensione del contenuto di tale fede.
Nella scia della pedagogia liberatrice di Gesù il Cristo
a) Uno stile e modo di essere nella realtà
b) Un contenuto esistenziale
c) Gesù, un trittico per vedere la sua proposta di nuova
umanità da una pedagogia liberatrice
c.1) «La donna del Profumo o quella che ama molto, che
è lo stesso...» (Lc 7, 36-50)
c.2) «Il mendicante-cieco che ha osato gridare» (Mc 10,
46-52)
c.3) «La donna pagana che ha osato interpellare» (Mc 7,
24-30)
DIOCESANA
20
MemOria
Ho sentito che il Concilio Vaticano II dice
che nella Chiesa non c’è diff erenza di persone.
Vuol dire che davanti a Dio siamo tutti uguali,
indipendentemente dal nostro stato di vita o da
quanto poco noi lo amiamo?
Domanda posta da una persona di Latiano
San Paolo aff erma che l’amore di Dio non dipende dalla nostra bravura, in quanto “Dio dimostra il suo amore per noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8) e che davanti a Dio nessuno può accampare diritti o pretese a partire dalla propria condizione di appartenenza sociale o etnica e neanche a partire dal ministero svolto nella Chiesa, perché davanti a Dio “non c’è Giudeo né Greco, non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28, ma cf. anche: Rm 2,11; 10,12; 1Cor 1,10-16; 12,13; Col 3,11; Ef 2,11-18).
Nel corso dei secoli però, nello sforzo di restare fedeli al deposito della fede trasmesso dagli apostoli e nell’ascolto della Parola di Dio, i cristiani hanno trovato modi diversi di intendere e vivere il loro essere chiesa nel mondo.Nei decenni immediatamente precedenti il Concilio Vaticano II, soprattutto in risposta alle aberranti ideologie sulla società derivate dai regimi totalitari, la Chiesa si proponeva essa stessa come modello di vita sociale e non solo come un’espressione religiosa. Per questo in quel periodo – seppure non esclusivamente–essa veniva presentata come una “società perfetta di diseguali”, con a capo il papa e poi via via tutti gli altri. Questa visione ha causato nel tempo delle derive,
prima tra tutte quella di pensare che alcuni benefi ci della grazia di Dio fossero concessi soltanto a delle categorie di persone. Ad esempio la santità era da alcuni considerata appannaggio dei soli consacrati; lo stato di vita celibatario era ritenuto più “perfetto” di quello dei coniugati; così come le sontuose vesti dei prelati andavano talvolta a sottolineare esageratamente il loro ruolo sociale, legato all’esercizio del potere più che al servizio, con la naturale conseguenza di creare un sempre più evidente distacco dai credenti. Da qui la domanda se nella Chiesa siamo tutti uguali o no.
Il Concilio Vaticano II si è un po’ allontanato da questa visione e ha cercato di riavvicinare quanto più possibile l’intera comunità dei credenti a ciò che Dio stesso nelle Sacre Scritture, nella vita e nelle parole di Gesù e nella Tradizione vivente della Chiesa ha rivelato su se stesso, sull’uomo e sul creato intero.Si è compreso allora che per esprimere la ricchezza e la complessità della Chiesa non bastava una semplice defi nizione, ma era necessario non abbandonare la varietà del linguaggio biblico.
Il Concilio perciò aff erma innanzi tutto che la Chiesa è mistero: non co me qualcosa di misterioso, ma nel senso che essa è una realtà tanto grande e preziosa da potersi rivelare pienamente e quindi comprendere soltanto nel corso della storia della salvezza. La chiesa non
Alessandro Mayer*
Siamo tutti uguali?Siamo tutti uguali?
IN PILLOLE
catechesicatechesi
21
è infatti solo quella che vediamo qui ora con i nostri occhi, composta di queste persone e queste strutture. Essa è molto più grande e comprende tutti gli uomini che sono in comunione con Dio, a partire dai patriarchi dell’Antico Testamento fi no agli uomini che verranno e che Dio da sempre ha pensato ed amato.Inoltre, peri padri conciliari la Chiesa è comunione e missione.
