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CASTELLANETA

di Domenica Terrusi

Strettamente connesse al cicloproduttivo, affidato dagli uomini allaProvvidenza insieme agli effetti dellefasi lunari ed all’azione del sole, delvento e della pioggia, le feste religioserappresentano una cerniera traepoche diverse e la memoria culturaledi tempi lontani. In un paese come ilnostro che è stato un importantecrocevia attraverso il quale sonopassati culture, personaggi, idee ereligioni di diverse matrici, ciascunapresenza ha lasciato una traccia che,poi, è emersa nel vivere quotidiano,nell’espressione artistica di edificisacri e civi l i , nel l ’evoluzionelinguistica, nella memoria storica edin una spiritualità composita che, colpassare del tempo , ha raggiunto unafisionomia propria,ma con unaprevalenza della componente greco-bizantina e romana. La lungadimestichezza con la cultura grecaha permesso alla nostra gente dientrare in contatto con le suggestionidell’etica e delle componenti socio-economiche d i una soc ie tàprofondamente rispettosa degli deie della religione. Queste nobiliascendenze storiche sopravvivononelle nostre tradizioni religiose e,soprattutto, nel rituale dei miti checelebrano la rinascita della Natura,confluito nella celebrazione dellaPasqua.E’ preceduta dalla Quaresima, unperiodo di purificazione di 40 giorni,dal mercoledì delle Ceneri aPasqua, (a ricordo dei 40 giornitrascorsi da Cristo nel deserto)durante il quale si osservaval’astinenza alimentare e sessuale,prescr i t te da ant iche normeecclesiastiche, e si meditava sullepene della Passione. Questo lungoperiodo di limitazione della carne edi tutti i prodotti d’origine animale,sostituiti da verdure, legumi, pesce, baccalà e, per condimento dellapasta, mollica di pane sbriciolata trale mani e fritta in olio d’oliva (ufurmàgge da Quarèseme), preparavaalla rinascita spirituale della Pasqua.Il rito d’estrazione naturalistica epagana, (comune a tutte le tradizionidell’area mediterranea, come delvicino Oriente) che celebra il

passaggio dal vecchio annoall’equinozio di primavera, è diventatonel Cristianesimo sponsale unionedella natura divina con la naturaumana nella persona di Cristo che sisacrifica per consentire all’uomo dipassare dalla morte alla vita, dalpeccato alla grazia, dal dolore allagioia. E’ questo lo spirito che animai riti della Settimana Santa anticipatidal la celebrazione del fuocopurificatore, nei falò di San Giuseppee dell’Annunciazione. Si brucianosarmenti e rami d’ulivo provenientidalla potatura e, dalla direzione delfumo e delle scintille di quei fuochipropiziatori, i contadini traggonoancora indicazioni circa l’andamentodell’annata agraria. Era credenzadiffusa, in passato, che saltando suquei fuochi, ci si potesse purificaree immunizzare dai malanni. A queste ricorrenze è legato un dolce tipico“le falle” in cui confluiscono gli ultimiingredienti stagionali (marmellate,soprattutto d’uva,mandorle e noci)prima della loro sostituzione con iprodotti del nuovo raccolto. Dolcimolto gustosi che interromponol’astinenza quaresimale insieme aipanzerotti di ricotta, consentiti per ladomenica delle Palme, quando sifesteggia l’ingresso trionfale di Cristoin Gerusalemme, accolto da una follafestante che agitava, in segno diomaggio, rami di palma e di ulivo. Amemoria di questo evento, l’alberod’ul ivo, simbolo di Cristo, èconsiderato l’albero della misericordiae della pace. In tutte le chiese, primadella celebrazione della messa,avviene la benedizione delle Palme,che si usa portare nelle case escambiare , come pegno d iriconciliazione. Il processo dipurificazione intrapre- so sembra averraggiunto il suo scopo. Infatti, in quelgiorno, ci si sente più pronti a ricuciregli strappi ed a riconciliarsi con glialtri, come traspare da alcune strofettepopolari:Jòsce so i Pàlme benedìtte (Oggisono le Palme benedette) E nò jètjìmde de stè nemìsce (e non ètempo di restare nemici), So i Tùrchee fàscene a pèsce (perfino im Turchifanno la pace),Chèsse jè a Pàlme effè accòme te pisce (Questa è lapalma e fai come ti pare). Quànne

