XEBRA

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Scuola Internazionale di Comics Accademia delle Arti Figurative e Digitali Anno Accademico 2008-2009 Book del primo anno di Grafica Pubblicitaria.

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Un’introduzione veloce.

Finita.

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Merry Chri$tmasTema: La falsità del NataleTools: Illustrator

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MERRY

CHRI TMAS

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RAGing jawsTema: rabbiaTools: Rapidograph photoshop

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MEETMETema: FLyer per un’agenzia di incontriTools: illustrator

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MEE

TME

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WigwamTema: Layout per un inserto pubbliCItario interno alla rivistA WigwamTools: illustrator Photoshop

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Cavalla cavallina, volta la carta che c'è tua cugina;c'è tua cugina che mangia ben, volta la carta che c'è del fien;c'è del fien da dar ai cavalli, volta la carta che ci son due galli;ci son due galli dal collo rosso, volta la carta che c'è un pozzo;c'è un pozzo con due fondi, volta la carta ci son due colombi;ci son due colombi che volano via, volta la carta che c'è una strega;

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Periodico - Anno XVIIINumero X/X1 Marzo 2009

In questo numeroIl villaggio dei Wigwama Padova

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LIZ TAYLORTema: Ritocco in photoshop di un’illustrazione di Francesco CarboneTools: PhoToshop

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CCN2Tema: Impaginazione di un articolo di una pagina in formato a4 in ambito scientificoTools: PhoToshop Illustrator

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Il pancreas è un organo situato in profondità

nell’addome, tra lo stomaco e la colonna vertebra-

le. Produce diversi ormoni molto importanti tra i

quali l’insulina, che regola il livello degli zuccheri

nel sangue. Il tumore del pancreas si manifesta

quando alcune cellule, nella maggior parte dei casi

nella sezione della testa, si moltiplicano senza più

controllo.

Ogni anno sono circa 6.000 le persone colpite dal

tumore del pancreas, con un aumento dei casi

proporzionale all’età ed equamente distribuito tra

i due sessi. Le persone più a rischio sono quelle

che si trovano nella fascia d’età compresa tra i 60

e gli 80 anni; la presenza in famiglia di altri casi o di

tumori della mammella o del colon costituisce un

fattore di rischio aggiuntivo, in genere riconducibi-

le a specifiche mutazioni genetiche ereditarie.

Anche la dieta ha un ruolo importante:

un’alimentazione ricca di grassi e proteine animali

sembra collegata a un aumento di casi. Circa il

70% dei tumori del pancreas si sviluppano nella

testa dell’organo, e la maggior parte di questi ha

origine nei dotti che trasportano gli enzimi della

Si chiama CCN2 ed è probabilmente la protei-

na chiave per lo sviluppo del tumore del

pancreas. Secondo uno studio della Stanford

University School of Medicine, che sarà

pubblicato sulla rivista Cancer Research, bloc-

care l'azione di questa proteina potrebbe

voler dire bloccare la crescita del tumore. I

ricercatori americani hanno condotto esperi-

menti sui topi e hanno verificato che iniettan-

do cellule tumorali con un'alta concentrazione

di CCN2, si determina negli animali una

crescita molto veloce del tumore del pancre-

as.

Secondo lo studio, la funzione della proteina

CCN2 consiste nel mantenere in vita le cellule

tumorali in condizione di ipossia, cioé di man-

canza di ossigeno, necessario ad 'alimentare',

attraverso vasi sanguigni, le cellule tumorali

riguardava la sopravvivenza di queste cellule, una

volta che fosse stata bloccata l'azione della

proteina CCN2. I risultati hanno mostrato che

senza l'azione di questa proteina, le cellule tumo-

rali erano molto più vulnerabili al processo di

ipossia, andando incontro alla morte cellulare, e

che era la stessa mancanza di ossigeno a indurre

le cellule a produrre CCN2. [fonte: ANSA

digestione. Purtroppo il tumore del pancreas in fase

precoce non dà segni particolari, e anche quando

sono presenti sintomi si tratta di disturbi piuttosto

vaghi, che possono essere interpretati in modo

errato sia dai pazienti sia dai medici. Per questi motivi

la diagnosi spesso viene fatta quando la malattia è già

estesa.