Per esprimere meglio il senso di tutto ciò si utilizza prima fra tutte la famosa espressione “Chiesa popolo di Dio”. Così il n. 753 del Catechismo della Chiesa Cattolica, sintetizzando il n. 9 della Costituzione Dogmatica del Concilio Lumen Gentium: “Nella Sacra Scrittura troviamo moltissime immagini e fi gure tra loro connesse mediante le quali la Rivelazione parla del mistero insondabile della Chiesa. Le immagini dell’Antico Testamento sono variazioni di un’idea di fondo, quella del “Popolo di Dio”. Nel Nuovo Testamento tutte queste immagini trovano un nuovo centro, per il fatto che Cristo diventa il “Capo” di questo Popolo”.
L’essere comunione risulta perciò non un optional nella Chiesa, ma la sua stessa essenza. La Chiesa quindi non è una società piramidale, ma il popolo di Dio in cammino verso la piena e totale comunione con il Signore. E in questo popolo tutti siamo chiamati alla santità! (cf. Lumen Gentium nn. 39-42). Questa santità
e questa comunione – a diff erenza delle strutture visibili della chiesa e dei sacramenti - non cesseranno quando fi nirà questo mondo; al contrario saranno perfette! Allo stesso modo anche la caratteristica di essere missione appartiene a tutti. Ed è per questo che ogni battezzato, ciascuno conformemente al suo stato di vita e alle sue capacità, è chiamato ad esercitare il ministero della santifi cazione, dell’evangelizzazione e di corresponsabilità nel governo della Chiesa.
Siamo dunque tutti uguali?Nella condizione di essere fi gli di Dio, che ci deriva dalla fede mediante il battesimo, certamente sì. Nell’appartenenza all’unico popolo convocato da Dio, certamente sì. A partire dall’universale vocazione alla santità da parte di Dio che ci ama e ci vuole tutti allo stesso modo, certamente sì.
C’è poi anche diversità di doni e di ministeri a servizio di tutto il corpo di Cristo che è la Chiesa. Questo ci rende diff erenti nei compiti che svolgiamo fi nché siamo su questa terra; non certo diseguali nella dignità... ma forse può essere l’argomento di un’altra “pillola”.
*Rettore del Seminario VescovileDirettore Caritas diocesana di Oria
IN PILLOLE
catechesicatechesi
22
MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
Dal 15 gennaio gli schermi delle sale cinematografi che
italiane ospitano il fi lm “Exodus: dei e re” (Exodus:
Gods and Kings) che ripercorre la storia di Mosè e
l’uscita dall’Egitto del popolo d’Israele.
Sono passati circa 60 anni dalla celeberrima pellicola di
Cecil B. DeMille che vedeva nelle oltre tre ore e mezza
de “I dieci comandamenti” Charlton Heston nei panni
di Mosè e Yul Brynner in quelli di Ramses: rimane
tuttavia l’impronta un po’ ingombrante del kolossal a
stelle e strisce, chiaramente leggibile anche nel fi lm di
Ridley Scott, che all’alba del terzo millennio fi rmò “Il
Gladiatore”.
Oltre ai due attori protagonisti Christian Bale (Mosè)
e Joel Edgerton (Ramses), il cast dei personaggi
“comprimari” conta volti
facilmente riconoscibili dal
pubblico italiano e europeo in
generale come quelli di John
Turturro (Seti, il faraone padre),
Aaron Paul (Giosuè), Ben
Kingsley (Nun), Ben Mendelsohn
(il viceré Hegep) e la giovane
spagnola Marìa Valverde
(Zipporah, moglie di Mosè); una
dovuta “quota mediorientale”
è rappresentata da Dar Salim
(Khyan, capo delle guardie) e
Golshift eh Farahani (Nefertari,
moglie di Ramses). Se il Bale-
Mosè si muove solenne quale
protagonista austero, posato e
forse volutamente non brillante,
il Ramses interpretato da
Edgerton è un magnifi co mix di
tipi e caratteri straordinariamente incarnati ora con
eloquenti aggrottar di sopracciglia poi con signifi cative
gestualità, alcune volte anche solo delle dita. Esemplari
i ruoli “adulti” di Turturro e del collaudato Kingsley,
rispettivamente arbitri e “auctoritas” per le parti egizia
e ebraica; tra le giovani donne – o meglio: le mogli dei
protagonisti – Marìa Valverde mette prepotentemente
in ombra Golshift eh Farahani che rimane poco impressa
nelle consuete chiacchierate post fi lm. Giocano invece
bene il loro ruolo da discreta “spalla” Aaron Paul e
Dar Salim: il primo sarà il successore di Mosè mentre
il secondo rappresenta egregiamente il ruolo di buon
servitore della casa reale e fi gura affi dabile. Una nota
Pierdamiano Mazza
Un Generale per Un Generale per“Exodus: dei e re”“Exodus: dei e re”
CULTURALE
23
MemOria anno X n. 1 Gennaio-Febbraio 2015
particolare merita Ben Mendelsohn che interpreta il
corrotto viceré Hegep riuscendo mirabilmente a off rire
allo spettatore un personaggio infi do e viscidamente
ambizioso, ambiguo e vile tanto da riuscire (con
apprezzabile capacità) a suscitare disprezzo.
