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L’INTEGRAZIONE DEI FLUSSI DI LAVORO INTERAZIENDALI: UNA PROPOSTA METODOLOGICA Francesco M. Barbini CeRSI – LUISS Guido Carli [email protected] Alessandro D’Atri CeRSI – LUISS Guido Carli [email protected] Daniela Luzi ISRDS – CNR [email protected] Fabrizio Ricci ISRDS – CNR [email protected] ABSTRACT Le tecnologie di Workflow (Wf), basate su metodologie di gestione automatizzata di flussi di documenti, informazioni, attività e risorse relative a processi aziendali, stanno cominciando a diffondersi a livello interorganizzativo. Il maggior valore aggiunto dei Wf è insito nella capacità di integrare la gestione dei processi interaziendali attraverso il coordinamento, la sincronizzazione e l’ottimizzazione dei flussi di autorità 1

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L’INTEGRAZIONE DEI FLUSSI DI LAVORO INTERAZIENDALI:UNA PROPOSTA METODOLOGICA

Francesco M. BarbiniCeRSI – LUISS Guido Carli

[email protected]

Alessandro D’AtriCeRSI – LUISS Guido Carli

[email protected]

Daniela LuziISRDS – CNR

[email protected]

Fabrizio RicciISRDS – CNR

[email protected]

ABSTRACT

Le tecnologie di Workflow (Wf), basate su metodologie di gestione automatizzata di

flussi di documenti, informazioni, attività e risorse relative a processi aziendali, stanno

cominciando a diffondersi a livello interorganizzativo. Il maggior valore aggiunto dei

Wf è insito nella capacità di integrare la gestione dei processi interaziendali attraverso il

coordinamento, la sincronizzazione e l’ottimizzazione dei flussi di autorità e

responsabilità connessi allo svolgimento delle attività. L’articolo presenta i primi

risultati di un’attività di ricerca finalizzata alla definizione di nuovi modelli formali di

Workflow che permettano di rendere semplice ed efficiente l’integrazione di sistemi

autonomi, distribuiti ed eterogenei nell’ambito di cooperazioni temporanee e dinamiche

fra imprese (organizzazioni virtuali).

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Lo sviluppo e l’uso di Wf dedicati ad organizzazioni virtuali si presenta particolarmente

arduo dal momento che, affinché una simile rete possa crearsi ed entrare con rapidità nel

business, è necessario che le unità componenti siano in grado di cooperare in modo

stretto in tempi brevi. I processi di una impresa virtuale richiedono sistemi informativi

con elevato parallelismo, flessibilità e frequenti cambi nella sequenza di attività, inoltre,

stante la complessità insita nella distribuzione del lavoro nella impresa virtuale, deve

essere possibile gestire Wf stratificati secondo diversi livelli di dettaglio.

Purtroppo, gli attuali formalismi e sistemi di gestione dei Workflow sono poco adatti

all’integrazione e gestiscono i flussi in modo deterministico, imponendo rigide sequenze

o precisi meccanismi di coordinamento fra le attività. Un sistema di Workflow integrato

di un’impresa virtuale richiede invece caratteristiche peculiari e ben distinte dai normali

modelli di Workflow (che spesso privilegiano il supporto ai processi interni di una

singola impresa).

1. INTRODUZIONE

Il mercato attuale, così complesso e dinamico, sta spingendo le imprese a mettere in

secondo piano le tradizionali economie di scala per ottenere vantaggi competitivi

attraverso accordi e collaborazioni con altre organizzazioni (Micelli, 2000). Si stanno

quindi diffondendo soluzioni basate su reti di imprese flessibili e di durata temporanea,

dove la collaborazione tra le organizzazioni è molto stretta per brevi periodi per poi

cessare completamente e rinascere in seguito sotto altre forme (Valdani, 2000).

L’integrazione tra imprese in tale contesto, seppur economicamente irrinunciabile, è

spesso un’opera titanica sia per le differenze di sistemi informativi e di comunicazione,

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sia per le eterogenee architetture organizzative, causa di problemi che si riverberano in

modo diretto sull’integrazione di risorse e processi aziendali (Rockart, 1991).

Molto è stato fatto finora per agevolare l’integrazione dei sistemi informativi attraverso

middleware specifici, l’uso degli standard aperti di Internet e la messa in comune dei

flussi informativi nell’ambito di sistemi, anche eterogenei o federati, per la gestione

distribuita di basi di dati (De Marco, 2000) (Laudon, 1999) (Wigand, 1999). Per

ottenere però una reale cooperazione inter-aziendale, non basta disporre di infrastrutture

per condividere informazioni: è essenziale gestire in comune i processi e coordinare le

attività (Venkatraman, 1994).

Esistono diversi approcci all’integrazione dei processi aziendali, d’altro canto non si

sono ancora affermati dei metodi di integrazione universalmente riconosciuti

(Davenport, 1993) (Malone, 1999). In un ambito di impresa virtuale il problema è

inoltre più complesso rispetto alle cooperazioni tradizionali: la forte pressione sul time-

to-market impone all’impresa virtuale di integrarsi e diventare operativa nel più breve

tempo possibile. Tutta la fase negoziale e normativa che tradizionalmente pone le basi

per la cooperazione deve essere quanto più breve e snella possibile. Questo significa

che, per sviluppare un’organizzazione virtuale, le imprese partecipanti devono

quantomeno essere caratterizzate da:

- comune cultura di business, base irrinunciabile per realizzare una cooperazione.