Possono così manifestarsi perdita di peso e di appeti-

to, ittero (colorazione gialla della pelle), dolore nella

parte superiore dell’addome o nella schiena, debolez-

za, nausea o vomito. Infine, una percentuale di malati

che va dal dieci al venti per cento può essere anche

colpita da diabete, dovuto all’incapacità delle cellule

malate di produrre insulina.

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LICANTROPITema: Impaginazione di un articolo di due pagine in formato a4 sul tema del licantropoTools: PhoToshop Illustrator

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La luna a!ascina e conquista chiunque si fermi ad ammirarla, che siano essi persone, animali o mostri.E proprio nelle notti di luna piena i sopravvissuti raccontano di essersi imbattuti in creature orrende, cacciatrici di sangue dotate di forza esorbitante, metà uomini e metà lupi: i licantropi.

Fin dai tempi più antichi, si pensava che gli uomini guerrieri e gli sciamani fossero capaci di mutare la loro forma, per avvicinarla a quella di alcuni animali, per poter ottenere la loro forza, la loro agilità e il loro coraggio. Si narra che durante le loro feste pagane gli sciamani consumassero carne di lupo e venerassero l’animale come un dio. Era infatti l’animale che suggeriva al sacerdote i comportamenti e rituali. Il cibarsi della carne dell’animale era un sacramento solenne, un modo per acquistare ed assorbire una parte di divinità. Questo era un grande dono, che solo pochi potevano ottenere. Un dono che dava loro potere all’interno della comunità di cui facevano parte. Divenire uomo-lupo comportava un cambiamento radicale non solo nell’aspetto e nell’utilizzo dei propri sensi, ma anche nell’essenza stessa della persona, nella propria personalità.La vista, l’udito e l’olfatto acquisivano livelli mai sperati per una persona normale, l’intuito traeva in questa mutazione giovamento in"nito. Ma, importante, era anche il rovescio della medaglia: aggressività animale, forza bruta, artigli taglienti come la lama di un rasoio, denti aguzzi con cui uccidere i nemici, squartandoli e divorandoli, senza lasciare loro alcuna speranza di sopravvivenza. In questo modo il licantropo agiva indisturbato, seguito solo dall’ombra della notte, da sempre sua alleata.

Nella mitologia greca si parla della nascita del primo licantropo con Licaone, un re greco che sacri"cò un bambino in onore a Zeus, o!rendogli le sue carni. In questo modo scatenò la collera del dio e questi per punizione, lo trasformò in lupo, lasciando in lui delle fattezze umane, maledicendolo per sempre e condannandolo ad una vita di solitudine ed emarginazione.Anche a Roma, dove veniva venerata la lupa di Romolo e Remo, esisteva il mito del licantropo. Il termine utilizzato per indicare il lupo mannaro era “versipellis”, il cui signi"cato è “cambiapelle”. Infatti si pensava che all’interno del corpo umano crescesse il pelo della bestia e che fosse su#ciente rivoltarsi per e!ettuare la metamorfosi. Sempre a Roma nel I secolo d.C., Plinio a!ermò che i lupi mannari erano una realtà. Nella sua opera, intitolata “Naturalis Historia”, a!ermò che tale credenza era molto di!usa tra il popolo. Fornì inoltre particolari importanti sugli e!etti del lupo e sul carattere magico della sua coda, che conterrebbe un talismano amoroso. Accusati di cannibalismo e stragi

