William Blake Testi Scelti

29
DA: CANTI DELL'INNOCENZA E DELL’ESPERIENZA IL VERDE ECHEGGIANTE II sole sorge e fa Felici i cieli. Liete le campane Suonano per salutare La primavera. L'allodola e il tordo Gli uccelli di fratta Cantano intorno Più forte, al suono Rallegrante delle campane E noi giochiamo intanto Sul verde echeggiante. John dai capelli bianchi Ride e non gli importa Siede sotto a una quercia Tra gente della sua età Ridono se giochiamo E dicono all'improvviso: « Così, così erano Le gioie anche per noi Quando eravamo bambine E bambini, così anche la nostra Festante giovinezza Sul verde echeggiante ». Si stancano i piccoli Non c'è più allegria II sole tramonta E i giochi terminano. Nel grembo delle loro Mamme, molte sorelle e Fratelli come nei nidi Gli uccelli sono pronti per il Riposo. Non ci sono più giochi, allegria Sul verde che imbuia.

description

Un assaggio di testi dell'ultimo grande creatore di miti. Da: Canti dell'Innocenza e dell'Esperienza, Il Matrimonio del Cielo e dell'Inferno, Manoscritto Pickering, Vala, o I Quattro Zoa.

Transcript of William Blake Testi Scelti

DA: CANTI DELL'INNOCENZA E DELL’ESPERIENZA

IL VERDE ECHEGGIANTE

II sole sorge e fa Felici i cieli. Liete le campane Suonano per salutare La primavera. L'allodola e il tordo Gli uccelli di fratta Cantano intorno Più forte, al suono Rallegrante delle campane E noi giochiamo intanto Sul verde echeggiante.

John dai capelli bianchi Ride e non gli importaSiede sotto a una querciaTra gente della sua etàRidono se giochiamoE dicono all'improvviso:« Così, così eranoLe gioie anche per noiQuando eravamo bambineE bambini, così anche la nostraFestante giovinezzaSul verde echeggiante ».

Si stancano i piccoliNon c'è più allegriaII sole tramontaE i giochi terminano.Nel grembo delle loroMamme, molte sorelle eFratelli come nei nidiGli uccelli sono pronti per ilRiposo. Non ci sono più giochi, allegriaSul verde che imbuia.

L'AGNELLO

Agnellino chi ti fece Tu lo sai chi ti fece?

La vita, il pascolo ti ha datoAccanto al fiume & sul pratoE una veste deliziosaLa più dolce, di lanaLuminosa, e una voceCosì tenera da fareLiete tutte le vallate.

Agnellino chi ti fece Tu lo sai chi ti fece?

Agnellino te lo dico Agnellino te lo dico.

Lui ha il tuo stesso nome Perché si disse l'Agnello. Lui è mite, lui è buono Lui diventò un bambino. Io bambino & tu agnello Da lui prendiamo il nome.

Agnellino, sii benedetto Agnellino, sii benedetto.

LA TIGRE

Tigre! Tigre! divampante fulgoreNelle foreste della notte,Quale fu l'immortale mano o l'occhioCh'ebbe la forza di formareLa tua agghiacciante simmetria?

In quali abissi o in quali cieli Accese il fuoco dei tuoi occhi?Sopra quali ali osa slanciarsi? E quale mano afferra il fuoco?Quali spalle, quale artePotè torcerti i tendini del cuore?E quando il tuo cuore ebbe il primo palpitiQuale tremenda mano?Quale tremendo piede?

Quale mazza e quale catena? Il tuo cervello fu in quale fornace? E quale incudine? Quale morsa robusta osò serrarne I terrori funesti?Chi l'Agnello creò, creò anche te? Fu nel sorriso che ebbe Osservando comprato il suo lavoro, Mentre gli astri perdevano le lance Tirandole alla terra E il paradiso empivano di pianti?Tigre! Tigre! divampante fulgoreNelle foreste della notte,Quale mano, quale immortale spiaOsa formareLa tua agghiacciante simmetria?

LA GIOIA APPENA NATA

« Io non ho nomeSon nata due giorni fa ».Come ti chiamerò?« Felice sonoGioia mi chiamo ».Una dolce gioia ti tocchi.

Cara gioiaDolce gioia di due giorniDolce gioia ti chiamo.Tu sorridiIo canto intanto.Una dolce gioia ti tocchi.

LA ROSA MALATA

Oh rosa, sei malata.Il verme invisibileChe vola nella notteNegli urli delle tempeste

Scoprì il tuo giaciglio Di gioia scarlattaE il suo amore segreto e buioDistrugge la tua vita.

L'IMMAGINE DIVINA

Pietà Misericordia Pace e Amore Pregano tutti quelli che soffrono E a queste virtù che san dare sollievo Dopo rivolgono il loro grazie.

Perché Pietà Misericordia Pace e Amore È Dio, il nostro Padre caro, E Pietà Misericordia Pace e Amore È l'uomo, Suo figlio, di cui ha cura.

Misericordia ha il cuore d'uomo Pietà ha dell'uomo il volto Amore umana forma divinaE Pace ha vesti d'uomo.

Cosi tutti gli uomini, d'ogni paese Quelli che pregano quando soffrono Pregano l'umana forma divina Pietà Misericordia Pace e Amore.E tutti devono amare l'umana forma In tutti, nei pagani, turchi, giudei. Dov'è Misericordia Pietà Pace & Amore Lì c'è Dio.

COMPENDIO DELL'UOMO

Pietà non ci sarebbe più Se non facessimo qualcuno povero E Misericordia non potrebbe esserci Se tutti fossero come noi, felici.

La paura reciproca fa nascere La pace, finché l'amore di sé cresce: Allora la Crudeltà intreccia le trappole E dispone bene le sue esche.

Siede con sacre paure E bagna il suolo di lacrime; Allora Umiltà mette radici Sotto i suoi piedi.

Subito si diffonde l'infelice Ombra del Mistero sopra il suo capo E il Millepiedi e la Mosca Si nutrono di Mistero.

E porta come frutto la Menzogna Frutto vermiglio e dolce da mangiare E il Corvo il nido ha fatto Nella sua ombra più greve.

Gli dei della terra e del mareTraverso la Natura cercarono quest'alberoMa tutto il loro cercare fu vano:Uno ne cresce nel Cervello Umano.

DA: IL MATRIMONIO DEL CIELO E DELL'INFERNO

L'ARGOMENTO

Rintrah rugge scuotendo i suoi fuochi nell'aria pesante; Fameliche nubi oscillano sopra l'abisso.

Un tempo docile, e per pericoloso sentiero,L'uomo giusto seguiva il suo percorsoLungo la valle della morte.Rose sono piantate dove spini crescono,Nella brughiera desolata cantanoLe api rigonfie di miele.Fu allora che apparvero piante Lungo il pericoloso sentiero, E un fiume e una sorgente Sopra ogni rupe e tomba, E sull'ossa imbiancate Argilla rossa emerse;Finché l'insolente lasciò i sentieri più semplici Per camminare per i più pericolosi, e sospingere L'uomo giusto in regioni desolate.Ora strisciando il serpente si muove In mansueta umiltà,E l'uomo giusto in aspri luoghi infuria Dove i leoni s'aggirano.

Rintrah rugge scuotendo i suoi fuochi nell'aria pesante, Fameliche nubi oscillano sopra l'abisso.