Ciò permette innanzi tutto alle imprese di “parlare una lingua comune”, in

seguito garantisce la possibilità di avere approcci e metodi di lavoro simili.

- Sistemi informativi aperti, di modo che, non appena definite le linee guida

essenziali della cooperazione, sia possibile integrare i sistemi informativi delle

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singole imprese. Tale integrazione dovrebbe permettere la creazione del

cosiddetto “sistema nervoso digitale” che dovrebbe supportare e coordinare le

attività dell’impresa virtuale (Gates, 1999). L’adozione di standard tecnologici

sufficientemente diffusi permette di connettere i sistemi informativi in modo

efficiente (Clements, 1997).

Nei prossimi due paragrafi saranno inizialmente introdotti i concetti di organizzazione

virtuale e workflow, nei paragrafi 4 e 5 si metteranno in evidenza opportunità e sfide

collegate con l’integrazione dei processi interorganizzativi per mezzo di sistemi di

gestione del workflow. Nel paragrafo 6 sarà delineata una configurazione organizzativa

efficiente per l’impresa virtuale. Seguiranno una discussione sui risultati ottenuti e sugli

sviluppi previsti dell’attività di ricerca.

Per finire, è d’obbligo una precisazione terminologica: nel testo, i concetti di

organizzazione virtuale ed impresa virtuale saranno utilizzati come sinonimi anche se

talvolta, in letteratura, qualcuno usa distinguerli (considerando l’organizzazione virtuale

come una rete di piccole e medie imprese indipendenti e l’impresa virtuale come una

grande impresa che, per motivi di efficienza, si struttura internamente come network).

Nel seguito, quindi, i due concetti faranno ambedue riferimento ad un network

temporaneo di piccole e medie imprese.

2. L’ORGANIZZAZIONE VIRTUALE

Un’organizzazione virtuale è un network temporaneo di imprese che si collegano per

perseguire una determinata opportunità di business sorta nel mercato. Ogni impresa

contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo apportando alcuni dei suoi processi e

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condividendo parte della propria conoscenza. L’impresa virtuale è generalmente

organizzata in modo informale e adotta strutture gerarchiche piatte e modulari.

Un tale sistema è basato sul principio del “plug & run market” (mercato del “collegati e

vai”): le singole imprese si collegano di volta in volta, direttamente stimolate e guidate

dal mercato, come la miglior configurazione possibile per lo sfruttamento di

un’opportunità, palese o potenziale, esistente sul mercato. Quando il business si

esaurisce le unità si scollegano e si aggregano secondo nuove modalità dando origine a

nuove forme organizzative (Merli, 1994).

I partecipanti all’impresa virtuale co-agiscono, definiscono autonomamente le azioni da

compiere aggiustandole l’una rispetto all’altra giungendo ad un’azione comune

(Grandori, 1995). Le informazioni sono scambiate in parallelo fra attori autonomi che

collaborano per la realizzazione di un output comune. Le interdipendenze esistenti

all’interno dell’organizzazione sono di tipo intensivo (Camuffo, 1997) (Fontana, 1995)

(Mercurio, 2000).

L’impresa virtuale è flessibile, rapida, proattiva e capace di adattarsi senza dipendere da

strutture rigide e definite come le grandi imprese attuali. Essa si pone come una struttura

permeabile, senza confini fisici che la separano dal suo ambiente, per poter ricercare e

modificare continuamente le modalità più efficaci per integrarsi e scambiare valore con

fornitori e clienti (DeSanctis, 1999) (Mowshowitz, 1997) (Valdani, 1994).

L’elemento di coesione fra le imprese partecipanti è rappresentato, ad alto livello, da

una comune cultura di business e da un forte orientamento verso il risultato mentre, a

livello operativo, è la stretta integrazione informativa ad operare da collante (Davidow,

1992) (Coyne 1998).

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In dottrina non esiste un’unica definizione di impresa virtuale, al contrario, sussistono

diversi approcci e diverse caratterizzazioni. Qui di seguito riportiamo alcune

caratteristiche essenziali generalmente riconosciute di un’organizzazione virtuale

(D’Atri, 2001):

Cooperazione guidata dal mercato: il network è sviluppato al fine di sfruttare una

specifica opportunità di business (reale o potenziale) esistente nel mercato. Il legame

teleologico è perciò estremamente intenso.

Complementarietà: ogni partner eccelle in particolari attività della catena del valore

e/o dispone di conoscenze o capacità critiche circa il processo, il prodotto o il

mercato. Ogni parter deve creare un valore aggiunto per il cliente finale (in modo

diretto o indiretto). In particolare, forti interdipendenze reciproche fra i membri

devono emergere dalle transazioni o dalla complementarietà delle risorse.

Interdipendenze competitive e orizzontali potrebbero inoltre esistere.