pi vennero cacciate e uccise. Questo periodo storico è tristemente famoso per il suo fanatismo religioso e per la demonizzazione di ciò che all’epoca era sconosciuto. Tra questi c’è il caso di Gilles Garnier, accusato e processato il 18 gennaio del 1573 a Dole dal giudice Henry Boguet, principale esperto di lupi mannari dell’epoca. Garnier aggrediva soprattutto bambini per poi nutrirsene. Interessante notare che il paese di provenienza di Gilles Garnier si diceva fosse stato invaso dai lupi, ed era lo stesso luogo di origine di altri quattro uomini processati con le medesime accuse. Un altro caso di licantropia dell’epoca fu quello della famiglia Gandillion. Tutti i suoi membri furono considerati licantropi e anche in questa occasione fu il giudice Boguet a mandarli al rogo. Si narra che continuarono ad ululare e a camminare a quattro zampe anche dopo essere stati rinchiusi in cella. Nello stesso periodo, con la “caccia alle streghe”, licantropia e stregoneria vennero sovente accomunate. A tal proposito in Francia, Italia, Svizzera e Germania numerose donne vennero accusate e, dopo aver confessato sotto tortura, barbaramente uccise. Si diceva, infatti, che durante i sabba, le streghe potessero assumere nuova forma, come per esempio quella del lupo e di altri animali. Alcuni studi fatti in quel tempo descrivevano la

procedura: la strega, o stregone, si denudava e si ricopriva con una pelle di lupo. Si ungeva il corpo con un unguento preparato con la velenosa radice di belladonna, fuliggine, sangue di pipistrello ed altri ingredienti. In"ne, indossata una speciale cintura, stringeva un patto con il Demonio, che donava loro velocità e forza, necessari per sfamare la voglia di sangue e carne umana.Una delle leggende legate alla donna-lupo nacque sempre in Europa, nel 1588. Essa narra di un uomo che riuscì a ferire un lupo mannaro e a mozzargli una zampa. Corse in paese per dare la notizia e mostrare il suo “trofeo”, quando improvvisamente si accorse di avere tra le mani una mano femminile. Tra la folla, un uomo riconobbe l’anello nel dito dell’arto amputato e corse a casa dalla moglie, trovandola mutilata ed intenta a fasciarsi la ferita ancora sanguinante.La licantropia, nell’Europa medievale, era così di!usa da ricevere un posto d’onore anche in alcune rappresentazioni teatrali. In Francia, una novella racconta di un nobile che, ingenuamente, con"dò alla propria moglie d’essere un lupo mannaro. Questa, con l’ausilio dell’amante, atteso il momento propizio, rubò gli abiti dello sventurato che, per pudore, non poté più riprendere le sue sembianze umane. Scambiato per un raro animale, venne donato al re. Poco dopo, il lupo si svelò al sovrano ottenendo la restituzione dei suoi abiti e giustizia, a discapito dell’infedele donna e del suo amante.L’origine della licantropia, così come la sua storia, ha diverse facce. Tra quella magica, c’è il racconto di Peter Stubbe. Vissuto in Germania, morì atrocemente il 28 ottobre del 1589, prima torturato con la ruota della tortura, decapitato, ed in"ne messo al rogo per mano della “Santa” Inquisizione. L’uomo, che uccise due donne incinte e 13 bambini, tra cui i suoi "gli, raccontò di aver ricevuto in dono una cintura dal demonio, con la quale poteva trasformarsi in lupo ogni qual volta voleva.Un’altra ipotesi sull’origine della licantropia, è quella della trasmissione tramite sangue o morso infetto. Si dice, infatti, che chi sopravviva al morso del licantropo sia destinato a subirne la stessa sorte. Quella mitologica la troviamo nel racconto greco di Licaone, già esposto all’inizio di questa ricerca, mentre, quella più naturale è quella della malattia o induzione mentale. La stessa di cui si servivano gli antichi sciamani e i più valorosi e forti guerrieri per trarre forza o coraggio dal proprio io cosciente; forza che, se non gestita correttamente, avrebbe potuto dar vita a veri e propri mostri o, più propriamente, serial killer. Ad avvalorare quest’ipotesi, troviamo racconti simili in altre parti del mondo dove, al posto del lupo, si trovano altri animali: il leopardo, il coccodrillo (Africa); il tasso (Giappone); la tigre (India) e il giaguaro (America). Quando la malattia, oltre che psicologica trovava riscontri in altre anomalie "siche, come l’ipertricosi ad esempio (malattia per la quale una folta peluria ricopre interamente il corpo ed il viso lasciando scoperti solo i palmi delle mani e dei piedi), era facile dar vita ad un nuovo lupo mannaro. E se a questi si aggiunge la credenza

Di licantropi ne parla già Petronio nel Satyricon.