PROVERBI INFERNALI

Nel tempo della semina impara, in quello del raccolto insegna, d'inverno spassatela. Guida il carro e l'aratro sopra l'ossa dei morti. La strada dell'eccesso porta al palazzo della saggezza. La Prudenza è una ricca e brutta vecchia zitella corteggiata dall'Impotenza. Chi desidera ma non agisce, alleva pestilenza. Il verme tagliato perdona l'aratro. Se gli piace l'acqua, buttatelo nel fiume. Lo stolto non vede un albero allo stesso modo del saggio. Chi ha un volto senza un raggio di luce, non diventerà mai stella. L'Eternità è innamorata delle opere del tempo. L'ape affaccendata non ha tempo per dolersi. Le ore della pazzia sono misurate dall'orologio; ma quelle della saggezza, nessun orologio può

misurarle. Per l'unico cibo sano non valgono reti né trappole. Conti, peso e misura, lasciali all'anno di carestia. Nessun uccello sale troppo in alto, se sale con le sue ali. Un cadavere non si vendica se l'insulti. È il gesto più sublime anteporre un altro a sé. Se il matto persistesse nella sua follia, andrebbe incontro alla saggezza. Pazzia è il travestimento della malizia. Vergogna è la maschera dell'Orgoglio. Con le pietre della Legge hanno alzato Prigioni; coi mattoni della Religione, Bordelli. La superbia del pavone, è la gloria di Dio. La lubricità del capro, è la munificenza di Dio. La collera del leone, è la sapienza di Dio. La nudità della donna, è il lavoro di Dio. L'Eccesso di dolore ride. L'Eccesso di gioia piange. Il ruggire dei leoni, l'ululare dei lupi, l'ergersi del mare furente e la spada distruttrice, sono particelle

dell'eternità troppo grandi per l'occhio dell'uomo. La volpe biasima la trappola, non se stessa. Le Gioie fecondano: i Dolori partoriscono. L'uomo indossi le spoglie del leone, la donna il vello della pecora. All'uccello un nido, al ragno una tela, all'uomo amicizia. Il pazzo egoista e sorridente e il pazzo tetro e scontroso saranno entrambi presi per saggi, affinché

possano essere una frusta. Ciò che oggi può dimostrarsi, una volta fu solo immaginato. Topo, gatto, volpe, coniglio mirano alle radici; il leone, la tigre, il cavallo, l'elefante si volgono verso

i frutti. La cisterna trattiene, la fonte dilaga. Un pensiero colma l'immensità. Sii sempre pronto a dire ciò che pensi, e il vile ti scanserà. Qualsiasi cosa che si possa credere, è immagine di verità. L'aquila non sprecò mai tanto il suo tempo come quando si mise alla scuola del corvo. La volpe provvede a sé, ma al leone provvede Iddio. Di mattina pensa. A mezzogiorno agisci. A sera mangia. Di Notte dormi. Se uno ti ha permesso di fargliela, è segno che ti conosce.

Come l'aratro va dietro alle parole, cosi Iddio esaudisce le preghiere. Le tigri dell'ira sono più sagge dei cavalli dell'educazione. Aspettati veleno dall'acqua ferma. Non puoi mai sapere ciò che basta, a meno che tu non abbia conosciuto prima l'eccesso. Da' ascolto ai rimproveri del matto: è privilegio da re. Gli occhi di fuoco, le narici d'aria, la bocca d'acqua, la barba di terra. Chi manca di coraggio è esuberante d'astuzia. Il melo non chiede per crescere consiglio al faggio, né al cavallo il leone per afferrare la preda. Chi è grato nel ricevere si prepara un'abbondante messe. Se non ci fossero stari gli sciocchi, dovremmo esserlo noi. L'anima della dolce gioia, non si potrà mai insozzare. Quando vedi un'Aquila, vedi una particola di Genio: alza la testa ! Come, per deporvi le uova, il bruco elegge le foglie più belle, il prete depone cosi sulle nostre mi-

gliori gioie la sua maledizione. La creazione d'un piccolo fiore è lavoro di ere. Condannare accresce il vigore. Benedire, lo attenua. Il miglior vino è il più vecchio, l'acqua migliore è la più nuova. Pregare non ara ! Adulare non miete ! La gioia non ride ! I dispiaceri non piangono ! La testa, il Sublime; il cuore, Pathos; i genitali, Bellezza; mani e piedi, la Proporzione. Come per l'uccello, l'aria, per il pesce, il mare, cosi sia il disprezzo per lo spregevole. Il corvo vorrebbe che ogni cosa fosse nera, il gufo, che tutto fosse bianco. Esuberanza è Bellezza. Se il leone si lasciasse consigliare dalla volpe, si farebbe furbo. Le migliorie raddrizzano le strade; ma le vie tortuose e prive di migliorie sono quelle del Genio. Sarebbe meglio per te uccidere un bimbo nella culla che cullare desideri inattuati. Dove manca l'uomo, la natura è sterile. La verità detta in modo comprensibile non sarà mai non creduta. Abbastanza oppure Troppo.

DAL MANOSCRITTO PICKERING

IL VIAGGIATORE MENTALE

Viaggiai in un paese degli uomini,Paese di uomini, anche di donne;E tali udii e vidi cose orrendeQuali mai non conobbero gli erranti della fredda terra

Poiché in gioia il Bambino vi nasce Generato in atroce doglia;Parimenti mietiamo in gioia il frutto II cui seme spargemmo in acri lacrime.

E se il nato Bambino è un maschio Viene dato a una Vecchia Donna, Che giù, su una roccia, l'inchioda, Cogliendone gli strilli in coppe d'oro.

Gli cinge il capo di spine di ferro, Le due mani e i due piedi gli trafigge, Con un taglio in un fianco il cuore Gli espone al caldo e al freddo.

Usa i diti a enumerargli ogni nervo, Come l'avaro nel contare l'oro; Si nutre dei suoi strilli e dei suoi pianti, Cresce di gioventù quanto egli invecchia.

Finché egli non divenga Gioventù sanguinante, E non divenga lei splendida Vergine; Egli si spezza allora le manette, E la incatena a terra per godere.

In tutti i nervi di lei egli si pianta, Giusto come il bifolco con la terra; Si fa ella il luogo dov'egli s'annida E un orto che settanta volte frutta.

Si riduce egli presto a un'Ombra annosa, Errante attorno ad un terreno covo, Pieno zeppo di gemme e d'oro Che con industria seppe guadagnare.

Sono le gemme dell'anima umana,I rubini e le perle d'occhio infermo d'amore, D'un cuore sofferente l'oro non calcolabile,II gemito del martire, il sospiro d'amante.

Questo è il suo cibo, questa è la bevanda; Da l'alimento al mendicante e al misero E al viaggiatore in viaggio: È sempre aperta la sua porta.

La sua pena è l'eterna loro gioia; E ne fanno echeggiare i tetti e i muri; Finché sopra il focolare dal fuoco Un Fantolino Femmina non spunti.

Essa è tutta di fuoco solidoE oro e gemme, e la mano niunoOsa stendere a toccarne la forma bambina,Per avvolgerla in fasce.

Ma da sé va lei verso l'uomo che ama, Sia vecchio o giovane, povero o ricco; Subito espellono l'Annoso Ospite, Mendico all'altrui porta.

Lontano se ne va errando in lacrime,Finché non l'accolga qualcuno;Spesso già cieco, prostrato dagli anni, in desolata pena,Se ne va finché non gli riesca d'attrarre una Donzella.

Ed a placare la sua età glaciale,La prende il poveretto nelle braccia;Dalla sua vista la casa scompare,E l'orto insieme a tutti i cari incanti.

Si sparpagliano in paese i convitati, Poiché alterandosi l'occhio altera tutto; I sensi s'aggomitolano in paura, La piatta terra diventa una palla;

Stelle, tutto svanisce, sole, luna, Si fa vasto un deserto senza limite, Non resta niente da mangiare o bere, Deserto attorno buio.

