IL LEGIONARIO COMMENTARIVS DEL SOLDATO ROMANO
NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE
ANNO IV N.33 – LUGLIO 2017 -
Testo e struttura a cura di TETRVS
TORTURA!
Valentin- Martirio dei SS Processo e Martiniano -1629
TORTURA!
INTRODUZIONE Un cronista del III secolo annotava:
…nei tempi di Domiziano e di tutti gli altri imperatori che posero in atto persecuzioni, grandiosi
caroselli di morte con molti uomini uccisi con flagelli o percossi con verghe, con amare afflizioni, e
con spade affilate e su roghi infuocati e gettati nei terribili gorghi del mare e nei dirupi senza
speranza.
Sembra che la tortura, nel senso moderno, si sia sviluppata soprattutto durante il periodo
romano. Difatti il termine “tortura” deriva dal latina “torquere”, ( “torcere il corpo). I sistemi
di punizione classificabili come torture vennero dapprima applicati agli schiavi per far confessare
crimini, tradire persone, estorcere informazioni ( le persone libere si “salvavano” con il giuramento)
ma poi si estesero a tutti – soprattutto durante il periodo del dominato per i reati contro l’imperatore,
tradimento, fede, ecc.
Di questo aspetto si parla dunque riferendosi alla cd. “quaestio per tormenta” che dal
significato di «commissione d’inchiesta» e quindi di «corte giudicatrice» è diventato sinonimo di
«interrogatorio con tortura» (quaestio per tormenta o quaestio.) e quindi di «tortura». Pertanto la tortura nelle sue forme più disparate, fantasiose e crudeli divenne uno strumento
giudiziario perfettamente legale nell’ambito del diritto romano, uno strumento necessari per
ottenere la confessione del presunto reo ed ottenerne così la condanna (se nel frattempo non era già
giunta la morte).
Difatti occorre distinguere (come si vedrà anche oltre) pene e torture senza finalità di pena
capitale e torture che dovevano comunque condurre alla morte (la sofferenza era parte del “castigo”
da subire). Ma ciò dipendeva anche dalla capacità di resistenza del prigioniero; come detto, anche
torture non mortali potevano rivelarsi fatali se non ben gestite dal “boia” o dal carceriere. Per questo
motivo, gli aguzzini venivano istruiti ad adempiere il loro lavoro in modo “raffinato” e funzionale:
il malcapitato che doveva confessare un qualche segreto, una trama ordita contro l’imperatore non
poteva morire prima di aver rilevato quanto di sua conoscenza.
TORTURE NON MORTALI Rientrano in questa categoria i supplizi considerati non mortali, inflitti per punizioni
esemplari o altro. In alcuni casi, tuttavia, la morte poteva avvenire per una scarsa resistenza
dell’individuo, non prevedibile.
FLAGELLAZIONE: era la più utilizzata e poteva essere inflitta con diversi tipi di frusta, in base
allo status sociale del condannato. FLAGRUM: era la frusta più dura formato da 2 o 3 strisce di cuoio o corda (lora) e ne esistevano
vari tipi:
un modello presentava ossicini alle sue estremità con ossicini;
uno (plumbeum) aveva il manico di fil di ferro e consisteva in una serie di catenelle.
un altro tipo aveva sferette di piombo e uncini di ferro o osso di pecora alle sue estremità (lo
strumento con cui sarebbe stato punito l’ “Uomo della Sindone”)
La sua versione ridotta era chiamata “flagellum” FERULA: era una canna con di nodi di legno e veniva impiegata per punire schiavi e scolari e data
la sua flessibilità non era particolarmente dolorosa; SCUTICA: consisteva in uno scudiscio dal corto manico, con una lunga corda e veniva usata
specialmente dai guardiani di luoghi ai quali non era consentito accedere.
SCORPIO: era composto da corde annodate oppure da catenelle (3/4), con punte inserite
all’estremità che ricordavano l’aculeo di uno scorpione.
ANGUILLA, frusta ottenuta dalla pelle del pesce, era relativamente morbida.