[Petronio/SATIRICON, 61-62 ]«Finimmo dentro un cimitero: il mio socio si avvicina a una lapide e si mette a pisciare, mentre io attacco a contare le lapidi "schiettando. A un certo punto, mi giro verso il tipo evedo che si sta togliendo i vestiti di dosso e butta la sua roba sul ciglio della strada. A me mi va il cuore in gola e resto lì a "ssarlo che per poco ci resto stecchito. Ed ecco che quello si mette a pisciare tutto intorno ai vestiti e di colpo si trasforma in lupo. Non pensate che stia scherzando: non mentirei nemmeno per tutto l'oro del mondo. Ma, come stavo dicendo, appena trasformato in lupo, attacca a ululare e poi si va a imboscare nella macchia. Sulle prime io non sapevo più nemmeno dov'ero: poi mi avvicino ai suoi vestiti per raccoglierli, ma quelli erano diventati di pietra. Chi più di me avrebbe dovuto morire dalla paura? Ciò nonostante sguaino la spada e, menando colpi alle ombre, tra uno scongiuro e l'altro, arrivo "no alla casa della mia amica. Entro che sembro un cadavere, senza più "ato, con il sudore che mi scorre tra le gambe e gli occhi spenti. Tanto che per riprendermi ci metto un bel po'. La mia Melissa, stupita di

vedermi in giro a quell'ora della notte, mi fa: "Se solo fossi arrivato un po' prima, almeno ci avresti dato una mano: un lupo è entrato nel recinto e ci ha massacrato tutte le pecore come un macellaio. Comunque, anche se è riuscito a scappare, non ha da stare allegro, perché un nostro servo gli ha trapassato il collo con la lancia". [...] Quando [il giorno seguente] arrivo a casa, il soldato è lì sbracato sul letto come un bue, con al capezzale un medico impegnato a curargli il collo. Allora mi rendo conto che è un lupo mannaro e da quel giorno non ho più mangiato con lui manco un tozzo di pane, nemmeno a costo della vita.»

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VampirismoTema: Impaginazione di un articolo di due pagine in formato a4 sul tema del vampiroTools: PhoToshop Illustrator

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Oggi si sente parlare spesso di vampiri, la fiction, la

letteratura, gli stessi media ci bombardano con storie di

“revenants” più o meno attuali che affondano le loro radici in

antiche paure dell’uomo, remoti tabù che ancora oggi

ritroviamo nel folklore popolare.

Prima di definire i “vampiri” dobbiamo soffermarci su

quell’antico retaggio culturale che ancora fa capolino tra le

nostre vite: la Necrofobia (da necros morte e phovos paura).

Da sempre l’uomo ha avuto timore dei propri trapassati, come

testimoniano antichi detti popolari come il famoso “i morti

portano morte”, nascono così tutta una serie di rituali, da cui

poi trae origine quello funebre, che aveva proprio lo scopo di

relegare i morti nell’aldilà e di ucciderli una seconda volta. La

necrofobia non è del tutto inspiegabile, nel passato infatti molti

erano i casi di morti “misteriose” legate a qualche malattia non

ancora conosciuta che poi, dopo la prima vittima si diffondeva

tra i vivi e così il collegamento al morto come “revenant”,

l’untore, non era del tutto ingiustificato.