Col miele delle sue labbra infantili,Col pane e il vino del sorriso dolce,Con fantasie azzardose d'uno sguardo incostante,Fa lei che egli s'incanti sino al punto d'infanzia;

Poiché via via che mangia e beve crescePiù giovane e più giovane ogni giorno;E nell'aspro desertoVanno entrambi vagando nella costernazione e nel terrore

Come cerva selvatica essa fugge, Selvagge macchie pianta il suo timore, Mentre egli seguita a inseguirla notte e giorno, Indotto dalle varie arti d'amore;

Da varie arti dell'odio e dell'amore,

Finché il deserto immenso non si copra di pianteCon labirinti dell'amore indocile,Dove gironza il leone, e l'orso, e il lupo.

Finché egli non divenga capriccioso Bambino, E lei una desolata Vecchia Donna.Ci gironzano allora in folla innamorati;Roteano più vicini il sole e gli astri;

Gli alberi espandono una dolce estasi Per quanti nel deserto stanno errando; Finché più città non vi sorgano E accoglienti dimore di pastori.

Ma quando trovano il Bimbo Accigliato, II terrore si sparge nell'immensa regione: Essi gridano « II Bimbo ! il Bimbo è nato ! » E da tutte le parti fuggono.

Poiché a chi osi toccare quell'Accigliata Forma, Si brucia sino alle radici il braccio; Leoni, orsi, lupi, tutto fugge urlando, E ogni albero si spoglia dei suoi frutti.

E niuno può toccare quella Forma Accigliata,Salvo una Vecchia Donna;Essa la inchioda giù sopra una roccia,E ogni cosa succede come dissi.

DA: VALA, o I QUATTRO ZOA

(Dalla Notte I)

(Proemio)

Il canto che scosse con rabbia l’infinito, il canto della Madre Antica,Udendo il marciare di lunghi, forti, eroici versiRisuonanti in ordinate schiere, pronti per il giornoDella Battaglia Mentale

***

(Separazione primordiale tra Tharmas ed Enion)

Nel potere genitoriale di Tharmas ha inizio. Si oscura all’Occidente

Perdute! Perdute! Perdute sono le mie Emanazioni! Enion O Enion!Siamo Vittime delle Vite che celiamo in segreto.Ho nascosto Gerusalemme in Silente Contrizione. Pietà di me!Possa io per te creare un labirinto, O Enion.Perché prendesti la dolce Gerusalemme dal profondo dell’Anima mia,E la celasti in Morbidi recessi di buio e di silenzio?Non è amore che reco a lei, è Pietà.Ella ha preso rifugio nel mio petto, non posso scacciarla.

Gli uomini ricevettero mortali ferite, le Emanazioni fuggirono;Da me vennero per rifugio e per amore di Pietà debbo tenerle.

Enion rispose: La tua paura mi fa tremare, mi avvolge il tuo terrore.L’Amore è perduto, Terrore e Odio regnano al suo posto,E gelide richieste di Diritto e Dovere, anziché Libertà.Tu fosti per me il più dolce figlio del cielo – Ma adessoPerché sei tu Terribile? E ancora ti amo nel tuo terroreFino alla mia stessa Estinzione, fino che io diventi un’Ombra nell’Oblio.A meno che una strada sia trovata, perché io possa guardarti e vivereE nascondere il mio Oscuro sembiante. Sussurri segreti al mio Orecchio Nel segreto di morbide ali. In intrighi di bellezza illusoriaHo lanciato sguardi nell’anima segreta di coluiChe ho amato, e negli Oscuri recessi ho trovato il PeccatoE non posso tornare.

Pallido e tremante, sulle sue nubi, Tharmas sedeva piangendo.Perché esamini ogni piccola fibra della mia animaSpargendole al sole come sterpi da seccare?La gioia del bimbo è leggiadra, ma un’anatomiaOrrendamente Mortale dovrai trovare in essa,La Disperazione della Morte e l’aleggiare D’infinita Malinconia.Impazzirai d’orrore considerando in questo modoOgni momento delle mie segrete ore. So che ho peccatoE sgualdrine sono diventateLe mie Emanazioni. Non so che cosa fanno, e se sapessi

Nuova Disperazione porterebbe il suicidio nel mio cuore.O Enion, tu sei radice che cresce nell’infernoAnche se di bellezza celestiale, che mi conduce a distruzione.A volte penso tu sia un fiore che si espandeA volte un frutto, che si stacca dal suo ramoIn strazio e pena atroce. Io sono come un atomoUn Nulla perso nel buio, ma sono ancoraUn’identità: desidero, sento, e piango e gemo.Ah terribile, terribile!

***

(Apparizione di Urizen)

Guarda: io sono Dio il tremendo distruttore, non il SalvatorePerché dovrebbe la Divina Visione spingere i figli di EdenA lasciare le proprie delizie per combattere contro lo Spettro?Lo Spettro è l’Uomo; il restoÈ fantasia e illusione.

Così parlò il Principe della Luce, e si sedetteDavanti al Seggio di Los. Sulla riva sabbiosaRiposavano i carri di fuoco.

Diecimila migliaia erano i suoi compagni, gli spiriti del ventoDiecimila migliaia di carri splendevano nel cielo:Si riversarono sulla spiaggia dorata dinanzi all’oceano silente.Gioivano per la vittoria, e i cieli eran pieni di sangue.

La Terra imbandì la sua gran tavola. La Notte porse una coppa d’argentoPiena del vino d’angoscia atteso alla festa dorata.Ma il Sole splendente non c’era ancora: riempiendo le distese, egli dormivaCome un uccello nel guscio azzurro che tra poco esploderà.

Los vide la ferita dello schianto; la vide, e pianse e compatìE si pentì del colpo inferto ad Enitharmon, e sentì amoreSalire per le Vene, e la strinsePer sanare le ferite che lui stesso aveva inferto.

Mangiarono il pane di sangue, e bevvero il vino di nerviAscoltarono il Canto delle Sfere, e l’Arpa degli ElementiVidero le Ore danzare, e correre su per il cieloCon aure alate che spargevano gioia nella luce cangiante.

Ma Luvah e Vala nel cielo sanguignoRestarono soli in fiera gelosia, dimenticatiStavano sopra i cieli, desolati, sospesi nel sangueNon potevano scendere, né distogliere lo sguardoL’uno dall’altra. L’Eternità apparve allora su di loro,Come un Unico Uomo, ricoperto dai panni di sangue di LuvahChe si fa carico delle sue afflizioni.Questa fu la Visione, mentre il sole tramontava sulla terra nebbiosa.

(Canto degli spiriti alla festa di Los ed Enitharmon)

Efrem chiamò Sion: Svegliati, o Monte FratelloRifiutiamo l’Aratro e la Pala, il pesante Martello e l’Erpice aguzzo.Bruciamo le messi abbattiamo i recinti,Ingrassarsi di sangue umano e ubriacarsi col vino della vita

È molto meglio della fatica della vendemmia e del raccolto.Guarda il fiume rosso del sangue dell’UomoDilagare lascivo tra le mie ginocchia roccioseLe mie nuvole non sono quelle dei prati verdi e dei frutteti,Sono le Nuvole dell’Anima Umana. Le mie narici bevonoLa vita umana.

Villaggi gementi s’accasciano sulla pianuraUn lamento percorre le Valli, da Mulini e FieniliMa i Palazzi eleganti, oscuri e silenziosi, si piegano d’orroreNascondendo quadri e libri nelle tane della Terra

Le Città si consultarono, dicendoImpazziti sono i figli col vino della discordia.Prepariamo un Flagello, sorella CittàI bambini sono nutriti per il Macello; una volta venivano nutritiDi latte, ma adesso si nutrono di sangue.

