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XIV Summit IEM 2 febbraio 2012 comunicato stampa
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IX SUMMIT SULL’INDUSTRIA DELLA COMUNICAZIONE
Roma, 2 febbraio 2012
COMUNICATO STAMPA:
Presentazione del XIV Rapporto IEM:
“I nuovi attori «sopra la rete» e la sostenibilità della filiera di internet”
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Il 2 Febbraio si è svolto a Roma il IX Summit IEM nel quale è stato presentato il 14° Rapporto IEM
sull’Industria della Comunicazione.
Due i temi principali trattati nel Rapporto e nel corso dell’evento, strettamente correlati:
• le difficoltà dei segmenti dell’industria della Comunicazione colpiti dalla crisi economica e
dalle trasformazioni dei modelli di consumo;
• l’affermazione di Internet e dei servizi “sopra la rete” che scompaginano assetti consolidati
della filiera dell’ICT
► I mercati e la crisi
Nel 2010 il mercato ICT e Media ha generato nel suo insieme un valore di poco superiore ai 95
miliardi di euro (6% del Pil) in lieve flessione rispetto al 2009 (-0,9%). Si è così arrestata
l’emorragia registrata nel biennio precedente ma le prime stime (dati parziali) indicano un nuovo
peggioramento (-2,8% sul 2010) connesso alla frenata degli investimenti pubblicitari e alla
contrazione della domanda di beni e servizi.
Tra i settori in crescita:
� la pubblicità su Internet galoppa a doppia cifra (+21,8%) così come gli incassi cinematografici
(+16,4%) trainati da un forte prodotto domestico;
� radio (+9,4%) e tv (+4,1%) rientrano in territorio positivo dopo la flessione del 2009
� positivo anche l’andamento della pubblicità below the line (+2,8%) mentre risulta stazionario il
settore librario (+0,3%).
Tra i settori con segno negativo:
� home video (-10,6%), musica (-9,7%) e directory (-7,5%) risentono più di altri della
concorrenza della rete e dell’offerta sempre più ampia di contenuti free;
� più contenute le perdite degli altri segmenti a contenuto editoriale - quotidiani -1,2%,
periodici -2,3% , videogiochi -2,4%) che stentano tuttavia a trovare nuovi modelli di business;
� nel macro segmento ICT, recupera l’informatica (-1,4%) dopo il brusco calo del 2009 mentre le
tlc continuano a perdere terreno (fisse -2,7%, mobili – 3,2%).
Le stime 2011 indicano, fatta eccezione per la pubblicità on line (incluso mobile advertising), un
arretramento per tutti i segmenti in linea con l’andamento economico generale. Videogiochi,
radio, quotidiani, musica, home video e cinema registrano flessioni variabili dal 6 al 15 %.
Quasi tutti i segmenti “tradizionali” pagano il calo degli investimenti pubblicitari e soffrono la
concorrenza della rete.
Si conferma il gap del nostro Paese nei confronti degli altri big europei. Fra i segmenti posti a
confronto, nel 2010 l’Italia è leader solo nella pubblicità televisiva ma conquista posizioni nei
settori cinema e radio nei confronti della Spagna e Regno Unito (solo radio).
Secondo Fondazione Rosselli le sfide future poggiano su 4 driver di sviluppo: upgrade
infrastrutturale; proprietà intellettuale; produzione contenuti; formazione.
In particolare:
� l’Agenda digitale deve porre al centro della policy lo sviluppo della banda larga che, però,
poggia inevitabilmente su una strategia di stimolo della domanda e una riflessione sulle
simmetrie regolamentari tra attori del sistema
� le politiche di sostegno pubblico devono premiare i contenuti editoriali di qualità e
l’innovazione, stimolando l’afflusso di capitali privati (leva fiscale); occorre anche un
ripensamento della normative che disciplinano gli obblighi di investimento in produzione e
programmazione.
