Z IL GOVERNO DELLO STORYTELLING Fisiognomica del Bomba, il … · ero napoletano, si mise a par -...

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La Verità 8 MARTEDÌ 18 OTTOBRE 2016 Fisiognomica del Bomba, il premier bam È nel contatto fisico con i Grandi del pianeta che la timida sudditanza di Matteo Renzi, mascherata da sicumera, si manifesta con gesti di stridente scompostezza. Le mani in tasca per ostentare sicurezza maleducazione, arroganza», stoccata da tramortire un bue; «governare è un’altra co- sa», lapidario. «Parla di sé in terza persona. È fantastico. Lui pensa che per governare basti raccontare una bella storia al Paese», e si torna sempre lì, alla perversione dello storytelling che masche- ra il vuoto d’idee e la conse- guente incapacità di confron- tarsi con quelle altrui. [...] Una pietra tombale su Renzi e sul renzismo come «prodotto di sintesi del berlusconismo di sinistra», che non ha saputo produrre nulla di meglio del- l’Italicum, «circa un mostro, disegnato come un abito su misura per un premier con la tendenza alla pinguedine». Passi per tutte le accuse poli- tiche, ma il giovin presidente del Consiglio, così attento alla propria immagine, non pote- va sopportare di essere de- scritto come un obeso latente. Così, all’indomani della scar- tavetrata (una fonte infedele del suo entourage a Palazzo Chigi assicura che abbia pian- to, leggendo i rimproveri di de Bortoli), si era già emendato a di STEFANO LORENZETTO Ormai tutto viene trangu- giato, metabo- lizzato, accet- tato, tollerato, perdonato, o- sannato in questa Italia di nani e balleri- ne dove non conta più nulla l’execution , come sostiene Riccardo Ruggeri, un ex ope- raio dell’officina 5 di Mirafio- ri che per anni ha tenuto a gal- la i bilanci della famiglia Agnelli. L’importante è solo lo storytelling , oscena parola su- bito fatta propria da Matteo Renzi, cioè la narrazione dei fatti, non la loro verità, non la loro consistenza. Bastano le favole della buonanotte per mettere a letto felici gli italia- ni. [...] Lo storytelling è stato eretto a forma di governo da un giova- notto dalla lingua lunga e dal- le ambizioni smisurate, dive- nuto presidente del Consiglio senza passare dalle urne, solo per aver radunato, in una sta- zione ferroviaria dismessa, un po’ di compagni di partito talmente ammaliati dalla sua parlantina sciolta da non ac- corgersi che il loro idolo era teleguidato via telefonino e via cuffie auricolari, come una qualsiasi Ambra Angioli- ni, da Giorgio Gori, marito della giornalista tv Cristina Parodi. Il quale lì alla Leopol- da gli suggeriva in diretta le frasi a effetto e le freddure - lo storytelling , appunto - più adatte per arruffianarsi la platea. Io non dico che Renzi, in quanto illegittimo erede di Palmiro Togliatti, avrebbe do- vuto trovarsi un ghost-writer della levatura di Massimo Ca- prara, che del Migliore fu per 20 anni il segretario, un napo- letano colto e garbato, già sin- daco di Portici e deputato, poi eretico con il gruppo del Ma- nifesto , saggista, direttore dell’Illustrazione italiana, chiamato a scrivere sul Poli- tecnico da Elio Vittorini e sul Giornale da Indro Montanelli. Ma credo che, se ancora resi- ste un minimo di decenza, debba sussistere una qualche distinzione, vivaddio, fra un Caprara e un Gori, che Vitto- rio Feltri cacciò per manifesta incapacità dalla redazione di Bergamo Oggi. [...] Se Alcide De Gasperi si era scelto come braccio destro Giulio Andreotti dopo averlo conosciuto nella Biblioteca Vaticana, Togliatti aveva pun- tato sull’intellettuale napole- Z IL GOVERNO DELLO STORYTELLING La statura fa lo statista? Punta l’indice verso l’infinito quasi a voler segnare la via da seguire, un tic infantile e reiterato Ma Togliatti avrebbe tollerato di farsi chiamare «cazzaro» e «cazzone», come fa Dagospia con Renzi? tano dopo aver discusso con lui per un mese intero - fu lo stesso Caprara a raccontar- melo - non di politica, non del- l’Urss, non del proletariato, non delle magnifiche sorti e progressive dell’umana gen- te, ma solo ed esclusivamente di scrittori italiani e francesi, in particolare di Jean-Jacques Rousseau, di Voltaire, di An- dré Malraux, tanto da far con- cludere a Caprara: «Questo non è un partito, è un salotto letterario». Renzi, cresciuto alla scuola di Mike Bongiorno come con- corrente della