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La bellezza come esperienza di un mondo comune di libert in Kant
1. Introduzione.
Non vi forse nella storia del pensiero una filosofia che abbia posto la domanda sulluomo con
lintensit, lestensione e la centralit pari a quelle presenti nella filosofia di Kant. E noto che nella
sua ultima opera, la Logik, apparsa a cura dellallievo Jaesche, ma rivista da Kant stesso, egli
riassume le tre domande fondamentali da cui si era lasciato guidare nellelaborazione del proprio
pensiero (che cosa posso sapere?, che cosa devo fare?, che cosa mi lecito sperare?),
nellunica, fondamentale domanda, nella quale ogni altra domanda confluisce: che cos luomo?.
In ciascuna delle sue opere vengono alla luce aspetti dellumanit nelluomo che ne circoscrivono in
modo sempre pi preciso ed essenziale il carattere proprio e irriducibile. In questo cammino di
approssimazione allessenza delluomo un posto singolare viene ad avere lesperienza dellabellezza.
La contemplazione e la produzione della bellezza dipendono infatti in modo esclusivo da
caratteristiche che solo luomo possiede e che consentono di distinguerlo ontologicamente dagli
esseri che gli sono difformi. Se guardiamo ai modi in cui le nostre rappresentazioni si riferiscono al
sentimento di piacere o di dispiacere, a partire dal quale giudichiamo la bellezza, vediamo scaturire
tre diverse esperienze: quelle del gradevole, che pu valere anche per i semplici animali; quella
del buono che vale per gli esseri razionali in generale (e quindi anche per quelli non affetti dalle
limitazioni imposte dalla sensibilit) ed infine quella del bello. La bellezza afferma Kant
[vale] solo per gli uomini, cio per enti animali, ma razionali, ma per lappunto in quanto non solo
razionali (per esempio spiriti), bens al contempo anche animali1. Quello che accade di
sorprendente dunque che il peculiare intreccio dellanimalit con la razionalit, che in altri campi
di attuazione delle facolt umane impone severe limitazioni sia al pensiero sia allazione,
nellesperienza della bellezza viene riscattato da tali limiti e trasfigurato in unesperienza che, come
spero di potere mostrare, scaturisce dalla libert.
Vale appena ricordare, ad esempio, come quel particolare aspetto dellanimalit nelluomo che
lorganizzazione sensoriale e percettiva, limiti il potere determinante e costitutivo della conoscenza
umana al solo mondo fenomenico, precludendogli laccesso alle cose in s. Altrettanto sul piano
pratico, la legge morale si configura nelluomo come un comando ed quindi diretta a una volont
non santa, che pu anche disattenderla, perch lamor proprio tende a anteporle le lusinghe del
godimento sensibile, dipendente dallaspetto animale delluomo. Nella fruizione e nella creazione
della bellezza, invece, non solo i sensi, e in particolare lorganizzazione percettiva della visione edelludito, vengono piegati in vista di modi di espressione che tendono a qualcosa che si trova al di
l del limite dellesperienza2, ma lo stesso sentimento di piacere e di dispiacere, che pu apparire
quanto di pi soggettivistico sia presente nelluomo, chiuso nella cerchia privata di esperienze
incomunicabili, diventa loccasione per la creazione di un mondo comune, dove lesperienza della
bellezza diventa universalmente partecipabile3. Ed sui caratteri peculiari di tale mondo, che
disegna un tratto tuttaltro che marginale del modo in cui luomo pu spendere o mettere a frutto
il suo essere cittadino del mondo, che intendo soffermarmi.
1I. KANT, Kritik der Urteilskraft, Ak. Ausg. V, 5, p. 15 (Critica della capacit di giudizio, a cura di L. Amoroso, vol. I, Milano
1995, p. 165). Citata in seguito con KU.
2Ivi, 49, p. 193 (p. 445).3Ivi, 39-40.
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2. Ilfacere dellarte e lagere della natura.
Le condizioni trascendentali dellesperienza della bellezza, individuate ed esposte nella primaparte della Critica della capacit di giudizio, consentono a Kant una trattazione dellesperienza
estetica ben equilibrata tra la bellezza dei prodotti della natura e quella dei prodotti delle arti belle;
anzi per pi di un aspetto il godimento della bellezza della natura rivela una disposizione
dellanimo, in chi lo prova, superiore a quella di chi gode solo del mondo creato dallarte4. Tuttavia
in particolare nella delineazione dei caratteri della produzione artistica che viene alla luce la
peculiarit dellintreccio tra animalit e razionalit, natura e spirito, che fa dellesperienza estetica
un tratto esclusivo delluomo. Il punto pi delicato e insieme decisivo quello in cui Kant chiarisce
che cosa si debba intendere per produrre nei due diversi ambiti dellarte e della natura. Si tratta di
una distinzione ricca di tensioni problematiche, perch, come vedremo, il carattere del produrre
naturale, dapprima separato in modo netto da quello artistico, si ripresenta poi allinterno di questo
proprio nella produzione dellopera bella, improntando in modo essenziale e ulteriormenteproblematico il suo fare.
Kant afferma che larte si distingue dalla natura come il fare (facere) [Tun] dallagire
[Handeln] o effettuare [Wirken] in generale (agere) e il prodotto o la conseguenza della prima si
distingue, in quanto opera (opus) [Werk], dalla seconda in quanto effetto (effectus) [Wirkung]5.
Ad una prima lettura, qui Kant sembra essere soprattutto preoccupato di sottolineare la differenza
tra loperare umano, quando questo realizza un concetto, concepito in precedenza, di un oggetto, e
loperare della natura, la cui causalit produce effetti in modo non intenzionale. Tale causalit
potrebbe essere identificata con quella di tipo meccanico, anche se i verbi impiegati da Kant (penso
soprattutto allampio spettro di significati proprio di Handeln) non indicano immediatamente tale
connessione, ma si mantengono aperti a significare anche un tipo di causalit diverso da quello
meccanico, qual , ad esempio, quello allopera negli esseri organizzati di natura. Il riferimento ai
termini latini pu forse contribuire a chiarire questo punto. Lindicazione della corrispondenza tra le
parole tedesche e quelle latine, infatti, non ha un carattere erudito o esornativo, ma serve da guida
per comprendere la complessit dei concetti che qui sono in gioco. Innanzitutto evidente che la
caratterizzazione del modo di produzione artistico non si riferisce solo alle creazioni delle arti belle,
ma a ogni tipo di arte (di techne), con cui viene fabbricato qualcosa. Ci sottolineato proprio dal
rimando al facere, il quale indica un operare che distende la propria attivit tra due estremi,
entrambi presupposti ed esterni ad essa: a parte ante sono gi dati il concetto delloggetto, come
fine da produrre, un complesso di regole in base a cui fare e il materiale su cui operare; a parte
postc il prodotto finito che si distacca dal fare ed entra a far parte del mondo con una propria
autonoma funzione. Tuttaltro invece il modo di operare proprio della natura quando i suoipeculiari prodotti sono gli esseri organizzati, nei confronti dei quali si dispiega pienamente il
significato del verbo agere. Qui i presupposti esterni al facere vengono per cos dire riassorbiti
allinterno dellagire, il quale viene ad assumere una struttura profondamente affine a ci che i greci
chiamavano praxis: il fine e le regole della sua attuazione sono immanenti allattivit, il materiale
non raccattato dallesterno, ma in un certo modo un prodotto dellattivit stessa, il risultato
finale (leffectus) non si distacca dallagere con una propria esistenza indipendente, ma sidentifica
con lintero processo dellagire, che ha in s il principio del proprio autoprodursi e
autoorganizzarsi.
