Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
1
Dispense
Corso di Psicologia dello Sviluppo
AA 2014-2015
*****
Prof.ssa Caterina D’Ardia
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
2
Modulo 4
Lo Sviluppo Comunicativo-linguistico
• Principali Teorie
• Tappe dello Sviluppo linguistico
• Il linguaggio per comunicare
• L’ironia
__________________________________________________________________
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
3
“Il senso delle parole non è solo quelle che significano in se stesse,
bensì lo spazio su cui gettano luce”
Sandor Marai (“L’isola”, 2007)
SVILUPPO COMUNICATIVO-LINGUISTICO
Premessa Nei paragrafi precedenti è emerso il ruolo centrale del linguaggio e della
comunicazione nello sviluppo del bambino.
Il linguaggio permette al bambino di interagire con il mondo che lo circonda,
permette di comprendere quello che gli altri gli dicono e di esprimere sentimenti, emozioni
e desideri.
Allo stesso tempo, il linguaggio accompagna
il gioco, sia solitario sia di gruppo, e con la crescita
viene utilizzato in giochi di finzione sempre più
complessi e di narrazione.
Inoltre, il linguaggio è un precursore di altre
abilità come gli apprendimenti scolastici di lettura e
scrittura.
Esiste un linguaggio parlato, un linguaggio
compreso, ma anche un linguaggio interno
(rappresentativo) e un linguaggio non verbale (fatto
di gesti).
In ogni fase della vita il bambino utilizzerà,
per comunicare, forme diverse di linguaggio con
complessità crescente. Inizialmente, si servirà di
gesti poi di parole poi di frasi e, infine, di discorsi.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
4
Lo studio dello sviluppo del linguaggio ha, vista la complessità e il significato di questa
competenza, attratto da sempre molti ricercatori e diverse sono state le teorie a riguardo.
Indipendentemente dalla conclusioni a cui sono arrivati i diversi studiosi sono partiti tutti
dagli stessi interrogativi: il linguaggio è una abilità innata o appresa dall’ambiente? Quale
è l’uso di questa competenza e come interagisce con le altre abilità?
Principali Teorie
A) Teoria Innatista:
questa teoria, il cui rappresentante più famoso è Chomsky, nasce negli anni ’60 e
ipotizza l’esistenza di una base biologica grazie al quale si sviluppa il linguaggio.
Esisterebbe, secondo gli innatisti, un vero e proprio “organo del linguaggio”
(chiamato, in seguito, dispositivo innato per l’acquisizione del linguaggio, LAD -
language acquisistion device), di tipo
universale, e che ogni individuo possiede.
Il LAD presiede allo sviluppo del linguaggio
a partire da una grammatica universale in
cui sono presenti i principi, le condizioni e
le regole di base per tutte le lingue
(fonologiche e semantiche). Secondo
Chomsky, il linguaggio è un insieme di
regole che ogni bambino scopre, a partire
dalle più semplici alle più complesse,
attraverso un processo attivo di scoperta e
verifica. Il LAD, in realtà, non contiene tutte le regole del linguaggio, che sono
molteplici, ma solo quelle di base da cui ogni bambino parte per poter maturare la
funzione. Quello che viene sostenuto in questa teoria è che lo sviluppo linguistico è
dominio specifico, ovvero non dipendente dalle funzioni cognitive, e questo
sarebbe il motivo per cui i bambini apprendono il linguaggio (in tempi e modi simili)
indipendentemente dalle culture in cui si trovano o dagli input ambientali a cui è
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
5
esposto nella prima infanzia. Solo in un secondo momento entrerebbero in gioco gli
aspetti culturali e ambientali, attraverso lo sviluppo delle competenze morfologiche.
Viene, in questa teoria, negata l’importanza dell’imitazione e dell’insegnamento
dell’adulto (l’esempio classico è quello delle parole inventate dal bambino che non
sono il risultato di imitazione di quelle dell’adulto). Le teorie di Chomsky, pur con
molti limiti, hanno il merito di ritenere che il linguaggio infantile non sia una versione
semplificata di quello dell’adulto, ma piuttosto di un processo attivo, creativo e
guidato da regole precise (Camaioni Di Blasio, 2007). Il limite maggiore è, però,
proprio quello di considerare poco il ruolo dell’ambiente (linguaggio ascoltato) e
dell’organizzazione cognitiva.
B) Teoria Interazionista:
I limiti della teoria di Chomsky, hanno portato a sviluppare negli anni ’70 un
approccio, chiamato interazionista o cognitivista, in cui viene sottolineato come il
linguaggio si possa sviluppare
solo quando il bambino ha
una conoscenza del mondo
tale da poter esprimere
verbalmente concetti e
relazioni. A tale proposito,
molti autori hanno portato
avanti l’idea che non fosse
corretto proprio l’assunto
iniziale di Chomsky secondo
cui tutti i bambini iniziassero a
parlare indipendentemente
dall’ambiente, sottolineando
come esistessero diversi casi
di bambini esposti a situazioni
di grave deprivazione precoce in cui il linguaggio non era comparso. L’esempio
Locandina del Film di F Truffaut ispirato alla storia vera di Victor
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
6
classico è rappresentato dalla storia reale di Victor, meglio conosciuta come il Ragazzo
Selvaggio, descritta dal medico Jean Itard. Victor fu trovato nelle campagne francesi
intorno alla fine del 1700 e, sebbene inizialmente si pensò che avesse un ritardo
cognitivo, Itard sottolineò come la totale assenza di linguaggio, la non comprensione e
conoscenza di regole sociali fosse dovuta all’isolamento sociale in cui era vissuto per
molti anni.
Inoltre, molti ricercatori hanno evidenziato come un’esposizione precoce al
linguaggio e, in generale, a situazioni con una forte valenza comunicativa favorissero
non solo l’emergenza di tale competenza, ma anche una maggiore abilità a livello
semantico e sintattico.
La teoria interazionista, che parte dalle idee di Piaget, sottolinea come il linguaggio
(inteso come capacità simbolica) può comparire solo quando il bambino ha raggiunto i
18 -24 mesi, in altri termini, solo quando è concluso lo stadio sensomotorio e inizia
quello rappresentativo. Tutto quello che avviene nella fase sensomotoria
(apprendimento di schemi, sperimentazione di azioni, imitazione, coordinazione delle
abilità) porta, in modo condiviso, non solo ad uno sviluppo cognitivo, ma anche allo
sviluppo di linguaggio.
Secondo Piaget il bambino impara eseguendo e, quindi, le competenze sono il
risultato, piuttosto che l’origine come, invece, riteneva Chomsky.
Come spesso avviene nessuna
delle due teorie, innatista e
interazionista, è totalmente corretta
nè totalmente errata e, le ricerche
degli ultimi anni hanno evidenziato
come il linguaggio sarebbe il
risultato sia di una base biologica
sia di aspetti interattivi. In altri
termini, biologia ed esperienza
costituiscono la base per lo sviluppo
di tale abilità e questo sarebbe dimostrato, indirettamente, da bambini che pur
Aree del SNC che se danneggiate possono compromettere le capacità linguistiche
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
7
crescendo in un ambiente che li espone al linguaggio presentano ritardi di linguaggio e,
viceversa, bambini cresciuti in situazioni ipostimolanti sviluppano un linguaggio
adeguato. In tal senso, si inseriscono una serie di lavori che sottolineano il peso del
linguaggio, non tanto come abilità di saper fare qualcosa, piuttosto come competenza
finalizzata alla comunicazione.