� la tutela del copyright va combinata con una offerta legale ampia e diversificata, politiche
di prezzo eque, incentivi allo sviluppo e alla circolazione dei contenuti audiovisivi.
� vanno infine messi in campo piani di alfabetizzazione, campagne di promozione per
l’educazione ai media; azioni di formazione qualificata per stimolare nuova occupazione.
Il commento ai dati dell’APT (Fabiano Fabiani, Presidente APT)
Nel commentare i dati illustrati nel Rapporto IEM Fabiano Fabiani (Presidente APT) è convinto che
“saranno ancora anni difficili, in particolare se le politiche di contenimento dei costi delle
emittenti generaliste - principali finanziatrici del prodotto televisivo - continueranno a essere
basate meramente su tagli al prodotto, provocando ancora maggiori riduzioni dell’investimento da
parte dei loro inserzionisti”. Occorre, secondo Fabiani, dar vita ad “un combinato disposto” tra le
strategie individuate da IEM per fronteggiare l’attuale congiuntura (diversificazione, contenimento
dei costi, presidio contenuti multipiattaforma e internazionalizzazione).
Venendo alla fiction, APT evidenzia come “gli ascolti siano sempre buoni nonostante una
programmazione più confusa e concentrata, di fatto, su due reti (RaiUno e Canale 5).
Il commento ai dati di ATDI (Giangiacomo Olivi, Consigliere Indipendente ATDI)
In merito ai dati e alle previsioni effettuate da IEM Olivi conferma che “la contrazione dei
consumi, dovuta alla crisi economica, comporterà una contrazione degli investimenti pubblicitari
da parte degli inserzionisti, e quindi un ulteriore calo complessivo della quota di valore di mercato
da parte degli operatori ICT e (soprattutto) media.
Venendo alle strategie per uscire dalla crisi, Olivi ha affermato che “nell’attuale momento di forte
contrazione dei consumi e quindi di investimenti pubblicitari, dovrebbe essere rivista la normativa
sugli affollamenti pubblicitari che rischia di penalizzare ulteriormente tutti quegli editori
indipendenti dagli operatori e dalle piattaforme di distribuzione” (…)
Olivi è convinto che Internet “non è mai stata una minaccia ma un'opportunità”: “Gli associati
ATDI” – ha concluso Olivi – “hanno colto l'opportunità offerta dal web per consolidare la propria
quota di mercato e la propria indipendenza, puntando alla distribuzione dei propri contenuti
sulla rete; oggi tale processo è in forte accelerazione e lo dimostra la messa a punto di sistemi
ibridi (es. smart tv) che permettono alle offerte broadcast e quelle broadband di integrarsi”.
Il commento ai dati di TI Media (Gianni Stella)
“Il biennio passato è stato particolarmente complesso per il comparto televisivo che si è dovuto
confrontare con la flessione economica generale. In questo scenario La7 ha rappresentato
un’eccezione nel settore grazie alla sua offerta distintiva, che le ha permesso di crescere in
controtendenza col mercato, sia con un incremento di share (che nei primi nove mesi del 2011 ha
superato il 25% sul totale giornata e il 45% nel prime time) sia, di conseguenza, con un incremento
della raccolta pubblicitaria che nello stesso periodo ha superato il 36%.
Il prossimo futuro non ci riserverà condizioni migliori sul fronte macroeconomico e la televisione,
in particolar modo quella generalista, è destinata a soffrire. Per questo diventa ancor più urgente
aggiornare regole e strumenti del settore, primo fra tutti il metodo di monitoraggio degli ascolti,
che mostra qualche segnale di debolezza.”
“Più in generale – ha dichiarato Stella - il mercato va normalizzato perché la competizione deve
essere “fair”. Da questo punto di vista c’è un soggetto sul mercato anomalo rispetto agli altri
attori, la Rai: è necessario pensare ad un profonda cambiamento della legge che permetta
all’azienda di scindere la sua attività in due settori fondamentali: da un lato il servizio pubblico
finanziato dal canone e dall’altro l’attività commerciale sostenuta della raccolta pubblicitaria”.