Vale la pena ricordare (spero non per complicare ulteriormente le cose, ma per sfruttare appieno
le potenzialit dei termini latini indicati da Kant) che, come si ricava dal passo sopra citato, opus
non il sostantivo di agere, bens di facere: opera sono i quadri, le poesie, i brani musicali, ma
4Ivi, 42.5Ivi, 43, pp. 173-174 (pp. 415-417).
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anche le sedie, i tavoli, le scarpe e ogni artefatto. Mentre se, relativamente allagere, guardiamo
non tanto al prodotto (che effectus), ma allatto che origina lagire, allora, paradossalmente, il
sostantivo di agere factum6. E questo apre improvvisamente una prospettiva sul rapporto natura-
libert, alla cui segreta unit fa da guida, in questo caso, il filo rosso dellanalisi linguistica: quando
il factum diventa in Kant das einzige Factum der Vernunft, vale a dire la legge morale come
unico fatto della ragione, allora ci che natura nelluomo e che agisce originariamente in lui la libert che della legge morale la ratio essendi. Ma su questo torneremo pi avanti.
Lavere caratterizzato loperare della natura come un agere importante proprio per poter
comprendere come tale operare, dapprima ben separato dallarte, ricompaia allinterno dellarte
bella non solo per distinguerla dalla scienza, ma anche per individuarla nella sua specificit
allinterno delle cosiddette arti liberali. Kant sottolinea vigorosamente come la produzione della
bellezza, pur procedendo in maniera eminente dalla libert vivificante dello spirito, richieda
necessariamente delle regole e quindi un elemento di costrizione, qualcosa di meccanico che ci
ricordano come larte non sia solo gioco, ma anche Arbeit, lavoro, un facere, appunto. Cos lo
spirito poetico, egli afferma, svaporerebbe del tutto senza la correttezza e la ricchezza linguistica,
come pure la prosodia e la metrica7. Tuttavia il modo in cui questa costrizione derivante da regole
si mostra allopera nella produzione della bellezza deve avere un carattere affatto speciale, che sipone immediatamente in contraddizione con quanto di meccanico presente nelle regole
presupposte al facere: ci che esce dalle mani dellartista, pur rispondendo nel suo modo di
produzione ai caratteri generali del fare proprio della techne, deve presentarsi con le sembianze
dellagere che proprio della natura. Di fronte a un prodotto dellarte bella afferma Kant
bisogna diventar consapevoli che arte e non natura, ma la finalit della sua forma deve tuttavia
sembrare (aussehen) cos libera da ogni costrizione di regole arbitrarie come se fosse un prodotto
della natura8. Nel produrre dellarte bella c la disciplina delle regole, c un concetto delloggetto
da produrre, c lintenzione diretta allattuazione di uno scopo, c il materiale che attende di
essere formato, eppure tutto deve comporsi e fluire con quella sovrana, inintenzionale naturalezza
che non lascia trasparire la minima traccia che lartista aveva la regola davanti agli occhi e che
questa ha messo catene alle capacit del suo animo9.
Perch questo sia possibile, occorre che sinnesti nel facere proprio dellarte qualcosa che nel
soggetto ha il carattere dellagere proprio della natura. E allora, in primo luogo, se per potere
parlare di arte in generale devessere presente una regola, come bisogna concepire la sua presenza
nellarte bella, affinch essa non sia confinata entro i meccanismi del facere, dove la regola gi
data anteriormente allatto di produzione e pu quindi essere insegnata e appresa nella sua
determinatezza? Per avere un prodotto dellarte bella la regola deve certamente esserci, e tuttavia
questo lo sappiamo in modo del tutto indeterminato. Prima dellatto di produzione, infatti, la regola
non esiste, nessuno la conosce, nemmeno lartista: essa fa tuttuno con latto, si fa col suo farsi10
,
risplende nella sua universale comunicabilit, ma si esaurisce totalmente in esso, gode di
ununiversalit assolutamente singolarizzata, ma proprio per questo non n insegnabile nimitabile. In una parola, essa originale, non mai apparsa prima n sar mai ripetibile dopo, e
viene alla luce con la medesima naturalezza con cui un fiocco di neve o un individuo vivente , tra
miliardi di suoi simili, assolutamente originale e irripetibile. Questo non significa che la regola non
6 Nel Lexicon totius latinitatis del Forcellini si trova esposto in modo esemplare come il termine latino factum sia la
traduzione dei termini grecipraxis o ergon, e quindi un vocabolo che indica unactio, non un opus. Per quanto a prima
vista possa apparire paradossale, in realt opus il sostantivo del verbofacere, mentrefactum il sostantivo del verbo
agere: opera sono le poesie, i libri, le statue ecc.; facta sono invece gli atti umani E. FORCELLINI, Lexicon totius
latinitatis, emendatum et auctum a I. Furlanetto, F. Corradini e I. Perin, Patavii 1940, p. 412.7KU, 43, pp. 175-176 (pp. 419-421); cfr. anche 47, 48, pp. 186, 190-191 (pp. 435, 441).8Ivi, 45, p. 179 (p. 425).9Ivi, 45, p. 180 (p. 427).10 Si comprende di qui come il giudizio determinante, che sussume lintuizione sotto un concetto gi dato, sia del tutto
inidoneo a cogliere il carattere proprio della bellezza, mentre vi apparecchiato il giudizio riflettente, nel quale il
concetto non gi dato, ma si va alla ricerca delluniversale corrispondente allintuizione.
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sia in qualche modo oggettivabile, cos come accade per i fiocchi di neve o per i viventi: per le
opere darte ci accade, ad esempio, attraverso linesauribile lavoro di analisi del loro contenuto
profuso dalla critica darte. Ma ci pu accadere solopost factum, la regola afferma Kant deve
venire astratta dallatto11
, ha vita e valore unicamente in quellatto, pu organizzare solo quel
determinato prodotto e non possibile mettere le mani sul suo principio generatore per riprodurla
meccanicamente.
3. Originalit, esemplarit, inintenzionalit dellopera darte.
E quanto viene alla luce nel problema successivo. Lagire dellartista intenzionale, perch
guidato dal concetto delloggetto che intende produrre, mediante il quale viene alla luce in qualche
modo una finalit, vale a dire un senso comunicabile, la bellezza, come prodotto dellaccordo tra
potenza dellimmaginazione e disciplina razionale, liberamente finalizzate fra loro. E allora, come
pu accadere che tutto questo debba sembrare non intenzionale ed essere riguardato come
natura, bench si sia consapevoli del fatto che arte12
? Possiamo fare astrazione dalle competenze
tecniche, a volte altamente specializzate (si pensi a quante ne occorrono per larchitettura o per la
musica nel suo duplice aspetto, creativo e esecutivo), e quindi da quanto di meccanico, discolastico necessario (ma non sufficiente) per lespressione artistica. Cerchiamo invece di
sondare il nucleo generatore di ci che normalmente vien detta ispirazione, per approssimarci a ci
che in grado di produrre laccordo finalistico tra elementi eterogenei, da cui scaturisce la bellezza.