La comunicazione viene definita in senso ampio, quindi riguarda sia la fase
preverbale sia quella verbale, ed è proprio la spinta a comunicare (quindi ad interagire)
che porta il bambino ad espandere ed arricchire le proprie capacità linguistiche, sia in
senso quantitativo sia qualitativo.
In questo processo ha, inoltre, un significato centrale la risposta dell’ambiente alle
spinte comunicative, in quanto porteranno il bambino ad interpretarne le reazioni e ad
agire di conseguenza. Ad esempio, l’espressione del volto della madre, mentre dice
qualcosa, fornirà al bambino degli indizi sulla situazione e sullo stato d’animo e, questo
gli permetterà, di rispondere in modo sempre più congruo nei diversi contesti.
comunicazione
produzione verbale
linguaggio non verbale
comprensione
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
8
Tappe e fasi di sviluppo del linguaggio
Le competenze comunicativo-linguistiche emergono in fasi successive e procedono di pari
passo con lo sviluppo dell’individuo. I primi anni di vita sono quelli in cui i cambiamenti
sono maggiori (dall’assenza di parole al saper costruire una frase e un breve discorso),
ma anche il periodo successivo si caratterizza per una maturazione significativa che
riguarda sia aspetti quantitativi sia qualitativi di tali abilità.
E’ possibile individuare una serie di fasi principali:
1. Fase Prelinguistica
La fase pre linguistica inizia dalla nascita e si sviluppa per tutto il primo anno. Il
bambino, inizia a “comunicare” utilizzando il pianto. Questo avrà caratteristiche diverse a
seconda del significa (fame, sonno, dolore) e darà luogo ai primi scambi interattivi. La
madre riconosce, infatti, precocemente il tipo di pianto e agisce di conseguenza (ad
esempio se è dovuto a fame lo allatterà). Inoltre, sempre la madre troverà strategie
adeguate a non far piangere il bambino, mostrandogli un gioco o attivando della musica, e
pre linguistica delle prime parole morfosintattica pragmatica
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
9
questo comportamento potrà essere accompagnato (dal 3° mese) a espressioni, quale il
sorriso sociale. Il sorriso amplierà, quindi, la possibilità di scambi interattivi con l’adulto e,
insieme alla comparsa di vocalizzi (tra il 2° e il 6° mese) si creeranno delle forme di
protoconversazione in cui i vocalizzi e i sorrisi si inseriscono, a turno, in quello che dice il
genitore.
A partire dal 6° mese, comparirà la lallazione (sequenza di sillabe consonante-
vocale) come “ma-ma-ma” o “da-da-da” che tenderà a ripetere anche più volte. Questa
prima forma di lallazione viene definita poco modulata proprio per questo aspetto ripetitivo
delle sequenze verbalizzate (“mamama”), seguirà a partire dai 10-12 mesi una espansione
del numero di sillabe prodotte e delle loro combinazioni. Si parlerà, a questo punto, di
lallazione modulata.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
10
I bambini, più o meno nello stesso periodo, inizieranno ad utilizzare specifici
vocalizzi sempre nelle stesse situazioni (ad esempio, “tata” per richiedere qualcosa). Sono
degli abbozzi di parole, ma con un significato, e indicano uno sviluppo non solo fonologico
ma anche lessicale.
Il genitore interpreta i comportamenti aiutando il bambino a raggiungere il suo
scopo. E questa intenzione dell’adulto farà emergere successivamente la comunicazione
intenzionale nel bambino, che capisce che l’adulto può partecipare attivamente aiutandolo.
Sempre tra i 10 e i 12 mesi, il bambino inizia ad utilizzare gesti per richiedere, condividere
e comunicare. I gesti rivestono un’enorme importanza, soprattutto perchè permettono di
comunicare anche se il linguaggio non è ancora presente.
La comunicazione non verbale (gesti, ma anche espressione del volto e sguardo) è
ben compresa dal genitore che, in tempi rapidi, riesce a dare un significato al
comportamento del proprio bambino.
Inizialmente i gesti saranno di tipo deittico (o comunicativi), in quanto esprimono
da parte del bambino un’intenzione comunicativa e si riferiscono a un oggetto, evento del
mondo esterno facilmente osservabile. Tra questi i più importanti sono l’indicazione, alzare
le braccia per essere presi, allungare la mano aperta se si vuole qualcosa, e si
accompagnano al contatto oculare. Durante tutta la fase pre linguistica un ruolo
fondamentale è quello dello sguardo, il bambino inizialmente attiverà il contatto oculare in
modo preferenziale con la madre e in una fase successiva (quando sarà aumentata
l’acuità visiva) inizierà a guardare l’ambiente e le persone oltre la madre. Un passaggio
importante è quello in cui il bambino non guarderà più solo l’adulto (sguardo diadico), ma
passa dall’adulto all’oggetto desiderato (triangolazione dello sguardo). Questo fenomeno
fondamentale viene chiamato anche dell’attenzione condivisa, esso compare già a partire
dal 6° mese (in realtà in forma molto abbozzata), e si manifesta quando il bambino e
l’adulto guardano lo stesso oggetto o evento esterno alla diade. L’attenzione condivisa
serve al bambino per spostare l’attenzione della madre su qualcosa al di fuori del campo
visivo e, insieme all’indicazione, ha un’enorme valenza interattiva e comunicativa,
soprattutto in questa fase non verbale.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
11
I gesti con valenza comunicativa rappresentano una fase importante dello sviluppo
perchè indicano anche il momento in cui il bambino comprende che esiste altro al di fuori
di sè.
I gesti deittici hanno diverse finalità, come quella richiestiva, che il bambino mette in
atto perché vuole che l’adulto gli dia un oggetto, o come quella dichiarativa, che il bambino
usa quando desidera condividere attenzione o interesse su un oggetto o un evento con
l’adulto che si trova lì (Camaioni et al., 2001).
Dopo l’anno ai gesti comunicativi si affiancano quelli referenziali (o
rappresentativi). Essi esprimono, oltre l’intenzione comunicativa, un significato che non
varia con il contesto (esempio tipico è il gesto del “ciao” ha un significato e viene usato al
momento di andare via, indipendentemente dalle persone che si hanno di fronte). Tra i
gesti referenziali ritroviamo oltre il ciao, il no, il non c’è più, e molti altri.
Questi gesti sono il risultato, nella maggior parte dei casi, di routine sociali e
vengono appresi per imitazione.
In un secondo momento, il numero di gesti aumenta, così come la loro valenza
comunicativa (ad esempio, il gesto del buono inizialmente può essere usato per “dire” che
un cibo è buono e poi per richiedere cose buone o per dire che un qualcosa gli piace).
Nello stesso periodo in cui il bambino usa i gesti di tipo referenziale, compaiono le
prime parole (sebbene molto semplici e spesso con errori fonologici). E’ stato dimostrato
come vi sia un rapporto inversamente proporzionale tra numero di gesti usati e numero di
parole. Infatti, in una prima fase il bambino avrà molti gesti e poche parole poi, con
l’aumentare del numero di parole si ridurrà sempre di più il ricorso al gesto come
strumento comunicativo.