Partecipazione dinamica: le imprese possono collegarsi e creare una rete, o

disconnettersi da essa in modo dinamico. È importante che l’ambiente in cui

l’organizzazione virtuale opera sia in grado di proporre soluzioni di backup per

rimpiazzare le imprese che abbandonano la cooperazione in itinere.

Indipendenza legale ed economica dei partner: non esistono accordi di

collaborazione strategica fra le imprese che costituiscono l’organizzazione virtuale.

Inoltre, l’organizzazione virtuale non è necessariamente basata (spesso non lo è) su

un’impresa focale ed il potere economico è generalmente polverizzato fra i membri.

Condivisione di risorse ed integrazione di processi: anche se appare al consumatore

come una singola entità, l’organizzazione virtuale consiste in una somma di

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organizzazioni che cooperano efficacemente in modo molto integrato, condividendo

processi, risorse ed informazioni.

Temporaneità: l’organizzazione virtuale non si presta in modo precipuo allo

svolgimento attività economiche di lungo termine; generalmente è tesa a perseguire

opportunità di business a breve/medio termine.

Trasparenza: il progressivo superamento dei confini organizzativi delle singole

imprese permette una più stretta condivisione di informazioni e conoscenza.

Comunque l’organizzazione virtuale deve garantire che le conoscenze critiche

private delle singole imprese partecipanti rimangano confidenziali e non accessibili

dai partner.

Polimorfismo: non esiste una configurazione organizzativa valida ed ottimale per

tutte le imprese virtuali; al contrario, la configurazione dipende dal tipo di business

da perseguire e dale caratteristiche dei partner.

Automazione: l’organizzazione virtuale utilizza gli strumenti di ITC in modo molto

esteso. La cooperazione è resa possibile dalla stretta integrazione dei sistemi

informativi delle singole imprese partecipanti.

Non tutte le imprese sono in grado di integrarsi e operare in un’organizzazione virtuale,

le singole unità costituenti devono essere “una parte del tutto”. Devono cioè possedere

le caratteristiche dell’organizzazione che andranno a formare. Risultano quindi

necessari organizzazione per processi, alta capacità di cooperare, forte orientamento sul

core business e il possesso di una serie di conoscenze, capacità e risorse critiche.

L’organizzazione virtuale permette alle imprese partecipanti di concentrarsi sui propri

processi critici e di collaborare allo stesso tempo allo sviluppo di prodotti non altrimenti

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ottenibili internamente. Ciò garantisce un’elevata flessibilità organizzativa abbinata alla

specializzazione nei propri business critici.

La progettazione e attivazione di un’impresa virtuale è un processo largamente

destrutturato, nel quale non esistono regole generali. I problemi principali riguardano:

- Definizione del soggetto che pensa e “disegna” l’impresa virtuale: è l’impresa

che identifica l’opportunità di business che integra le altre e delinea la

cooperazione? È realistico immaginare che l’impresa che “fiuta” il business sia

sempre in grado di creare e, soprattutto, coordinare un processo inter-

organizzativo?

- Modalità di integrazione: esiste un soggetto che opera da integratore oppure la

cooperazione nasce dal basso secondo modalità definite in fase di negoziazione?

È possibile dar vita ad una fase di negoziazione in cui vengono definite tutte le

“leggi” che governeranno l’impresa virtuale?

- Caratteristiche del processo di business integrato: è sufficiente sommare una

sequenza di sottoprocessi provenienti dalle singole imprese per ottenere un

processo comune? Chi coordina e sincronizza tale processo? Il processo

integrato è una sequenza di sottoprocessi oppure assume normalmente forme più

elaborate e interconnesse?

I contributi attuali in termini di impresa virtuale tralasciano spesso di prendere in

considerazione tali aspetti. Ancora una volta, la complessità dell’ambiente diviene un

alibi per oltrepassare le problematiche poste appellandosi all’impossibilità di porre

regole generali. Nelle sezioni successive sarà introdotto un modello di riferimento per la

configurazione e attivazione di processi condivisi nell’impresa virtuale. Tale modello

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proporrà un’architettura in grado di facilitare la nascita e lo sviluppo di

un’organizzazione virtuale nell’ambito di un ambiente appositamente organizzato.

3. I SISTEMI DI GESTIONE DEL WORKFLOW

I sistemi di gestione del workflow si pongono in prospettiva come una soluzione molto

efficace al problema dell’integrazione dei processi inter-organizzativi.

Un workflow consiste nell’automazione di un processo produttivo, o di parte di esso, al

fine di garantire un efficiente e sincronizzato flusso di attività, informazioni e

documenti fra gli attori del processo. Il flusso è gestito automaticamente in base ad un

insieme di regole procedurali predefinite (Fischer, 2000).

Un workflow management system (WfMS) è un sistema che, utilizzando appositi

strumenti software basati su motori di workflow, definisce, attiva e gestisce

l’esecuzione dei workflow. I WfMS sono capaci di interpretare le rappresentazioni dei

processi, di interagire con gli agenti e, ove richiesto, sono in grado di utilizzare moduli

software e tecnologie esterne (Fischer, 2000).

Un sistema di gestione automatizzata del workflow permette quindi di (Becker, 1999):

Coordinare le attività: il WfMS automatizza le transizioni fra le singole attività

componenti un processo di business. La gestione dell’intera sequenza delle attività

può essere interamente affidata al WfMS oppure demandata in parte agli utenti.