Ruota della for- tuna , sta a Gori, produttore dell’Isola dei famosi, come To- gliatti stava a Caprara, che non entrò mai alla Leopolda di Firenze però aveva dato del tu alla Storia. Come quella volta che il suo capo lo intro- dusse al cospetto del compa- gno Giuseppe Bessarione, il «piccolo padre» nato da una lavandaia e da un ciabattino, il demone delle purghe e dei gu- lag che si mangiava vivi i pro- pri figli: Iosif Vissarionovič Stalin. Nel vialetto della dacia che era appartenuta a Don- skoj, principe di Mosca vene- rato dalla Chiesa ortodossa come San Dimitri di Russia, Baffone, onusto di medaglie e senza il berretto da generalis- simo, i capelli sorprendente- mente grigi, venne incontro a Caprara. «Era marzo, muli- nelli di vento siberiano solle- vavano la neve, e io», rievoca- va l’ex portavoce del Migliore, «ero uscito dalla dacia con ad- dosso soltanto la giacca, un errore che non commise Nil- de Iotti, la quale indossava una sontuosa pelliccia di zi- bellino avuta in prestito dal Comitato centrale del Partito bolscevico. A un certo punto cominciarono a lacrimarmi gli occhi per il gelo. Stalin, credendo che mi fossi com- mosso alla sua vista, mi batté una mano sulla spalla, escla- mando in francese: «Courage, camarade», coraggio, compa- gno. Dopodiché, saputo che ero napoletano, si mise a par- larmi dell’isola di Capri». [...] Poste queste premesse, è an- che solo lontanamente imma- ginabile che Togliatti avrebbe tollerato di farsi chiamare «cazzaro» e «cazzone», come fa ogni giorno Roberto D’Ago- stino sul sito Dagospia con l’e- rede del Migliore che oggi sie- de alla guida dell’ex partito dei comunisti italiani in du- plex con il governo? Ci mancano gli uomini. Ab- bondano invece gli ometti. I diversamente uomini. È que- sta la tragedia del nostro tem- po. Servirebbero Cesare Lom- broso e Sergio Saviane in ver- sione gemelli siamesi per de- cifrare con efficacia la proter- va inconsistenza del «giovane caudillo», come Ferruccio de Bortoli, con sintesi mirabile, ebbe a definire Renzi sul Cor- riere della Sera nel suo edito- riale di congedo, «un maledu- cato di talento» che costringe inevitabilmente i pochi anco- ra in grado di pensare con la propria testa «a diffidare for- temente del suo modo di in- terpretare il potere». MALEDUCAZIONE Ci sarà un motivo se de Borto- li, persona di garbo, pacata e diplomatica, che per esplode- re ha bisogno di un detonato- re elettrico essendogli insuf- ficiente quello a miccia, ha sentito il dovere di rinnovare le medesime critiche a Renzi finanche dalle pagine di Li- nus, una rivista di fumetti: «Ha incarnato una grande no- vità», lisciata di pelo, «anche in termini di giovanilismo, modo suo, facendosi sagoma- re dal parrucchiere di fiducia un bel boccolo sulle ventitré, quello che un tempo chiama- vano tirabaci, ma appena ap- pena accennato, solo una leg- gera deviazione verso sinistra della fitta moquette nera che gli tappezza la volta cranica, giusto un tocco sbarazzino per valorizzare la sua giovani- le prestanza. CONTATTO FISICO È nel contatto fisico con i Grandi del pianeta che la ti- mida sudditanza di Renzi, mascherata da sicumera, si manifesta con gesti di stri- dente scompostezza. Dialoga con Barack Obama al vertice del G7 nel castello di Elmau in Germania e intanto con la ma- no destra muove su e giù la fe- de nuziale all’anulare della si- nistra, un vezzo tipico dei prelati, simpaticamente bol- lato come «masturbazione episcopale». Si morde le lab- bra per soffocare un moto di riso e si dà una pacca sul gi- nocchio destro per meglio manifestare il proprio com- piacimento a una battuta del presidente americano, senza curarsi di prevaricare con un braccio l’incolpevole Christi- ne Lagarde, direttore del Fon- do monetario internazionale, stretta fra i due. Punta l’indice verso l’infinito quasi a voler segnare la via da seguire, un atteggiamento infantile, rei- terato in varie occasioni uffi- ciali, che condivide soltanto con le statue di Lenin abbattu- te dopo la caduta del Muro di Berlino e con il suo mentore Silvio Berlusconi, il quale rie- sce a esibirsi in quel gesto per- sino nelle foto ufficiali che la sua addetta all’immagine, Mi- ti Simonetto, gli fa scattare ETIOPIA Con il presidente Teshome. Di nuovo naso all’insù ISRAELE Con il premier Netanyahu. Naso all’insù per apparire più alto