Un Cavallo ha più valore di un Umano; la Tigre feroceRide della forma Umana; scherza e ride il LeoneAssetato di sangue. Pregano il Ragno: Allarga la tua tela! Accresci le tue ossa Con tendini carne e midollo! Esaltati! Trova una voce

Chiama i tuoi oscuri compagni armati, perché i figli dell’Uomo s’adunanoPer devastare le città! L’uomo non sarà più! Svegliate, amiciL’arco che risuona sopra i colli! Luvah e Vala cavalcano trionfantiNel cielo insanguinato. E la Forma Umana non è più.

(Dalla Notte II)

(Urizen crea il Guscio Mondano)

E presero i Leoni di Urizen il lavoro: roventi nella forgiaRuggivano le masse splendenti, tuonavano i martelli; molte piramidiFurono create e scaraventate tuonando Nel profondo della Non EntitàCalde di calor rosso trovarono la strada per molte leghe, finché si riposarono.Trovò il suo centro ognuna, e là ristette, sospesa,Scintille lanciando nell’orrido abissoAffiché i figli di Urizen in ordinate schiere Misurassero l’abisso con compassiE poi erigessero la potente misura

Che Luvah strappò dal Cuore inerte dell’Uomo Caduto

E pesassero i massicci Cubi, e li disponessero In tremende postazioni.

E chiusi per tutto il tempo in Caverne, i dorati Telai erettiSi misero al lavoro, e tesserono le Atmosfere. Poi il Ragno e il VermeMossero la spola alata soffiando striduli per i fili in ascolto.Sotto le grotte spostarono le matasse di piombo e le conocchie di ferroIn enorme trama, e rabbia inumana nello spaventevole abisso.

Mentre lontano nell’immenso ignoto, le forti Aquile alatePiegarono il loro volo avventuroso, in forme UmaneAttraverso le tenebre profonde portarono le stoffe intessuteSu ganci d’oro appesero i tendaggi universali, e li stesero da Sole a SoleVeicoli di luce, separarono le furiose particelleIn morbide correnti, come l’acquaSi mescola col vino.

Mentre dunque gli Spiriti del vento potente illuminavano le tenebreI fili furono tirati e le corde arrotolate; il debole alloraIniziò a lavorare, e molta gente fu catturata, e molte retiFurono tese e molti Spiriti intrappolati, e reti innumerevoli,Innumerevoli trappole e tagliole, e molti flauti suadentiE dolci cetre furono formate, disseminate sopra l’infinitoCon gioia crudele catturarono gli ascoltatori, e con gioia crudeleLi legarono, condensando in un piccolo compassoCosì grande energia. Qualcuno divenne semeDi ogni pianta che sarà mai piantataQualcuno bulbi, gettati tutti insieme in silos e fienili.

Quindi si fecero avanti i Costruttori. Dapprima il divino ArchitettoEspose il suo progetto; fondamenta mirabili copriron l’infinitoL’edificio quadrangolare fu innalzato, i cieli Squadrati da una linea. Trigoni e cubiDividono gli elementi in confini finiti.Senza sosta le infinite moltitudini lavorano: disponendo con enorme fatica le pietre squadrateCon malta impastata con le ceneri di ValaDalle oppresse femmine schiave.

***

( Canto dell’Esperienza di Enion)

Quindi il vivente Los condusse Enion nell’infinito mortaleSì da portare anche lo spirito di Ahania dentro il suo Vortice.Ah cecità felice! Enion non vede il terrore dell’incertoE geme dall’abisso. Tremano i cieli d’oro.

Io fui creata per piantare cardi per grano, ortica come ciboHo seminato nella terra una falsa promessa, e ha generato un alberoVelenoso; e ho scelto il serpente per consiglioE il cane per maestro dei miei figliHo intrappolato la colomba e l’usignolo lontano dalla luce e dalla vitaE ho indotto a mendicare di porta in porta il verme della terraHo insegnato al ladro un sentiero segreto che conduce alla casa del giustoHo insegnato al pallido artifizio a spargere le reti sul mattinoSono bronzo i miei cieli, ferro la terra, una zolla di creta la luna

Il mio sole pestilenza che brucia a mezzodì, e vapore nella notte profonda.

Qual’è il prezzo dell’Esperienza? La compra l’uomo con una canzoneO la saggezza con un ballo in strada? No, è comprata con il prezzoDi tutto quello che possiede: casa moglie figli.La saggezza é venduta in mercati desolati dove nessuno compraE nel campo avvizzito dove il villano ara per nulla.

È facile trionfare nel sole dell’estateE nel raccolto, cantare sopra il carro carico di granoÈ facile parlare di pazienza al derelittoSpiegare al vagabondo senza casa Le leggi della prudenzaSentire il grido del corvo affamato nella fredda stagione, quando il rosso sangueÈ pieno di vino e del midollo degli agnelliÈ facile beffarsi della furia degli elementi Sentire il cane alla porta dell’inverno, il bue che muggisce nel macelloVedere un dio in ogni vento e una benedizione in ogni tuonoSentire suoni amorosi nel ciclone che distrugge la casa del nemicoGodere del mal secco che copre il suo terreno, e dell’infermità che uccide i figliMentre nei pressi della nostra porta olivi e vigne cantano e sorridonoE i nostri figli portano frutti e fiori

E il dolore e i lamenti si dimenticano, e lo schiavo che langue nel mulinoE il prigioniero in catene e il povero in galera e il soldato sul campoQuando le ossa schiantate lo hanno lasciato a gemere Tra i più felici morti

È facile gioire nelle tende della prosperitàQuindi potrei cantare e giubilareMa non è così per me!

(Dalla Notte IV)

(Separazione di Los ed Enitharmon)

Ma Tharmas cavalcò l’oscuro Abisso. La sua voce risuonò sul diluvio incombente. Vide Los e Enitharmon che emergevanoDall’Abisso in forza ed in splendore. Le sue viscere si struggevano per loro.Essi sorgevano in forza sul diluvio incombente. In vergogna possente,Scarlatto come il Sole all’alba torrida del giorno di sangueTharmas li rimirò. Le sue viscereLanguivano per loro

***

Los s’ergeva sprezzante, rosse scintille di rovina Scaturivano dalla testa furiosa. Volò sopra le onde di TharmasTharmas pietoso richiamò le sue Onde

Poiché Enitharmon lanciò un urlo violento, e gridò: O dolce mondo

Costruito dal divino Architetto, il cui amore per Los ed EnitharmonTu, temerario odioso Demone, nella tua furia hai sovvertito

Quale divino Architetto, disse Tharmas, oserebbe sfidare il mio volere?Poiché se voglio io comando a queste acque di innalzarsi o di restare quieteSotto il mio sguardo irato; il mio volere sarà la mia Legge.

Così dicendo, in un’enorme ondata, forzò la splendente EnithamonLontano da Los. Ma la protesse con tenera cura In una immensa onda del tiepido occidente, medicando la sua ferita sanguinante.

Oh quale fu l’urlo di Los quando tutte le fibre si spezzaronoDove Enitharmon era attaccata sul suo lato sinistro in pena opprimente.Cadendo sulle rocce urlò il suo Dolore. Finché il suo sangue si rappreseE ululando nel vento piangeva La sua disperazione. E Tharmas richiamò l’Oscuro Spettro precipitato sulla SpondaCon le membra disperse; lo Spettro si levò con grande penaUn’Ombra blu oscura e triste. Come una plumbea statuaPiegata dalla caduta da una torre,L’Ombra dolente si erse

(Dalla Notte V)

(Incatenamento di Orc)

Negli oscuri recessi Enitharmon allevò il focoso figlioSedendo nelle tenebre; Los sopra di lei si lamentava in disumana angoscia.Suggendo il latte di Enitharmon crebbe il fanciullo ardente;Los intorno a lei pilastri edificava di ferro e bronzo e argento e oro

Quadruplici in oscuro profetico timorePoiché ora temeva Morte Eterna ed estrema Estinzione.Edificò Golgonooza sul lago di Udan AdanSopra il Limite di Traslucenza, quindi Luban.Pose le Fondamenta Tharmas, e Los la terminò tra cupi pianti.