Questa funzionalità permette di rendere più efficiente il processo e permette inoltre

di esplicitare il modello del processo.

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Coordinare gli attori: il WfMS permette di assegnare automaticamente determinati

attori a specifiche attività in base ad un set di regole. Il coordinamento si basa

sull’utilizzo di meccanismi di notifica e sincronizzazione del flusso di lavoro.

Coordinare dati ed applicazioni: durante lo svolgimento di un’attività, il WfMS

mette a disposizione degli attori i dati e le informazioni rilevanti per l’esecuzione

del compito. Il WfMS gestisce inoltre l’accesso simultaneo e concorrente ad

applicazioni e basi di dati condivise.

Controllare e gestire le istanze del processo: il WfMS, oltre a gestire, coordinare e

sincronizzare i flussi di lavoro, permette di controllare in itinere le performance del

processo e di apportare modifiche o correttivi in tempo reale.

All’attuale stadio di sviluppo, l’applicazione delle tecnologie di workflow in ambienti

distribuiti è ostacolata dalla complessità dei processi da gestire e dall’esistenza di molte

applicazioni legacy (Alonso,1999) (Casati, 2000) (Lindert, 1999).

La Workflow Management Coalition, così come l’Object Management Group, stanno

sviluppando degli standard per garantire l’interoperabilità fra sistemi di workflow

eterogenei e distribuiti (Workflow Management Coalition, 1995) (Object Management

Group, 2000). Questi sforzi, seppur estremamente utili (e necessari), sono focalizzati

alla risoluzione di particolari problemi tecnologici e lasciano aperte importanti questioni

di tipo organizzativo (van der Aalst, 1999)

4. IL PROCESSO VIRTUALE E IL TRATTAMENTO DELLE ECCEZIONI

Il processo di business dell’impresa virtuale è detto processo virtuale. Il processo

virtuale non è una semplice somma di sottoprocessi provenienti dalle singole

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organizzazioni componenti l’impresa virtuale, al contrario, i sottoprocessi sono integrati

non in modo sequenziale ma cercando di trarre beneficio delle interconnessioni e delle

interrelazioni esistenti. Esso diviene perciò un processo molto complesso, regolato da

precisi equilibri e da sistemi di feedback molto potenti.

Il processo virtuale è inizialmente disegnato considerando i requisiti dipendenti dalle

specifiche di prodotto e dai vincoli prestazionali. Tale fase di progettazione segue

quindi un puro approccio top-down.

Le componenti base, che sono considerate dal processo virtuale alla stregua di attività,

sono in realtà dei sottoprocessi condivisi dalle imprese partecipanti (processi critici

elementari).

Un processo critico elementare (PCE) è il massimo livello di dettaglio consentito da

un’impresa partecipante sui suoi processi condivisi; oltre tale livello, il processo critico

elementare è da considerarsi come una “scatola nera”, non visibile né accessibile dagli

attori esterni. Ogni impresa partecipante all’organizzazione virtuale condivide uno o più

PCE. L’entità che disegna il processo virtuale deve quindi, considerando anche lo

schema top-down di workflow, selezionare i PCE necessari ed integrarli secondo criteri

di efficienza, efficacia, flessibilità e rischiosità. In questo caso si segue quindi un

approccio bottom-up. Dalla combinazione dello schema top-down con quello bottom-up

nasce quindi uno schema di processo virtuale che gestisce, sincronizza e controlla

l’insieme dei PCE selezionati.

Ogni PCE è caratterizzato dal seguente set di attributi:

Obiettivo: formalizzazione sintetica della finalità del PCE.

Output: descrizione dei risultati (in termini di prodotti e/o servizi) ottenibili dal

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Page 12: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

PCE.

Risorse: esplicitazione di tutte le risorse (in particolare umane, tecnologiche e

informative) necessarie per eseguire il PCE.

Condizioni: definizione delle pre-condizioni di attivazione e degli eventi che devono

accadere per dar inizio al PCE. Ogni pre-condizione deve definire tempi e modi nei

quali l’evento iniziale si deve manifestare.

Tempi: tempificazione del processo e definizione del lead-time fra l’attivazione

(cioè dal verificarsi delle pre-condizioni) e l’ottenimento del risultato del PCE.

Costi: costo totale delle risorse consumate nel PCE.

Rilevanza: importanza strategica attribuita dall’impresa allo specifico PCE.

Rischio: livello di rischiosità (in termini di possibili eccezioni) collegato al PCE.

A causa della bassa prevedibilità del processo virtuale, e della attitudine intrinsecamente

dinamica della cooperazione, è altamente probabile che lo schema di processo

pianificato non possa essere rispettato. In una simile situazione, si è in presenza di

un’eccezione.

Mentre nei processi interni all’impresa molte eccezioni possono essere gestite run-time,

ossia la loro soluzione può essere rimessa al responsabile dell’attività durante la quale

essa si verifica (Casati, 1999) (Klein, 2000). Quando però c’è un alto numero di imprese

cooperanti, diventa difficile stabilire in modo efficiente chi sia ad avere l’autorità e la

responsabilità della recovery di una specifica eccezione. Per tali motivi, è necessario

impostare dei percorsi di eccezione. Chiaramente, dal momento che gli stati possibili

sono indeterminabili, non è possibile definire per ogni evento eccezionale una specifica

risposta. Le eccezioni non devono essere classificate in base alle cause (indeterminabili)

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Page 13: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

ma in base a classi di effetti (maggiormente definibili).