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LaVer ità8 MARTEDÌ18 OTTOBRE 2016

Fisiognomica del Bomba, il premier bambino che non diventerà mai un giganteÈ nel contatto fisico con i Grandi del pianeta che la timida sudditanzadi Matteo Renzi, mascherata da sicumera, si manifesta con gestidi stridente scompostezza. Le mani in tasca per ostentare sicurezza

maleducazione, arroganza»,stoccata da tramortire unbue; «governare è un’altra co-sa», lapidario. «Parla di sé interza persona. È fantastico.Lui pensa che per governarebasti raccontare una bellastoria al Paese», e si tornasempre lì, alla perversionedello storytelling che masche-ra il vuoto d’idee e la conse-guente incapacità di confron-tarsi con quelle altrui. [...] Unapietra tombale su Renzi e sulrenzismo come «prodotto disintesi del berlusconismo disinistra», che non ha saputo

produrre nulla di meglio del-l’Italicum, «circa un mostro,disegnato come un abito sumisura per un premier con latendenza alla pinguedine».Passi per tutte le accuse poli-tiche, ma il giovin presidentedel Consiglio, così attento allapropria immagine, non pote-va sopportare di essere de-scritto come un obeso latente.Così, all’indomani della scar-tavetrata (una fonte infedeledel suo entourage a PalazzoChigi assicura che abbia pian-to, leggendo i rimproveri di deBortoli), si era già emendato a

di STEFANO LORENZETTO

n Ormai tuttoviene trangu-giato, metabo-lizzato, accet-tato, tollerato,perdonato, o-sannato in