Ciò che balza all’attenzione di chi guarda è anzitutto il
modo in cui Dio viene rappresentato: dalla fi amma con
voce matura, interlocutrice di Charlton Heston, si è
passati alle fattezze dell’undicenne Isaac Andrews, che
esordisce nel fi lm con un “Ho bisogno di un generale”;
una scelta ardita e spiazzante ma sicuramente
aff ascinante. Inoltre è proprio l’inquadrare dall’inizio
alla fi ne Mosè come generale e condottiero che
modifi ca la prospettiva tradizionale di questa fi gura,
quasi disincantandola dal mistero imposto dalla veste
religiosa e affi ancandola ai classici Odisseo o a Enea.
Il fi lm è stato scritto – stando a precise dichiarazioni
della produzione – affi ancando al racconto dell’Esodo
altre fonti, come del resto avvenne anche per “I dieci
comandamenti” di DeMille. Qui però l’approccio è
diverso e lo si desuma dall’atteggiamento assunto
nel descrivere i prodigi delle piaghe d’Egitto e del
passaggio attraverso il mare; certamente positiva è
l’adesione di Scott alle ultime aff ermazioni fi lologiche
ed esegetiche che danno una solida base di spiegazione
a quanto raccontato dal testo biblico che sviluppano
le dieci piaghe come comprensibile sequenza di
fenomeni naturali catastrofi ci e il passaggio del Mar
Rosso (meglio: il Mar dei Giunchi) come successione di
alta e bassa marea (sebbene manchi la pur importante
indicazione dell’aff ondamento dei pesanti carri egizi
nelle sabbie emerse).
La sceneggiatura è pregevole; non può dirsi lo stesso per
le colonne sonore di Alberto Iglesias che, oltre a qualche
pallido schizzo di epicità, scorrono senza lasciare nulla
all’orecchio né aggiungono valore a particolari scene
del fi lm. Se gli eff etti speciali fanno la parte del leone,
maggiore cura necessitavano le ricostruzioni storiche e
tecnologiche di alcuni particolari.
“Exodus” è un fi lm certamente di buon livello; va
chiarito che il “codice binario” utilizzato da Ridley
Scott rimane quello de “Il Gladiatore” già citato, forse
un po’ distante dalle trasposizioni cinematografi che
della Bibbia cui siamo avvezzi. Nelle due ore e mezza
di questo fi lm si troverà non solo l’epicizzazione di
un Mosè “padre della patria” ebraica e profeta che
ricevette la Legge divina ma anche un uomo capace di
azzerare la sua vita e la sua storia per seguire la voce
del suo cuore, di Dio e rendere un immenso servizio
al suo popolo.