In realtà dovremmo distinguere la necrofobia rituale, cioè

legata proprio a credenze sull’aldilà e sul defunto da una

necrofobia successiva diciamo altomedioevale, che, comunque

appoggiandosi ad antiche credenze era legata a malattie o epidemie che poi hanno fatto nascere il

mito del vampiro o Nosferatu , il “non morto” come oggi lo conosciamo.

La stessa possibilità del vampiro di trasformarsi in animali quali topi o pipistrelli è successiva, mai

ipotizzata dal razionale uomo primitivo, e proprio legata al fatto che questi animali avevano la

caratteristica di diffondere le epidemie e così il morso di un topo portava al contagio e alla sua

associazione con la creatura misteriosa. Le malattie infettive e le strane morti diventano così

attributi del nuovo “vampiro” , tubercolosi con perdite di sangue dalla bocca, rabbia, fotofobia,

morti apparenti, disturbi mentali, bronchiti e polmoniti diventano le nuove caratteristiche dei non

morti, creando un netto distacco con le tradizioni antiche.

Un esempio è la protoporphyria crythropoietica, malattia che colpisce i globuli rossi rendendo i

soggetti affetti impossibilitati ad esposizioni solari, e non del tutto rara durante il medioevo

soprattutto in area slava a causa di dai matrimoni consanguinei tra i nobili locali e forse per questo

motivo, proprio perchè fortemente “colpiti” da questi strani eventi, questi paesi han conservato

una memoria vampiresca più sviluppata che in altri luoghi. Lo stesso termine “vampiro” è

relativamente recente e di origine slava, legato alla radice “pi” cioè stregone e al verbo “wempti”

che significa bere.

La paura della luce diventerà caratteristica predominante del “vampiro letterario” chiamato poi

Dracula (da Dracul e cioè stregone in Rumeno) personaggio ispirato allo storico Vlad Tapes,

principe della Valacchia forse associato al “revenant” a causa dei suoi severissimi metodi di

governo. In realtà Vlad fu un grande paladino della Cristianità contro l’incombente pericolo turco

che riuscì a sconfiggere anche disponendo di un esercito notevolmente inferiore, utilizzando una

vera e propria arma psicologica. La storia narra che quando i turchi arrivarono alla capitale del

regno, Targoviste, trovarono circa 8.000 pali ove erano stati infissi altrettanti prigionieri. L’

impatto fu così inaspettato e tremendo che decisero subito di ritirarsi.

Lasciando alle spalle il Medioevo e tornando molto indietro nel tempo uno dei motivi per i quali si

diventava vampiri era la violazione di un tabù, infatti violando alcuni precetti della religione locale

il credente entra in una vorticosa spirale di causa-effetto che per lui diventa dannosa se non

addirittura mortale.

J.Frazer, nel suo

famosissimo libro, “il Ramo

D’oro”, descrive una serie

infinità di tabù, ad esempio

tra le tribù africane si crede

che se durante la caccia una

moglie sia infedele il marito

verrà morso da un serpente

e morirà, nasce così l’idea

del “non morto”, l’uomo che

torna dopo la morte per vendicare il tabù violato.

Seguendo la stessa idea le donne morte durante il parto, i bambini defunti

ancora in fasce essendo stati

strappati con forza alla vita

vogliono portare i loro parenti con loro nell’aldilà.

Il rito funebre nasce proprio

per questo, esso è visto

all’inizio con lo scopo di

rompere drasticamente il

legame tra il defunto e le vita

sulla terra ed impedire un ritorno in “vita” dell’estinto.

Una della tante credenze è quella legata alla nutrizione del morto,

infatti si credeva che anche nell’aldilà il defunto dovesse nutrirsi e se

non avesse trovato agevolmente cibo sarebbe ritornato sulla terra alla

ricerca dello stesso.