questa Italia di nani e balleri-ne dove non conta più nullal’exe c utio n , come sostieneRiccardo Ruggeri, un ex ope-raio dell’officina 5 di Mirafio-ri che per anni ha tenuto a gal-la i bilanci della famigliaAgnelli. L’importante è solo losto r ytell i n g , oscena parola su-bito fatta propria da MatteoRenzi, cioè la narrazione deifatti, non la loro verità, non laloro consistenza. Bastano lefavole della buonanotte permettere a letto felici gli italia-ni. [...]Lo storytelling è stato eretto aforma di governo da un giova-notto dalla lingua lunga e dal-le ambizioni smisurate, dive-nuto presidente del Consigliosenza passare dalle urne, soloper aver radunato, in una sta-zione ferroviaria dismessa,un po’ di compagni di partitotalmente ammaliati dalla suaparlantina sciolta da non ac-corgersi che il loro idolo erateleguidato via telefonino evia cuffie auricolari, comeuna qualsiasi Ambra Angioli-ni, da Giorgio Gori, maritodella giornalista tv CristinaParodi. Il quale lì alla Leopol-da gli suggeriva in diretta lefrasi a effetto e le freddure - losto r ytell i n g , appunto - piùadatte per arruffianarsi laplatea. Io non dico che Renzi,in quanto illegittimo erede diPalmiro Togliatti, avrebbe do-vuto trovarsi un ghost-writerdella levatura di Massimo Ca-prara, che del Migliore fu per20 anni il segretario, un napo-letano colto e garbato, già sin-daco di Portici e deputato, poieretico con il gruppo del Ma -n i festo , saggista, direttoredell’Illustrazione italiana,

chiamato a scrivere sul Poli -tecnico da Elio Vittorini e sulGiornale da Indro Montanelli.Ma credo che, se ancora resi-ste un minimo di decenza,debba sussistere una qualchedistinzione, vivaddio, fra unCaprara e un Gori, che Vitto-rio Feltri cacciò per manifestaincapacità dalla redazione diBergamo Oggi. [...]Se Alcide De Gasperi si erascelto come braccio destroGiulio Andreotti dopo averloconosciuto nella BibliotecaVaticana, Togliatti aveva pun-tato sull’intellettuale napole-

Z IL GOVERNO DELLO STORYTELLING

La statura fa lo statista?

“Punta l’indice versol’infinito quasia voler segnare la viada seguire, un ticinfantile e reiterato

”“Ma Togliatti avrebbetollerato di farsichiamare «cazzaro»e «cazzone», come faDagospia con Renzi?

”tano dopo aver discusso conlui per un mese intero - fu lostesso Caprara a raccontar-melo - non di politica, non del-l’Urss, non del proletariato,non delle magnifiche sorti eprogressive dell’umana gen-te, ma solo ed esclusivamentedi scrittori italiani e francesi,in particolare di Jean-JacquesRousseau, di Voltaire, di An-dré Malraux, tanto da far con-cludere a Caprara: «Questonon è un partito, è un salottol ette ra r io » .Renzi, cresciuto alla scuola diMike Bongiorno come con-corrente della Ruota della for-tu n a , sta a Gori, produttoredell’Isola dei famosi, come To-gliatti stava a Caprara, chenon entrò mai alla Leopolda

di Firenze però aveva dato deltu alla Storia. Come quellavolta che il suo capo lo intro-dusse al cospetto del compa-gno Giuseppe Bessarione, il«piccolo padre» nato da unalavandaia e da un ciabattino, ildemone delle purghe e dei gu-lag che si mangiava vivi i pro-pri figli: Iosif VissarionovičStalin. Nel vialetto della daciache era appartenuta a Don-skoj, principe di Mosca vene-rato dalla Chiesa ortodossacome San Dimitri di Russia,Baffone, onusto di medaglie esenza il berretto da generalis-simo, i capelli sorprendente-mente grigi, venne incontro aCaprara. «Era marzo, muli-nelli di vento siberiano solle-vavano la neve, e io», rievoca-