CULTURALE
PRO
Agenda pastorale del Vescovo,Agenda pastorale del Vescovo,
gennaio - febbraio 2015gennaio - febbraio 2015
giovedì 1 gennaio 2015
ore 11.00 - Oria, Basilica Cattedrale: santa
Messa nella solennità di Santa Maria
Madre di Dio
mercoledì 7 gennaio 2015
ore 18.30 - Francavilla Fontana, parrocchia del Carmine: festa invernale
della Madonna del Carmine
giovedì 8 gennaio 2015
ore 18.00 - Manduria, chiesa del convento di Sant’Antonio: celebrazione
associazione “Albero fi orito”
venerdì 9 gennaio 2015
ore 10.00 - Oria, santuario di San Cosimo alla macchia: incontro di preghiera per i
giovani
martedì 20 gennaio 2015
ore 18.00 - Francavilla Fontana: festa di
San Sebastiano
mercoledì 21 gennaio 2015
ore 19.00 - Oria, santuario di San Cosimo alla macchia: primo incontro del VI
seminario di pastorale familiare
giovedì 29 gennaio 2015
ore 19.30 - Oria, santuario di San Cosimo alla macchia: festa dei fi danzati
lunedì 2 febbraio 2015
ore 17.30 - Oria, Basilica Cattedrale: santa Messa nella Giornata della Vita
consacrata
venerdì 13 febbraio 2015
ore 20.00 - Oria, santuario di San Cosimo alla macchia: incontro di preghiera per i
giovani
mercoledì 18 febbraio 2015
ore 17.30 - Oria, Basilica Cattedrale: santa
Messa nel giorno delle Ceneri
giovedì 19 febbraio 2015
ore 17.30 - Oria, santuario di San Cosimo alla macchia: lectio divina OR
PRO
venerdì 20 febbraio 2015
ore 16.00 - Oria, Basilica Cattedrale: santa
Messa nel patrocinio di San Barsanofi o,
patrono della Città e della Diocesi di
Oria
sabato 21 febbraio 2015
ore 16.00 - Torre Santa Susanna, parrocchia di Santa Maria e San Nicola: santa Messa con i ragazzi della Prima
Comunione e della Cresima; incontro
con fi danzati e genitori sul matrimonio
COMPLEANNI GENNAIO
12 gennaio
Mons. Angelo Principalli
16 gennaio
Sac. Domenico Panna
23 gennaio
Sac. Domenico Spina
COMPLEANNI FEBBRAIO
6 febbraio
Sac. Antonio Carrozzo
15 febbraio
Sac. Lorenzo Melle
16 febbraio
Sac. Crocifi sso Tanzarella
17 febbraio
Sac. Paolo Manna
18 febbraio
Sac. Rocco Leo
19 febbraio
Mons. Giovanni Turrisi
ANN. di ORDINAZIONE GENNAIO
3 gennaio
Sac. Lorenzo Melle VI
4 gennaio
Sac. Antonio Carrozzo XVIII
5 gennaio
Mons. Alfonso Bentivoglio XLI
Sac. Umberto Pezzarossa XXVI
Sac. Antonio Longo XVII
10 gennaio
Sac. Dario De Stefano XVII
16 gennaio
Sac. Rocco Erculeo XVI
ANN. di ORDINAZIONE FEBBRAIO
2 febbraio
Sac. Cosimo Massa IX
5 febbraio
Sac. Raff aele Giuliano XXXII
11 febbraio
Sac. Domenico Carenza IX
14 febbraio
Sac. Salvatore Rubino XVII
26
IN...VERSI
L’usignolo della chiesa cattolica
da Guida alla lettura di Pasolini,
Mondadori 1988
Sotto il titolo L’usignolo della Chiesa Cattolica Pasolini
raccolse e pubblicò nel 1958, un gruppo di poesie,
datate 1943-1949. Il nucleo centrale della raccolta è
rappresentato dal magma di contraddizioni che si
sviscera nell’anima di Pasolini.
L’origine delle liriche della raccolta va ricercato nella
scoperta, da parte del poeta, del dissidio individuale
e interiore che lo travaglia, un dissidio non ancora
interrotto dalla delusione cocente di una società che
manifesta la sua falsità, il suo vuoto e la sua mancanza
di coscienza.
Nella raccolta, il dissidio che si crea nell’uomo tra la
tensione celeste e la condizione umana è raffi gurato,
da Pasolini, in una serie di dialoghi che cantano lo
splendore della terra e della natura.