In tal caso siamo costretti a riconoscere che linvenzione o lideazione che stanno alla base
dellopera darte, quelle che Kant chiama idee estetiche, non sono in potere, quanto alla loro
origine, dellartista che le pone in essere. Esse non sarebbero senza di lui, ma non sono nemmeno
intenzionalmente volute da lui. Esse non sono cercate appositamente: scaturiscono sicuramente
dalla forza creatrice della sua immaginazione, disciplinata dalle energie razionali, ma lartista non
sa da dove gli vengano n come gli simpongano, dominandolo interamente. Rispetto allo scopo di
esibire un concetto, il materiale intuitivo presente nellidea estetica talmente sovrabbondante, che
il suo specifico carattere estetico, la sua bellezza, appaiono essere necessariamente inintenzionali.
Se ci che presente in essa dipendesse e derivasse interamente dallintenzione, e quindi dai
concetti, da cui si lasciato guidare il suo autore, nessuno meglio di lui sarebbe in grado di spiegare
in modo esauriente e definitivo sia il contenuto che intendeva esprimere sia la regola della loro
organizzazione. Invece questo non solo non gli riesce, ma nessun altro in grado di farlo se non per
un processo asintotico, che non arriva mai a pareggiare linesauribile potenza irraggiante dellopera.
Inoltre la preoccupazione kantiana di far apparire le idee estetiche come non intenzionali deriva
anche dalla necessit di salvaguardare uno dei caratteri fondamentali del giudizio di gusto, nel quale
la rappresentazione della bellezza come oggetto di un compiacimento universale avviene senza
concetti che possano essere esplicitamente intenzionati.
Le idee estetiche, afferma Kant, danno occasione a pensare molto, senza che sia mai possibiletrovare un pensiero determinato, un concetto che sia loro adeguato. Esse sono rappresentazioni
che nessun linguaggio pu raggiungere totalmente e rendere comprensibile e questa ineffabilit
non un limite, ma lindizio della ricchezza sovrabbondante di un dono che viene espresso e
comunicato dallartista proprio nella sua inesauribilit13
. Lineffabilit non rinchiude lidea estetica
nella gelosa intimit di unesperienza privata, ma, al contrario, apre agli uomini il mondo comune
dellesperienza unicamente umana della bellezza: la regola che la organizza garanzia di
ununiversalit che pu a buon diritto pretendere che su di essa vi sia il consenso di ognuno; ma
soprattutto, proprio per la sua naturalezza non derivabile logicamente da principi, la regola
conferisce allidea la caratteristica di essere inimitabile e tuttavia di svolgere una funzione
esemplare. Lidea estetica non imitabile, perch spalanca la veduta di un campo sterminato di
11Ivi, 47, p.187 (p. 433).12Ivi, 45, p. 180 (p. 425).13
Ivi, 49, pp. 192-193 (pp. 443-445); cfr. anche pp.198-199 (p. 453).
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rappresentazioni imparentate14
, di fronte al quale il processo imitativo non potrebbe mai arrivare al
termine n avrebbe un concetto determinato che potrebbe servirgli da guida. Daltro canto lidea
estetica costituisce una sorta di sfida non per limitatore, ma per colui che ha spirito affine
allartista, perch lo spinge a porsi sulle sue tracce, per comprendere lidea nel suo valore di
esempio non da imitare (nachmachen), ma da seguire (nachahmen) per arrivare a creare una nuova
regola di organizzazione e lespressione di un nuovo mondo di bellezza.Ci apre per un ulteriore e radicale problema. Da dove deriva tutto questo? Che cosa, in
definitiva, propriamente natura nellartista, che cosa agisce (e non fa) originariamente in
lui, qual la scaturigine prima, il factum (non lopus) primordiale da cui dipendono tutte queste
prerogative? La risposta di Kant pu apparire disarmante nella sua semplicit: il fatto che sta
allorigine della creazione della bellezza una particolare proporzione del libero gioco tra la
potenza dellimmaginazione e la disciplina dellintelletto: da questo singolare, irripetibile rapporto
che derivano loriginalit, lesemplarit, linintenzionalit delloperare del genio. Tali sono le doti
di questo favorito della natura, la cui capacit va elargita a ciascuno direttamente dalla mano
della natura e che con lui dunque muore, finch la natura non ne far di nuovo dono, un giorno,
ad un altro, il quale non avr bisogno che di un esempio per far s che il talento, di cui
consapevole, produca in maniera simile i suoi effetti15. Questa proporzione delle capacitdellanimo il fenomeno raro
16, mediante il quale la natura in grado di dare la regola
allarte17
, un talento che potr essere affinato, educato, sviluppato, ma mai appreso n mai, con un
qualche artificio, insegnato o imitato.
4. Analogie di struttura tra i prodotti delle arti belle e le cose come fini naturali.
Siamo cos arrivati in prossimit della questione fondamentale: in che modo nei prodotti dellarte
bella possibile trovare le tracce e le testimonianze di questattivit regolatrice della natura? Quali
caratteri naturali sono presenti nelle produzioni dellimmaginazione che potentissima nel
creare quasi unaltra natura col materiale che le d quella effettiva18
? Si sa che su questo punto la
Critica della capacit di giudizio estetico singolarmente povera dindicazioni; gli esempi di
espressioni artistiche addotti da Kant sono francamente deludenti sia nel dettaglio sia quando parla
pi in generale dei caratteri delle singole arti belle (basti pensare, per contrasto, alla straripante
ricchezza che di l a una trentina danni comincer a effondersi nelleLezioni di estetica di Hegel).
Eppure credo che Kant possa essere, almeno parzialmente, riscattato dalle accuse che gli sono state
ben presto rivolte su questo punto, purch gli si chieda ci che egli sempre stato in grado di dare
in modo eminente, cio lindividuazione delle condizioni di possibilit, in questo caso delle
condizioni a priori che rendono possibile un prodotto dellarte che abbia le sembianze dellagere
della natura. E vero che le critiche partono proprio dal rilievo che lessersi concentrato quasi
esclusivamente sulle condizioni soggettive dellesperienza della bellezza, e cio su questestremo
lembo della soggettivit che il libero gioco dellimmaginazione con le facolt superioridellintelletto e della ragione, avrebbe portato Kant a trascurare il peso che ha lopera darte come
prodotto da considerare nella sua oggettivit indipendente, una volta uscita dalle mani del suo
creatore: la preoccupazione trascendentalistica dellindividuazione dei principi a priori
dellesperienza estetica sarebbe cos andata a scapito dellanalisi interna della costituzione
dellopera darte e dei caratteri formali che fanno di essa un prodotto unico e inimitabile.
Tuttavia, al di l, forse, delle intenzioni stesse di Kant, credo che tale analisi sia ben presente nelle
sue pagine. Solo che per rintracciarla non possibile rimanere allinterno della Critica della
capacit di giudizio estetico, ma necessario riferirsi ai 64-65 della Critica della capacit di
14Ivi, 49, p. 195 (p. 447).15Ivi, 47, p. 185 (p. 433).16Ivi, 49, p. 200 (p. 455).17Ivi, 46, p. 181 (p. 427).18
Ivi, 49, p. 193 (p. 445).