arrìve chèdda dìa sànde (Quandoarriva quel giorno santo), Agghiapreparè na bèlla Pàlme (devopreparare una bella Palma). L’àgghia‘ndreccè d’òre e d’argjìnde (La devointrecciare con oro e argento) E ‘ngel’è purtè a ci me dè turmjìnde (ela porterò a chi mi procura tormenti),‘Nge l’è purtè all’amòre mìj che fèa pèsce (La porterò all’amore mioper fare la pace). “Jìndr’a sta Palmestè u còre mìj (In questa palma stail cuore mio), fascìme a pèsce chel’amòre de Ddìj” ()facciamo la paceper amore di Dio”).Ancora oggi, i contadini collocanorami d’ulivo benedetto sui pagliai,nelle stalle, in mezzo ai campi, negliorti e sulle testate dei letti. Sonoritenuti efficaci per tenere lontanomalattie, tempeste,grandine, fulmini e per far moriretalpe, topi e cavallette. Ma l’ulivo,albero cosmico che collega cielo,terra ed inferi, si trasforma in Croce quando il Salvatore dell’Umanità sioffre in sacrificio. Dal giorno dellePalme, l’attesa di questo evento disalvezza diventa più intensa epartecipata. Il ciclo delle celebrazionipasquali comincia il Lunedì Santo,ma è molto seguita dal popolo laMessa del Giovedì che rievocal’Ultima Cena e la Lavanda dei piedi.In passato, il Vescovo, nella chiesacattedrale, lavava i piedi a dodicipoveri, rappresentanti i dodici apostoli,glieli baciava e congedava tutti,offrendo un pezzo di pane. Dopoquesta cerimonia si esponeva l’Ostiaconsacrata, sull’altare maggiore,intensamente illuminato, adorno difiori e attorniato da piatti di grano elegumi fatti germogliare al buio. Essirichiamano un antichissimo ritopagano in onore di Adone, bellissimodio di origine siriaca, a cui gli antichipopoli del Mediterraneo offrivano piattidi semi,germogliati al buio, perpropiziarsi un felice ritorno dellaprimavera. Gli altari, così ornati,vengono chiamati erroneamente“Sepolcri” e sono tuttora meta dipellegrinaggio e di preghiere in tuttele chiese, che gareggiano nel renderliquanto più belli e suggestivi. Fino al1954, nella chiesa cattedrale , dalledodici alle quindici del Venerdì Santosi svolgevano le tre ore di agonia,

durante le quali un valente predicatorecommentava le frasi più significativeriportate dai Vangeli riguardo allaPassione di Cristo: “Madre, ecco tuofiglio.” – “Figlio, ecco tua madre.” –“Ho sete!.” – “Padre perdona loro,perché non sanno quello che fanno.”- “ Dio mio, perché mi haiabbandonato?” – “Padre, nelle tuemani rimetto il mio spirito.” – “Oggisarai con me in paradiso” ( rivolta albuon ladrone) “Tutto è compiuto.”Ogni frase rappresentava il tema diuna predica, conclusa da cantieseguiti dal popolo.Al termine s i leggevano leLamentazioni di Geremia. Allaconclusione di esse , il priore dellaconfraternita dell’Addolorata bussavacon “la mazza” dietro la porta dellaCattedrale e il predicatore diceva, adalta voce: “ Entra, Maria!.”IL portoneveniva aperto, entrava la statuadell’Addolorata portata a spalla, daiconfratelli e si fermava davanti alpulpito. Il predicatore si sporgevaper deporre tra le braccia dellaMadonna il Crocifisso, dicendo:“Maria, ecco tuo figlio.”tra la commozione generale. Dopoquesta suggestiva e coinvolgentecerimonia, cominciava la fun-z ione l i tu rg ica def in i ta da lpopolo”messa sciuscète”durante laquale gli altari vengono spogliati de- gli arredi sacri ( a ricordo della rapinadelle vesti di Cristo da parte dei soldatiromani), si coprono le croci e si leganole campane. Da quel momento il lorosuono viene sost i tu i to dal le“Tocca,tocche” battole di legno,di forma rettangolare e terminanti apunta, munite su entrambi i lati, dimaniglie metalliche, che vengonoagitate ritmicamente, a loro siassociano “le tròzzele” costituite daruote dentate,.montate su un pernogirevole, che producono un crepitiofragoroso nell’attrito con una laminaflessibile di legno. Con questistrumenti, confratelli e ragazzi fanno da battistrada per annunciarel’avvicinarsi delle processioni dellaPassione. La sera del Venerdì Santoesce dalla Cattedrale la processionedei Misteri (statue rappresentanti iMisteri Dolorosi) con tutto il suo caricoemotivo tra ali di folla attenta eraccolta nel dolore della passione.