In merito alle nuove piattaforme, Stella ha concluso sostenendo che il web è una grande risorsa
soprattutto per ti media che è parte di un gruppo di tlc. “Noi siamo partiti sul 2008 con grande
anticipo su questo settore e cominciamo ad avere risultati significativi: nel 2011 il numero di utenti
unici mese è cresciuta del 41% e più del 100% per pagine viste. Mentre La7.tv ha avuto incrementi
sia per utenti unici sia per video erogati superiori all’80% con un sensibile aumento sia delle ore di
video fruite del 60% mentre il tempo medio di visione è aumentato a 24 minuti”
Il commento ai dati di Mediaset (Gina Nieri, Consigliere di amministrazione)
Alla domanda “come si sta muovendo Mediaset in questo scenario di crisi”, Gina Nieri ha illustrato
le strategie del suo gruppo evidenziando la capacità di aver declinato al massimo delle sue
possibilità l’offerta sul digitale arricchendola sul profilo tecnologico.
“Sul digitale terrestre abbiamo alcune reti free tematizzate che vanno bene. Abbiamo un’offerta di
pay tv che raggiunge i due milioni di abbonati, abbiamo lanciato un servizio di Over the top
television che trasmette i nostri eventi. E la maggior parte dei nostri programmi sono su internet,
come catch-up tv e televisione del giorno dopo. Ci siamo avvicinati alle nuove esigenze dei
telespettatori più giovani. Abbiamo lanciato il canale TG Com dimostrando un grande impegno
nell’informazione: abbiamo fatto una importante innovazione con una agenzia giornalistica
trasversale alle diverse testate e piattaforme.
Occorre uno scatto di orgoglio per difendere le imprese nazionali. Basta con la guerra dei bottoni
(la guerra delle frequenze). Le imprese hanno bisogno di certezze e anche di essere difese nella
loro funzione di produttori di contenuti originali.
Il commento ai dati di ANICA (Riccardo Tozzi, Presidente )
Secondo Il Presidente ANICA, Riccardo Tozzi, anche nel 2012 il cinema italiano andrà bene. Va
ricordato che in pochi anni siamo passati dal 33 al 39% di quota di mercato nazionale. Nel 2011, la
causa principale della contrazione degli incassi è dovuta al calo degli introiti da film americani che
sono scesi in modo significativo e non sono stati compensati dall’incremento dei film italiani (7
milioni di spettatori in più nel 2011 rispetto al 2010). Alla luce di questi dati Tozzi ha affermato che
bisogna produrre, finanziare e distribuire più film italiani. E’ l’investimento nel prodotto che ci
salva e non la difesa delle strutture. Occorre in particolare in questa fase difendere ad ogni costo
le quote di investimento dei broadcaster cercando di convincere che non è sempre vero che il
cinema in tv non va bene. Il prodotto cinematografico è completamente cambiato. Bisogna solo
utilizzarlo in modo intelligente e motivato in tv.
Il tema più rilevante resta la lotta alla pirateria. Il governo, secondo il Presidente Anica non deve
cedere alle tentazioni infantili e demagogiche e attuare misure serie di natura repressiva. Occorre
capire che non si tratta solo di perdita di ricavi ma c’è una generazione di giovani che non ha più la
percezione dell’illegalità legata alla fruizione di contenuti sulla rete, convinta che scaricare file sia
normale. Si tratta di una vera e propria aberrazione morale e culturale. Ovviamente non bisogna
attaccare i singoli utenti ma i siti che commerciano prodotti in modo illegale.
► OTT vs TLC – Usa vs Europa: uno scontro tra sistemi contrapposti?