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giudizio teleologico, dove, com noto, Kant delinea il carattere peculiare che vengono ad avere le
cose quando vengono considerate come fini naturali. In altre parole, la tesi che intendo sostenere
che se i prodotti delle arti belle devono essere guardati, relativamente alla finalit della loro forma,
come se fossero dei prodotti della natura, allora a questi ultimi che occorre rivolgersi per trovare
una guida allinterpretazione dellorganizzazione interna dellopera darte.
Prima di verificare nel dettaglio questa tesi, opportuno ricordare alcuni dei motivi che possonolegittimare linvito a leggere la costituzione interna delle opere darte alla luce dei principi che
definiscono la finalit degli esseri organizzati di natura. Innanzitutto, unindicazione in questo senso
viene dalle pagine stesse di Kant, sia pure limitatamente alla valutazione estetica che possibile
dare degli oggetti viventi della natura rispetto a quelli inanimati. Quando valutiamo esteticamente
gli esseri viventi, egli afferma, non possibile restringersi alla loro mera forma, ma occorre
prenderne in considerazione anche la finalit oggettiva, per giudicare della loro bellezza. In
questo modo il giudizio estetico non pi puro, e tuttavia la natura non viene pi valutata per il
suo apparire arte, bens in quanto effettivamente arte (sebbene sovrumana); e il giudizio
teleologico serve allestetico da fondamento e condizione di cui esso deve tener conto19
. Almeno
in questo caso, dunque, lesperienza estetica della bellezza viene rinviata al giudizio teleologico,
che valuta la finalit oggettiva degli enti naturali, in quanto qui che essa pu trovare il propriofondamento e la propria condizione.
In secondo luogo, se lopera darte deve poter essere riguardata come leffectus di un agere,
questo, come si visto, caratterizzato dal fatto che i mezzi, il fine, il materiale e la forza
formatrice sono immanenti in esso come in un unico tutto ed proprio tale carattere dimmanenza
che costituisce la prerogativa fondamentale di ci che Kant definisce come finalit interna degli
esseri organizzati di natura.
Infine, se attraverso il libero gioco dellimmaginazione e dellintelletto lopera darte viene sentita
e goduta come qualcosa di vivente e di vivificante, questa non una semplice espressione retorica o
una generosa metafora, ma sta a significare che occorre accostarsi allopera darte non per
anatomizzarla meccanicamente nelle sue componenti, ma per preservarla in quellanimazione e
dipendenza reciproca delle parti che trova in alcuni fenomeni basilari della vita e degli esseri
organizzati di natura delle essenziali chiavi di lettura dei suoi caratteri costitutivi.
Proviamo allora a tornare al testo kantiano seguendo queste direttrici. Ci che in primo luogo
viene richiesto perch una cosa sia un fine naturale che le parti (quanto alla loro esistenza e alla
loro forma) siano possibili solo mediante il loro riferimento al tutto20
. Nel dire questo, Kant ha ben
presente che ci vale non solo per i prodotti della natura, ma anche per quelli delle arti (per le
technai) in generale. Esse, infatti, per produrre qualcosa, devono avere un concetto o unidea della
totalit della cosa, i quali precedono la sua effettuazione e che deve determinare a priori tutto ci
che devessere contenuto in essa21
. Si tratta di un principio razionale, la cui causalit determinata
dallidea di un tutto diversa ed esterna rispetto alla materia e, quindi, alle singole parti da cui
costituita la cosa. Ora anche i prodotti delle arti belle sono preceduti, in misura a volte anche assairagguardevole, da unidea del tutto che, diversa ed esterna rispetto allesistenza e alla forma delle
parti, determina a priori le regole della loro possibile coesistenza: si possono ripetere gli esempi
ricordati prima dellarchitettura, per quanto essa deve alla scienza delle costruzioni, o della musica e
delle regole affini alla matematica (su cui Kant si sofferma a lungo22
) che governano la
composizione nel suo aspetto sia armonico sia contrappuntistico.
E tuttavia, finch la causalit dellidea del tutto si esplica in questo modo, non possibile
ritrovare in essa il carattere esteticamente pi rilevante, vale a dire la capacit di generare la
bellezza. Proprio perch pu essere determinata interamente a priori, anteriormente allopera,
questidea del tutto non ancora unidea estetica, ma ha un carattere meccanico, non vivificato
19Ivi, 48, pp. 188-189 (p. 439).20Ivi, 65, p. 290 (p. 593).21Ibid.22
Ivi, 53, pp. 218-220 (pp. 481-485).
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dalla bellezza. Come si visto, infatti, lidea estetica unintuizione, alla cui inesauribile ricchezza
nessun pensiero determinato e nessun concetto possono essere adeguati. Lidea estetica
certamente lidea di un tutto, ma il riferimento delle parti al tutto non dato a priori, bens si
organizza nella sua necessit esemplare col farsi stesso dellopera, appare assieme al mostrarsi
dellopera nella sua esistenza oggettiva. Cos ogni prodotto del genio un esempio di come sia
lesistenza delle parti sia la loro forma abbiano senso unicamente in riferimento alla totalitdellopera; ma il modo in cui tale riferimento si realizza non dipende dalla causalit di un principio
razionale, compiutamente determinato, esterno e diverso dallopera (in tal caso essa sarebbe
infinitamente ripetibile); il riferimento delle parti al tutto si costituisce internamente allopera
stessa ed questo che la costituisce come qualcosa di unico. Lopera mostra di contenere in s il
principio della propria organizzazione in maniera cos autonoma e esclusiva che di fronte alla sua
esistenza oggettiva la soggettivit stessa del suo creatore si fa da parte: egli un semplice mezzo, in
cui un raro intreccio di facolt fa da veicolo alle idee estetiche e si ritrae dallopera una volta che
queste si sono tradotte compiutamente in essa.
Se questo il modo in cui agisce lidea estetica, allora si pu comprendere come larticolazione
interna allopera possa essere strettamente apparentata a quella che, per Kant, la seconda
caratteristica fondamentale con cui si presenta una cosa quale fine naturale. La sua indipendenzadalla causalit di concetti di enti razionali al di fuori di essa fa s che le sue parti si colleghino
nellunit di un tutto in modo da essere vicendevolmente lun laltra causa ed effetto della loro
forma23
. Questo ci che propriamente possiamo chiamare organizzazione in un ente naturale e
l dove il nesso tra le parti cos vincolante che ci che si propone come effetto nel contempo
causa della propria causa (secondo una relazione causale non lineare, come nelle cause meccaniche,
ma di reciprocit circolare), allora il tutto che cos si produce mostra di avere alla sua base unidea
che n lo precede come causa n lo segue come risultato, ma un principio dintelligibilit che
allopera nel farsi della cosa stessa quale ente organizzato e che si organizza da s.