Ma quando quattordici estati e quattordici inverni furono trascorsiSulla loro solenne abitazione Los scorse il giovane rubizzo Che abbracciava la sua fulgente madre, e vide fuochi maliziosiNei suoi giovani occhi e comprese chiaramente Che Orc tramava la sua morte. Un dolore attraversò la rossa fronte;Una stretta cintura apparve sul suo cuore come un laccio di sangue.In reconditi sospiri la distrusse, ma il mattino seguenteUna nuova cintura intorno al cuore.Ogni giorno scrutava l’ardente giovinetto con silente pauraLe sue guance immortali mortalmente pallide, finché parecchi giorniE molte notti passarono in orrendo dolore,

Formando una cintura durante il giorno e distruggendola di notte.La cintura si formava al mattino, e si spezzava in due la notteCadendo sulle rocce, una ferrea catena serrata anello per anello.

Vide Enitharmon la catena sanguinante dei giorni e delle nottiOriginata dal cuore di Los, e vide come egli ogni mattinaLavorava in pena struggente accompagnato dall’oscuro spettro. La chiamò la catena Di Gelosia. E Los iniziò ad inveireContro Enitharmon, poiché non poté più celare la sua piaga sconosciuta,E prese il ragazzo tra le mani immortali mentre Enitharmon lo seguiva dolente.Lo portò sulle montagne di ferro, e la Catena gelosaCadde dal cuore sopra le montagne. Lo Spettro tenebrosoTeneva il giovane ardente, lo inchiodò poi Los, la catena maledettaSulle sue membra avvolse. Oh come pianse e gemetteLa splendente Enitharmon sopra il figlio! La gioia amata fu messa in catene dall’inesorabile Los.

Batté i chiodi il martello di Urthona in terroreDieci bronzee forme. Dieci volte urlarono i DemoniDivampando distruggendo ruggendo rimbombandoForte Forte più Forte le tenebre ingaggiarono battagliaCon le onde di Tharmas e le Nevi di UrizenCrepitando le fiamme sgorgarono con furia dal demone immortaleCircondato di fiamme il Demone cresceva urlando nel fuocoLos avvolse Enitharmon in una fredda bianca nubeInfine la condusse nel profondo del suo labirintoDando severo incarico allo Spettro di sorvegliare l’urlante nemico.

Serrato nell’Amore Paterno, Possessivo, Famelico AppetitoLe sue membra bloccate scherniscono la catena, poiché sopra di esseUn cerchio di fiamme divampanti le nutre e reca le virtù del Mondo eterno.A miriadi agitati intorno al Demone si lamentano gli spiriti di vita Al suo immenso richiamo s’allontanano nei cieliE ritornano con cibo e bevande. O s’immergono negli abissiPer portare le eccitanti gioie dei sensi a lenire la sua rabbia senza fine.Gli occhi, le luci del suo enorme corpo, si contraggono e si espandonoContratti percepiscono i segreti delle montagne infiniteLe vene d’oro e d’argento e i segreti di ValaOgni cosa che cresce dal bocciolo immacolato O respira; un’anima fragrante in espansione che contemplaGli incubi del Sole e della Luna, i Pianeti Elementali e le sfere d’eccentrico fuoco.Le sue narici respirano fuoco. I suoi capelliBoschi di fiere selvagge dove il leone scruta la tigre e dove ulula il lupoDove l’aquila nasconde i suoi piccini tra forre e precipizi;Il suo petto è cielo stellato che si espande; le stelle intorno a lui cantano in coro;Là ondeggiano le messi, e la vendemmia gioisce. Dalle FontiScaturiscono ruscelli di delizia. Là i fiori selvaticiRidono e bevono cantando. La cavalletta, la mosca e la formicaLa falena dorata costruisce la sua casaE sparge il suo letto di seta.

I suoi lombi intessuti di seriche fiamme sono come selvagge fornaci,Selvagge come il toro possente nel tempo dell’estateQuando le api cantano nei pressi dello stagnoDove le mandrie riposano all’ombra, e lungo le sorgentiLe greggi numerose ricoprono i monti e nelle vallate scintillano;

Le sue ginocchia sono rocce di diamante, di rubino e smeraldo.Spiriti della forza nei Palazzi in dorate armature gioiscono;Armati di lance e di scudi, bevono e stanno allegri sul massacroQuesto è il Demone, questo il suo terroreNegli abissi profondi.

Ma quando furon di ritorno a Golgonooza, Los ed EnitharmonSentirono lo strazio che i Genitori sentono. Piansero insieme, e Los ebbe rimorsoD’avere incatenato Orc sulle montagneE più forti furono i pianti di Enitharmon; l’amore del padre e della madre fece ritornoNonostante il terribile orrore di quella catena infernale.A mezzanotte s’alzarono inquieti e preoccupatiNove giorni viaggiarono attraverso il deserto di Entuthon BenithonTra le meste vallate; tenendola per mano, Los condusse Enitharmon Fino alle alte montagne dove Orc gridava nel vento.Egli voleva renderle il figlio con gioia dieci volte maggioreAnche a rischio della sua stessa vita. Pietà e sofferenza erano in lui.

Allorché giunsero alla roccia tenebrosa e alla cava spettraleEcco che nella pietra videro le radici che promanavano dalle giovani membra E fibre robuste che si erano intrecciate dalla Catena della Gelosia, Sviluppandosi rapidamente in fitta vegetazione sulla roccia e intorno alla cavernaE sulle membra immortali del terribile ardente giovinetto.Invano tentarono di liberarlo. Invano tentarono di dissolvere La catena con lacrime amare. Né la morte di EnitharmonNé la consunzione di Los potevano scioglierlaNé sradicare le fibre infernali dal loro letto pietroso;Non la forza di Urthona, non la possanza dei Tori di LuvahChe ogni giorno traggono dal profondo il riluttante SolePoteva sradicare la catena infernale. Poiché essa aveva messo radiciIn ferree rocce, e formato una catena che giungeva sino al Centro della TerraLegando insieme il Centro e penetrando con le fibreLe membra di Orc. Diventò con lui una sola cosa, Una viva Catena sorretta dalla vita dei Demoni. Terrore e sconfortoE rabbia e lamenti avvolsero in fredde nubi i GenitoriMentre si piegavano gemendo verso il tremendo giovane, fin quandoAl suo fianco precipitarono svenendo.

(Dalla Notte VI)

(Urizen visita le cave)

Poiché Urizen vide i terrori dell’Abisso mentre vagava tra quelle rovineDi spiriti che furono suoi figli, e figli di Luvah.Sgomenti al suono dei loro stessi gemiti che sembrano scuotere l’immensoVagano in ansia. Un Sole e una Luna spaventevoli nel cuoreUn Universo di costellazioni fiammeggianti nel cervelloUna Terra di misero inverno sotto i piedi, e intorno ai loro lombiAcque o vento o nubi o lampi che incombono e piaghe pestilentiOltre i confini di se stessi il loro sguardo non può penetrareCome un albero non sa quello che è oltre le sue foglie e la sua scorzaPerò beve le gioie dell’estate e teme le pene invernali

Così nelle regioni della tomba nessuno conosce il suo oscuro compagnoPur dividendo il tremendo dolore e mutuamente rendendo gli spasimiLe convulsioni e i dolori pulsanti in tormenti che avvelenano l’anima