È quindi possibile classificare le eccezioni in classi in base agli effetti sul processo (o

sul prodotto) e disegnare di conseguenza le procedure di recovery (descritte ad alto

livello) su tale base. Ad ogni classe di eccezioni sono quindi assegnate responsabilità ed

autorità relative e definiti a livello macroscopico i possibili interventi correttivi.

5. WORKFLOW ED IMPRESA VIRTUALE

Ogni membro accetta di condividere nell’organizzazione virtuale una parte delle proprie

risorse; alcune di queste risorse sono però state disegnate e personalizzate per operare in

locale, devono essere perciò modificate e integrate.

Perché l’organizzazione virtuale possa crearsi ed entrare con rapidità nel business è

necessario che le unità componenti siano in grado di cooperare in modo molto stretto in

tempi brevissimi. Al contrario dei normali ambienti di utilizzo dei sistemi di workflow, i

processi dell’impresa virtuale sono tali da richiedere sistemi in grado di gestire processi

con elevato parallelismo e frequenti cambi nella sequenza di attività. Inoltre, stante la

complessità insita nei processi distribuiti dell’impresa virtuale, dovrebbe essere

possibile gestire il workflow secondo diversi livelli di dettaglio. Tale requisito è solo

parzialmente soddisfatto dagli attuali sistemi di gestione dei WF che esprimono i flussi

in modo deterministico, imponendo rigide sequenze o precisi meccanismi di

coordinamento fra le attività (Ortner, 2000). Il ruolo del coordinamento e

dell’adattamento a specifiche esigenze che possano insorgere durante lo svolgimento

delle attività è quindi generalmente poco considerato.

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Page 14: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

In un simile contesto, il ruolo di sistemi di integrazione di workflow appare strategico

come ponte fra i sistemi informativi e i processi aziendali.

In sintesi, l’impresa virtuale pone problemi nella modellazione di WorkFlow comuni

perché:

- i soggetti che sviluppano la cooperazione possono non conoscersi né aver

fiducia l’uno nell’altro;

- non esiste una linearità di svolgimento delle attività, il determinismo sequenziale

non è adatto a supportare i processi integrati;

- le singole attività da svolgere non sono note nei dettagli a priori, sono in genere

note solo a livello di obiettivi;

- occorre essere in grado di gestire in modo efficiente possibili imprevisti (come

l’uscita di un’impresa dalla organizzazione o l’inserimento di un’altra…);

- è necessario definire, controllare e gestire obiettivi intermedi mediante la

definizione di milestones (punti di controllo e coordinamento che permettono di

indirizzare le interazioni);

- il numero limitato di istanze (al limite una sola) impone una limitata

strutturazione del processo.

La Tabella 1 mostra una valutazione della “workflowability” di un’organizzazione

virtuale, ossia della attitudine dei suoi processi di business ad essere gestiti in modo

automatizzato. I criteri di analisi sono stati proposti da (Baresi, 1999).

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Tabella 1. Criteri di “workflowability” adattati all’impresa virtuale

Prevedibilità Molto bassa

Le singole attività da effettuare non sono generalmente definite in modo preciso a-priori. Non esiste inoltre una sequenza lineare di sviluppo delle attività.

Ripetibilità Molto bassa

L’impresa virtuale è per sua natura temporanea, perciò è probabile che ogni processo sia ripetuto solamente un numero limitato di volte (al limite solo una).

Opportunità Bassa Il processo virtuale si basa su una miriade di PCE eterogenei, distribuiti e autonomi. L’integrazione risulta quindi un’attività complessa e difficoltosa.

Automazione Alta L’automazione del workflow connesso al processo virtuale è altamente auspicabile in quanto può avere un forte effetto sull’efficienza.

Numero di persone

Alto Il teamworking è uno dei pilastri fondamentali di un’impresa virtuale. Molti soggetti provenienti da organizzazioni diverse si trovano quindi a dover lavorare in modo integrato e collaborativo.

Ammontare di lavoro

Alto La forte enfasi sul time-to-market, e di conseguenza sull’efficienza, spinge ad avere una forte intensità di lavoro in tempi molto ristretti.

Supporto elettronico

Alto Le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni rappresentano delle risorse chiave irrinunciabili per condividere informazioni e per coordinare e controllare le attività.

Responsabilità Alta La distribuzione delle attività e delle autorità a livello inter-aziendale deve essere attentamente abbinata ad una precisa distribuzione delle responsabilità.

Distribuzione del lavoro

Molto alta

Dal momento che molte organizzazioni partecipano al processo virtuale, la distribuzione dei compiti deve avvenire in modo chiaro ed efficace.

Probabilità errori Molto alta

Il processo virtuale è distribuito e complesso, quindi un elevato numero di errori può verificarsi in ogni attività componente.

Coordinamento Molto alto

Il coordinamento sul processo virtuale è molto complicato a causa dell’alto numero di agenti e della forte parcellizzazione delle attività.