Se trasferiamo questi criteri di comprensione dalle cose come fini naturali alle opere darte, credo
che ognuno di noi pu trovare immediatamente da s gli esempi di come, nei prodotti delle arti
belle, ogni parte c solo mediante tutte le altre e allo stesso modo pensata esistere in vista
delle altre e del tutto24
. Per ricorrere a uno degli esempi pi noti, basti pensare a come in una
melodia, colta come un tutto unitario nella sua articolazione temporale, ciascuna nota esiste in vista
di tutte le altre e al tempo stesso, mostrandosi pregna dellintero sviluppo melodico, essa esiste solo
mediante tutte le altre. Altrettanto evidente che se ogni elemento dellopera darte in vista
dellunico scopo di portare a espressione il senso fondamentale dellidea estetica che la governa,
allora, relativamente alla produzione del senso interna allopera, la finalizzazione reciproca delle
parti fa di ciascuna di esse non tanto uno strumento (Werkzeug), che avrebbe costantemente bisogno
di unattivit esterna per mostrare la sua idoneit allo scopo, quanto piuttosto un organo (Organ),
capace di produzione propria25
: nellopera darte ogni parte svolge appunto questa funzione
organica, perch ciascuna produce il senso delle altre e al tempo stesso debitrice alle altredella produzione del senso proprio.
Certo, risulta sicuramente pi difficile trasferire allopera darte anche altre caratteristiche della
natura organizzata, ricordate da Kant, quali la capacit di autocorreggersi, di sostituire da s una
parte che venga a mancare o di vicariarne la funzione. Tuttavia merita accennare alle analogie non
marginali che lopera darte ha con i caratteri di autonomia e di autogenerazione di una cosa come
fine naturale che Kant espone nel 64. Anche se sono consapevole che qui il quoziente di
metaforicit, con cui devono essere lette le indicazioni kantiane, cresce in misura notevole, credo
tuttavia che valga la pena di rischiare.
Lesempio che Kant porta noto: un albero genera se stesso e si conserva innanzitutto in quanto
specie; inoltre genera se stesso anche come individuo, perch la sua crescita e il suo sviluppo
23Ivi, 65, pp. 290-291 (pp. 593-595).24Ivi, 65, p. 291 (p. 595).25
Ivi, 65, pp. 291-291 (p. 595).
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avvengono mediante sostanze, il cui carattere di nutrimento, quanto alla loro composizione, un
suo prodotto; infine anche una parte di una pianta pu generare se stessa come dimostra la pratica
dellinnesto di un ramo o di una gemma su una pianta di specie diversa26
.
Per quanto a prima vista possa sembrare bizzarro cercare un collegamento tra queste
caratteristiche e lopera darte, credo si possa riconoscere innanzitutto che lopera darte genera se
stessa secondo la specie, se con questa parola sintende non il tipo di manifestazione artistica(musica, pittura poesia ecc.) n la scuola, lo stile o la corrente, ma ci che differenzia lopera bella
nella sua specificit rispetto a ogni altra produzione tecnica, vale a dire la capacit propria e
inimitabile di manifestare bellezza. Infatti, come si visto, sufficiente lesempio di unopera bella
perch uno spirito dotato di una proporzione delle capacit dellanimo analoga a quella del genio sia
risvegliato al sentimento della sua propria originalit27
e sia spinto a creare a sua volta unopera
che funga da esempio e sollecitazione per altri spiriti affini. Lopera darte genera cos nuove opere
darte, conserva e riproduce continuamente in esse il proprio carattere specifico, la bellezza nella
sua funzione esemplare.
In secondo luogo, quando ci poniamo di fronte a unopera darte, possiamo riconoscere che essa
genera la capacit di manifestare bellezza non solo come specie, ma anche come questa singola
opera nella sua individualit. Infatti la materia di cui essa fatta, i pigmenti di colore, il materialesonoro, la pietra o il legno, presente in essa trasfigurata in mezzo espressivo e tale trasfigurazione
si produce allinterno dellopera stessa, perch i materiali acquistano un senso determinato
unicamente grazie alla sua organizzazione totale. Una trasformazione dei materiali accade
certamente anche in ogni altro artefatto, ma relativamente ai prodotti del genio potremmo ripetere
alla lettera quello che Kant dice a proposito del processo di autogenerazione dellalbero come
individuo e cio che nella divisione e ricomposizione di questa sostanza grezza [i materiali
impiegati nellopera] pu essere riscontrata una tale originalit della facolt di divisione e
formazioneche ogni arte [che non sia larte bella] ne resta infinitamente lontana28
.
Infine, linnesto. Nonostante che questo possa sembrare lelemento pi eccentrico rispetto
allopera darte, possiamo tuttavia pensare a certi esempi straordinari, nei quali un proprio, originale
senso dellesistenza trova modo di crescere e di esprimersi innestandosi in una diversa concezione
del mondo e nutrendosi parassitariamente della sua bellezza. Penso, ad esempio, a quanto avviene
nel duomo di Siracusa, dove sul preesistente tempio dorico, dedicato ad Atena, sinnesta la
concezione architettonica cristiana, normanna e barocca: la navata centrale e i simboli di una nuova
redenzione del mondo si nutrono dello spazio della cella di Atena cos come nelle navate laterali
lo spazio risulta scandito dalle colonne doriche perimetrali. Oppure si pensi al mutamento radicale
di concezione e di funzione dello spazio, congiunto al rispetto delle linee architettoniche
preesistenti, con cui Michelangelo trasforma le terme di Diocleziano in S. Maria degli Angeli. E gli
esempi si potrebbero moltiplicare, soprattutto in campo musicale. Ne ricordo uno soltanto: nel tema
iniziale della terza sinfonia di Beethoven si ripresenta il tema dellouverture di Bastien und
Bastienne, lopera scritta da Mozart fanciullo, quasi che il genio di Bonn volesse prendere per manoo farsi prendere per mano da quella prodigiosa fanciullezza per inoltrarsi nel nuovo, inesplorato
mondo della sua pi originale musicalit.
5. Meccanicismo e finalismo nellinterpretazione dellopera darte.
Se questa possibilit di trasferire i caratteri degli esseri organizzati di natura alle opere darte ha
una qualche plausibilit, essa ci aiuta non solo a comprendere ancor meglio la legittimit
dellesigenza kantiana di guardare larte bella come se fosse un prodotto della natura, ma ci
consente di spingere lo sguardo anche pi in l, seguendo lispirazione pi profonda che anima la
dialettica del giudizio teleologico. In fin dei conti, quello che resta ancora da chiarire qui,
26Ivi, 64, pp. 286-288 (pp.587-591).27Ivi, 49, p. 200 (p. 455).28
Ivi, 64, p. 287 (p. 589).