Forme orrende e dolenti sospiri in prigioni infuocateE in catene di caldo rosso ferro, alcune coronate di serpentiAlcune col petto cinto da mostri. Alcune su letti di zolfo ruotantiE vide donne marciare su roventi distese di sabbiaIn bande di cento, cinquanta; di mille, colpite da folgori ardenti Dietro di loro in raffiche continue.Passò rapido in volo il Signore della Luce sui deserti roventiCon fragori di tuono. E i deserti passarono, tra le nubi di fumoCon miriadi di esseri in angoscia nei vapori soffocantiCon rapido volo si mosse il Signore, pur se s’affievoliva il suo potere Finché si sentì venir meno, e vagò affranto su rocce e MontagneDove moltitudini erano rinchiuse in solide rocce e montagne Che i loro tormenti scuotevano. Giunse quindi tra ardenti castelli E città costruite d’acciaio rovente, E vide le forme di tigri e leoni, esseri umani disumanatiMolti in forma di serpi e lombrichi d’enorme misuraChe gli sbarravano la strada sul cupo terriccio in viscidi percorsi Tracciati tra abisso ed abisso, tessuti da mostri copertiDi scaglie e nervature o armati in gusci di ferro o di bronzoO d’oro, tormento scintillante e sibilante in eterno doloreA volte s’alzavano come colonne d’acqua o di fuocoVagando invano si contraevano a volte, e a volte s’allungavano In cerca di un impossibile sollievo.La sua voce fu un tuono indistinto alle loro orecchieSorde e pesanti, e gli occhi e le narici erano chiusi.Spesso si rivolse alle vittime urlanti, con accenti dolci o Furiosi ma nessuno risposeOgnuno avvolto nel proprio tormento urlava incurante del suo dire,Né ottenne voce di dolce risposta quando provò con le lacrime:Egli sapeva che erano i suoi figli, in rovina nel suo mondo in rovina.

(Dalla Notte VII)

(L’apertura del Centro e l’edificazione di Golgonooza)

Rincuorati: sono io il tuo vero SéPur se diviso da te e Schiavo di ogni PassioneDella tua Anima selvatica Apri le Porte della Memoria e guardamiNon un altro ma il vero Te stesso io sono il tuo SpettroMi dominasti con Forza Immortale in tempi antichiQuand’ero famelico e assetato di morte e lussuriaAnche se sono orrendo e sinistro ai tuoi occhi anche se sono sepoltoDalle rovine dell’Universo. Ascolta ciò che ispirato ti dico e taci

Se in uno ci uniremo un mondo migliore nasceràAperto nel tuo cuore nei lombi e nel mirabile cervelloTriplice, come fu nell’Eterno, e questo quarto UniversoSarà Rinnovato dai tre e consumato nei fuochi mentaliMa se rifiuterai, un altro corpo sarà preparato Per me e tu sparirai in vapore e non sarai più

Poiché tu sei soltanto una forma e un organo di vitaUn nulla continuamente ricreato da Pietà e Amore divino

Los furibondo replicò. Spettro orribile il tuo dire colpisce le mie orecchieCon convinzione irresistibile comprendo di non esser tra coloroChe persistono sebbene convinti. Sebbene furiosi. Controllati dal potere razionaleEppure sento già un Mondo interno che si apreE in esso tutte le sostanze realiChe in questo mondo esterno non sono che ombre passeggereLe sento venire nel mio petto e portare tra le tue braccia tenebroseLa mia dolce Enitharmon. Placherò la mia furia e insegneròLa pace all’Anima dell’oscura vendetta Ed espiazione alla Crudeltà

Così parlò Los, Abbracciando Enitharmon e lo SpettroLe nuvole si mossero per unirsi in Amore e Rapimento…E Golgonooza fu edificataLos costruì alte colonne e tremende Cupole nei cieli sottostantiPoiché sotto la Terra v’era il cielo e sotto ancora la TerraTriplice nel cervello e nel cuore e nei lombiUna Triplice Sublime Atmosfera che seguiva dal mondo d’UrthonaE trovava un Duplice limite chiamato Satana e Adamo

(Dalla Notte IX)

(Preludio all’Apocalisse)

Los tendeva le sue mani vegetaliLa mano destra ramificava in Potenza fibrosaAfferrando il Sole. La sinistra copriva la LunaCome radici oscure, e li scagliava in basso, lacerando i cieliDa immensità ad immensità. Precipitarono i fuochi Eterni, con tuono e stridoreE squilli potenti di Tromba tra cielo e cieloUn forte suono parlava: Destatevi, o morti, venite al giudizioDalle quattro direzioni, Destatevi e AccorreteDocili come fogli dell’Enorme volume del Cielo e della TerraCon rombo di tuono e orrendi scotimenti da ogni parteSquassati sono i cieli e la Terra rimossaDivelte le fondamenta delle Eterne collineI troni dei Re sono squassati, essi hanno perso le vesti e le coroneIl povero colpisce il suo oppressore, si desta alla vendemmia.Tremando dinanzi alle folle di schiavi che adesso sono liberiGuerrieri denudati corrono verso il mare Come mandrie d’inverno, come alberi spogliCome il vento incalzano gli oppressi, non v’è dove fuggire.

Per tutto il tempo squillano le trombe; dal sangue rappreso e dalle tane desertePartono le moltitudini tremanti verso le fiamme del fuoco mentale, immergendo le membraNelle splendenti visioni dell’EternoPoi come colombe da pilastri di fumo le tremanti famiglieDi donne e bambini, per tutte le nazioni sotto il cielo

S’avvinghiano agli uomini riuniti in bandeDi venti e cinquanta; pallidi come neve Che cade sopra l’erba intorno all’albero spogliatoL’oppressore è caduto, da loro Abbattuto, ed essi si risvegliano alla vitaBenché pallido, il giusto è in piedi, eretto, e guarda verso il cieloTremanti, colpiti dal colpo Universale, si sradicano gli alberiOrribilmente muggiscono le rocce, fuggendo. Montagne e fiumi piangonoUn pianto desolato; le mandrie si riuniscono, inginocchiandosi ai cieli; tremano le belveDella foresta; rabbrividendo, il Leone domanda al Leopardo:Provi anche tu l’orrore che provo io, mai conosciuto prima?La mia voce rifiuta di ruggire, e ti parlo con flebili sospiriStanotte prima dell’alba l’Aquila ha chiamato l’AvvoltoioIl Corvo ha chiamato il falco: li ho uditi dalla nera forestaDicevano: Fuggiamo; sento nel ventoUn terrore che viene dal Sud. S’involarono l’Aquila ed il FalcoAl sorgere del sole, e quando questo fu altoIl Corvo e l’Avvoltoio li seguirono. Fuggiamo verso il nord. Fuggirono.I Figli dell’Uomo li videro partire in stormi desolati. Suonarono le trombeE tutti i Figli dell’EternitàDiscesero in Beulah

Nelle fiamme selvagge le membra del Mistero si consumavano urlandoIn profonda afflizione. Montano le fiamme crepitando fino alla SinagogaDi Satana. Forte il serpente Orc urlava la sua rabbia Nelle sue ventisette Volute. L’Albero del Mistero ascese tra fiamme ricurveIl sangue sprizzò in masse potenti, in vortici selvaggiOltre le chiuse del Firmamento. Le chiuse esplodono; i neri torrentiSi riversano sulla Terra; il sangue scorre senza posaNei palazzi i Re sono sommersi; i Pastori, con greggi e tendePrecipitano dai monti in neri fiumi; Città, Villaggi, Castelli ed alte guglie affondano nel diluvio tenebroso; In branchi i cadaveri di Uomini e di Bestie galleggiano ondeggiando alla mareaDi sangue schiumante sotto il Cielo instancabile e tetro, fino a quandoTutti i tiranni del Mistero sono espulsiE nessuno rimane sulla Terra