Inefficienze Molto alte

Il processo virtuale risulta essere molto difficile da sincronizzare, anche a causa dell’alta probabilità di errori e della forte distribuzione del lavoro.

Controllo Molto alto

È necessario definire, controllare e gestire obiettivi intermedi e fasi di avanzamento (anche specificando check points e milestones)

Qualità Molto alta

La qualità del processo virtuale dipende in modo precipuo dalla qualità dei PCE componenti e dalla qualità dei metodi e degli strumenti di integrazione adottati.

Vincoli Molto alti

I vincoli del processo sono specificati in modo assoluto dalle specifiche del cliente. Il prodotto finale deve essere in grado di rispondere al 100% alle esigenze del mercato.

Copertura Molto alta

L’intero processo virtuale deve essere gestito e diretto per renderlo efficace ed efficiente.

In Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche

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Page 16: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

dell’organizzazione virtuale con i criteri di workflowability (ad es. dal momento che

l’impresa virtuale è market-driven, la prevedibilità del workflow diminuisce, mentre

aumenta la necessità di controllare e monitorare le attività affinché l’output sia

consistente per il mercato).

Tabella 2. Impatto delle principali caratteristiche di un’organizzazione virtuale sulla workflowability.

Effetti delle caratteristiche dell’impresa virtuale (orizzontale) sui criteri di workflowability wfa (verticale)+ maggiore wfa- minore wfa Pr

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Qua

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Cooperazione market-driven

- - + + + +

Complementarietà + + + - - - + + + +Partecipazione dinamica - - + + +Indipendenza legale ed economica

- + + + + + + +

Condivisione risorse + + + + + + + + + +Temporarietà - - + + + +Trasparenza + + +Polimorfismo - - + +Automazione + - + + +

Dato l’alto numero di partner cooperanti, la stretta condivisione di risorse e la

complessa concatenazione dei processi, un sistema di gestione automatizzata del

Workflow è altamente auspicabile e può generare enormi vantaggi in termini di

efficienza.

D’altro canto, però, lo sviluppo di un sistema di gestione del Workflow ad-hoc per ogni

impresa virtuale è un’ipotesi largamente antieconomica poiché la limitatezza temporale

della cooperazione non permette di ammortizzare i costi di sviluppo.

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6. CONFIGURAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE VIRTUALE

Dal momento che non può esistere un Wf standard da usare in qualsiasi impresa

virtuale, la nostra proposta consiste nello sviluppare uno schema di workflow in grado

coniugare efficienza ed efficacia, basandosi su una configurazione di impresa virtuale

che fa riferimento al ruolo essenziale di tre tipologie di soggetti:

- l’organization enabler;

- il process catalyst;

- il broker.

Oltre a queste tre entità, sono parte integrante della configurazione proposta le piccole e

medie imprese che aderiscono al sottoambiente competitivo gestito dall’enabler e i

clienti.

Una descrizione sintetica dei ruoli dei tre soggetti chiave è riportata in Tabella 3.

Tabella 3. Principali caratteristiche dell’organization enabler, del proces catalyst e del broker.

Soggetto Funzioni TecnologieOrganization Enabler

Opera per creare un clima collaborativo e per instaurare un certo livello di fiduciaSviluppa un ambiente on-line in grado di permettere alle piccole e medie imprese di entrare in contattoSupporta il disegno dello schema di workflowSupporta la riconfigurazione dell’impresa virtuale per sfruttare nuove opportunità di business.

DatabasesSistemi di disegno del workflow basati su librerie predefiniteProtocolli standard di comunicazione ed interoperabilità fra WfMSStandard DTD per scambiare dati on-line via XMLTecnologie Web (on-line forum, videoconferenze, web meetings)

Process Catalyst

Identifica l’opportunità di business e delinea l’impresa virtualeDisegna il processo virtuale ad alto livello (approccio top-down)Gestisce tutti gli aspetti connessi con la gestione del cliente e del mercato

Customer Relationship Management systemsData miningInternet Commerce B-to-C

Broker Identifica e seleziona i PCE da integrareRaffina lo schema di workflow (approccio bottom-up)Attiva e coordina il processo virtuale

Workflow Management SystemsDatabaseStandard per garantire l’nteroperabilità fra WfMS eterogenei e distribuiti

17

Page 18: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

6.1. L’organization enabler

L’enabler è l’attore che sviluppa, gestisce e promuove un ambiente on-line finalizzato

all’incontro e cooperazione fra imprese. L’enabler ha il compito di creare l’humus dal

quale le organizzazioni virtuali dovrebbero nascere, si tratta di un ambiente simile ad un

sistema olonico (Merli, 1994) (Valdani, 2000). In tale ambito competitivo, le imprese

(aventi competenze sia complementari che concorrenti) devono essere in grado di

interagire in modo efficiente ed efficace. I partecipanti dovrebbero in ogni caso

condividere una comune cultura di business ed un orientamento alla cooperazione così

da rendere questo sottoambito competitivo un efficace mezzo che hanno le imprese per

entrare in contatto e sviluppare nuove cooperazioni.