La figura successiva mostra uno schema di quanto accade nella fase pre verbale
con le relative età di comparsa.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
12
2. Fase di emergenza delle prime parole
Le prime parole compaiono a partire dai 13 mesi circa. In realtà, vi è un’estrema
variabilità con cui si presenteranno. Inizialmente, il bambino userà parole semplici per
nominare persone a lui vicine (mamma, papà, nome dei fratelli, nonno/a) e oggetti legati al
suo quotidiano (acqua, pappa, cane).
Le prime parole sono, quasi sempre pronunciate male (ad esempio, aua x acqua) o
possono essere presenti delle gergolalie o pseudoparole (parole non comprensibili per
l’adulto, ma usate in modo specifico dal bambino).
Il patrimonio linguistico, nei primi mesi, viene utilizzato in modo contestuale e le parole
hanno un significato legato alla categoria (ad es. pappa x tutti i cibi, ma anche per
richiedere di mangiare).
Come più volte sottolineato, quando si parla di sviluppo linguistico è necessario
prestare attenzione allo sviluppo della comprensione verbale.
fase pre linguistica
pianto
vocalizzi (dal 2° mese)
lallazione (dal 6° mese)
non modulata (6-‐10 mesi)
modulata (10-‐12 mesi)
gesti
deittici (9-‐12 mesi)
referenziali (12-‐18 mesi)
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
13
Questa competenza ha un ruolo centrale nelle capacità di comunicare e matura, in
realtà, prima della produzione verbale.
Il bambino comprende frasi semplici, quando ancora non dirà alcuna parola. Anche la
comprensione verbale sarà, inizialmente, per situazioni contestuali (ad esempio,
richiedere la consegna di un oggetto posto di fronte al bambino) e poi per ordini e concetti
sempre più complessi, astratti e decontestualizzati.
In generale, la comprensione verbale è sempre più avanti, sia in termini qualitativi sia
quantitativi, rispetto alla produzione verbale.
Il vocabolario è, nel primo anno e ½ - 2 anni, composto dalle parole usate con
maggiore frequenza e da nuove parole acquisite in modo graduale o, in alcuni bambini,
con una tale velocità che viene chiamata “esplosione del vocabolario”. Questa non
riguarda tutti i bambini, ma al di là della velocità di comparsa di nuove parole si osserva
una maggiore flessibilità dell’uso del vocabolario posseduto.
A partire dai due anni, iniziano ad essere presenti anche aggettivi, preposizioni, articoli
e un buon numero di verbi.
Se fino ai due anni il bambino usava singole parole o, al massimo parola + parola, per
comunicare, ora (tra i 24 e i 30 mesi) prova a costruire delle frasi semplici soggetto,
verbo, oggetto (ad esempio, mamma voglio acqua).
Le strutture grammaticali sono ancora molto immature e l’uso del vocabolario si
caratterizza per una povertà semantica (esempio, fiore tutti i fiori) e numerose
generalizzazioni. Il significato delle parole viene costruito sulla base di somiglianze
percettive e funzionali.
Il vocabolario, a livello semantico, continua ad ampliarsi fino all’inserimento in scuola
elementare (in realtà anche dopo) e il bambino sarà sempre più preciso nel scegliere la
parola (o il verbo) più corretta per quello che vuole esprimere.
3. Fase dello sviluppo morfosintattico
Questa fase inizia quando il bambino ha un vocabolario sufficiente, in termini di
numero di parole e verbi, per poterle combinare tra di loro e iniziare a creare delle frasi.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
14
Si ha sia uno sviluppo delle componenti morfologiche (plurale, singolare, genere,
aggettivi, pronomi, coniugazione dei verbi, etc.) sia di quelle sintattiche (capacità di
costruire frasi che rispettino le regole della lingua di appartenenza).
La fase morfosintattica inizia già intorno ai due anni (ci deve essere un vocabolario di
almeno 50 parole) (Camaioni et al, 1991), ma queste capacità continuano a maturare fino
all’età scolare (alcune strutture più complesse non prima dei 10 anni).
Tra i 3 e i 4 anni, il bambino possiede le strutture semantiche principali e le organizza
in frasi di lunghezza progressivamente maggiore.
Sempre di più, avrà importanza il significato di quello che il bambino vuole dire e,
intorno a questo, si costruisce la capacità di formulare frasi più corrette dal punto di vista
morfosintattico.
Inoltre, in questa fase, è importante, più che mai, la comprensibilità di quello che viene
verbalizzato. Il linguaggio, ormai, è ricco da un punto di vista quantitativo, e con il
concomitante sviluppo cognitivo, viene utilizzato in situazioni interattive più complesse,
come il gioco di finzione, il racconto e la conversazione.
I tempi di acquisizione delle capacità semantiche, ma anche di quelle morfosintattiche,
risentono della situazione socio culturale del bambino nel momento in cui la struttura dei
discorsi diventa più complessa con strutture grammaticali più mature (Parisi, 1997).
Le capacità morfosintattiche, nella lingua italiana, vengono acquisite in modo graduale
e lentamente dai bambini e questo dipende, in parte, dalla complessità della lingua.
Lo sviluppo della morfosintassi non riguarda solo la produzione verbale ma anche la
comprensione di quanto gli altri dicono. E’ stato affermato che il linguaggio viene usato in
modo, ormai, costante nelle interazioni, di gioco e non, ma poichè l’interazione per
definizione implica uno scambio è fondamentale che il bambino comprenda quanto gli
viene detto. Un bambino che ha difficoltà a comprendere strutture grammaticali più
complesse rischia di non riuscire a seguire le regole di un gioco o a non poter interagire
con i pari secondo quanto atteso per l’età.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
15
Le tappe di acquisizione delle diverse competenze comunicativo linguistiche sono
molteplici e, anche in relazione alla complessità di tale funzione, presentano una certa
variabilità. La variabilità, che abbiamo visto anche in altri ambiti dello sviluppo, è fisiologica
e fa parte della natura umana, però esistono degli appuntamenti evolutivi che devono
essere rispettati altrimenti si è di fronte a situazioni di rischio o, peggio, di disturbo vero e
proprio.
Gli appuntamenti evolutivi più importanti sono:
Come si vede la variabilità è elevata, ma questo non deve portare a sottovalutare il
bambino che non parla. E’ necessario monitorare e valutare non solo la quantità di quello
che dice, ma soprattutto se è presente un’intenzionalità comunicativa, se vi è una
comunicazione non verbale e quale è il livello di comprensione presente. Tutte queste
informazioni saranno d’aiuto a stabilire se si è di fronte ad una situazione fisiologica, a
rischio o di franco problema.
• 9-‐12 mesi Comparsa di gesti deittici (soprattutto l’indicazione)
• 12-‐15 mesi Comparsa di gesti referenziali
• in media tra gli 11 e i 13 mesi • Rari casi a 8 mesi e, meno rari, casi a 18 mesi (i cosiddetti parlatori tardivi).
Comparsa di prime parole
• 24-‐30 mesi Comparsa delle prime frasi
• 2-‐3 anni sviluppo morfosintattico
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
16
4. Fase dello sviluppo pragmatico
Le competenze pragmatiche vengono, classicamente, definite come quelle capacità di
utilizzare il linguaggio con finalità comunicative nei diversi contesti e con persone diverse.