VIRGA, una sorta di “gatto a nove code”, in quanto scudiscio formato da un fascio di strisce di
cuoio.
FUSTIS: Più che uno strumento di punizione era una sorta di manganello di legno (anche chiodato)
usato nelle azioni antisommossa dai soldati delle coorti urbane
Da sx a dx: 1)Flagrum; 2)Virga; 3) Scorpio 4)Fustis. (1) e (4) sono di produzione ROMARS ECULEUS.
L’Ecuuleus (o anche, meno correttamente, equuleus = piccolo cavallo) o cavalletto era una
struttura creata per stirare e sconnettere le membra. Al condannato venivano legate dietro la schiena
le mani, che erano poi tirate verso la testa. Probabilmente ne esisteva una versione mortale in cui la
seduta era a punta o una cuspide di una struttura a v (una specie di prisma) e rappresentava così una
rudimentale forma di impalamento. I SS. Processo e Martiniano furono sottoposti a tale martirio
prima della loro decapitazione.
Ma vi erano anche altri metodi: gli schiavi che avevano tentato di fuggire erano marchiati a
fuoco sulla fronte oppure vi erano forme varie di mutilazione (accecamento, taglio della lingua,
amputazione di dita o altre parti del corpo, ecc.)
PATIBULUM era una barra di legno posta dietro la nuca del condannato le cui braccia venivano
legate alla trave. Era il palo trasversale della croce in caso di crocifissione.
TORTURE MORTALI Rappresentavano un supplizio in cui il condannato, oltre a dover soffrire atrocemente,
subiva una condanna a morte, anche spettacolare per il divertimento del pubblico ammesso a
vedere.
LA PRECIPITAZIONE, era un’antichissima pena, molto rudimentale, veloce e pratica già
menzionata nelle leggi delle 12 tavole. Era prescritta per gli schiavi accusati di furto e per i rei di
falsa testimonianza. Consisteva nell’essere scaraventati dalla rupe Tarpea, il leggendario dirupo
meridionale del Campidoglio.
IL ROGO (pena dell’ignis), consisteva nella vivicombustione o cremazione, era già presente nelle
leggi delle 12 tavole, che le riservava per omologia ai piromani e coloro che era accusati di aver
appiccato incendi (una calamità molto temuta). Venne poi comminata ad altri delitti; il gusto del
supplizio come spettacolo la rivestirà poi di elementi mitologici e scenografici di vario genere.
STRANGOLAMENTO O SOFFOCAMENTO. In carcere se non si morire per fame o per
suicidio, la morte sopraggiungeva per mano del carnefix, il boia.
Lo strangolamento al palo consisteva nel legare il condannato ad un palo verticale e
strozzarlo successivamente con un corda o un legaccio di cuoio.
Lo strangolamento era una morte riservata comunque alle donne in quanto morte senza
spargimento di sangue. Dato un’antica tradizione non consentiva che le vergini fossero strangolate,
esse erano prima violentate dal carnefice, quindi uccise.
FURCA (per frustate a morte): la furca era una sorta di palo a Y dove, nella biforcazione,
alloggiava la testa del condannato, Successivamente venne messo un palo orizzontale a chiudere la
biforcazione e divenne supporto per infliggere frustate fino alla morte. Infine, il palo verticale fu
allungato e infisso nel terreno; in questo modo il condannato a morte rimaneva sospeso in attesa
del soffocamento.
CROCIFISSIONE Nell’Antica Roma, la crocifissione (crux) rappresentava sia una forma di
tortura sia una modalità d’esecuzione di una condanna a morte. La tortura dell’agonia dopo essere
stati crocifissi doveva essere lenta e dolorosa prima che il condannato spirasse e quindi era una
forma di supplizio mortale così umiliante e che non veniva impiegata nei confronti dei cittadini
romani. Cicerone definiva la crocifissione "il supplizio più crudele e il più tetro" (Discorsi contro Verre,
citati in Giuseppe Ricciotti, Vita di Gesù, Mondadori, 1962) ed era comminata agli schiavi, ai rei di rivolta e
sovversione, ai briganti e agli stranieri. Di solito, il supplizio era preceduto dalla flagellazione per
rendere il tutto più doloroso e straziante.