Il ruolo dell’enabler è necessario poiché, mentre la comunità di imprese partecipanti è

estremamente dinamica e variabile nel tempo, esso rimane un’entità stabile, in grado

perciò di fissare delle regole generali e di adottare standard e servizi di supporto.

L’enabler dovrebbe quindi, oltre a gestire la comunità on-line, proporre metodi e

strumenti di cooperazione standard, pronti ad essere personalizzati rapidamente nel

momento in cui le imprese volessero costituire un’organizzazione virtuale (ad es.

protocolli di comunicazione, standard di condivisione dei dati, schemi di disegno del

workflow, best practices).

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SME

Broker SMESME

SMEBroker

SME

Enabler Processo

PCE

Page 19: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

Figura 1. Il sottoambito competitivo organizzato dall’enabler.

L’enabler si occupa anche di collezionare, gestire e mettere a disposizione informazioni

sulle imprese partecipanti, di modo che, al sorgere di un’opportunità di business, si

possano facilmente individuare possibili imprese partner. A tal fine, l’enabler gestisce

anche il PCE Directory, ossia la lista di tutti i processi che le imprese partecipanti

accettano di apportare nelle organizzazioni virtuali.

Infine, l’enabler mette a disposizione una vasta gamma di servizi che permettono ai

membri di:

- Incontrarsi: al fine di favorire un clima di fiducia e conoscenza reciproca, le

imprese partecipanti dovrebbero essere in grado di interagire fra loro anche in

assenza di specifiche opportunità di business.

- Negoziare: una volta sorta l’ooprtunità di business, l’enabler dovrebbe garantire

servizi di supporto alla fase negoziale, al fine di renderla quanto più leggera e

rapida possibile.

- Cooperare: dovranno essere forniti strumenti e metodi tesi a supportare le fasi di

disegno e di attivazione del processo virtuale.

- Disconnettersi: in un simile ambiente, è importante che gli switching cost siano

sufficientemente bassi da garantire un efficiente processo di disconnessione e

riconnessione sotto altre forme. La definizione di standard tecnologici, sintattici

e semantici è perciò assolutamente necessaria.

6.2. Il catalyst

19

Page 20: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

L’impresa che individua l’opportunità di business ed avvia l’organizzazione virtuale

diviene catalyst. Tale definizione implica che qualsiasi impresa appartenente al

sottoambiente competitivo di riferimento possa divenire catalyst di un’organizzazione

virtuale.

Il catalyst appare al mercato come il solo produttore/fornitore del prodotto/servizio

realizzato dall’organizzazione virtuale: svolge un ruolo simile a quello del firewall nelle

reti di elaboratori, impedendo al mondo esterno di vedere ciò che accade dietro di sé.

Una volta avviato il processo di formazione dell’organizzazione virtuale, il catalyst ha

due opportunità:

1) avvocare a sé anche le prerogative di broker (organizzando e gestendo il

processo virtuale);

2) selezionare all’interno del sottoambiente un’impresa broker e affidare a questa la

gestione del processo virtuale.

Il catalyst rappresenta l’unica interfaccia dell’organizzazione virtuale col cliente e

gestisce di conseguenza tutte le attività orientate al mercato.

Infine, il catalyst disegna il processo virtuale ad alto livello (con un approccio di tipo

top-down a partire dalle esigenze del mercato), sviluppa i piani di business e delinea in

modo generale le forme dell’organizzazione virtuale da creare.

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Page 21: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

Figura 2. Dall’opportunità di business alla selezione del broker.

6.3. Il broker

Il broker è il soggetto che ha la responsabilità coordinare, sincronizzare e controllare il

processo virtuale, garantendo alle imprese cooperanti l’accesso ad una vasta base di

risorse sempre tutelando le conoscenze critiche private dei partecipanti.

Il broker traduce i requisiti e lo schema di workflow ad alto livello elaborati dal catalyst

in specifiche operative. Egli seleziona, organizza, gestisce e sincronizza i PCE. Le sue

interazioni col catalyst sono molto strette (soprattutto nella fase di start-up).

Figura 3. Selezione dei PCE e loro integrazione nel processo virtuale

Il broker riveste un ruolo fondamentale nell’integrazione delle imprese partecipanti

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SMESME

SMESME

BROKER Wf integrator

Enabler

Catalyst

Broker

SME

SME

SME

SME

SME

SME

Enabler

SME

SME

Broker

Catalyst

SME

Enabler

Page 22: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

all’organizzazione virtuale, ed ha tre funzioni chiave:

1) Selezione dei PCE: identifica e seleziona i PCE che devono essere integrati nel

processo virtuale (a partire dallo schema di cooperazione delineato dal broker);

2) Raffinamento del workflow: l’enabler sviluppa uno schema di workflow bottom-

up (a partire dai processi critici elementari selezionati) in accordo con lo schema

ad alto livello disegnato dal catalyst;

3) Attivazione e gestione del processo virtuale: gestisce e controlla l’esecuzione del

processo, monitorandone le prestazioni e coordina le operazioni di gestione delle

eccezioni.