Ma Pasolini in questi versi ricerca anche se stesso
attraverso una tensione mitica che lo faccia pervenire
alla cognizione della trascendenza. Si spiega così
l’altro tema dominante di L’usignolo della Chiesa
Cattolica, ovvero l’inesausta preghiera dell’uomo
a cura di Francesco Sternativo
... Pier Paolo Pasolini
27
MemOria anno IX n. 4 Aprile 2014
IN...VERSI
Biografi a di Pier Paolo Pasolini
Nacque a Bologna nel 1922. Il padre, di origini romagnole, era un severo tenente di fanteria, che ebbe con il ragazzo un rapporto
confl ittuale. La madre, mite e aff ettuosa, era originaria di Casarsa in Friuli. A Bologna frequentò il liceo classico, poi si iscrisse a
Lettere e Filosofi a. Nel 1942 pubblicò a proprie spese le Poesie a Casarsa, in dialetto friulano. L’8 settembre del 1943 disertò e si rifugiò
presso la madre a Casarsa. Nel 1945 si laureò con una brillante tesi su Pascoli. Lo colpì profondamente la tragica morte del fratello
partigiano, ucciso con altri compagni, dai partigiani rossi e fi lo-jugoslavi. Nel 1949, denunciato e processato per omosessualità,
Pasolini dovette rinunciare all’insegnamento. Si trasferì a Roma con la madre, tra gravi diffi coltà economiche. Scrisse romanzi e
sceneggiature cinematografi che. Nel 1955 pubblicò il romanzo Ragazzi di città, da quell’anno iniziò a lavorare alla rivista Offi cina di
Bologna, che promosse un aggiornamento delle posizioni culturali del marxismo. Nel 1957 pubblicò l’importante raccolta di versi
Le ceneri di Gramsci. Nel 1959 uscì il secondo romanzo, Una vita violenta, più vicino ai canoni del realismo socialista. Nello stesso
anno Offi cina fu costretta a chiudere a causa di un epigramma di Pasolini contro il papa Pio XII. Dal 1960 svolse intensamente
l’attività di regista cinematografi co, fi rmando opere quali Accattone (1961), Il Vangelo secondo Matteo (1964), Teorema (1968),
Medea (1970), fi no alla trilogia della vita, costituita da Il Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972), Il fi ore delle Mille e una
notte (1974). Dal 1966 diresse l’importante rivista Nuovi Argomenti, insieme a Moravia e a Enzo Siciliano. Su di essa pubblicò, tra
l’altro, il Manifesto per un nuovo teatro (1968), che accompagnò la rappresentazione della tragedia Orgia (1968). In lui le radici del
cattolicesimo s’incontravano, e si scontravano, con l’appello del marxismo, senza che nessuna delle due fedi potesse placarlo.
La sua posizione di intellettuale eretico e luterano ricorda la fi gura di Gesù del suo fi lm Il Vangelo secondo
Matteo, che vuole porsi radicalmente come segno di contraddizione per la società del suo tempo. Sono i temi
che alimentano le poesie della Religione del mio tempo (1961) e i saggi raccolti in Passione e ideologia (1969).
Negli ultimi anni scrisse articoli polemici sui giornali quotidiani (specie Il tempo e il Corriere della Sera); questi sono stati poi raccolti
nei volumi Scritti corsari (1975) e Lettere luterane (postume, 1976). Morì assassinato il 2 novembre 1975, all’Idroscalo di Ostia, in uno
squallido scenario di borgata che ricordava da vicino tante sue sequenze cinematografi che, e proprio per mano di uno di quei ragazzi
di vita da lui ritratti con un umana simpatia.
Pasolini “all’immoto Dio”. Il poeta, infatti, si rivolge a
Dio chiedendogli di manifestarsi e off rendogli il dolore
che gli viene dal continuo dissidio tra “carne e cielo” che
lo travaglia.
La fi gura del Cristo negli istinti ultimi della Passione
diviene termine di confronto di questo nuovo centro
tematico. Nel Cristo crocefi sso Pasolini ricerca la parte
buona di sé, il suo esasperato bisogno di essere fi glio di
fronte all’occhio vigile del Padre.
Per il poeta la morte ha origine nella lotta con i sensi e
col sesso, ma l’infi nito amore divino, tramite il perdono,
riporta l’uomo nella sfera dell’”immoto Dio”. Secondo
Pasolini, anzi, sarebbe vana la passione di Crito se il
Divino non dedicasse agli uomini e ai loro errori “un
giorno eterno di compasssione”.
Cristo alla pace
del Tuo supplizio
nuda rugiada
era il Tuo sangue.
Sereno poeta,
fratello ferito,
Tu ci vedevi
coi nostri corpi
splendidi in nidi
di eternità!
Poi siamo morti.
E a che ci avrebbero
brillato i pugni
e i neri chiodi,
se il Tuo perdono
non ci guardava
da un giorno eterno
di compassione?
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