Si presume che i Romani abbiano preso l’uso della crocifissione da alcuni popoli
dell’oriente (alcuni documenti antichi parlano di questo supplizio già all'epoca dei sumeri e dei
babilonesi e a Roma potrebbe essere stata introdotta intorno al 200 a.C). e non sempre il supporto
per il supplizio assumeva la forma di una croce: alcune volte era un semplice palo, in altri casi si
utilizzava una struttura a “V” capovolta, in altri la croce era a forma di “T”( il tau greco) la cd. crux
patibulata o crux compacta, e infine si usava anche la classica forma. Lo scopo comunque era
sempre lo stesso: provocare la morte, dopo una lenta e dolorosa agonia, agonia che era piuttosto
lenta, potendo durare delle ore o anche dei giorni, per stillicidia emittere animam, lasciare la vita
goccia a goccia. Origene scrive: “Vivono con sommo spasimo talora l'intera notte e ancora l'intero
giorno”.
Tertulliano ci dà la definizione di crux: ogni legno infisso verticalmente è una crux. Isidoro di
Siviglia ci dice la differenza tra crux e patibulum: il patibulum è comunemente chiamato Furca,
come se portasse la testa. Il patibulum uccide subito, mentre la crux tormenta a lungo quelli che vi
sono inchiodati.
Di solito la croce consisteva di due pali, uno verticale (stipes) e l'altro orizzontale
(patibulum). Normalmente il palo verticale era già piantato sul luogo dell’esecuzione mentre il
condannato si avviava al luogo dell'esecuzione (situato sempre fuori dalle mura cittadine) portando
sulle sue spalle il palo orizzontale, al quale sarebbe stato confisso. Il patibulum aveva, di solito, a
metà un foro con il quale veniva infisso sullo stipes e si presume che fosse legato alle braccia del
condannato, e, in questo modo (se fosse caduto durante il tragitto), avrebbe rischiato di colpire il
suolo con la faccia. Gli arti erano inchiodati o legati al legno.
Lo stipes poteva presentare una sporgenza, detta pegma, su cui sedeva a cavalcioni il
condannato.. Non vi è una sola ipotesi sulle cause della morte che interveniva per soffocamento o
asfissia determinato dalla compressione del costato (per respirare il condannato doveva fare leva
sulle gambe; quando il condannato non poteva più reggersi sulle gambe, per la stanchezza, per il
freddo o per il dissanguamento, restava penzoloni sulle braccia, con conseguente difficoltà a
respirare). a tale scopo, i carnefici, quando dovevano accelerare la morte rompevano con una mazza
o un martello le gambe del condannato, in maniera che il soffocamento giungesse il prima possibile
di solito le gambe del condannato erano spezzate, il crurifragium), oppure a causa di collasso
cardio-circolatorio (dovuto anche all'ipovolemia causata dalla perdita di sangue e di liquidi). È
ipotizzabile che in alcuni casi la morte sopraggiungesse per combinazione di tutte e due le cause.
Il giudice, riconosciuta la colpevolezza e pronunciata la condanna “sia messo in croce!”,
dettava il titulus, cioè il motivo della sentenza scritta su un cartello (classico ed esemplare è il
famoso INRI per il Gesù) che - appeso al collo o portato da un banditore - aveva la funzione
d'informare la popolazione sulle generalità del condannato, sul delitto e sulla sentenza. I giudice
quindi indicava le modalità di esecuzione, delegata ai carnefici, o - nelle province – a dei soldati
esperti. Il condannato, davanti al magistrato, era prima flagellato dai tortores, che operavano in
coppia e poi rivestito e condotto al supplizio.. I responsabili d'efferati delitti erano caricati del
patibulum (probabilmente legati). Se i malcapitati erano più di uno, venivano legati tra loro con una
lunga corda che poteva passare intorno al collo, ai piedi o a un'estremità del patibulum.