7. DISCUSSIONE

La fase di sviluppo e disegno dello schema di workflow per ogni impresa virtuale deve

essere molto rapida e basata su metodi e strumenti standard in modo da poter risultare

economicamente efficiente. La natura temporanea di questa organizzazione impone

infatti brevi tempi di ritorno del capitale investito, precludendo l’effettuazione di attività

complesse con tempi di ritorno molto ampi, seppur vantaggiosi.

A causa del polimorfismo che contraddistingue le diverse organizzazioni virtuali,

inoltre, appare inefficace lo sviluppo da parte dell’enabler di uno schema di workflow

molto dettagliato e definito.

Inoltre, l’applicazione nell’impresa virtuale di sistemi automatizzati di gestione del

workflow è ostacolata da diversi problemi, ad esempio il rischio di comportamenti

opportunistici da parte di alcuni partner, il non determinismo insito nel processo virtuale

e la non prevedibilità stretta della sequenza di attività, l’esigenza di un controllo

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Page 23: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

continuo sul processo virtuale, l’alta probabilità di insorgenza di eccezioni e la difficoltà

nel gestirle in modo efficiente, ecc (Georgakopoulos, 1999) (Ludwig, 1999).

I sistemi di workflow per l’impresa virtuale devono perciò possedere caratteristiche

peculiari diverse da quelle implementate nei tradizionali sistemi oggi disponibili

(Georgakopoulos, 1999) (Godart, 1999) (Grefen, 1999) (Paul, 1997):

Facilità d’uso: l’efficienza del processo virtuale dipende in modo marcato anche dal

tempo necessario agli agenti per addestrarsi all’uso del sistema di workflow, quindi

questo deve essere quanto più intuitivo ed ergonomico possibile;

Descrizione sinottica ma formale: lo schema di workflow, per essere implementato e

personalizzato facilmente, deve basarsi su simbologie e regole semplici ed efficaci.

Allo stesso tempo, però, esso deve essere in grado di formalizzare con precisione le

variabili critiche sulle quali il processo fonda le proprie performances (ad es.

sequenza temporale, risorse, costi, autorità, responsabilità);

Universalità: il sistema di gestione del workflow virtuale deve essere in grado di

integrare e permettere l’interoperabilità fra i WfMS eventualmente adottati dalle

singole imprese;

Modularità: in ogni momento, dovrebbe essere possibile “tagliare” dei PCE e

riconfigurare di conseguenza il processo virtuale. Allo stesso modo, l’aggiunta di

PCE durante l’esecuzione del processo virtuale dovrebbe essere possibile;

Apertura: standard aperti di comunicazione e di interoperabilità dovrebbero essere

adottati;

Non determinismo: la gestione efficace ed efficiente delle eccezioni è un requisito

fondamentale per un sistema di gestione del workflow di un’impresa virtuale;

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Page 24: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

Flessibilità: il sistema di workflow per l’impresa virtuale deve essere in grado di

evolvere in accordo con le caratteristiche dinamiche ed i requisiti del processo

virtuale;

Multi-dettaglio: lo schema di workflow deve poter essere sviluppato, attivato e

analizzato a deiversi livelli di dettaglio e deve simultaneamente supportare approcci

di tipo top-down e di tipo bottom-up;

Definizione run-time: lo schema di workflow dovrebbe poter essere eseguito dal

WfMS anche nel caso non fosse completamente definito;

Viste multiple: i processi integrati devono poter essere analizzati e attivati sulla base

di differenti variabili (tempo, risorse, costi…).

8. CONCLUSIONI E RICERCA FUTURA

In questo contributo sono stati presentati i risultati iniziali di un’attività di ricerca tesa a

sviluppare uno schema di workflow modulare e multidettaglio per rappresentare il

workflow integrato di un’organizzazione virtuale.

Dopo aver ottenuto le specifiche base di un sistema di workflow per l’impresa virtuale

(presentate in questo contributo) la nostra attività ricerca si sta ora focalizzando su due

aspetti fondamentali:

1) Configurazione organizzativa: la configurazione basata su enabler, catalyst e

broker è ora in corso di applicazione in un ambiente di fiere virtuali. Stiamo

infatti analizzando come una fiera virtuale possa divenire un sottoambiente

competitivo in grado di permettere lo sviluppo di organizzazioni virtuali.

L’organizzatore della fiera, in particolare, potrebbe configurarsi come enabler

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Page 25: Workshop di Organizzazione Aziendale - Il processo … › web › woa2002 › Wo… · Web viewIn Tabella 2 sono mostrate le relazioni logiche che legano le caratteristiche dell’organizzazione

del sistema, come proposto in (Barbini, 2001).

2) Sviluppo di uno schema di workflow inter-organizzativo: stiamo sviluppando un

nuovo schema di workflow (abbinato a precise regole sintattiche e semantiche)

rispondente ai requisiti esposti nel precedente paragrafo e alle specifiche

generali poste dalla Workflow Management Coalition (Workflow Management

Coalition, 1995).

Sulla base delle evidenze finora emerse, è gia possibile dimostrare che i sistemi di

gestione del workflow rappresentano, allo stesso tempo, una magnifica opportunità ed

una grande sfida per le organizzazioni virtuali. Solo sviluppando sistemi di workflow in

grado di gestire in modo semplice l’intero processo virtuale sarà possibile infatti

ottenere una reale cooperazione fra le imprese partecipanti.

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