E quando la Tirannia è eliminata dalla faccia della TerraIntorno alla forma di Drago di Urizen, intorno alla forma di pietraLe fiamme si muovono intense nel vasto UniversoEd entrano nella Santa Città; le nubi dolentiTra solchi di lampi si schiudono, le fiamme selvagge lambisconoLa Pioggia di Sangue; viventi fiamme alate, dotate d’intelletto e ragioneMarciano intorno alla terra, in schiere ordinate, Fiamma dopo fiamma; dal sangue rappreso e dalle tane desertePartono le moltitudini tremanti verso le fiamme del fuoco mentale, immergendo le membraNelle splendenti visioni dell’Eterno

***(Albione richiama Urizen)

Oltre l’Universale Confusione, oltre il Polo più remoto,Dove i vortici iniziano a operare, nel Sud lontanoUn’Orribile roccia si erge. Fu abbandonata quando UrizenConsegnò i cavalli della Luce nelle mani di LuvahSu questa roccia riposa il volto scolorato dell’Uomo EternoRicoperto di alghe di morte, pallido, freddo, in pena e tormento

Alza gli azzurri raggi dei suoi occhi, e piange con voce di paradisoChinando il capo verso l’UniversoChe si consuma, così si lamenta:

O mia fragilità! O Sfinimento! O guerra, guerra tra i miei elementi!I figli esiliati dal mio seno mi passano davantiGli uccelli sono muti; sui colli le mie greggi muoiono sotto i rami; Le tende son crollate; tacciono le trombe e i dolci accenti dell’arpa Sui miei colli nebbiosi, che eruttano fuoco e tempesteIl latte delle vacche e il miele delle api, e tutti i frutti del raccolto doratoSono ammassati nel caldo scottante e nella pioggia sferzanteLa mia veste diventa confusione, é pietra il mio oro splendente Dove un tempo sedevo ora vago stanco in miseria e doloreChé dall’interno il mio seno avvizzisce, e si stringe di penaIl Grano è mutato in ortica, le mele in velenoGli uccelli canori in corvi assassini, la gioia in gemiti amariLe voci dei bimbi nella tenda in pianti d’infanzia abbandonataEsiliato dal volto della luce e dallo splendore del mattinoIn questo mondo scuro, angusta dimora, io vagoUdendo il Mistero che urla nel fuoco di ConsunzioneQuando sarà l’Uomo del futuro come quello di un tempo?O stanca vita, perché sto qui, abbandonato da tutti i miei poteriNell’indolenza della notte mortale, e indolenza e lamentoAleggiano sulla mia soglia tenebrosa? Anche se mi alzo, e guardo,E spregio la guerra tra i miei elementi, è debole il mio cuoreSi dissolve la mia mente. Ma ancora guarderò dentro il mattinoDonde proviene il suono furiosoDegli Uomini che bevono il sangue d’altri uominiUbriachi di sangue fumante, rubizzi ma non per vino che nutre

L’Uomo Eterno sedette sulle Rocce e urlò con voce afflitta

Principe della Luce, dove sei? Ti vedo, ma non sei come una voltaNei campi Eterni, nelle nubi del mattino, Marciando con arpe e canzoni, e Ahania splendente che cantavaDinanzi a te, e i tuoi figli e figlie si ritrovavano intorno all’ampio descoNon vedi questa rovinosa, furiosa confusione?Ritorna dal sonno della fredda astrazione, ritornaE sorgi alle nascite Eterne, scrolla via il tuo gelido riposoPrecettore d’anime, tenace oppositore di ogni cambiamentoSorgi, che i mondi Eterni vedano il tuo volto, in pace e gioiaChe tu, orrenda forma di Certezza, possa sedere in paesi e villaggiTra bimbetti che giocano ai tuoi piedi, con leggero timoreTemendo il tuo cipiglio, amando il tuo sorrisoO Urizen, Signore della Luce

Così chiamò. L’abisso seppellì la sua voce, e non vi fu rispostaAllora l’ira divampò; fu ira l’Uomo Eterno, e di nuovo gridò:Oh sorgi, pietrificata forma di morte, dragone degli AbissiVieni ai miei piedi, dragone; destati, UrizenCome hai potuto deformare queste perfette proporzioniDi vita e di persona, poiché la vita è proporzionata alla PersonaFa sì che Luvah infuri nel tenebroso abisso, fino a ConsumarsiPoiché se tu non nutri la sua rabbia, s’acquieteràMa se oserai disubbidire al mio fermo comandoPrenderò la tua corona ed il tuo scettro, e ordinerò con ferreo rigore i miei elementi

Scaraventandoti nell’indefinito, dove non vive nulla. Là vagherai.E se ritornerai stanco e piangente sulle soglie dell’EsistenzaCorazzerò il mio cuore contro di te in Eterno, e mai più t’accoglieròLa tua Scienza, simile a bestia che s’autodistrugge, sarà quello che t’è dato in sorteEternamente. La mia rabbia contro di te è ancor più grandeDi quella contro Luvah, poiché la guerra è energia schiavizzataMa la tua religione, artefice primo della guerraE della distrazione di queste oneste mentiIn un confuso turbamento di lotta, d’orgoglio e d’onore,È un inganno così ripugnante che ti caccerò via se non ti pentiLasciandoti come un ramo marcito da bruciareCon il Mistero, la Puttana, e con Satana, nei secoli dei secoliL’errore non può essere redento, in tutta l’Eternità: il peccato sì.Perfino Rahab è redenta, in sangue e furia e gelosiaQuella linea di sangue che si stende sulle finestre dell’albaSi é redenta dal potere dell’Errore. Destati, o drago degli Abissi!

Oltre l’Universale Confusione, oltre il Polo più remoto,Dove i vortici iniziano a operare, nel Sud lontanoUn’Orribile roccia si erge. Fu abbandonata quando UrizenConsegnò i cavalli della Luce nelle mani di LuvahSu questa roccia riposa il volto scolorato dell’Uomo EternoRicoperto di alghe di morte, pallido, freddo, in pena e tormentoAlza gli azzurri raggi dei suoi occhi, e piange con voce di paradisoChinando il capo verso l’UniversoChe si consuma, così si lamenta:

O mia fragilità! O Sfinimento! O guerra, guerra tra i miei elementi!I figli esiliati dal mio seno mi passano davantiGli uccelli sono muti; sui colli le mie greggi muoiono sotto i rami; Le tende son crollate; tacciono le trombe e i dolci accenti dell’arpa Sui miei colli nebbiosi, che eruttano fuoco e tempesteIl latte delle vacche e il miele delle api, e tutti i frutti del raccolto doratoSono ammassati nel caldo scottante e nella pioggia sferzanteLa mia veste diventa confusione, é pietra il mio oro splendente Dove un tempo sedevo ora vago stanco in miseria e doloreChé dall’interno il mio seno avvizzisce, e si stringe di penaIl Grano è mutato in ortica, le mele in velenoGli uccelli canori in corvi assassini, la gioia in gemiti amariLe voci dei bimbi nella tenda in pianti d’infanzia abbandonataEsiliato dal volto della luce e dallo splendore del mattinoIn questo mondo scuro, angusta dimora, io vagoUdendo il Mistero che urla nel fuoco di ConsunzioneQuando sarà l’Uomo del futuro come quello di un tempo?O stanca vita, perché sto qui, abbandonato da tutti i miei poteriNell’indolenza della notte mortale, e indolenza e lamentoAleggiano sulla mia soglia tenebrosa? Anche se mi alzo, e guardo,E spregio la guerra tra i miei elementi, è debole il mio cuoreSi dissolve la mia mente. Ma ancora guarderò dentro il mattinoDonde proviene il suono furiosoDegli Uomini che bevono il sangue d’altri uominiUbriachi di sangue fumante, rubizzi ma non per vino che nutre