Tale abilità, in realtà, si sviluppa molto precocemente, ancor prima che compaiano
le parole e procede di pari passo con la maturazione ed espansione delle capacità
linguistiche. Ovviamente, vi è una relazione diretta tra livello linguistico raggiunto e livello
pragmatico esistente.
Un ruolo fondamentale, per lo sviluppo di tali capacità, lo hanno oltre i bambini le
relazioni ed interazioni che essi sperimentano con i pari e con gli adulti.
Il bambino, gradualmente, impara a utilizzare tipologie di comunicazioni diverse a
seconda degli interlocutori e comprende quali sono i mezzi per comunicare in modo
efficace quelli che sono i suoi desideri, pensieri e intenzioni.
Inoltre, impara che esiste una differenza importante tra quello che si vuole dire e
quello che effettivamente si dice, e che esiste la possibilità che il linguaggio sia “ambiguo”,
che sia “astratto” e, infine, che esistono delle forme linguistiche che non si riferiscono alla
realtà, bensì a stati mentali (es., “io penso che...”).
Dopo i 6 anni la capacità conversazionale migliora, anche perché il bambino sa
produrre messaggi immediati e adeguati, sa chiedere spiegazioni se non ha capito e sa
tenere conto dei diversi punti di vista. Egli migliora le capacità metalinguistiche: sa
produrre linguaggio ed è in grado anche di riflettere sul linguaggio e sa riconoscere che
esso è qualcosa di convenzionale, sa rifletterci sopra (es: quando impara la grammatica).
Tra i 6 e gli 8 anni compare la capacità di inserire nei racconti delle complicazioni,
un elemento di rottura. A 10 si arriva all’inserimento di diverse complicazioni con relativa
soluzione. In preadolescenza e adolescenza le capacità migliorano e la novità è quella di
muoversi sul piano del racconto andando avanti e indietro, non c’è più sempre rapporto di
consequenzialità (flash back, flash forward, racconto nel racconto).
Infine, lo sviluppo armonico delle competenze comunicativo-linguistiche è alla base,
oltre a quanto fin’ora riportato, dello sviluppo degli apprendimenti scolastici.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
17
La lettura, la scrittura non possono prescindere dallo sviluppo fonologico, semantico e
morfosintattico. Allo stesso tempo, la comprensione dei compiti, dei problemi e delle
spiegazioni fornite dall’insegnante non possono prescindere da una comprensione verbale
adeguata.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
18
Una particolare forma di comunicazione: l’ironia
L’ironia è una particolare figura retorica che entra a far parte quotidianamente degli
scambi comunicativi.
La comprensione di tale forma di linguaggio non letterale risulta di primaria
importanza, dunque, per l’efficienza delle interazioni sociali. Si tratta di un processo
cognitivo piuttosto complesso che richiede la decodifica di ciò che il parlante ha detto
letteralmente e il riconoscimento di una certa espressione facciale e di un tono di voce,
che si prestano al proferimento ironico. Inoltre, cogliere l’intenzione ironica implica la
comprensione non solo del fatto che il parlante non intende dire ciò che ha detto
letteralmente, ma anche che dà per scontato che il suo interlocutore è consapevole che
non intende essere inteso letteralmente.
Definizione di ironia
L’ironia è una forma di comunicazione a cui gli individui sono esposti fin dai primi
anni di vita, attraverso vari canali.
E’ definita dal dizionario della lingua italiana (Zingarelli, 2006) come un costrutto
dalle molteplici componenti:
i. (filos): svalutazione eccessiva, reale o simulata, di sé stessi, del proprio pensiero,
della propria condizione.
ii. Dissimulazione più o meno derisoria del proprio pensiero con parole non
corrispondenti ad esso.
iii. Figura retorica che consiste nel dire il contrario di ciò che si pensa.
iv. Specie di umorismo sarcastico e beffardo.
questo paragrafo è stato scritto in collaborazione con la dott.ssa Mara Testa e il Dott. Sergio Melogno
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
19
v. Derisione, scherno.
Può essere verbale o meno, o legata agli eventi; può essere espressa mediante
un’affermazione, uno scambio comunicativo o sottoforma di domanda, inoltre anche uno
sguardo, un’espressione facciale o un sorriso possono essere ironici.
L’ironia consiste in una forma di linguaggio non letterale caratterizzata
dall’opposizione tra il significato letterale della frase e l’intenzione comunicativa del
parlante (Booth, 1974; Winner, 1988, citato da Dews et al., 1996), quindi, essendo un
fenomeno non standard di comunicazione, necessita di processi inferenziali più complessi,
i quali richiedono maggiori risorse da parte del sistema cognitivo.
Un processo inferenziale presuppone che si dia una qualche forma di rapporto, a
seconda dei casi più o meno formale, tra l’informazione in entrata e quella in uscita.
Al fine di comprendere l’intenzione ironica, infatti, un individuo deve in primo luogo
elaborare il significato non letterale di un enunciato, testandone il significato in base al
contesto e, nel caso fosse riscontrata un’ incongruenza attribuita alla violazione delle
massime conversazionali, creare un’alternativa non letterale che risparmi il senso
dell’enunciato.
La riuscita di un atto comunicativo, così come la comprensione dell’ironia necessita
dell’acquisizione sia delle basi del sistema linguistico, come la sintassi, la fonologia e la
morfologia, sia delle competenze per utilizzare il linguaggio nel giusto contesto: come,
quando, a chi dire qualcosa (Papp, 2006). Tali competenze rientrano nell’ambito della
pragmatica. Quest’ultima è una disciplina della linguistica che si occupa dell’uso della
lingua come azione; osserva come e per quali scopi la lingua viene utilizzata. Più nello
specifico si occupa di come il contesto, inteso come qualsiasi fattore extralinguistico
(sociale, ambientale, psicologico, etc.), influisca sull’interpretazione dei significati.
Tipi di ironia
Esistono diversi tipi di ironia, tra cui quella situazionale e verbale.
L’ironia situazionale è insita in eventi o fatti senza presupporre affermazioni verbali
e intenzionalità. L’assenza del canale verbale permette di saltare il processo di decodifica
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
20
del contenuto delle affermazioni, dei segnali vocali, permettendo, così, un’ interpretazione
più immediata; proprio per questo, l’ironia situazionale è semplice da comprendere per i
bambini, che riescono già ad identificarla in età scolare. Questo potrebbe dipendere dal
fatto che la sua codifica non implica inferenze sugli stati mentali, intesi come intenzioni, di
chi è coinvolto nell’atto ironico.
L’ironia verbale è compresa e diffusa tramite il linguaggio; nelle interazioni sociali di
tutti i giorni, per comprendere l’ironia verbale è probabile che si abbia bisogno
dell’accompagnamento dell’espressione del viso e del tono di voce di chi parla e integrare
poi le informazioni raccolte da questi segnali con il contesto della situazione.
Un’affermazione ironica può avere significato sia positivo che negativo: nel primo
caso chi parla intende fare un complimento, nel secondo caso invece, il parlante vuole
criticare il suo interlocutore attraverso la derisione. Dunque una critica ironica è una
dichiarazione positiva con lo scopo di trasmettere un significato negativo, al contrario, il
complimento ironico è una dichiarazione negativa per trasmettere un significato positivo.