Lungo il percorso verso il luogo dell’effettiva esecuzione, il condannato veniva insultato,
maltrattato, pungolato e ferito per indebolirne la resistenza. Bevande drogate (mirra e vino) e la
posca (miscela d'acqua e aceto) servivano a dissetare, tamponare emorragie, far riprendere i sensi,
resistere alla sofferenza, mantenere sveglio il crocifisso perché confessasse le sue colpe.
Sul luogo dell'esecuzione il condannato veniva poi appeso alla croce per le braccia con
chiodi, anelli di ferro o corde, come pure i piedi, che talvolta però venivano lasciati liberi
Raramente la morte veniva accelerata; se ciò accadeva era per motivi d'ordine pubblico, per
interventi d'amici del condannato, per usanze locali. Si provocava la morte in due modi: col colpo di
lancia al cuore o col crurifragium,
La vigilanza presso la croce era severa per impedire interventi di parenti o amici; l'incarico
di sorveglianza era affidato ai soldati e durava sino alla consegna del cadavere o alla sua
decomposizione.
Tra le crocifissioni più famose si ricordano, in ordine cronologico: Bomilcare, ultimo re di
Cartagine; i 6.000 gladiatori di Spartaco, schiavi ribellatisi negli anni dal 73 al 71 a.C.; Gesù di
Nazareth, crocifisso dai Romani sotto Ponzio Pilato, su richiesta da parte dei sacerdoti giudei; San
Disma, il “Buon Ladrone”, crocifisso alla destra di Cristo (Vangelo secondo Luca e Vangelo di
Nicodemo); Pietro apostolo, crocifisso a Roma a testa in giù.
DECAPITAZIONE, antichissima pena capitale, in cui l’aspetto del supplizio - in quanto lenta
agonia - non è contemplato data la rapidità con cui sopraggiunge la morte. Dapprima veniva
eseguita con una scure poi con una spada..
LA DAMNATIO AD BESTIAS. La condanna a morte per mezzo di animali è citata per la prima
volta al 167 a.C. Dopo la vittoria su Perseo, Lucio Emilio Paolo fece schiacciare da elefanti i
disertori dell’esercito romano appartenente a alleati stranieri.
Per quanto riguarda i disertori di guerra, le testimonianze degli scrittori sono numerose:
Flavio Giuseppe dice che Tito inviò prigionieri di guerra giudaica in tutte le province perché
morissero per il ferro e per le bestie.
In un panegirico di Costantino si dice che un numero enorme dei prigionieri Bructeri fu
ucciso, l’altro condannato durante gli spettacoli.
Durante il tempo, questo supplizio venne a saldarsi con la “venatio,” cioè lo spettacolo della
caccia di cui erano vittime le bestie.
A sua volta la venatio entrò a far parte del “munus” gladiatorio. È probabilmente intorno
alla fine del principato di augusto che si fissa lo schema del ludo gladiatorio:
-Al mattino la venatio, che poteva comprendere l’esecuzione dei condannati AD BESTIAS;
-Nel pomeriggio il vero e proprio spettacolo gladiatorio.
Nella tradizione cristiana dei martiri cristiani sono tipiche le loro esecuzioni mediante sbranamento
Questo supplizio, con altre caratteristiche, era riservato a chi era accusato di essersi
macchiato del sangue di un proprio congiunto, un fratello, il padre o la madre, . Il condannato
veniva punito legandolo in un sacco con un cane, una vipera e una scimmia e gettato a rotolare in un
burrone verso un fiume o tra gli scogli, in mare, affinché trovasse la morte (insieme con i
malcapitati animali) per causa di tutti gli elementi: la terra, l’acqua, le bestie.
Altre forme di tortura e supplizio con finalità mortali erano
Tiro con l’arco Il condannato, legato ad un palo o ad un muro, viene usato come bersaglio dai tiratori.
Gli arcieri potevano mirare alle parti non vitali del corpo per prolungare l’agonia il più possibile.