va l’ex portavoce del Migliore,«ero uscito dalla dacia con ad-dosso soltanto la giacca, unerrore che non commise Nil-de Iotti, la quale indossavauna sontuosa pelliccia di zi-bellino avuta in prestito dalComitato centrale del Partitobolscevico. A un certo puntocominciarono a lacrimarmigli occhi per il gelo. Stalin,credendo che mi fossi com-mosso alla sua vista, mi battéuna mano sulla spalla, escla-mando in francese: «Courage,camarade», coraggio, compa-gno. Dopodiché, saputo cheero napoletano, si mise a par-larmi dell’isola di Capri». [...]Poste queste premesse, è an-che solo lontanamente imma-ginabile che Togliatti avrebbetollerato di farsi chiamare«cazzaro» e «cazzone», comefa ogni giorno Roberto D’Ago -stino sul sito Dagospia con l’e-rede del Migliore che oggi sie-de alla guida dell’ex partitodei comunisti italiani in du-plex con il governo?Ci mancano gli uomini. Ab-bondano invece gli ometti. Idiversamente uomini. È que-sta la tragedia del nostro tem-po. Servirebbero Cesare Lom-broso e Sergio Saviane in ver-sione gemelli siamesi per de-cifrare con efficacia la proter-va inconsistenza del «giovanecaudillo», come Ferruccio deBortoli, con sintesi mirabile,ebbe a definire Renzi sul Cor -riere della Sera nel suo edito-riale di congedo, «un maledu-cato di talento» che costringeinevitabilmente i pochi anco-ra in grado di pensare con lapropria testa «a diffidare for-temente del suo modo di in-terpretare il potere».

M A L E D U CA Z I O N ECi sarà un motivo se de Borto-li, persona di garbo, pacata ediplomatica, che per esplode-re ha bisogno di un detonato-re elettrico essendogli insuf-ficiente quello a miccia, hasentito il dovere di rinnovarele medesime critiche a Renzifinanche dalle pagine di Li -nus, una rivista di fumetti:«Ha incarnato una grande no-vità», lisciata di pelo, «anchein termini di giovanilismo,

modo suo, facendosi sagoma-re dal parrucchiere di fiduciaun bel boccolo sulle ventitré,quello che un tempo chiama-vano tirabaci, ma appena ap-pena accennato, solo una leg-gera deviazione verso sinistradella fitta moquette nera chegli tappezza la volta cranica,giusto un tocco sbarazzinoper valorizzare la sua giovani-le prestanza.

CONTATTO FISICOÈ nel contatto fisico con iGrandi del pianeta che la ti-mida sudditanza di Renzi,mascherata da sicumera, simanifesta con gesti di stri-dente scompostezza. Dialogacon Barack Obama al verticedel G7 nel castello di Elmau inGermania e intanto con la ma-no destra muove su e giù la fe-de nuziale all’anulare della si-nistra, un vezzo tipico deiprelati, simpaticamente bol-lato come «masturbazioneepiscopale». Si morde le lab-bra per soffocare un moto diriso e si dà una pacca sul gi-nocchio destro per megliomanifestare il proprio com-piacimento a una battuta delpresidente americano, senzacurarsi di prevaricare con unbraccio l’incolpevole Christi-ne Lagarde, direttore del Fon-do monetario internazionale,stretta fra i due. Punta l’i n d ic everso l’infinito quasi a volersegnare la via da seguire, unatteggiamento infantile, rei-terato in varie occasioni uffi-ciali, che condivide soltantocon le statue di Lenin abbattu-te dopo la caduta del Muro diBerlino e con il suo mentoreSilvio Berlusconi, il quale rie-sce a esibirsi in quel gesto per-sino nelle foto ufficiali che lasua addetta all’immagine, Mi-ti Simonetto, gli fa scattare

E TIOPIA Con il presidente Teshome. Di nuovo naso all’insù

ISRAELE Con il premier Netanyahu. Naso all’insù per apparire più alto

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LaVer ità 9MARTEDÌ18 OTTOBRE 2016

Fisiognomica del Bomba, il premier bambino che non diventerà mai un giganteÈ nel contatto fisico con i Grandi del pianeta che la timida sudditanzadi Matteo Renzi, mascherata da sicumera, si manifesta con gestidi stridente scompostezza. Le mani in tasca per ostentare sicurezza

messaggi postati da mane asera su Facce e bocche, che mipare la traduzione più appro-priata di Facebook, e soprat-tutto su Twitter, dove milionidi tweet - alla lettera «cin-guettio», in inglese - conden-sati in 140 caratteri, non unodi più, vengono sparsi nell’e-tere da una moltitudine digarruli perdigiorno. [...]

