Wolfgang Che Invento‘ Il Musical

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WOLFGANG CHE INVENTO‘ IL MUSICAL Il rapporto tra Mozart e il musical si caratterizza in due spettacoli, Mozart! di Kunze e Levay (revival a Vienna previsto per il prossimo settembre 2015) e il francese Mozart, L’Opera Rock. Ma non si può capire a fondo la storia del teatro musicale moderno senza studiarne i progenitori, e quindi l’opera lirica, con la rivoluzione portata in essa dal compositore salisburghese, hanno influenzato il teatro in musica di tutti i tempi, compresa la commedia musicale moderna. “Le nozze di Figaro” in particolare portano a compimento l’evoluzione dell’opera buffa, che diventa, da genere minore, strumento privilegiato per raccontare i sentimenti, la vita, con l’efficacia, la genuinità e la potenza drammatica della musica, contrapponendosi alle affettazioni, agli astrusi artifici dell’opera seria contemporanea. Dice lo stesso Wolfgang in Amadeus, parlando dell’amore agli italiani “No, non credo che lo conosciate. Almeno assistendo alle vostre opere, con tutti quei soprani che strillano, amanti flaccidi che roteano le pupille. Questo... questo... questo non è amore, questo è immondizia!”. Non è difficile fare un parallelo nemmeno troppo azzardato tra questa rivoluzione e l’approccio più moderno, quotidiano, vero del musical rispetto alle forme di teatro musicale precedenti. E si trova piena conferma a queste suggestioni nella messa in scena, proprio delle Nozze mozartiane, vista al Teatro Regio di Torino il febbraio scorso. Un allestimento fortunatamente rispettoso della partitura e del libretto, lontano da certi modernismi cervellotici che si riscontrano in troppe regie liriche. Un plauso alla regista Elena Barbalich, allo scenografo e costumista Tommaso Lagattolla e al light designer Giuseppe Ruggiero, per aver composto quadri scenici di ispirazione pittorica coi colori caldi di una Spagna solare, e aver seguito la partitura senza forzature né manie di protagonismo. La rivoluzione mozartiana irrompe sul palcoscenico fin dall’aprirsi del sipario, dopo la solenne overture esaltata dal piglio energico del direttore Yutaka Sado. Diamo ancora la parola al protagonista di Amadeus: “Allora, c'è un servitore a terra, in ginocchio. E lo sa perché? Non perché vi è costretto, no! Sta solo misurando lo spazio. Sa per cosa? Il letto. Il suo letto nuziale. Per vedere se ci sta! Ah! Ah! Ah!”. Barbalich sposta più dignitosamente Figaro da terra a un tavolo di progettazione, ma l’effetto ‘verista’ non ne è diminuito. Il primo atto procede senza soluzioni di continuità sorretto da una trama leggera che

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Recensione di Le Nozze di Figaro

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WOLFGANG CHE INVENTO‘ IL MUSICAL