Squartamento con cavalli Il metodo in sé è poco efficace: quindi era d’uso tagliare preventivamente
i tendini dei lembi del corpo interessati alla trazione.
Sepoltura Ampiamente usata, la vivisepoltura, in tutto il mondo, in tutte le ere. I supplizi nel tardo impero: si nota rispetto alla tarda antichità, un profondo mutamento:
scompaiono le condanne alla forca, alla crocifissione e ad bestias, rimane quella al rogo; la
legislazione penale non diviene per questo più mite, anzi; inoltre si accresce incessantemente il
numero dei crimini repressi mediante i summa supplicia. Tale aumento deriva dal fatto che vecchi
delitti vedono accrescersi la pena e che lo stato considera criminose alcune azioni che prima non lo
erano
In Occidente, all'inizio del IV secolo, l'Imperatore Costantino il Grande vietò ai tribunali pubblici di
condannare alla crocifissione ma allo schiavo colpevole di aver sedotto un uomo o una donna liberi
veniva versato piombo fuso in gola
riproduzione di oggetti interpretati
come strumenti di tortura provenienti dalle catacombe romane. (Dictionary of Christian Archaeology of Cabrol e Leclercq, fig. 4475).
EVENTI LUGLIO
Per il secondo anno consecutivo ROMARS è stata invitata a partecipare alla tradizionale
“Messa Corsa” presso la basilica di S. Crisogono in Trastevere, sabato29 luglio 2017, alle ore
17.30.
Come lo scorso anno, sarà presente l’unita della COHORS X VRBANA a rappresentare
una parte di storia dell’esercito romano legato all’Urbe e alle vicende successive alla caduta
dell’impero romano. Difatti, nei secoli a seguire il fatidico 476 a. D., l’unità in questione -
sopravvissuta agli eventi sociali, politici e militari – nell’Alto Medioevo divenne una forza
paramilitare destinata alla difesa della città e del Papa. Successivamente si trasformò nella Militia
Sancti Petri e poi nella Milizia Urbana e nella Guardia Civica Scelta. In questo ambito si legge la
correlazione con l’evento che viene organizzato tramite l’associazione della Guardia Corsa Papale
(Ken Randall – ripr. riserv.)
NOTIZIE DAGLI SCAVI
Un originale reperto di tunica con tabula e relativo ornamento (clavium) risalente al
IV-V secolo e proveniente dalla Mesopotamia (Museo Victoria e Albert).
Lavoro in lana e lino cucito su un tessuto di lino
NUMERI DISPONIBILI 5) LE COORTI URBANE 6) LA LANCIA DEL DESTINO 7) BURGH CASTLE 8) IL PERIODO ROMULEO 9) L’ARCO RACCONTA … LA CAMPAGNA D’ITALIA DI COSTANTINO 10) ZENOBIA, REGINA DI PALMIRA 11) 284-395, IL PRIMO TARDO IMPERO 12) IL PRETORIANO DI CRISTO 13) MAGNVS MAXIMVS 14) IL GIORNO DELL’ALLIA 15) I MISTERIOSI ARCANI 16) LA VIA DEL TRIONFO 17) L’ASSEDIO DI MASADA 18) DE REDITV SVO 19) I DUE VOLTI DELL’IMPERO ROMANO
20) L’ETRUSCO UCCIDE ANCORA 21) TERRA DESOLATA 22) SEGNALI DI FUOCO 23) CORNELIO IL CENTURIONE 24) LA BATTAGLIA DELL’ALLELUJA 25)395-476, IL SECONDO TARDO IMPERO 26) LE CARCERI DELL’ORRORE 27) TARRACINAE, OBSEDIT! 28)MEDIO IMPERO ROMANO 29)INDAGINE SU UN SOLDATO ROMANO DEL TERZO SECOLO 30)SOTTO PONZIO PILATO 31)UTUS 32) RIVOLTA NELL’URBE 33) TORTURA!
CONTATTI:
3332765818---3883683997
ROMARS legio secunda britannica
legioiibritannica.altervista.org/ [email protected]
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