L’ironia verbale può avere diverse funzioni sociali:
• Attenuazione: grazie alla quale il parlante può attenuare l’irruenza di una
critica e può, allo stesso modo, rendere un complimento ironico meno
lodevole, in relazione ai corrispettivi letterali (Thinge Hypothesis; Dews et al.,
1995);
• Umorismo: funzione di cui si può servire una persona per rendere una
situazione più divertente e colorita (Dews et al, 1995).
Teorie sull’ironia
Secondo l’interpretazione classica la relazione tra significato letterale e ironia pone il
significato ironico come il contrario di ciò che è detto: “Contrarium quod dicitur
intelligendum est” (Quintiliano, Istitutio oratoria, 9, 2, 44’).
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
21
Anche Grice (1989), pur sostenendo che l’ironia sia un caso di implicatura
conversazionale1 (rivela qualcosa che non viene detto, ma viene fatto intendere
utilizzando il contesto della conversazione), dovuta alla violazione della massima della
qualità, non si discosta molto dalla posizione che individua l’ironia laddove c’è
contraddizione e inconsistenza.
Sia l’interpretazione classica che la visione Griceiana condividono l’idea che alla
base della comprensione dell’ironia ci sia un processo psicologico.
A tal proposito, secondo il Modello Pragmatico Standard (Grice, 1975; Searle,
1979; citati da Marchetti et al., 2007) nel processo di comprensione di un’affermazione
ironica, viene decodificato prima il significato letterale, il quale, poi, se viene rilevata
un’incompatibilità tra il senso letterale e gli elementi di supporto all’interazione insiti nel
contesto, viene cancellato e sostituito dal significato inteso dal parlante.
Tale posizione teorica suggerisce che il linguaggio ironico venga elaborato
attraverso un processo obbligatorio, soprattutto nella fase iniziale della comprensione, e
che gli indizi contestuali e pragmatici siano coinvolti solo più tardi nel processo cognitivo.
L’ipotesi Griceiana viene contraddetta da alcuni studi sperimentali relativi ai
processi di comprensione dell’ironia.
Giora et al. (1999, 2002), infatti, hanno proposto un approccio denominato
“Rilevanza graduale” (Gradent Salience Hipothesis) ponendo l’accento sulla salienza dei
significati, i quali possono ritenersi tali (salienti) quando vengono categorizzati nel lessico
mentale poiché possiedono un alto livello di convenzionalità, frequenza d’uso, familiarità e
prototipicità. La comprensione richiederebbe, quindi, un processo a due stadi di
elaborazione: l’attivazione dei significati salienti, indipendentemente dal fatto che siano
plausibili col contesto, e successivamente la comprensione di tutti gli altri significati
possibili, permettendo di giungere così, alla comprensione dell’ironia. Ad esempio la
parola “ponte” potrebbe evocare il significato di intervento odontoiatrico per un dentista, 1 Tutti i comportamenti derivanti dall'osservanza delle massime o dalle loro violazioni o sfruttamenti danno luogo a delle implicature
conversazionali, che consistono in informazione supplementare derivante dal confronto di ciò che il parlante ha detto con la sua supposta aderenza al
principio di cooperazione e alle massime. Si distinguono da altri tipi di implicature, principalmente dalle implicature convenzionali, che invece sono
legate al significato convenzionale delle parole usate nel discorso.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
22
oppure un particolare tipo di esercizio fisico per una ginnasta. Ancora, un dentista
appassionato di ginnastica potrebbe trovare entrambi i significati ugualmente salienti. A
questo punto il contesto potrebbe modificare il significato della parola “ponte” nel caso in
cui il nostro dentista appassionato di ginnastica si trovasse a dover chiedere informazioni
stradali.
Se la comprensione richiede un processo a due stadi, per il significato “saliente” e
per quello ironico, ciò dovrebbe comportare tempi di elaborazione più lunghi di quelli
richiesti per gli enunciati letterali.
L’ipotesi che l’interpretazione del significato ironico richieda un maggiore sforzo
cognitivo non è condivisa dal Modello dell’Accesso Diretto di Gibbs (2002), nel quale viene
ipotizzato che la comprensione degli enunciati ironici non sarebbe necessariamente più
difficile rispetto a quella delle affermazioni letterali e potrebbe avvenire in un solo stadio, in
cui chi ascolta l’affermazione accederebbe direttamente al significato letterale, senza
previa decodificazione del linguaggio letterale.
Ad ogni modo, sia il modello di Giora che quello di Gibbs convergono nell’accettare
che si possa accedere al significato non letterale con la stessa facilità con cui si fa
accesso a quello letterale, se si dispone di informazioni contestuali appropriate e che
quindi, l’interpretazione ironica non dipenderebbe dal fallimento di una plausibile
interpretazione letterale.
Entrambi i modelli, comunque, presentano un limite, relativo al fatto che non hanno
preso in considerazione i fattori sociali, i quali, come emerge da alcuni studi (Kreuz e
Caucci, 2009), giocherebbero un ruolo rilevante nel processo di comprensione dell’ironia.
Teorie relative all’oggetto dell’ironia La definizione classica e Griceiana non indica qual è l’oggetto proprio dell’ironia, ossia
verso che cosa si rivolge chi fa ironia. In vista di questo, tre teorie contemporanee hanno
affrontato il problema:
La Teoria della menzione ecoica (Sperber e Wilson, 1981) tenta di identificare il
pensiero dal quale si vuole prendere le distanze attraverso l’effetto ironico.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
23
Secondo questa teoria l'ironia è:
• una menzione di significati, ovvero un riferimento a un dato significato attraverso
una espressione linguistica;
• i significati sono impliciti, cioè fortemente legati al contesto in cui avviene la
comunicazione;
• una menzione che veicola un atteggiamento critico verso quei significati a cui si
fa riferimento;
• i significati rievocati fanno eco a quelli espressi in precedenza, ovvero
riprendono il significato (che è letterale) di una espressione precedentemente
manifestata (realmente pronunciata o appartenente alla cultura condivisa da
entrambi gli interlocutori).
Attraverso l’ironia il parlante comunica un pensiero a proposito di un pensiero
altrui, per indicare che è falso, irrilevante e non pertinente.
Secondo gli autori quindi colui che si esprime ironicamente non intende trasmettere
un significato contrario a quello letterale, ma ha la finalità di esprimere una critica a un
certo significato; e il destinatario dell'ironia non compie alcuna elaborazione di significati
letterali o figurati ma coglie semplicemente il riferimento a dei significati (menzione).
L'ironia è comprensibile non attraverso l’elaborazione di significati letterali o figurati
ma all'interno di un quadro più ampio dato dalla situazione e dall'intero contesto
comunicazionale e culturale.
Il significato dell’enunciato è puramente letterale e l’effetto ironico è dato “dal far
eco”, cioè dal riferimento ad un pensiero realmente espresso da qualcuno
precedentemente o dal riferimento ad uno stereotipo linguistico. L’ironia dipende quindi,
da un antecedente che ricordi di una norma violata o un’asimmetria e come tale, l’ironico
atteggiamento del parlante, di solito negativo, circa una data situazione.