L’innovazione digitale che, in questo momento storico, è in grado di generare maggiore valore
economico e maggiore valore di brand, e che incide in tempo reale sui processi economici e sociali
mondiali, è un’innovazione “fuori dalle reti” e che quindi, per tradizione, non nasce in Europa ma
negli Usa o in altri sistemi economici emergenti.
Un’innovazione potremmo dire “sopra la rete”, e difatti l’acronimo con il quale vengono spesso
identificati soggetti come YouTube, Apple, Google o Facebook è “OTT”, over the top, che include
tutti quei fornitori di servizi sulla rete Internet che sono soggetti terzi e indipendenti dai
provider di connettività.
→ Scontro tra sistemi contrapposti, un sistema europeo TLC-centric e un sistema Usa OTT-
centric.
Da una parte i nuovi servizi “sopra la rete”
� portatori di innovazione e creatività, di cultura ed economics immateriali, teatro di
ridefinizione e ricontrattazione dei modelli sociali e dell’identità personale, con un
fortissimo posizionamento del brand e modelli di business fortemente competitivi e che si
vanno consolidando
� in grado di capitalizzare il valore su scala globale indipendentemente dal flusso degli
investimenti: l’elasticità tra costi e ricavi è infatti molto elevata nei costi legati
all’innovazione, ma l’economia di scala fa si che non ci siano – quasi - costi per utente
aggiuntivo, se non quelli legati al marketing e all’attività di lobby nei paesi coperti dal
servizio. I costi legati all’uso dell’infrastruttura sono, invece, meno incidenti.
Dall’altra le telcos e tutti gli altri attori ad alto livello di “materialità”,
� poco cool e molto connotati (sia nel brand che nell’organizzazione aziendale) dalla propria
origine di monopolio statale o comunque dalla propria natura primigenia di public utility;
� questi soggetti, relativamente al proprio core business, capitalizzano “solo” il valore della
propria rete, la quale richiede elevati investimenti di costruzione, gestione e innovazione, e
per le quali il costo di un utente aggiuntivo è spesso estremamente incidente.
Il mercato delle Tlc, dopo la grande crescita generata dalle liberalizzazioni degli anni ’90,
dall’avvento delle telefonia mobile e dalla diffusione della banda larga, vive dal 2007 una fase di
stagnazione e arretramento.
� Le tlc fisse risultano in perdita dal 2006, le tlc mobili dal 2008;
Il successo degli application store (in particolare Apple e Google) ha impattato decisamente sul
mercato mobile:
� diminuisce il valore del mercato complessivo di contenuti e applicazioni mobili(-27%)
� gli operatori telco si concentrano sulla fornitura di connettività (+50%)
Si delinea quindi uno scenario dove il flusso dei ricavi e quello degli investimenti costituiscono
due vettori scollegati tra loro. Il rischio è quello di un forte trasferimento di ricchezza tra Unione
Europea e Nord America con un effetto sostanziale sulla divisione internazionale del lavoro.
Ma perché in Europa non nascono servizi sopra la rete in grado di competere con i big mondiali
(Apple, Amazon etc)? E perché le telcos europee non riescono a posizionarsi in modo significativo
nel business degli OTT?
Le ragioni solo molteplici, e l’Osservatorio della Fondazione Rosselli intende aprire un percorso
che faccia maggior luce su questo tema, laddove riteniamo che queste problematiche abbiano
un impatto sostanziale sulla politica industriale del Paese e dell’area euro.
Qualche riflessione può essere però qui anticipata.
Si rileva un’asimmetria normativa secondo la quale gli operatori OTT possono scegliere secondo
quale legislazione e tassazione operare mentre gli operatori telco nazionali sono costretti in
qualche modo a farvi i conti (si pensi alla sicurezza delle comunicazioni, agli obblighi di privacy e
alla disintermediazione tra rete fisica e relativo posizionamento geografico e fornitura del
servizio).