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conclusivamente, proprio il concetto di natura, il quale, riferito sia allopera darte sia alle
capacit del suo produttore, il genio, mostra di essere contrassegnato da una peculiare, felice
ambiguit. Sia lopera darte, nella sua analogia con le cose come fini naturali, sia il genio,
nelloriginale proporzione delle sue facolt, accennano in definitiva a qualcosa di soprasensibile che
si annuncia proprio nei limiti di un modo di comprensione affidato allapparato categoriale e al
giudizio determinante dellintelletto.Si sa che per Kant certissimo che noi non possiamo neppure conoscere, e tanto meno
spiegarci, gli enti organizzati e la loro possibilit interna secondo principi meramente meccanici
della natura29
. E quindi una massima della riflessione della nostra capacit di giudizio
riconoscere che ci sono alcuni prodotti della natura materiale che possono essere valutati in base a
una legge della causalit del tutto diversa da quella meccanica, qual quella delle cause finali. Si
tratta di una massima che non ha la pretesa di enunciare un carattere ontologicamente costitutivo
degli esseri organizzati, ma solo di evidenziare un principio regolativo del nostro modo di
conoscerli. Nella misura in cui il prodotto delle arti belle condivide i caratteri degli enti organizzati
di natura, esso pu trarre vantaggio da queste indicazioni kantiane soprattutto se teniamo conto di
alcune prospettive che oggi si stanno affermando. In realt, si potrebbe a buon diritto sostenere che
le arti belle non hanno nessun bisogno di ricorrere alle massime che emergono dalla dialettica delgiudizio teleologico per far valere, nei propri confronti, la causalit mediante fini ben al di l di una
semplice massima di valutazione per il giudizio riflettente. Per Kant, infatti, nellarte in generale
(nelle technai) il concetto di una causalit mediante fini ha certamente realt oggettiva30
; sarebbe
quindi sarebbe sufficiente richiamare che le arti belle non sono che un caso particolare dellarte in
generale per avere la certezza che la finalit, presente in esse, non solo una massima del giudizio,
ma ha realt oggettiva. In verit, questa via breve sarebbe plausibile se potessimo togliere di
mezzo quelle differenze specifiche che, come si visto, approssimano il modo di operare delle arti
belle a quello della natura e segnano uno stacco non valicabile rispetto alle altre tecniche di
produzione: lassenza di regole presupposte, il farsi della legge di organizzazione dellopera
assieme al farsi dellopera stessa, loriginalit non insegnabile n imitabile dei prodotti del genio,
linsondabile, inintenzionale scaturigine delle idee estetiche, tutto questo impedisce di assegnare
alla causalit secondo fini dellopera darte una realt oggettiva, nel senso di oggettivabile in
formule e in principi costitutivi di unattivit produttiva.
Da questo punto di vista, lopera darte si trova esposta, come ogni altro ente organizzato di
natura, alla medesima dialettica che sorge tra uninterpretazione meccanicistica, da un lato (oggi
parleremmo di una riduzione naturalistica), che cerca di avocare a s quanto pi terreno possibile,
e dallaltro una prospettiva finalistica, che tenta di salvaguardare la propria indispensabilit31
.
Nellet di Kant una naturalizzazione in senso meccanicistico dellopera darte sarebbe
probabilmente apparsa un non senso, mentre oggi questo un progetto reale, che mira a
unattuazione ancora pi duttile e esaustiva della naturalizzazione, perch ha saputo rendere
funzionali a essa anche quelle prospettive teoriche che hanno messo in crisi proprio il paradigmameccanicistico. E sufficiente pensare allimpetuoso sviluppo che in questi ultimi anni ha avuto
quella branca dellestetica che cerca di applicare i risultati delle pi recenti ricerche neurologiche
allambito della produzione e della fruizione dellopera darte. Non questo il luogo per addentrarsi
nel dibattito attuale intorno alla neuroestetica, la quale ha tutte le sembianze del tentativo di
unintegrale naturalizzazione dellesperienza della bellezza. Ma vale la pena ricordare che proprio
la prima parte della Critica della capacit di giudizio stata posta al centro dellattenzione come
testo esemplare cui riferirsi per questopera di naturalizzazione.
29Ivi, 75, p. 337 (p. 663).30Ivi, 74, p. 332 (p. 655).31 Se oggi dovessimo riscrivere lantinomia del giudizio teleologico, nella tesi non enunceremmo pi unicamente la
prospettiva meccanicistica, ma parleremmo pi ampiamente di naturalizzazione in tutte le sue forme, di cui il
meccanicismo solo un caso particolare.
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Penso, ad esempio, a un saggio di Kawabata e Zeki, apparso nel 2004 sul Journal of
Neurophysiology, dal titolo significativo I correlati neurali della bellezza32
. Qui gli autori, dopo
avere accennato ai dialoghi platonici in cui viene discusso il tema della bellezza (Ippia maggiore,
Fedro, Convito), si soffermano sulla Critica della capacit di giudizio estetico, facendo proprie le
domande di Kant sui presupposti che conferiscono validit al nostro giudizio estetico e sulle
condizioni di possibilit del fenomeno della bellezza. Solo che mentre Kant cerca le rispostepercorrendo, per cos dire, la via allin su, verso le strutture a priori della soggettivit, Kawabata e
Zeki si propongono di rispondere percorrendo sperimentalmente la via allin gi, alla ricerca
dellesistenza di specifiche connessioni neurali, soggiacenti alla sperimentazione del fenomeno
della bellezza, e domandandosi se siano una o pi le strutture cerebrali che con il loro modo di
operare condizionano la formulazione del giudizio di gusto. La ricerca, condotta su un campione
significativo di soggetti mediante la PET (tomografia a emissione di positroni), ha mostrato che ad
ogni pronunciamento di un giudizio estetico corrisponde lattivazione di un complesso di specifiche
aree cerebrali (la corteccia orbito-frontale, il cingolato anteriore, la corteccia parietale sinistra e
quella motoria), le quali operano in connessione tra loro, anche se con quozienti di attivit
differenziati a seconda del tipo di esperienze.
Non si pu certo negare la rilevanza di queste ricerche: soprattutto per quanto riguarda le artivisive, esse hanno gi conseguito risultati assai significativi
33, mostrando quanto sia importante o,
addirittura, necessario conoscere le strutture neurali che sono attive nellesperienza estetica per
comprendere in che misura le caratteristiche dei processi percettivi influenzino e condizionino sia la
creazione sia la fruizione della bellezza. Tuttavia legittimo chiedersi: questo versante di ricerca,
oltre a essere riconosciuto come necessario, anche sufficiente a spiegare il fenomeno artistico? Il
processo di naturalizzazione o, in termini kantiani, il modo di comprendere meccanicistico sono in
grado di esaurire lintero ambito dellesperienza del bello? E proprio qui che linsegnamento
kantiano circa la dialettica del giudizio teleologico continua a manifestare la sua efficacia.
Basti ricordare come negli autori citati, cos come in generale presso coloro che si occupano dei
rapporti mente-cervello, possibile notare una continua, significativa oscillazione lessicale: quelli
che inizialmente vengono presentati come correlati neurali, come substrati o processi neurali
coinvolti, sottesi o associati allesperienza della bellezza, si trasformano insensibilmente o
con bruschi passaggi (non avvertiti come tali dagli autori) in processi neurali che generano il
giudizio estetico, determinano la creazione dellopera darte, originano le propriet
fondamentali dellesperienza cosciente della bellezza.
Sembrerebbe uninutile ridondanza (ma evidentemente non lo ) ricordare che essere associati o
correlati a qualcosa ben diverso dal generare o creare ci a cui si correlati e che dare per scontata
lequivalenza dei termini significa non avvedersi di fare una vera e propria metabasis eis allo
ghenos. In realt, nel passaggio dalluno allaltro livello linguistico si tocca con mano quella che
Kant chiamerebbe la trasformazione di un giudizio riflettente (regolativo) in un principio
determinante (costitutivo) dellesperienza estetica. La massima, in base alla quale valutiamo ilcoinvolgimento dellattivazione o della disattivazione di determinate aree cerebrali in occasione
dellesperienza della bellezza, viene trasformata in principio di spiegazione esaustiva della
medesima. In questo modo, per, si finisce per dare per scontato proprio ci che si tratta di spiegare
e cio come avvenga che movimenti indotti da reazioni elettrochimiche, mediante i quali il nostro
sistema nervoso codifica gli apporti ambientali (lascolto di una musica, la visione di un quadro
ecc.), vengano poi decodificati, interpretati e espressi in un giudizio di gusto.