La teoria della Finzione Allusiva (Kumon-Nakamura et al., 1995) prende spunto
dalla teoria della Menzione Ecoica e tenta di identificare lo stesso atto linguistico con cui si
ottiene l’effetto ironico.
L’ironia, in questo approccio,viene vista come un modo per ricordare indirettamente
una norma sociale o morale condivisa in una data comunità linguistica.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
24
L’ironia può essere compresa, quindi, non solo come richiamo a una frase ascoltata
in precedenza (eco), ma anche in riferimento a una norma condivisa infranta o a
un’aspettativa disattesa del parlante; ciò grazie al concetto di insincerità pragmatica,
ovvero intendere il contrario di ciò che è stato detto, di una aspettativa o di una norma
condivisa. Questa teoria si poggia su due concetti importanti:
1) Le espressioni ironiche sono destinate ad essere allusive in quanto richiamano
l’attenzione di chi ascolta su delle aspettative che in qualche modo vengono violate;
2) L’ironista deve essere pragmaticamente insincero e violare così, una o più
condizioni di un qualsiasi atto linguistico “felice”.
La Teoria della Negazione Indiretta (Giora, 2003) tenta di identificare la
situazione in cui viene espresso l’enunciato ironico.
Tale teoria ipotizza che l’enunciato ironico diriga l’attenzione su un’aspettativa
disattesa, creando un contrasto tra quanto viene detto e come invece le cose stanno
realmente. L’ironia è, pertanto, una forma di negazione indiretta, in quanto non esprime il
significato opposto a quello letterale, ma sottolinea la distanza tra la realtà e le aspettative.
Per esempio l'espressione “che bel film!” al termine della proiezione di un film
noioso sottolinea come questo si discosti dalle proprie aspettative e sia “lontano”
dall'essere bello; quindi questa espressione non evoca necessariamente né
l'interpretazione più lontana né il significato più prossimo a quello letterale.
Altre Teorie sull’ironia
- Constraint – Based Model of Language Comprehension (Pexman, 2008)
Tale modello si contrappone all’ipotesi di un’elaborazione di tipo seriale di
un’affermazione ironica, proposta da Giora (2003) e ipotizza che le diverse informazioni,
come il tono della voce, l’incongruità tra informazioni verbali e contestuali, la conoscenza
del parlante, vengono elaborate in parallelo al fine di giungere alla comprensione
dell’intenzione ironica. Un espressione verbale attiverebbe varie interpretazioni possibili,
che sarebbero elaborate parallelamente.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
25
Nonostante questo approccio sembri essere potenzialmente esplicativo ha una
bassa specificità, dovuta in parte al fatto che non vengono esplicitate in modo esaustivo i
processi cognitivi che supportano la comprensione dell’ironia e gli indizi su cui questi si
basano.
- Teoria dell’inappropriatezza rilevante (Attardo, 2000)
Questa teoria prevede che la comprensione dell’ironia avvenga prima tramite la
valutazione dell'inappropriatezza semantico-contestuale dell’espressione, e poi tramite la
valutazione della rilevanza dal punto di vista pragmatico, ovvero facendo riferimento ai
significati più funzionali allo scambio comunicativo in atto.
Pertanto secondo Attardo una frase viene riconosciuta come ironica se:
1. Risulta contestualmente inappropriata;
2. È rilevante;
3. È formulata intenzionalmente e con la consapevolezza del suo grado di
inappropriatezza contestuale da parte dell’ironista;
4. L’ironista vuole che l’ascoltatore colga i precedenti punti;
5. Se l’ascoltatore considera l’espressione come non-intenzionalmente ironica i punti 3
e 4 non si applicano (citato da Marchetti et al., 2007).
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
26
Sviluppo della comprensione dell’ironia verbale nello sviluppo tipico
Le affermazioni e le narrazioni ironiche insite nei cartoni animati e programmi per
bambini evidenziano il fatto che, questi ultimi, entrano ben presto a contatto con tale
modalità comunicativa e ne fanno esperienza quotidianamente (Marchetti et al., 2007).
Alcuni autori (Creusere, 1999; Levorato e Cacciari, 1995, 2002) sostengono che la
comprensione dell’ironia sia un processo stadiale. Come dimostrato (Winner, 1988) i
bambini comprendono prima le metafore e solo più tardi, verso i sei anni, l’ironia.
Creusere (1999) ad esempio, mostra dei risultati importanti sullo sviluppo della capacità di
riconoscere e comprendere l’ironia fino in fondo, con le sue caratteristiche
metarappresentazionali, contestuali, prosodiche, sociali e comunicative. L’autrice sostiene
che tra i 6 e gli 8 anni i bambini acquisiscono le capacità per distinguere le espressioni
letterali da quelle non letterali e solo successivamente diventano capaci di riconoscere la
natura diversa delle affermazioni non letterali, arrivando infine alla loro completa
comprensione, servendosi anche di altri fattori, quali il rapporto tra le parole e la realtà, gli
atteggiamenti e le intenzioni di chi parla.
Levorato e Cacciari (1995, 2002), a loro volta, hanno proposto un modello di
elaborazione globale (GEM: Global Elaboration Model) per spiegare come i bambini
acquisiscono le competenze necessarie per comprendere il linguaggio figurato e
idiomatico lungo il corso dello sviluppo, fino a padroneggiare la capacità di integrarle con i
più generali meccanismi cognitivi alla base dell’utilizzo del linguaggio. Le autrici
propongono un modello stadiale all’interno del quale a 5-6 anni i bambini si mostrano
capaci di utilizzare solo il linguaggio letterale; tra i 7 ai 10 anni iniziano a concepire
l’esistenza di affermazioni anche non letterali, la cui comprensione prevede il supporto di
numerose fonti di informazioni; dai 10 ai 12 anni interiorizzano il Principio della Violazione
della Letteralità (Padovani, 2006; citato in Marchetti et al., 2007; p. 118), attraverso il quale
riescono ad interpretare correttamente il linguaggio non letterale, facendo inferenze sulle
intenzioni del parlante. Dai 12 ai 15 anni acquisiscono e utilizzano in maniera spontanea
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
27
espressioni figurate note nei contesti di vita quotidiana, dove il senso potrebbe essere
frainteso. Solo in età adulta gli individui padroneggiano tutto il repertorio delle espressioni
figurate e le utilizzano in ogni situazione e contesto.
In contesto italiano il lavoro di ricerca che si è occupato dello sviluppo delle abilità
metalinguistiche, coprendo l’intero arco evolutivo, dall’età prescolare alla fascia
adolescente adulta è stato portato avanti da Pinto (1999). Un aspetto particolarmente
interessante degli strumenti di valutazione dell’abilità metalinguistica concepiti e messi a
punto da Pinto, riguarda “l’idea di considerare come oggetto di studio a se stante l’esame
delle argomentazioni delle risposte che il soggetto è in grado di dare, sulla falsariga di ciò
che Piaget introdusse fin dagli anni venti nello studio del ragionamento infantile”(Pinto,
1999; p. 57). Questa modalità è particolarmente esigente dal punto metacognitivo e
metalinguistico perché richiede processi “inequivocabilmente intenzionali, espliciti ed
analitici” (Pinto, 1999; p. 58).