INSONNE OTTIMISMONon capisco da dove Renzitragga tanto insonne ottimi-smo. È vero, apparteniamoentrambi alle prime due ge-nerazioni che, grazie al corag-gio dei nostri padri, non han-no più dovuto conoscere gliorrori della guerra e hannopotuto vivere di gran lungameglio di tutte le precedenti.Ma saremo anche le primedue che consegneranno ai fi-gli un futuro ben peggiore diquello che abbiamo avuto ineredità noi. E dovrei andare ingiro a vantarmene?A 750 anni dalla nascita diDante Alighieri, vedete quan-to poco occorra per far felicequesta serva Italia, di doloreostello, oggi più che mai navesenza nocchiere in gran tem-pesta, non donna di province,ma bordello. Matteo Renzi loha capito d’istinto, con quellabaldanza che può derivarglisolo dall’incoscienza e dallascoutistica «voglia di gioca-re». Con il suo piffero magico,diciamo pure un’ocarina,suona agli abitanti dell’im -bruttito Belpaese la musicache essi vogliono sentirsi suo-nare. Per questo piace moltoanche agli industriali in gene-re, i quali a mezza bocca ticonfidano che sì, tutto som-mato non vale proprio un caz-zo – ciacole a parte – que s topremier «cazzaro» e «cazzo-ne», ma, un nanosecondo ap-presso, s’interrogano smarri-ti: «D’altronde chi altro met-tere al posto suo? In questomomento, è il meno peggioche abbiamo». [...]La forza dello storytelling r i-siede proprio nell’i nve nta reogni mattina una suggestio-ne, un obiettivo mirabolante,uno sbrigativo slogan a effet-to privo di agganci con la real-tà, quasi sempre fasullo, per

abbindolare gli indecisi e rab-bonire i recalcitranti. Maquando nel rapporto fra pote-re e cittadini viene meno lapremessa linguistica dellaverità, dell’onestà nei con-fronti dei destinatari delmessaggio, qualsiasi discorsosi svuota di significato e tuttodiviene un indistinto e vacuoblablà. Le dichiarazioni a ca-pocchia da cui siamo som-mersi senza requie segnalanola stadiazione delle metastasiche hanno colonizzato le isti-tu z io n i .

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fandolo con un cameratesco«Maaartin!» e poi, durante laconferenza stampa, mentre ilpadrone di casa parla d’immi -grazione e altri temi scottan-ti, inganna il tempo sfoderan-do tutte le smorfie del propriososia Mr Bean, interpretate almeglio: sbadiglia, si ravvia icapelli, si gratta la testa, s’i-

speziona i padiglioni aurico-lari accartocciati, giocherellacon il solito telefonino senzaneppure curarsi di silenziar-ne la tastiera, si strofina le un-ghie e alla fine apostrofa il col-lega con uno sconcertante «fi-nito qui?» Un siparietto man-dato in onda solo da Canal+ inFrancia, con uno Schulz che sisbellicava dalle risate rive-dendo in studio il filmato del-le prodezze compiute al suocospetto dal fantolino venutoda Roma.

GIANNI PETTENATIIl Granduca della chiacchieraè diventato il Gianni Pettenatidella politica, l’uomo giustoche ci voleva per cantare agliitaliani il più consolatorio deiritornelli: «Ci sarà la rivolu-zione / nemmeno un cannoneperò tuonerà / ci sarà la rivo-luzione / l’amore alla fine ve-drai vincerà / e basterannopochi anni / oppure poche ore/ per fare un mondo migliore /un mondo dove tutti sarannoperdonati / chi ha vinto e chiha perduto / vedrai si abbrac-cerà». E infatti vissero tutti fe-lici e contenti con «Prossimafermata: Italia», «Italia obiet-tivo comune», gli 80 euro, ilJobs act, la Buona scuola, ilSenato delle Regioni e le altreesaltanti trovate di un ducettoche s’è «portato dietro» - cosìsi dipinge nel proprio sito uf-ficiale - «la voglia di giocare edi «lasciare il mondo un po’migliore di come lo abbiamotrovato» (Baden Powell)». Atener buoni i connazionalibastano il candore che pro-mana dalle sue camicie bian-che d’ordinanza adottate permeglio mascherare gli alonidi sudore (dicono che arrivi acambiarsene fino a 20 in unasola giornata) e i trionfali