Il punto nodale del business è la conoscenza dettagliata dell’utente finale, cioè quella mole di
informazioni che lo riguardano (dalla profilazione dei suoi gusti, ai suoi amici etc) che operatori
(OTT o TLC o broadcaster pay che siano) acquisiscono all’attivazione dell’abbonamento o
dell’accesso al servizio e arricchiscono nel corso della “relazione” con l’utente: la gestione di questi
dati fortemente sensibili è strettamente regolata in Europa (o meglio relativamente alle aziende
europee) mentre lo è molto meno negli Usa, e questo “gap” regolatorio viene capitalizzato dagli
OTT oltreoceano.
Questo è il punto nodale. Il mercato di Internet è costruito di fatto intorno al controllo delle
informazioni riguardanti gli utenti e quindi coincide con un processo di privatizzazione della
conoscenza collettiva.
Da questo discendono tutte le questioni che l’Osservatorio OTT andrà ad esaminare nei prossimi
mesi.
� Come può l’Europa favorire la nascita di imprese europee competitive con gli OTT?
� E’ corretto intraprendere una politica industriale “protezionistica” di supporto dei campioni
nazionali/europei?
� La strada è abbassare l’asticella normativa per tutti o alzarla per tutti?
� Come proteggere la libertà e la globalizzazione dei flussi e delle scelte di informazione
(l’utente di internet non giudica più concepibile il mancato accesso ad un servizio
disponibile ad es. negli Usa, perché la rete ha educato la popolazione mondiale ad un
concetto di libertà e internazionalizzazione mai visti prima) salvaguardando al contempo le
economie locali?
Chi riuscirà ad adattare e ad interpretare i futuri flussi informativi sarà il vincitore della contesa per
gli anni a venire. L’internet del futuro, in un’ottica di evoluzione che volge all’interazione e
prossimamente all’incorporamento degli oggetti, sembra avere bisogno sempre più di standard
condivisi e il Cloud computing apre prospettive enormi da questo punto di vista. Innovazione e
catena del valore vanno storicamente di pari passo con le integrazioni verticali da un lato e la
diffusione di piattaforme e standard condivisi da un altro.
L’ultimo grande successo europeo è relativo al Gsm, uno standard vincente che ha reso gli
operatori europei leader nelle comunicazioni mobili grazie ad un approccio coordinato. Occorre
rilanciare un circolo virtuoso interno, un mercato unico digitale e politiche d’innovazione
condivise.
In ogni caso, sembra doveroso perseguire strategie chiare e nette per superare una fase di
incertezza decisionale che oscilla tra protezionismo e liberismo rischiando di lasciare gli
operatori continentali in un vacuum normativo e strategico.
Un commento di Giuseppe Abbamonte, Head of Policy Development Unit, DG Information
Society, Commissione Europa
Una delle sette azioni previste dall'Agenda Digitale intende rafforzare le competenze informatiche
ed eliminare il digital divide. L'obiettivo è rendere digitale ogni cittadino europeo.
Ciò può essere fatto attraverso azioni che coinvolgano il 30% dei cittadini che non hanno mai usato
internet. Poiché sempre più servizi sono disponibili online e' essenziale che questi cittadini siano
dotati degli strumenti necessari di alfabetizzazione informatica. Tra le misure figurano lo sviluppo
di strumenti di insegnamento per i cittadini, programmi di E-learning, iniziative incentrate su ICT e
donne. In relazione agli investimenti, uno dei pilastri dell'Agenda Digitale e' dedicato alla banda
ultralarga. Avendo come riferimento un quadro regolamentare che assicura alle imprese certezza
regolatoria, la Commissione ha proposto di stanziare più di 9 miliardi di euro, nell'ambito del
programma Connecting Europe Facility, per dare ai cittadini europei e alle imprese accesso alle
reti broadband ad alta velocità e ai servizi da queste abilitati. Il finanziamento si servirà di
strumenti sia azionari sia di debito e di sovvenzioni e avrà un ruolo complementare rispetto agli
investimenti privati e pubblici a livello locale, regionale e nazionale e rispetto ai fondi europei
strutturali o di coesione.