Hancock, Dunham e Purdy (2000) hanno condotto degli studi per indagare un
aspetto più specifico dello sviluppo della comprensione dell’ironia, cioè l’ordine di
comparsa della capacità di identificare le critiche e i complimenti ironici, arrivando alla
conclusione che le prime vengono comprese più precocemente rispetto ai secondi. Gli
stessi autori sottolineano che per i bambini è più facile il significato letterale nel caso della
critica Ironica, mentre è più facile riconoscere il complimento ironico quando l’affermazione
ironica “fa eco” ad una precedente attesa di una situazione negativa; quindi evidenziano
come alcuni fattori, fra i quali il fattore ecoico, possano favorire la comprensione dei
complimenti ironici in bambini di 5-6 anni. Infine evidenziano un’asimmetria tra critica
ironica e complimento ironico simile a quella riscontrabile nell’adulto.
Il ruolo del contesto
Partendo dal presupposto che l’acquisizione delle abilità volte alla comprensione
dell’ironia rappresenta un processo lento e complesso, molti studiosi si sono chiesti se
indizi contestuali e linguistici possano, in qualche modo, supportare tale capacità.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
28
Una recente teoria che si occupa di spiegare come l’interlocutore interpreta il
significato veicolato da colui che parla, basandosi sui fattori contestuali, è la Teoria della
Rilevanza (Loukusa et al, 2006).
Questa parte dal presupposto che l’interpretazione letterale dell’enunciato a volte
non è sufficiente a comprendere il significato che vuole esprimere il parlante. Le
espressioni linguistiche assumono diversi significati in base al contesto e quindi hanno
tante possibili interpretazioni; queste ultime però, non vengono analizzate tutte
dall’interlocutore, ma la comprensione è guidata dagli aspetti salienti dell’informazione
contestuale.
Ackerman (1982, 1983; citato in Marchetti, 2007) afferma che gli indizi contestuali
rappresentano un elemento fondamentale per la comprensione dell’ironia soprattutto per i
bambini più piccoli, dal momento che con l’avanzare dell’età questi imparano a
padroneggiare l’ironia nelle varie situazioni, senza più servirsi di alcun indice “facilitante”.
Ha anche indagato, in bambini di età compresa tra i 6 e 8 anni, il ruolo della memoria nella
comprensione dell’ironia, concludendo che, come nel caso degli indizi contestuali, anche
la memoria è importante in funzione dell’età, quindi solo per i bambini più piccoli.
Winner et al. (1987, citato in Marchetti, 2007) hanno condotto le prime ricerche
concernenti la potenziale influenza del tono di voce sulla comprensione dell’ironia da parte
di bambini di 8-10 anni, giungendo a risultati che ne disconfermano il ruolo determinante;
dai loro studi è emerso infatti che i bambini si servono solo del riconoscimento della
discrepanza tra il significato letterale dell’affermazione e quello che il parlante vuole
intendere.
Studi più recenti, invece, avvalorano l’ipotesi che i bambini, nel processo di
acquisizione delle competenze relative al linguaggio indiretto, si servano sempre di indici a
loro disposizione, ma in modi diversi a seconda dell’età. A tal proposito Pexman et al.
(2006), alla luce del “Constraint-based model of language comprehension (Pexman et al.,
2008), hanno indagato l’influenza che la presentazione di informazioni, concernenti i tratti
di personalità del parlante, può avere nel processo di elaborazione e interpretazione
dell’ironia verbale. Dai loro studi è emerso che i bambini di 5-6 anni utilizzano informazioni
sulla personalità per inferire desideri e predire il comportamento dei personaggi di storie,
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
29
ma solo qualche volta sono in grado di interpretare correttamente le credenze e le
intenzioni di colui che fa una critica ironica; tale capacità subisce un notevole incremento
dai 5 agli 8 anni, probabilmente in funzione dello sviluppo cognitivo e delle esperienze
sociali. Inoltre tali studi dimostrano che i bambini tra i 5 e gli 8 anni, cui sono state fornite
informazioni sulle caratteristiche dei personaggi di storie, congruenti o incongruenti con
affermazioni ironiche, integrano tutti gli indici a loro disposizione e che i bambini di 5 anni
individuano la valenza ironica di un’affermazione in maniera più accurata quando una
frase è coerente con la personalità del personaggio.
Sviluppo della comprensione delle funzioni dell’ironia Dews et al. (1996) hanno esaminato la sensibilità di bambini di età compresa tra i 5-
6 anni e 8-9 anni, alle funzioni dell’ironia, attraverso due esperimenti, mettendoli a
confronto con adulti.
Il primo studio ha esaminato l’età in cui bambini iniziano a comprendere forme di
ironia verbale e quando, dopo l’acquisizione di tale abilità, si mostrano sensibili alle due
funzioni dell’ironia (attenuazione e umorismo). Sono state prese in considerazione le
critiche ironiche, le critiche letterali e i complimenti letterali, utilizzando un contesto
familiare per i bambini, come quello dei cartoni animati.
Il secondo studio ha cercato di esaminare come vari tipi di affermazioni e
l’intonazione con cui vengono fatte, possano influenzare la comprensione delle funzioni
comunicative dell’ironia.
Tali studi dimostrano che tra i 5-6 anni c’è un forte incremento della capacità di
identificare le affermazioni ironiche e che, mentre la sensibilità alla funzione di umorismo si
sviluppa in seguito con l’avanzare dell’età, in questo periodo i bambini sono già sensibili
alla funzione di attenuazione, suggerendo che a differenza degli adulti (che
padroneggiano entrambe le funzioni) essi cercano di utilizzare l’ironia nella misura in cui
servirebbe a mitigare l’aggressività di una critica.
È emerso, infatti, che i bambini di 6 anni giudicano la critica ironica meno cattiva di
quella letterale e trovano egualmente divertente una critica letterale e una ironica;
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
30
entrambe sono meno gradite rispetto ad un complimento letterale. Viene inoltre osservato
l’effetto comunicativo dell’intonazione, dal momento in cui un’intonazione sincera
riuscirebbe a mitigare la critica e ad accrescere l’umorismo.
Gli autori ritengono che tali risultati confermerebbero la Tinge Hipothesis (Dews et
al., 1995) secondo cui si assume che le affermazioni ironiche hanno la funzione di mitigare
sia il significato negativo che positivo rispettivamente di una critica e una lode letterale, a
causa dell’opposizione tra ciò che è detto e il significato sottostante.
Allo stesso modo Glenwright e Pexman (2003) indagano, attraverso due
esperimenti, l’abilità di bambini tra i 5 e i 6 anni e tra 7 e 8 anni di comprendere le funzioni
sociali dell’ironia, nelle condizioni di critica e lode sia ironiche che letterali. I risultati del
primo studio dimostrano che tra i 7 e gli 8 anni i bambini sono molto più rapidi nel cogliere
il significato delle critiche ironiche rispetto a quelli di 5-6 anni, ma per entrambe le fasce
d’età sono state riscontrate le stesse difficoltà nella comprensione delle lodi ironiche.
Inoltre è stato osservato come i bambini a quest’età percepiscano la critica ironica
come meno aggressiva di una critica letterale, ma comunque, prima dei 7-8 anni trovano
divertente più una frase letterale che ironica, confermando le assunzioni della Tinge
Hipothesis (Dews et al., 1995).