Le statue sono portate, a spalla, dadevoti che camminano scalzi,indossano un lungo camice biancostretto in vita da un cordone ed hannoil capo coperto da un cappuccio condue fori, in corrispondenza degli occhi,e fermato da una corona di spine.Dietro le statue, precedute dailampieri, si snoda una doppia fila “lacolonna” di uomini vestiti di nero sucamicia bianca, con guanti neri lasera, bianchi la mattina del sabato ecorona di spine sul capo. In gruppi diquattro per volta si alternanoanch’essi nel trasporto delle statue,lungo le strade del paese. La statuadell’Addolorata è seguita da unadoppia fila di donne vestite e velatedi nero, che si alternano nel portarlaa spalla, mentre cantano struggenticanzoni ispirate alla Passione,accompagnate dal suono della bandacittadina che riesce a trasmettere ilpathos di questa avvincentemanifestazione. Alle prime ore delSabato Santo esce la processione diGesù morto e dell’Addolorata, a cuipartecipano concittadini venuti dalontano per sciogliere un voto o perdar corpo ad una tradizione cui sonoprofondamente legati. Preceduta dalcrocifero che. a piedi scalzi, trascinafat icosamente i l suo car icoappesantito, in passato, da unagrossa pietra”a pesère” segue lostesso rituale con gli stessipartecipanti della sera precedente.Al rientro di questa processione, moltoseguita dalla popolazione, si celebrala messa del Gloria e si sciolgono lecampane che annunciano laResurrezione di Cristo. A quel suonofestoso, ancora oggi, le donneanziane battono con mazze in tuttigli angoli della casa e sotto i letti,pronunciando la formula: “Jìsse trìste(diavolo) ca à trasì Crìste”. Lemamme liberavano i bambini dallefasce, li coprivano con una tunichetta“a vestecèdde” e li portavanosull’altare maggiore. Sorreggendoliin piedi, pronunciavano l’invocazione:“Sepuldùra, sepuldùre, fè scapelè stùcriatùre. I bambini più grandicelli, cheavevano partecipato all’astinenzaquaresimale, ricevevano in dono “iscarcèdde”, dolci di pasta frolla aforma di cavallucci per i maschietti,di colombe o panierini per le

femminuc- ce, con uova incastonatenell’impasto, quando non eranoancora d i f fuse le uova d icioccolata..Per sol leci tare laconcessione di questo dolce moltoatteso, i ragazzi cantavano lastrofetta: “Pasqua, Pasque, vjìnecurrènne ,ca i criatùre vònechiangènne, vòne chiagènne che tùtteu còre: scarcèdde che l’òve,scarcèdde che l’òve”. L’uovo, simbolodella Pasqua, della rinascita e dellafecondità della natura, entra in tuttele pietanze e i dolci rituali dellaPasqua, primi fra tutti i taralli con leuova nella cui preparazione siconcentrava, in passato, l’impegnoed il punto d’onore delle donnenell’averli leggeri e gonfi:”sckattète”. La loro buona riuscita era consideratadi buon auspicio, altrimenti diventavamotivo di malumore e di ansia pereventuali malanni o ristrettezzeeconomiche. Le uova strapazzatearricchiscono i timballi di cardoncelliselvatici,cotti in brodo d’agnello, lefrittate di asparagi, i lampagioni e icarciofi fritti che compongono il menùdi Pasqua insieme all’immancabile“benedìtte” : la carne d’agnellopreparata in vari modi, come cibopropiziatorio. Non mancano, nellevetrine delle pasticcerie, gli agnellinidi pasta reale che vengono regalati,soprattutto alle fidanzate dai loroinnamorati. Dopo averlo mostrato,con evidente compiacimento, aparenti ed amici, l’agnellino venivadiviso a metà e la parte della testa,in passato, veniva inviato a casa deisuoceri. In questi cibi, come nel“calzone” del Venerdì Santo, previstiin tutte le case, è ravvisabile unaspecie di aggregazione popolare eun diffuso sentimento religioso cheannulla ogni discriminazione. Questafesta , che celebra il trionfo della vitasulla morte, della luce sull’oscurità,della sostanza sull’apparenza, arrivain un mondo in pena dove l’odiosemina altroodio, l’ingiustizia altra ingiustizia, lamiseria altra miseria e in cui tuttivorremmo essere consolati ,con la prospettiva credibile di un futuromigliore.

Le nobili ascendenze storiche confluite nella celebrazione dei riti

Pasqua: il trionfo della vita sulla morte, della luce sull’oscurità,della sostanza sull’apparenza

Un mondo in pena dove l’odio semina altro odio, l’ingiustizia altra ingiustizia, la miseria altra miseriae in cui tutti vorremmo essere consolati, con la prospettiva credibile di un futuro migliore

28Sabato 15 marzo 2008