L’Uomo Eterno sedette sulle Rocce e urlò con voce afflitta

Principe della Luce, dove sei? Ti vedo, ma non sei come una volta

Nei campi Eterni, nelle nubi del mattino, Marciando con arpe e canzoni, e Ahania splendente che cantavaDinanzi a te, e i tuoi figli e figlie si ritrovavano intorno all’ampio descoNon vedi questa rovinosa, furiosa confusione?Ritorna dal sonno della fredda astrazione, ritornaE sorgi alle nascite Eterne, scrolla via il tuo gelido riposoPrecettore d’anime, tenace oppositore di ogni cambiamentoSorgi, che i mondi Eterni vedano il tuo volto, in pace e gioiaChe tu, orrenda forma di Certezza, possa sedere in paesi e villaggiTra bimbetti che giocano ai tuoi piedi, con leggero timoreTemendo il tuo cipiglio, amando il tuo sorrisoO Urizen, Signore della Luce

Così chiamò. L’abisso seppellì la sua voce, e non vi fu rispostaAllora l’ira divampò; fu ira l’Uomo Eterno, e di nuovo gridò:Oh sorgi, pietrificata forma di morte, dragone degli AbissiVieni ai miei piedi, dragone; destati, UrizenCome hai potuto deformare queste perfette proporzioniDi vita e di persona, poiché la vita è proporzionata alla PersonaFa sì che Luvah infuri nel tenebroso abisso, fino a ConsumarsiPoiché se tu non nutri la sua rabbia, s’acquieteràMa se oserai disubbidire al mio fermo comandoPrenderò la tua corona ed il tuo scettro, e ordinerò con ferreo rigore i miei elementiScaraventandoti nell’indefinito, dove non vive nulla. Là vagherai.E se ritornerai stanco e piangente sulle soglie dell’EsistenzaCorazzerò il mio cuore contro di te in Eterno, e mai più t’accoglieròLa tua Scienza, simile a bestia che s’autodistrugge, sarà quello che t’è dato in sorteEternamente. La mia rabbia contro di te è ancor più grandeDi quella contro Luvah, poiché la guerra è energia schiavizzataMa la tua religione, artefice primo della guerraE della distrazione di queste oneste mentiIn un confuso turbamento di lotta, d’orgoglio e d’onore,È un inganno così ripugnante che ti caccerò via se non ti pentiLasciandoti come un ramo marcito da bruciareCon il Mistero, la Puttana, e con Satana, nei secoli dei secoli.Destati, o drago degli Abissi!

***

(L’Ultima Vendemmia)

E quando sorse l’alba, gli Eterni si levarono, per iniziare la VendemmiaIn basso videro figli e figlie sbalorditiAlla vista delle moltitudini oscure, le Ombre del mondo sottostante

Sorse l’alba, Urizen si levò. Nella mano il correggiatoSferza il Terreno, risuonando orribilmente sotto i cieliTetro echeggiando dolente il suolo è scosso

E tutte le Nazioni furono trebbiate, e le stelle trebbiate dai baccelli

Allora Tharmas prese il Ventilabro, e il vento furioso ventilandoIn alto, sospinto a sud e ad ovest dal turbine violento Gettò le Nazioni come Pula nel mare di Tharmas

Tharmas urlò: O Selvaggio Mistero! Vedi? La tua fine è giunta

Sei tu quella che rese ebbre le nazioni con la coppa della ReligioneScendete, Re e Consiglieri e Guerrieri GigantiScendete nell’abisso, scendete e nascondeteviScendete con Carri e cavalli, e rauche trombe di guerra

Guardate come la Pompa del Mistero discende nelle CaveI suoi grandi uomini, ululando, sollevano la polvereE si strappano i capelli canuti. Le sue donne delicate, i suoi fanciulliLanciano gridi nell’amaro vento. Della loro bellezza spogliate, lacere le chiome, la pelle raggrinzitaGuarda: il buio ricopre la lunga teoria di bandiere nel ventoE neri stalloni e uomini armati e miseri schiaviDov’è la tomba che li riceverà? Dove staranno?E chi verserà lacrime per il Mistero che mai liberò i suoi schiavi?Possa lo schiavo che alla macina è legato correre per i campiPossa guardare in alto verso il cielo, e ridere nell’aria che risplendeE possa la sua anima in catene prigioniera del buio e dei lamentiLa cui faccia non vide mai un sorriso, in trenta stanchi anniAlzarsi ed ecco: le catene sono sciolte, sono aperte le porte della cellaPossano ritornare la sua donna ed i suoi figli dalla frusta dell’oppressoreEssi guardano indietro ad ogni passo, e lo credono un sognoSono questi gli schiavi che gemevano lungo le strade del Mistero?Dove sono i ceppi, dove i sorveglianti? Sono questi i prigionieri?Dove sono le catene, dove il pianto? E perché vi guardate ancora intorno?Se avete sete, c’è un fiume che scorre; andate e rinfrescate le membra riarseI beni della Terra sono innanzi a voi. Il Mistero non è più

E tutti gli Schiavi da tutte le Terre dell’immenso UniversoCantarono un Nuovo Canto, coprendo il caos con le sue note feliciMentre i colpi di Urizen risuonavano forti, e forte soffiava il vento di TharmasChiaro e forte nell’immensità celeste. E questa fu la canzone che cantavanoComposta da un Nero dell’Africa nella piccola Terra di Sotha

Aha Aha come giunsi di colpo alla mia dolce terra natia?Come giunsi quaggiù? Mi pare d’essere tornato alla mia giovinezzaQuando ascoltavo la voce cara di mio padre, nella sua casa sedutoMi pare di vedere le sue greggi e le sue mandrie, e sento le mie membra rinnovateE guarda: i miei fratelli nelle tende, e i loro piccoli attorno

Il canto si innalzò alla Festa dorata. L’Uomo Eterno esultò

***

(Epilogo)

Il Sole ha lasciato le tenebre, e ha trovato un più fresco mattinoE la luna delicata si rallegra nella notte chiara e senza nubiE l’Uomo viene fuori dalle nebbie dei fuochi. Il male è finito e consumatoI suoi occhi contemplano le Angeliche sfere, sorgenti notte e giornoCome lucerne si consumano le stelle, e al loro postoGli Occhi in Espansione dell’Uomo contemplano il profondoDi mondi mirabili: un’unica Terra, un unico mareNon Globi Erranti ma Stelle di fuoco che sorgono di notte dall’Oceano E un Unico Sole, che esce ogni giorno con canti di gioia, come un Essere Umano appena nato Chiamando al lavoro l’Aratore, e il Pastore al riposoCammina tra le Montagne Eterne, levando la voce celeste

Conversando notte e giorno con le forme Animali di saggezzaChe sorgono rigenerate dal Mare di fuocoDisperdendosi per il Mondo

Poiché Tharmas diresse le sue greggi sui colli e nelle ValliI bimbi giocano tra le greggi lanose intorno alla tenda splendente Dell’Uomo Eterno. Risuona il martello d’UrthonaNelle cave profonde sotto le sue membra rinnovateRuggiscono i leoni intorno alle Fornace, e di sera giocano nelle valliAlzano il muso dalla terra e conversano con l’Uomo Come è possibile che abbiamo camminato in mezzo al fuoco senza consumarci?Com’è che ogni cosa è mutata, come nei tempi antichi?

Il sole sorge dal suo letto di rugiada, e l’aria frescaCon i suoi raggi sorridenti gioca, per far crescere i semi della vitaE la Terra rinfrescata effonde sorgenti di vita, a migliaia e migliaiaUrthona è risorto nella sua antica forzaNon più diviso da Enitharmon, non più Spettro di LosDov’è lo Spettro della Profezia? Dov’è l’ingannevole fantasma?Finito. E Urthona s’innalza dalle mura in rovinaNella sua forza primigenia per forgiare l’armatura dorata della ScienzaPer la guerra mentale. La guerra delle spade è finitaSono finite le oscure Religioni; la dolce Scienza regna.