Z IL GOVERNO DELLO STORYTELLING

Tranquillo, adesso ti spiego io

PA R ATA Ancora naso all’insù. Più marziale di un generale

RELAX Allo stadio con John Elkann, presidente di Fca

“Suona agli abitantidell’imbruttitoBelpaese la musicache essi voglionosentirsi suonare

nel salotto di Arcore, dove lameta da additare può esseret utt’al più Usmate Velate. Disuo, Renzi però ci aggiunge ilcoraggio di far postare su You-tube le immagini del suo ma-scherato disagio nel manierobavarese, nientemeno chesulle note dell’Inno alla gioiadi Beethoven, seguite dal sim-bolo della Repubblica italianainscritto nel logo della Presi-denza del Consiglio dei mini-stri. Delirio di impotenza.

BECCO DI UPUPASe Renzi deve indicare comesconfiggere il terrorismo do-po l’attentato di Bamako, lo fastringendo in pugno, per tut-to il tempo del discorso tenu-to alla reggia di Venaria, unIphone bianco ed esortando ipresenti a restare «social,umani». (E come? «Taggandoi potenziali soggetti pericolo-si», suggerimento che avràtranquillizzato parecchio i224 morti dell’aereo russofatto esplodere sul Sinai dal-l’Isis e i 130 innocenti accop-pati fra teatro Bataclan e din-torni). Se incontra FrançoisHollande, leva al cielo il suonasino a becco di upupa perapparire più alto del brevili-neo presidente francese - ilBullo toscano pensa che lastatura faccia lo statista - e ag-grotta contegnoso la fronteper darsi un’allure severa. Segli altri assumono una posaformale, il nostro premiers’infila le mani in tasca perostentare la sicurezza di séche non ha, com’è accaduto alvertice del G20 convocato adAntalya dopo la strage com-piuta a Parigi dai terroristi dimatrice islamica. Se nella suaFirenze deve improvvisarsicicerone della cancelliera An-gela Merkel invitata a Palazzo

Vecchio, le cammina due pas-si avanti, anziché darle la pre-cedenza. Se va in visita uffi-ciale da Martin Schulz, arrivaa Strasburgo in ritardo, co-stringe il presidente del Par-lamento europeo a sorbirsiun caffè perché lui deve finireuna telefonata, raggiunge lospazientito collega apostro-

CON BILL CLINTON Mano sul braccio. Siamo grandi amici, no?

CON STEPHEN HARPER Sonata al pianoforte per il premier canadese

IL LIBRO35 italiani seriMeno uno:il re del blablà

n Stefano Lorenzetto ènato a Verona, la città delmedico e antropologoCesare Lombroso (1835-1909), teorizzatore dellafisiognomica, che dedu-ce il carattere di un indi-viduo dall’aspetto fisicoe dalle espressioni delvolto. Inevitabile perciòche nel suo libro G iga nti(Marsilio, 396 pagine, 19euro), in cui traccia 35 ri-tratti di «italiani seri nelPaese del blablà», non fi-guri il Granduca dellachiacchiera, come lo de-finisce Lorenzetto, e cioèil premier Matteo Renzi.Al quale tuttavia l’auto reriserva un ritratto al ve-triolo nell’i ntro du z io n e,che qui pubblichiamoper gentile concessioned el l ’e d i to re.

VENITE A ME, VOI TUTTIIl presidente del Consiglio, Matteo Renzi,nella posa del Cristo Redentore,sul Corcovado, inaugura le Olimpiadi di Rio