Proprio per questo motivo spesso le tombe venivano provviste di cibi

reali o simbolici come raffigurazioni o semplice vasellame o ancora

grano e cereali. Nell’antica Grecia troviamo molte tradizioni che

riferiscono di banchetti tenuti sulla tomba del morto in modo da

“alimentare” e “nutrire” il cadavere, pratiche di cui troviamo ancora

traccia nel 1700 nel “de masticatione mortuorum in tumulis” di

M.Raufft o in altre strane tradizioni ancora presenti come l’usanza

nel caso di recenti lutti in famiglia, di occupare tutti i posti a sedere

durante feste o banchetti, in modo che il morto non potesse trovare

posto per la sua presenza, oppure di offrire un pranzo o la cena ai

convenuti al funerale del defunto, o ancora le tradizioni che

ritroviamo in molti paesi del sud Italia e in particolare di Lucania

,Puglia o Calabria ove si usa porre sul davanzale delle case, nel giorno

dei morti.

Un’altra strana credenza legata sempre all’alimentazione del defunto

è quella che essi si cibassero di carne umana e da questa al sangue il

passo diventa breve.

Altra interessante usanza per impedire ad un morto di resuscitare era

quella di deporlo a faccia in giù nella tomba con un gran masso su di

esso. In questo senso sono state fatte interessantissime ricerche dalla

Dott. Anastasia Tsaliki1 che si occupa proprio di sepolture “fuori dal

comune”, come quelle ritrovate a Cipro e datate circa 7000-2500 a.C.

ove i cadaveri sono stati ritrovati in piccole tombe deposti in

posizione contratta schiacciati da lastroni di pietra o ancora alcune

volte decapitati, in modo da impedire in ogni modo il ritorno alla vita.

Sepolture simili le abbiamo ritrovate anche in Italia, a Trani, in

località “Capo Colonna” databili IX-VIII sec. a.C.

Sono state ritrovate due sepolture, nella prima era deposto un individuo in posizione inginocchiata schiacciato da un enorme masso

posto alle sue spalle, mentre nella seconda tomba molto più grande,

son stati trovati tre defunti anch’essi schiacciati con più massi.

Da questo tipo di tradizioni potremmo quasi avanzare una ipotesi

curiosa, forse le lapidi che oggi si usa porre al di sopra delle tombe

potrebbero essere un antico retaggio culturale proveniente proprio da

queste usanze, da antichi timori dell’uomo mai veramente sopiti.

Numerose comunque erano le tecniche usate per evitare la venuta dei

revenants, molto spesso i cadaveri venivano deposti con mani e piedi

legati, i cui segni poi sono facilmente interpretabili da analisi in

laboratorio sulle loro ossa, altra interessante tecnica era quella di

“inchiodare” il morto, e così a Chalkidiki, in Grecia, è stato trovato un

cadavere con un cuneo bronzeo in fronte o ancora da scavi effettuati

nel castello di Lamia, e’ stato rinvenuto un scheletro inchiodato da tre

elementi in ferro. Il ritrovamento farebbe sorgere anche delle strane

interrogazioni sull’etimologia del paese, infatti i “Lamia” (poi tra i

romani chiamate Empuse) erano antichi vampiri, per lo più

raffigurati come donne e immaginate metà umani e una metà animali.