Il giudizio riflettente, che valuta una configurazione neurale nella sua concomitanza con
unesperienza estetica, sa bene che ci che esso ha sotto gli occhi una distribuzione spaziale di
attivit nervosa e che questa ancora separata da un abisso rispetto ai processi dinterpretazione o
di decodifica con cui viene conferito un significato estetico alle sequenze neurali. Se si risolve il
32 H. KAWABATA e S. ZEKI,Neural Correlates of Beauty, Journal of Neurophysiology, 91 (2004), pp. 1699-1705.33 Cfr., ad esempio, S. ZEKI,La visione dallinterno. Arte e cervello, trad. it. P. Pagli e G. De Vivo, Bollati Boringhieri,
Torino, 2003 (Inner Vision. An Exploration of Art and the Brain, Oxford University Press, Oxford-New York 1999).
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giudizio riflettente in giudizio determinante o non ci si avvede del problema o si d per scontato che
linterpretante si appiattisca sullinterpretato, identificandosi con esso. La conoscenza del modo in
cui linformazione contenuta nei nostri recettori sensoriali viene codificata in impulsi nervosi e
questi vengono distribuiti a livello corticale certamente necessaria per la comprensione globale del
fenomeno estetico. Tuttavia, che tali processi di codifica e di distribuzione siano anche sufficienti
per s soli alla spiegazione del fenomeno, significa portarli surrettiziamente a coincidere conlattivit di decodifica e dinterpretazione. E questo tuttaltro che scontato, anzi uno dei punti in
cui pi si addensa la nostra ignoranza. Non infrequente, infatti, trovare presso gli studiosi pi
attenti a questo delicato passaggio il franco riconoscimento che il modo in cui la distribuzione di
impulsi nervosi a livello della corteccia e nei successivi stadi di elaborazione venga poi decodificata
non noto34
.
Potremmo allora dire, continuando a seguire le suggestioni kantiane, che anche lopera darte si
trova collocata allinterno di una caratteristica situazione dialettica, in cui due prospettive,
irriducibili fra loro, svolgono tuttavia entrambe una funzione positiva per la sua comprensione:
luna tende alla riduzione naturalistica dellesperienza estetica, laltra tende a sottrarre a questa
riduzione il livello finalizzato allinterpretazione e alla scoperta del senso. Dal momento, per, che
entrambe le prospettive si riferiscono al medesimo oggetto e trovano nelloggetto stesso motivisufficienti per sussistere luna accanto allaltra, legittimo chiedersi se lunit, con cui lopera
darte ci si presenta, non accenni a un principio pi profondo, da cui le due prospettive, pur nella
loro irriducibilit, scaturiscono come da ununica radice. In altre parole, si pone il problema se in
ci che a noi resta sconosciuto nel passaggio da una prospettiva allaltra non si celi un fondamento
della loro unit, interno alla natura dellopera darte.
Di fronte alla manifestazione sensibile della bellezza non disponiamo di altri mezzi dindagine se
non di quelli che, pur nella continua diversificazione delle loro attuazioni, si distribuiscono
allinterno o della prospettiva che per Kant era meccanicistica (e che per noi oggi , pi
ampiamente, di naturalizzazione) o di quella finalistica. Esse esauriscono in linea di principio i
possibili modi di accesso allesistenza sensibile dellopera, ma poich sono tra loro irriducibili,
nessuna delle due pu fungere da principio di unificazione con laltra. Ne consegue che se ci
devessere un fondamento della loro connessione, questo potr trovarsi solo in qualcosa di
soprasensibile (come Kant ha mostrato che accade per le cose come fini naturali); un fondamento
che, proprio perch i nostri mezzi di determinazione conoscitiva sono legati alla manifestazione
sensibile, rimarr inaccessibile e potr s venire indicato (angezeigt), ma non mai conosciuto
(erkannt) determinatamente35
.
6. La libert come condizione dellesperienza della bellezza.
Finora si cercato di estendere fin dove possibile lanalogia tra le cose, intese come fini della
natura, e lopera darte, in quanto deve poter essere guardata come se fosse un prodotto della natura.Ma ora, proprio relativamente al modo in cui lopera darte indica il soprasensibile, la sua
natura mostra di essere qualcosa di diverso e di pi della natura fisica, cui pure congiunta per
tanti aspetti. Lelemento caratteristico, che emerge dalle pagine kantiane, infatti la presenza
nellopera darte di un incessante trascendimento non solo della natura fisica, ma anche di se stessa,
un trascendimento che non contrasta con la sua compiutezza, ma, al contrario, costituisce un tratto
essenziale della sua manifestazione. Lopera darte, infatti, non solo crea quasi unaltra natura col
materiale che le viene dato dalla natura effettiva36
(questo un aspetto che essa condivide con le arti
in genere, i cui prodotti sinterpongono come una seconda natura tra luomo e la natura originaria);
ma nella sua rielaborazione dei materiali, essa finisce per farne qualcosa del tutto diverso, cio
34 L. MAFFEI e M. FIORENTINI,Arte e cervello, Zanichelli, Bologna 1995, pp. 24-25 (corsivo mio).35KU, 78, p 358 (p. 697).36
Cfr. ivi, 49, p. 193 (p. 445)
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qualcosa che oltrepassa (bertrifft) la natura37
. In tale oltrepassamento consiste il tratto specifico
dellopera darte rispetto a ogni altro prodotto della tecnica umana e insieme il modo caratteristico
che essa ha dindicare il soprasensibile. Lidea estetica, che si oggettiva in essa, tende infatti a
qualcosa che si trova al di l del limite dellesperienza (Erfahrungsgrenze) e poich ci che
oltrepassa le Grenze dellesperienza sono i concetti della ragione, ecco che immanente alla natura
dellopera darte la tensione con cui cerca di avvicinarsi a unesibizione (Darstellung) deiconcetti della ragione
38. La verit del mondo interiore, che viene manifestata dallopera darte,
interamente finalizzata a questa ricerca dellespressione simbolica degli archetipi originari che
danno senso al destino delluomo e il modo simbolico della loro esibizione, nella compiutezza e
perfezione dellopera, accenna costantemente al di l di se stesso, perch apre lo spazio al gioco
illimitato delle interpretazioni e al campo sterminato delle rappresentazioni affini.
In queste sue caratteristiche essenziali, nelle quali si manifesta una natura che si pone in
trascendenza rispetto alla natura fisica, lopera darte mostra di trattenere e custodire in s il riflesso
e la testimonianza di ci che a sua volta, in modo affatto peculiare, natura nelloperare del
genio. Da un lato in lui non vi nulla di diverso da ci che proprio della natura delluomo in
generale. Questa, nella nota della razionalit che la distingue dagli altri viventi, consiste
nellaccordo originario tra facolt eterogenee: limmaginazione, come facolt delle intuizioni,lintelletto, come facolt delle regole, e la ragione, come facolt delle idee. Lappartenenza a un
mondo comune non sarebbe possibile se in ciascuno di noi non fossero presenti, reciprocamente
finalizzate, la capacit dintuire lindividuale e la capacit di concepire luniversale. Questo il
patrimonio elementare, condiviso dalluomo comune e dal genio, che rende possibile lesprimersi, il
comunicare e il comprendersi lun laltro.