Il rapporto tra Mozart e il musical si caratterizza in due spettacoli, Mozart! di Kunze e Levay (revival a Vienna previsto per il prossimo settembre 2015) e il francese Mozart, L’Opera Rock. Ma non si può capire a fondo la storia del teatro musicale moderno senza studiarne i progenitori, e quindi l’opera lirica, con la rivoluzione portata in essa dal compositore salisburghese, hanno influenzato il teatro in musica di tutti i tempi, compresa la commedia musicale moderna. “Le nozze di Figaro” in particolare portano a compimento l’evoluzione dell’opera buffa, che diventa, da genere minore, strumento privilegiato per raccontare i sentimenti, la vita, con l’efficacia, la genuinità e la potenza drammatica della musica, contrapponendosi alle affettazioni, agli astrusi artifici dell’opera seria contemporanea. Dice lo stesso Wolfgang in Amadeus, parlando dell’amore agli italiani “No, non credo che lo conosciate. Almeno assistendo alle vostre opere, con tutti quei soprani che strillano, amanti flaccidi che roteano le pupille. Questo... questo... questo non è amore, questo è immondizia!”. Non è difficile fare un parallelo nemmeno troppo azzardato tra questa rivoluzione e l’approccio più moderno, quotidiano, vero del musical rispetto alle forme di teatro musicale precedenti. E si trova piena conferma a queste suggestioni nella messa in scena, proprio delle Nozze mozartiane, vista al Teatro Regio di Torino il febbraio scorso. Un allestimento fortunatamente rispettoso della partitura e del libretto, lontano da certi modernismi cervellotici che si riscontrano in troppe regie liriche. Un plauso alla regista Elena Barbalich, allo scenografo e costumista Tommaso Lagattolla e al light designer Giuseppe Ruggiero, per aver composto quadri scenici di ispirazione pittorica coi colori caldi di una Spagna solare, e aver seguito la partitura senza forzature né manie di protagonismo. La rivoluzione mozartiana irrompe sul palcoscenico fin dall’aprirsi del sipario, dopo la solenne overture esaltata dal piglio energico del direttore Yutaka Sado. Diamo ancora la parola al protagonista di Amadeus: “Allora, c'è un servitore a terra, in ginocchio. E lo sa perché? Non perché vi è costretto, no! Sta solo misurando lo spazio. Sa per cosa? Il letto. Il suo letto nuziale. Per vedere se ci sta! Ah! Ah! Ah!”. Barbalich sposta più dignitosamente Figaro da terra a un tavolo di progettazione, ma l’effetto ‘verista’ non ne è diminuito. Il primo atto procede senza soluzioni di continuità sorretto da una trama leggera che sottende una leggiadra, arguta, irresistibile celebrazione dell’ingegno femminile che mette in castagna qualsiasi tentativo maschile di gabbarlo. Figaro (il bravo baritono Guido Loconsolo) sta per sposare la servetta Susanna (la convincente Grazia Doronzio), che è però concupita dal loro padrone Conte di Almaviva, e con la complicità della Contessa (la coppia è interpretata dalle belle voci di Dionysios Sourbis e Erika Grimaldi), una serie infinita di equivoci, travestimenti in cui solo il deliziato pubblico sa chi è chi, sospetti incrociati, spille perdute, paggi travestiti da dame (Cherubino è Samantha Korbey, ottima prova vocale e mimica), e scappatelle più o meno innocenti, si riuscirà a mantenere l’illibatezza della sposina e ottenere il pentimento del Conte, che darà il via al dolente eppur dolcissimo perdono della Contessa prima del finale. Tanti i brani diventati celeberrimi, dall’immortale “Non più andrai farfallone amoroso” che un sadico Figaro canta al Paggio destinato alla vita militare, al caustico “Se vuol ballare signor contino”, alla metateatrale “Voi che sapete che cos’è amor” di Cherubino. Lo stesso compositore (questa volta quello vero) godeva del successo extra-teatrale delle sue arie: “Alle sei sono andato con il conte Canal al cosiddetto ballo di Bretfeld, dove è solito riunirsi il fior fiore delle bellezze praghesi… Io non ho ballato e non ho mangiato… Ho però guardato con sommo piacere tutta questa gente saltarmi intorno, piena di autentica allegria, sulle note del mio Figaro, trasformato in contraddanze e in allemande. Perché d'altro non si parla se non di Figaro, altro non si suona, intona, canta e fischietta se non Figaro… È certo un grande onore per me.”

Ma ogni singola nota delle Nozze non si limita alla meraviglia musicale, diventa teatro e quindi vita, ci parla di noi con un’intensità tale da far volare le quasi 4 ore di spettacolo. Se gli espedienti sono quelli tipici del teatro brillante, l’abilità librettistica di Lorenzo Da Ponte (le cui parole sono perfettamente comprensibili a due secoli e passa di distanza) e l’indescrivibile musica di Mozart ci regalano uno spaccato dell’animo umano con le sue debolezze, le ripicche, i battibecchi, con uno sguardo indulgente e amorevole che permette a ogni spettatore di salire su quel palco e a non volerci scendere più.Franco Travaglio