Altro interessante rituale era poi la frattura delle dita delle mani o

l’estrazione di un dente effettuata sul corpo del cadavere. Questo tipo

di riti venivano spesso utilizzati nelle iniziazioni ove bisognava

realizzare una finta morte in modo che poi l’iniziando potesse

risorgere a nuova vita: illuminato. Ebbene, queste tecniche per

realizzare una morte simbolica venivano utilizzate anche per generare

una ulteriore morte nel defunto, a Trani ad esempio sono stati

ritrovati i cadaveri senza l’incisivo, il che appunto farebbe pensare

proprio a un rituale come quello precedentemente descritto, una

credenza non ancora del tutto dimenticata dato che, nel folklore

popolare sognare la caduta di un dente significa perdita di una

persona viva e dunque un presagio di morte, una morte simbolica che

affonda le sue radici in antichi timori che accompagnano l’uomo fin

Il vampiro gentiluomo, quella figura carismatica, con un forte fascino,

in grado di attirare a sé la vittima senza troppo sforzo, nasceva nel

1819 quando il medico John Polidori diede alle stampe il suo

romanzo breve Il vampiro, il cui protagonista, Lord Ruthwen, era

ricavato dall'amato/odiato Lord Byron. Da qui in poi il vampiro, in

letteratura, ottenne sempre maggiori successi, passando per Carmilla,

la vampira di Le Fanu, e per Varney, vampiro che animava i classici

fascicoli a puntate, per finire con l'apice massimo del genere, quel

Dracula di Bram Stoker che fuse in se parte degli elementi

folcloristici europei e parte dei tòpos letterari del tempo, realizzando

una sintesi perfetta ed al contempo originale sull'argomento e

un'avventura senza tempo e appassionante.

Il vampiro, quella figura nobile ed affascinante, tormentata e spietata

al tempo stesso, che oggi conosciamo, in realtà è un'invenzione

letteraria.

La sua nascita è anche facilmente databile, e riconduce al gennaio del

1816 quando, sul lago di Ginevra un gruppo di giovani si riunì per

passare un po' di tempo tra amici, in maniera diversa dalla solita

routine. Il gruppo, ormai noto, era composto da Lord Byron, il già

famoso poeta, Percy Bysshe Shelley, anch'egli poeta, il dottor John

Polidori, medico personale di Byron, e le amanti dei due poeti, Claire

Clairmont e Mary Wollstonecraft Godwin. Il gruppo, ispirato, a

quanto si dice, dalla lettura del Phantasmagoria, una raccolta di

racconti fantastici trovata nella biblioteca di Villa Diodati, dove si

erano riuniti, e dalla visita di Matthew Gregory Lewis, autore del

celebre romanzo gotico Il monaco, decide di sfidarsi nella

realizzazione di un'opera del terrore, sia essa un racconto, un

romanzo o una poesia.

Esiste, però, anche una versione leggendaria che si aggiunge a questi

fatti: il gruppo, infatti, decide prima di discutere di resurrezione,

morti e vampiri e, inevitabilmente, finisce con il leggere il poema di

tema vampirico Christabel di Coleridge. Durante la lettura, Shelley

sembra che cada in trance, sognando, ad occhi aperti, una terribile

vampira, una lamia simile alla Christabel del poema, scuotendosi

dalla visione lanciando un urlo agghiacciante. Questo episodio diede

a Byron l'idea di lanciare la gara, dalla quale, come ormai è chiaro a

tutti, uscirono due vincitori: Polidori e la Wollstonecraft.

Mentre Shelley provò a trascrivere il suo incubo (cosa che, poi, lasciò

perdere), Mary partorì, in una notte buia e tempestosa, il famosissimo

Frankenstein (in un primo tempo noto anche come Il moderno

Prometeo), molto probabilmente ispirata dal discorso condotto con

Polidori. Il buon dottore, dal canto suo, si dedicò ai vampiri (come del

resto lo stesso Byron). In realtà Polidori si era dapprima gettato su un

racconto gotico la cui prima bozza avrebbe successivamente

utilizzato per un futuro racconto, Emestus Berchtold o il moderno

Edipo. Si imbatté però nella bozza di Byron, il quale aveva provato ad

impostare un racconto su un vampiro aristocratico, dissoluto e

dongiovanni, che aveva iniziato a tormentare, dopo morto, un suo

giovane amico. Mentre il poeta lasciò perdere questo racconto,

Polidori riuscì a ricavarne il primo vero romanzo sui vampiri, il

famoso Il vampiro, il cui protagonista, Lord Ruthven, era ricalcato su

Byron stesso, mentre il rapporto con il suo giovane amico ricalcava lo

stesso tipo di rapporto di odio-amore che Polidori aveva con il suo

paziente-amico.

Una rivisitazione dei vampiri si ha nel romanzo Le notti di Salem di

Stephen King e nella Saga di Darren Shan, una saga di dodici libri

scritti dallo scrittore irlandese Darren o'Shaugnessey, in arte, Darren

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