Dal secondo esperimento emerge che i bambini già a 5-6 anni percepiscono i
complimenti ironici come più svalutanti rispetto a quelli letterali e che solo i bambini più
grandi trovano i complimenti ironici più divertenti, suggerendo qualche evidenza relativa al
fatto che il riconoscimento della funzione dell’umorismo comincia ad emergere tra i 7-8
anni, per continuare a svilupparsi in seguito.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
31
COMPRENSIONE IRONIA VERBALE COMPRENSIONE
FUNZIONI IRONIA VERBALE
Funzione di attenuazione (Dews et al., 1996)
5-6 ANNI
Linguaggio letterale (Levorato e Cacciari, 1995, 2002)
Difficoltà con critiche e lodi ironiche (Pexman et al., 2006) Funzione di umorismo (Dews et al., 1996; Pexman et al., 2006) 7-10 ANNI
Linguaggio non letterale con più fonti di informazioni (Levorato e Cacciari, 1995, 2002)
6-8
ANNI
Distinzione espressioni letterali/non
letterali (Creusere,
1999)
Difficoltà solo con lodi ironiche (Pexman et al., 2006)
10-12 ANNI Linguaggio non letterale con inferenze su intenzioni parlante (Levorato e Caacciari, 1995, 2002)
12-15 ANNI Espressioni figurate note in contesti quotidiani (Levorato e Cacciari, 1995, 2002)
ETA’ ADULTA Tutte le espressioni figurate in tutti i contesti (Levorato e Cacciari, 1995, 2002)
Tab. 1 Tabella riassuntiva sullo sviluppo tipico dell’ironia.
BASI NEURALI DELLA COMPRENSIONE DELL’IRONIA
La ricerca neuropsicologica indica che l'emisfero destro, le aree prefrontali e le aree
temporali sembrano essere coinvolte nella comprensione dell'ironia.
Molti studi, condotti attraverso la fRMI, su bambini e adulti con sviluppo tipico,
sembrano condividere i risultati circa il coinvolgimento della corteccia mediale prefrontale
(MPFC) (Wang et al 2006a; Wang et al. 2006b; Wang et al. 2007; Shibata et al., 2010).
Alla luce di questi risultati, sembra infatti, che l’integrazione degli indizi contestuali
sia a carico della MPFC (Bird et al., 2004). Nello specifico, alcuni autori sostengono che
l'area dorsale della MPFC partecipa al monitoraggio cognitivo degli stati mentali e l’area
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
32
ventrale è implicata nella rappresentazione del significato emotivo degli stati mentali
(Hynes et al. 2006).
Wakusawa et al. (2007) hanno trovato, inoltre, che quando si deve determinare
l’appropriatezza situazionale di frasi ironiche e metaforiche piuttosto che di frasi letterali, la
MPFC sinistra si attiva maggiormente; ciò suggerisce che la MPFC sinistra è coinvolta nel
processamento intenzionale di significati sociali impliciti. Quando è necessaria
un’elaborazione di informazioni contestuali nel processo di comprensione dell’ironia, si
attive attiverebbe maggiormente la corteccia mediale orbitofrontale (MOFC) (Wakusawa et
al. 2007).
Queste aree (aree mediali frontali) sono associate all'attribuzione di stati mentali
(Frith e Frith, 2003).
La comprensione dell'ironia sembra quindi essere strettamente relata ai processi di
mentalizzazione, ma l'attivazione di queste aree cerebrali potrebbe essere influenzata da
operazioni cognitive di alto livello che richiederebbero il coinvolgimento delle funzioni
esecutive (Shibata et al., 2010). Tuttavia il modo in cui i processi cognitivi di alto livello
partecipano alla comprensione dell'ironia e alla mentalizzazione non è chiaro.
Sembra che anche il lobo temporale destro sia fondamentale nella comprensione
dell'ironia. In uno studio di Wakusawa et al. (2007), in cui i soggetti erano impegnati nel
determinare se le vignette che gli venivano presentate fossero ironiche, metaforiche o
letterali, presentavano un’attivazione maggiore nel lobo temporale destro solo nelle
situazioni ironiche. Tale risultato suggerisce una partecipazione di quest'area
specificatamente per il processamento dell'ironia (Wakusawa et al. 2007).
Inoltre, ci sarebbero delle attivazioni in aree diverse in base al tipo di proferimento
non-letterale: il giro temporale superiore destro (RSTG) e il giro temporale mediale destro
(RMTG) sembrano essere coinvolti maggiormente nella comprensione dell'ironia, mentre il
giro temporale inferiore destro (RITG), il giro frontale inferiore sinistro (LIFG) e il giro
temporale inferiore sinistro (LITG) sono maggiormente implicati nella comprensione delle
metafore (Eviatar e Just, 2006). Ciò suggerisce che il lobo temporale destro partecipa nel
giudizio di plausibilità e coerenza del discorso (infatti questo aspetto è maggiormente
presente nel discorso ironico) e alla comprensione degli intenti comunicativi (Eviatar e
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
33
Just, 2006), mentre il LIFG e LITG sono legati ai processi linguistici e in particolare ai
processi di accesso lessicale (infatti le metafore si servono maggiormente e
principalmente del canale comunicativo verbale) (Lee e Dapretto, 2006).
Differenze relative alle attivazioni neurali sono state riscontrate anche in relazione
all’età. Studi che hanno messo a confronto le prestazioni dei bambini e adulti in compiti
legati all’ironia (Wang et al., 2006b) hanno evidenziato, infatti, che in entrambi i gruppi si
attiva maggiormente la MPFC nel giudizio dell'ironia (rispetto al giudizio di frasi dal
significato letterale), ma tale attivazione diminuisce al crescere dell'età; questi dati
suggeriscono che il processo di inferenza dell'ironia diventa più automatico e le funzioni
della MPFC sono meno richieste.
Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
34
Nel processamento dell'ironia, i bambini, rispetto agli adulti attivavano
maggiormente il LIFG che è coinvolto nel giudizio di incongruità tra emozioni e parole
(Schirmer et al., 2004), la MPFC e il STG bilateralmente che sembra essere coinvolto in
generale nell’elaborazione delle informazioni facciali e prosodiche; invece gli adulti
attivavano maggiormente le aree occipitali inferiori e il giro fusiforme destro (RFG). Nel
giudizio dell’ironia, quando viene chiesto ai bambini di prestare attenzione ai volti,
vengono evidenziati pattern di attivazione neurale simili a quelli degli adulti (Wang et al.,
2006b), con un maggiore coinvolgimento del RFG, del lobo temporale destro e della
corteccia extrastriata (corteccia occipitale centrale e ITG), solo che negli adulti l’attivazione
del RFG non sarebbe indotta da una richiesta esplicita ma automatica, probabilmente
perché rappresenta una funzione dell'expertise nell'elaborazione di informazioni facciali (al
crescere dell'esperienza aumenta l'attivazione del RFG) (Gauthier et al., 2000).
Inoltre in questo studio il LIFG si attiva maggiormente nei bambini che negli adulti.
La LIFG sembra essere coinvolta nel riconoscimento dell'incongruità tra significato
letterale (positivo) della parola e emozione (negativa) associata ai commenti ironici
(Schirmer et al., 2004).
Sintesi degli studi sui correlati neurali sulla comprensione dell’ironia
Top Related