Quando Kant allora afferma che nella produzione del bello ci che d la regola allarte non un
fine premeditato, ma la natura, egli non sta impiegando un concetto generico di natura e
nemmeno (se mi si passa il bisticcio di parole) un concetto naturalistico di natura. Egli intende,
invece, ci che semplicemente natura nelluomo e questo non raggiungibile dai concetti
dellintelletto, non sottost a regole n tollera prescrizioni, perch semplicemente la finalit che
accorda originariamente tra loro le facolt che concorrono a formare il mondo intelligibile,
quella disposizione dellimmaginazione che finalistica in vista dellaccordo con la facolt dei
concetti in generale39
. Natura , quindi, nelluomo qualcosa che travalica i confini dellesperienza
e il potere determinante dellintelletto: lannodarsi originario delle facolt luna in vista dellaltra
e questo il sostrato soprasensibile di tutte le sue facolt (che nessun concetto dellintelletto
raggiunge)40
.
Ora questo patrimonio comune arriva a configurarsi nel genio secondo caratteristiche che sono
uniche e irripetibili e queste non consistono solo, come si visto, in una peculiare proporzione delle
facolt, nella potenza dellimmaginazione, nella vigile ponderatezza dellintelletto, nella profondit
delle idee della ragione. Tutto questo indispensabile e tuttavia non ancora sufficiente, perch
scaturisca lopera darte. Affinch questa si produca, deve intervenire e fare, per cos dire, dadetonatore unesperienza della libert non rintracciabile in alcun altro livello delloperare umano.
Nella visione kantiana, la libert sicuramente il punto focale del soprasensibile nelluomo e
proprio in riferimento a questaspetto del soprasensibile il concetto di natura non pu generare
lequivoco che con esso sintenda il contrario del fondamento degli atti di libert. Trattandosi
della natura delluomo, si deve intendere piuttosto unicamente il fondamento soggettivo delluso
della libert umana in generale41
. Luomo infatti, considerato nel suo aspetto intelligibile,
lunico ente naturale nel quale possiamoriconoscere, dalla parte della sua propria costituzione,
37Ibid.38Ivi, 49, pp. 193-194 (p. 445).39Ivi, nota I, p. 242 (p. 523). Corsivo mio.40Ibid.41 I. KANT,Die Religion innerhalb der Grenzen der bloen Vernunft, Ak. Ausg. VI, p. 20 (La religione entro i limiti
della sola ragione, trad. it. A. Poggi, rev. e introd. M. Olivetti,Roma-Bari 1982, p. 19.
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una facolt soprasensibile (la libert)42
ed nelluso di questaspetto della sua costituzione che il
genio mostra di sapere raggiungere una intensificazione straordinaria e unica della libert delle
facolt conoscitive impegnate nella produzione dellopera darte.
Che per Kant le produzioni dellarte bella abbiano la loro prima e ultima scaturigine in
unesperienza di libert lo dimostra la ricca messe di espressioni con cui egli caratterizza non solo la
fruizione della bellezza in generale, ma anche, specificamente, loperare del genio. Laccordo tralimmaginazione e le facolt razionali superiori, che sta alla radice dellesperienza estetica nella sua
globalit, non ha solo il carattere del gioco, disinteressato e affrancato da scopi conoscitivi o pratici,
ma del gioco libero da regole presupposte, un gioco che inventa la regola nellatto in cui gioca: sia
la fruizione sia la creazione della finalit della forma nellarte bella non potrebbero sussistere senza
questa originaria esperienza di libert dalla costrizione di regole prefissate che sta alla base del
giudizio di gusto. Ma quando si passa dalla semplice valutazione dellopera bella alla sua
produzione, allora necessario qualcosa di pi, deve intervenire quel dono naturale di un
soggetto nel libero uso delle sue facolt conoscitive che appartiene solo al genio e alla sua capacit
di creare una regola nuova con la quale il talento si rivela nella sua esemplarit43
.
E dunque un libero uso delle facolt conoscitive la specifica esperienza di libert che sta alla
base dellopera darte e che, aprendo laccesso alla bellezza, consente lattuazione di un modo diesistenza che solo luomo pu sperimentare. Dalle pagine kantiane non difficile evincere come
debba configurarsi questo processo di liberazione per ciascuna delle facolt conoscitive impegnate
nella produzione della bellezza. Limmaginazione si sottrae al giogo necessitante dei concetti
dellintelletto e pu esprimere la potenza della propria creativit nella sua libert da ogni direttiva
mediante regole44
. Lintelletto si libera del proprio apparato categoriale e dalle regole che ne
dipendono per mantenere e potenziare unicamente la sua capacit di garantire la legalit: una
legalit senza legge45
, perch non vi alcun concetto determinato che sia presupposto allattivit
dellimmaginazione, al cui servizio lintelletto si pone per fare s che limmaginazione sia libera e
abbia tuttavia una sua propria legalit46
originale, nuova e indeducibile. Infine la ragione, la cui
libert consiste nel far agire sullimmaginazione il concetto indeterminato e non determinabile del
soprasensibile che sta a fondamento delle intuizioni dellimmaginazione creatrice e che proprio per
questo ne pu garantire il valore universale. Il concetto trascendentale del soprasensibile svolge cos
una funzione insostituibile, perch fa s che i prodotti dellimmaginazione non restino circoscritti a
unesperienza privata, ma diventino universalmente partecipabili e possano costituire un mondo
comune47
. Dal concorso delle facolt impegnate in questa triplice liberazione sorgono le idee
estetiche e al principio, in cui tutte e tre si ricongiungono, Kant riserba un nome destinato a
straordinari sviluppi nel pensiero successivo: Geist, spirito. Nella creazione della bellezza, spirito
infatti il principio che slancia finalisticamente le capacit dellanimo, mettendole cio in un gioco
tale da conservarsi da s e da rafforzare esso stesso queste capacit48
. Questultimo nodo, in cui
confluiscono le nostre capacit di conoscenza, non ha alcun principio di determinazione conoscitiva
sopra di s, che possa oggettivarlo nella sua attualit; per questo la sua effettiva presenza sia nelgenio sia nel fruitore dei suoi prodotti pu essere solo sentita, con quel sentimento del piacere e del
dispiacere che sta allorigine dellesperienza estetica.
Cos si chiude il cerchio delle linee teoretiche, seguendo le quali Kant pervenuto a delineare le
condizioni trascendentali delluniversale partecipabilit di un mondo, il cui carattere accomunante
dato dallesperienza esclusivamente umana della bellezza.
42KU, 84, p. 398 (p. 755).
43Ivi, 49, pp.199-200 (p.455)44Ibid.45Ivi, p. 69 (p. 249).46Ibid. (p. 247).47 Cfr. 57, ivi, pp. 234-237 (pp. 509-513).48
Ivi, 49, p. 313 (p. 443).
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