Un commento di ROBERTO SARACCO, direttore EIT Italy
La regolamentazione, nel bene e nel male, condiziona la competitività delle imprese. I servizi
hanno sempre più un footprint globale e quelle imprese che si trovano ad operare in contesti
culturali molto ampi, come chi sviluppa contenuti in inglese o spagnolo, ha un vantaggio rispetto a
chi opera su contesti più ristretti, quali i contenuti in italiano. I primi sono in grado
di ammortizzare gli investimenti su di un mercato ampio per poi espandersi a costi marginali in
altri mercati.
Sicuramente il cloud può aprire scenari molto interessanti. Il cloud ha radici lontane e i primi
modelli, anni 90, sono falliti: ora le cose stanno cambiando grazie alla pervasività e alla efficienza
delle reti di telecomunicazioni (maggiore capacità e minor costo). La sfida per gli operatori è la
re-ingegnerizzare dei processi a livello di sistema così come negli anni ‘90 la sfida per sfruttare
l'informatizzazione delle aziende era stata la re-ingegnerizzazione dei processi dell'azienda.
Un commento di PAOLO DE DOMENICO, responsabile Customer Affairs Management, Vodafone
Negli ultimi 2-3 anni abbiamo assistito ad una evoluzione dei modelli di business del settore delle
TLC caratterizzata dall’enorme sviluppo dei servizi internet.
Tale processo è stato, in parte, guidato dalla convergenza di interessi tra gli operatori Internet
che hanno saputo offrire servizi sempre più rilevanti per le persone, e gli operatori di
telecomunicazioni che hanno accompagnato i clienti nell’utilizzo delle nuove tecnologie
realizzando reti e servizi di qualità. Una convergenza dalla quale è nato un confronto su come
debbano attribuirsi ricavi, margini e investimenti. Non servono politiche protezionistiche ma il
giusto equilibrio delle regole nel settore. Gli operatori tradizionali devono infatti essere liberi di
reagire sul piano competitivo differenziando i prezzi dell’accesso dati mentre agli OTT devono
essere applicate regole a tutela del consumatore che siano uguali a quelle delle società di TLC.
Perché solo garantendo una “competizione ad armi pari” si potranno garantire investimenti in
innovazione e marketing in grado di offrire ai clienti più scelta e migliori servizi.
Un commento di Luca Sofri, direttore Post
In Italia la scarsità della domanda di innovazione e qualità si è sposata con una analoga scarsità
dell’offerta rendendo statico il sistema paese. C’è bisogno di tempo per immaginare una
modernità ed una utenza più consapevole. E’ quindi necessario fare un enorme lavoro culturale
per stimolare la domanda di innovazione da parte degli italiani, e lavorare su una visione di
lunghissimo periodo.
► La domanda di rete va crescendo
Nel corso del Summit sono stati presentati i risultati di TNS Digital Life*, uno studio globale sui
comportamenti degli internauti in 60 Paesi (70mila interviste). Per l’Italia emerge una fotografia di
un Paese molto vivace: 4 internauti su 5 sono online tutti i giorni e il tempo medio di utilizzo
supera le 20 ore settimanali. La presenza sui social network è sempre più diffusa e in questa
attività, che rappresenta ormai un vero e proprio mercato di massa, viene speso circa il 20% del
tempo complessivo trascorso in rete. Secondo TNS, la digitalizzazione ha ormai reso internet il
media più rilevante, per gli internauti: tre quarti utilizzano la rete quotidianamente, mentre solo
la metà guarda quotidianamente la TV.
Tutto questo testimonia che le nuove offerte proposte dagli operatori OTT rispondono a bisogni
ampliamente condivisi, in Italia, da un internauta pronto ad apprezzare le offerte proposte da
questo tipo di operatori.